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Document 52005IE0381

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema La grande distribuzione: tendenze e conseguenze per agricoltori e consumatori

GU C 255 del 14.10.2005, p. 44–51 (ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, NL, PL, PT, SK, SL, FI, SV)

14.10.2005   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 255/44


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema La grande distribuzione: tendenze e conseguenze per agricoltori e consumatori

(2005/C 255/08)

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 1o luglio 2004, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere sul tema La grande distribuzionetendenze e ripercussioni per agricoltori e consumatori.

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 17 marzo 2005, sulla base del progetto predisposto dal relatore ALLEN.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 7 aprile 2005, nel corso della 416a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 115 voti favorevoli, 71 voti contrari e 10 astensioni.

1.   Introduzione

1.1

Sotto la spinta dei mutamenti socioeconomici degli ultimi 20 anni, e in particolare dell'evoluzione delle esigenze dei consumatori, il settore europeo del commercio al dettaglio ha dato vita al sistema della grande distribuzione. Alla base di questo sviluppo vi era l'idea di rendere più comodo al consumatore fare la spesa offrendo nello stesso punto vendita una vasta scelta di prodotti alimentari e di altro genere. In termini commerciali, la grande distribuzione si prefigge di attrarre un numero sempre maggiore di clienti grazie alla presentazione attraente delle merci e ai prezzi concorrenziali. I cambiamenti più radicali sono intervenuti nel settore della vendita al dettaglio di prodotti alimentari. Date le dimensioni e l'importanza di questo settore, il suo sviluppo ha avuto le maggiori ripercussioni sui consumatori. Nel Regno Unito l'80 % dei generi alimentari viene venduto attraverso la grande distribuzione. Si tratta di una delle percentuali più elevate nell'Unione europea. I superstore e gli ipermercati sono in grado di proporre ai consumatori fino a 20 000 linee di prodotti.

1.2

Nel corso degli anni la grande distribuzione ha offerto ai consumatori vantaggi considerevoli in termini di varietà di prodotti e di prezzi concorrenziali. In particolare, essa garantisce loro un'ampia scelta e varietà di prodotti alimentari in un unico punto vendita e mette a loro disposizione parcheggi ampi e gratuiti. I punti vendita sono di facile accesso sia per i clienti accompagnati da bambini che per i disabili, e spesso dispongono di servizi bancari, distributori automatici di bevande e contenitori per i rifiuti da riciclare. Molti offrono la possibilità di acquisti on-line e provvedono poi alla consegna a domicilio a livello locale. I consumatori sono attratti dalla possibilità di fare la spesa settimanale in un unico posto e a prezzi competitivi; ciò spiega l'aumento della quota della grande distribuzione nel mercato dei generi alimentari e degli articoli per la casa.

1.3

Nella maggior parte dei nuovi Stati membri le grandi catene di distribuzione hanno quote di mercato più modeste che nei vecchi Stati membri, ma tali quote sono in rapida crescita.

Le grandi catene operano sotto varie forme:

ipermercati: centri di grandi dimensioni, fino a 10 000 m2 di spazio vendita, con quote significative di prodotti non alimentari e prevalentemente a libero servizio,

supermercati: punti di vendita self-service con un'area di vendita fino a 3 500 m2 e dove la vendita di prodotti non alimentari rappresenta meno del 25 % del totale delle vendite,

discount: punti vendita self-service di grande semplicità, con una gamma limitata di prodotti di ampio smercio; la loro attrattiva principale consiste nei prezzi bassi; è un comparto in forte crescita.

1.4

La quota di mercato della grande distribuzione varia comunque parecchio da uno Stato membro all'altro. In Ungheria, i tre principali distributori hanno una quota del mercato di generi alimentari e articoli per la casa pari al 29 %; nel Regno Unito le tre catene più importanti controllano il 60 % del mercato, in Irlanda il 66 %. Nei nuovi Stati membri le quote di mercato delle tre catene principali sono le seguenti: Polonia 14,2 %, Repubblica Ceca 25,4 %, Slovacchia 42,6 %, Slovenia 77,3 %. Negli ultimi dieci anni il settore della vendita al dettaglio di alimentari è stato sempre più dominato da un numero esiguo di grandi catene. I prodotti alimentari costituiscono mediamente il 70 % delle vendite del settore (fonte: GfK Consumer ScanHousehold Panel).

