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Document 52016IE5712

    Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Distribuzione ineguale della ricchezza in Europa: disparità tra gli Stati membri in termini di ripartizione profitti-lavoro» [parere d’iniziativa]

    GU C 129 del 11.4.2018, p. 1–6 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, HR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

    11.4.2018   

    IT

    Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

    C 129/1


    Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Distribuzione ineguale della ricchezza in Europa: disparità tra gli Stati membri in termini di ripartizione profitti-lavoro»

    [parere d’iniziativa]

    (2018/C 129/01)

    Relatore:

    Plamen DIMITROV

    Decisione dell’Assemblea plenaria

    22.9.2016

    Base giuridica

    Articolo 29, paragrafo 2, del regolamento interno

     

    Parere di iniziativa

    Sezione competente

    Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale

    Adozione in sezione

    7.9.2017

    Adozione in sessione plenaria

    6.12.2017

    Sessione plenaria n.

    530

    Esito della votazione

    (favorevoli/contrari/astenuti)

    188/30/23

    1.   Conclusioni e raccomandazioni

    1.1.

    Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ritiene che la distribuzione ineguale del reddito e della ricchezza nell’Unione europea costituisca oggi una sfida economica e sociale che dovrebbe essere affrontata con provvedimenti adeguati, tanto a livello nazionale quanto con il sostegno di un’azione in ambito UE. Il Comitato ritiene che le disparità più importanti siano quelle di reddito, nel nostro continente così come a livello mondiale. Sottolinea comunque che occorre richiamare l’attenzione anche sulle disparità di ricchezza, in quanto queste ultime sono legate a molte più variabili e hanno ripercussioni assai più durature. Questo comporta la necessità di chiarire le ragioni di queste diseguaglianze e i fattori che ne sono alla base, nonché l’esigenza di mettere a punto soluzioni strategiche per affrontare le une e gli altri.

    1.2.

    Occorre procedere a un’attenta analisi e valutazione dell’esatta natura della distribuzione della ricchezza nell’UE, e adottare in tempo utile misure preventive per evitare conseguenze negative quali la rapida scomparsa della «classe media» e il passaggio di un numero sempre maggiore di persone nella categoria dei «lavoratori poveri» o di coloro che sono a rischio di povertà e di esclusione sociale. L’economia di mercato dovrebbe essere considerata non solo come uno strumento atto a realizzare una robusta crescita economica, ma anche come uno dei meccanismi necessari a raggiungere importanti obiettivi in campo sociale.

    1.3.

    Lo strumento più importante a disposizione degli Stati membri per promuovere un’equa ridistribuzione del valore aggiunto per la società nel suo insieme è la politica di bilancio. Dovrebbero inoltre rivestire un ruolo centrale politiche attive del mercato del lavoro volte ad agevolare i vari passaggi dall’istruzione alla formazione e infine alla vita lavorativa, unitamente alle politiche che regolamentano la fiscalità e i trasferimenti sociali. Il CESE raccomanda agli Stati membri di attuare quanto prima misure atte a ridurre le disuguaglianze e a garantire un’equa ridistribuzione del nuovo valore aggiunto nell’intera società.

    1.4.

    Il CESE ritiene indispensabile un sistema ben funzionante di trasferimenti sociali e assistenza sociale. La ridistribuzione in quanto meccanismo di compensazione dovrebbe in larga misura colmare le lacune del sistema basato sul mercato. I beni pubblici (infrastrutture sociali, strutture per la fornitura di servizi di interesse pubblico ecc.) dovrebbero essere sviluppati e, per la funzione che essi svolgono, andrebbero considerati uno strumento per lottare contro le disuguaglianze. La base imponibile dovrebbe essere modificata alleggerendo la pressione fiscale sul lavoro e aumentandola sulla ricchezza con l’introduzione di una tassazione sulle successioni e sui redditi da capitale.

    1.5.

    La concentrazione della ricchezza determina poi una concentrazione di potere immenso, che assume molteplici forme, inclusa quella della distorsione della concorrenza. Il CESE ritiene che un’intensa crescita economica sia di fondamentale importanza per ridurre la povertà e le disparità di ricchezza. Tale crescita dovrebbe essere incentivata utilizzando in modo più efficace i fondi strutturali e di coesione, promuovendo l’imprenditorialità, tutelando la concorrenza, introducendo programmi di sostegno delle PMI e attuando politiche di lotta alla discriminazione delle donne e delle persone in condizioni svantaggiate.

