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Document 52014AE2799

    Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sui dispositivi di protezione individuale — COM(2014) 186 final — 2014/0108 (COD)

    GU C 451 del 16.12.2014, p. 76–80 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, HR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

    16.12.2014   

    IT

    Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

    C 451/76


    Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sui dispositivi di protezione individuale

    COM(2014) 186 final — 2014/0108 (COD)

    (2014/C 451/12)

    Relatrice:

    BUTAUD-STUBBS

    Il Parlamento europeo, in data 2 aprile 2014, e il Consiglio, in data 24 aprile 2014, hanno deciso, conformemente al disposto dell'articolo 114 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

    Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sui dispositivi di protezione individuale

    COM(2014) 186 final — 2014/0108 (COD).

    La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 23 giugno 2014.

    Alla sua 500a sessione plenaria, dei giorni 9 e 10 luglio 2014 (seduta del 9 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 191 voti favorevoli e 2 astensioni.

    1.   Conclusioni e raccomandazioni

    1.1

    Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) giudica opportuna l'iniziativa della Commissione europea intesa a sostituire con un regolamento la direttiva del 1989 sui dispositivi di protezione individuale (DPI), ossia «qualsiasi dispositivo o articolo destinato a essere indossato o tenuto da una persona affinché essa sia protetta nei confronti di uno o più rischi che potrebbero metterne in pericolo la salute e la sicurezza», al fine di garantire un'applicazione obbligatoria e uniforme in tutti gli Stati membri.

    1.2

    Il CESE giudica positivamente la maggior parte delle modifiche proposte:

    l'allineamento su un quadro comune per la normativa relativa ai prodotti;

    il chiarimento delle responsabilità di tutti gli operatori privati e pubblici coinvolti nelle procedure di verifica della conformità dei DPI con i requisiti contenuti nella proposta di regolamento e negli allegati;

    l'inserimento di nuove categorie di DPI: i «DPI fatti su misura» e i «DPI adattati singolarmente»;

    la nuova durata di 5 anni della validità dei certificati di conformità.

    1.3

    Tuttavia, il CESE si interroga sulla pertinenza di talune modifiche proposte:

    l'inclusione dei DPI fabbricati per uso privato contro l'umidità, l'acqua e il calore;

    la varietà di regimi linguistici prevista per le diverse informazioni che è obbligatorio comunicare.

    1.4

    Il CESE osserva inoltre che l'uso dei DPI deve essere inserito in una politica globale di prevenzione dei rischi sul luogo di lavoro, che copra in particolare:

    l'individuazione precisa dei fattori di rischio;

    l'adattamento dei posti di lavoro per ridurre l'esposizione ai rischi;

    la modifica dell'organizzazione del lavoro;

    la formazione dei lavoratori in merito alla prevenzione dei rischi, all'ergonomia, alle modalità per indossare e utilizzare i DPI.

    1.5

    D'altronde, tutti questi obiettivi sono al centro del nuovo quadro strategico europeo sulla sicurezza e la salute sul luogo di lavoro 2014-2020, adottato il 6 giugno 2014: sarebbe opportuno farvi riferimento nella proposta di regolamento COM(2014) 186 final. Si rammenta che, nel 2013, 3 milioni di lavoratori sono stati vittima di incidenti gravi sul posto di lavoro.

    1.6

    Ci si può anche rammaricare dell'assenza di qualsiasi considerazione economica riguardo al mercato europeo dei DPI, stimato nel 2010 a circa 10 miliardi di euro, in crescita, stimolato dall'innovazione tecnologica (nuove fibre, tessuti intelligenti, nanomateriali...) e orientato a rispondere alle esigenze di protezione ma anche alle richieste provenienti dalla società in fatto di confort, praticità, leggerezza e aspetto estetico.

    1.7

    Il CESE si rammarica altresì della scarsa considerazione rivolta alle procedure di manutenzione, controllo e revisione dei DPI, al caso dei DPI utilizzati da più persone e a quello dei DPI di seconda mano.

