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Document 52005IE0135

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema: La politica occupazionale: il ruolo del CESE dopo l'allargamento e nella prospettiva del processo di Lisbona

GU C 221 del 8.9.2005, p. 94–107 (ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, NL, PL, PT, SK, SL, FI, SV)

8.9.2005   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 221/94


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema: La politica occupazionale: il ruolo del CESE dopo l'allargamento e nella prospettiva del processo di Lisbona

(2005/C 221/18)

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 1o luglio 2004, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere sul tema La politica occupazionale: il ruolo del CESE dopo l'allargamento e nella prospettiva del processo di Lisbona.

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 20 gennaio 2005, sulla base del progetto predisposto dal relatore GREIF.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 9 febbraio 2005, nel corso della 414a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 138 voti favorevoli, un voto contrario e 4 astensioni.

1.   Introduzione

1.1

Nel marzo 2000 il Consiglio europeo ha avviato, a Lisbona, un ambizioso programma di riforma che punta a traguardi assai esigenti sul fronte della crescita e dell'occupazione. Una competitività maggiore in un'economia basata sulla conoscenza e una crescita economica sostenibile e favorevole all'occupazione dovrebbero andare di pari passo con il miglioramento della qualità della vita e il rafforzamento della coesione sociale. Raccogliendo ampi consensi, questo programma ha alimentato la speranza che la sua realizzazione potesse ravvicinare sensibilmente il progetto di un'Unione ampliata alla popolazione europea.

1.2

Nel contesto economico attuale si rischia di fallire gli obiettivi posti per il 2010, e in particolare quelli riguardanti l'occupazione, cosa che può compromettere la credibilità dell'intero processo. Il Comitato economico e sociale europeo ritiene che questo problema di credibilità potrà essere temperato se i cittadini potranno contare sull'impegno di tutti i responsabili politici di attivarsi energicamente per attuare in maniera coerente la strategia di Lisbona salvaguardando la sintonia e l'equilibrio dei suoi obiettivi (miglioramento della competitività, crescita economica con nuovi e migliori posti di lavoro, una maggiore coesione sociale e uno sviluppo ecocompatibile).

1.3

Il Comitato è convinto che attualmente occorra non già una nuova «agenda», quanto piuttosto un nuovo indirizzo politico inteso anche a conseguire gli obiettivi di Lisbona mediante provvedimenti adeguati, soprattutto negli Stati membri. Con il presente parere d'iniziativa, che completa il recente parere sul tema «Migliorare l'attuazione della strategia di Lisbona» (1), il Comitato desidera additare una serie di problemi che interessano la politica occupazionale e formulare raccomandazioni per il proseguimento di tale strategia di qui al 2010.

2.   Valutazione intermedia della strategia di Lisbona: l'Europa è ben lontana dal conseguimento di «nuovi e migliori posti di lavoro»

2.1

Nell'ambito della strategia di Lisbona, la maggiore competitività e la crescita economica sostenibile sono viste come strumenti essenziali per poter creare, in Europa, nuovi e migliori posti di lavoro, nonché una base più stabile per i sistemi di sicurezza sociale, e quindi prevenire la povertà e l'emarginazione. Il Comitato ritiene che questa impostazione globale costituisca un notevole vantaggio della strategia di Lisbona.

2.2

Lisbona dovrebbe offrire nuovi impulsi a favore della strategia europea dell'occupazione, rafforzare il contributo della politica occupazionale attiva diretta a contrastare la povertà, promuovere l'imprenditorialità come volano essenziale per la crescita e l'occupazione e accrescere la partecipazione al mercato del lavoro su scala europea facendo leva su traguardi quantitativi.

Ad esempio, entro il 2010 la percentuale relativa all'occupazione complessiva media nell'UE dovrebbe salire dal 61 al 70 % e quella femminile passare dal 51 al 60 %. Al riguardo l'anno successivo, a Stoccolma, sono stati additati obiettivi intermedi: per il gennaio 2005 un tasso generale del 67 % e un tasso di occupazione femminile del 57 %. Inoltre, è stato fissato un nuovo obiettivo per accrescere il tasso di occupazione delle persone nella fascia di età 55-64 anni: nel 2010 dovrebbe attestarsi intorno al 50 %.

I singoli Stati membri sono stati invitati a fissare obiettivi altrettanto ambiziosi a livello nazionale, in funzione delle rispettive situazioni di partenza. Ad esempio, gli Stati che nel 2000 già registravano un tasso di occupazione del 70 % (come la Svezia, i Paesi Bassi, la Danimarca e il Regno Unito) o di poco inferiore (Austria, Portogallo e Finlandia) dovevano comunque migliorare i livelli occupazionali in misura congrua.

2.3

Lisbona non si è però limitata all'obiettivo di «nuovi posti di lavoro», ma ha anche evidenziato la necessità di realizzare una maggiore efficienza e competitività, soprattutto promovendo l'innovazione e una migliore qualità del lavoro: agli investimenti nel capitale umano, alla ricerca, alla tecnologia e all'innovazione sono state assegnate la stessa urgenza e importanza che è stata riconosciuta ai provvedimenti relativi al mercato del lavoro e alla politica strutturale. Sono stati quindi fissati altri obiettivi quantificati, come l'incremento degli investimenti pro capite nel capitale umano, la promozione dell'apprendimento lungo tutto l'arco della vita (partecipazione del 12,5 % di tutti gli adulti in età lavorativa a corsi di formazione permanente, dimezzamento del numero dei giovani nella fascia di età compresa tra i 18 e i 24 anni «che hanno assolto solo il primo ciclo di studi secondari e che non continuano gli studi né intraprendono altro tipo di formazione»), incremento degli investimenti in R&S al 3 % del PIL (assicurando che i 2/3 provengano dal settore privato) o per esempio il potenziamento delle infrastrutture per la custodia dei bambini (possibilità di accoglienza per il 33 % dei bambini rientranti nella fascia di età 0-3 anni e per il 90 % dei bambini fino all'età dell'obbligo scolastico).

2.4

Malgrado alcuni successi iniziali, all'inizio del 2005 l'Europa è ancora lontana dai suoi ambiziosi traguardi. Per il terzo anno consecutivo l'economia europea accusa un tasso di crescita modesto, nettamente inferiore al suo potenziale. Nell'insieme la dinamica economica è incerta e molto vulnerabile a causa dei prezzi petroliferi elevati e dei macroscopici squilibri globali. Come valutazione intermedia si deve purtroppo constatare che quasi certamente entro il 2010 non sarà possibile conseguire gli obiettivi occupazionali stabiliti a Lisbona.