2.   Prezzi al dettaglio degli alimentari e mercato interno

2.1

Attraverso dati raccolti dalla AC Nielsen, la DG Mercato interno ha comparato i prezzi di un paniere di articoli paneuropei (1) di marca, disponibili in 14 Stati membri, nel periodo settembre 2002 — ottobre 2003. Gli indici dei prezzi riportati nella tabella qui sotto mostrano considerevoli variazioni tra i 14 paesi in esame. La lista che segue riporta i prezzi minimi e massimi registrati negli Stati membri considerati, attribuendo l'indice 100 al valore mediano dell'UE:

Prodotto

Paese

Minimo

Paese

Massimo

Burro Kerrygold

Irlanda

90

Germania

150

Red Bull

Austria

79

Finlandia

134

Fanta

Spagna

70

Finlandia

148

Evian

Francia

62

Finlandia

204

Twix

Belgio

74

Danimarca

131

Haagen Dazs

Italia

60

Grecia

117

Caffè solubile Nescafe

Grecia

64

Austria

137

Fiocchi di mais Kelloggs

Regno Unito

75

Francia

144

Riso Uncle Ben's

Finlandia

81

Regno Unito

161

Pasta Barilla

Italia

55

Irlanda

114

2.2

In tutta l'UE i prodotti paneuropei di marca come quelli sopra riportati sono molto conosciuti dai consumatori.

Le differenze di prezzo sono ancora maggiori nel caso dei prodotti di marchi generici o senza marchio; anche in questo caso i divari di prezzo tra uno Stato membro e l'altro non seguono un particolare schema:

Prodotto

Paese

Minimo

Paese

Massimo

Riso

Portogallo

45

Svezia

182

Farina

Portogallo

45

Svezia

182

Caffè macinato

Finlandia

71

Irlanda

298

Caffè solubile

Belgio

40

Irlanda

127

Latte UHT parzialmente scremato

Germania

71

Finlandia

140

Minestre liofilizzate

Spagna

43

Belgio

256

Pesce surgelato

Finlandia

65

Francia

118

Gelato

Finlandia

40

Regno Unito

214

Acqua minerale gasata

Italia

47

Finlandia

168

Alimenti per la prima infanzia

Spagna

66

Italia

173

Ananas in scatola

Paesi bassi

53

Finlandia

181

Zucchero

Portogallo

93

Svezia

286

2.3

Mentre da un lato queste differenze nei prezzi dei prodotti di marca o generici forniscono un quadro della situazione attuale, dall'altro dovrebbe essere possibile, attraverso un frequente monitoraggio, stabilire se i prezzi di questi prodotti tendono a convergere nel tempo, come ci si aspetterebbe da un mercato interno perfettamente funzionante. La DG Mercato interno ritiene che in un mercato interno efficiente le differenze di prezzo non dovrebbero essere così rilevanti. In un esame analogo condotto negli Stati Uniti sono state riscontrate differenze più modeste.

2.4

Le divergenze di prezzo possono essere spiegate da vari fattori, quali le differenze nei costi operativi, ad esempio il costo della mano d'opera, i costi di trasporto, di gestione dei rifiuti, le dimensioni del punto vendita e il suo fatturato, le tasse locali e il livello di concorrenza sui prezzi sia di acquisto che di vendita. Anche le preferenze e i gusti dei consumatori, che dipendono in larga misura dalle abitudini culturali, possono svolgere un ruolo molto importante. Si deve inoltre tener conto anche delle condizioni del mercato locale, quali il clima e lo stato della catena di approvvigionamento.

3.   La politica dei prezzi della grande distribuzione

3.1

Negli ultimi cinque anni i principali distributori di generi alimentari hanno lanciato slogan del tipo «prezzi bassi ogni giorno», «da noi il tuo denaro vale di più»«più qualità a minor prezzo», «vi aiutiamo a spendere meno ogni giorno». La grande distribuzione si presenta come il paladino dei consumatori che combatte per ridurre i prezzi ingiustificatamente alti, il che ovviamente si spiega con la grande importanza annessa dai consumatori al fattore «prezzo». In teoria ciò rappresenta un vantaggio per i consumatori, specie nel breve periodo, ma vanno considerate anche le conseguenze a lungo termine. Per garantire una fornitura costante di alimenti di buona qualità, prodotti in condizioni ambientali adeguate, occorre pagare ai produttori agricoli dei prezzi ragionevoli. Anche i vari soggetti che intervengono nella lavorazione e nella distribuzione devono ricavare un ragionevole profitto.

3.2

Nel Regno Unito il supermercato ASDA (di proprietà del colosso statunitense Wal-Mart) ha fatto della riduzione dei prezzi una missione filantropica riassunta nella dichiarazione: «il nostro obiettivo è quello di rendere beni e servizi più accessibili a tutti». Sembra che la nuova filosofia consista nel ridurre al massimo la spesa per i generi alimentari. Spesso la pubblicità della grande distribuzione suggerisce che la caratteristica più importante dei prodotti alimentari consiste nel prezzo. In tutta Europa continua a diminuire la quota del bilancio familiare destinata all'alimentazione (vedi allegato 1).