    2.   Contenuto della proposta di regolamento

    2.1   Meriti e limiti della direttiva del 1989

    2.1.1

    La proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio basata sull'articolo 114 del Trattato mira a rimediare alle lacune riscontrate nel funzionamento del mercato unico dei dispositivi di protezione individuale.

    2.1.2

    La direttiva 89/686/CEE sui dispositivi di protezione individuale è stata adottata il 21 dicembre 1989 ed è pienamente applicabile dal 1o luglio 1995.

    2.1.3

    Essa definisce un DPI come «qualsiasi dispositivo o articolo destinato a essere indossato o tenuto da una persona affinché essa sia protetta nei confronti di uno o più rischi che potrebbero metterne in pericolo la salute e la sicurezza».

    2.1.4

    Stabilisce altresì i requisiti essenziali di sicurezza che i DPI devono soddisfare per essere immessi sul mercato e circolare liberamente all'interno del mercato unico. I DPI devono essere progettati e fabbricati in conformità alle disposizioni della direttiva. I fabbricanti devono apporre la marcatura CE e fornire agli utilizzatori le istruzioni per il magazzinaggio, l'uso, la pulizia, la manutenzione e la disinfezione dei DPI.

    2.1.5

    Dal 1995 sono emerse una serie di difficoltà legate all'attuazione della direttiva:

    divergenze di interpretazione nelle trasposizioni nazionali della direttiva, che hanno portato a una frammentazione del mercato unico;

    una scarsa comprensione di talune disposizioni da parte dei fabbricanti e degli organismi notificati;

    l'esclusione di talune categorie di DPI che non è sempre apparsa giustificata: lo stesso dispositivo di protezione era considerato come un DPI in caso di impiego professionale (ad esempio guanti per rigovernare in un ristorante) mentre non lo era se utilizzato da un privato.

    2.1.6

    Inoltre la Commissione persegue l'obiettivo della semplificazione ed è tenuta ad allineare la direttiva del 1989 al nuovo quadro giuridico che istituisce un quadro comune per la normativa di armonizzazione dell'UE relativa ai prodotti.

    2.2   Contenuto della proposta di regolamento

    2.2.1   Campo d'applicazione riveduto

    2.2.1.1

    Sono d'ora in poi inclusi nel campo di applicazione i DPI progettati e fabbricati per uso privato contro il calore, l'umidità e l'acqua in condizioni non estreme (guanti per rigovernare, guanti da forno, stivali di gomma, ecc.), mentre sono esclusi i caschi destinati a proteggere gli utilizzatori di veicoli a motore a due o tre ruote, ai sensi di un pertinente regolamento della Commissione economica per l'Europa delle Nazioni Unite.

    2.2.2   Allineamento alle disposizioni tipiche della normativa di armonizzazione dell'Unione relativa ai prodotti

    2.2.2.1

    Gli obblighi di tutti gli operatori economici interessati: fabbricanti, rappresentanti autorizzati, importatori e distributori sono definiti conformemente alle disposizioni della normativa di armonizzazione dell'Unione relativa ai prodotti. Infatti, dal 2008 il nuovo quadro legislativo è uno strumento orizzontale del mercato interno inteso a rafforzare l'efficacia della legislazione dell’UE in materia di sicurezza dei prodotti (regolamento (CE) n. 765/2008 concernente l'accreditamento e la vigilanza del mercato e decisione n. 768/2008/CE relativa a un quadro comune per la commercializzazione dei prodotti).

    2.2.3   Nuova classificazione dei rischi per le procedure di valutazione della conformità

    2.2.3.1

    I DPI sono suddivisi in tre categorie di rischio, ciascuna delle quali prevede una procedura di certificazione propria.