2.5

Tutti e tre i grafici 1-3 (cfr. più in basso: i valori massimi indicati in ciascuno di essi corrispondono all'obiettivo di Lisbona) evidenziano quanto sia improbabile conseguire gli obiettivi di Lisbona entro il 2010.

Alla fine degli anni '90, contestualmente ad una crescita relativamente rapida dell'economia europea, i tassi di occupazione, sia generale che femminile, avevano registrato rapidi incrementi. Nel 2001 il rallentamento della congiuntura, provocato da shock esterni solo insufficientemente attutiti dalla politica macroeconomica, ha segnato in pratica una battuta d'arresto nella dinamica del tasso occupazionale complessivo. La percentuale relativa all'occupazione femminile ha continuato a mettere a segno aumenti di un mezzo punto percentuale all'anno. Dunque, se la crescita economica procedesse ad un ritmo spedito, entro il 2010 il traguardo fissato per l'occupazione femminile potrebbe essere raggiunto almeno nell'UE dei 15.

Il divario più marcato, e più difficile da colmare, è quello che interessa i lavoratori e le lavoratrici anziane: esso tocca infatti l'8 % per l'UE dei 15 e il 10 % per l'insieme dell'UE a 25 (2). In ogni caso, malgrado il rallentamento della congiuntura, il tendenziale aumento dei loro tassi occupazionali rispettivi sembra indicare che le misure dirette ad evitare i pensionamenti anticipati e a promuovere l'invecchiamento attivo nel quadro della strategia di Lisbona hanno dato qualche risultato. Infatti, l'età media dell'uscita dal mercato del lavoro è salita dai 60,4 anni nel 2001 ai 60,8 anni nel 2002 (3). Invece, l'aumento tendenziale che gli altri due principali indicatori occupazionali registravano in precedenza, ha ironicamente subito una battuta d'arresto dopo l'annuncio della strategia di Lisbona. Ciò rivela chiaramente l'importanza dei fattori congiunturali e macroeconomici, che sono stati però trascurati per puntare invece sulle cosiddette misure «strutturali». Occorre invece prestare la debita attenzione a entrambi i tipi di misure.

Grafici 1 — 3: Evoluzione dei tassi occupazionali confrontati agli obiettivi di Lisbona in materia di occupazione (4):

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2.6

Per raggiungere l'obiettivo del 70 % stabilito a Lisbona, sarebbe necessario creare, entro il 2010, circa 15 milioni di nuovi posti di lavoro nell'UE dei 15 e 22 milioni nell'UE a 25, ossia oltre 3 milioni di posti di lavoro all'anno, tanti quanti ne furono creati nell'UE dei 15 nel 2000, il migliore anno da oltre un decennio per quanto riguarda il mercato del lavoro.

2.7

L'allargamento dell'UE non solo genera un nuovo dinamismo economico nell'intera Europa, ma influenza anche modella la dinamica occupazionale. Come emerge dai grafici qui sopra, i tassi occupazionali dei nuovi Stati membri sono nettamente inferiori a quelli dell'UE dei 15. Invece, ancora negli anni '90 la situazione era diversa, soprattutto per quanto riguarda le donne. D'altro canto, però, i nuovi Stati membri presentano una congiuntura economica decisamente più vivace, con tassi annui di crescita che in taluni casi superano nettamente il 4 %. Definendo la propria strategia occupazionale, l'UE dovrà prestare particolare attenzione alle esigenze dei nuovi Stati membri, in modo da consentire anche a loro di conseguire gli obiettivi occupazionali fissati per l'intera Unione europea. In proposito occorrerà ad esempio congegnare i criteri di convergenza in vista di una progettata adesione alla zona dell'euro, onde facilitare la crescita economica e occupazionale, anziché ostacolarla. Per parte sua il Comitato ha già esaminato a fondo questo problema nei comitati consultivi misti, insieme ad esponenti della società civile organizzata dei paesi candidati all'adesione.

3.   La politica a favore dell'occupazione deve comportare ben più di semplici riforme dei mercati del lavoro

3.1

La debolezza del quadro occupazionale è indubbiamente determinata in larga misura dall'andamento della congiuntura. La strategia di Lisbona era stata concepita partendo dal presupposto di una crescita annua media del PIL del 3 %, mentre in pratica, invece della ripresa prevista, dopo il 2000 la congiuntura si è rapidamente deteriorata, registrando negli anni successivi tassi di crescita estremamente bassi: 1,7 % nel 2001, 1 % nel 2002 e appena lo 0,8 % nel 2003.

3.2

In questa situazione è chiaro che gli obiettivi occupazionali potranno essere conseguiti solo se si riuscirà a innescare una ripresa economica durevole. Sarà necessario creare condizioni adeguate che favoriscano sia la domanda esterna che quella interna per aumentare il potenziale di crescita e raggiungere una piena occupazione. Di recente, in proposito il Comitato ha più volte ribadito che a tal fine è indispensabile un contesto macroeconomico sano a livello europeo. Questo comporta anzitutto una politica macroeconomica che, in un clima di ristagno dell'economia, lasci agli Stati membri un margine di manovra per interventi congiunturali sui fronti economico e finanziario e, nei periodi di crescita economica, garantisca loro un analogo spazio di manovra.

Al riguardo il Comitato si compiace delle proposte della Commissione per una riforma del patto di stabilità e di crescita, giudicandole un passo nella buona direzione, ed esprime in particolare soddisfazione per il fatto che i deficit di bilancio verranno valutati tenendo conto della situazione generale dei singoli paesi (considerando ad esempio la congiuntura, il livello d'indebitamento e l'inflazione). Anche il maggiore coinvolgimento degli Stati membri e dei parlamenti nazionali nel risanamento dei bilanci è in linea con l'orientamento più marcato alla crescita del patto «riformato». Occorrerà inoltre tenere in maggiore considerazione la qualità della spesa pubblica, escludendo ad esempio esplicitamente dal calcolo dei disavanzi gli investimenti intesi a promuovere la crescita e l'occupazione (5). Spetterà al Consiglio stabilire, su proposta della Commissione, quali spese debbano ritenersi investimenti strategici di interesse europeo.

Questo nuovo corso dovrebbe essere sostenuto da una politica monetaria pragmatica, che tenga conto dell'economia nel suo insieme e quindi anche dei propri effetti sull'occupazione. Sotto questo profilo il CESE ha già chiesto più volte che si riflettesse seriamente sulle misure da intraprendere affinché la Banca centrale europea persegua l'obiettivo di una stabilità intesa in senso più largo, che comprenda, oltre alla stabilità monetaria, anche la costanza in termini di crescita, la piena occupazione e i sistemi diretti a promuovere la coesione sociale. Tutto ciò, oltre a presupporre un dialogo costante con gli organi dell'UE e con le parti sociali, rafforzerebbe la fiducia degli investitori e dei consumatori.

