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Dokument 52007IE0599

Parere del Comitato economico e sociale europeo su: Lo sviluppo della catena del valore e della catena di fornitura (supply chain) nel contesto europeo e mondiale

GU C 168 del 20.7.2007, s. 1 – 9 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

20.7.2007   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 168/1


Parere del Comitato economico e sociale europeo su: Lo sviluppo della catena del valore e della catena di fornitura (supply chain) nel contesto europeo e mondiale

(2007/C 168/01)

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 6 luglio 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere su: Lo sviluppo della catena del valore e della catena di fornitura (supply chain) nel contesto europeo e mondiale.

La predetta decisione è stata confermata in data 26 ottobre 2006.

La commissione consultiva per le trasformazioni industriali, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 6 marzo 2007, sulla base del progetto predisposto dal relatore van IERSEL e dal correlatore GIBELLIERI.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 25 aprile 2007, nel corso della 435a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 130 voti favorevoli, 1 voto contrario e 4 astensioni.

Parte I — Conclusioni e raccomandazioni

A.

Il Comitato esorta i responsabili politici a concentrare l'attenzione sul concetto di sviluppo della catena del valore e della catena logistica (supply chain), o meglio su quello di industria organizzata in rete e interazione aziendale, e invoca un approccio interattivo in materia ai livelli comunitario e nazionale.

B.

Questi processi dinamici richiedono adattamento e adattabilità nel gestire tutti gli aspetti dell'attività delle imprese, compresi la definizione e la progettazione dei prodotti, i servizi, il marketing e la gestione delle risorse finanziarie e umane. Tali funzioni sono spesso esternalizzate. Organizzazione in rete significa che, in tutto il mondo, le imprese sviluppano tra di loro una trama di rapporti sempre più fitta e che il settore manifatturiero e quello dei servizi diventano sempre più integrati.

C.

Questa situazione influisce sulle imprese in modo sostanzialmente diverso a seconda delle loro dimensioni, della loro posizione all'interno delle catene e delle reti di fornitura e del settore in cui operano. In genere le grandi imprese multinazionali occupano una buona posizione in tutte le fasi di questo processo. Per contro, i fornitori di dimensioni relative medio-piccole che intervengono in una fase iniziale o intermedia (primo, secondo, terzo … fornitore) incontrano spesso degli ostacoli, come evidenziato nella parte II. Nel presente parere sono contraddistinti dalla sigla I&I, che sta per «iniziali e intermedi» (IIC: initial and intermediate companies, una denominazione coniata espressamente per il presente parere) (1).

D.

La stragrande maggioranza dei posti di lavoro del settore privato si trova in imprese «non molto grandi» (cfr. punto C). Tra queste, quelle più innovative e creative assumono un'importanza decisiva nell'economia organizzata in rete. L'entità di questa evoluzione è così significativa da produrre un impatto considerevole a livello non solo microeconomico ma anche macroeconomico.

E.

Il Comitato ritiene necessario migliorare l'ambiente in cui operano le imprese I&I. Il presente parere (nei capitoli 3 e 4 della parte II) individua le principali sfide e avanza una serie di proposte d'intervento, per esempio:

cambiare atteggiamento nei confronti delle imprese I&I,

migliorare la cooperazione e la fiducia reciproca tra queste imprese,

facilitare l'accesso ai finanziamenti,

ridurre gli effetti di lock-in/lock-out,

far rispettare i diritti di proprietà intellettuale,

contrastare le distorsioni della concorrenza utilizzando gli strumenti di difesa commerciale dell'UE in modo coerente, più efficiente e tempestivo in modo da evitare importazioni sleali,

promuovere le competenze specialistiche e lo spirito imprenditoriale,

attirare nelle imprese I&I giovani qualificati, soprattutto nei diversi rami dell'ingegneria,

attuare la nuova politica industriale europea, in particolare il suo approccio settoriale,

fare un uso ottimale del 7PQ,

adottare una normativa mirata e ridurre la burocrazia.

F.

La mancanza di una definizione consolidata delle imprese I&I rende difficile coglierne appieno l'importanza per i processi di trasformazione industriale e di globalizzazione. Bisognerebbe fare molto di più per accrescere la consapevolezza del ruolo che svolgono. Per attuare alcune o tutte le proposte elencate al punto E, le imprese devono soddisfare una serie di prerequisiti, i responsabili politici devono realizzarne altri, mentre altri prerequisiti vanno soddisfatti da entrambi. In ogni caso, qualsiasi iniziativa di attuazione deve essere effettuata in stretta collaborazione con tutte le parti direttamente interessate. Nella stessa linea, i comitati di dialogo settoriale che operano ai livelli europeo e nazionale dovrebbero poter impartire ai responsabili politici orientamenti credibili e condivisi.

Parte II — Motivazioni

1.   Introduzione

1.1

Dire che la comparsa delle catene di fornitura sia un fenomeno moderno sarebbe sbagliato, dato che esse sono esistite, in una forma o l'altra, fin dalla nascita della produzione organizzata.

1.2

Tuttavia, è giusto osservare che negli ultimi decenni esse sono state al centro di un forte interesse, in conseguenza del contesto aggressivo generato dal progresso tecnologico e dalla globalizzazione e dai loro effetti combinati sui mercati. Questo argomento è trattato diffusamente da innumerevoli pubblicazioni e convegni in ogni parte del mondo. La sequenza lineare convenzionale è stata sostituita da reti complesse e da processi integrati di produzione che spesso coinvolgono più imprese situate in diversi paesi.

1.3

Oggigiorno le catene del valore e di fornitura sono sempre più connesse tra di loro, tanto che in molti settori esiste ormai una vera e propria rete globale. Ciò giustifica l'uso del termine «rete» piuttosto che «catena», poiché il primo designa indubbiamente una realtà più labile di quella indicata dal secondo.

1.4

Le stesse reti di creazione del valore (o, più brevemente, «reti del valore») stanno diventando più globalizzate ed estese. Fa parte di questo processo una rete del valore paneuropea, rafforzata dal recente allargamento dell'UE.

1.5

Oggi ci si rende conto che il miglioramento interno alle singole imprese non è più sufficiente per soddisfare le esigenze delle imprese stesse. Per quanto utili e auspicabili, i vantaggi ottenuti grazie ai programmi di analisi interna alle singole imprese non consentono loro di cogliere le opportunità offerte da un modo di condurre l'attività economica realmente globalizzato. Se vogliono sopravvivere nel mondo di oggi, le imprese devono guardare all'esterno.

