Choose the experimental features you want to try

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 52010AE0448

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Tabella di marcia per la parità tra donne e uomini (2006-2010) e strategia di monitoraggio»

GU C 354 del 28.12.2010, p. 1–7 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

28.12.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 354/1


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Tabella di marcia per la parità tra donne e uomini (2006-2010) e strategia di monitoraggio»

2010/C 354/01

Relatrice: Laura GONZÁLEZ DE TXABARRI ETXANIZ

Con lettera datata 25 settembre 2009, la vicepresidente della Commissione europea Margot Wallström, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, ha invitato il Comitato economico e sociale europeo, a elaborare un parere esplorativo sul tema:

Tabella di marcia per la parità tra donne e uomini (2006-2010) e strategia di monitoraggio.

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 23 febbraio 2010.

Alla sua 461a sessione plenaria, dei giorni 17 e 18 marzo 2010 (seduta del 17 marzo), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 137 voti favorevoli, 3 voti contrari e 5 astensioni.

1.   Raccomandazioni

1.1

La parità tra donne e uomini, oltre a essere un traguardo in sé, è una delle condizioni imprescindibili per il conseguimento degli obiettivi dell'UE sul piano della crescita, dell'occupazione e della coesione sociale.

1.2

La revisione intermedia della tabella di marcia per la parità avviene in un contesto di crisi economica, ed è necessario tenere conto delle differenze nell'impatto e nelle conseguenze che essa comporta per le donne e per gli uomini, data la diversa posizione che occupano nella società.

1.3

La parità deve far parte di tutte le politiche, in particolare di quelle sociali e occupazionali, e devono proseguire gli sforzi volti ad abbattere gli ostacoli che impediscono la partecipazione piena e uguale delle donne e degli uomini al mercato del lavoro.

1.4

Per garantire e rafforzare l'indipendenza economica delle donne occorre innanzitutto migliorare la qualità e la quantità della loro occupazione, anche attraverso un sostegno alle lavoratrici autonome, contrastare il rischio di precarietà che le minaccia e favorire una più equa ripartizione delle responsabilità familiari e domestiche.

1.5

La disparità salariale ha un'origine strutturale: sottovalutazione delle capacità considerate tradizionalmente «femminili», segregazione professionale e settoriale, occupazione precaria, interruzioni della vita lavorativa, ecc. La legislazione e i contratti collettivi sono strumenti efficaci per combattere la disparità salariale ed è necessario il coinvolgimento di tutti gli attori economici e sociali.

1.6

Una più forte presenza femminile nell'imprenditoria e in politica favorisce l'uguaglianza, il superamento degli stereotipi di genere, l'indipendenza economica delle donne e la loro partecipazione ai processi decisionali.

1.7

Le donne sono particolarmente vulnerabili all'esclusione sociale e alla povertà. L'individualizzazione dei diritti sociali, un reddito minimo garantito, la contabilizzazione dei periodi di inattività o di riduzione dell'orario lavorativo per consentire di fornire assistenza, sono tutte misure che rafforzano la protezione sociale e riducono il rischio di povertà per la popolazione.

1.8

L'equilibrio tra la vita familiare e quella lavorativa è essenziale per conseguire la parità e per migliorare l'occupazione delle donne. A tal fine è essenziale offrire servizi sociali pubblici e di qualità e migliorare i congedi di maternità, di paternità e parentali già esistenti. È necessario fare progressi sul fronte della corresponsabilità di tutti gli attori sociali nell'equa ripartizione del lavoro domestico e delle cure ai familiari.

1.9

Il CESE considera necessario promuovere la partecipazione paritaria delle donne ai processi decisionali; a tal fine gli Stati membri devono impegnarsi più a fondo, stabilendo obiettivi chiari e adottando misure efficaci (azione positiva, piani per la parità, ecc.).

1.10

Di fronte al persistere di fenomeni come la violenza di genere e la tratta di esseri umani, il CESE ritiene necessario applicare effettivamente l'attuale legislazione, elaborare piani d'azione nazionali coordinati per una strategia globale europea e aumentare il numero dei programmi specifici.

1.11

Per contrastare gli stereotipi sessisti, il CESE considera imprescindibile educare e formare la società a modelli non sessisti, offrire una formazione tanto agli uomini quanto alle donne, promuovere la presenza delle donne nello studio delle discipline scientifiche e tecnologiche, valorizzare gli impieghi tradizionalmente considerati «femminili» ed evitare il sessismo nei mezzi di diffusione e comunicazione.

1.12

La politica estera e di sviluppo dell'UE deve essere un veicolo per la promozione dei diritti delle donne nel contesto internazionale e per migliorare le loro capacità e la loro autonomia.