    1.6.

    Il Comitato nutre timori circa l’efficacia dell’attuale politica dell’UE nel quadro della strategia Europa 2020, che pone un accento particolare sulla povertà. Detta politica necessita di un sostegno politico più idoneo al fine di fornire un aiuto sufficiente agli Stati membri nel far fronte al peggioramento delle tendenze in materia di disuguaglianza. È necessaria un’azione più incisiva per contrastare la povertà, che negli ultimi anni è aumentata in termini assoluti (1). Occorre elaborare, a livello sovranazionale europeo, politiche atte a promuovere una crescita più inclusiva attraverso un approccio integrato. Il pilastro europeo dei diritti sociali e il semestre europeo dovrebbero avere collegamenti molto più stretti tra loro, ed entrambi questi strumenti dovrebbero essere allineati alla strategia Europa 2020 per poter conseguire efficacemente gli obiettivi fissati da quest’ultima a livello sia nazionale che europeo.

    1.7.

    Oltre a questi elementi, sono necessarie anche misure mirate per il mercato del lavoro connesse alla protezione sociale. Dal momento che non è sempre possibile tutelare i posti di lavoro — i quali oggi vanno trasformandosi con grande rapidità — è necessario concentrarsi sulla promozione dell’occupazione e sulla protezione dei lavoratori. È molto importante disporre di norme sociali minime che garantiscano retribuzioni e condizioni di lavoro dignitose. L’accento dovrebbe essere posto sull’agevolazione delle transizioni nel corso della vita lavorativa, garantendo nel contempo diritti del lavoro e sociali comuni, ivi compreso il diritto di aderire a un sindacato e il diritto alla contrattazione collettiva.

    1.8.

    Il CESE ritiene che debba essere messo in atto un meccanismo trasparente per monitorare sistematicamente i dati relativi a tutte le entrate e sul patrimonio, nonché per offrire la possibilità di consolidare tali dati. Ciò contribuirà da un lato a migliorare la gestione amministrativa, dall’altro a facilitare la raccolta di dati statistici sulla distribuzione della ricchezza negli Stati membri. In questo ambito un passo importante consisterà nell’istituire un registro delle società azioniste su scala europea.

    2.   Contesto

    2.1.

    Il fenomeno della distribuzione ineguale della ricchezza in Europa ha radici molto antiche; si tratta di un processo iscritto nella storia e che non è scomparso con la creazione della zona euro, per via del persistente insorgere di squilibri interni ed esterni imputabili alle differenze di livello tra i fattori che influiscono sulla competitività economica. Questi ultimi comprendono gli aspetti di costo/prezzo, e attualmente sono inoltre aggravati dalle importanti sfide di natura politica cui è l’UE è posta di fronte, come il terrorismo, il populismo, gli appuntamenti elettorali nazionali, nonché — sul piano economico — il basso livello di investimenti, la crescita ridotta, l’elevata disoccupazione, il cambiamento demografico e la posizione dell’Europa nell’arena dei nuovi rapporti di forza a livello mondiale, il tutto visto attraverso il prisma degli scambi commerciali e del processo di digitalizzazione.

    2.2.

    Occorre operare una chiara distinzione tra le disparità di reddito e le disuguaglianze in termini di ricchezza, perché queste ultime hanno ripercussioni a più lungo termine, il che rende essenziale sottoporle a un esame più approfondito. La ricchezza è sistematicamente distribuita in modo più diseguale rispetto al reddito. Molto spesso, gli operatori economici possono avere redditi relativamente simili ma essere separati da consistenti differenze di ricchezza dovute a fattori non monetari, come un comportamento altruistico, un’eredità o per altri motivi. Di conseguenza, l’attenzione alle sperequazioni in termini di ricchezza ci offre un quadro più obiettivo delle reali disparità monetarie tra i cittadini dell’UE.

    2.3.

    Il CESE ritiene che gli sviluppi economici in Europa siano sempre più dinamici e rappresentino quindi una sfida per le istituzioni, di cui mettono a dura prova la capacità di tenere il passo dei cambiamenti. Si tratta di un tema particolarmente attuale nell’ottica del dibattito sulle disparità di sviluppo tra gli Stati membri dell’UE. Vi sono differenze sostanziali tra i paesi sviluppati e i paesi in via di sviluppo, tra l’Europa occidentale e quella orientale, tra gli Stati membri all’interno e all’esterno della zona euro e, infine, tra gli Stati membri appartenenti allo spazio Schengen e quelli che non ne fanno parte.