1.6

La gestione delle reti e la logistica hanno perciò assunto un posto preminente e le imprese impiegano quantità sempre maggiori di tempo e di denaro per ottimizzare i rendimenti semplificando e coordinando la rete — sempre più complessa — delle attività e dei servizi di fondamentale importanza per le operazioni industriali e commerciali di oggi.

1.7

La natura della responsabilità di gestione e delle competenze specifiche richieste al personale di ogni livello è cambiata drasticamente, in considerazione del fatto che si richiedono decisioni e approcci tali da garantire livelli ottimali di cooperazione tra acquirenti, fornitori e imprese.

1.8

È questa la situazione in cui si trovano oggi ad operare le imprese di ogni tipo, grandi, medie e piccole, malgrado le differenze e l'interazione tra i vari settori. Sembra tuttavia che le grandi multinazionali occupino nei processi attuali una posizione migliore delle imprese I&I (2).

1.9

Nella realtà due terzi dei dipendenti del settore privato in Europa lavorano nelle PMI, molte delle quali sono imprese I&I. Di conseguenza la prosperità di questo tipo di imprese, al di là della dimensione microeconomica, presenta anche un impatto macroeconomico.

1.10

Pur vertendo sul tema dello sviluppo della catena del valore e della catena di fornitura, il presente parere si concentra in particolare sulle imprese I&I innovative (caratterizzate da alta tecnologia e alta qualità) che hanno il potenziale per crescere e operare sulla scena internazionale oppure su quelle già presenti sul mercato globale (3).

1.11

Di conseguenza, si devono sviluppare e migliorare metodi e strumenti per creare un ambiente sano e sostenibile che consenta alle imprese di questo tipo di prosperare e di sfruttare appieno il loro potenziale.

1.12

Sebbene le catene/reti del valore siano diverse da un settore all'altro, si è ritenuto opportuno illustrare l'analisi svolta nel presente parere concentrandosi su un solo settore. L'Allegato 2 presenta quindi un caso di studio relativo al settore automobilistico, che illustra bene alcune delle problematiche in gioco. È stato scelto questo settore perché si distingue per la complessità delle sue catene/reti di fornitura, come dimostra l'Allegato 1.

1.13

Le imprese europee scelgono spesso di esternalizzare una o più fasi delle catene di fornitura. Successivamente importano il prodotto di queste fasi e vi aggiungono valore prima di trasmetterlo a un altro elemento della rete del valore. È importante creare le condizioni per garantire che, nel corso dell'intero processo, il massimo livello possibile di profitti, occupazione e know-how rimanga in Europa. Ciò assume un'importanza cruciale in quanto il know-how è sempre più un fattore di produzione a pieno titolo, che viene trasmesso nelle reti di creazione del valore soprattutto da una finanza che, più che attraversare frontiere, semplicemente non le conosce (4).

1.14

Il presente parere spiega in che modo l'UE può contribuire più efficacemente a mantenere in Europa componenti importanti (a valore aggiunto) della catena di fornitura (5).

2.   Reti del valore e trasformazioni industriali

2.1

Nella società organizzata in rete le trasformazioni industriali sono strettamente legate alla creazione del valore, cosa che attribuisce un ruolo di primo piano a servizi quali la consulenza, l'engineering, la logistica o il marketing. Data la minore integrazione verticale, spesso ormai la creazione del valore nella trasformazione si sposta in capo al fornitore. Il processo diventa tanto più pluridimensionale in quanto molti di questi fornitori fanno anche parte di reti globalizzate, il che crea nuove interdipendenze tra fornitori.

2.2

Ma cosa si intende in realtà con il termine «globale»? Se è evidente il ruolo svolto dagli Stati Uniti e dal Giappone, è vero altresì che negli ultimi decenni hanno fatto irruzione sulla scena globale altre regioni, come i cosiddetti paesi BRIC (Brasile, Russia, India e Cina). Tuttavia, va osservato che questo gruppo si suddivide in due livelli distinti e che è in particolare l'influenza dell'India e della Cina che sta drasticamente riconfigurando il panorama mondiale delle catene di fornitura e della creazione del valore (6).

2.3

Tenuto conto di ciò, l'UE deve accrescere la sua capacità di competere sul piano del valore aggiunto, dato che una concorrenza solo sul piano dei costi non sarebbe realistica né compatibile con i propri valori sociali e di sostenibilità.

2.4

Le catene e le reti di fornitura sono in espansione, in corrispondenza di processi industriali sempre più caratterizzati dalla frammentazione delle linee di produzione e dalla specializzazione dei prodotti grazie alle tecnologie e all'adattamento di questi ultimi alle esigenze della clientela. I produttori possono standardizzare le parti essenziali dei prodotti e, nel contempo, lasciare spazio alla loro personalizzazione: il fenomeno noto come personalizzazione di massa.

2.5

Questi processi sono stimolati dall'interazione tra industria manifatturiera e servizi (7), che a sua volta rende sempre più labili i confini tra i settori secondario e terziario. Le tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC) contribuiscono a tale situazione facendo aumentare l'interoperabilità e la prestazione di servizi per via elettronica.

2.6

Le imprese europee dovrebbero tendere a creare reti di fornitura i cui processi abbiano per oggetto un «prodotto esteso» (un sistema di prodotti e servizi) rivolto a mercati di nicchia ad alto valore aggiunto. Gli stessi stabilimenti sono ormai divenuti prodotti complessi commerciabili.

2.7

I nuovi cicli tecnologici pongono un accento ancora maggiore sulla gestione delle risorse umane a tutti i livelli e accentuano l'urgenza della formazione lungo tutto l'arco della vita, indispensabile in quanto componente essenziale della competitività e dell'occupabilità.

2.8

Il ciclo di vita dei prodotti va abbreviandosi e modificandosi, a causa della sempre maggiore interazione tra attività manifatturiera e prestazione di servizi man mano che, in molti settori, la concorrenza e la cooperazione (preconcorrenziale) diventano globali.

2.9

Le trasformazioni in atto influenzano notevolmente la struttura delle imprese e la relazione dinamica tra di esse, esigendo continuamente adattamenti e riorganizzazioni. La specializzazione dei processi produttivi, la personalizzazione dei prodotti e lo sviluppo di servizi connessi alla produzione conducono a una sempre maggiore esternalizzazione. Inversamente, quest'ultima può ulteriormente condurre a fenomeni di specializzazione e decentramento.

