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Document 52013IE7057

    Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Completare l'Unione economica e monetaria — Le proposte del Comitato economico e sociale europeo per la prossima legislatura europea» — (parere d'iniziativa)

    GU C 451 del 16.12.2014, p. 10–19 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, HR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

    16.12.2014   

    IT

    Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

    C 451/10


    Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Completare l'Unione economica e monetaria — Le proposte del Comitato economico e sociale europeo per la prossima legislatura europea»

    (parere d'iniziativa)

    (2014/C 451/02)

    Relatori:

    M. VAN IERSEL e M. CEDRONE

    Il Comitato economico e sociale europeo, in data 19 settembre 2013, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere d'iniziativa sul tema:

    Completare l'UEM — Le proposte del Comitato economico e sociale europeo per la prossima legislatura europea.

    La sezione specializzata Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 19 maggio 2014.

    Alla sua 500a sessione plenaria, dei giorni 9 e 10 luglio 2014 (seduta del 9 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 195 voti favorevoli, 8 voti contrari e 9 astensioni.

    1.   Una tabella di marcia per la prossima legislatura europea

    In considerazione delle grandi sfide cui l'Unione economica e monetaria è chiamata a far fronte, il CESE ritiene che:

    il fine dell'UEM, in quanto pietra angolare di qualsiasi futuro sviluppo dell'UE, è quello di promuovere la qualità della vita, la prosperità e la stabilità per i cittadini europei. Misure volte a creare fiducia e condizioni favorevoli per l'economia reale sono presupposti essenziali per la crescita, l'occupazione, la competitività e gli investimenti. Aspetti, questi, che mettono in risalto l'importanza dell'UEM sia per gli Stati membri della zona euro che per quelli che non ne fanno parte;

    l'imprevedibilità degli sviluppi impone alla zona euro di creare con urgenza le condizioni adeguate, perché, nel contesto globalizzato di oggi, nessun paese europeo è in grado, da solo, di garantire la propria libertà di azione. Ciò ha conseguenze importanti sia per la governance dell'UEM che per le sue politiche;

    l'UEM non è un'entità a se stante. Inizialmente era stata concepita come il compimento di uno spazio interno europeo aperto e del mercato unico. Oltre alla disciplina di bilancio, l'Unione europea e gli Stati membri devono definire simultaneamente anche politiche economiche e sociali di accompagnamento per la crescita e l'occupazione, fattori centrali di un risanamento riuscito (1);

    per garantire un processo di convergenza tra gli Stati membri in numerosi settori, saranno necessarie profonde riforme delle politiche economiche e strutturali, fino a poco tempo fa considerate in ampia misura di esclusiva competenza nazionale. Alla sfiducia e alle tensioni deve sostituirsi un rafforzamento della fiducia comune. Un'Unione più stretta ha effetti sull'intera società. Occorre garantire il dialogo sociale e il dialogo civile a tutti i livelli.

    Alla luce di tali considerazioni, il CESE chiede che la prossima legislatura europea elabori con urgenza una tabella di marcia per affrontare i problemi più pressanti.

    A tal fine il CESE propone:

    I.

    il completamento dell'UEM, sostenuto da una robusta struttura di governance e di gestione della zona euro e basato sui seguenti elementi:

    i.

    un pilastro monetario e finanziario, che includa l'attuazione da parte dell'UE di una vera Unione bancaria per creare un mercato dei capitali paneuropeo, proteggendo nel contempo i contribuenti dall'assunzione di rischi eccessivi e dalle insolvenze non controllate;

    ii.

    un pilastro economico, che rispecchi la crescente interdipendenza degli Stati membri a livello sia macro che micro e sia volto a rafforzare il processo decisionale nella politica economica, e quindi a promuovere la crescita, l'occupazione, la competitività, la convergenza e la solidarietà europea;

    iii.

    un pilastro sociale per tenere adeguatamente conto degli effetti sociali degli adeguamenti economici;

    iv.

    un pilastro politico, che instauri una maggiore responsabilità e legittimità democratica, al fine di promuovere la credibilità e la fiducia.

    II.

    il lancio, con urgenza, di un vero piano europeo per la crescita e l'occupazione, basato su un solido programma di investimenti, sorretto dal settore pubblico e da quello privato, che inneschi uno stimolo di bilancio. Si dovrebbero garantire il riequilibrio e la corretta applicazione degli strumenti esistenti, in particolare: il «Six pack», il «Two pack» e il semestre europeo;

    III.

    la definizione di un calendario e delle modalità per il lancio dell'Europa politica nel suo insieme, anche attraverso un processo di riflessione sul suo assetto istituzionale nel contesto di una nuova Convenzione europea;

    IV.

    il lancio di una strategia di comunicazione e semplificazione sull'UEM, come il frutto di uno sforzo comune della Commissione, del Parlamento europeo, degli Stati membri e della società civile.

    2.   UEM, una pietra angolare

    2.1

    Il CESE sottolinea che l'impatto di un'UEM completata e riuscita andrà ben al di là di meri accordi in materia di bilancio, moneta e banche; una leadership mirata dovrebbe ispirare i cittadini e gli operatori economici a credere nella missione comune e nel senso di appartenenza all'Europa.

    2.2

    Il prossimo quinquennio sarà cruciale per consolidare l'architettura ancora fragile dell'UEM. Ma tutto ciò presuppone anzitutto responsabilità (ownership), apertura e trasparenza; servono, quindi, politiche efficaci, da parte degli Stati membri della zona euro, del Consiglio e di tutti gli altri organi dell'UE ed una comunicazione chiara e trasparente senza ambiguità.