3.3

Il rallentamento della crescita intervenuto in questi ultimi tre anni (dopo che nel 2000 l'UE dei 15 aveva ancora messo a segno un incremento del 3 %) è imputabile soprattutto a fattori macroeconomici, e meno a motivi legati alle politiche strutturali. Per questo motivo il Comitato ha già insistito più volte sul fatto che nelle loro raccomandazioni i responsabili della politica economica europea devono tener conto di questo fatto (6). Per rimediare alla debolezza del potere d'acquisto in Europa è indispensabile stimolare con decisione le importanti componenti della domanda costituite dai consumi e dagli investimenti (sia pubblici che privati). Benché competitiva (beneficiando di una bilancia commerciale attiva e di esportazioni crescenti), l'Europa accusa un ristagno della domanda interna, e le riforme strutturali potranno dare buoni risultati solo in un contesto macroeconomico più favorevole. I salari non vanno considerati unicamente come un fattore di costo sul fronte dell'offerta, tant'è vero che influiscono anche in maniera decisiva sulla domanda, e quindi sulle prospettive di mercato delle imprese, e in particolare di quelle piccole e medie, che maggiormente dipendono dalla congiuntura locale. L'esempio tedesco evidenzia che una marcata moderazione salariale, se da un lato può rafforzare l'offerta, al tempo stesso deprime la domanda impedendo una ripresa. Benché, a determinare l'esito delle trattative salariali, intervenga una pluralità di fattori, va detto che, orientando l'incremento reale dei salari agli aumenti di produttività conseguiti dalle economie dei singoli paesi si assicura, da un lato, una dinamica sufficiente della domanda e, dall'altro, il rispetto del criterio di stabilità della Banca centrale europea. Con quest'orientamento della politica economica l'Europa può conseguire una crescita economica durevole e orientata alla stabilità.

3.4

In questi ultimi anni le raccomandazioni formulate per le politiche europee sono state essenzialmente influenzate dalla convinzione che il problema del mercato del lavoro europeo dipendesse da fattori strutturali (ad es. politica salariale delle parti sociali, rigida regolamentazione del mercato del lavoro, orari di lavoro troppi brevi, mancanza di mobilità e di flessibilità da parte dei lavoratori). In questi ultimi anni la maggior parte degli Stati membri ha concentrato le politiche occupazionali proprio su questi aspetti. D'altro canto, gli Stati membri hanno mostrato un impegno decisamente inferiore per le misure intese a promuovere l'occupabilità e a fornire le qualifiche richieste sul mercato del lavoro, come pure a favorire l'integrazione dei gruppi svantaggiati nel mercato del lavoro.

3.5

In proposito il Comitato ha già spesso fatto presente che i tagli alle prestazioni sociali e alle retribuzioni, come pure investimenti insufficienti nel capitale umano, indeboliscono la domanda interna, contribuendo così piuttosto ad accentuare i problemi economici e ad ostacolare l'incremento della produttività del lavoro. Inoltre, il fatto di puntare in maniera unilaterale sul lato dell'offerta è incompatibile con gli obiettivi globali perseguiti con la stessa strategia di Lisbona, specie quelli dell'aumento della produttività e del miglioramento della qualità dei posti di lavoro. In ogni caso è assodato che una politica del mercato del lavoro che punti troppo poco sulla formazione permanente e costringa i senza lavoro con qualifiche ad accettare impieghi al di sotto delle loro competenze si ripercuote negativamente sulla produttività del lavoro. A giudizio del Comitato una strategia è adeguata solo se comporta, come del resto la stessa Commissione ha chiesto di recente, un aumento parallelo dell'occupazione e della produttività del lavoro. Indubbiamente verranno creati anche posti di lavoro scarsamente qualificati, e per questi occorrerà assicurare il rispetto della legislazione lavoristica e di quella sociale.

3.6

Attualmente la necessità di innalzare i livelli occupazionali è al centro del dibattito sull'occupazione a livello europeo. L'obiettivo strategico di Lisbona sta nel promuovere l'occupazione come migliore prevenzione della povertà e dell'emarginazione: ciò richiede una strategia consistente nel «migliorare la qualità del lavoro» anziché nel creare posti di lavoro a qualunque costo. Ne consegue che la via europea alla piena occupazione deve contemplare retribuzioni adeguate, sicurezza sociale e elevati livelli di tutela dei diritti al lavoro. Il Comitato invita a proseguire nell'attuazione della strategia di Lisbona attribuendo maggiore importanza alla qualità del lavoro, specie nell'adottare misure di riforma strutturale.

3.7

Con ciò il Comitato non esclude affatto che riforme del mercato del lavoro o riforme in altri ambiti non abbiano alcun effetto sulla creazione di posti di lavoro. Per conseguire l'obiettivo di «nuovi e migliori posti di lavoro» è però convinto che nell'attuale congiuntura occorra soprattutto stimolare l'economia e mettere a punto riforme strutturali ben congegnate. Solo in questo modo le riforme risulteranno più efficaci e più accettabili. La politica macroeconomica e le riforme strutturali dovranno integrarsi, e non già sostituirsi, reciprocamente.

4.   Nuove vie per la politica occupazionale: capacità innovativa delle imprese — investimenti nel lavoro — conoscenze come atout

4.1

La capacità innovativa delle imprese europee è decisiva per il dinamismo dell'economia. Per evitare un deterioramento sotto il profilo economico ed occupazionale l'Europa dovrà assolutamente fornire prodotti e servizi nuovi e migliori e accrescere la sua competitività. Quest'ultima comporta anche cambiamenti nel mondo del lavoro che non producono sempre e subito risultati «netti» positivi. D'altro canto, rinunciando all'innovazione sul fronte sociale ed economico si cadrà inevitabilmente in una spirale negativa. Occorrerà dunque accompagnare e attutire le conseguenze di tali cambiamenti sul mercato del lavoro adottando idonee misure sociali.