3.3

La grande distribuzione suole basare le promozioni più aggressive su prodotti di base, i «prodotti civetta», di uso molto frequente, e ricava invece i propri margini di profitto da altri prodotti, meno familiari ai consumatori. In alcuni Stati membri i «prodotti civetta» sono spesso venduti sottocosto, pratica che è però vietata, per i generi alimentari, in Belgio, Francia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Portogallo e, in determinate circostanze, in Spagna e Grecia.

3.4

La vendita sottocosto e i prezzi aggressivi possono condurre a pratiche anticoncorrenziali.

4.   La manodopera nella grande distribuzione

4.1

L'espansione della grande distribuzione ha creato nell'UE diverse migliaia di posti di lavoro, in molti casi sottopagati e/o a tempo parziale. Da uno studio recentemente pubblicato sul sito Internet della Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro (Industrial Relations in the Retail Sector, ottobre 2004, studio comparativo) risulta che nel settore della distribuzione circa il 60 % degli addetti è di sesso femminile ed è presente una quota significativa di lavoratori giovani e a bassa qualificazione. Le retribuzioni sono relativamente modeste, mentre il ricorso al lavoro a tempo parziale e ai turni durante il fine settimana è elevato. Nel settore sono in corso importanti trasformazioni, processi di concentrazione e di diversificazione e forti spinte in direzione della ristrutturazione, della deregolamentazione e della riduzione dei posti di lavoro. Inoltre si constata spesso un considerevole divario retributivo tra donne e uomini, dovuto alla quota elevata di donne che lavorano a tempo parziale o che occupano posti di livello inferiore.

4.2

La grande distribuzione offre posti di vario tipo, ma i cassieri e gli addetti ai rifornimenti degli scaffali occupano spesso la fascia salariale più bassa e, in base alla situazione occupazionale dei singoli Stati membri, i salari possono oscillare tra il livello minimo e quello appena superiore.

4.3

L'orario flessibile può risultare comodo agli studenti, ai lavoratori a tempo parziale e a quanti hanno responsabilità familiari o un altro lavoro. È essenziale che i lavoratori a tempo parziale non vengano discriminati.

4.4

La grande distribuzione europea dovrebbe evolversi in direzione dell'offerta ai consumatori di servizi di qualità, prestati da personale competente, che lavora in condizioni adeguate e in piena sicurezza. Il processo di concentrazione in corso nel settore sta producendo da un lato nuove strategie di concorrenza, come ad esempio guerre dei prezzi, e dall'altro forti spinte verso la limitazione dei costi del lavoro, la deregolamentazione degli orari di apertura e l'aumento del lavoro serale o durante il fine settimana.

4.5

Se è vero che i prezzi degli alimentari sono scesi grazie alla concorrenza, alla maggiore efficienza degli acquisti, dell'amministrazione, della gestione del magazzino, della commercializzazione, nonché grazie alla buona qualità dei prodotti, è anche vero che, come afferma il professor Tim Long della Thames Valley University, i prezzi bassi dei generi alimentari in genere significano basse retribuzioni del personale e dovremmo ricordarcene quando incoraggiamo i supermercati a competere tra loro attraverso i prezzi.

4.6

Anche nel caso dell'importazione di prodotti da paesi del terzo mondo bisognerebbe tener conto delle relative condizioni di lavoro.

5.   Concentrazione nel settore della distribuzione

5.1

In tutta Europa vi è stato un brusco processo di concentrazione nella distribuzione alimentare. Tra il 1993 e il 2002 la quota di mercato dei 5 operatori principali è cresciuta mediamente del 21,7 %, raggiungendo un livello medio del 69,2 % nei 15 vecchi Stati membri. A livello nazionale tale quota varia dal 37 % dell'Italia, al 52,7 % della Grecia, fino al 94,7 % della Svezia (fonte: London Economics, relazione al Dipartimento dell'ambiente del Regno Unito, 2003).

5.2

In alcuni Stati membri vi è un livello equivalente di concentrazione sia sul versante della domanda che su quello dell'offerta. In altri vi sono gruppi di acquisto formati da dettaglianti tecnicamente indipendenti, ad esempio sotto forma di catene su base volontaria, ragion per cui a livello interno il grado di concentrazione è più elevato sul versante della domanda che su quello dell'offerta.

5.3

Gli ipermercati stanno accrescendo l'offerta combinata di servizi e prodotti, mentre i discount crescono in particolare nel settore alimentare, concentrandosi sui prezzi bassi, e offrono anche alcuni prodotti di qualità più elevata al prezzo più basso possibile.