    2.3

    In linea con l'appello formulato da alcuni eminenti politici europei, il CESE vede nell'unione politica un punto di riferimento importante (2). Sulla base di questa posizione, il CESE considera l'Unione politica come una realizzazione finale dell'UEM non solo di per sé, ma anche tenuto conto del più ampio contesto internazionale del mondo globalizzato attuale, che pone in discussione dalle fondamenta l'ordine westfaliano e le capacità di governo dei singoli Stati nazionali.

    2.4

    Nel mondo globalizzato di oggi, nessun singolo Stato europeo è in grado di sopravvivere autonomamente. Di conseguenza, la sovranità nazionale è meglio garantita nell'ambito di un quadro politico ed economico comune.

    2.5

    La relazione del Presidente Van Rompuy intitolata Verso un'autentica UEM, e la relativa comunicazione della Commissione, rispettivamente del novembre e dicembre 2012, hanno proposto una tabella di marcia in cui figurano misure concrete che vanno nella stessa direzione. Il CESE è favorevole a questa proposta (3). Il problema principale è che, nonostante i significativi progressi compiuti, la separazione tra la gestione di una moneta comune e la governance economica intergovernativa crea tensioni insormontabili. Il CESE insiste sulla necessità che la relazione Van Rompuy resti la base politica per le iniziative legislative nel prossimo periodo.

    2.6

    La crisi economica e finanziaria ha colpito in modo particolare l'Eurozona, mettendo in luce i limiti attuali dell'UEM. Così l'euro, invece di essere un elemento di integrazione dell'Europa, è stato percepito da molti come un elemento di divisione tra i paesi e tra la società civile, che mette a rischio il futuro stesso dell'Unione. Questa percezione erronea non tiene conto del fatto che la crisi, le cui origini vanno individuate in larga misura al di fuori dell'Eurozona, sarebbe stata ancor più profonda senza la moneta unica.

    2.7

    Per il momento gli squilibri e le differenze economiche, esistenti tra gruppi di paesi sin dal 1991 e mai affrontati, costituiscono un freno ai progressi del processo d'integrazione. E stanno persino emergendo pericolose divisioni e tendenze alla rinazionalizzazione.

    2.8

    Il futuro è impossibile da prevedere. Se è vero che i segnali di ripresa autorizzano un certo ottimismo, tuttavia, anche a causa dell'incompletezza dell'UEM e della frammentazione del mercato finanziario europeo, si stima che, almeno per un certo periodo, i tassi di crescita rimarranno bassi o moderati. Considerati la volatilità dell'economia e i possibili contraccolpi nei prossimi anni, il CESE mette in guardia dall'autocompiacimento su questi elementi.

    2.9

    In un contesto siffatto, alcune recenti decisioni, tra cui il «Six Pack», il «Two Pack» e l'Unione bancaria, seppur limitate, erano necessarie e urgenti. Tuttavia, questi nuovi meccanismi di governance si ispirano, in larga misura, più alle preoccupazioni riguardanti i bilanci e la stabilità che alle persone, per cui sono rimaste escluse le misure sociali e per la crescita. Inoltre la lunghezza del processo decisionale e la complessità del sistema previsto comportano una resistenza, tacita o esplicita che sia, negli Stati membri e in seno al Consiglio, dovuta alla sfiducia politica ed alla riaffermazione della sovranità nazionale. Questa situazione ha già determinato costi economici e sociali per l'Unione e danneggia la sua immagine a livello internazionale. Costruire la fiducia è quindi fondamentale per superare tali ostacoli.

    2.10

    Il CESE insiste pertanto su una tabella di marcia convincente per la prossima legislatura europea in cui si definiscano, con scadenze precise, ulteriori tappe, che devono mirare prioritariamente a portare a compimento l'UEM in stretta relazione con gli obiettivi della strategia Europa 2020 e delle sue iniziative guida. Il presente parere propone alcuni elementi essenziali per tale tabella di marcia.

    2.11

    L'integrazione differenziata all'interno dell'UE, già attuata con successo per diverse politiche, dovrebbe continuare ad essere un principio fondamentale. Molte delle scelte necessarie a completare l'UEM possono essere realizzate a diritto costante e/o con la cooperazione rafforzata, mentre per altre bisognerà ricorrere ad un nuovo Trattato e/o alla modifica di quelli esistenti. Tali decisioni permetterebbero di recuperare i ritardi nel completamento dell'UEM e di attuare una serie di provvedimenti rapidi, senza trascurare le prospettive a lungo termine e in considerazione del fatto che anche l'Eurozona, a livello istituzionale, ha bisogno di vere e proprie riforme strutturali, parallele a quelle da attuare nei singoli paesi.