4.2

La crescita economica ed un clima favorevole agli investimenti sono condizioni essenziali per creare nuovi posti di lavoro e mantenere quelli esistenti, il che, nel mercato interno europeo, è assicurato in larga misura dalle start-up e dalle PMI (7). Essendo profondamente radicate anche nell'economia locale, le piccole imprese e le «microimprese» traggono particolare beneficio dalla stabilità e dalla crescita della domanda interna. Più volte, quindi, il CESE ha già segnalato come, in tema di occupazione, sia opportuno puntare anche sullo sviluppo dello spirito imprenditoriale, su una politica volta a consentire la continuità delle imprese e sugli incentivi a costituire imprese che, essendo innovative, creino ulteriore occupazione (8). Queste ultime sono spesso proprio PMI, le quali, per la necessità di rimanere sul mercato, sono particolarmente innovative. Al riguardo si dovrebbe inoltre prestare attenzione agli incentivi alle microimprese. In tale prospettiva, occorre consentire alle imprese di sviluppare appieno la propria capacità innovativa, soprattutto migliorando le condizioni di accesso ai finanziamenti, semplificando le tecniche di gestione nella direzione aziendale e rafforzando le misure in favore della qualificazione.

4.3

Il CESE ha in più occasioni fatto osservare come siano le risorse umane, con le loro competenze e le loro capacità, a costituire il principale fattore di innovazione e di progresso nella società della conoscenza (9). L'Europa deve trovare il modo di sviluppare il suo potenziale in fatto di personale qualificato, scienza, ricerca e tecnologia, realizzando nuovi prodotti e servizi per il mercato e creando così occupazione. Ciò richiede un'ampia partecipazione di tutti i gruppi della società all'istruzione, una formazione professionale di qualità, nonché un passaggio più agevole dall'istruzione superiore al mondo del lavoro. Il clima sociale deve evolversi in modo tale che la formazione sia data per scontata e che l'istruzione superiore non sia più considerata un privilegio. Studi condotti recentemente dall'OCSE hanno ancora una volta posto in evidenza le debolezze dei sistemi di istruzione e formazione in numerosi Stati membri (10). La carenza di personale laureato e specializzato si rivela un problema per l'economia e riflette al contempo le difficoltà esistenti nell'accesso alla formazione. Le misure necessarie in materia di politica di formazione iniziale e permanente si fanno attendere: dove sono, ad esempio, gli investimenti necessari.

a ridurre drasticamente la percentuale di coloro che abbandonano gli studi, aumentare quella dei possessori di titoli di livello universitario, e garantire effettivamente a tutti la possibilità di un apprendimento lungo tutto l'arco della vita?

Ad agevolare il passaggio dall'istruzione superiore e universitaria al mondo dell'economia, anche e soprattutto al settore delle PMI?

A garantire, in quanto misura preventiva essenziale nell'ambito della politica occupazionale, una formazione iniziale e professionale di elevato livello qualitativo, che consenta ai giovani di accedere facilmente al mercato del lavoro e di restarvi stabilmente?

E ad offrire al maggior numero possibile di lavoratori una più ampia partecipazione ad azioni di formazione prevedendo, ad esempio, una settimana remunerata di formazione all'anno.

4.4

A tal proposito, il CESE ha più volte attirato l'attenzione sull'importanza di assumere una responsabilità globale nel campo della formazione iniziale e permanente, e ha inoltre rilevato come gli investimenti in misure di qualificazione non riguardino solamente i poteri pubblici, ma anche le imprese e i lavoratori stessi, dato che dall'apprendimento lungo tutto l'arco della vita traggono benefici sia il lavoratore che l'impresa e la società nel suo insieme (11). Tuttavia la formazione professionale, la formazione e l'istruzione lungo tutto l'arco della vita non devono essere considerate isolatamente, ma costituire altrettanti elementi fondamentali del piano di carriera dei lavoratori. Si tratta di suscitare in questi ultimi, indipendentemente dall'età e dal tipo di formazione iniziale ricevuta, una sufficiente motivazione a partecipare ad azioni di formazione permanente, nonché di garantire la possibilità concreta di prendervi parte. Lo sviluppo di competenze e capacità innovative presuppone dunque, da parte delle imprese, i necessari investimenti in formazione iniziale e permanente e lo sviluppo di una cultura imprenditoriale che favorisca l'innovazione.

4.5

Oggigiorno, non basta che le risorse umane siano creative e capaci di apprendere. È l'impresa stessa a dover essere capace di farlo, nel senso di essere in grado di assimilare le nuove conoscenze e di tradurle nella realizzazione di prodotti e servizi per il mercato. La capacità di innovazione è un fattore fondamentale della competitività. Al fine di assicurare i presupposti delle innovazioni future è quindi indispensabile assegnare un ruolo di primaria importanza alla scienza e alla ricerca. È importante sfruttare appieno il potenziale dei sistemi di ricerca pubblici, come anche privati, e collegarli tra loro in modo efficace. In tal senso, la promozione dell'innovazione e della ricerca, e dunque l'aumento della spesa destinata alla R&S, in conformità all'obiettivo di Lisbona (3 % del PIL, due terzi del quale finanziati dal settore privato), rivestono un'importanza fondamentale (12). Gli aiuti pubblici alla R&S dovrebbero essere incrementati a livello sia comunitario che nazionale, soprattutto per tecnologie chiave atte a favorire la crescita, al fine di consolidarne il fondamento scientifico ed aumentarne l'effetto di volano per gli investimenti in R&S del settore privato. Nello stesso tempo, gli Stati membri e la Commissione europea dovrebbero cercare di far ricorso agli appalti pubblici per procurarsi i nuovi prodotti e servizi la cui realizzazione o prestazione richieda un elevato grado di ricerca e innovazione tecnologica.

4.6

Le forme di lavoro innovative e la gestione dell'innovazione interessano peraltro anche le piccole e medie imprese, molte delle quali hanno sviluppato soluzioni specifiche e sono global players («attori globali»), mentre ad altre deve essere offerta una consulenza specifica in materia di innovazione mirante, oltre alla gestione di quest'ultima, anche alla creazione di un ambiente di lavoro favorevole all'apprendimento e al soddisfacimento delle particolari esigenze di qualificazione professionale dei lavoratori. Così, la gestione dei saperi e la creazione di reti possono aiutare le PMI ad esplorare insieme nuove possibilità di conoscenza (13). Questi deficit culturali vanno colmati onde consentire alle PMI di trarre maggiori benefici dalla ricerca di base. Per poter essere innovative, le PMI hanno inoltre bisogno di una robusta dotazione finanziaria iniziale e dell'accesso al capitale di rischio. In concreto, ciò significa anche, nell'ambito del mercato interno comunitario, verificare gli effetti che le direttive (ad esempio quelle sulla liberalizzazione dei mercati finanziari o quelle relative a Basilea II) producono per le PMI, onde correggerli se necessario.