1.13

Il CESE ritiene necessaria una piena integrazione trasversale dell'analisi di genere in tutti gli ambiti di intervento della Commissione, nonché l'applicazione dell'analisi di genere ai bilanci, a livello sia europeo che nazionale. A tal fine occorrono risorse umane formate alle questioni riguardanti l'uguaglianza e indicatori disaggregati per sesso che consentano di visualizzare la situazione delle donne e degli uomini e di valutare il grado di attuazione del piano per la parità.

1.14

La nuova strategia per la parità da adottare a partire dal 2010 non potrà limitarsi a semplici raccomandazioni rivolte dalla Commissione agli Stati membri, ma dovrà comprendere orientamenti vincolanti e obiettivi quantificabili. A tal fine sarà necessario un maggior coinvolgimento politico a tutti i livelli. Le istituzioni europee devono dare l'esempio, procedendo ad una revisione proattiva del lavoro condotto e ad una valutazione dell'impatto relativo all'attuazione.

2.   Osservazioni generali

2.1

La tabella di marcia per la parità tra donne e uomini 2006-2010 rappresenta l'impegno della Commissione europea a fare dei progressi sul fronte della parità in collaborazione con gli Stati membri. Il CESE, su proposta della Commissione, esegue la sua valutazione analizzando l'impatto delle misure adottate e il loro grado di applicazione, e presenta alcune proposte di azione in vista della nuova strategia da adottare a partire dal 2010.

2.2

Il CESE riconosce all'Unione europea di essersi sempre impegnata a favore della parità: il Trattato di Roma del 1957 stabilisce il principio di uguaglianza salariale, il Trattato di Amsterdam del 1997, con una formulazione duplice, combina la trasversalità con misure specifiche, mentre il Trattato di Lisbona prevede un impegno esplicito per l'eliminazione delle disuguaglianze e la promozione della parità.

2.3

A livello internazionale, l'UE aderisce alla piattaforma d'azione di Pechino, agli obiettivi di sviluppo del millennio e alla Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne (CEDAW), che mette la donna al centro delle preoccupazioni in materia di diritti umani.

2.4

Nonostante questo ampio quadro normativo, gli obiettivi previsti non sono stati raggiunti e persistono le disuguaglianze tra donne e uomini. Non vi sono stati progressi sostanziali in nessuno dei sei ambiti prioritari di azione politica della tabella di marcia per la parità 2006-2010. È pertanto lecito chiedersi se esista una reale volontà politica di cambiamento. L'integrazione del principio di uguaglianza di genere, fattore chiave della competitività e della crescita, deve rappresentare una priorità della nuova strategia UE 2020.

2.5

La valutazione della tabella di marcia per la parità 2006-2010 avviene in un contesto di crisi economica, ed è necessario analizzare le conseguenze che la crisi stessa comporta per le donne, data la diversa posizione che occupano nel mercato del lavoro e nelle politiche pubbliche di spesa sociale, in particolare sul piano dei servizi sociali che sono quelli che più incidenza hanno per le donne.

2.6

La crisi ha investito per primi i posti di lavoro occupati tradizionalmente da uomini (edilizia, trasporti, industria), per poi allargarsi ad altri settori con maggiore presenza femminile (servizi bancari, commercio, ecc.). Così, in molti casi, il reddito delle famiglie si è ridotto esclusivamente allo stipendio delle donne, di norma inferiore a quello degli uomini in quanto, in maggioranza, le donne sono occupate nel settore dei servizi, con contratti a tempo parziale o a termine, oppure nel contesto dell'economia sommersa. Tutto ciò, a sua volta, ha un impatto negativo sull'economia nazionale perché riduce il consumo privato e ostacola la ripresa.

2.7

La crisi colpisce anche le politiche sociali. Per le donne la copertura delle indennità di disoccupazione è più ridotta, sia sul piano della quantità che su quello della durata, a causa della posizione spesso svantaggiosa che esse occupano nel mercato del lavoro. Inoltre, i servizi pubblici di base come l'assistenza sanitaria, l'istruzione e i servizi sociali riducono la loro offerta proprio nel momento in cui le famiglie, e in particolare le donne, ne hanno maggior necessità. Trattandosi di settori ad alta intensità di manodopera femminile, questo fenomeno avrà a sua volta effetti negativi sull'occupazione delle donne.

2.8

Le misure anticrisi non possono essere neutrali dal punto di vista del genere e, ove necessario, le politiche per la ripresa economica e gli attuali programmi dei fondi strutturali dovranno tenere conto della diversa posizione occupata nella società dalle donne e dagli uomini.

2.9

La parità deve essere una priorità non soltanto per gestire l'attuale crisi e la successiva ripresa, ma anche per affrontare le sfide demografiche ed economiche che si pongono al modello sociale europeo e che incidono sulle donne e sulla loro indipendenza economica.

