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Document 52011AE1171

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Il futuro del mercato del lavoro in Europa: alla ricerca di una risposta efficace allo sviluppo demografico (parere esplorativo)

GU C 318 del 29.10.2011, p. 1–8 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

29.10.2011   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 318/1


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Il futuro del mercato del lavoro in Europa: alla ricerca di una risposta efficace allo sviluppo demografico» (parere esplorativo)

2011/C 318/01

Relatore: GREIF

Con lettera del 30 novembre 2010 il sottosegretario di Stato presso il ministero degli Esteri polacco Mikołaj Dowgielewicz, a nome della futura presidenza polacca del Consiglio dell'UE, ha chiesto al Comitato economico e sociale europeo di elaborare un parere esplorativo sul tema:

Il futuro del mercato del lavoro in Europa: alla ricerca di una risposta efficace allo sviluppo demografico.

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali e cittadinanza, incaricata di preparare i lavori in materia, ha formulato il proprio parere in data 27 giugno 2011.

Alla sua 473a sessione plenaria, dei giorni 13 e 14 luglio 2011 (seduta del 13 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 120 voti favorevoli e 11 astensioni.

1.   Conclusioni

1.1

Nel presente parere il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ha esaminato in particolare i seguenti aspetti della politica in materia di occupazione e di mercato del lavoro:

a)

l'utilizzo coerente delle potenzialità occupazionali esistenti di tutti i gruppi di età come punto di partenza essenziale per affrontare le sfide demografiche;

b)

le opportunità e le esigenze derivanti da un maggiore sfruttamento delle potenzialità occupazionali degli anziani, nonché l'importanza economica crescente della «generazione d'argento»;

c)

gli elementi chiave della necessaria transizione verso un mondo del lavoro adeguato alle diverse età.

1.2

Per far fronte all'invecchiamento della popolazione in Europa, la strategia di gran lunga più efficace consiste nello sfruttare al massimo le potenzialità occupazionali esistenti. Questo obiettivo si può realizzare soltanto tramite una politica di crescita mirata e l'aumento di un'occupazione di qualità garantita sul piano della previdenza sociale.

Gli sforzi per aumentare il tasso di occupazione degli anziani che puntano essenzialmente ad intervenire sui sistemi pensionistici peggiorandone le condizioni di accesso e i diritti garantiti, in particolare le proposte volte ad innalzare l'età pensionabile, non rappresentano una risposta adeguata all'invecchiamento della società.

Non sono le relazioni demografiche (tra anziani e persone in età lavorativa) a determinare il futuro fabbisogno finanziario dei sistemi pensionistici: decisivo è invece l'andamento dell'indice di dipendenza economica, ovvero il rapporto fra beneficiari di prestazioni e popolazione attiva.

Se nei prossimi decenni si arrivasse, a livello UE, a migliorare notevolmente l'integrazione nella vita attiva delle persone in età lavorativa, si riuscirebbe a mantenere l'aumento dei tassi di dipendenza economica all'interno di limiti accettabili.

1.3

Per sfruttare appieno le potenzialità occupazionali disponibili, occorre perseguire ampiamente una politica in grado di offrire possibilità di partecipazione. Tale politica dovrebbe comprendere la creazione di condizioni di lavoro adeguate ai lavoratori anziani, lo sviluppo della formazione e del perfezionamento professionali, la creazione di posti di lavoro produttivi e di qualità, la garanzia di sistemi di sicurezza sociale efficienti come pure misure generali intese a conciliare la vita professionale e la vita familiare, ecc.

1.4

Lo sviluppo demografico crea anche delle opportunità per l'economia e l'occupazione. Da un lato, gli anziani diventano sempre più importanti in quanto clienti, il che crea delle opportunità lavorative anche per le altre fasce di età. D'altro canto, l'invecchiamento della società comporta anche considerevoli potenzialità occupazionali dal lato dell'offerta.

La quantità e la qualità dei posti di lavoro derivanti dalla «forza economica degli anziani» dipenderanno in misura decisiva dalla forma che verrà data alla cosiddetta «economia d'argento» tramite un'attiva politica dei servizi.

In particolare nel settore sanitario e dell'assistenza, ma anche in altri settori, bisognerà cogliere l'opportunità della domanda crescente, offrire posti di lavoro con condizioni dignitose e un'adeguata remunerazione nonché modernizzare e professionalizzare i profili delle competenze.

1.5

Se si vuole che le persone riescano ad andare in pensione più tardi, occorre anche far sì che possano lavorare più a lungo. Ciò significa creare posti di lavoro concepiti in modo tale che si possa continuare a lavorare fino all'età pensionabile stabilita per legge. A questo fine è necessario operare una transizione coerente verso un mondo del lavoro adatto alle diverse età.