5.4

Il settore ortofrutticolo tende ultimamente ad allontanarsi dall'approccio tipico del commercio di prodotti primari. Le grandi catene danno la preferenza a pochi grandi operatori, in grado di rifornirli tutto l'anno. In un precedente parere (2) il Comitato osservava che «Fra i vantaggi degli ipermercati si cita in particolare l'ampia scelta di ortofrutticoli freschi. Il mercato rionale invece viene associato ad una migliore qualità, alla freschezza, ad una vasta scelta, alla fiducia e al contatto umano

5.5

Le grandi catene hanno anche incoraggiato i propri fornitori, specie quelli del comparto alimentare, a raggrupparsi. Questo raggruppamento ha già avuto luogo tra i panificatori, in particolare nel Regno Unito ed in Irlanda, dove la guerra dei prezzi ha causato la chiusura di numerosi panifici e il mercato è ora dominato da pochi grandi operatori. In questo modo le grandi catene sono in grado di vendere a basso costo pane dal valore nutritivo ridotto, mentre il pane a valore nutritivo elevato resta disponibile a un prezzo più alto.

5.6

Molti supermercati si sono dotati di una panetteria interna, in cui viene ultimata la lavorazione di impasti congelati di provenienza industriale.

6.   Prezzi alla produzione e prezzi al consumo

6.1

Secondo uno studio eseguito nel 2003 dall'istituto London Economics, nel 2001 non c'era uno Stato membro in cui il divario tra prezzi alla produzione e prezzi al dettaglio fosse sistematicamente il più alto. Il rapporto tra tali prezzi è in genere compreso tra 1 e 5, ma può giungere fino a 30 nel caso del pane di grano, a causa dei considerevoli costi non agricoli che la sua produzione comporta.

6.2

Per le carni ovine, nel 2001, il divario tra prezzi alla produzione e prezzi al dettaglio è cresciuto in Irlanda e Gran Bretagna e si è invece ridotto in Francia e Germania. Per i prodotti ortofrutticoli tale divario è stabile o in lieve diminuzione. I prezzi ortofrutticoli all'ingrosso sono in calo da tempo, ma i prodotti freschi vengono spesso acquistati al prezzo del giorno, il che comporta ampie fluttuazioni dovute alle condizioni meteorologiche e all'offerta. Per stabilizzare i prezzi dei prodotti freschi e ridurre i propri costi, la grande distribuzione ricorre sempre più a contratti stagionali o annuali con pochi grandi fornitori, con l'effetto di rendere più stabile il divario tra prezzi alla produzione e prezzi al dettaglio. In caso di guerre dei prezzi, ciò può voler dire che i produttori primari avranno margini minori e costi più elevati.

6.3

Se il potere d'acquisto della grande distribuzione si riflette in prezzi più bassi pagati ai fornitori, e se tali prezzi più bassi vengono trasferiti al consumatore, il margine di percentuale del produttore agricolo potrebbe anche non diminuire, ma il prezzo alla produzione risulterà comunque minore e quindi i produttori agricoli rischiano di avere profitti minimi se non addirittura nulli.

6.4

Un'indagine eseguita nel 2002 nel Regno Unito dall'Associazione nazionale degli agricoltori ha accertato che un paniere di prodotti che comprendeva carne bovina, uova, latte, pane, pomodori e mele, il cui prezzo nel supermercato era di 55 euro, veniva pagato al produttore agricolo 16 euro, ossia meno di un terzo del suo valore al dettaglio. Scorporando i vari prodotti, la quota del produttore era del 26 % per le carni bovine, dell'8 % per il pane e del 14 % per la pancetta.

6.5

Nell'UE a 15, nel periodo 1990-2002, la quota del produttore, in termini reali, per l'insieme dei prodotti agricoli è stata pari al 27 %. In tale periodo i prezzi agricoli nominali sono rimasti piuttosto stabili. Il forte divario tra prezzi alla produzione e al consumo dei prodotti agricoli è stato oggetto di grande attenzione, ma non si è pervenuti ad un consenso circa le cause di tale divario (London Economics, relazione 2003).

6.6

È da notare che la grande distribuzione offre sempre più prodotti del commercio equo e solidale, il che rappresenta una tendenza positiva. In un articolo pubblicato sul Wall Street Journal dell'8 giugno 2004, Steve Steckton e Erin White, in riferimento ai prodotti del commercio equo venduti nei supermercati, affermano che il supermercato inglese Sainsbury vende le banane del commercio equo e solidale a un prezzo più che quadruplo rispetto a quello delle banane tradizionali e oltre 16 volte superiore a quello pagato al produttore. Aggiungono che il supermercato Tesco ha recentemente venduto il caffè del commercio equo e solidale a 3,46 dollari la libbra, mentre il produttore riceve circa 44 centesimi in più del prezzo mondiale. Emily Dardaine, responsabile per il settore frutta presso l'organizzazione internazionale per il marchio di commercio equo FLO, un organismo che ha sede in Germania e riunisce vari gruppi del settore ritiene che i supermercati approfittino del contrassegno del commercio equo e solidale per accrescere i loro profitti,in quanto sanno che i consumatori sono disposti a pagare un po' di più per questi prodotti.