    3.   Primi passi: un vero piano per la crescita e l'occupazione a diritto costante

    3.1

    Un primo e immediato passo nella tabella di marcia della prossima legislatura europea sarebbe la sottoscrizione e l'attuazione di un vero patto per la crescita, l'occupazione e la stabilità, per stimolare la ripresa e poter pagare il debito (un New Deal europeo). Tale piano dovrebbe consistere almeno dei seguenti punti:

    euro-obbligazioni emesse dalla BEI e dal FEI (azione già avviata parzialmente con i «project bond»), senza aumentare il debito dei paesi, per finanziare le PMI e i progetti nei settori delle infrastrutture, della sanità, dell'istruzione, del rinnovamento urbano, dell'ambiente, nonché delle reti transeuropee. Tali azioni mirate della BEI e del FEI costituiranno il segnale di un impegno attivo dell'Europa per migliorare l'ambiente finanziario per gli investimenti privati (4);

    investimenti pubblici degli Stati membri, anche nel settore sociale (5), che vadano a integrare gli investimenti pubblici dell'UE mediante un sistema di parametri concordati a livello comune, che, in combinazione con le opportune riforme strutturali, promuoverebbe anche gli investimenti privati (golden rule);

    diluizione, o sospensione temporanea durante la crisi, delle politiche di austerità, che sono state tra le cause principali della recessione e della riduzione della domanda e dell'aumento della disoccupazione, e hanno dilatato i tempi della ripresa. In altre parole, occorre garantire il passaggio dalle sole misure di austerità a riforme decise di comune accordo e che consentano una crescita sostenibile, la creazione di posti di lavoro e un aumento della produttività (6);

    misure di accompagnamento condivise per la crescita, l'occupazione e gli aspetti sociali devono essere incluse nell'applicazione del «Two pack», del «Six pack» e del Patto di bilancio;

    migliore attuazione del Semestre europeo: nella prospettiva dell'unione economica, il processo introdotto quattro anni orsono ha un ruolo indispensabile nel processo di convergenza e di adeguamento delle economie. Pur essendo frutto di un metodo «blando» di coordinamento, esso può produrre dei buoni risultati. Dovrebbe, però, essere applicato correttamente ed essere più trasparente e oggetto di una comunicazione adeguata. Occorre garantire il coinvolgimento e l'impegno delle parti sociali e delle organizzazioni della società civile, a livello sia europeo che nazionale;

    piena conformità ai programmi nazionali di riforma (PNR): la governance è fondamentale. A tal fine sono decisive le modalità di funzionamento delle amministrazioni nazionali, e ove necessario, i miglioramenti richiesti devono essere chiaramente evidenziati. L'attuazione dei PNR, in particolare per quanto riguarda la qualità dell'amministrazione nazionale, dovrebbe essere valutata da tutte le parti interessate e attentamente controllata dalla Commissione;

    piena responsabilità degli Stati membri: la procedura del Semestre europeo prevista è ancora troppo tecnocratica, il che ne rallenta e ne complica l'attuazione. I parlamenti nazionali dovrebbero essere pienamente coinvolti in questo processo, al pari delle parti sociali e di altre organizzazioni della società civile (7).

    4.   Approfondire e completare l'UEM entro la prossima legislatura

    4.1   Il pilastro monetario e finanziario

    4.1.1

    Per quanto riguarda la politica monetaria, in linea con un rafforzamento della governance macroeconomica nella zona euro, è necessario completare il mandato della BCE, per metterla alla pari con le altre banche centrali extra europee, dei paesi europei fuori dall'UE e dalla zona euro, consentendole, tra l'alto, di agire come prestatore di ultima istanza e come partner a pieno titolo nei consessi internazionali, rispettandone nel contempo la piena autonomia. La BCE dovrebbe avere tutti i poteri necessari per evitare crisi di liquidità in modo tale da favorire gli investimenti (PMI).

    4.1.2

    Tuttavia, la responsabilità non può ricadere sulla sola BCE. Nell'ottica di un'Unione economica e di bilancio, una piena Unione bancaria è essenziale (8). A causa di un persistente legame tra i governi e le banche, gli Stati membri sono ancora riluttanti a creare le condizioni politiche ed economiche necessarie, col risultato di rinviare le decisioni più appropriate ed efficaci (9). Ciò ostacola inoltre un'efficace supervisione della BCE sull'intero settore bancario, che dovrebbe contrastare la frammentazione del mercato finanziario, tagliare i legami inopportuni tra la politica nazionale e le banche e creare le condizioni per favorire le fusioni transfrontaliere tra banche.

    4.1.3

    Nel corso dei negoziati con il Consiglio sull'Unione bancaria, il Parlamento europeo è riuscito a raggiungere un accordo soddisfacente in merito ai progressi verso un Meccanismo di risoluzione unico e un Fondo di risoluzione unico (10). Il CESE sostiene pienamente il punto di vista del PE. Nel prossimo futuro le decisioni dovrebbero contribuire a unificare il mercato europeo dei capitali, analogamente a quanto avviene negli Stati Uniti.

    4.1.4

    Un'Unione bancaria completa esige un Meccanismo unico di risoluzione ben strutturato, un Fondo unico di garanzia dei depositi e un Meccanismo europeo di stabilità (MES) che consenta la ricapitalizzazione bancaria diretta (11). Il relativo sistema decisionale deve essere efficiente e garantire la capacità di agire rapidamente. Occorre accelerare il processo di elaborazione e attuazione di questi elementi.

    4.1.5

    L'Unione bancaria, tuttavia, è di per sé insufficiente a stimolare l'economia e gli investimenti. Per aumentare la capacità di resistenza del settore finanziario europeo alle crisi, l'agenda dell'UE per gli anni a venire deve concentrarsi anche sulla piena attuazione di Basilea III, sul Consiglio per la stabilità finanziaria e su una soluzione per le banche «troppo grandi per fallire» nel rispetto degli accordi globali (G-20).