3.   Osservazioni specifiche – Parte I: ambiti prioritari di azione a favore della parità tra donne e uomini

La tabella di marcia per la parità 2006-2010 delinea gli impegni e le azioni considerati necessari per progredire verso la parità ed eliminare le disuguaglianze.

La prima parte del documento presenta i sei ambiti prioritari di azione politica e gli indicatori corrispondenti:

1.

Realizzare una pari indipendenza economica per le donne e gli uomini

2.

Favorire l'equilibrio tra attività professionale e vita familiare

3.

Promuovere la pari partecipazione delle donne e degli uomini al processo decisionale

4.

Eradicare tutte le forme di violenza di cui sono vittime le donne

5.

Eliminare gli stereotipi di genere

6.

Promuovere la parità di genere nelle politiche esterne e di sviluppo.

La seconda parte del documento riguarda il miglioramento della governance.

3.1   Realizzare una pari indipendenza economica per le donne e gli uomini

3.1.1   Conseguire gli obiettivi di Lisbona in tema di occupazione

3.1.1.1

Molti paesi non hanno ancora raggiunto l'obiettivo di un tasso di occupazione femminile del 60 % stabilito dalla strategia di Lisbona. Se il tasso di occupazione degli uomini si situa al 70,9 %, quello delle donne arriva soltanto al 58,8 % (1), ma scende al 36,8 % per le donne di età superiore ai 55 anni, contro il 55 % per gli uomini della stessa fascia d'età. La disoccupazione colpisce di più le donne, ma con l'avanzare della crisi il divario si sta riducendo (9,8 % contro il 9,6 % degli uomini).

3.1.1.2

Oltre alla quantità, è necessario migliorare la qualità dell'occupazione femminile, perché le donne sono impiegate principalmente in settori a bassa retribuzione e in posti di lavoro a maggior rischio di precarietà. Il lavoro a tempo parziale è tipico dell'occupazione femminile (31,5 % contro l'8,3 % degli uomini), mentre il 14,3 % delle donne occupate ha un contratto a termine. Per le donne con figli, d'altronde, il tasso di occupazione femminile scende di oltre dieci punti, il che rispecchia gli squilibri nella ripartizione delle responsabilità familiari e la scarsità delle infrastrutture di assistenza.

3.1.1.3

Il CESE raccomanda di analizzare parallelamente il tasso di disoccupazione e quello di inattività delle donne per motivi familiari (2). Le donne, in quanto responsabili dell'assistenza, in molti casi non soddisfano i criteri per essere considerate «disoccupate», e quindi la loro inattività equivale a una disoccupazione sommersa.

3.1.1.4

È necessario adottare un approccio multidisciplinare che permetta di completare le politiche per l'occupazione con misure sociali e educative, una formazione che rimuova gli stereotipi nell'occupazione, servizi sociali pubblici di qualità che garantiscano l'assistenza alle persone non autosufficienti e campagne di sensibilizzazione per una più equa ripartizione del lavoro domestico tra donne e uomini.

3.1.1.5

La Commissione deve integrare e promuovere la parità in tutti i suoi programmi (come già avviene con il programma Progress). I fondi strutturali costituiscono uno strumento eccezionale: permettono di conoscere la misura in cui i diversi paesi rispettano l'obiettivo, di realizzare una valutazione annuale dell'impatto dei vari provvedimenti, rispettivamente sulle donne e sugli uomini, nei diversi paesi e persino di stabilire misure appropriate e sanzioni nei casi in cui non sia garantita un'occupazione femminile adeguata sul piano sia della quantità che della qualità.

3.1.2   Eliminare la disparità retributiva

3.1.2.1

L'equiparazione dei salari è imprescindibile per conseguire la parità, ma nonostante i progressi legislativi il divario salariale tra donne e uomini è ancora del 17,4 %, e arriva fino al 30 % per le donne di età superiore ai 50 anni.

3.1.2.2

La disparità salariale ha un'origine strutturale: segregazione delle donne in settori economici poco valorizzati e in professioni scarsamente retribuite, maggior presenza femminile nell'economia sommersa e nell'occupazione precaria e interruzione o riduzione della vita lavorativa per motivi familiari. Tutti questi elementi incidono negativamente sul livello salariale delle donne.

3.1.2.3

Il CESE (3) raccomanda che ciascuno Stato membro riesamini la sua legislazione in materia di inquadramento contrattuale e di retribuzione, per evitare la discriminazione diretta e indiretta delle donne.

3.1.2.4

La legislazione deve prevedere meccanismi di controllo che permettano di individuare la discriminazione fondata sul sesso, promuovendo sistemi trasparenti di classificazione professionale che valutino e retribuiscano in modo uguale le qualifiche, l'esperienza e il potenziale di tutti i lavoratori e le lavoratrici.