4.7

Un nucleo industriale ad elevata produttività è, e continuerà ad essere anche nell'Unione europea, la base della prosperità economica. L'industria e i servizi non possono prescindere gli uni dagli altri. Lo spazio dell'innovazione comporta altresì una ricerca e uno sviluppo specificamente rivolti a soddisfare le esigenze della società della conoscenza e dei servizi: l'apertura di nuove opportunità occupazionali, anche al di fuori dei settori tradizionali dell'industria di produzione, merita quindi una speciale attenzione. Insieme alla promozione delle tecnologie di punta, il conseguimento degli obiettivi di Lisbona impone altresì di concentrare gli sforzi sul settore dei servizi. Ciò presuppone una rivalutazione dei servizi di utilità sociale, l'allentamento della pressione sui bilanci pubblici e il riconoscimento dell'importanza di pubbliche amministrazioni efficienti per lo sviluppo dell'economia. Parole chiave come formazione, mobilità, individualizzazione, esigenze in materia di sviluppo demografico, di assistenza e di salute, conciliazione di vita familiare e professionale, e modifica delle abitudini in fatto di comunicazioni e tempo libero, evidenziano nuove e ulteriori esigenze in materia di servizi sociali, orientati alle persone, ma aventi anche carattere commerciale. Tali servizi costituiscono spesso il punto di partenza per uno sviluppo professionale (14). Al riguardo, il CESE ha già segnalato in diverse occasioni il ruolo di grande rilievo assunto dall'economia sociale e dal terzo settore ai fini dell'innovazione e dell'impiego (15).

4.8

L'innovazione dipende, in primo luogo, dal fattore umano, dal margine disponibile per la creatività, la qualificazione, la conoscenza, la capacità di apprendimento e l'organizzazione del lavoro. A tal scopo sono essenziali indipendenza, autonomia e diritti di partecipazione, cosicché la riconfigurazione dei rapporti di lavoro e delle strutture di partecipazione dei lavoratori alla governance dell'impresa riveste un'importanza fondamentale. Relazioni industriali stabili nelle imprese favoriscono l'innovazione. Indebolire la rappresentanza degli interessi e l'organizzazione delle relazioni industriali, e con ciò i diritti fondamentali dei lavoratori, non aiuta l'innovazione, bensì frappone nuovi ostacoli al suo sviluppo. Al riguardo, il CESE richiama l'attenzione sulla necessità di evitare che l'attuale proposta di direttiva quadro sul mercato interno dei servizi comporti un abbassamento degli standard vigenti in materia sociale, salariale e di sicurezza.

5.   Per realizzare i cambiamenti occorrono uno Stato sociale sostenibile e una politica occupazionale attiva e preventiva, nonché sistemi di protezione sociale migliori e più moderni

5.1

Se si vuole mobilitare l'energia necessaria per l'innovazione e il cambiamento, oltre all'iniziativa individuale occorre anche il sostegno della società. La disponibilità ad assumere rischi e la protezione sociale vanno di pari passo. Al riguardo, molto dipende dai servizi sociali che consentono di far fronte alle innovazioni e di servirsi di esse. All'innovazione deve aggiungersi, in quanto caratteristica fondamentale del modello sociale europeo, l'organizzazione della coesione sociale. Ovviamente, lo Stato sociale deve costantemente tener conto delle nuove esigenze. In proposito, il CESE è convinto che gli obiettivi di Lisbona in materia di impiego possano conseguirsi soltanto se verrà rafforzata la politica sociale in quanto campo di azione e, in materia, si proseguirà nella politica di adozione di norme intese almeno come prescrizioni minime volte a ravvicinare le condizioni di vita e di lavoro in Europa. Ciò è particolarmente urgente nell'Unione allargata, dato l'aumento delle disparità tra i livelli di benessere all'interno dell'UE.

5.2

Ne consegue che, per far fronte al rischio di una competizione in materia di standard sociali, sono necessari una migliore attuazione e un ulteriore sviluppo della legislazione sociale comunitaria vigente in tema di condizioni di lavoro, tutela del lavoro e della salute, diritti dei lavoratori, pari opportunità e tutela dei diritti della persona. Ciò vale anche per le questioni relative all'orario di lavoro.

5.3

Il CESE ha più volte accennato (ad esempio nel suo parere sul tema «Misure di sostegno» all'occupazione in relazione alla «Task Force europea per l'occupazione»), ad innovazioni necessarie e concretamente realizzabili nei seguenti campi (16):

ampliamento della base della previdenza sociale — creazione di barriere contro la povertà,

capacità di adattamento, che richiede un vero equilibrio tra flessibilità e sicurezza nel mercato del lavoro: nuove forme di organizzazione del lavoro richiedono nuove forme di tutela,

migliore promozione di misure attive e preventive nel campo della politica occupazionale, in particolare per le categorie sociali più svantaggiate nel mercato del lavoro, e migliore integrazione dei lavoratori migranti,

integrazione dei giovani nel mercato del lavoro e lotta alla disoccupazione giovanile,

conduzione di un'offensiva in materia di formazione — miglioramento della formazione prescolare — strutture di accoglienza a tempo pieno che soddisfino elevati standard qualitativi — offerta di formazione permanente, garantita da contratti collettivi, per l'apprendimento lungo tutto l'arco della vita,

investimenti in un'organizzazione del lavoro adeguata all'età del lavoratore — utilizzo delle competenze e dell'esperienza dei lavoratori anziani,

aumento dell'occupazione femminile — garanzie di conciliazione tra vita familiare e professionale.

5.4

In proposito il Comitato ha attribuito particolare importanza, fra le altre, alle seguenti affermazioni:

è necessario annettere importanza all'obiettivo dell'incentivazione di misure attive e preventive a favore dei disoccupati e delle persone inattive. Gli strumenti della politica occupazionale devono essere coerentemente finalizzati al reinserimento dei disoccupati nel mercato del lavoro principale,

soprattutto i giovani disoccupati di ambo i sessi hanno bisogno di un sostegno adeguato per accedere con la maggiore facilità possibile al mercato del lavoro. Oltre a una crescita in costante aumento, saranno in ultima analisi la qualità della formazione professionale ricevuta e la garanzia di una formazione del più alto livello possibile fino alla laurea ad assicurare la loro permanenza sul mercato del lavoro e il loro avanzamento nella carriera. In proposito, tutti gli attori del mercato del lavoro sono invitati a riesaminare i rispettivi contributi e politiche attuali, in particolare per la lotta contro la disoccupazione giovanile (17),

per determinate categorie di persone, come i disabili o i lavoratori scarsamente qualificati, che incontrano difficoltà supplementari sul mercato del lavoro, occorre creare i presupposti necessari — specie per quanto concerne la formazione permanente — ad agevolare l'accesso, la permanenza ed il successo nella vita lavorativa,

data la prevista diminuzione della popolazione attiva in Europa, gli immigrati potranno svolgere un ruolo importante nel garantire la presenza sul mercato del lavoro di un potenziale sufficiente di manodopera qualificata: occorrerà pertanto adottare misure adeguate in proposito (18),

dato che la popolazione attiva diminuisce o invecchia, se si vuole effettivamente favorire l'invecchiamento attivo, occorrerà creare le condizioni economiche e politiche per invogliare maggiormente i lavoratori a prolungare la carriera e al contempo agevolare le imprese, anche e soprattutto nell'assunzione di lavoratori anziani.