2.10

Parallelamente a questi processi si osserva il fenomeno della concentrazione mediante fusioni e acquisizioni; quanto più ci si allontana dal consumatore, tanto più si registrano concentrazione e consolidamento.

2.11

L'esternalizzazione e l' offshoring avvengono su scala mondiale (8). Le economie emergenti dei nuovi Stati membri, così come quelle dei paesi asiatici, sono fortemente coinvolte in questo processo in cui ognuna di loro offre i propri vantaggi sul piano dei costi e il proprio potenziale di mercato. L'Asia sta diventando il centro indiscusso della produzione di beni e della prestazione di servizi a basso costo. In Cina e in India si stanno sviluppando tecnologie indipendenti. Tali processi possono comportare una delocalizzazione di attività accompagnata da effettive perdite di posti di lavoro, cosa che può generare nei lavoratori un sentimento di precarietà, ma d'altra parte la delocalizzazione può anche dare impulso all'occupazione nelle imprese europee (9).

2.12

I complessi sviluppi derivanti dalle innumerevoli operazioni, fusioni e acquisizioni che avvengono in tutto il mondo mostrano che la delocalizzazione, come risultato di trasformazioni delle linee di produzione e di prestazione di servizi, non è un processo lineare o unidirezionale. I costi di produzione costituiscono solo uno degli elementi di uno spettro più ampio di considerazioni, dove nell'equazione entrano una serie di altri fattori che esulano dall'oggetto del presente parere. Essi comprendono: una logistica complessa, elevati costi di trasporto, preoccupazioni ambientali, quadri normativi, tutela della proprietà intellettuale e disponibilità di materie prime, di tecnologie e di competenze specifiche. Tenendo conto di tutti questi fattori, talvolta risulta conveniente ritrasferire la produzione o i servizi in Europa.

2.13

D'altra parte la delocalizzazione può anche riguardare attività innovative e questo comporterebbe per l'Europa una perdita di know-how. Infatti, se nell'Unione europea non si rafforza la base di ricerca e di conoscenza, a lungo termine la delocalizzazione può erodere la capacità di innovazione delle imprese europee. In quest'ottica è significativo il numero crescente degli ingegneri in India e Cina (il 45 % di tutti gli ingegneri nel mondo).

2.14

Inoltre, il fatto che i giovani altamente qualificati stiano lasciando l'Europa o mostrino una preferenza per il lavoro nelle grandi imprese (10) può tradursi in una carenza di personale qualificato nelle imprese I&I europee.

2.15

Le grandi imprese sono spesso in posizione migliore delle imprese I&I per affrontare le sfide descritte. In generale godono di un accesso relativamente facile agli istituti di credito e ai mercati dei capitali, sono coinvolte in interazioni e interoperatività di ogni tipo con altre imprese, hanno accesso a un'ampia gamma di mercati e sono all'avanguardia nel processo di esternalizzazione. Rispetto alle aziende di dimensioni inferiori sono però meno flessibili.

3.   Le sfide per le imprese I&I

3.1

Tutti gli indicatori mostrano che il processo di frammentazione della produzione, di personalizzazione e di creazione di reti globali continuerà. Anche se, nella maggior parte dei settori produttivi, sono le grandi imprese multinazionali a fungere da leader strategici, in molti casi questi processi vedono protagonista un numero sempre maggiore di imprese I&I.

3.2

Le imprese I&I, pur disponendo di un notevole potenziale, talvolta sono costrette ad adottare un approccio a breve termine e in genere fanno molta fatica a penetrare in nuovi mercati, dipendono dalla regolarità delle commesse di alcune grandi imprese loro clienti e non hanno un accesso tanto facile ai mercati dei capitali. Sono inoltre fortemente esposte a rischi di rottura della catena di fornitura legati alle riduzioni dei costi richieste continuamente dai grandi clienti. Nei punti che seguono il Comitato richiama l'attenzione sulle principali sfide che le imprese I&I devono affrontare.

Assumere la mentalità giusta

3.3

In molti casi, il miglioramento delle condizioni quadro delle imprese di dimensioni relativamente medio-piccole è semplicemente una questione di atteggiamento, sia nella società che all'interno delle stesse imprese. Poiché in alcuni Stati membri e in alcune regioni l'atteggiamento nei confronti di queste imprese è più favorevole che altrove, va incoraggiato lo scambio di buone pratiche.

Fiducia reciproca e cooperazione tra le imprese I&I

3.4

Le imprese I&I vanno incoraggiate ad aprirsi alla cooperazione e a sviluppare progetti congiunti. Tale cooperazione e tali progetti possono rafforzare la loro posizione di mercato e aiutare i fornitori nelle trattative con le grandi imprese loro clienti. Inoltre, potrebbero contribuire a compensare gli effetti negativi che subisce un'impresa bloccata all'interno o all'esterno di una rete di fornitura.

3.5

Si dovrebbe incoraggiare l'utilizzo del software «open source» (11) e il libero accesso alle tecnologie e agli standard di engineering. Al riguardo, è molto importante che le imprese I&I interagiscano efficacemente con gli istituti di ricerca.

3.6

A tal fine, nei contesti caratterizzati da un'elevata industrializzazione e dall'uso di alta tecnologia, può risultare molto utile la formazione di «clusters» e di reti intorno alle imprese leader e ai distretti industriali (12), in quanto ciò incoraggerà i progetti di collaborazione tra imprese. Sono cruciali un atteggiamento di apertura nelle università e nei centri di ricerca vicini e l'adozione di un approccio appropriato da parte degli enti locali e regionali. I distretti industriali situati attorno a poli tecnologici, parchi scientifici e università possono arrecare grandi vantaggi alle piccole imprese.

Il contesto finanziario

3.7

Gli istituti di credito e le parti interessate del settore finanziario in genere dovrebbero essere incoraggiati ad adottare un atteggiamento più favorevole nei confronti dell'assunzione del rischio. I dati statistici mostrano che l'approccio al rischio più positivo riscontrabile nel mondo finanziario degli Stati Uniti premia abbondantemente. In ogni caso, in Europa è necessario aprire il mercato dei capitali, tanto più che in molti casi l'onere finanziario dei processi produttivi tende a passare dalle grandi aziende ai piccoli fornitori.