In questo contesto non si tratta soltanto di adeguare i posti di lavoro alle persone più anziane, ma anche di organizzare il lavoro in modo tale che sia adeguato al processo di invecchiamento in tutte le fasi della carriera lavorativa.

Ciò impone di adottare una serie di misure intese ad offrire alle persone di ogni età un'effettiva opportunità di trovare un lavoro e di conservarlo più a lungo.

Le condizioni e l'ambiente di lavoro vanno adattati ai lavoratori di età diverse. Bisogna lottare contro le discriminazioni e gli stereotipi negativi riguardanti i lavoratori anziani.

In tutte queste misure un ruolo importante spetta alla responsabilità dei poteri pubblici e delle imprese così come alla volontà dei singoli individui di lavorare più a lungo: in quest'ambito rientrano anche la disponibilità verso la formazione permanente e la prevenzione sanitaria.

1.6

È necessario un ampio adeguamento del mondo del lavoro, nel cui ambito le parti sociali a tutti i livelli devono svolgere un ruolo importante. Nel punto 6.5 del presente parere il CESE espone un pacchetto di proposte concrete per un mondo del lavoro adeguato alle diverse età. In questo contesto è evidente che tali misure non devono né aumentare la pressione sugli anziani né creare delle difficoltà per le persone non più in grado di lavorare.

2.   Introduzione

2.1

Il CESE si è pronunciato in varie occasioni in merito agli sviluppi demografici, sottolineando, tra l'altro, che le sfide legate all'invecchiamento della società impongono l'adozione di strategie globali per il mercato del lavoro. A questo proposito, in diversi contesti il CESE ha preso in esame anche la situazione dei lavoratori anziani sul mercato del lavoro, così come le opportunità e le esigenze derivanti da un maggiore sfruttamento delle potenzialità occupazionali degli anziani e di altre categorie prioritarie sul mercato del lavoro (1).

2.2

Per quanto riguarda gli effetti dello sviluppo demografico sulle pensioni, di recente il CESE ha affermato chiaramente che l'ampiamente pubblicizzato passaggio a sistemi pensionistici privati a capitalizzazione costituisce una risposta insufficiente all'invecchiamento della società (2). In questo modo, infatti, non si riducono né i costi né i rischi. Questo sistema non consente infatti di realizzare alcun risparmio, bensì - di norma - produce degli aumenti dei costi, nel migliore dei casi dei trasferimenti dei costi, e neppure aumenta la sicurezza, bensì crea una dipendenza dai mercati dei capitali e quindi un rischio considerevole per l'assicurazione per la vecchiaia. Il CESE ha espresso anche profondo scetticismo circa l'utilità di innalzare l'età pensionabile legale per affrontare le sfide demografiche: occorre piuttosto avvicinare l'età pensionabile effettiva a quella attualmente stabilita per legge.

2.3

Tenuto conto degli sviluppi demografici previsti (stagnazione e/o diminuzione delle persone in età lavorativa), il CESE ha inoltre affermato che gli strumenti principali per affrontare le sfide di una società che invecchia sono una politica di crescita mirata e l'aumento di un'occupazione di qualità garantita sul piano della previdenza sociale. Ciò vale tanto per gli anziani quanto per i giovani. Da questo dipenderà anche la possibilità di garantire le pensioni in modo sostenibile. La piena occupazione e un buon livello di reddito rappresentano pertanto il modo migliore per garantire il sistema pensionistico.

2.4

A questo proposito il CESE ha sempre sottolineato la necessità di ricorrere a tutte le potenzialità lavorative inutilizzate (donne con figli, giovani, ragazzi che abbandonano prematuramente la scuola, lavoratori scarsamente qualificati, disabili e persone con problemi di salute, ecc.) raccomandando anche di sfruttare le potenzialità degli anziani. Ha anche constatato con rammarico che, malgrado il notevole aumento registrato negli ultimi dieci anni, la partecipazione degli anziani al mercato del lavoro è rimasta ben al di sotto degli obiettivi europei.

2.5

Il CESE ha anche preso in esame alcuni ambiti che esulano ampiamente dal mercato del lavoro ma sono importanti per lo sviluppo demografico delle società europee (ad esempio la politica della famiglia e i tassi di natalità, la migrazione e l'integrazione, i rapporti tra le generazioni, ecc.) (3). Su questi temi il presente parere esplorativo non si soffermerà ulteriormente. Invece, in risposta alla richiesta di consultazione presentata dalla prossima presidenza polacca del Consiglio, è importante richiamare l'attenzione sui seguenti aspetti relativi all'occupazione e al mercato del lavoro:

a)

l'impiego coerente delle potenzialità occupazionali esistenti in tutte le fasce di età in un mercato del lavoro inclusivo;

b)

le opportunità e le esigenze derivanti da un maggiore sfruttamento delle potenzialità lavorative degli anziani nonché la crescente importanza macroeconomica della «generazione d'argento»;

c)

gli elementi chiave della necessaria transizione verso un mondo del lavoro adatto alle diverse età.