    2.4.

    Il CESE osserva che le disparità di reddito e di ricchezza in Europa sono progressivamente aumentate a partire dal 1970. Nel complesso, la globalizzazione dovrebbe svolgere un ruolo positivo per quanto riguarda la riduzione delle differenze di reddito e materiali tra i paesi, ma negli ultimi anni la tendenza si è invertita. Infatti, nell’UE-28 non solo il 10 % delle famiglie più ricche guadagna circa il 31 % del reddito complessivo, ma detiene anche oltre il 50 % della ricchezza totale. La crescita della ricchezza ha superato quella del PIL in numerosi paesi, causando enormi disparità (2), con gravi ripercussioni economiche, sociali e politiche che richiedono un serio dibattito pubblico e una discussione tra esperti e responsabili politici sul modo di affrontare la questione, e che necessitano anche di un’azione politica.

    2.5.

    Secondo il CESE, vi è il rischio reale che il problema delle disuguaglianze possa aggravarsi su scala mondiale, perché il ritmo dello sviluppo economico in Europa è estremamente rapido e sta diventando sempre più difficile mettere in atto una politica macroeconomica tempestiva. La crescente disuguaglianza di reddito e di ricchezza negli ultimi decenni è confermata dall’incremento del coefficiente di Gini, che in tutti i paesi OCSE è aumentato in media dallo 0,29 della metà degli anni ottanta allo 0,32-0,35 del 2013-2015. La tendenza è più o meno la stessa nei singoli paesi dell’UE (3). Tuttavia, va osservato che in paesi come la Bulgaria, la Lituania e la Romania il coefficiente di Gini ha già raggiunto valori critici (al di là dello 0,37) (4). Benché disponiamo di una grande quantità di dati e studi sulle disparità di reddito, vi sono molte meno prove conclusive della disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza delle famiglie, sia all’interno dei singoli paesi che tra i paesi stessi. A tutt’oggi, in effetti, non esistono norme internazionali che gli istituti nazionali di statistica e altri produttori di dati possano utilizzare per la raccolta di dati sulla distribuzione della ricchezza (5).

    2.6.

    È preoccupante che, per effetto della generale mancanza di fiducia in molte economie europee, gli utili accumulati non siano reinvestiti, determinando così una diminuzione della concorrenza, un netto calo degli investimenti e la mancata creazione di nuovi posti di lavoro. Nel suo saggio (6), Thomas Piketty fornisce una serie di dati empirici sulla questione, esaminando in particolare l’economia europea. Quando i profitti vengono semplicemente accumulati e ricapitalizzati, essi non contribuiscono a produrre valore aggiunto o ad incrementare la redditività delle risorse nell’economia reale. È logico quindi che nell’UE il divario tra ricchi e poveri si vada allargando ormai da decenni.

    2.7.

    A giudizio del CESE, vi è il rischio che a medio termine il ceto medio dell’UE cominci a sentirsi sotto pressione. Nei prossimi anni sempre più posti di lavoro scompariranno a causa della digitalizzazione e dell’automazione. Non solo, ma anche alcuni tipi di professione sono in via di estinzione, sebbene sia in passato che oggi vi siano indicazioni che queste tendenze sono ugualmente in grado di generare nuovi posti di lavoro e nuove professioni. È probabile che questi cambiamenti, se non gestiti correttamente, contribuiranno ad aumentare le disuguaglianze. Il CESE ritiene che sia necessario intervenire tempestivamente per contrastare le conseguenze negative di processi di rinnovamento tecnologico che, per altri versi, sono innovativi e in generale arrecano benefici alla società.

    2.8.

    Il CESE esprime preoccupazione per la crescente sproporzione nel rapporto tra il tasso di profitto e il valore aggiunto prodotto dal fattore lavoro negli Stati membri, che accresce le disuguaglianze in Europa, in termini sia di ricchezza che di reddito.

    3.   Osservazioni generali

    3.1.

    Le disparità in termini di ricchezza tendono a essere di gran lunga maggiori rispetto alle diseguaglianze di reddito (7). Il CESE sottolinea il fatto che sono in primo luogo e principalmente gli Stati membri ad avere a disposizione gli strumenti appropriati — ad esempio programmi di investimento e a favore della crescita economica e della creazione di occupazione, nonché la fiscalità e i trasferimenti sociali — per lottare contro le disparità economiche e sociali. Esiste tuttavia un margine di manovra anche a livello europeo, e le istituzioni dell’UE dovrebbero affrontare più seriamente la questione, perché gli effetti sul ciclo economico reale generati da un loro intervento sarebbero complessi e assai più duraturi. Le politiche esistenti continuano a concentrarsi sul reddito più che sulla ricchezza.