3.1.2.5

La contrattazione collettiva è un ottimo strumento per integrare sistemi non sessisti di valutazione dei posti di lavoro, permessi di formazione per la promozione professionale delle donne, periodi di aspettativa e di permesso per motivi familiari, flessibilità degli orari di lavoro, ecc., che contribuiscano a ridurre il divario salariale.

3.1.3   Le donne imprenditrici

3.1.3.1

Pur essendo spesso altamente qualificate, le donne sono ancora in minoranza negli incarichi di responsabilità all'interno delle imprese. La Commissione ha promosso la parità nel quadro della responsabilità sociale delle imprese, ha rafforzato gli aiuti statali per le nuove imprese create da donne (regolamento n. 800/2008) e ha dato il suo appoggio alla rete delle donne imprenditrici. Quest'ultima dovrebbe coinvolgere, oltre ai governi e alle istituzioni pubbliche, anche le pertinenti organizzazioni della società civile, per poter beneficiare di uno scambio di esperienze e di buone pratiche.

3.1.3.2

Il CESE suggerisce di attuare le raccomandazioni del piano d'azione dell'UE sull'imprenditorialità per favorire la creazione di imprese da parte delle donne mediante misure quali un migliore accesso ai finanziamenti e al credito, lo sviluppo di reti per l'organizzazione e la consulenza agli imprenditori, un'adeguata formazione e riqualificazione professionale, la promozione di buone pratiche, ecc.

3.1.4   Parità di genere nella protezione sociale e lotta contro la povertà

3.1.4.1

Le donne sono particolarmente vulnerabili all'esclusione sociale e alla povertà. La posizione diseguale nel mercato del lavoro e la condizione di persona dipendente nei sistemi di protezione sociale sono elementi che contribuiscono a questa situazione.

3.1.4.2

Le condizioni di accesso alla protezione sociale per le donne e gli uomini devono essere equiparate. La riduzione dell'orario lavorativo per motivi familiari, l'uso di congedi di maternità o parentali per l'assistenza, il lavoro a tempo parziale o a termine, la segregazione e la discriminazione salariale sono elementi che riducono sia l'entità che la durata delle future prestazioni sociali di cui potranno beneficiare le donne, specialmente le indennità di disoccupazione e le pensioni. Per porre almeno parzialmente rimedio a questa situazione di disuguaglianza è essenziale, tra l'altro, che il tempo dedicato al lavoro non remunerato e i periodi di riduzione dell'orario di lavoro o di inattività per motivi familiari siano riconosciuti come periodi di piena contribuzione.

3.1.4.3

Il sistema pubblico di protezione sociale deve garantire un reddito minimo dignitoso che riduca il rischio di povertà, prestando particolare attenzione alle donne anziane, alle vedove che percepiscono una pensione di reversibilità e alle famiglie monoparentali in cui il capofamiglia è una donna.

3.1.4.4

Una particolare attenzione va dedicata ai sistemi pensionistici privati introdotti in alcuni Stati membri, che stabiliscono le condizioni delle future pensioni in funzione del reddito individuale e della speranza di vita, penalizzando soprattutto le donne.

3.1.4.5

Il 2010 è l'Anno europeo della lotta alla povertà e all'esclusione sociale, che coincide con la fase conclusiva della strategia di Lisbona e con l'introduzione del metodo aperto di coordinamento. La nuova strategia UE 2020 deve porsi obiettivi concreti e definire misure più efficaci sia a breve che a lungo termine per combattere la povertà, in particolare quella delle donne.

3.1.5   La dimensione di genere nel settore sanitario

3.1.5.1

Il CESE considera necessaria una nuova strategia per la salute che integri le diverse esigenze degli uomini e delle donne in materia sanitaria, ma constata che non si prevede alcuna azione concreta in questo senso. Sarebbe invece necessario fare progressi nella ricerca sulla salute delle donne e sulle malattie che le colpiscono.

3.1.5.2

In avvenire l'invecchiamento della popolazione e la partecipazione delle donne al mercato del lavoro faranno crescere la domanda riguardante i servizi di assistenza di lunga durata. Gli Stati membri devono garantire servizi sanitari e sociali pubblici di qualità, in quanto la loro mancanza ha un impatto negativo soprattutto sulle donne, che più spesso svolgono le attività di assistenza.

3.1.6   Combattere la discriminazione multipla, in particolare nei confronti delle donne migranti e appartenenti a minoranze etniche

3.1.6.1

Il CESE ribadisce la necessità di integrare la prospettiva di genere nella politica di immigrazione e asilo. Le immigrate, assieme alle donne appartenenti alle minoranze etniche, devono essere oggetto di particolare attenzione, perché risentono in più grande misura delle disuguaglianze e si trovano in situazione di maggiore vulnerabilità, specialmente nei periodi di crisi economica (4).

