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Document 62019TN0334

Causa T-334/19: Ricorso proposto il 4 giugno 2019 — Google e Alphabet contro Commissione

GU C 255 del 29.7.2019, p. 46–48 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, HR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

29.7.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 255/46


Ricorso proposto il 4 giugno 2019 — Google e Alphabet contro Commissione

(Causa T-334/19)

(2019/C 255/60)

Lingua processuale: l’inglese

Parti

Ricorrenti: Google LLC (Mountain View, California, Stati Uniti), Alphabet, Inc. (Mountain View) (rappresentanti: C. Jeffs, avvocato, J. Staples, Solicitor, D. Beard QC e J. Williams, Barrister)

Convenuta: Commissione europea

Conclusioni

Le ricorrenti chiedono che il Tribunale voglia:

annullare (del tutto o in parte) la decisione della Commissione del 20 marzo 2019 nel caso COMP/AT.40411 — Google Search (AdSense);

conseguentemente, o in subordine, annullare o ridurre l’ammenda inflitta alle ricorrenti, esercitando la competenza estesa al merito riconosciuta al Tribunale; e

in ogni caso, condannare la Commissione alle spese delle ricorrenti correlate al presente procedimento.

Motivi e principali argomenti

Il presente ricorso è diretto all’annullamento della decisione della Commissione del 20 marzo 2019, relativa a un procedimento ai sensi dell’articolo 102 TFUE e dell’articolo 54 dell’Accordo SEE (AT.40411 — Google Search (AdSense)). Le ricorrenti chiedono l’annullamento di ciascuna delle tre constatazioni di infrazioni, della constatazione che esse costituivano un’infrazione unica e continuata e dell’imposizione di un’ammenda.

A sostegno del ricorso, esse deducono cinque motivi.

1.

Primo motivo, vertente sul fatto che la decisione impugnata contiene un’errata valutazione della definizione del mercato e, pertanto, della posizione dominante. In particolare, la decisione impugnata contiene un errore laddove dichiara che:

gli annunci pubblicitari collegati alle ricerche e gli annunci pubblicitari non collegati alle ricerche non sono in concorrenza;

gli annunci pubblicitari venduti direttamente e gli annunci pubblicitari oggetto di intermediazione non sono in concorrenza.

2.

Secondo motivo, vertente sul fatto che la decisione impugnata afferma erroneamente che la cosiddetta clausola di esclusiva di Google («clausola di esclusiva del sito») era abusiva. La decisione impugnata:

qualifica erroneamente la clausola di esclusiva del sito come obbligo di fornitura esclusiva;

incorre in errore nell’affermare che la decisione non doveva analizzare se la clausola di esclusiva del sito fosse idonea ad avere effetti anticoncorrenziali;

non dimostra che la clausola di esclusiva del sito, comunque caratterizzata, era idonea a restringere la concorrenza.

3.

Terzo motivo, vertente sul fatto che la decisione impugnata afferma erroneamente che la clausola di posizionamento premium di Google e di numero minimo di annunci Google («clausola di posizionamento») era abusiva. La decisione impugnata:

qualifica erroneamente la clausola di posizionamento;

non dimostra che la clausola di posizionamento era idonea a restringere la concorrenza.

4.

Quarto motivo, vertente sul fatto che la decisione impugnata afferma erroneamente che la clausola di autorizzazione degli annunci equivalenti di Google («clausola di modifica») era abusiva. La decisione impugnata:

non dimostra che la clausola di modifica era idonea a restringere la concorrenza;

in subordine, ignora erroneamente che la clausola di modifica era oggettivamente giustificata in quanto proteggeva gli utenti, i publisher, gli inserzionisti e Google e/o che qualsiasi effetto preclusivo della concorrenza era compensato dai vantaggi della clausola.

5.

Quinto motivo, vertente sul fatto che la decisione impugnata infligge erroneamente un’ammenda e la calcola in modo errato. La decisione impugnata:

non considera la mancanza di dolo o colpa di Google e che la Commissione aveva qualificato il caso come caso che poteva essere risolto mediante l’assunzione di impegni da parte del destinatario;

in subordine, calcola l’ammenda in modo errato;

in aggiunta o in subordine, non rispetta il principio di proporzionalità.


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