3.8

Nell'industria automobilistica, ad esempio, l'esternalizzazione ha creato a numerose imprese problemi di finanziamento perché il processo di sviluppo e il tempo di ammortamento sono lunghi e spesso durano fino a 3-5 anni e 5-7 anni rispettivamente. Negli Stati Uniti il problema è stato parzialmente risolto agevolando l'accesso al capitale privato, mentre in molti paesi in via di sviluppo si è fatto ricorso a una normativa fiscale molto generosa e ad aiuti di Stato. In Europa le condizioni del settore vanno urgentemente migliorate, in particolare per quanto concerne le imprese I&I e il loro bisogno di finanziare R&S per l'innovazione tecnologica. Oltre alle autorità statali, devono fare la loro parte anche gli istituti di credito (compresa la Banca europea per gli investimenti — BEI, in stretta collaborazione con partner creditizi di tutta Europa) e i fondi di private equity.

3.9

Il Comitato guarda con molto interesse agli orientamenti presentati nella comunicazione della Commissione intitolata Attuare il programma comunitario di Lisbona: Finanziare la crescita delle PMIPromuovere il valore aggiunto europeo  (13). Il collegamento tra istituti finanziari e private equity da una parte e PMI dall'altra deve essere reso più agevole.

Effetti di lock-in/lock-out

3.10

La dipendenza dai grandi clienti è fonte di preoccupazione, in particolare nelle regioni in cui predomina un'unica industria (regioni monoindustriali), quando le imprese I&I sono escluse dalle catene di fornitura («locked out») o bloccate all'interno di queste («locked in»). Nel cooperare con le grandi imprese il fornitore dovrà spesso utilizzare la tecnologia da loro richiesta. Rifornire un solo, grande cliente può di fatto costringere un fornitore a limitarsi a una determinata tecnologia.

3.11

Può accadere lo stesso ai fornitori che vengono esclusi perché non dispongono degli strumenti necessari per accedere ad altri mercati ed inserirsi in altre catene o reti di fornitura.

3.12

Le grandi imprese, tuttavia, non amano dipendere completamente da un unico fornitore, anche se ciò a volte si verifica. In certi casi, infatti, i grandi costruttori automobilistici preferiscono avere un fornitore unico, soprattutto per quanto riguarda il settore della ricerca e dello sviluppo e produzione di nuovi componenti e sistemi destinati al prodotto finale. Lo scenario abituale, però, vede un'aspra concorrenza tra fornitori.

3.13

Si nota che in alcuni casi, principalmente nell'industria automobilistica, i costi dello sviluppo tecnologico sono traslati sul fornitore, a cui si chiede anche di condividere le conoscenze con i suoi concorrenti. Ciò può risultare problematico specialmente per i fornitori non monopolistici.

3.14

Gli effetti di blocco o di esclusione (rispettivamente, lock-in e lock-out effect) rispetto alle catene di fornitura tendono ad aumentare al crescere delle applicazioni delle TIC, anche se l'effetto lock-in/lock-out non riguarda solo le tecnologie dell'informazione. Le licenze sono spesso difficili da ottenere. Da un lato la mancanza di standardizzazione e di interoperabilità, dall'altro lo scarso utilizzo di tecnologia open source ostacolano gli investimenti.

3.15

Anche in questo caso (cfr. punto 3.6), la cooperazione e il clustering possono aiutare a superare le carenze derivanti dai processi descritti, in particolare nelle regioni monoindustriali.

I diritti di proprietà intellettuale (DPI)

3.16

La proprietà intellettuale riveste un'importanza fondamentale (14). La protezione dei DPI rappresenta una sfida particolare per le imprese I&I, molte delle quali sono piccole e medie imprese. Dati i problemi, già segnalati, che queste imprese generalmente incontrano nel finanziare la R&S, non si dovrebbero peggiorare le cose creando una situazione in cui sarebbero i concorrenti a raccogliere i frutti del loro impegno.

3.17

I brevetti svolgono un ruolo cruciale. In numerosi pareri il Comitato ha espresso profonda preoccupazione per i ripetuti falliti tentativi di introdurre il brevetto comunitario, che hanno intaccato la credibilità della politica europea della ricerca e non sono riusciti a ncentivare una ricerca più innovativa e finalizzata a risultati competitivi (15). La mancata soluzione di una questione così importante rende la tutela dell'innovazione molto costosa (in particolare in confronto agli Stati Uniti e al Giappone) e, in effetti, a volte insostenibile per le imprese I&I.

3.18

Il problema dell'elevato costo dei procedimenti di tutela dei DPI è ulteriormente aggravato da una certa inefficacia, spesso determinata dal mancato rispetto delle norme vigenti. Nelle relazioni commerciali con la Cina andrebbe affrontato in via prioritaria il problema della contraffazione, a causa della quale molte imprese ad alta tecnologia non sono disposte ad aumentare i loro investimenti in quel paese o addirittura ritirano gli investimenti già effettuati (16).

3.19

L'Allegato 2 illustra la gravità dell'abuso dei DPI e della contraffazione nel settore dei componenti automobilistici.

Cogliere le nuove opportunità — l'importanza delle competenze e dello spirito imprenditoriale

3.20

Le imprese I&I specializzate hanno delle valide carte da giocare. Il passaggio dalla produzione su larga scala al decentramento e alla personalizzazione di prodotti e servizi offre loro nuove opportunità purché sviluppino anche le competenze necessarie.

3.21

Desta preoccupazione il fatto che, in tutta Europa, la maggior parte dei giovani laureati preferisca lavorare per le grandi imprese. Vi è un chiaro bisogno di incoraggiare a lavorare nelle imprese I&I migliorando le prospettive di carriera dei loro lavoratori. Il problema risulta particolarmente acuto per queste imprese laddove il numero complessivo dei laureati è insufficiente, ad esempio nelle discipline ingegneristiche.

3.22

I sistemi cosiddetti di dual training (doppia formazione, ossia alternanza scuola-lavoro), attualmente utilizzati in alcuni Stati membri come la Germania, l'Austria e il Lussemburgo (nei quali si parla di duale Ausbildung), possono rivelarsi preziosi per le imprese I&I.