    4.1.6

    Il voluminoso pacchetto legislativo in materia di banche e mercati finanziari pubblicato di recente dal commissario Barnier può dare un importante contributo al corretto funzionamento dei mercati finanziari in Europa e alla creazione di un settore bancario stabile e affidabile. Ciò è fondamentale per l'economia reale. Le ultime decisioni adottate dal Consiglio in materia, vanno solo parzialmente nella direzione auspicata.

    4.1.7

    Un credito adeguato costituisce una priorità fondamentale per la ripresa e la crescita economica e per lo sviluppo. Ciò significa che la legislazione dell'UE deve trovare un equilibrio tra la necessità di garantire rigorose condizioni quadro per il settore bancario e quella di promuovere opportunità sufficienti per la sua attività operativa, in particolare per agevolare gli investimenti, indispensabili per qualsiasi politica di crescita. È ovvio che sono di importanza fondamentale delle disposizioni adeguate a favore delle start-up e delle PMI (12).

    4.2   Il pilastro macroeconomico e di bilancio

    4.2.1

    In quest'ambito, le laboriose discussioni in sede di Consiglio europeo sugli «accordi contrattuali» vincolanti di riforma economica sono tanto significative quanto deludenti (13). Il CESE insiste pertanto affinché la Commissione sviluppi ulteriormente la sua proposta per quanto riguarda tali «accordi contrattuali», che richiedono un proseguimento del dibattito sulla loro forma, sul loro finanziamento e sulla loro legittimità democratica (14).

    4.2.2

    Partenariati basati su un sistema di accordi contrattuali concordati e sui relativi meccanismi di solidarietà potrebbero contribuire a facilitare e sostenere politiche valide di aggiustamento. Tali dispositivi favorirebbero sia la responsabilizzazione degli Stati membri nell'ambito di un quadro comune, sia le riforme in tutti i settori connessi alla crescita sostenibile, alla competitività e all'occupazione, tutti e tre aspetti che rafforzeranno l'UE nel suo insieme (15). Tale quadro potrebbe contribuire a fornire una risposta dell'UE agli shock asimmetrici subiti dai singoli paesi, il che rappresenterebbe una forma di solidarietà a livello dell'UE.

    4.2.3

    Partenariati di questo tipo potrebbero promuovere la coesione e la fiducia tra la popolazione, il che è essenziale per superare le preoccupazioni connesse alla sovranità nazionale. Ciò a sua volta contribuirà alla comunanza europea d'interessi, che costituirà una base indispensabile per lo sviluppo di strumenti dell'UE quali il bilancio della zona euro, un fondo europeo di solidarietà e le eurobbligazioni.

    4.2.4

    La convergenza dei sistemi economici, inclusi i regimi fiscali (16), accompagnata da uno strumento di solidarietà, rappresenta un elemento fondamentale per superare gli squilibri macro e microeconomici esistenti tra i paesi. Nel medio periodo, anche con modifiche ai Trattati, dove necessario, tale strumento dovrà trasformarsi in un vero e proprio meccanismo di compensazione economica per riequilibrare ed integrare le economie dei paesi della zona euro. Nel tempo esso potrebbe entrare a far parte del bilancio comune di tale zona. Anche i fondi strutturali e di coesione potrebbero essere utilizzati in questa prospettiva.

    4.2.5

    La nuova Commissione, in quanto protagonista di questo processo, dovrà assumersi la responsabilità di formulare proposte legislative, secondo il metodo seguito dal commissario Barnier per la regolamentazione del sistema finanziario, in ambiti in cui il dibattito è finora stato dominato dagli Stati membri, al fine di suscitare discussioni più proficue in sede di Consiglio sulla base di proposte concrete.

    4.2.6

    Finora questo metodo è stato utilizzato in modo insufficiente dalla Commissione. Alcuni esempi di casi in cui potrebbe essere utilizzato questo metodo sono il coordinamento ex-ante dei piani che prevedono riforme importanti della politica economica, gli «accordi contrattuali» di riforma economica accompagnati da un meccanismo di solidarietà, la creazione di un fondo europeo di rimborso del debito e gli eurotitoli. Quando queste proposte richiedano modifiche del Trattato, la Commissione dovrebbe farlo chiaramente presente agli Stati membri della zona euro.

    4.2.7

    Un approccio di questo tipo imporrà al Consiglio di prendere posizione sulle proposte della Commissione, evidenzierà in modo chiaro e trasparente le diverse posizioni politiche, e sarà l'unico metodo per superare lo stallo intergovernativo dell'attuale architettura. La Commissione, inoltre, dovrebbe comunicare adeguatamente questi temi ai diversi soggetti interessati, compreso il grande pubblico.

    4.2.8

    Nel medio termine serve pertanto una governance economica per l'Eurozona (necessaria sin dai tempi di Maastricht) per quanto riguarda le politiche macro e microeconomiche, che passi dell'attuale metodo del coordinamento, che finora ha prodotto scarsi risultati, a quello della decisione comune sui «fondamentali» di tali politiche. La zona euro non può permettersi di continuare ad avere la stessa moneta e politiche economiche separate; tali politiche vanno perciò integrate, in modo da facilitare, tra l'altro, il lavoro della BCE.