2.6

Il CESE è dell'avviso che, sebbene l'attuazione del pacchetto di misure indicate nel presente parere dipenda principalmente dagli Stati membri dell'UE, questi potrebbero anche trarre vantaggio da una cooperazione a livello europeo. Invita pertanto gli Stati membri a rafforzare la cooperazione tra il gruppo di esperti della Commissione europea sulle questioni demografiche, il comitato per l'occupazione e il comitato per la protezione sociale, onde assicurarsi che nel loro lavoro entrambi questi comitati possano avvalersi costantemente delle competenze specifiche in fatto di tendenze demografiche, delle analisi e delle buone pratiche nazionali in materia di integrazione efficace delle persone di ogni età, e in particolare degli anziani, nel mercato del lavoro.

3.   Un migliore inserimento nel mercato del lavoro: la risposta principale all'invecchiamento della popolazione

3.1

Nei prossimi decenni, in tutti i paesi dell'UE si assisterà a un drastico aumento del numero di anziani. Al tempo stesso si prevede, nella media UE, un calo della popolazione in età lavorativa. La combinazione di questi due fenomeni induce a prevedere un forte aumento del tasso di dipendenza demografico  (4), che - secondo le proiezioni demoscopiche di Eurostat - dovrebbe praticamente raddoppiare entro il 2050, passando dal 26 al 50 % a livello dell'UE.

3.2

Questo forte incremento del numero di anziani viene spesso automaticamente assimilato ad un aumento corrispondente della pressione sui sistemi sociali, arrivando quindi anche alla conclusione che i sistemi pensionistici attuali non hanno più futuro. Tuttavia, le relazioni demografiche, prese di per sé, non sono veramente indicative della situazione economica effettiva. Per quanto riguarda le questioni di finanziamento dello Stato sociale, l'aspetto fondamentale non è il tasso di dipendenza demografica, bensì il tasso di dipendenza economica, ossia, in particolare, il numero di pensionati, di beneficiari di prestazioni di inabilità al lavoro e di disoccupati in relazione al numero di occupati, i quali finanziano i trasferimenti sociali mediante il pagamento di contributi e imposte. Inoltre, anche l'aumento della produttività del lavoro a livello macroeconomico riveste un'importanza decisiva, poiché consente di aumentare le dimensioni della «torta» che può essere divisa tra popolazione attiva e non attiva.

3.3

L'utilizzo fuorviante del tasso di dipendenza demografica e la frequente equiparazione del numero di persone in età lavorativa con quello degli occupati non corrispondono alla realtà e impediscono di trovare soluzioni adeguate ai problemi. Attualmente, infatti, la dipendenza economica è più del doppio del rapporto puramente demografico tra le persone di età superiore ai 65 anni e quelle in età lavorativa. Il motivo principale è che non tutte le persone in età lavorativa hanno un'occupazione, tutt'altro:

oltre 23 milioni di persone nell'UE sono attualmente disoccupate;

molte persone in età lavorativa sono già in pensione, soprattutto per motivi di salute;

oppure non sono integrate nel mondo del lavoro per altre ragioni (persone in formazione, con obblighi di assistenza, casalinghe/casalinghi, ecc.);

ci sono anche molti casi di persone con disabilità che incontrano ostacoli nella partecipazione al mercato del lavoro, anche a causa di discriminazioni o della mancanza degli adattamenti necessari.

3.4

L'idea di base della relazione di dipendenza economica è che, per valutare gli effetti delle tendenze demografiche in un determinato paese, non si debba utilizzare come parametro principale soltanto l'età, bensì soprattutto lo sviluppo del mercato del lavoro (5). In questo contesto il CESE giudica fondamentale dare maggiore risalto al legame tra sviluppo del mercato del lavoro e andamento della dipendenza economica, in modo da trovare le risposte adeguate alle sfide di carattere demografico.

3.5

Anche se l'invecchiamento avvenisse nella misura attualmente prevista, in futuro si presenterebbero scenari estremamente diversi di dipendenza economica in funzione dello sviluppo del mercato del lavoro: se nei prossimi decenni si arrivasse, a livello UE, a migliorare l'integrazione nella vita attiva delle persone in età lavorativa (portandola al livello degli Stati UE attualmente meglio collocati), si riuscirebbe a mantenere l'aumento dei tassi di dipendenza economica all'interno di limiti accettabili, nonostante il marcato invecchiamento della società (6).