3.23

Migliorare le qualifiche e le competenze del personale è essenziale. Le persone stesse, e non solo le imprese, possono contribuire all'innalzamento degli standard (17). Sotto questo aspetto può essere di aiuto il miglioramento dell'ambiente di lavoro. Concezioni moderne nella gestione delle risorse umane, che comprendano il riesame sistematico dei programmi di istruzione e formazione, possono aiutare a creare posti di lavoro. Sono punti che dovranno essere affrontati nel quadro degli approcci settoriali e anche nel dialogo tra le parti sociali.

3.24

Non si darà mai abbastanza importanza non solo alla correlazione diretta fra efficienza del sistema d'istruzione e livello di competenze del personale, ma anche al triangolo istruzione/innovazione/ricerca. A questo proposito la nuova iniziativa europea «Regioni per il cambiamento economico» può essere estremamente utile, in quanto sottolinea la dimensione e l'impatto regionali della ricerca, delle capacità tecnologiche e dei cluster economici (18).

3.25

Perché le imprese I&I possano approfittare pienamente delle opportunità offerte dal miglioramento delle competenze e dalla promozione dell'imprenditorialità, non può essere trascurata l'importanza della dimensione territoriale. La globalizzazione, che implica una sempre maggiore internazionalizzazione, porta con sé l'esigenza di rafforzare in misura corrispondente la prossimità regionale. Ciò potrebbe essere fatto con i seguenti strumenti:

programmazione strategica regionale,

dialogo sociale territoriale,

iniziative dal basso e partnership regionali, alimentate dalla specializzazione di ogni regione,

mobilità dei ricercatori tra imprese e università.

3.26

Lo spirito imprenditoriale è molto importante, come lo sono la creatività e la flessibilità, intesa come capacità di adattarsi rapidamente ai cambiamenti. Spesso, inoltre, le piccole e medie imprese hanno maggiori capacità di quelle grandi per rispondere alle sfide. Questi fattori possono senz'altro aiutarle a trarre vantaggio dalla frammentazione e dalla personalizzazione delle reti (19).

4.   Proposte di intervento

4.1

Per accrescere l'efficienza di una catena del valore e di una catena di fornitura è essenziale creare un contesto economico sano per le imprese I&I. Il Comitato ritiene che vi siano due strumenti principali in grado di sostenere la presenza delle imprese I&I europee nelle reti mondiali: la nuova politica industriale (compreso l'approccio settoriale) e il 7PQ.

La politica industriale

4.2

Le imprese I&I andrebbero coinvolte in maniera più sistematica nel quadro della politica industriale europea. La Commissione e il Consiglio dovrebbero effettuare valutazioni preliminari e più accurate dell'impatto sulle imprese ad alta tecnologia delle normative in preparazione, ad esempio in materia di sviluppo tecnologico e normazione. Troppo spesso per industria si intende solo la grande impresa. Spesso trascurate, le imprese I&I dovrebbero invece essere consultate separatamente.

4.3

Il Comitato sottolinea l'importanza delle TIC per le imprese I&I e approva pienamente gli obiettivi indicati dalla Commissione nella comunicazione Accrescere la fiducia nei mercati elettronici tra imprese  (20).

4.4

La Commissione ha inoltre creato la Rete europea di sostegno all'e-business (European e-Business Support Network - eBSN). Il Comitato approva l'obiettivo principale di questa rete, ossia riunire gli esperti europei di e-business e permettere lo scambio di esperienze e buone prassi.

4.5

Un aspetto essenziale della politica industriale dell'UE è costituito da un dialogo aperto sugli orientamenti e sulle tecnologie del futuro dal punto di vista dei singoli settori produttivi, come previsto nelle piattaforme tecnologiche europee esistenti. Anche se i confini tra i vari settori diventano sempre più labili, in questo contesto un approccio specifico per settori resta senz'altro valido e offre alle imprese I&I vantaggiose opportunità.

4.6

Non si insisterà mai abbastanza sull'importanza dell'innovazione. Il Comitato appoggia la proposta della Commissione di sviluppare mercati propizi all'innovazione lanciando una nuova iniziativa a favore dei mercati-guida, destinata a facilitare la creazione e l'immissione sul mercato di nuovi prodotti e servizi innovativi in settori promettenti (21).

4.7

È importante che le imprese I&I partecipino alle piattaforme tecnologiche. È auspicabile che siano individuati altri modi e mezzi per rimuovere gli ostacoli esistenti nel settore. Bisogna prevedere un programma di ricerca strategico che includa anche le imprese I&I. Tuttavia, la realtà quotidiana delle piattaforme evidenzia anche le debolezze tipiche di molte di queste imprese, quali la mancanza di fiducia reciproca, di tempo, di rappresentanti disponibili e — spesso — di focalizzazione strategica.

4.8

Per definire un programma di ricerca strategico, il gruppo di alto livello Manufuture (22) ha effettuato un'analisi in cui espone idee analoghe sulle trasformazioni concernenti, da un lato, i nuovi prodotti ad elevato valore aggiunto e la combinazione fra attività manifatturiera e prestazione di servizi e, dall'altro, le forme innovative di produzione (23).

4.9

Inoltre, spesso sono gli effetti di blocco e di esclusione rispetto alle catene di fornitura ad ostacolare l'effettiva partecipazione delle imprese alle piattaforme, allorché le imprese I&I — comprese quelle dotate di un notevole potenziale — non sono in grado di partecipare a sistemi interoperabili.

4.10

Il Comitato ritiene che si debba sviluppare per le imprese I&I una visione strategica, che potrebbe aiutarle a superare le difficoltà derivanti dall'essere bloccate nelle catene di fornitura o escluse da queste ultime. Lo scopo dovrebbe essere l'interoperabilità, da conseguire con i seguenti strumenti:

a)

un'iniziativa ad hoc finalizzata alla collaborazione tra i fornitori di software per servire un numero maggiore di clienti;

b)

un prezzo inferiore, o addirittura la gratuità, per gli strumenti necessari a quelle imprese (24), allo scopo di consentire alle imprese I&I di servire un maggior numero di clienti (25).

4.11

Secondo il Comitato, lo stesso scopo potrebbe essere perseguito creando dei forum europei per la cooperazione tra imprese I&I, al fine di mettere in comune la creatività e l'innovazione in tutta Europa.

4.12

Un problema fondamentale è facilitare l'accesso ai mercati finanziari.