    4.2.9

    Un meccanismo redistributivo da utilizzare in caso di shock asimmetrici: il principio di responsabilità, non solo degli Stati, ma anche dei cittadini, non può essere separato da quello di solidarietà. Dovrebbero quindi essere adottate misure concrete per un periodo limitato per i gruppi più vulnerabili della popolazione. È una responsabilità che coinvolge tutti i cittadini e tutti i paesi.

    4.2.10

    Analogamente, occorre intraprendere una marcia di avvicinamento verso un adeguato bilancio proprio dell'Eurozona, con regole decise congiuntamente, l'unico modo per avanzare verso una politica fiscale comune e l'assorbimento di eventuali «shock» che si dovessero verificare in futuro. Se ne può prevedere il finanziamento, ad es. attraverso un'imposta ad hoc, un'imposta sulle transazioni finanziarie (a condizione che sia estesa a tutta l'Eurozona), una «carbon tax» o un prelievo temporaneo sulle eccedenze delle bilance dei pagamenti che superino il 6 % e, infine, con emissioni di obbligazioni comuni.

    4.2.11

    Il debito sovrano: si dovrebbe realizzare un meccanismo che, senza eliminare la responsabilità dei paesi sul debito, lo sottraesse alla speculazione finanziaria. Il debito nazionale, convertito progressivamente fino ad una quota massima del 60 % (come proposto dal CESE (17)) o per la parte eccedente il 60 % (secondo la proposta di Debt Redemption Fund avanzata dalla Commissione (18)), potrebbe essere detenuto in un conto di debito consolidato e l'onere del servizio di tale debito potrebbe essere assunto pro rata dai vari Stati membri. In alternativa, si potrebbe istituire un fondo temporaneo di eurotitoli attraverso un Trattato intergovernativo che consentisse l'emissione di strumenti di debito a breve termine per la zona euro e contribuisse così a eliminare il rischio di una crisi di liquidità per i paesi che ne fanno parte. Sulla base delle conclusioni del suo gruppo di esperti, istituito con il mandato specifico di analizzare i vantaggi e i rischi delle diverse opzioni per l'emissione congiunta di debito, la Commissione dovrebbe ora presentare una proposta concreta in merito agli strumenti da utilizzare e alla relativa tempistica.

    4.3   Il pilastro microeconomico

    4.3.1

    Anche le politiche microeconomiche devono essere oggetto di grande attenzione, in particolare la politica industriale e quelle settoriali, vitali per la crescita dell'economia europea, dove non si può continuare a procedere in ordine sparso. Occorre, perciò, mettere in comune alcune politiche (e le relative procedure decisionali) che incidono indirettamente sui bilanci nazionali per arrivare a una visione condivisa e ad azioni comuni della Commissione e degli Stati membri, per quanto riguarda in particolare:

    il completamento del mercato unico;

    la creazione di condizioni favorevoli per indurre le imprese a rimanere o a venire in Europa, in particolare eliminando la frammentazione del mercato;

    una politica industriale comune (19), che rafforzi le basi dei risultati economici esistenti, innovativi e sostenibili in tutto il continente;

    una politica comune dell'energia, di cui si sente fortemente la mancanza e che è fondamentale per garantire condizioni economiche eque e stabili nell'UE;

    progetti infrastrutturali e politiche dei trasporti comuni di ampio respiro per migliorare la connettività;

    la convergenza dell'imposizione fiscale sulle società;

    i servizi, compresi i servizi alle imprese;

    il mercato del lavoro e la mobilità dei lavoratori;

    la politica della ricerca.

    4.4   Il pilastro sociale

    4.4.1

    Il CESE insiste sulla necessità di introdurre misure concrete riguardanti la dimensione sociale dell'UEM (20). Il livello dell'occupazione giovanile rimane dolorosamente basso. Di concerto con gli Stati membri, la nuova Commissione dovrebbe assumersi la responsabilità di migliorare le condizioni di vita:

    sostenendo la creazione di posti di lavoro e le nuove imprese;

    proponendo adeguamenti delle politiche dell'istruzione a tutti i livelli in tutta Europa e, ove appropriato, delle politiche sanitarie;

    creando le condizioni adatte alla mobilità transfrontaliera dei lavoratori;

    varando proposte in ambito fiscale volte a facilitare la creazione di posti di lavoro;

    formulando proposte volte a difendere i diritti dei consumatori;

    garantendo la parità di genere;

    realizzando investimenti sociali (21).

    4.4.2

    Occorre garantire un dialogo sociale adeguato a tutti i livelli, il che significa superare gli ostacoli che oggi impediscono consultazioni efficaci negli e tra gli Stati membri. L'UE dovrebbe contribuire fortemente a mettere in contatto i soggetti interessati di diversi paesi per discutere delle pratiche più efficaci ed elaborare piani volti a migliorare le condizioni per la creazione di posti di lavoro.

    4.4.3

    Per essere pienamente realizzata l'Unione, e in particolare l'Eurozona, non potrà continuare ad ignorare le conseguenze sociali delle politiche economiche attualmente in atto, lasciandole a totale carico dei singoli Stati. Sia per gli interventi economici che per quelli sociali occorrerà tener conto non solo dei parametri del Patto di stabilità, ma di una gamma più ampia di parametri macroeconomici (ad es. tasso di disoccupazione, tasso di crescita, bilancia dei pagamenti, tasso di occupazione, di povertà, distribuzione del reddito e della ricchezza, ecc.). È impossibile garantire la stabilità dell'UEM senza alcun meccanismo sociale per l'Eurozona, che possa far fronte alle conseguenze di gravi recessioni economiche e/o di severi squilibri. Alcune di queste misure possono richiedere modifiche del Trattato. Esse potrebbero comprendere, a medio termine:

    la creazione di un sistema comune di assicurazione contro la disoccupazione, complementare ai sistemi nazionali, eventualmente legata alla creazione di regole comuni per il mercato del lavoro dell'Eurozona ed alla mobilità della manodopera;

    l'assegnazione di un reddito minimo per alcune fasce di persone al di sotto della soglia di povertà e la creazione di regole comuni per la previdenza e l'assistenza.