3.1.6.2

La «femminilizzazione» della migrazione ha un rapporto diretto con la domanda di manodopera nel settore dei lavori domestici e dell'assistenza, dovuta in grande misura alla scarsità di infrastrutture sociali. Un numero importante di donne immigrate è occupato in questi settori, caratterizzati dal fatto di appartenere all'economia informale e dalla precarietà. Questa occupazione va «professionalizzata» e regolarizzata, e si deve favorire la qualificazione professionale per migliorare l'inclusione lavorativa delle donne immigrate.

3.2   Favorire l'equilibrio tra attività professionale e vita familiare

3.2.1

In materia di occupazione femminile sono stati raggiunti gli obiettivi della strategia di Lisbona, ma sono rimasti incompiuti quelli di Barcellona riguardanti le strutture di assistenza per l'infanzia (copertura del 33 % per i bambini di età inferiore a 3 anni e del 90 % per la fascia 3-6 anni). È essenziale che vi sia un'infrastruttura per i servizi di assistenza che abbia disponibilità di posti e un'offerta flessibile tale da garantire un'attenzione personalizzata e di qualità: un'infrastruttura che copra gli orari diversi da quelli di lavoro e i periodi di vacanza, dotata di mense, di centri specializzati a seconda del grado di dipendenza, ecc. Gli investimenti nei servizi sociali non soltanto hanno conseguenze positive per l'economia in generale e per l'occupazione in particolare, ma hanno anche un'elevata utilità sociale.

3.2.2

L'assistenza all'infanzia e alle persone non autosufficienti richiede orari flessibili e impone una riorganizzazione degli orari di lavoro per adeguarli alle necessità familiari e lavorative e per rendere questi servizi ugualmente accessibili agli uomini e alle donne.

3.2.3

Molte donne, in parte a causa dell'insufficienza delle infrastrutture di assistenza, si avvalgono del lavoro a tempo parziale come misura di riequilibrio. La femminilizzazione del tempo parziale non è però dovuta esclusivamente a motivi familiari: in molti casi, anzi, è l'unica possibilità che le donne hanno di accedere al mercato del lavoro (5).

3.2.4

In materia di congedi, si impone un'equiparazione dei diritti individuali tra donne e uomini, indipendentemente dal tipo di contratto di lavoro (autonomo, a tempo determinato o indeterminato, ecc.). In questo senso il CESE valuta positivamente l'accordo raggiunto tra CES, BusinessEurope, CEEP e Ueapme per l'applicazione del congedo parentale (6), ma ritiene necessario continuare a progredire verso l'equiparazione totale. Il CESE si rallegra dell'iniziativa della Commissione volta a migliorare la protezione delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento, e concorda sul fatto che si debba garantire un congedo di maternità non inferiore alle 18 settimane (7).

3.2.5

Ci si deve impegnare chiaramente per la corresponsabilità di tutti gli attori sociali nei compiti domestici e di assistenza, attualmente svolti principalmente dalle donne, per poter valorizzare appieno l'intero capitale umano. È necessaria quindi una campagna a favore di una più equa ripartizione del lavoro domestico e di assistenza, attualmente fonte di disuguaglianza, e una rivalutazione di questo tipo di lavori.

3.3   Promuovere la pari partecipazione delle donne e degli uomini al processo decisionale

3.3.1

Occorre un impegno più forte per conseguire la parità tra donne e uomini nei processi decisionali (8) in ambito economico, politico, scientifico e tecnologico. Negli ultimi anni la situazione delle donne non è cambiata di molto. È quindi necessario stabilire obiettivi chiari e scadenze per il loro raggiungimento, nonché adottare politiche specifiche e misure efficaci (azione positiva, piani per la parità, formazione specifica, quote di partecipazione, campagne di sensibilizzazione, ecc.).

3.3.2

La parità tra donne e uomini in politica deve essere un elemento centrale della costruzione europea. Dopo le elezioni del giugno 2009, le donne sono il 35 % degli eurodeputati, mentre in seno alla Commissione ci sono 10 donne e 17 uomini. Nei parlamenti nazionali le donne sono il 24 % dei rappresentanti, e il 25 % degli incarichi ministeriali nei governi nazionali è ricoperto da donne (9). Nel CESE, attualmente, il 23,6 % dei consiglieri è di sesso femminile e il 76,4 % è di sesso maschile, mentre per quanto riguarda gli incarichi dirigenziali (direttori, vicedirettori, segretari generali aggiunti) le donne rappresentano soltanto il 16,7 % contro l'83,3 % degli uomini. La rappresentanza paritaria tra donne e uomini deve essere una priorità fondamentale per arrivare all'uguaglianza a tutti i livelli.