4.12.1

Il Comitato ritiene che gli istituti di credito e altri attori finanziari interessati, come i fondi di capitale di rischio (venture capital), dovrebbero essere incoraggiati ad adottare un atteggiamento più favorevole all'assunzione del rischio, ad esempio investendo nelle imprese I&I ad alta tecnologia.

4.12.2

Un esempio specifico consisterebbe nell'agevolare l'accesso delle imprese I&I sia al mercato dei capitali che ai fondi di private equity correggendo i ritardi che possono derivare dai lunghi tempi di sviluppo e ammortamento, che possono essere fonte di problemi. In questo contesto andrebbe potenziato il ruolo della Banca europea per gli investimenti (BEI) e del Fondo europeo per gli investimenti (FEI), in modo da agevolare l'accesso agli strumenti di prestito di rischio, al capitale di rischio e agli schemi di garanzia (26).

4.12.3

Il Comitato è convinto che le istituzioni finanziarie come la BEI possano svolgere un ruolo di sostegno più ampio, soprattutto nell'ambito di consorzi cui partecipino anche le banche locali, le quali conoscono bene le imprese dell'area in cui operano.

4.12.4

In considerazione della nuova politica industriale e dei partenariati industria-ricerca, la BEI sta lavorando a un nuovo strumento finanziario congiunto con la DG RDT, il meccanismo di finanziamento con ripartizione dei rischi (Risk Sharing Finance facility — RSFF). L'obiettivo è migliorare l'accesso al finanziamento del debito, soprattutto per la ricerca privata e le attività correlate con profilo di rischio più alto della media e non coperto dal mercato.

4.13

La politica fiscale è di competenza degli Stati membri. Ciononostante, sarebbe estremamente opportuno discutere a livello dell'UE provvedimenti fiscali idonei a rafforzare la posizione delle aziende europee nelle reti internazionali di fornitura e del valore.

4.14

L'UE deve includere tra gli obiettivi della sua politica commerciale la tutela dei DPI delle piccole e medie imprese, dati i comportamenti spesso scorretti e inaffidabili nei confronti delle imprese europee che si riscontrano nei (grandi) mercati emergenti.

4.15

Le risorse umane sono cruciali. Il sistema scolastico è più che mai un pilastro indispensabile per una crescita sostenuta dell'economia. L'istruzione, la formazione professionale e l'apprendimento permanente sono responsabilità comuni dei singoli individui, delle aziende, delle parti sociali e dei pubblici poteri (27).

4.16

Le discussioni settoriali tra le parti sociali dovrebbero contemplare approcci su misura alla gestione delle risorse umane, comprendenti lo sviluppo di programmi di formazione finalizzati ad attribuire le qualifiche professionali richieste. Esse dovrebbero tener conto anche della dimensione regionale delle trasformazioni industriali e dell'iniziativa europea «Regioni per il cambiamento economico» (28).

7PQ

4.17

Nel 7PQ, collegato agli obiettivi della nuova politica industriale, andrebbe prestata un'attenzione particolare ai legami con le piccole e medie imprese e anche all'uso appropriato del nuovo strumento RSFF sviluppato congiuntamente con la BEI (29). Nei progetti avanzati di TIC finanziati dal 7PQ, la partecipazione delle imprese I&I è fondamentale per consentire alle PMI di entrare a far parte di reti avanzate e della rete di cooperazione.

4.18

Secondo il Comitato, il 7PQ può contribuire alla creazione di una politica dell'innovazione permanente che preveda stretti collegamenti fra i poli di conoscenza (università, centri di ricerca, istituti di formazione professionale) e l'attività industriale. Le catene o reti del valore e di fornitura svolgono un ruolo essenziale per tale politica, dato che il programma quadro mira ad agevolare lo sviluppo di nuovi «prodotti estesi» (detti anche «prodotti/servizi» o «servizi integrati nei prodotti») e di nuovi processi. Lo scopo di tutto ciò è realizzare un unico contesto europeo organizzato in reti economicamente sostenibili. Tale iniziativa favorirà anche le imprese I&I.

4.19

Il Comitato osserva che coinvolgere le piccole e medie imprese in programmi di R&S è difficile a causa della burocrazia. Per queste imprese processi di selezione che, nel migliore dei casi, si protraggono per un anno sono decisamente troppo lunghi.

4.20

È altamente auspicabile porre le basi per lo sviluppo di forti imprese organizzate in rete e munite di strutture trasparenti di interconnessione. Il Comitato ritiene che il 7PQ dovrebbe contribuire a sviluppare sistematicamente progetti e operazioni di rete ottimali in un contesto industriale dinamico e complesso.

4.21

Analogamente, andrebbe incoraggiata la creazione di strutture gestionali di catene logistiche e di catene di fornitura a livello sia strategico che operativo.

4.22

Nel caso dei settori industriali tecnologicamente meno avanzati e che presentano un legame fisico con l'Europa, i programmi di ricerca possono sostenere continui aumenti della produttività e dell'efficienza tali da consentire loro di mantenere un vantaggio competitivo.

4.23

Uno dei molti aspetti di cui le imprese devono tener conto per approfittare appieno dei programmi di ricerca comunitari è l'importanza della creazione di reti appropriate. La cooperazione preconcorrenziale fra imprese può dimostrarsi molto utile, benché non sia ancora entrata a far parte della mentalità delle imprese I&I europee, e ciò vale anche per la promozione di relazioni di cooperazione.

4.24

Di conseguenza, il 7PQ mira a contribuire alla creazione di un'industria organizzata in rete e orientata alla conoscenza che sia basata sugli standard europei, che sono un importante elemento di cooperazione, connessione e interoperabilità.

4.25

Il Comitato ritiene che il 7PQ rappresenti una grande opportunità per accrescere l'efficienza delle reti del valore e di fornitura, e chiede ai soggetti interessati di renderne possibile una piena attuazione. Ciò vale non solo per le tecnologie volte a migliorare la connettività tra le reti (soprattutto TIC), ma anche per altre tecnologie abilitanti come le nanotecnologie.

4.26

Parallelamente agli sviluppi della politica industriale, nell'ambito del 7PQ sono importanti anche i contesti e gli interventi regionali e locali, soprattutto per quanto riguarda la collaborazione tra imprese I&I e grandi imprese, università limitrofe, istituti tecnologici e centri di formazione professionale (30).