    3.2.

    Il problema principale, a giudizio del CESE, è che l’economia europea genera una crescita dalla quale chi è svantaggiato in termini finanziari non trae alcun beneficio. L’intenzione non è assolutamente quella di opporsi al funzionamento dell’economia di mercato, che offre opportunità di generare ricchezza attraverso l’innovazione, la costituzione di imprese e la creazione di posti di lavoro, contribuendo così alla crescita economica, all’occupazione e al finanziamento della sicurezza sociale. Tuttavia, le persone che sono alla base della piramide di ridistribuzione della ricchezza e del reddito non beneficiano, nel complesso, dei nuovi posti di lavoro che vengono a crearsi. Ne consegue che la società sarà più equa sul piano finanziario se la politica dell’Unione europea si concentrerà su misure che consentano a un numero sempre maggiore di persone di accedere al mercato del lavoro e di condividere i benefici di una crescita economica inclusiva. In questo senso, la riduzione delle disuguaglianze in termini di ricchezza e il consolidamento della crescita economica a lungo termine sono due facce della stessa medaglia.

    3.3.

    Il CESE esprime preoccupazione per il rischio che il crescente accumulo di ricchezza possa creare nella società una mentalità basata sulla rendita, col risultato che la ricchezza non viene reinvestita e, pertanto, non contribuisce allo sviluppo dell’economia reale e all’incremento del PIL potenziale. Questo è il problema centrale che Piketty affronta nel suo libro, frutto di quindici anni di ricerca e raccolta di dati empirici sulle disparità di reddito e di ricchezza nelle società capitaliste. I risultati finali, sebbene i suoi metodi siano in parte contestati da alcuni, mettono in risalto notevoli differenze all’interno dell’UE. Secondo i dati di Piketty, il tasso annuo di rendimento del capitale è compreso tra il 4 % e il 5 %, mentre la crescita annuale del reddito nell’Europa centrale si aggira tra l’1 % e l’1,5 % a seconda del paese considerato, date le evidenti differenze tra i paesi in questione.

    3.4.

    A giudizio del CESE sono necessarie ulteriori misure ai livelli adeguati in settori quali la finanziarizzazione eccessiva e l’approfondimento del coordinamento e dell’armonizzazione delle politiche fiscali, nonché le misure di lotta ai paradisi fiscali, alla frode e all’evasione fiscali, per contrastare i fenomeni presenti da lunga data nell’economia sommersa (ossia, dichiarazioni dei redditi mendaci, dipendenti non iscritti o nascosti, salari versati «in nero»), e servono anche provvedimenti volti ad ottimizzare la combinazione delle misure fiscali e la loro importanza relativa nel gettito fiscale degli Stati membri. Il gettito fiscale derivante dalla tassazione del lavoro dovrebbe diminuire in parallelo con l’aumento del gettito basato sulla tassazione della ricchezza.

    3.5.

    Nel corso degli ultimi due decenni, la concorrenza fiscale tra gli Stati membri ha indotto molti governi ad attuare misure che hanno alterato la natura redistributiva della politica fiscale e contribuito all’aumento delle disuguaglianze. Il CESE raccomanda agli Stati membri di valutare le conseguenze negative delle politiche in materia di fiscalità e di porvi rimedio al più presto.

    3.6.

    Il CESE ritiene che il piano Juncker debba essere destinato in via prioritaria ai paesi con le maggiori disuguaglianze, di qualunque tipo esse siano. È essenziale incoraggiare gli investimenti sia esteri che nazionali, e tutti questi elementi devono essere applicati in maniera uniforme in conformità con la legislazione europea e in sintonia con le specificità nazionali, monitorando attentamente l’impiego dei fondi.

    4.   Osservazioni specifiche

    4.1.

    La Germania e l’Austria sono i paesi dell’area euro in cui le disparità di ricchezza sono più pronunciate. In Germania, il 5 % più ricco della popolazione possiede il 45,6 % delle ricchezze del paese; in Austria tale percentuale è persino superiore, arrivando al 47,6 % (8)  (9). Il problema esiste anche in paesi come Cipro, Portogallo, Francia, Finlandia, Lussemburgo e Paesi Bassi, dove si osserva la medesima tendenza (10). Ciò dimostra la notevole diversità nella distribuzione delle risorse all’interno di singoli paesi. In essi si registrano, da un lato, bassi livelli di disparità di reddito, ma anche, dall’altro, una distribuzione della ricchezza fortemente ineguale.