5.5

Al riguardo il CESE ha sottolineato soprattutto la necessità di profondere maggiori sforzi per aumentare il tasso di occupazione femminile e rimuovere gli ostacoli che dissuadono le donne dall'entrare nel mercato del lavoro, nonché di fare quanto necessario per combattere decisamente le disparità di trattamento che tuttora permangono (soprattutto in materia di retribuzione). Dato che l'aumento del tasso di occupazione femminile dipende soprattutto dalla possibilità di conciliare gli obblighi familiari e lavorativi (e ciò riguarda in pari misura le persone di ambo i sessi), è proprio questo uno degli obiettivi di Lisbona che occorrerà perseguire con determinazione. Il CESE accoglie quindi con favore le esortazioni agli Stati membri a garantire — ad ogni livello, e dunque anche con riguardo al settore pubblico — la creazione di un numero sufficiente di strutture di accoglienza di qualità, per bambini e per adulti bisognosi di assistenza (ad esempio, malati e parenti anziani), che siano accessibili e alla portata di tutti. Gli Stati membri devono conformarsi alle raccomandazioni formulate al riguardo negli attuali orientamenti in materia di politica occupazionale, definendo obiettivi concreti e sviluppando piani di azione idonei al loro conseguimento.

5.6

Inoltre, nell'attuare la strategia di Lisbona nei campi dell'occupazione e dell'integrazione sociale di tutte le categorie sociali emarginate e svantaggiate, occorre tener presente in maniera adeguata l'esigenza di lottare contro la discriminazione e promuovere le pari opportunità. In proposito gli Stati membri dovrebbero essere incoraggiati con forza a tradurre in pratica, nei rispettivi piani d'azione nazionali, le misure necessarie a combattere le discriminazioni.

5.7

Proprio di recente, nella relazione finale sul futuro della politica sociale, si è osservato che l'opinione comune secondo cui i sistemi di protezione sociale nuocciono alla competitività, alla crescita economica e ad un elevato tasso di occupazione è difficilmente sostenibile sul piano dell'esperienza e che paesi come la Svezia, la Danimarca, l'Austria, il Lussemburgo e i Paesi Bassi riescono a conseguire eccellenti risultati economici pur mantenendo un alto livello di protezione sociale (19). Tutti questi paesi, che occupano i primi posti nelle classifiche sulla competitività, destinano investimenti relativamente elevati alla politica sociale e ai sistemi di previdenza sociale e vantano al contempo alti tassi di occupazione e ridotti tassi di povertà dopo i trasferimenti sociali. Oggigiorno occorre realizzare un equilibrio che contemperi la modernizzazione e il miglioramento dei sistemi di previdenza sociale, in modo da adeguarli alle condizioni attuali (ad esempio, all'evoluzione demografica) salvaguardando nel contempo la loro funzione di tutela sociale. In tal senso, la garanzia di sostenibilità finanziaria a lungo termine deve tener conto anche dei requisiti di equità sociale, accesso universale e qualità elevata dei servizi.

5.8

Nella maggior parte dei paesi europei, il finanziamento della previdenza sociale si fonda principalmente sui contributi versati da prestatori e datori di lavoro. In certi casi, tali contributi hanno raggiunto livelli così elevati da ripercuotersi negativamente sulla creazione di nuovi posti di lavoro.

Il CESE condivide in proposito le raccomandazioni contenute nella relazione del gruppo ad alto livello sul futuro della politica sociale nell'Europa allargata, in cui si propone di ampliare la base finanziaria dei sistemi di previdenza sociale, onde alleviare l'onere contributivo che oggi grava sul fattore lavoro (20).

Nello stesso tempo, occorre adottare misure volte a scongiurare la minaccia di una progressiva erosione del sistema fiscale. Anche a questo proposito il CESE ha fatto rilevare come la creazione di una base imponibile uniforme a livello comunitario per le imposte sui redditi d'impresa possa costituire un passo importante in tale direzione. Per quanto riguarda le imposte gravanti sui fattori mobili ed anche nel campo dell'ambiente, andrebbe discussa la possibilità di aliquote fiscali minime.

Il CESE ha inoltre, già in diverse occasioni, invitato gli Stati membri a raddoppiare gli sforzi per modernizzare e migliorare i loro sistemi di protezione sociale al fine di renderli più favorevoli all'occupazione (21).

5.9

Uno degli obiettivi di Lisbona riguarda anche l'aumento del tasso di occupazione dei lavoratori anziani di ambo i sessi. Secondo una stima della Commissione, dovrebbero essere creati 7 milioni di posti di lavoro per far sì che tale tasso raggiunga il 50 %. Il CESE ha già affermato di considerare, in linea di principio, ragionevole l'innalzamento dell'età di uscita effettiva dal mondo del lavoro, purché tale obiettivo si consegua in condizioni economiche e politiche adeguate previste nel quadro di una strategia di invecchiamento attivo. Tuttavia, nel riformare i rispettivi sistemi previdenziali, numerosi Stati membri si sono sforzati di porre l'accento sull'innalzamento puro e semplice dell'età pensionabile legale, in genere limitando sempre più, quando non addirittura eliminando del tutto, la possibilità di accedere a un pensionamento anticipato. Un approccio, questo, che si fonda sulla presunzione unilaterale che i lavoratori anziani non rimangano più in attività soprattutto perché tale è appunto la volontà dei singoli interessati, nonché a causa della mancata previsione di incentivi nella normativa in materia di assicurazioni previdenziali, mentre altri aspetti importanti sono completamente ignorati. In proposito occorre che gli Stati membri offrano incentivi volti, da un lato, a consentire ai lavoratori di ritardare volontariamente il momento della loro uscita dal mondo del lavoro fino al raggiungimento dell'età pensionabile prevista dalla legge e, dall'altro, a sostenere le imprese nella realizzazione dei posti e delle condizioni di lavoro loro destinati.