Bruxelles, 25 aprile 2007

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  Il parere, di conseguenza, non verte sulle piccole e medie imprese secondo la definizione adottata dalla Commissione europea e dalla maggior parte degli Stati membri («PMI»). Le «piccole imprese» di cui si tratta possono essere fornitori che impiegano centinaia di addetti e i fornitori di medie dimensioni possono arrivare a diverse migliaia. Le imprese di queste due categorie sono in posizione iniziale o intermedia nelle catene del valore, in altre parole non sono i produttori/prestatori finali, che di solito hanno dimensioni maggiori. Tali imprese si definiscono quindi non in base a dati aziendali misurabili (fatturato, numero di occupati, ecc.), bensì alla loro posizione all'interno delle catene del valore e di fornitura. Non rientrano nell'oggetto di questo parere, benché intervengano nella prima fase dei processi produttivi, le imprese — generalmente di grandi dimensioni — fornitrici di materie prime.

(2)  Cfr. punto C e nota 1.

(3)  Cfr. nota 1.

(4)  Cfr. su questa linea Ashutosh Sheshabalaya, The Three Rounds of Globalisation («Le tre fasi della globalizzazione»), in «The Globalist» del 19.10.2006

(http://www.theglobalist.com/DBWeb/printStoryId.aspx?StoryId=5687).

(5)  Il contenuto del presente parere si basa su una serie di pareri già adottati o in corso di elaborazione: I servizi e le industrie manifatturiere europee: i processi di interazione e l'impatto su occupazione, competitività e produttività (CCMI/035, CESE 1146/2006, GU C 318 del 23.12.2006); Innovazione: impatto sulle trasformazioni industriali e il ruolo della BEI (CCMI/038, in corso di elaborazione); La governance territoriale delle trasformazioni industriali: il ruolo delle parti sociali e il contributo del programma quadro per l'innovazione e la competitività (CCMI/031, CESE 1144/2006, GU C 318 del 23.12.2006); La politica europea in materia di logistica (TEN/240, CESE 210/2007 non ancora pubblicato nella GU); Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sul rafforzamento della sicurezza della catena logistica (TEN/249, CESE 1580/2006, GU C 325 del 30.12.2006); La grande distribuzione: tendenze e conseguenze per agricoltori e consumatori (NAT/262, CESE 381/2005, GU C 255 del 14.10.2005).

(6)  Ashutosh Sheshabalaya, The Three Rounds of Globalisation («Le tre fasi della globalizzazione»), cit.

(7)  Un argomento diffusamente trattato nel parere del CESE sul tema I servizi e le industrie manifatturiere europee: i processi di interazione e l'impatto su occupazione, competitività e produttività (CCMI/035; CESE 1146/2006; GU C 318 del 23.12.2006).

(8)  Il Comitato ha esaminato in maniera approfondita il fenomeno della delocalizzazione delle imprese, la sua ampiezza e i suoi effetti, nonché le sfide e le opportunità che esso comporta. Il risultato del lavoro svolto sul tema (parere, relazione informativa, studio esterno, relazione sul convegno) è presentato in una pubblicazione intitolata RelocationChallenges and Opportunities (DelocalizzazioneSfide e opportunità). (ISBN: 92-830-0668-2;

http://www.eesc.europa.eu/documents/publications/index_en.asp?culture=EN&id=141&details=1).

(9)  L'Offshoring Research Network, un consorzio transatlantico di sei istituti di ricerca, ha recentemente pubblicato il suo ultimo studio biennale sugli sviluppi della delocalizzazione di imprese. L'Erasmus Strategic Renewal Centre di Rotterdam, che ha condotto la parte della ricerca riguardante le imprese olandesi, ha concluso che, nel 57 % dei casi, il trasferimento di attività non ha avuto alcuna incidenza sul numero degli occupati nelle imprese olandesi, mentre nel 39 % dei casi ne ha comportato la diminuzione e solo nel restante 4 % dei casi ne ha comportato l'aumento. Dalla ricerca risulta che, in media, sono stati creati 37,8 nuovi posti di lavoro nel luogo in cui sono state trasferite le attività e se ne sono perduti 3,5 nei Paesi Bassi. In altri termini, per ogni posto di lavoro perduto nei Paesi Bassi ne sono stati creati 10,8 nella località di destinazione.

(10)  Cfr. punto 3.22.

(11)  Cfr. il recente studio sull'impatto del software «open source» sul settore delle TIC nell'UE, condotto dall'UNU-MERIT per conto della Commissione europea (DG ENTR) e pubblicato il 26.1.2007 (la relazione finale è stata stilata il 20.11.2006).

http://ec.europa.eu/enterprise/ict/policy/doc/2006-11-20-flossimpact.pdf

(12)  Un esempio (fra i molti possibili) è offerto dall'area Eindhoven-Lovanio, dove l'interazione fra università e imprese (imperniata sulla multinazionale leader Philips) crea un contesto particolarmente favorevole per molte PMI ad alta tecnologia.

(13)  COM(2006) 349 def., attualmente all'esame del Comitato nel quadro del proprio parere di iniziativa intitolato Il potenziale delle imprese, specie quello delle PMI (strategia di Lisbona) (INT/324, in corso di elaborazione). Questo parere fa parte dei lavori avviati dal Comitato in seguito alla richiesta rivoltagli dal Consiglio europeo del 23 e 24.3.2006 (punto 12 delle conclusioni della presidenza) di presentare, all'inizio del 2008, una relazione di sintesi a sostegno del partenariato per la crescita e l'occupazione.

(14)  Cfr. il punto 16 dell'Allegato 2, concernente l'uso improprio/la contraffazione di DPI nelle forniture automobilistiche.

(15)  Cfr. i pareri CESE 89/2007 (non ancora pubblicato nella GU), punto 1.1.4, e CESE 729/2006 (GU C 195 del 18.8.2006), punto 3.3.4.

(16)  NRC Handelsblad, un diffuso quotidiano olandese, 4.11.2006.

(17)  Secondo il progetto Knowmove, la conoscenza deve essere individuata, acquisita, conservata, sviluppata e condivisa al fine di accrescere il valore e l'efficacia di un'impresa. Ciò significa che le imprese devono trasformarsi in «organizzazioni mirate all'apprendimento» (learning organizations) e i luoghi di lavoro diventare ambienti in cui si realizza un continuum di lavoro e apprendimento. A tal fine, questo progetto ha sviluppato e testato sul campo degli approcci alla gestione della conoscenza che consentono di mappare, organizzare e conservare le esperienze dei lavoratori anziani e gli esempi di buone pratiche in un «archivio» utilizzabile da tutto il personale dell'impresa.

