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Document 52011IE1174

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema La collaborazione tra le amministrazioni regionali e locali e le organizzazioni della società civile in materia di integrazione degli immigrati (supplemento di parere)

GU C 318 del 29.10.2011, p. 69–75 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

29.10.2011   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 318/69


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «La collaborazione tra le amministrazioni regionali e locali e le organizzazioni della società civile in materia di integrazione degli immigrati» (supplemento di parere)

2011/C 318/11

Relatore: Luis Miguel PARIZA CASTAÑOS

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 20 gennaio 2011, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, lettera A), delle Modalità d'applicazione del Regolamento interno, di elaborare un supplemento di parere sul tema:

La collaborazione tra le amministrazioni regionali e locali e le organizzazioni della società civile in materia di integrazione degli immigrati.

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 27 giugno 2011.

Alla sua 473a sessione plenaria, dei giorni 13 e 14 luglio 2011 (seduta del 13 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 119 voti favorevoli, 1 voto contrario e 11 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Nei prossimi anni cresceranno sia la mobilità interna dei cittadini europei che l'immigrazione verso l'Europa di cittadini di paesi terzi. Questi processi migratori porteranno a un aumento della diversità in termini di origine nazionale, etnica, religiosa e culturale dell'Unione europea (1). L'incremento della mobilità e dell'immigrazione rappresenta una sfida per i livelli regionale e locale.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) condanna le recenti misure che limitano la libertà di circolazione nello spazio Schengen e, per dare il proprio contributo ai lavori del Consiglio europeo del 24 giugno, ha elaborato un parere (2).

1.2

Nella strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, uno dei principi guida fa riferimento all'integrazione delle persone immigrate. Il CESE mette in evidenza che la crescita economica e la creazione di posti di lavoro, unite al miglioramento della formazione e dei servizi pubblici, facilitano l'integrazione.

1.3

È molto importante che l'UE disponga di una buona legislazione comune affinché la gestione dell'immigrazione venga incanalata attraverso procedure legali e trasparenti. Tale legislazione comune deve essere basata sul rispetto della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e della Convezione europea dei diritti dell'uomo, per garantire alle persone immigrate gli stessi diritti e obblighi, la parità di trattamento e la non discriminazione nel lavoro e nella società.

1.4

In un contesto di crisi economica e sociale, in tutta l'Europa crescono l'intolleranza, la xenofobia e il razzismo, anche nelle agende politiche di alcuni governi. Le istituzioni dell'UE devono essere molto attive nella lotta contro la xenofobia e la discriminazione verso gli immigranti e le minoranze visibili attraverso la promozione della parità di opportunità, della coesione e della mobilità sociale. I mezzi di comunicazione devono agire con senso di responsabilità e dando il buon esempio.

1.5

Gli enti regionali e locali dispongono di strumenti politici, normativi e di bilancio per sviluppare le politiche di integrazione. In molti casi le politiche nazionali sono dirette al controllo dei flussi migratori, ma esse sono molto distanti dal livello regionale e locale, il quale deve affrontare la sfida dell'integrazione. Le politiche sono state sviluppate in varie maniere: sono di tipo proattivo, preventivo, correttivo o reattivo. Gli enti locali sono andati oltre l'approccio secondo il quale l'integrazione è un processo naturale privo di difficoltà che non richiede politiche attive e specifiche.

1.6

Il CESE ritiene che l'integrazione non sia un atto giuridico, ma un complesso processo sociale che si sviluppa nel lungo termine, con molteplici dimensioni e il coinvolgimento di una pluralità di attori, specialmente a livello locale. Il processo sociale di integrazione si sviluppa nelle strutture della società e in diversi ambiti della vita delle persone: in famiglia, nel quartiere e nella città, sul lavoro, a scuola, nei centri di formazione, all'università, nelle associazioni, nelle istituzioni religiose, nei circoli sportivi, ecc.

1.7

Il processo sociale d'integrazione deve essere basato su un quadro normativo che garantisca la «progressiva equiparazione degli immigrati al resto della popolazione, per quanto riguarda diritti e doveri, l'accesso ai beni, ai servizi e alle basi di partecipazione civile in condizioni di parità di opportunità e di trattamento» (3). Il primo dei principi fondamentali comuni della politica di integrazione dell'Unione europea (4) stabilisce che «l'integrazione è un processo dinamico e bilaterale di adeguamento reciproco da parte di tutti gli immigrati e di tutti i residenti degli Stati membri» (5).

1.8

Le politiche di integrazione e di inclusione sociale promosse dagli enti regionali e locali devono riguardare vari aspetti  (6): la prima accoglienza, l'insegnamento della lingua, delle leggi e dei costumi, l'alloggio, la salute, la lotta contra la povertà, la lotta alla discriminazione, le politiche dell'occupazione e di formazione, la parità di genere, l'istruzione dei minori, la politica per la famiglia, la politica della gioventù, l'assistenza sanitaria, l'estensione dei servizi sociali e l'agevolazione della partecipazione civica. L'organico delle amministrazioni pubbliche deve rispecchiare la diversità etnica e culturale, e i dipendenti pubblici devono ricevere una formazione interculturale. A livello regionale e locale vanno promossi il dialogo e la cooperazione interculturale e interreligiosa.