5.10

Al pari dei gruppi ad alto livello sull'occupazione, sul futuro della politica sociale nell'Europa allargata e sulla strategia di Lisbona per la crescita e l'occupazione, il CESE sostiene un approccio, analogo a quello adottato in alcuni Stati membri (Finlandia e Svezia), incentrato sulla qualità del lavoro e sulla formazione permanente. Se si vuole che le persone comprese nella fascia di età tra i 55 e i 64 anni svolgano ancora un'occupazione produttiva nel 2010, occorre dunque, in primo luogo, un mercato del lavoro che consenta anche l'impiego dei lavoratori anziani di ambo i sessi. Ciò postula un'organizzazione attiva di tutti gli attori interessati, il che a sua volta implica anche un miglioramento della qualificazione professionale. A tal fine, per mantenere la capacità lavorativa, è inoltre indispensabile investire in una formazione permanente produttiva, nonché nella prevenzione nell'ambito della tutela e promozione della salute. Tuttavia, una politica che aspiri a cambiare la situazione dei lavoratori anziani interviene tardivamente se inizia a rivolgersi ai lavoratori di 40-50 anni di età. Per queste ragioni, una gestione del personale che tenga conto dell'età sin dall'inizio della vita lavorativa è tanto necessaria quanto l'adozione di modelli di organizzazione del lavoro per i dipendenti che invecchiano (a partire da modelli adeguati di orario di lavoro, che riducano l'impegno fisico e psicologico richiesto) (22).

6.   Raccomandazioni politiche del CESE

6.1   Articolare i contenuti del coordinamento delle politiche economica e occupazionale

Dopo Lisbona, sono stati profusi sforzi concreti per sincronizzare il coordinamento della politica occupazionale e di quella economica. La mancanza di articolazione sul piano dei contenuti resta tuttavia un problema, in quanto occorre garantire a un tempo coerenza e compatibilità tra gli indirizzi fondamentali di politica economica e gli orientamenti in materia di politica occupazionale.

Un coordinamento efficace fra tutti gli attori (governi, BCE, parti sociali) sarà possibile soltanto se anche le politiche monetaria e di bilancio si saranno assunte la responsabilità in materia di crescita e occupazione e se di ciò si terrà conto nel definire gli indirizzi fondamentali della politica economica.

In proposito, occorrerà inoltre prestare maggiore attenzione alle proposte di riforma presentate dalla Commissione volte, anche in seguito alle richieste formulate dal gruppo ad alto livello sulla strategia di Lisbona, ad orientare maggiormente alla crescita il Patto di stabilità e crescita, ad esempio escludendo dal calcolo del deficit gli investimenti strategici per la crescita e l'occupazione. Spetterà al Consiglio stabilire, su proposta della Commissione, quali spese debbano ritenersi investimenti strategici di interesse europeo.

6.2   Coinvolgere meglio le parti sociali e rilanciare il dialogo macroeconomico

Ciò deve avvenire a livello sia nazionale che europeo. In tal modo il dialogo macroeconomico, se utilizzato in modo pragmatico, può contribuire in misura considerevole ad una governance migliore (che coinvolga le parti sociali e tenga conto del loro punto di vista) e dunque, più in generale, alla riuscita dell'intero processo. Esso costituisce infatti l'unica sede in cui tutti i responsabili delle politiche economica e occupazionale si incontrano per dialogare apertamente sulla maniera migliore di definire un policy mix che promuova la crescita e l'occupazione nell'UE.

A livello degli Stati membri, dovrà garantirsi un'adeguata partecipazione delle parti sociali, nel rispetto della loro totale autonomia, soprattutto quando si tratti di riforme strutturali o di qualificazione e innovazione, ma anche nei dibattiti e in ogni fase dell'attuazione della strategia europea per l'occupazione (elaborazione, esecuzione e valutazione dei piani d'azione nazionali) (23).

6.3   Realizzare una cooperazione efficace tra le formazioni specializzate del Consiglio

Affinché nell'UE possa attuarsi con successo l'intera strategia sulla politica occupazionale, dovrà rafforzarsi la collaborazione tra le diverse formazioni del Consiglio competenti nelle materie rientranti nell'ambito della strategia di Lisbona. In particolare, è necessario uno stretto collegamento tra il Consiglio ECOFIN ed i Consigli competitività e occupazione, politica sociale, salute e consumatori.

Tale migliore coordinamento è particolarmente necessario anche per preparare il vertice di primavera: quello di Lisbona è un processo orizzontale, e non deve essere lasciato esclusivamente nelle mani del Consiglio ECOFIN.

6.4   Politica macroeconomica e riforme strutturali devono integrarsi reciprocamente

Dato che, nel 2000, nell'UE-15 il tasso di crescita raggiungeva ancora il 3 %, è giocoforza constatare come il rallentamento della crescita in questi ultimi anni sia dovuto soprattutto a fattori macroeconomici e meno a cause strutturali. Nelle relative raccomandazioni, gli indirizzi di massima per le politiche economiche in Europa dovranno tener conto di tale dato di fatto,

Occorre riattivare sensibilmente le componenti della domanda, ovvero i consumi e gli investimenti pubblici e privati, al fine di compensare la debolezza del potere d'acquisto in Europa. Su questi presupposti, un'intelligente politica di riforme strutturali, che non indebolisca ulteriormente la domanda interna, può suscitare un forte impulso alla creazione di nuovi posti di lavoro.

In tal senso, occorre attribuire un'importanza particolare alla promozione delle opportunità d'impiego, alla lotta alla carenza di qualificazione professionale e all'integrazione delle categorie sociali svantaggiate nel mercato del lavoro.

L'UE nel suo insieme riesce attualmente a far fronte alla competizione globale con una bilancia commerciale equilibrata, ma registra un tasso di crescita insufficiente. Di fronte alla concorrenza internazionale, l'Europa deve tornare ad essere consapevole delle proprie capacità. Essa non può entrare in competizione con i paesi asiatici e africani per offrire alle imprese il costo del lavoro più basso: deve invece continuare a puntare su una politica rivolta all'innovazione in tutti i settori e sulla produzione di beni e servizi di qualità superiore con un elevato valore aggiunto.

I presupposti affinché il libero scambio produca i suoi effetti benefici sono: un sistema di tassi di cambio che non dia luogo a distorsioni sui prezzi dei prodotti vendibili, insieme a una divisione del lavoro fra tutti i partner commerciali che consenta un aumento dei salari proporzionale a quello della produttività. Dato che attualmente queste due condizioni non sono soddisfatte, i responsabili politici dell'UE dovrebbero adoperarsi per realizzarle.

Il CESE chiede che, nel perseguimento della strategia di Lisbona, e soprattutto quando si tratta di attuare misure di riforma strutturale, si dia un maggior rilievo alla qualità del lavoro.