    4.2.

    Nel 1910 il 10 % della popolazione europea possedeva il 90 % della ricchezza, e l’1 % più ricco ne deteneva il 50 %. Successivamente, per effetto delle due guerre mondiali e della Grande depressione — che hanno azzerato buona parte del capitale finanziario — e delle varie politiche pubbliche segnate da una tassazione fortemente progressiva sui redditi e sulle successioni, da limitazioni alle speculazioni finanziarie, dall’incremento dei salari a spese dei redditi da capitale e così via, la disuguaglianza è diminuita notevolmente. Negli anni settanta e ottanta del 1900, l’1 % più ricco deteneva il 20 % della ricchezza, il successivo 9 % ne possedeva il 30 %, e una classe media pari al 40 % ne controllava il 40 %. Anche le disparità di reddito sono diminuite in misura significativa (11). A partire dal 1980, tuttavia, le disuguaglianze hanno ripreso a crescere. Oggi il capitale privato nei paesi sviluppati dell’UE-28 è compreso tra il 500 % e il 600 % del PIL, e raggiunge l’800 % in Italia.

    4.3.

    A giudizio del CESE, un altro problema fondamentale è rappresentato dalla distribuzione della ricchezza per sesso. Paesi come la Slovacchia e la Francia sono i più gravemente colpiti da tale problema, seguiti da Austria, Germania e Grecia. In Slovacchia e in Francia, gli uomini possiedono più del 75 % della ricchezza e le donne solo il 25 %, nonostante equilibri di genere molto diversi nei due paesi. In Austria, Germania e Grecia appartiene agli uomini circa il 55 % della ricchezza (12). È importante valutare i motivi di tali tendenze e decidere se questo aspetto debba essere considerato nel quadro della politica UE in materia di parità di genere.

    4.4.

    Secondo il CESE, è estremamente importante il modo in cui la ricchezza è distribuita sotto il profilo della soddisfazione delle esigenze in termini di istruzione e formazione professionale, gamma dei servizi sanitari offerti, edilizia abitativa e così via. Coerentemente con il modello sociale europeo, occorre rispettare alcuni principi fondamentali quali le pari opportunità e la parità di trattamento, la parità di genere, la non discriminazione e l’equità tra le generazioni. Le riforme strutturali volte ad accrescere il capitale umano sono importanti per il miglioramento delle condizioni di vita e potrebbero anche contribuire alla riduzione delle disparità sul piano dei redditi da lavoro e della ricchezza.

    4.5.

    Circa il 44 % dei cittadini nell’area euro è, in un modo o nell’altro, indebitato nei confronti delle banche o degli istituti finanziari. La situazione è migliore che negli Stati Uniti, ad esempio, dove questa percentuale arriva al 75 %, ma negli ultimi anni l’indebitamento è aumentato ad un ritmo allarmante (13). La responsabilità del sistema bancario è altresì molto grande, in quanto potrebbe occuparsi della prevenzione primaria contro il crescente indebitamento generale della società. Un comportamento responsabile deve essere considerato prioritario.

    4.6.

    L’accelerazione della globalizzazione negli ultimi tre decenni ha incrementato la pressione fiscale sul lavoro e ha invertito la quota dei salari e del capitale in rapporto al prodotto interno lordo. Di conseguenza, in quasi tutti i paesi aderenti all’OCSE, tra il 1980 e il 2006 i salari sono diminuiti ogni anno in media dello 0,3 % in percentuale del PIL. Nel corso dello stesso periodo, nell’UE-15 la quota degli utili in rapporto al PIL è passata dal 31 % circa al 47 % (14). Il CESE ritiene che gli Stati membri e l’Unione europea debbano attuare con urgenza politiche dirette a invertire questa tendenza.

    4.7.