3.3.3

I progressi registrati nel settore della ricerca pubblica sono molto modesti (un 39 % di donne) e sono appena percettibili quelli nel settore economico e finanziario (non ci sono donne a capo di banche centrali, mentre nei relativi consigli di amministrazione esse sono il 17 % dei membri e costituiscono soltanto il 3 % in quelli delle grandi imprese).

3.4   Eliminare la violenza basata sul genere e la tratta di esseri umani

3.4.1

La violenza contro le donne e le bambine continua a essere un problema gravissimo. Si tratta di un fenomeno mondiale e sistemico, che assume molteplici forme e manifestazioni. Il CESE condivide la preoccupazione espressa dalla Commissione per il numero di donne vittime di violenza, per l'ampiezza assunta dalla tratta delle donne e dalla prostituzione, in particolare tra le immigrate, e per la persistenza di reati commessi col pretesto della tradizione e dei precetti religiosi (10).

3.4.2

Si devono utilizzare misure sociali, economiche e giuridiche adeguate per ridurre ed eliminare le situazioni che possono alimentare la violenza contro le donne, come la mancanza di risorse materiali, la dipendenza economica, un basso livello di istruzione, la persistenza di stereotipi sessisti, le difficoltà di accesso al mercato del lavoro, ecc.

3.4.3

Va prestata particolare attenzione alle donne immigrate, rese ancora più vulnerabili dal loro isolamento dal contesto sociale o dalla situazione di irregolarità in cui si trovano. Il problema della lingua, le differenze socioculturali o la scarsa conoscenza delle strutture di assistenza impediscono a volte a queste persone di chiedere aiuto quando sono vittime di violenza domestica. La situazione è ancora più grave quando si tratta di immigrate prive di documenti, e vanno adottate misure specifiche per eliminare gli ostacoli e garantire i loro diritti.

3.4.4

Sono necessari programmi specifici (oltre alla continuazione di quelli già esistenti come i programmi Daphne) e occorre aumentare i finanziamenti per prevenire e combattere la violenza contro le donne. Si devono elaborare piani d'azione nazionali all'interno di una strategia coordinata a livello europeo, con misure concrete e scadenze precise che ne garantiscano l'effettiva applicazione. Una delle priorità degli Stati membri deve essere il potenziamento del quadro giuridico attuale al fine di prevenire la violenza familiare e proteggere le vittime reali e coloro che sono a rischio, tra cui i bambini. Occorrono inoltre indicatori in grado di presentare un quadro dettagliato di tutti gli aspetti della violenza di genere, ivi comprese le molestie sessuali e la tratta di esseri umani. Dati statistici unificati a livello UE sono indispensabili per realizzare un monitoraggio e una valutazione delle misure adottate in quest'ambito.

3.4.5

Dato il preoccupante numero di atti di violenza, compresa la violenza di genere, che si registrano tra i giovani, il CESE considera opportuna la decisione della Commissione di includere la violenza di genere tra i progetti del programma Gioventù in azione, così come è necessario includere la cultura della non violenza e il rispetto dei diritti di tutte le persone in tutti i programmi di istruzione e formazione per l'infanzia e la gioventù.

3.5   Eliminare gli stereotipi di genere nella società

3.5.1

Gli stereotipi sessisti sono atteggiamenti culturali e sociali che presuppongono l'esistenza di ruoli e funzioni «maschili» e «femminili», che influiscono sulla formazione e sulle opzioni di occupazione e generano una segregazione nel mercato del lavoro. Gli stereotipi ostacolano il conseguimento della parità e la piena partecipazione delle donne e degli uomini ai processi decisionali.

3.5.2

Nonostante l'elevato livello di istruzione raggiunto, le donne continuano a concentrarsi in settori economici (salute e azione sociale, istruzione, commercio, pubblica amministrazione, servizi alle imprese, settore alberghiero e della ristorazione, ecc.) e professioni (commesse, collaboratrici domestiche, badanti, personale amministrativo, ecc.) tradizionalmente considerati «femminili», nelle categorie professionali più basse, con minori possibilità di accedere a posti di lavoro migliori. La segregazione è rimasta inalterata negli ultimi anni, perché l'aumento dell'occupazione femminile si registra in settori già dominati dalle donne.