3.6

A questo proposito anche la Commissione europea già diversi anni fa ha constatato che, nella gestione delle sfide demografiche, in fin dei conti, l'età è un fattore meno pertinente di quanto non sia l'effettiva situazione professionale delle persone in età lavorativa:

«La popolazione attiva è, in pratica, molto inferiore al numero di persone di età compresa tra 15 e 64 anni. (…) Ciò lascia un margine considerevole per aumentare l'occupazione nella maggior parte degli Stati membri e, di conseguenza, costituisce un'opportunità per realizzare un equilibrio molto più vantaggioso tra la popolazione occupata e quella in pensione. (…) Questo aspetto mostra l'importanza di aumentare i tassi di occupazione nell'UE. Si può ritenere che questa sia la strategia più efficace che gli Stati possano adottare per prepararsi all'invecchiamento della popolazione. (7)»

3.7

A fronte dell'invecchiamento della popolazione in Europa, lo sfruttamento coerente delle potenzialità occupazionali esistenti appare, anche a giudizio della Commissione, come la strategia di gran lunga più efficace. Al tempo stesso, è ovviamente decisivo incrementare ulteriormente la produttività del lavoro per garantire un miglioramento del livello di vita. Se si considerano le due esigenze nello stesso tempo, risulta evidente che alla sfida demografica si può rispondere sostanzialmente in un unico modo: adottando cioè una politica di crescita mirata e aumentando l'occupazione. Nella maggior parte degli Stati UE le riserve necessarie di forza lavoro sono, in teoria, sufficienti. Si tratta innanzitutto di incoraggiare e accompagnare in modo adeguato il processo di integrazione nel mercato del lavoro.

3.8

L'esigenza di impiegare le potenzialità occupazionali esistenti non è tuttavia limitata agli anziani, ma interessa tutte le fasce di età. A tal fine occorrono notevoli sforzi volti a migliorare le opportunità occupazionali di tutte le categorie di persone svantaggiate sul piano dell'occupazione. A questo proposito il CESE ha spesso osservato che, per affrontare il cambiamento demografico, occorre un progetto globale che affronti tutta una serie di aspetti economici, sociali e politici. In tale contesto anche l'immigrazione legale può costituire parte della risposta (8).

3.9

A giudizio del CESE è evidente che, per sfruttare appieno le potenzialità occupazionali disponibili, occorre perseguire con coerenza una politica e una prassi imprenditoriale in grado di offrire possibilità di partecipazione in modo da:

prevenire la disoccupazione e l'emarginazione anche, appunto, degli anziani in una fase di recessione (tramite un'adeguata politica anticiclica della domanda);

creare maggiori e migliori possibilità di ingresso nel mercato del lavoro e prospettive di impiego per i giovani e per le persone svantaggiate sul piano occupazionale;

garantire ampie attività di formazione e perfezionamento professionale anche sul posto di lavoro (ad esempio introducendo per legge la possibilità di ferie remunerate per l'apprendimento permanente);

diminuire i tassi di invalidità assicurando ai lavoratori una protezione sanitaria di qualità elevata, a livello sia professionale che interprofessionale, nonché adottando misure di tutela della salute, come pure di prevenzione e riabilitazione;

rimuovere gli ostacoli all'occupazione delle persone con disabilità garantendo luoghi di lavoro più inclusivi, ad esempio tramite l'accessibilità fisica, l'accessibilità delle tecnologie dell'informazione e sistemi di lavoro flessibili, ove necessario con la partecipazione del finanziamento pubblico;

intensificare considerevolmente gli sforzi volti a conciliare vita familiare e professionale nonché migliorare la divisione dei compiti familiari all'interno della coppia.

3.10

A questo proposito le parti sociali europee hanno concluso nel marzo 2010 un accordo autonomo che contiene proposte di misure delle parti sociali nazionali come pure raccomandazioni per le autorità nazionali (9).

3.11

Ciò significa anche aumentare i tassi di partecipazione degli anziani al mercato del lavoro creando e migliorando le loro possibilità occupazionali, nonché operando una transizione coerente verso un mondo del lavoro adatto alle diverse età. A tale proposito è evidente che queste misure non devono né aumentare la pressione sugli anziani né creare delle difficoltà per le persone non più in grado di lavorare. Andare in pensione è un diritto riconosciuto dalle convenzioni dell'OIL (10), e le pensioni devono permettere ai loro titolari di condurre una vita dignitosa.