1.9

La governance democratica è basata sul principio che tutti i membri della comunità politica dovrebbero poter partecipare sia direttamente che indirettamente al processo decisionale governativo. Affinché le politiche di integrazione abbiano successo, è necessaria l'attiva collaborazione della società civile e degli enti regionali e locali per quanto concerne la progettazione, l'attuazione e la valutazione delle politiche di integrazione.

1.10

In una società democratica tutte le persone interessate dal processo di decisione collettiva devono poter influire su tali decisioni e avere l'opportunità di parteciparvi. Le città multiculturali europee del XXI secolo devono diventare più democratiche attraverso il coinvolgimento dei residenti i cui diritti di partecipazione politica sono limitati, ossia i residenti di paesi terzi (7).

1.11

Il CESE ha chiesto con forza (8) l'estensione dei diritti di cittadinanza alle persone originarie di paesi terzi che hanno un permesso di soggiorno permanente nell'UE. Inoltre il Comitato reclama politiche nazionali di naturalizzazione più flessibili.

1.12

Il CESE potrebbe collaborare all'attuazione delle conclusioni della conferenza di Saragozza attraverso l'elaborazione di un parere sugli indicatori di cittadinanza attiva.

1.13

Il nono principio fondamentale comune («la partecipazione degli immigrati al processo democratico e alla formulazione delle politiche e delle misure di integrazione, specialmente a livello locale, favorisce l'integrazione dei medesimi») non è stato sviluppato in modo sufficiente negli Stati membri. Nella terza edizione del MIPEX (9) (che include indicatori d'integrazione per 31 paesi d'Europa e dell'America settentrionale) si giunge alla conclusione che la maggior parte delle persone immigrate hanno poche possibilità di partecipazione alle politiche che li interessano.

1.14

Il CESE ritiene che debbano essere attuate politiche di integrazione con carattere proattivo, con un approccio bidirezionale, rivolto sia alle società di accoglienza che agli immigrati, con l'obiettivo di pervenire ad una società in cui tutti i residenti, indipendentemente dalla loro origine, abbiano gli stessi diritti e gli stessi obblighi e condividano i valori delle società democratiche, aperte e pluraliste.

1.15

Nelle città europee la società civile è molto attiva e lavora per migliorare la convivenza e l'integrazione civica. Le organizzazioni della società civile rappresentano un magnifico capitale sociale in grado di promuovere società inclusive in ciascuno dei loro settori di azione. Il CESE propone che gli enti regionali e locali facilitino le attività della società civile, ne promuovano la consultazione e partecipazione attraverso procedure pubbliche trasparenti e mettano a disposizione finanziamenti sufficienti. I sistemi di finanziamento non devono limitare l'indipendenza delle organizzazioni.

1.16

Al fine di agevolare l'integrazione, si deve migliorare la governance attraverso sistemi di partecipazione della società civile. Il CESE propone pertanto di rafforzare il ruolo degli organi di partecipazione e di consultazione che esistono in ambito regionale e locale, e di creare nuovi forum e piattaforme nelle città e nelle regioni che ancora non se ne sono dotate, perché i sistemi partecipativi migliorano i risultati degli interventi pubblici.

1.17

Il CESE propone che le autorità delle città e delle regioni d'Europa costituiscano consigli, forum e piattaforme consultive, che rendano possibile la partecipazione e la consultazione della società civile (le associazioni degli immigrati e quelle di sostegno agli immigrati, le organizzazioni di difesa dei diritti umani, le organizzazioni delle donne, le parti sociali - sindacati e organizzazioni dei datori di lavoro - e altre ONG interessate) per quanto riguarda le politiche di integrazione. In ambito comunale le strutture di partecipazione potranno adattarsi alle caratteristiche locali ed avere un carattere stabile o più flessibile. Gli enti regionali e locali devono compiere sforzi per rimuovere gli ostacoli che impediscono la partecipazione.

1.18

Il CESE ritiene che la Commissione europea, nella nuova Agenda per l'integrazione, debba evidenziare l'importanza del livello regionale e locale, promuovendo la collaborazione tra le autorità politiche e le organizzazioni della società civile. L'ambito locale è lo spazio in cui l'integrazione viene realizzata in modo più efficiente e in cui viene sviluppato il sentimento di appartenenza. La partecipazione sociale e politica è imprescindibile per generare questo sentimento di appartenenza.

1.19

La comunicazione della Commissione deve proporre che a livello locale vengano create strutture di consultazione degli immigrati e della società civile; il Fondo europeo per l'integrazione può collaborare con gli enti locali nel finanziamento di queste attività di partecipazione, garantendo l'indipendenza delle organizzazioni.