    Categorie di rischio

    Procedure di certificazione

    Esempi

    Categoria I

    Rischi minimi legati a lesioni meccaniche superficiali, contatto con l'acqua o con superfici calde che non superino i 50 oC, esposizione alla luce del sole e a condizioni atmosferiche di natura non estrema

    Autocertificazione

    Controllo interno della produzione (modulo A — allegato IV)

    Guanti per rigovernare, guanti da forno, occhiali da sole...

    Categoria II

    DPI destinati a proteggere gli utilizzatori da rischi diversi da quelli minimi (I) e molto gravi (III)

    DPI fatti su misura, esclusi quelli destinati a proteggere dai rischi minimi

    Certificazione UE (modulo B — allegato V)

    Conformità al tipo basata sul controllo interno della produzione (modulo C — allegato VI)

    Caschi protettivi, abbigliamento ad alta visibilità...

    Categoria III

    Rischi molto gravi, sostanze nocive, sostanze chimiche aggressive, radiazioni ionizzanti, ambienti ad alta temperatura (oltre i 100 oC); ambienti a bassa temperatura (-50 oC o inferiore), cadute dall'alto, scosse elettriche e lavoro sotto tensione, annegamento, tagli da seghe a catena portatili e da getti d'acqua ad alta pressione, ferite da proiettile o da coltello, rumore nocivo...

    Certificazione UE (modulo B — allegato V) + procedura complementare con intervento di un organismo notificato:

    conformità al tipo basata sulla verifica del prodotto (modulo F — allegato VII), oppure

    conformità al tipo basata sulla garanzia di qualità del processo di produzione (modulo D — allegato VIII)

    Numero d'identificazione dell'organismo notificato

    Dispositivi di protezione respiratoria, DPI contro le cadute dall'alto...

    2.2.3.2

    Si osserverà che nella categoria III sono stati aggiunti alcuni nuovi rischi: ad esempio, il rischio di ferite da coltello e il rumore nocivo.

    2.2.3.3

    Non appare molto chiara la sorte riservata ai DPI adattati singolarmente di cui all'articolo 3: in quale categoria di rischio rientrano e, di conseguenza, quali procedure di certificazione vi si applicano?

    2.2.4   Limitazione a 5 anni della durata di validità del certificato di conformità

    2.2.4.1

    Questa modifica fondamentale è stata introdotta su richiesta di talune autorità di vigilanza degli Stati membri che hanno riscontrato, sul loro mercato, la presenza di DPI accompagnati da certificati ancora validi mentre le norme erano radicalmente cambiate (in particolare nel caso di giubbotti di salvataggio).

    2.2.5   Chiarimento dei requisiti essenziali di salute e sicurezza

    2.2.5.1

    Il regolamento sopprime delle sezioni contenenti requisiti relativi a tre famiglie di rischi che si sono rivelate inapplicabili o hanno dato luogo a confusione:

    protezione contro le vibrazioni meccaniche (sezione 3.1.3);

    protezione contro gli effetti nefasti del rumore (sezione 3.5);

    protezione contro le radiazioni non ionizzanti (sezione 3.9.1).

    2.2.6   Controllo rafforzato sugli organismi notificati

    2.2.6.1

    Gli Stati membri dispongono di poteri rafforzati di controllo sugli organismi notificati. Possono opporsi alla notifica di un organismo che non sia attivo da anni, il quale, con tutta probabilità, non dispone più delle risorse umane e tecniche per rilasciare certificati, o che in passato abbia rilasciato dei certificati di conformità per DPI non conformi.

    2.2.7   Periodo di transizione dopo l'entrata in vigore

    2.2.7.1

    È previsto un periodo di due anni dopo l'entrata in vigore del regolamento affinché i fabbricanti, gli organismi notificati e gli Stati membri abbiano il tempo necessario per adeguarsi alle nuove prescrizioni.