4.   Gli anziani sul mercato del lavoro dell'UE: il punto della situazione

4.1

Come in passato, le potenzialità occupazionali dei lavoratori anziani (55-64) sono utilizzate in modo insufficiente a livello dell'UE. La figura 1 mostra come, partendo da un dato basso, nel periodo della strategia di Lisbona siano stati realizzati notevoli progressi. I tassi di occupazione degli anziani registrano infatti un aumento di quasi 10 punti percentuali.

4.2

In ogni caso l'obiettivo da raggiungere entro il 2010 (il 50 %) è stato chiaramente mancato. Il miglioramento è stato, in una certa misura, maggiore per le donne che per gli uomini. È tuttavia rimasto un divario veramente consistente tra i due sessi: anche alla fine del periodo in esame, le donne tra i 55 e i 64 anni ancora in attività non superavano di molto il terzo del totale (figura 1).

Figura 1:

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4.3

È interessante anche effettuare un confronto con l'andamento dell'occupazione per altre fasce di età. Partendo dallo stesso livello, l'occupazione degli anziani aumenta, mentre quella dei giovani diminuisce (figura 2). Il secondo dato è principalmente dovuto ai tempi più lunghi di formazione. In ogni caso, nel 2009, anno in cui ancora imperversava la crisi, è evidente che la disoccupazione dei giovani ha subito un drastico calo. Questo aspetto segna una differenza rispetto alle crisi precedenti, che venivano «affrontate» soprattutto a spese degli anziani. Se ne deduce che i problemi relativi a un segmento (nella fattispecie gli anziani) non devono essere risolti a spese di altri gruppi (i giovani).

Figura 2:

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4.4

La figura 3 mostra notevoli differenze tra gli Stati dell'UE: in Svezia lavora il 70 % degli anziani (il che corrisponde, nel complesso, all'obiettivo di Lisbona in materia di occupazione). In altri paesi lavora soltanto un terzo circa delle persone tra i 55 e i 64 anni. È importante segnalare il buon risultato raggiunto dai tre paesi nordici (Svezia, Danimarca, Finlandia). Inoltre non emerge nessuna connessione con le tipologie classiche dei sistemi «assistenziali» in Europa: sembra infatti che elevati tassi di occupazione degli anziani siano compatibili con diverse strutture istituzionali. Le differenze constatate fanno intuire, tuttavia, quali potenzialità occupazionali siano attualmente inutilizzate in Europa.

Figura 3:

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4.5

Per quanto riguarda la disoccupazione, a prima vista la situazione degli anziani non appare più drammatica della media. I tassi di disoccupazione degli anziani, a livello UE e in molti Stati, sono lievemente inferiori rispetto ai tassi complessivi. Questo, però, è solo il rovescio della medaglia di un tasso di disoccupazione giovanile spaventosamente elevato. In ogni caso, va sottolineato che queste cifre sono dovute anche al fatto che molti anziani che non lavorano, ma ne sarebbero capaci, non sono registrati come disoccupati bensì «parcheggiati» in «sistemi di assorbimento».

4.6

Tuttavia per gli anziani si profila drammaticamente il rischio della disoccupazione di lunga durata, rischio che aumenta rapidamente con l'età. Se a un anziano capita di perdere il lavoro, spesso resta disoccupato fino alla fine della carriera: se tra i giovani disoccupati circa un quarto lo è da oltre un anno, tale percentuale aumenta con l'età e si attesta, nel caso degli anziani (55-64) su una media UE vicina al 50 %.

5.   Le potenzialità occupazionali di una società che invecchia: lavoro per gli anziani e lavoro da parte degli anziani

5.1

Lo sviluppo demografico crea anche delle opportunità per l'economia e l'occupazione. Da un lato, gli anziani diventano sempre più importanti in quanto clienti, il che crea delle opportunità lavorative anche per le altre fasce di età. D'altro canto, l'invecchiamento della società comporta anche considerevoli potenzialità occupazionali dal lato dell'offerta. In entrambi i casi, i processi naturali e quelli guidati dal mercato devono essere accompagnati e indirizzati sul piano politico e istituzionale.

5.2

Le società in cui le persone vivono più a lungo offrono ampie possibilità di sviluppare nuovi prodotti e servizi. Dal cosiddetto «mercato d'argento» possono trarre profitto numerosi settori, che vanno dall'edilizia abitativa ai servizi per la qualità della vita (cultura, tempo libero, turismo, sport, mass media, telecomunicazioni) fino ai servizi sanitari e sociali.