3.5.3

Per contrastare gli stereotipi sessisti è necessario:

educare i bambini e i giovani a modelli non sessisti, vigilando in particolare affinché il materiale didattico e gli insegnanti non perpetuino i suddetti stereotipi. Il CESE è favorevole all'inclusione della parità di genere come priorità specifica nei programmi comunitari di istruzione e formazione,

favorire la presenza delle donne nello studio delle discipline scientifiche e tecnologiche, dove sono poco rappresentate, e quindi consentire loro di accedere a posti di lavoro migliori e riequilibrare la presenza di donne e uomini in tutti i campi della conoscenza,

promuovere l'imprenditorialità, l'innovazione e la creatività tra le donne, siano esse lavoratrici autonome, lavoratrici dipendenti o disoccupate. Ciò rappresenta uno strumento importante per mettere in luce il contributo positivo che le donne apportano alla società,

assicurare che le donne abbiano la possibilità di partecipare al mercato del lavoro a parità di condizioni, in particolare quando sono madri e hanno figli minori a carico,

valorizzare gli impieghi «femminili», in particolare nell'ambito dell'assistenza, promuovendo la formazione permanente,

eliminare gli stereotipi sessisti dai mezzi di comunicazione e dalla pubblicità, prestando particolare attenzione alla violenza e alle immagini degradanti per le donne,

incrementare la presenza delle donne nei posti di responsabilità dei mezzi di comunicazione per promuovere la parità di trattamento e una visione realistica delle donne e degli uomini nella società.

3.6   Promuovere la parità tra donne e uomini all'esterno dell'UE

3.6.1

La Commissione deve continuare a promuovere i diritti delle donne in ambito internazionale attraverso la sua politica estera e di sviluppo. La dimensione di genere deve essere integrata in tutti gli aspetti della cooperazione, attraverso misure specifiche per le donne che ne promuovano la partecipazione ai processi decisionali e lo spirito d'iniziativa, e occorre potenziare le capacità dei paesi in via di sviluppo affinché si assumano il compito di promuovere la parità.

3.6.2

La prospettiva di genere deve essere integrata nella politica europea di sicurezza e di difesa (PESD) per intervenire nelle situazioni di crisi. In materia di aiuti umanitari (ECHO), la Commissione dovrebbe prestare particolare attenzione alle donne con figli o familiari a carico in caso di catastrofi naturali e alle donne vittime della violenza maschile nelle situazioni di conflitto.

4.   Parte II: Migliorare la governance sulla parità tra i generi

4.1

La Commissione deve integrare l'analisi di genere in modo trasversale in ciascuno dei suoi ambiti d'intervento, compresi i bilanci, e valutare i progressi in materia di parità all'interno della sua stessa struttura. A tal fine occorrono risorse umane formate alle questioni riguardanti l'uguaglianza di genere e indicatori disaggregati che consentano di visualizzare la situazione delle donne.

4.2

La Commissione deve mantenere un dialogo aperto e permanente con le organizzazioni delle donne, con le parti sociali e con altre organizzazioni della società civile per comprendere meglio i problemi della disuguaglianza.

4.3

Il CESE chiede alla Commissione di dare istruzioni a tutte le sue unità affinché usino un linguaggio non sessista in tutti i documenti e testi ufficiali, nell'interpretazione da e verso tutte le lingue e nelle pagine Internet.

5.   Parte III: Strategie da seguire a partire dal 2010

Su richiesta della Commissione, il CESE presenta una serie di proposte per la nuova tabella di marcia per la parità da adottare a partire dal 2010.

5.1

La parità tra uomini e donne va trattata in una prospettiva globale. Oltre a obiettivi come incrementare la partecipazione delle donne in tutti gli ambiti, far fronte alle sfide demografiche o migliorare il benessere dell'infanzia, le politiche comunitarie devono puntare esplicitamente a ridurre gli squilibri nella ripartizione delle responsabilità familiari, domestiche e di assistenza, tra donne e uomini in particolare e tra tutti gli attori sociali in generale.

5.2

La Commissione deve integrare in modo trasversale la parità di genere in tutti i suoi ambiti, comitati, unità, misure, politiche e direzioni. La questione del genere non riguarda soltanto la direzione generale Occupazione e affari sociali.

5.3

È necessario poter disporre di specialisti delle questioni di genere, che possano offrire formazione e materiali atti a migliorare la consapevolezza, le conoscenze e la capacità del personale europeo in materia di parità. Eurostat deve continuare a disaggregare le sue statistiche per sesso, migliorando le metodologie applicate a quelle già esistenti e incorporando nuovi indicatori che ci consentano di conoscere meglio la realtà delle donne e di avere così un quadro completo della situazione nell'UE.

5.4

La prospettiva di genere deve essere integrata nei bilanci dell'UE e di tutti gli Stati membri; sono, tuttavia, necessari studi per valutare l'impatto degli interventi pubblici sulle donne e sugli uomini.