(Cfr. http://www.clepa.be/htm/main/promo %20banner/CLEPA %20events/maintopics_KnowMove %202 %20Final %20Event.htm, in cui si presenta il convegno Securing Growth, Innovation and Employment in a Changing Automotive Industry («Garantire la crescita, l'innovazione e l'occupazione in un settore automobilistico in evoluzione»), organizzato dalla CLEPA (l'Associazione europea dei fornitori automobilistici) nell'ambito della fase finale di divulgazione del progetto KNOWMOVE).

(18)  Iniziativa riguardante il periodo 2007-2013, adottata l'8.11.2006 dalla Commissione europea nell'ambito dell'obiettivo «Cooperazione territoriale». ( http://ec.europa.eu/regional_policy/cooperation/interregional/ecochange/index_en.cfm).

(19)  Cfr. ad esempio l'opera di Hermann Simon intitolata Hidden ChampionsLessons from 500 of the World's Best Unknown Companies («Campioni nascosti — Lezioni da trarre dalle 500 migliori imprese sconosciute del mondo») — Harvard Business School Press, 1996 — che descrive alcune imprese, perlopiù tedesche, leader mondiali nel rispettivo mercato (come quello delle macchine per l'etichettatura delle bottiglie, dei modellini ferroviari, dell'incenso, del terriccio per vasi o delle bacheche per musei).

(20)  COM(2004) 479 def.

(21)  Cfr. le comunicazioni della Commissione Mettere in pratica la conoscenza: un'ampia strategia dell'innovazione per l'UE (COM(2006) 502 def.), Un'Europa moderna e favorevole all'innovazione (COM(2006) 589 def.) e Riforme economiche e competitività: i messaggi chiave della relazione 2006 sulla competitività europea (COM(2006) 697 def.). La CCMI sta elaborando a sua volta il parere d'iniziativa Innovazione: Impatto delle trasformazioni industriali e ruolo della BEI (CCMI/038).

(22)  «Manufuture» è l'organo esecutivo della omonima piattaforma tecnologica europea, lanciata nel dicembre 2004 per proporre una strategia basata sulla ricerca e l'innovazione che potesse accelerare il ritmo delle trasformazioni industriali in Europa, garantire un'occupazione di elevato valore aggiunto e conquistare una quota di rilievo della produzione manifatturiera mondiale nell'economia del futuro guidata dalla conoscenza. Per maggiori informazioni si rinvia al sito

http://www.manufuture.org/

(23)  Nella sua relazione, pubblicata nel settembre 2006 (e disponibile solo in inglese), il gruppo di alto livello «Manufuture» sostiene che, a causa della domanda di prodotti personalizzati da consegnare in tempi brevi, le imprese devono passare dalla progettazione e vendita di prodotti intesi in senso fisico alla fornitura di un sistema di beni e servizi che, nel loro complesso, siano in grado di soddisfare le esigenze della clientela, riducendo nel contempo anche i costi totali del ciclo di vita e l'impatto ambientale (cfr. punto 4, pag. 15). Sempre secondo la relazione, innovare nella produzione significa adottare nuovi modelli aziendali e nuovi modi di «ingegnerizzazione dei prodotti» nonché acquisire la capacità di trarre vantaggio dalle innovazioni scientifiche e tecnologiche applicabili alla produzione industriale (cfr. la sintesi introduttiva della relazione, pag. 9). Nella produzione «di rete» e integrata, la sequenza lineare convenzionale dei processi produttivi è sostituita da complesse reti di produzione che connettono spesso più imprese situate in paesi diversi (punto 5, pag. 15).

(24)  Un esempio già esistente è Digital Business Eco-systems.

(25)  Due esempi particolarmente riusciti sono la universal diagnostic machine, che rende interoperabili i garage, e il GSM, il cui successo è dovuto al fatto che gli operatori del settore hanno concordato fin dall'inizio i formati di base, gli standard e i metodi di scambio.

(26)  L'accesso ai finanziamenti da parte delle PMI dovrebbe essere agevolato dalle nuove opportunità offerte, rispetto al capitale di rischio e alle garanzie, dal programma Competitività e innovazione (CIP) gestito dal Fondo europeo per gli investimenti (FEI) e dalla nuova iniziativa sviluppata congiuntamente dal FEI e dalla DG REGIO (Jeremie) per migliorare l'accesso ai finanziamenti da parte delle PMI nelle zone ammissibili allo sviluppo regionale.

(27)  I fondi strutturali (soprattutto il Fondo sociale europeo) e i programmi comunitari (come quello per l'apprendimento permanente per il periodo 2007-2013) sostengono un approccio strategico volto al rafforzamento del capitale umano e fisico. Inoltre, il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) mira a fornire un sostegno aggiuntivo alla riqualificazione e alla ricerca di un impiego dei lavoratori licenziati in conseguenza di trasformazioni rilevanti della struttura del commercio mondiale.

(28)  Cfr. nota 18.

(29)  Per sviluppare prodotti finanziari più orientati al rischio, la BEI sta lavorando a un nuovo strumento finanziario congiunto con la Commissione (DG RTD), il meccanismo di finanziamento con ripartizione dei rischi (Risk Sharing Finance facility — RSFF). L'obiettivo è migliorare l'accesso al finanziamento del debito, soprattutto per la ricerca privata e per le attività correlate con un profilo di rischio più alto della media e non coperto facilmente dal mercato. L'RSFF sarà a disposizione dei beneficiari ammissibili a prescindere dalle loro dimensioni e dal loro assetto di proprietà. Questo strumento sosterrà anche iniziative europee per la ricerca come le Infrastrutture di ricerca, le Piattaforme tecnologiche europee (PTE), le Iniziative tecnologiche comuni o i progetti avviati nell'ambito di Eureka.

(30)  Cfr. il parere del Comitato La governance territoriale delle trasformazioni industriali: il ruolo delle parti sociali e il contributo del programma quadro per l'innovazione e la competitività (CCMI/031, CESE 1144/2006, GU C 318 del 23.12.2006), in particolare il capitolo 1 «Conclusioni e raccomandazioni» e il capitolo 4 «L'Approccio territoriale integrato (ATI) e i sistemi di foresight per innovazione e ricerca sul territorio».


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