5.3

I giovani e gli anziani hanno comportamenti diversi in fatto di consumi e risparmio. Il conseguente spostamento della domanda nell'intera società si ripercuoterà anche sulle future strutture produttive e occupazionali. È quindi prevedibile che lo sviluppo demografico rafforzerà la già marcata tendenza verso una società di servizi. Accanto ad altri settori, cresceranno in misura sproporzionata soprattutto i servizi sanitari e di assistenza. Questi spostamenti settoriali si sovrapporranno a quelli dovuti ad altri motivi (la cosiddetta «transizione verde»). In parte sarà il mercato ad adattarsi al cambiamento della domanda, ma resta tuttavia un decisivo ruolo di indirizzo per l'intervento politico, soprattutto in materia di politica attiva del mercato del lavoro, ad esempio per quanto riguarda i servizi di formazione, informazione e comunicazione offerti dalle istituzioni del mercato del lavoro.

5.4

La quantità e la qualità dei posti di lavoro derivanti dalla «forza economica degli anziani» dipenderanno in misura decisiva dalla forma che verrà data alla cosiddetta «economia d'argento» tramite un'attiva politica dei servizi. In particolare nel settore sanitario e dell'assistenza, ma anche in altri settori, bisognerà cogliere l'opportunità della domanda crescente, offrire posti di lavoro con condizioni dignitose e un'adeguata remunerazione nonché modernizzare e professionalizzare i profili delle competenze. Per motivare un maggior numero di persone a trovare un lavoro nel campo sanitario, sociale e dell'assistenza, bisogna rendere più attraente questo tipo di occupazione nel quadro del percorso professionale complessivo.

5.5

La professionalizzazione dei servizi sociali può anche costituire uno strumento per realizzare obiettivi ambiziosi in materia di parità. Un'offerta valida di servizi sociali (centri di custodia per i bambini e assistenza) contribuisce ad alleggerire il compito delle persone che prestano assistenza (prevalentemente donne), consentendo loro di sfruttare appieno le proprie qualifiche sul mercato del lavoro.

5.6

Gli investimenti nei servizi sociali non contribuiscono soltanto alla creazione di nuovi posti di lavori ma anche al rilancio dell'economia regionale. L'ampia garanzia di un accesso a servizi di qualità a prezzi abbordabili crea nuove potenzialità in termini di occupazione. In quest'ambito sono importanti anche le iniziative nel settore non profit, in particolare nell'economia sociale. Ai comuni spetta un ruolo importante in questo settore: essi non soltanto sono i principali responsabili dei servizi sociali, ma sono quelli che conoscono meglio le necessità e le condizioni locali. Il problema principale sta tuttavia nel fatto che alla maggior parte dei comuni manca la capacità finanziaria anche per offrire i servizi necessari.

5.7

Sul lato dell'offerta, va segnalato che i lavoratori giovani e quelli anziani non sono facilmente interscambiabili: mentre i giovani hanno, in media, una capacità di apprendimento più flessibile, gli anziani possono invece vantare una maggiore esperienza. Anche se la produttività dei singoli registra un calo da alcuni punti di vista (ad esempio la capacità fisica), questo problema può essere parzialmente risolto modificando l'organizzazione del lavoro, prevedendo un adeguato perfezionamento professionale e misure di prevenzione sanitaria nonché impiegando in modo più efficace le tecnologie lavorative.

5.8

Lo spostamento settoriale verso il settore dei servizi può portare addirittura a un miglioramento della situazione degli anziani: in molti settori, infatti, l'impegno sul piano fisico tende a diminuire mentre le competenze di carattere sociale acquistano importanza. Le imprese non dovrebbero quindi investire soltanto nei lavoratori giovani. La produttività di un'impresa non è soltanto la somma della produttività dei singoli dipendenti. La conservazione delle esperienze maturate ai fini della gestione delle conoscenze all'interno dell'azienda e la struttura organizzativa sono spesso più importanti della produttività individuale. In tale contesto acquistano una notevole importanza gli sforzi intesi a professionalizzare il settore della consulenza, del tutoraggio e della formazione personalizzata. Occorre infine che le aziende tengano conto del cambiamento demografico nello sviluppo del personale e sappiano sfruttare la combinazione ottimale dei punti di forza dei lavoratori di età diverse.

6.   Una configurazione del mondo del lavoro adatta all'età

6.1

Se si vuole che le persone riescano ad andare in pensione più tardi, occorre anche far sì che possano lavorare più a lungo. Ciò significa creare posti di lavoro concepiti in modo tale che un maggior numero di persone possa continuare a lavorare fino all'età pensionabile stabilita per legge. A questo fine non si tratta soltanto di creare posti di lavoro per gli anziani in modo mirato e adeguarli a tale categoria di popolazione, ma soprattutto di organizzare l'intera carriera lavorativa in modo da evitare sin dall'inizio rischi ed effetti nocivi sulla salute, avvantaggiando in questo modo i lavoratori in ogni fase della vita.