5.5

I fondi strutturali offrono un quadro eccezionale per consentire agli Stati membri di integrare la parità di genere nei loro programmi operativi e nelle diverse fasi di applicazione dei fondi, e anche di realizzare una valutazione dell'impatto di genere per ciascun asse prioritario o ambito di intervento dei suddetti programmi. Per ottenere risultati migliori, è necessario che vi siano un maggiore coordinamento e una più stretta collaborazione tra i fondi strutturali e gli organi incaricati di garantire la parità in ciascun paese.

5.6

La Commissione deve accertarsi dell'effettiva applicazione della legislazione, presentando esempi di buone pratiche e sanzionando i paesi che non rispettino il principio della parità tra donne e uomini. La parità di genere va controllata e valutata in tutte le politiche e in tutte le direzioni della Commissione stessa. A tal fine è necessario disporre di un metodo di valutazione che permetta di osservare e apprezzare il grado di conseguimento degli obiettivi stabiliti e di verificare successi e insuccessi, nonché di un'unità di valutazione che supervisioni e valuti in modo sistematico le azioni dei diversi paesi sulla base degli indicatori già previsti dalla tabella di marcia.

5.7

Nel caso in cui la futura tabella venga modificata, il CESE raccomanda di introdurre alcune suddivisioni nell'ambito 1, che al momento tratta problematiche tra loro molto diverse (occupazione, salute, immigrazione) che vanno affrontate con mezzi differenziati. Il CESE propone inoltre di introdurre un nuovo ambito dal titolo Le donne e l'ambiente, perché le donne hanno un ruolo fondamentale nello sviluppo sostenibile, vista la loro preoccupazione speciale per la qualità e la sostenibilità della vita dell'attuale generazione e di quelle future (11).

5.8

Il CESE sottolinea il ruolo importante svolto dalle parti sociali nella promozione della parità attraverso il dialogo sociale e la contrattazione collettiva. Un buon esempio in questo senso è il quadro d'azione per la parità tra donne e uomini del 2005.

5.9

L'Istituto europeo per l'uguaglianza di genere deve avere un ruolo di primo piano per quanto riguarda il miglioramento della governance e la revisione della legislazione in vigore in materia di sensibilizzazione e di parità. Deve vigilare e garantire che tutte le politiche prevedano e promuovano la parità, nonché favorire la partecipazione dei cittadini e l'adozione di politiche più responsabili e più inclusive per quanto riguarda le questioni di genere.

5.10

Non si deve permettere che i problemi economici e finanziari che affliggono l'Europa e i cambiamenti demografici possano pregiudicare l'obiettivo della parità o farlo passare in secondo piano.

Bruxelles, 17 marzo 2010

Il Presidente del Comitato economico e sociale europeo

Mario SEPI


(1)  Fonte: Eurostat (EFT), i dati sull'occupazione sono aggiornati al febbraio 2009, quelli sulla disoccupazione al settembre 2009.

(2)  Il tasso di inattività per motivo di assistenza a familiari (minori o persone non autosufficienti) per le donne di età compresa tra i 25 e i 54 anni è del 25,1 % contro il 2,4 % soltanto degli uomini. È inoltre inattivo per altre responsabilità familiari il 19,2 % delle donne, contro il 2,9 % degli uomini (fonte: EFT, Eurostat, 2008).

(3)  GU C 211 del 19.8.2008, pag. 54.

(4)  Cfr. i pareri del CESE GU C 182 del 4.8.2009, pag. 19 e GU C 27 del 3.2.2009, pag. 95.

(5)  Nel 2008, il 31,5 % delle donne occupate nell'UE aveva un lavoro a tempo parziale, contro l'8,3 % degli uomini. Il 27,5 % di queste lavoratrici aveva scelto il tempo parziale per motivi di assistenza (a minori o a persone non autosufficienti), e il 29,2 % perché non riusciva a trovare un lavoro a tempo pieno (nel caso degli uomini, rispettivamente il 3,3 % e il 22,7 %). Fonte: EFT, Eurostat.

(6)  Il congedo parentale passa da 3 a 4 mesi, uno dei quali non trasferibile per il padre, ed è applicabile a tutti i lavoratori indipendentemente dal tipo di contratto.

(7)  GU C 277 del 17.11.2009, pag. 102.

(8)  Dieci anni fa, in occasione della conferenza Donne e uomini al potere svoltasi a Parigi nel 1999, gli Stati membri dell'Unione europea hanno sottoscritto una dichiarazione in cui si impegnano a fare progressi verso una partecipazione ai processi decisionali più paritaria tra donne e uomini.

(9)  Dati aggiornati all'ottobre 2009.

(10)  GU C 110 del 9.5.2006, pag. 89.

(11)  Come si afferma nella piattaforma d'azione di Pechino del 1995.


Top