    4.4.4

    Inoltre nell'interesse dei cittadini occorre condividere altre politiche che ne favoriscano il senso di appartenenza e ne facilitino la mobilità, come:

    il riconoscimento reciproco delle qualifiche e dei diplomi;

    la qualità e la fornitura di beni pubblici comuni e servizi nell'Eurozona per garantirne la continuità, in particolare nei periodi di crisi, ecc.

    4.5   Il pilastro politico

    4.5.1

    Un programma di questa portata potrà essere realizzato soltanto garantendo al processo decisionale la necessaria legittimità democratica. Pur nel pieno rispetto dei notevoli progressi compiuti negli ultimi anni, il CESE reputa che, nel prossimo mandato, un balzo in avanti sarà possibile soltanto dedicando un'attenzione particolare ad aspetti quali la responsabilità, la legittimità, la democrazia e la comunicazione.

    4.5.2

    Oggi in Europa è in corso un dibattito sempre più aspro sulla misura che dovrà avere l'approfondimento del processo di integrazione. Al livello dell'UE i partiti politici devono ancora definire chiaramente le loro opzioni, in modo da promuovere i punti di vista dei diversi gruppi politici nel Parlamento europeo (PE) e contribuire ad accrescere la propria visibilità. Elezioni europee transnazionali con la partecipazione di formazioni politiche transfrontaliere consentirebbero di rafforzare e agevolare in misura notevole il dibattito europeo.

    4.5.3

    La corresponsabilizzazione e la necessità del sostegno dell'opinione pubblica esigono un impegno molto maggiore dei parlamenti nazionali nel dibattito europeo. Le proposte legislative dell'UE ed i PNR devono essere oggetto di adeguate discussioni nei vari parlamenti. Si dovrebbero prevedere consultazioni interattive sulle questioni strategiche tra il PE e i parlamenti nazionali, il che condurrebbe anche al rafforzamento delle dinamiche tra questi ultimi.

    4.5.4

    Nel presentare le proposte e le misure legislative, la Commissione deve applicare nel modo più efficace possibile il metodo comunitario, anche nei casi di competenze concorrenti con gli Stati membri. Come già in passato, un atteggiamento proattivo e coraggioso darà i suoi frutti.

    4.5.5

    Su richiesta dei parlamenti e/o della società civile, si dovrebbe invitare la Commissione a partecipare ai dibattiti nazionali sulle questioni europee.

    4.5.6

    Il Consiglio europeo e i Consigli, in particolare l'Ecofin, sono organi decisionali fondamentali ed essenziali per la responsabilità e la legittimità. È quindi necessaria maggiore trasparenza, in quanto ciò risponde alle esigenze democratiche.

    4.5.7

    I membri del Consiglio, che rappresentano gli interessi nazionali oltre a essere co-decisori a livello europeo, spesso parlano lingue diverse in patria e a Bruxelles, col risultato di creare notevole confusione e di ostacolare il consenso a entrambi i livelli. Questa ambivalenza non è accettabile. Gli Stati membri dovrebbero concordare e sostenere i messaggi politici comuni a tutti i livelli decisionali.

    4.5.8

    Gli Stati membri sono sia soggetti che oggetti nell'architettura dell'UEM. Una convergenza verso la metodologia europea pur con il mantenimento delle procedure amministrative nazionali è possibile, ma richiederà notevoli adeguamenti in numerosi paesi. Prassi politiche e amministrative affidabili risulteranno essenziali per costruire la fiducia.

    4.5.9

    Il Comitato sottolinea che anche la società civile dovrà svolgere il suo ruolo, spesso sottovalutato, nella futura architettura dell'UE e di una zona euro più integrata. Vi sono molti ambiti nei quali i progressi dipendono in parte o in tutto dagli attori non governativi. Occorre coinvolgere pienamente la società civile. In troppi paesi essa è ancora tenuta ai margini, mentre deve avere gli strumenti necessari per poter influire sui responsabili istituzionali. La società civile dovrà assumersi le sue responsabilità e partecipare al processo decisionale dell'UE per allargare la sua base democratica. Senza il suo coinvolgimento attivo l'UEM non potrà mai essere realizzata compiutamente.

    4.5.10

    Per le parti sociali in particolare sarebbe assai utile esaminare i risultati di un modello consensuale negli Stati membri, fortemente appoggiato dal CESE. È inoltre raccomandabile lo scambio di buone pratiche.

    4.5.11

    Secondo il CESE è apparso evidente che le regole attuali non sono adeguate e non hanno funzionato come ci si attendeva, e che l'azione intergovernativa non è stata e non è all'altezza delle sfide che l'UEM deve affrontare. Né possiamo illuderci che, con l'affievolirsi della crisi, i meccanismi di stabilizzazione messi in piedi in tutta fretta, sotto l'infuriare della bufera, siano sufficienti a farci progredire e ad evitare altre crisi.