1.20

Il CESE ritiene che, prima della prossima valutazione intermedia, il Fondo debba aumentare le sue risorse di bilancio e dotarsi di sistemi di finanziamento più flessibili per gli enti regionali e locali. Inoltre la Commissione dovrebbe gestire fino al 20 % del Fondo per finanziare azioni dell'UE che abbiano un grande valore aggiunto. Il CESE condivide la preoccupazione di numerose organizzazioni di immigrati dovute al fatto che il Fondo finanzia solamente i progetti presentati dalle grandi organizzazioni, le quali possono ottenere alti livelli di cofinanziamento, e non finanzia le piccole organizzazioni locali.

2.   Contesto e osservazioni generali

2.1

Attraverso diversi suoi pareri, il CESE ha contribuito all'adozione di un approccio comune UE alle politiche di integrazione: il programma comune per l'integrazione, i principi fondamentali comuni, il Fondo europeo per l'integrazione, l'organizzazione delle conferenze ministeriali, la rete dei punti di contatto nazionali, i manuali di integrazione, le relazioni annuali, il sito Internet e la creazione del Forum europeo dell'integrazione.

2.2

Con il Trattato di Lisbona, l'Unione si è dotata di una base giuridica (articolo 79, paragrafo 4, del Trattato sul funzionamento dell'UE) per l'adozione di misure volte a incentivare e sostenere l'azione degli Stati membri al fine di favorire l'integrazione dei cittadini di paesi terzi.

2.3

Nel 2006, il CESE ha adottato un parere d'iniziativa (10) per contribuire allo sviluppo delle politiche europee di integrazione in una prospettiva regionale e locale nel quale sottolineava che le politiche di integrazione non sono di competenza esclusiva degli Stati membri, ma anche degli enti regionali e locali.

2.4

È necessario che vi sia una buona governance affinché le autorità pubbliche possano appoggiare questo processo sociale attraverso politiche adeguate. Gli enti regionali e locali, nel quadro delle competenze di cui sono investiti nei rispettivi Stati membri, dispongono di strumenti politici, normativi e finanziari che devono utilizzare adeguatamente nelle politiche di integrazione. Affinché sia garantita la loro efficacia e la loro coerenza globale, i programmi e le azioni devono essere integrati, coordinati e valutati in modo adeguato ai tre livelli (nazionale, regionale e locale).

2.5

Il CESE sottolinea che in ambito regionale e locale la società civile organizzata è interessata e impegnata nelle politiche di integrazione e di lotta alla discriminazione: organizzazioni di immigrati e di appoggio agli immigrati, sindacati, associazioni di imprenditori, ONG per la difesa dei diritti umani e per la lotta al razzismo, comunità religiose, organizzazioni di donne, di giovani, di quartiere, organizzazioni educative, culturali e sportive, ecc.

2.6

Il CESE ha già indicato in un precedente parere che l'occupazione costituisce una parte fondamentale del processo sociale di integrazione, «perché un posto di lavoro dignitoso, oltre ad essere la chiave per l'autosufficienza economica degli immigrati, favorisce le relazioni sociali e la conoscenza reciproca fra immigrati e società di accoglienza» (11).

2.7

L'istruzione e la formazione sono strumenti fondamentali per l'integrazione e la parità di opportunità. I sistemi di formazione continua nelle imprese vanno rafforzati per facilitare ai lavoratori immigrati il riconoscimento delle qualifiche professionali. L'UE deve dotarsi di sistemi più flessibili per il riconoscimento dei titoli di studio e professionali acquisiti nei paesi di origine.

2.8

Il CESE ha esaminato (11) le notevoli difficoltà che incontra il processo di integrazione sociale quando gli immigrati si trovano in situazione irregolare e ha proposto che gli immigrati irregolari possano essere regolarizzati, caso per caso, in considerazione del loro radicamento sociale e lavorativo, sulla base dell'impegno del Consiglio dell'Unione europea nel quadro del Patto europeo sull'immigrazione e l'asilo (12). Le regolarizzazioni individuali verranno realizzate conformemente alle legislazioni nazionali, per motivi umanitari o economici, tenendo conto della maggiore vulnerabilità in cui si trovano le donne.

2.9

La Carta sociale europea riveduta (13), uno strumento del Consiglio d'Europa, contiene all'art. 19 un elenco di impegni, per l'integrazione dei lavoratori immigrati e delle loro famiglie, che il CESE ritiene debba costituire la base dello sviluppo delle persone in ambito cittadino. Dei 47 paesi che formano il Consiglio d'Europa, solo 30 hanno ratificato la Carta sociale europea, che contiene un importante complesso di rivendicazioni collettive che può essere invocato da sindacati, datori di lavoro e organizzazioni della società civile (solo 14 paesi lo hanno ratificato).