    Il CESE esprime preoccupazione per il fatto che in paesi come il Regno Unito e la Francia più del 50 % della ricchezza è concentrato nel patrimonio immobiliare. Da un lato, questo dato suggerisce una mancanza di diversificazione della ricchezza; dall’altro, significa che un’elevata percentuale di persone accumula ricchezza grazie a redditi fondiari. Questa ricchezza non viene successivamente reinvestita, ed è la ricapitalizzazione stessa ad accumularsi. Ciò solleva la questione del capitale, che viene accumulato ad un ritmo ben superiore rispetto a quello del valore aggiunto. Un recente rapporto di Oxfam (15) ha rivelato che la ricchezza delle otto persone più ricche del mondo è pari a quella del 50 % più povero, il che suscita una forte e diffusa inquietudine presso l’opinione pubblica. Il capitale è stato un fattore importante nel periodo industriale, ma se si trasforma in un fine in sé perde il suo scopo primario.

    Bruxelles, 6 dicembre 2017

    Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

    Georges DASSIS


    (1)  Un esempio è dato da Salverda et al. 2013 (tavole 2.3 e 5.2).

    (2)  Thomas Piketty, Capital in the Twenty-First Century, Harvard University Press, 2014, ISBN 978-0674430006 (Il capitale nel XXI secolo, Bompiani, 2014).

    (3)  Economic Inequality («Disuguaglianza economica»), Parlamento europeo, commissioni Affari economici e monetari e Occupazione e affari sociali, informativa del luglio 2016.

    (4)  Еurostat, SILC 2015.

    (5)  Statistiche dell’OCSE, giugno 2015, n. 21.

    (6)  Thomas Piketty, Capital in the Twenty-First Century, Harvard University Press, 2014, ISBN 978-0674430006 (Il capitale nel XXI secolo, Bompiani, 2014).

    (7)  In termini quantitativi.

    (8)  Indagine di Eurosystem Household Finance and Consumption, 2010.

    (9)  Vermeulen 2016 (gruppo di lavoro BCE), stime fondate sulla lista Forbes.

    (10)  HFCS 2010; Sierminska e Medgyesi 2013; Holzner, Jestl e Leitner 2015.

    (11)  Thomas Piketty, Capital in the Twenty-First Century, Harvard University Press, 2014, ISBN 978-0674430006 (Il capitale nel XXI secolo, Bompiani, 2014).

    (12)  Rehm, M., Schneebaum, A., Mader, K. Hollan, K., The Gender Gap Wealth Across European Countries («La ricchezza considerata in termini di disparità di genere nei paesi europei»), Università di economia e gestione aziendale di Vienna, Dipartimento di economia, documento di lavoro 232, settembre 2016.

    (13)  HFCS 2010; Sierminska e Medgyesi 2013; Holzner, Jestl e Leitner 2015.

    (14)  OCSE, In it together: why less inequality benefits all («Tutti coinvolti: perché meno diseguaglianza è meglio per tutti»), Parigi 2015.

    (15)  An Economy for the 99 % («Un’economia per il 99 %») (Oxfam, 2017).


    Allegato

    al parere del Comitato economico e sociale europeo

    Nel corso della discussione del parere, il seguente emendamento è stato respinto ma ha ottenuto almeno un quarto dei voti espressi:

    Punto 1.4.

    Modificare come segue:

    Il CESE ritiene indispensabile un sistema ben funzionante di trasferimenti sociali e assistenza sociale. La ridistribuzione in quanto meccanismo di compensazione dovrebbe in larga misura colmare le lacune del sistema basato sul mercato. I beni pubblici (infrastrutture sociali, strutture per la fornitura di servizi di interesse pubblico ecc.) dovrebbero essere sviluppati e, per la funzione che essi svolgono, andrebbero considerati uno strumento per lottare contro le disuguaglianze. La base imponibile dovrebbe essere modificata alleggerendo la pressione fiscale sul lavoro e aumentandola sulla ricchezza con l’introduzione di una tassazione sulle successioni e sui redditi da capitale. Gli Stati membri dovrebbero rimodulare le loro priorità in materia di gettito fiscale riducendo la pressione fiscale sul fattore lavoro.

    Motivazione

    Nel rispetto del principio di sussidiarietà e in considerazione delle differenze esistenti tra gli Stati membri, dei cambiamenti derivanti dall’evoluzione digitale della società, e della necessità di garantire uno sviluppo sostenibile, agli Stati membri dovrebbe essere attribuito un ruolo maggiore nella riforma dei sistemi di imposizione. Invece di modificare la tassazione come descritto nel punto, si potrebbe concentrare l’attenzione sull’imposizione ambientale, sulla tassazione delle emissioni di CO2 oppure su forme del tutto nuove di tassazione (tassazione dei macchinari).

    L’emendamento è stato respinto con 95 voti favorevoli, 116 voti contrari e 24 astensioni.


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