7.   Condizioni applicate ai fornitori

7.1

Nel considerare il comportamento della grande distribuzione nei confronti dei fornitori va tenuto conto delle differenze esistenti tra uno Stato membro e l'altro per quanto riguarda il grado e il tipo di concentrazione del mercato. Come è stato specificato più sopra vi è una grande pressione sul settore della distribuzione affinché riduca i prezzi, perché i consumatori annettono molta importanza a tale fattore e le loro richieste finiscono per influire sull'offerta. Per poter praticare prezzi bassi, la grande distribuzione esercita pressione sui fornitori perché abbassino i loro. Ciò vale per il comparto alimentare e specialmente nei mercati caratterizzati da un grado elevato di concentrazione. Per strappare ai fornitori condizioni sempre migliori, la grande distribuzione minaccia continuamente di togliere dal listino i loro prodotti. Inoltre molte delle catene più grandi trasferiscono frequentemente gli addetti agli acquisti da un reparto all'altro, per evitare che si creino relazioni personali tra loro e i fornitori. Il ruolo degli addetti agli acquisti è infatti quello di ottenere dai fornitori ribassi sempre maggiori. Essi possono decidere il destino di un fornitore semplicemente escludendo i loro prodotti dalla vendita e passando a un altro fornitore, a maggiore ragione quando il fornitore abbia fatto investimenti rilevanti per fornire una determinata linea ad una catena. I fornitori, specie quelli piccoli, spesso non hanno le risorse finanziarie per far fronte alle esigenze della grande distribuzione. Nei mercati in cui il potere commerciale della grande distribuzione è così forte,, le speranze dei produttori agricoli di spuntare prezzi ragionevoli sono minime.

7.2

Oltre a comprimere i prezzi di acquisto, la grande distribuzione ha il potere di imporre ai fornitori obblighi contrattuali quali i contributi per l'immissione nel listino e per lo spazio sugli scaffali, sconti retroattivi su merce già venduta, contributi di entità ingiustificata per le spese per pubblicità, nonché la fornitura in esclusiva.

7.3

I fornitori di prodotti alimentari alla grande distribuzione hanno spesso difficoltà finanziarie per via delle lunghissime scadenze di pagamento, che arrivano talvolta a 120, più raramente perfino a 180, giorni. Dal momento che i consumatori pagano all'acquisto, tali scadenze di pagamento contribuiscono fortemente ai profitti della grande distribuzione, la quale in un certo senso riceve dai fornitori dei prestiti a tasso zero.

7.4

Talvolta le catene della grande distribuzione impongono ai fornitori di rifornirle di prodotti alimentari sottocosto per un certo periodo, pena l'esclusione dalla vendita; ciò può causare ai fornitori e ai produttori notevoli perdite finanziarie.

7.4.1

Anche l'introduzione dell'asta su Internet ha rafforzato la posizione delle grandi catene, grazie alla possibilità di reperire prodotti a buon mercato per i marchi propri. Le grandi catene ricercano su Internet offerte di prodotti (per lo più destinati ad essere venduti sotto un marchio proprio); i fornitori sono in concorrenza tra loro per offrire il prezzo più basso.

7.5

Un fenomeno emergente è quello della vendita con marchio proprio da parte delle grandi catene. Tale fenomeno è più che mai evidente in Irlanda, nel Regno Unito e nei mercati in via di sviluppo. Secondo Jane Perrin, della ACNielsen, il tasso elevato di prodotti con marchio proprio nei mercati in via di sviluppo è direttamente collegato all'espansione delle catene globali di distribuzione al di fuori dei loro tradizionali confini geografici. Con l'aumento della qualità dei marchi propri, i distributori hanno potuto accrescere i profitti senza eccessivi costi pubblicitari.

7.6

Il sistema dei marchi propri dà ai distributori più potere nei confronti dei fornitori.

7.7

In un settore in cui le idee commerciali di successo possono facilmente essere copiate, la strategia dei marchi propri diviene sempre più utile alle singole catene per distinguersi dalla concorrenza.

7.8

L'aumento del potere dei rivenditori nei confronti dei loro fornitori si basa su vantaggi che vanno ben al di là della proprietà degli scaffali e dei benefici derivanti dai marchi propri: grazie alle tessere fedeltà i rivenditori conoscono meglio di qualsiasi fornitore l'identità, il profilo e le abitudini di acquisto dei consumatori. Questa conoscenza è ulteriormente accresciuta dal contatto settimanale tra dettagliante e cliente.