6.2

Pur essendo chiaro che, per conservare la capacità lavorativa, un ruolo importante spetta anche alla responsabilità individuale del lavoratore, va osservato che le cause fondamentali dell'abbandono prematuro della vita lavorativa sono il deterioramento delle condizioni di salute dovuto anche a condizioni di lavoro usuranti sul piano fisico e psicologico, l'elevata intensità lavorativa, i licenziamenti prematuri dei lavoratori più anziani, ma anche le carenze in termini di perfezionamento professionale e le scarse possibilità di (ri)trovare un lavoro. Inoltre, le nuove forme di organizzazione del lavoro riducono sempre più le possibilità di reimpiegare gli anziani nelle imprese in settori meno usuranti.

6.3

Per innalzare il livello di occupazione degli anziani non basta tuttavia mantenerli sani e idonei al lavoro e renderli interessanti per i datori di lavoro. Anche i posti disponibili per gli anziani devono diventare più attraenti. La qualità dell'occupazione influisce quindi notevolmente sulla scelta dei lavoratori anziani di riprendere e/o mantenere il proprio impiego.

6.4

Solo una politica consapevole di «invecchiamento attivo» che comprenda ampie possibilità di partecipazione ad una formazione continua può portare a innalzare in maniera duratura il tasso di occupazione degli anziani. La questione principale a questo proposito è la seguente: quali misure bisogna adottare per dare agli anziani opportunità concrete di trovare un lavoro e di conservarlo più a lungo?

6.5

La transizione coerente verso un mondo del lavoro adatto alle diverse età deve avvenire, a giudizio del CESE, tramite una serie di misure in cui devono figurare i seguenti elementi chiave:

introdurre incentivi destinati alle imprese per creare posti di lavoro adatti agli anziani e stabilizzare la situazione degli anziani già presenti (misure per evitare i licenziamenti prematuri degli anziani nonché progetti innovativi per mantenerli nell'azienda assegnandoli a settori meno usuranti);

lanciare una politica proattiva del mercato del lavoro intesa a reinserire i disoccupati anziani nella vita professionale come pure a ridurre il rischio della disoccupazione di lunga durata, prevedendo anche una dotazione adeguata per la politica attiva del mercato del lavoro;

garantire una consulenza e un'assistenza completa a chi cerca lavoro e sostenere attivamente i servizi di collocamento (ad es. occupazione assistita, aiuti all'inserimento, progetti sociali di interesse generale) e adottare misure di prevenzione e riabilitazione per il reinserimento;

adottare misure finalizzate a protrarre la permanenza fisica e psicologica nella vita lavorativa, innanzitutto allentando la pressione sui lavoratori nelle aziende e adeguando le condizioni di lavoro all'età (ad es. incoraggiando una maggiore tutela dei lavoratori e della salute e varando programmi aziendali di promozione della salute), sempre tenendo presente che il carattere usurante di un impiego può costituire un limite;

adottare misure per aumentare la capacità inclusiva dei posti di lavoro per gli anziani con disabilità, ad es. tramite adattamenti in grado di aumentare l'accessibilità fisica e la possibilità di utilizzare le tecnologie dell'informazione;

adottare misure intese ad accrescere la volontà dei singoli di lavorare più a lungo: in quest'ambito rientrano anche la disponibilità verso la formazione permanente e la prevenzione sanitaria;

mettere a punto dei modelli lavorativi negoziati con le parti sociali al fine di tutelare la salute a livello settoriale e aziendale per tutta la carriera (come ad esempio anni sabbatici, ferie remunerate per la formazione);

prevedere misure aziendali, basate su contratti collettivi o giuridiche, per garantire una maggiore partecipazione degli anziani al perfezionamento professionale (per ovviare alla scarsa partecipazione alla formazione aziendale, specie per quanto riguarda i lavoratori meno qualificati, garantire finanziamenti adeguati per una campagna di qualificazione 40+ e migliorare il quadro giuridico in materia di giorni di formazione remunerati);

lanciare attività di sensibilizzazione a favore dei lavoratori anziani (valorizzazione delle conoscenze maturate con l'esperienza e trasferimento ai giovani lavoratori delle competenze acquisite nella vita lavorativa);

avviare un'ampia azione di sensibilizzazione della società per eliminare gli stereotipi e i pregiudizi nei confronti dei lavoratori anziani e dare un significato positivo al concetto di «invecchiamento»; bisogna lottare contro le discriminazioni e gli stereotipi negativi riguardanti i lavoratori anziani;

offrire consulenza e sostegno alle imprese, in particolare alle PMI, nella programmazione in materia di risorse umane e nello sviluppo di un'organizzazione del lavoro che tenga conto dell'età dei dipendenti;

creare incentivi adeguati per impiegare gli anziani e mantenerli sul posto di lavoro, senza però distorcere la concorrenza;

creare incentivi socialmente accettabili per prolungare la vita lavorativa nel quadro delle disposizioni vigenti in materia di età pensionabile per tutti quelli che trovano un lavoro e sono in condizioni di esercitarlo;

dove sia possibile o auspicabile, creare modelli innovativi e allettanti per un passaggio flessibile dalla vita lavorativa alla pensione nel quadro dei sistemi pensionistici pubblici (anche con l'ulteriore sviluppo di modelli di lavoro a tempo parziale per gli anziani).