    3.   Osservazioni generali

    3.1

    L'inclusione dei DPI per uso privato destinati a proteggere da rischi minori quali l'acqua o l'umidità sarà operativa? In che modo verranno sensibilizzati i consumatori? Sarebbe forse opportuno definire più precisamente le condizioni di marcatura CE (leggibilità, formato, ecc.) com'è il caso, ad esempio, delle precisazioni già esistenti per l'etichettatura, la composizione e le istruzioni per la manutenzione dei tessuti di tutti i DPI per uso privato in vendita, noleggio o prestito. Non vi è il rischio che i nuovi obblighi si traducano in un aumento dei prezzi di vendita?

    3.2

    Si può deplorare l'assenza di riferimenti al progresso tecnologico, peraltro particolarmente importante in questo ambito, in settori quali le fibre e i materiali tessili (Teflon, lattice, neoprene, nitrile, ecc.), le tecnologie di rivestimento e filtrazione, l'integrazione di rilevatori e sensori microelettronici in grado di trasmettere informazioni o energia (smart textiles) per rendere più efficace la protezione dai rischi.

    3.3

    Non viene fatto alcun riferimento neppure al potenziale che questo mercato offre alle industrie europee dei DPI (tessile, abbigliamento, calzature, fabbricanti di accessori), che invece era stato identificato nel 2007 dalla Commissione europea come uno dei lead markets dell'industria.

    3.4

    Si fa rilevare altresì l'insufficienza della proposta di regolamento per quanto riguarda gli aspetti umani: l'uso dei DPI verrà reso ottimale dopo alcune sedute di informazione e di formazione del lavoratore per far comprendere i rischi, le condizioni di uso dei DPI, le istruzioni e le consegne indispensabili. Occorre anche prevedere dei periodi di prova e di sperimentazione dei DPI per garantire che siano adeguati alla morfologia dell'utilizzatore e alle postazioni di lavoro (allegato II, punto 1.3, da completare in particolare in funzione dei riscontri ottenuti grazie alle esperienze a livello nazionale).

    3.5

    Tutti questi aspetti rientrano senz'altro nella direttiva del 12 giugno 1989 (89/391/CEE) concernente la sicurezza e la salute durante il lavoro, che mira a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro e descrive gli obblighi dei datori di lavoro nonché i diritti e doveri dei lavoratori.

    3.6

    La politica in materia di DPI rientra in una politica globale condotta a livello dell'impresa o del ramo e intesa a ridurre l'esposizione ai rischi. Tale politica si basa su un'identificazione precisa dei fattori di rischio e sull'inventario delle misure da attuare per ridurli o eliminarli: ad esempio, valutare la soluzione costituita da un dispositivo adeguato di aspirazione prima di ricorrere ai dispositivi respiratori. La soluzione collettiva di prevenzione dei rischi è sempre da privilegiare rispetto al ricorso a soluzioni di protezione individuale.

    3.7

    Questo lavoro di valutazione dei rischi viene effettuato in collaborazione con dei partner all'interno dell'impresa: organi rappresentativi del personale, delegati dei dipendenti, comitati per l'igiene e la sicurezza..., oppure all'esterno dell'impresa: medicina del lavoro, ufficio studi, agenzia pubblica per il miglioramento delle condizioni di lavoro...

    3.8

    Una particolare importanza va riservata alle procedure di manutenzione, controllo e revisione dei DPI, in modo che garantiscano una protezione massima rispetto ai rischi per i quali sono stati progettati. La manutenzione comprende in particolare l'ispezione, la cura, la pulizia, la riparazione e una custodia adeguata.

    3.9

    La proposta di regolamento tratta solo in parte dei casi di esposizione a rischi multipli.

    3.10

    La proposta di regolamento non affronta il caso dei DPI che vengono utilizzati da più persone (come, ad esempio, i caschi di protezione su un cantiere). Si dovrebbero stabilire le norme igieniche da rispettare.