    4.5.12

    L'unico modo per evitare il ripetersi di situazioni simili è quello di cambiare le regole di funzionamento ed il processo decisionale dell'Eurozona, per renderlo più trasparente e democratico:

    designare un organo responsabile dell'euro che possa parlare con una voce unica, attraverso l'istituzionalizzazione dell'Eurogruppo. Per una migliore governance della zona euro, l'Eurogruppo dovrebbe essere in grado di prendere decisioni rapide ed intervenire in caso di crisi,. Ciò renderebbe più democratico e trasparente il processo decisionale, a partire dall'abolizione del diritto di veto;

    prevedere un meccanismo redistributivo e/o un vero bilancio dell'Eurozona, come indicato ai punti 4.2.9 e 4.2.10, attraverso un processo per passaggi progressivi, per garantire la fornitura dei beni pubblici ai cittadini, la ripartizione più equa delle risorse per sostenere i processi di riforma, per ridurre gli squilibri tra gli Stati, con la possibilità di una politica fiscale comune ecc.;

    avere una presenza unica negli organismi internazionali;

    le azioni di questo organo di governo vanno sostenute e votate dai membri del PE appartenenti all'Eurozona (Euro-parlamento), aperto anche agli altri membri, ma senza diritto di voto.

    5.   Nel lungo periodo: lanciare l'Europa politica nel suo insieme

    5.1

    Oltre al completamento dell'UEM così come delineato, entro la prossima legislatura, sarebbe opportuno dare il via a una seria riflessione sull'approfondimento dell'insieme dell'UE e sul funzionamento dei suoi organi istituzionali, oltre a scegliere delle politiche che dovrebbero diventare comuni. A giudizio del CESE, la riflessione dovrebbe riguardare gli aspetti descritti qui di seguito.

    5.2

    Sottoporre l'operato della Commissione all'approvazione del PE, che potrebbe anche condividere il diritto d'iniziativa. Il PE potrebbe essere eletto su liste politiche europee dei partiti europei.

    5.3

    Al fine di promuovere la visibilità, la legittimità democratica e la divisione dei poteri, andrebbe abolita la diarchia tra presidente del Consiglio europeo e presidente della Commissione, che sarebbe eletto dal PE o direttamente dai cittadini, a condizione di cambiare anche il suo ruolo. L'attuale Consiglio potrebbe diventare «il senato degli Stati», con regole nuove di funzionamento.

    5.4

    Per quanto riguarda le politiche su cui l'UE dovrebbe essere titolare e/o contitolare ed avere capacità decisionale, si potrebbero includere la Politica estera ed il ruolo internazionale dell'Unione, compresa la presenza unica negli organismi internazionali, la politica di difesa (opzionale), la politica energetica, la politica della ricerca, la politica di asilo e immigrazione, il rispetto degli standard e dei diritti, con capacità di intervento sugli Stati trasgressori, così come avviene per le questioni economiche e le regole di bilancio.

    5.5

    Il nuovo assetto istituzionale, che non può essere realizzato soltanto attraverso la cooperazione rafforzata, e il ruolo del Parlamento, del Consiglio, della Commissione, del CESE e del CdR, potrebbero essere definiti da una nuova Convenzione che dovrebbe finire i lavori prima del 2019, data delle elezioni europee successive a quelle del 2014.

    6.   Comunicazione e semplificazione

    6.1

    Ai fini del ripristino di un clima di fiducia, una comunicazione efficace è indispensabile. Il CESE è convinto che la migliore comunicazione sia assicurata mediante politiche e pratiche efficaci che presentino una prospettiva di lungo termine per l'intera società europea.

    6.2

    È necessario promuovere e migliorare la comunicazione verso il pubblico. La comunicazione genera interesse, e questo a sua volta genera comprensione. Si tratta di un aspetto di cui non si è tenuto conto, un anello mancante del quale sono responsabili la Commissione e gli Stati membri. Occorre utilizzare l'intera gamma dei media sociali esistenti.

    6.3

    L'UEM e gli aspetti ad essa correlati sono stati spesso presentati come una questione puramente tecnica, mentre si tratta di materie fondamentalmente politiche, che incidono fortemente sulla vita quotidiana di tutti i cittadini. Eppure su queste materie si discute raramente, e ancor meno si comunica, il che spiega abbondantemente anche l'enorme divario che separa l'UE dai comuni cittadini.

    6.4

    La diversità delle tradizioni e situazioni rende ogni giorno dolorosamente evidente la mancanza di una «lingua comune dell'UEM», il che a volte è fonte di grande confusione e nuoce al sostegno dell'opinione pubblica. A giudizio del CESE, la Commissione è la sola autorità in grado di proporre una soluzione, stante il suo diritto d'iniziativa nel processo legislativo dell'UE. Questo aspetto deve essere visto nella prospettiva di una Commissione e di un PE più «politici» di prima.

    6.5

    In quanto soggetti corresponsabili, la società civile e le parti sociali devono svolgere il loro ruolo nella comunicazione, ruolo che fino ad ora è in molti casi insufficiente. La società civile e le parti sociali dovrebbero trasmettere alle autorità le preoccupazioni dei cittadini e delle imprese e collaborare per dar loro una risposta. Lo scambio di opinioni dovrebbe funzionare nei due sensi.