7.9

Mentre da un lato le catene di distribuzione promuovono i marchi propri, per soddisfare la domanda della clientela occorre offrire anche prodotti di marchi noti. Tuttavia la grande distribuzione, per limitare il numero di fornitori di articoli di marca, ha introdotto il sistema della gestione per categoria. Attraverso tale sistema si limita il numero di fornitori; di conseguenza vengono ridotti i costi e accresciuti i margini. Per ogni categoria di prodotti la catena di distribuzione sceglie un fornitore principale, il quale reperisce e fornisce tutte le linee di prodotti richieste. Solitamente i produttori di un marchio di successo vengono invitati, pena l'esclusione dal listino, a produrre una gamma di altri prodotti correlati. Può ad esempio capitare che un produttore di formaggio cheddar di marca venga invitato a fornire tutti gli altri tipi di formaggio che la catena richiede e debba quindi procurarseli presso altri fornitori. Questo sistema avvantaggia i fornitori più grandi, che possono così limitare l'accesso dei fornitori più piccoli e di quelli locali. Queste pratiche possono finire per limitare la scelta dei consumatori.

7.10

Le PMI del settore alimentare sono spesso molto vulnerabili, specie quando dipendono da una grande catena di distribuzione. Le catene di distribuzione possono richiedere un taglio dei prezzi del 2 % annuo per i successivi tre anni, pena il passaggio ad un altro fornitore. La PMI, se non vuole perdere il cliente, dovrà quindi ridurre i costi e i margini; ne consegue che i produttori riceveranno un prezzo minore, il numero di addetti si ridurrà e la qualità del prodotto fornito al consumatore sarà meno elevata.

8.   Questioni concernenti i consumatori

8.1

I consumatori si attendono dalla grande distribuzione prezzi competitivi, la disponibilità continua di alimenti sicuri e di buona qualità, un buon servizio e un ambiente gradevole.

8.2

Essi dovrebbero dialogare con i produttori e i fornitori primari di prodotti alimentari, in modo da farsi un'opinione più equilibrata delle politiche in atto nel settore della vendita al dettaglio.

8.3

Dovrebbero anche essere informati quando uno sconto speciale o un prezzo particolarmente basso sono finanziati dai fornitori.

8.4

Dovrebbero essere meglio informati in merito a tutti gli aspetti del mercato alimentare e alle conseguenze a lungo termine delle loro richieste. Spesso le famiglie a basso reddito, in mancanza di un mezzo di trasporto adeguato, non possono beneficiare dei bassi prezzi alimentari praticati dai grandi superstore siti fuori delle città.

8.5

Temi come l'obesità e il consumo sostenibile rivestono grande importanza per i consumatori; i rivenditori dovrebbero prendere posizione in materia.

9.   Questioni riguardanti i produttori agricoli

9.1

A causa della riforma della PAC e del disaccoppiamento, le decisioni degli agricoltori in merito a cosa produrre saranno maggiormente influenzate dai segnali, in termini di prezzi e di domanda, provenienti dal settore della vendita al dettaglio. Non vi sarà più il sostegno dei prezzi agricoli minimi, che costituiva in precedenza una parte della PAC, la grande distribuzione avrà di conseguenza un ruolo molto maggiore nella determinazione dei prezzi degli alimentari. Anche l'aumento delle importazioni da paesi terzi comporterà un abbassamento dei prezzi di vendita dei produttori agricoli quando vi siano prezzi bassi a livello mondiale. È probabile che tutto ciò si traduca in fluttuazioni molto maggiori dei prezzi, sotto la spinta dell'offerta e della domanda.

9.2

Se i produttori agricoli si trovano esposti per un certo periodo a un calo del reddito e a un aumento dei costi, è probabile che una parte di essi cambi occupazione. Una simile evoluzione potrebbe riflettersi nella riduzione della produzione agricola in Europa e ciò ostacolerebbe di riflesso lo sviluppo dell'agricoltura multifunzionale nella Comunità. Vi sarebbero riflessi negativi anche sul mantenimento e sullo sviluppo della vitalità delle aree rurali. Per scongiurare un esito del genere si impone anche un'evoluzione nelle mentalità degli agricoltori, per quanto attiene ai metodi di coltivazione ed alle priorità in fatto di produzioni. Una strada praticabile potrebbe consistere nel puntare su settori di nicchia: ad esempio, produzioni di alta qualità, produzioni innovative, nuove forme di distribuzione e di cooperazione (come le cooperative d'acquisto, o la creazione di rivendite di prodotti agricoli nei centri urbani) e turismo ambientale.

9.3

Data l'impossibilità di conoscere i costi e i margini di profitto del settore della trasformazione e della vendita al dettaglio, risulta difficile fare comparazioni tra prezzi agricoli e prezzi al consumo sul mercato comunitario. Tuttavia è evidente che se la grande distribuzione vende sottocosto i prodotti agricoli saranno i produttori, in quanto ultimo anello della catena, a subirne le conseguenze, perché il settore della trasformazione e i supermercati continueranno a ritagliarsi dei margini per rimanere in attività.