2.10

Cittadini e associazioni rappresentative, inoltre, godranno di una maggiore possibilità di far conoscere e di scambiare pubblicamente le loro opinioni in tutti i settori d'azione dell'Unione, conformemente all'articolo 11 del Trattato UE. In un parere d'iniziativa elaborato nel 2010, il CESE ha definito questa disposizione «una pietra miliare nel cammino verso un'Europa dei cittadini» (14), attraverso il dialogo orizzontale e verticale e l'iniziativa europea dei cittadini. Nel parere, il CESE afferma la necessità di introdurre criteri di rappresentatività (quantitativi e qualitativi) per la partecipazione delle associazioni, e propone di estendere la possibilità di partecipare all'iniziativa anche ai cittadini di paesi terzi stabilmente residenti nel territorio dell'UE.

3.   Il Forum europeo dell'integrazione

3.1

Su richiesta della Commissione europea, nel 2008 il CESE ha adottato un parere esplorativo (15) che è servito da base per la creazione del Forum. Quest'ultimo si riunisce in sessione plenaria ogni sei mesi presso la sede del CESE e dalla sua creazione ha già tenuto cinque sessioni plenarie. Il presente parere costituisce il contributo del CESE alla 5a sessione plenaria tenutasi nel maggio 2011, in cui è stata discussa l'importanza del livello regionale e locale per l'integrazione.

3.2

Al Forum partecipano le istituzioni dell'UE, diversi esperti e cento rappresentanti delle organizzazioni della società civile (associazioni degli immigrati, organizzazioni di difesa dei diritti umani, parti sociali e altre ONG interessate). Il Forum è consultato dalle istituzioni dell'UE e provvede allo scambio di informazioni e all'elaborazione di raccomandazioni per promuovere l'integrazione nell'ambito dell'agenda europea, tenendo conto delle buone pratiche nazionali. È assistito da un Ufficio di presidenza composto di quattro membri (Commissione, CESE e due rappresentanti delle organizzazioni). A differenza di altri sistemi di consultazione della Commissione, il Forum si fa portavoce della società civile in modo strutturato, permanente e proattivo.

3.3

Il Comitato si è impegnato a partecipare attivamente al Forum e ha deciso di creare il gruppo di studio permanente Immigrazione e integrazione (IMI) nell'ambito della sezione SOC. Il gruppo elabora pareri, organizza audizioni e collabora alle attività del Forum.

3.4

Anche il Programma di Stoccolma (16) invita la Commissione a sostenere gli sforzi degli Stati membri per una migliore consultazione e un maggiore coinvolgimento della società civile, tenendo conto delle esigenze di integrazione in vari settori politici. Il Forum europeo dell'integrazione e il sito web europeo devono avere un ruolo rilevante in quest'ambito.

3.5

In vari Stati membri, nonché presso alcuni enti regionali, sono stati istituiti forum e piattaforme consultive che rendono possibile la partecipazione delle organizzazioni della società civile. È in ambito locale che funzionano in misura più ampia queste forme di consultazione e partecipazione della società civile e delle organizzazioni degli immigrati. Esse hanno caratteristiche molto diverse e tengono conto delle differenti circostanze e culture sociali e politiche esistenti in Europa.

3.6

In previsione della quarta sessione plenaria del Forum, il CESE ha incaricato il Migration Policy Group (gruppo sulla politica migratoria) di elaborare una relazione per valutare la situazione degli organi consultivi nazionali in materia di integrazione (17). Esistono organismi consultivi statali in 11 paesi (in Germania e in Italia esiste unicamente un quadro giuridico, ma non è stata ancora creata alcuna istituzione, che invece in Irlanda è stata recentemente costituita), 15 paesi presentano sistemi consultivi locali, in 10 paesi esistono consigli consultivi regionali (ad esempio, in Germania e in altri paesi federali) e in 3 paesi (Austria, Francia e Grecia) esistono organismi consultivi locali, ma non nazionali.

4.   La conferenza ministeriale di Saragozza

4.1

Il CESE ha collaborato alla preparazione dell'ultima conferenza ministeriale per l'integrazione, svoltasi a Saragozza (18), attraverso l'elaborazione di due pareri (19). Per la prima volta, alla conferenza ministeriale hanno partecipato anche due rappresentanti del Forum.

4.2

Nelle conclusioni della conferenza, si sottolinea la necessità di elaborare una nuova agenda per l'integrazione, la cui elaborazione da parte della Commissione europea è in fase di ultimazione, e alla cui preparazione il CESE ha contribuito con una relazione informativa (20).

4.3

La dichiarazione di Saragozza sottolinea che la società civile ha un ruolo attivo nel processo di integrazione, e afferma la necessità di promuovere un progetto pilota per la valutazione delle politiche di integrazione.

4.4

Gli Stati, le regioni e gli enti locali devono rafforzare le iniziative locali di integrazione e le metodologie di partecipazione civica. Verranno stimolate la creazione di reti e l'istituzione di canali di dialogo tra gli enti regionali e locali e la società civile organizzata.