6.6

La promozione di una vita lavorativa più lunga impone in ogni caso una responsabilità e un impegno condivisi tra lo Stato, il datore di lavoro e il lavoratore stesso. Questa responsabilità va assunta in modo adeguato da tutti i soggetti coinvolti. Alle parti sociali spetta un ruolo particolarmente importante in tutti questi sforzi. I modelli di successo messi a punto dagli Stati nordici, ma anche da altri Stati membri, mostrano in che modo si possa creare in modo socialmente accettabile, sulla base di accordi collettivi e a livello di azienda, nonché attraverso il coinvolgimento delle parti sociali, un mercato del lavoro funzionante per gli anziani con una maggiore stabilità dell'occupazione, oltre a livelli elevati di occupabilità e di occupazione per questa categoria di persone.

Bruxelles, 13 luglio 2011

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Pareri CESE sui seguenti temi: La situazione dei lavoratori anziani di fronte alle trasformazioni industriali: assicurare il sostegno e gestire la diversità d'età nei settori e nelle imprese (http://www.eesc.europa.eu/?i=portal.en.soc-opinions.14120), L'occupazione per le categorie prioritarie (strategia di Lisbona) (http://www.eesc.europa.eu/?i=portal.en.soc-opinions.14141), Aumentare il tasso d’occupazione dei lavoratori anziani e differire l’uscita dal mercato del lavoro (http://www.eesc.europa.eu/?i=portal.en.soc-opinions.14156).

(2)  Parere CESE in merito al Libro verde Verso sistemi pensionistici adeguati, sostenibili e sicuri in Europa (http://www.eesc.europa.eu/?i=portal.en.soc-opinions.14892).

(3)  Parere CESE sul tema Il ruolo della politica della famiglia nel processo di cambiamento demografico: condividere le buone pratiche tra gli Stati membri (http://www.eesc.europa.eu/?i=portal.en.soc-opinions.14900).

(4)  Quota della popolazione di età superiore ai 65 anni rispetto alla quota di popolazione tra i 15 e i 64 anni.

(5)  Questo rapporto viene illustrato mediante il calcolatore del tasso di dipendenza dell'AK-Wien (Camera del lavoro di Vienna): il rapporto calcolato in questo modello tra pensionati e disoccupati rispetto al numero di occupati (tasso di dipendenza economica) illustra chiaramente il forte influsso esercitato dai diversi scenari del mercato del lavoro (ad esempio, tassi di occupazione) in relazione alle sfide demografiche e consente, tenendo conto dei fattori determinanti dell'economia reale, di avere un quadro molto più realistico rispetto al semplice rapporto tra il numero di persone di età superiore ai 65 anni e il numero di quelli di età compresa tra i 16 e i 64 anni (tasso di dipendenza demografica).

(6)  Esempio dell'Austria: tasso di dipendenza demografica nel 2008: 25 % con un tasso di dipendenza economica del 61 %; proiezioni del tasso di dipendenza per il 2050 tenuto conto della situazione del mercato del lavoro danese (tassi di partecipazione): mentre i tassi di dipendenza economica aumenterebbero solo moderatamente dal 61 % del 2008 al 72 % del 2050, per quanto riguarda i tassi di dipendenza demografica si arriverebbe quasi ad un raddoppiamento (48 %).

(7)  Demography Report 2008 (SEC(2008) 2911, pag. 133 – disponibile solo in inglese).

(8)  Parere CESE sul tema Il ruolo dell'immigrazione legale in un contesto di sfida demografica (http://www.eesc.europa.eu/?i=portal.en.soc-opinions.14361).

(9)  Parti sociali europee: Framework Agreement on Inclusive Labour Markets («Accordo quadro sui mercati del lavoro inclusivi»), marzo 2010: (Cfr. documenti correlati:

http://ec.europa.eu/social/main.jsp?langId=en&catId=89&newsId=744&furtherNews=yes).

(10)  La Convenzione n. 128 concernente le prestazioni per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti indica l'età di 65 anni come limite per la vita lavorativa.


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