    3.11

    La proposta di regolamento non tratta neppure della questione delle restrizioni attitudinali all'utilizzo di un DPI: in effetti, alcuni dipendenti, per ragioni mediche, non sono abilitati a indossare un DPI. In questi casi, sia pure rari, come può il datore di lavoro, sottoposto a un obbligo di sicurezza generale, risolvere la situazione? Ricollocando il lavoratore in un altro posto, adattando il luogo di lavoro...?

    3.12

    La situazione dei DPI di seconda mano non viene affrontata nella proposta di regolamento mentre, secondo alcune fonti nazionali, il mercato di questi dispositivi, soprattutto per i rischi di categoria I, è in pieno sviluppo, per via della crisi economica che colpisce molti dei settori che utilizzano maggiormente i DPI (edilizia, lavori pubblici, trasporti, ecc.).

    4.   Osservazioni specifiche

    4.1

    Testo della proposta di regolamento, considerando 24: la validità dell'attestato di conformità del DPI fissata a un massimo di 5 anni permette di garantire un esame basato sulle più avanzate conoscenze scientifiche disponibili, il che rientra pienamente negli obiettivi di prevenzione e di miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori cui è rivolta la direttiva quadro 89/391 del 12 giugno 1989. Una procedura semplificata è prevista nei casi in cui non vi sia stata un'evoluzione significativa delle norme.

    4.2

    Articolo 3: sarebbe utile aggiungere diverse altre definizioni: quella di DPI di seconda mano, quella di «autorità di vigilanza», menzionate negli articoli 11 e 13, nonché quella di «autorità notificanti», responsabili a livello nazionale della notifica degli organismi a loro volta abilitati ad esercitare i controlli di conformità dei DPI.

    4.3

    Articolo 8, paragrafo 3: la durata della conservazione della documentazione tecnica fissata a 10 anni può apparire eccessiva, tanto più che la validità dell'attestazione di conformità è pari solo a 5 anni. Perché non uniformare entrambe a 5 anni?

    4.4

    Articolo 8, paragrafi 3, 7 e 10, articolo 9, paragrafo 2, lettera a), articolo 10, paragrafi 3, 4 e 7, articolo 11, paragrafo 2, articolo 13, articolo 15, paragrafi 1, 2 e 3, allegato II, punto 2.12: in questi diversi articoli sono previsti regimi linguistici distinti per i vari documenti riguardanti i DPI e la loro conformità alle relative procedure:

    si parla di una «lingua facilmente comprensibile dagli utilizzatori finali», espressione derivata dalla giurisprudenza della CGCE, ma che rischia di apparire piuttosto soggettiva;

    la questione linguistica viene menzionata anche nel punto 2.12 dell'allegato II: «le marcature o le indicazioni di identificazione […] devono essere nella o nelle lingue ufficiali dello Stato membro dove sarà usato il dispositivo»;

    infine, all'articolo 15 (paragrafi 2 e 3), si trova la seguente espressione, che sembra più precisa sul piano giuridico: «nella lingua o nelle lingue richieste dallo Stato membro sul cui mercato il DPI è messo a disposizione».

    Il Comitato comprende le ragioni che hanno condotto a creare tre regimi linguistici distinti, ma propone, a fini di semplificazione, di mantenere unicamente l'ultima formulazione.

    4.5

    Articolo 15, paragrafo 3: l'espressione «continuamente aggiornata» rischia di dare adito a interpretazioni divergenti a livello nazionale. Perché non stabilire una periodicità, ad esempio annuale?

    4.6

    Articolo 42: il periodo di due anni proposto dopo l'entrata in vigore risulta certamente impegnativo rispetto al numero di modifiche necessarie soprattutto negli Stati membri con strutture amministrative deboli (nuova notifica di tutti gli organismi notificati in 28 Stati membri, modifica della durata di validità dei certificati di conformità), ma è necessario in relazione agli obiettivi di prevenzione e miglioramento delle condizioni di lavoro, soprattutto per quanto riguarda la riduzione degli incidenti sul lavoro.

    Bruxelles, 9 luglio 2014.

    Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

    Henri MALOSSE


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