4.5

Gli indicatori previsti dalla dichiarazione riguardano l'occupazione, l'istruzione e l'inclusione sociale, e comprendono anche la cittadinanza attiva, perché la partecipazione degli immigrati – in quanto cittadini attivi – al processo democratico contribuisce alla loro integrazione e rafforza il sentimento di appartenenza.

4.6

Il CESE, che ha partecipato alla conferenza, ha fatto notare che oltre agli indicatori quantitativi è necessario elaborare indicatori qualitativi. Inoltre il CESE potrebbe collaborare a dare attuazione alle conclusioni della conferenza di Saragozza attraverso l'elaborazione di un parere sugli indicatori di cittadinanza attiva.

5.   La governance nelle città

5.1

La Carta europea dell'autonomia locale del 1985 afferma nel preambolo (21) che «il diritto dei cittadini a partecipare alla gestione degli affari pubblici fa parte dei principi democratici comuni a tutti gli Stati membri del Consiglio d'Europa». Il livello locale è quello in cui questo diritto può essere esercitato più direttamente.

5.2

La Convenzione numero 144 del Consiglio d'Europa per la partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale (1992)  (22) afferma che la partecipazione attiva degli stranieri favorisce lo sviluppo e la prosperità delle comunità locali. La convenzione invita a garantire agli stranieri residenti la libertà di espressione, riunione e associazione, a incoraggiare la creazione di consigli consultivi di rappresentanza dei residenti stranieri in ambito locale e, infine, a promuovere il diritto di voto alle elezioni amministrative. Sono assai pochi, tuttavia, gli Stati membri del Consiglio d'Europa che hanno sottoscritto questo strumento e pertanto il CESE invita gli Stati membri a procedere alla sua ratifica.

5.3

La Carta europea dei diritti dell'uomo nella città  (23), adottata a St. Denis nel 2000 da oltre 70 città europee, afferma che la città è lo spazio politico e sociale per una democrazia di prossimità. È la partecipazione attiva della cittadinanza a definire la città. Le città firmatarie della Carta si impegnano a riconoscere il diritto di partecipare alla vita politica locale mediante elezioni libere e democratiche dei rappresentanti locali, senza distinzione tra cittadini stranieri e nazionali, e propone l'estensione del diritto di voto e di eleggibilità a tutti coloro che risiedono nella città da almeno due anni. Tenendo conto dei limiti derivanti dalle legislazioni nazionali, chiedono di incoraggiare la partecipazione democratica associando alle decisioni che riguardino gli interessi dell'ente locale i cittadini e le loro associazioni (attraverso i dibattiti pubblici, i referendum comunali, le riunioni pubbliche, l'azione popolare, ecc.).

5.4

Nel 2003 i membri della rete Eurocities, che comprende 128 grandi città europee, hanno adottato un documento dal titolo Contribution to Good Governance Concerning the Integration of Immigrants and the Reception of Asylum Seekers («Contributo alla buona governance in materia di integrazione degli immigrati e di accoglienza dei richiedenti asilo») (24). Elaborato dalle città e per le città, il documento contiene principi generali sul modo di affrontare l'integrazione, e riconosce che le politiche locali di integrazione sono più efficaci quando possono contare sull'appoggio dell'intera comunità.

5.5

Il Comitato delle regioni (CdR) è particolarmente attivo in materia di integrazione, tema sul quale ha elaborato numerosi pareri (25). Il CdR sottolinea che gli enti regionali e locali sono in prima linea nell'elaborare, attuare, valutare e monitorare la politica di integrazione, ragion per cui dovrebbero essere considerati interlocutori centrali nel suo sviluppo (26). Il CdR ribadisce inoltre l'importanza di un ruolo attivo degli enti regionali e locali per l'integrazione degli immigrati e sta collaborando con la Commissione europea.

5.6

Il CESE ha adottato un parere d'iniziativa (27), indirizzato alla Convenzione che ha elaborato il fallito Trattato costituzionale, in cui proponeva di concedere la cittadinanza europea ai cittadini di paesi terzi in possesso dello status di residenti di lungo periodo. Il CESE propone alla Commissione e al Parlamento europeo di adottare nuove iniziative affinché gli immigrati permanenti possano acquisire i diritti di cittadinanza, in particolare a livello locale.

5.7

La seconda edizione del Manuale della Commissione sull'integrazione per i responsabili delle politiche e gli operatori del settore (28) raccomanda di investire nella mobilitazione e nell'organizzazione sociale, nella strutturazione della comunicazione e del dialogo e nel potenziamento delle reti di integrazione locale.

5.8

Il progetto Smart Cities (29) («Città intelligenti») è stato creato nel 2007 come strumento di valutazione evolutiva e ad esso partecipano 70 città europee di media grandezza che condividono strategie di sviluppo sostenibile in riferimento all'economia, alle persone, alla governance, alla mobilità, all'ambiente e alla qualità di vita. Vengono utilizzati diversi indicatori. Il CESE propone che le proposte del presente parere vengano considerate per gli indicatori relativi alle persone e alla governance.