10.   Altre questioni

Se è vero che i prezzi costituiscono un elemento importantissimo nel campo della vendita al dettaglio di prodotti alimentari, vi sono nondimeno altre questioni da tenere in considerazione:

a)

la grande distribuzione ispira fiducia in quanto fornitrice di prodotti alimentari sicuri;

b)

essa mantiene contatti regolari con i clienti, i quali in genere fanno la spesa settimanalmente;

c)

le tessere di fedeltà forniscono un quadro particolareggiato delle abitudini di spesa dei consumatori, assicurando quindi alla grande distribuzione un'importante banca dati sulla clientela e informazioni preziose sul piano commerciale;

d)

la grande distribuzione si informa, tramite ricerche di mercato, circa le esigenze della clientela;

e)

essa influenza il comportamento degli acquirenti attraverso le promozioni, gli sconti, il servizio alla clientela come pure l'allestimento e la progettazione dei punti di vendita. Essa può pertanto influenzare l'orientamento del mercato.

11.   Conclusioni

11.1

Occorrono informazioni più precise e maggiore trasparenza sulla struttura dei prezzi e sui margini di profitto per i dettaglianti, i fornitori (compreso il settore della trasformazione) e i produttori primari.

11.2

Gli Stati membri devono garantire un'adeguata concorrenza sul proprio territorio e favorire la cooperazione tra piccoli produttori agricoli, imprese di trasformazione di modeste dimensioni e commercianti al dettaglio, mantenendo così la loro competitività di fronte ai grandi produttori agricoli, alle grandi imprese di trasformazione e alle reti di distribuzione. Devono inoltre, assieme alle istituzioni UE, garantire l'esistenza di varie forme di commercio e impedire la liberalizzazione totale del mercato, la quale condurrebbe a un'ulteriore concentrazione.

11.3

La DG Mercato interno deve studiare e valutare continuamente i prezzi al consumo per garantire che in tutta l'Unione si manifesti un'adeguata concorrenza.

11.4

Vi è un aspetto della legislazione in materia di concorrenza che andrebbe preso in considerazione: la definizione di interesse pubblico; questo, infatti, non dovrebbe essere limitato ai prezzi e alle forze di mercato.

11.5

È necessario che le autorità competenti in materia di concorrenza continuino ad occuparsi del potere commerciale della grande distribuzione.

11.6

Può avvenire in futuro che la vendita al dettaglio di alimentari si trovi nelle mani di un piccolissimo numero di soggetti, con il rischio che vi sia meno scelta per i consumatori e prezzi più alti. La Commissione e i governi degli Stati membri devono essere consapevoli di questa possibilità.

11.7

L'Unione europea deve garantire che venga mantenuta la produzione di generi alimentari in misura sufficiente per i suoi cittadini; in questo settore non dobbiamo divenire dipendenti dall'approvvigionamento esterno.

11.8

Bisogna inoltre investigare e analizzare i meccanismi di trasmissione dei prezzi e i margini che vengono applicati tra la produzione e la rivendita al dettaglio attraverso la grande distribuzione.

Bruxelles, 7 aprile 2005.

La Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Anne-Marie SIGMUND


(1)  Le marche paneuropee sono marche reperibili in quattro dei cinque Stati membri più grandi e in cinque altri Stati membri; le marche generiche sono quelle che non rispondono ai suddetti criteri. L'analisi presentata fa riferimento esclusivamente a prezzi in euro IVA esclusa.

(2)  GU C 95 del 30.3.98, pag. 36.


ALLEGATO

al parere del Comitato economico e sociale europeo

I seguenti emendamenti, che hanno ottenuto un numero di voti favorevoli pari ad almeno un quarto dei voti espressi, sono stati respinti nel corso del dibattito svoltosi in sessione plenaria:

Punto 3.1

Modificare come segue:

Negli ultimi cinque anni i principali dettaglianti di alimentari hanno lanciato slogan del tipo «prezzi bassi ogni giorno», «da noi il tuo denaro vale di più»«più qualità a minor prezzo», «vi aiutiamo a spendere meno ogni giorno». La grande distribuzione si presenta come il difensore dei consumatori dai prezzi ingiustificatamente alti, il che ovviamente si spiega con la grande importanza annessa dai consumatori al fattore «prezzo». In teoria ciò rappresenta un vantaggio per i consumatori, specie nel breve periodo, ma vanno considerate anche le conseguenze a lungo termine. Per garantire una fornitura costante di alimenti di buona qualità, prodotti in condizioni ambientali adeguate, occorre corrispondere ai produttori agricoli dei prezzi ragionevoli. Anche i vari soggetti che intervengono nella lavorazione e nella distribuzione devono ricavare un equo profitto.