    6.6

    L'Europa non deve più dare l'impressione di essere una torre d'avorio, come pensa gran parte dell'opinione pubblica. Occorre spiegare chiaramente ai cittadini i benefici dell'integrazione europea, i passi avanti concreti e i vantaggi che ne derivano, in particolare per gli investimenti, la creazione di posti di lavoro e i consumatori. La cosiddetta «nuova narrazione per l'Europa» dovrebbe iniziare da una strategia condivisa di comunicazione e semplificazione della Commissione e degli Stati membri, che sono soggetti essenziali accanto ai partiti politici e alla società civile.

    Bruxelles, 9 luglio 2014.

    Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

    Henri MALOSSE


    (1)  Cfr. il parere del CESE ECO/336 sul tema Politiche economiche — Stati membri dell'area dell'euro, relatore: DELAPINA, punto 1.6 (GU C 133 del 9.5.2013).

    (2)  Cfr. i discorsi pronunciati da Wolfgang Schäuble il 3 ottobre 2011 nella Paulskirche (Chiesa di S. Paolo) a Francoforte sul Meno e il 17 maggio 2012 nel ricevere il Karlspreis (premio Carlo Magno), e il discorso pronunciato da Giorgio Napolitano al Parlamento europeo il 3 febbraio 2014.

    (3)  Cfr. il parere del CESE ECO/340 sul tema Un'Unione economica e monetaria autentica e approfondita, relatore: CEDRONE (GU C 271 del 19.9.2013).

    (4)  Cfr. i pareri del CESE ECO/307 sul tema Rilanciare la crescita, ECO/334 (GU C 143 del 22.5.2012) sul tema Dove va l’euro? (GU C 271 del 19.9.2013) ed ECO/340 sul tema Un'Unione economica e monetaria autentica e approfondita (GU C 271 del 19.9.2013), relatore: CEDRONE.

    (5)  Cfr. il parere del CESE SOC/496 sul tema L'impatto degli investimenti sociali, relatore: GREIF (non ancora pubblicato in GU).

    (6)  Cfr. il parere del CESE ECO/336 sul tema Politiche economiche — Stati membri dell'area dell'euro, relatore: DELAPINA (GU C 133 del 9.5.2013).

    (7)  Cfr. il parere del CESE EUR/006 in merito alla Comunicazione della Commissione — Analisi annuale della crescita 2014, relatrice generale: PICHENOT (non ancora pubblicato in GU).

    (8)  Cfr. il parere del CESE ECO/339 in merito al Pacchetto sull'Unione bancaria, relatore generale: TRIAS PINTÓ, (GU C 11 del 15.1.2013).

    (9)  Cfr. le conclusioni del Consiglio europeo del 19 e 20 dicembre 2013.

    (10)  Cfr. l’accordo sul meccanismo di risoluzione unico raggiunto tra il Consiglio e il PE il 20 marzo 2014.

    (11)  Cfr. i pareri del CESE ECO/333 sul tema Risanamento e risoluzione delle crisi degli enti creditizi, relatrice: ROUSSENOVA (GU C 44 del 15.2.2013) e ECO/350 sul tema Meccanismo unico di risoluzione delle crisi, relatore: MAREELS (GU C 67 del 6.3.2014).

    (12)  Cfr. i pareri del CESE ECO/347 sul tema Il finanziamento a lungo termine — settore dei servizi finanziari, relatore: SMYTH (GU C 327 del 12.11.2013) ed ECO/365 sul tema Finanziamento a lungo termine — Seguito del Libro verde, relatore: SMYTH, correlatore: FARRUGIA (non ancora pubblicato in GU).

    (13)  Cfr. le conclusioni del Consiglio europeo del 19 e 20 dicembre 2013.

    (14)  Cfr. il parere del CESE ECO/348 sul tema Strumento di convergenza e competitività/Grandi riforme di politica economica, relatore: CROUGHAN (GU C 271 del 19.9.2013) e parere del CESE EUR/006 sul tema Analisi annuale della crescita 2014, relatrice: PICHENOT (non ancora pubblicato in GU).

    (15)  Cfr. anche il discorso dello stesso tenore pronunciato dal presidente dell’Eurogruppo Dijsselbloem al seminario dell'OCSE The Euro Area at the crossroads («La zona euro a un crocevia»), svoltosi a Bruxelles il 17 febbraio 2014.

    (16)  Cfr. il parere del CESE ECO/336 sul tema Politiche economiche — Stati membri dell'area dell'euro, relatore: DELAPINA. Anche altri aspetti fiscali pertinenti dovranno progressivamente essere presi in considerazione.

    (17)  Cfr. il parere del CESE ECO/307 sul tema Rilanciare la crescita, relatore: CEDRONE (GU C 143 del 22.5.2012).

    (18)  Cfr. COM(2012) 777 final/2.

    (19)  Cfr. il parere del CESE CCMI/108 sul tema Politica industriale (revisione), relatore: VAN IERSEL, correlatore: GIBELLIERI, (GU C 327 del 12.11.2013).

    (20)  Cfr. il parere d’iniziativa del CESE SOC/494, sul tema Rafforzare la dimensione sociale dell’Unione economica e monetaria, relatore generale: DASSIS (GU C 67 del 6.3.2013).

    (21)  Ciò include anche far uscire le persone dalla povertà. Cfr. a questo proposito il parere del CESE SOC/496 sul tema L'impatto degli investimenti sociali, relatore: GREIF (non ancora pubblicato in GU).


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