5.9

Città interculturali è un programma congiunto del Consiglio d'Europa e della Commissione europea che è stato creato in occasione dell'Anno europeo del dialogo interculturale (2008) con l'obiettivo di contribuire allo sviluppo di un modello di integrazione interculturale nel contesto di comunità urbane caratterizzate da una grande diversità. Il programma intende l'interculturalità come un concetto che promuove politiche e pratiche volte a rafforzare l'integrazione, la comprensione e il rispetto tra le diverse culture e i diversi gruppi etnici.

5.10

Nel documento intitolato Citizenship and participation in the intercultural city («Cittadinanza e partecipazione nella città interculturale») (30), il programma analizza i metodi e le procedure che le città possono adottare per incoraggiare il dialogo interculturale e l'interazione. Il documento riafferma i principi della Convenzione del Consiglio d'Europa per la partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale (1992) e introduce un approccio creativo mettendo in risalto le consultazioni flessibili in spazi informali. Si tratta di un approccio complementare prezioso alle strategie di governance di lungo periodo basate sugli organi consultivi.

5.11

Attualmente il diritto di voto ai cittadini stranieri è garantito (in modo totale o parziale) da un buon numero di Stati membri, ossia, Belgio, Danimarca, Estonia, Finlandia, Grecia, Irlanda, Paesi Bassi, Malta, Portogallo, Slovacchia, Spagna, Svezia e Regno Unito. Tuttavia la partecipazione attiva della popolazione straniera è ridotta, pertanto il CESE ritiene necessario promuovere azioni pubbliche in collaborazione con la società civile per incentivare la partecipazione della popolazione straniera.

5.12

Secondo il documento MIPEX III, in Europa i cittadini di paesi terzi possono candidarsi alle elezioni comunali in 13 paesi, votare alle stesse in 19, votare alle regionali in 7 e votare alle elezioni politiche in 2 paesi (Portogallo e Regno Unito). Come è stato già sottolineato, esistono organi consultivi statali in 11 paesi ed organi consultivi locali in 15 paesi.

5.13

Dai dati del MIPEX III si ricavano informazioni molto importanti, non solo sui paesi che consultano gli immigrati, ma anche sullo sviluppo di vere politiche d'integrazione. I paesi che presentano strutture consultive forti sono quelli che garantiscono libertà politiche a tutte le persone, sostengono la società civile proveniente da un contesto migratorio con fondi economici sufficienti, estendono i diritti di voto e la piena cittadinanza e si sforzano maggiormente di promuovere la piena partecipazione di tutti i residenti a sistemi consultivi in materia di occupazione, istruzione, salute e alloggio. Il MIPEX ricorda che gli organismi consultivi non sostituiscono i diritti di voto.

5.14

I consigli consultivi più forti in Europa sono quelli che sono operativi da più tempo (alcuni fin dagli anni '70 e '80) e appartengono ai paesi con maggiore tradizione d'immigrazione. Al contrario, quelli più deboli si trovano nei paesi di più recente immigrazione del Sud dell'Europa. I paesi dell'Europa centrale, recentemente diventati ricettori di flussi migratori, presentano sistemi poco sviluppati.

5.15

Esaminando queste piattaforme sulla base dei criteri del Consiglio d'Europa (31), si giunge alla conclusione che le strutture in questione non devono dipendere per la loro creazione ed esistenza dalla volontà delle autorità e dai governi, ma hanno bisogno di norme giuridiche precise. Devono poter adottare iniziative e ricevere risposte e feedback sui temi in merito ai quali esse sono state consultate, cosa che, in base alle testimonianze raccolte nella 5 ° edizione del Forum europeo dell'integrazione, non costituisce una pratica abituale. Devono essere strutture rappresentative, con una chiara leadership proveniente da un contesto migratorio, e devono essere economicamente autosufficienti (32). Il CESE sottolinea l'importanza di garantire la rappresentatività delle organizzazioni e la partecipazione delle donne.

5.16

Nel quadro dell'elaborazione del presente parere, il 30 marzo 2011 si è svolta a Valencia (Spagna) l'audizione organizzata dal CESE e dal governo regionale della Generalitat Valenciana sul tema Cooperazione tra amministrazioni regionali e locali e organizzazioni della società civile . I vari interventi hanno illustrato le esperienze in materia di consultazione e partecipazione della città di Roma, della regione Fiandre (Belgio), delle città di Strasburgo (Francia) e Dublino (Irlanda), del Land Assia (Germania) e delle città di Aarhus (Danimarca) e Valencia (Spagna). Il presente parere tiene conto di molte delle esperienze e considerazioni emerse nell'audizione.