Motivazione

L'affermazione è alquanto generica e non chiarisce cosa si intenda per «prezzi ragionevoli». Il testo non definisce tale concetto, né si occupa di analizzare le componenti del profitto in agricoltura, di studiare gli effetti delle sovvenzioni sui redditi agricoli o di spiegare perché occorrerebbe salvaguardare dei produttori agricoli che non sono concorrenziali rispetto ad altri produttori agricoli. In altri termini, è necessario garantire a tutti gli agricoltori dei redditi elevati a spese dei consumatori?

Esito della votazione:

Voti favorevoli: 38

Voti contrari: 75

Astensioni: 17

Punto 4.5

Sopprimere il punto.

Se è vero che i prezzi degli alimentari sono scesi grazie alla concorrenza, alla maggiore efficienza degli acquisti, dell'amministrazione, della gestione del magazzino, della commercializzazione, nonché grazie alla buona qualità dei prodotti, è anche vero che, come afferma il professor Tim Long della Thames Valley University «quando si incoraggiano i dettaglianti di alimentari a competere tra loro attraverso i prezzi va ricordato che i bassi prezzi si riflettono nelle basse retribuzioni del personale».

Motivazione

La frase non è chiara. Si vuole forse intendere che, per esempio, non compreremo mele di produzione polacca perché sono più a buon mercato di quelle prodotte in Lettonia o in Finlandia?

Esito della votazione

Voti favorevoli: 56

Voti contrari: 92

Astensioni: 12

Punto 4.6

Sopprimere il punto.

Anche nel caso dell'importazione di prodotti da paesi del terzo mondo bisognerebbe tener conto delle relative condizioni di lavoro.

Motivazione

Il senso di questa frase non è chiaro. Si intende dire che occorre prendere in considerazione il salario minimo dei vari paesi del terzo mondo? Chi stabilirà, e in che modo, che un prodotto acquistato nell'uno o nell'altro paese è stato realizzato da personale che lavorava in condizioni «soddisfacenti»? Si vuole forse affermare che i consumatori europei devono garantire redditi adeguati ai lavoratori del terzo mondo?

Esito della votazione

Voti favorevoli: 49

Voti contrari: 104

Astensioni: 7

Punto 7.1

Modificare come segue:

Per poter praticare prezzi bassi, la grande distribuzione esercita un'enorme pressione sui fornitori perché abbassino i loro. Ciò vale specialmente per il comparto alimentare. Per strappare ai fornitori condizioni sempre migliori la grande distribuzione minaccia continuamente di togliere dal listino i loro prodotti. Inoltre molte delle catene più grandi trasferiscono frequentemente gli addetti agli acquisti da un reparto all'altro, per evitare che si creino relazioni personali tra loro e i fornitori. Il ruolo degli addetti agli acquisti è infatti quello di ottenere dai fornitori ribassi sempre maggiori. Essi possono decidere il destino di un fornitore semplicemente escludendo i loro prodotti dalla vendita e passando a un altro fornitore, a maggiore ragione quando il fornitore abbia fatto investimenti rilevanti per fornire una determinata linea ad una catena. I fornitori, specie quelli piccoli, spesso non hanno le risorse finanziarie per far fronte alle esigenze della grande distribuzione. Dato il potere commerciale della grande distribuzione, le speranze dei produttori di spuntare prezzi ragionevoli sono minime.

Motivazione

Quest'affermazione, piuttosto generica, non spiega quale sia il «prezzo ragionevole» per un agricoltore, né come tale prezzo possa essere determinato. Si potrebbe analogamente chiedere all'agricoltore di garantire prezzi ragionevoli per i consumatori. L'agricoltura dell'UE funziona con un meccanismo di sovvenzioni, non si possono introdurre anche dei prezzi di vendita fissi per i prodotti agricoli (chi li stabilirebbe e in che modo?), altrimenti non si potrebbe più parlare di mercato libero.

Esito della votazione

Voti favorevoli: 42

Voti contrari: 114

Astensioni: 7

Punto 8.2

Modificare come segue:

Essi dovrebbero dialogare con i produttori e i fornitori primari di prodotti alimentari, in modo da farsi un'opinione più equilibrata delle politiche in atto nel settore della vendita al dettaglio. Bisogna aiutare i consumatori a rendersi meglio conto della gamma di prodotti alimentari disponibili e fornire loro informazioni oggettive circa le differenze di qualità tra tali prodotti.

Motivazione

Attualmente i consumatori hanno possibilità limitate di informarsi sulle differenze di qualità tra i vari prodotti alimentari. Le loro scelte sono in grande misura orientate dalla pubblicità e ricadono su determinati prodotti a detrimento di quelli proposti dai piccoli produttori, che sono di buona qualità ma non altrettanto pubblicizzati.

Esito della votazione:

Voti favorevoli: 43

Voti contrari: 112

Astensioni: 14


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