5.17

Il CESE ritiene che gli enti regionali e locali debbano agevolare l'esercizio del diritto di associazione degli immigrati, in quanto nelle legislazioni nazionali i cittadini di paesi terzi hanno uno status di cittadinanza limitata (riconoscimento insufficiente e diseguale del diritto di partecipazione politica mediante il voto). Lo spazio associativo favorisce la partecipazione organizzata, rafforza le reti di solidarietà, crea le condizioni per il radicamento e il benessere dei cittadini e produce benefici per l'intera comunità.

5.18

Gli enti regionali e locali devono promuovere l'associazionismo, in particolare tra gli immigrati, e il suo rafforzamento con risorse tecniche (consulenze per la gestione associativa, democratica, economica, finanziaria e comunicativa; azioni di rafforzamento della capacità e della leadership specialmente delle donne immigrate; animatori di forum e reti, scambio di buone pratiche, ecc.), risorse economiche (sovvenzioni, convenzioni o aggiudicazione di prestazione di servizi), risorse materiali (infrastrutture per gli organismi: sedi e risorse di base per lo sviluppo dell'attività) e devono prestare un'attenzione speciale alle azioni rivolte all'inclusione digitale.

5.19

Gli enti regionali e locali devono incoraggiare l'inserimento degli immigrati nelle organizzazioni della società civile, come membri e a livello direttivo. A questo proposito sono particolarmente rilevanti le associazioni di quartiere, le associazioni dei genitori nelle comunità educative, le associazioni delle donne, quelle culturali, sportive e ricreative, le comunità religiose e le organizzazioni sindacali e imprenditoriali. Le organizzazioni sindacali in Europa hanno una grande tradizione in materia di affiliazione e partecipazione dei lavoratori provenienti da un contesto migratorio ed esiste una grande diversità etnica e culturale tra i membri di queste organizzazioni, le quali svolgono un ruolo importante di mediazione sociale.

5.20

Vanno inoltre agevolate le relazioni tra le associazioni di immigrati e il resto della società civile organizzata, favorendo la creazione di reti basate su obiettivi sociali comuni per tutti i cittadini (istruzione, occupazione, alloggio, pianificazione e sviluppo urbano). L'Anno europeo del volontariato rappresenta un'opportunità per il riconoscimento e il sostegno delle organizzazioni.

5.21

Nell'UE esistono forme di consultazione molto diverse: forum, piattaforme o consigli consultivi e tavoli di dialogo. La terza edizione del Manuale di integrazione per i responsabili delle politiche pubbliche considera che una piattaforma di dialogo sia uno spazio civico in cui «avviare uno scambio di vedute aperto e rispettoso fra immigrati, con i concittadini, o con il governo». L'obiettivo dei partecipanti consiste nello sviluppare comprensione e fiducia reciproche.

5.22

Il CESE ritiene che il Forum europeo dell'integrazione debba lavorare in rete con i forum e i consigli consultivi che esistono nell'UE. A livello degli Stati membri, anche i forum regionali e locali devono stabilire delle reti (è molto significativo il caso della Danimarca, dove il Consiglio nazionale delle minoranze etniche è composto da 14 membri scelti dai 42 forum locali).

5.23

Il CESE vuole promuovere in Europa città più democratiche attraverso il sostegno a una cittadinanza comune fondata sulla residenza nella città (nelle parole del vicesindaco di Rotterdam, una «cittadinanza urbana»), tenendo conto che la città è l'ambito più importante in cui si sviluppa un senso di appartenenza condiviso tra persone tra loro diverse. La maggior parte delle persone immigrate si riconosce più nella città in cui risiede che nel relativo Stato. La città è il luogo privilegiato dove tutte le persone condividono problemi, progetti e sogni.

6.   Il Fondo europeo per l'integrazione

6.1

La quinta edizione del Forum europeo dell'integrazione ha discusso il funzionamento del Fondo nel quadro della valutazione intermedia che la Commissione europea sta realizzando. In linea con le conclusioni, il CESE propone quanto segue.

6.1.1

Andrebbe data la priorità al principio di cooperazione stabilito nell'articolo 10 della decisione relativa all'istituzione del Fondo. A questo scopo gli Stati membri dovrebbero coinvolgere nell'elaborazione, attuazione e valutazione (ex post) del programma pluriennale, oltre che nell'utilizzo del Fondo a livello nazionale, gli enti regionali e locali e le organizzazioni che rappresentano la società civile.

6.1.2

Le attuali regole e procedure del Fondo sono troppo complesse e rappresentano delle barriere amministrative che ostacolano il finanziamento sia delle organizzazioni della società civile che degli enti regionali e locali (33). Il CESE raccomanda che queste regole vengano rivedute in collaborazione con il Forum europeo dell'integrazione e nel quadro del principio di cooperazione; la revisione dovrebbe riguardare specialmente le regole relative ai criteri di accesso, al cofinanziamento, alla trasparenza e alla sfera personale. Per consolidare il valore aggiunto del Fondo, il CESE ritiene necessario che in tutti i progetti finanziati venga garantita l'applicazione del primo principio fondamentale comune, secondo cui «l'integrazione è un processo […] bilaterale».

Bruxelles, 13 luglio 2011

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  GU C 48 del 15.2.2011, pag. 6.

(2)  GU C 248 del 25.8.2011, pag. 135.

(3)  GU C 125 del 27.5.2002, pag. 112.

(4)  Principi fondamentali comuni adottati dal Consiglio e dai rappresentanti degli Stati membri il 19 novembre 2004 (documento del Consiglio 14615/04).

(5)  Un'agenda comune per l'integrazione - Quadro per l'integrazione dei cittadini di paesi terzi nell'Unione europea (COM(2005) 389 definitivo).

(6)  GU C 347 del 18.12.2010, pag.19.

(7)  Cfr. Ruby Gropas e Ricard Zapata-Barrero: Active immigrants in multicultural contexts: democratic challenges in Europe («Immigranti attivi in contesti multiculturali: sfide democratiche in Europa»), in A. Triandafyllidou, T. Modood, e N. Meer European Multiculturalisms: Cultural, religious and ethnic challenges («Multiculturalismi europei: sfide culturali, religiose ed etniche»), Edinburgh University Press, Edimburgo, 2011.

(8)  GU C 208 del 3.9.2003, pag. 76.

(9)  Migrant Integration Policy Index III, 2011.

(10)  GU C 318 del 23.12.2006, pag. 128.

(11)  GU C 354 del 28.12.2010, pag. 16.

(12)  Consiglio dell'UE, documento n. 13440/08 del 24 settembre 2008.

(13)  Carta sociale europea del Consiglio d'Europa, Torino, 18 ottobre 1961; riveduta a Strasburgo il 3 giugno 1996 (http://www.coe.int/t/dghl/monitoring/socialcharter/Presentation/ESCRBooklet/Italian.pdf).

(14)  GU C 354 del 28.12.2010, pag. 59.

(15)  GU C 27 del 3.2.2009, pag. 114.

(16)  Programma di Stoccolma - Un'Europa aperta e sicura al servizio e a tutela dei cittadini (GU C 115 del 4.5.2010, pag. 1), punto 6.1.5.

(17)  Consulting immigrants to improve national policies («Consultare gli immigrati per migliorare le politiche nazionali»), Migration Policy Group.

(18)  15 e 16 aprile 2010.

(19)  GU C 347 del 18.12.2010, pag. 19, e GU C 354 del 28.12.2010, pag. 16.

(20)  GU C 48 del 15.2.2011, pag. 6.

(21)  Carta europea dell'autonomia locale, adottata dal Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa nel giugno del 1985 e aperta alla firma degli Stati membri il 15 ottobre 1985, primo giorno della XX sessione del CPLRE.

(22)  Convenzione sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale, Strasburgo, 5 febbraio 1992 (http://conventions.coe.int/Treaty/Commun/QueVoulezVous.asp?NT=144&CM=8&DF=15/04/2011&CL=ITA).

(23)  Carta europea dei diritti dell'uomo nella città, del 18 maggio 2000.

(24)  Eurocities Contribution to Good Governance Concerning the Integration of Immigrants and the Reception of Asylum Seekers del 28.11.2003.

(25)  Parere del CdR sul tema Una politica d'immigrazione comune per l'Europa (GU C 76 del 31.12.2009, pag. 34).

(26)  Parere del CdR sul tema Rafforzare l'approccio globale in materia di migrazione: aumentare il coordinamento, la coerenza e le sinergie (GU C 211 del 4.9.2009, pag. 43).

(27)  GU C 208 del 3.9.2003, pag. 76.

(28)  Manuale sull'integrazione per i responsabili delle politiche di integrazione e gli operatori del settore, seconda edizione, maggio 2007.

(29)  Cfr. il sito Internet http://www.smart-cities.eu/.

(30)  http://www.coe.int/t/dg4/cultureheritage/culture/Cities/paperviarregio_en.pdf.

(31)  Convenzione n. 144 del Consiglio d'Europa per la partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale (1992).

(32)  Consulting immigrants to improve national policies («Consultare gli immigrati per migliorare le politiche nazionali»), Migration Policy Group.

(33)  Cfr. S. Carrera e A. Faure Atger: Integration as a two-way process in the EU: Assessing the Relationship between the European Integration Fund and the Common Basic Principles on Integration - Executive summary («L'integrazione in quanto processo bidirezionale dell'UE: valutazione del rapporto tra il Fondo europeo per l'integrazione e i principi fondamentali comuni in materia di integrazione - Sintesi»), Centro per gli studi politici europei (CEPS), Bruxelles 2011, disponibile all'indirizzo Internet http://www.ceps.eu/system/files/research_area/2011/02/CEPS_EIF_study_summary.pdf.


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