6.5   Sostenere il ruolo svolto dalle PMI nella creazione di posti di lavoro

Dato il contributo determinante delle piccole e medie imprese alla crescita economica e alla creazione di posti di lavoro nel mercato interno europeo, occorre promuovervi lo spirito d'impresa e svilupparvi appieno il potenziale imprenditoriale, soprattutto migliorando le condizioni di accesso ai finanziamenti, semplificando le tecniche di gestione nella direzione aziendale e rafforzando le misure volte a favorire la qualificazione professionale (24).

Dovrebbero essere sostenute soprattutto le imprese che, investendo in innovazione, assicurano la crescita economica e l'occupazione, il che è molto più importante del mero aumento del numero delle imprese.

6.6   Ottimizzare l'attuazione del processo di Lisbona negli stessi Stati membri

Il CESE conviene con la relazione presentata nel novembre 2004 dal gruppo ad alto livello sulla strategia di Lisbona, presieduto da Wim KOK, sul fatto che, per realizzare gli obiettivi di tale strategia, gli Stati membri debbano impegnarsi ancor più che in passato. Il fatto di non conseguire determinati obiettivi non ha attualmente grandi conseguenze sulle politiche condotte a livello nazionale, e la pubblica gogna degli Stati inadempienti non è ancora molto efficace.

Occorre tradurre gli obiettivi generali in materia di occupazione in altrettanto ambiziosi obiettivi nazionali, assicurare una maggiore trasparenza e garantire un più ampio dibattito a livello nazionale intorno a un rapporto sull'attuazione del processo di Lisbona (ovvero del relativo piano d'azione) a livello dei singoli Stati membri.

Occorre organizzare la valutazione comparativa in modo tale che essa rispecchi la rispettiva posizione dei singoli Stati membri e che se ne possano trarre conclusioni politiche utili.

Tenuto conto della loro specifica posizione di partenza nell'anno 2000, alcuni Stati membri devono impegnarsi più degli altri per conseguire l'obiettivo generale della strategia di Lisbona in materia di occupazione. Gli Stati membri in cui il tasso occupazionale raggiunge o supera il 70 % sono sollecitati in misura pari a quelli che accusano un tasso di occupazione inferiore: in tal senso, occorre seguire l'evolvere della situazione occupazionale, piuttosto che limitarsi al puro e semplice raffronto tra le percentuali degli occupati.

Per la buona riuscita del processo, occorre — come suggerito dal Consiglio europeo del marzo 2004 — promuovere veri partenariati nazionali di riforma che coinvolgano in modo adeguato le parti sociali e conferire ai parlamenti nazionali maggiori responsabilità.

6.7   Tenere in maggiore considerazione la dimensione dell'allargamento

Nell'elaborare la sua strategia per l'occupazione, l'UE deve dedicare particolare attenzione alle esigenze dei nuovi Stati membri, affinché anche questi possano conseguire gli obiettivi stabiliti in materia a livello comunitario.

Anche in questo caso, occorre senz'altro preoccuparsi di coinvolgere opportunamente, ed efficacemente le parti sociali in ogni fase della strategia per l'occupazione.

Nella prospettiva di un eventuale ingresso nella zona euro, i criteri di convergenza devono essere stabiliti in modo tale da favorire, anziché ostacolare, la crescita e l'occupazione.

6.8   Lisbonizzare il budget dell'UE

Per realizzare gli obiettivi comunitari in tema di occupazione occorre inoltre adottare, a livello europeo, iniziative volte a favorire la crescita economica, che non si limitino ad anticipare dei progetti già decisi dalla BEI. La relazione Sapir del 2003 ha già fornito alcune indicazioni importanti al riguardo, per un bilancio che dia maggiore impulso alla congiuntura.

Anche nel documento della Commissione relativo alle prospettive finanziarie per il periodo 2006-2013 possono leggersi alcune proposte interessanti, come ad esempio la creazione di un Fondo di adeguamento per la crescita. Occorre proseguire tali riflessioni, e impegnarsi al massimo affinché il futuro bilancio comunitario possa dar luogo ad iniziative europee efficaci per la crescita e l'occupazione.

In proposito occorre inoltre garantire che i mezzi posti a disposizione siano, soprattutto nei nuovi Stati membri, investiti in maniera efficace al fine di attuare con decisione gli obiettivi della strategia di Lisbona per la crescita e l'occupazione.

6.9   Rafforzare il dialogo con la società civile ed il ruolo del CESE

Il successo della strategia di Lisbona dipende anche dall'opinione che ne hanno i cittadini europei. Per la politica occupazionale europea il CESE è pronto a mettere a disposizione le proprie competenze e a dare il proprio contributo in termini di expertise alle iniziative necessarie per far conoscere meglio tale strategia ai cittadini europei.

A tal proposito, il CESE considera il processo di Lisbona come una priorità fondamentale del proprio lavoro e ritiene necessario creare adeguate strutture interne per lavorare in stretta cooperazione con la Commissione e le altre istituzioni dell'Unione e rimanere in stretto collegamento operativo con la società civile sia a livello europeo che nei singoli Stati membri.

Considerate le competenze e la rappresentatività che gli sono proprie, il CESE ritiene di poter svolgere un ruolo nell'elaborazione delle valutazioni d'impatto che la Commissione intende effettuare in modo sistematico. Come dimostrato dai dibattiti in corso, è di fondamentale importanza che le proposte legislative rispecchino una molteplicità di punti di vista e siano fondate nel modo più rigoroso e obiettivo possibile. La trasmissione preliminare di tali valutazioni al Comitato, e la conseguente possibilità per quest'ultimo di apporvi dei commenti prima che esse siano inoltrate alle istituzioni comunitarie, potrebbe contribuire a una maggiore accettazione delle iniziative legislative dell'Unione, nello spirito del Partenariato per il rilancio europeo.

Bruxelles, 9 febbraio 2005.

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Anne-Marie SIGMUND


(1)  Parere del CESE sul tema Migliorare l'attuazione della strategia di Lisbona (relatore: VEVER, correlatori: EHNMARK e SIMPSON) (GU C 120 del 20.5.2005).

(2)  In proposito cfr. il parere adottato dal CESE il 16 dicembre 2004 in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Aumentare il tasso d'occupazione dei lavoratori anziani e differire l'uscita dal mercato del lavoro (relatore: DANTIN) (GU C 157 del 28.6.2005).

(3)  Cfr. la comunicazione della Commissione Aumentare il tasso d'occupazione dei lavoratori anziani e differire l'uscita dal mercato del lavoro (COM(2004) 146 def.)

(4)  Le statistiche di Eurostat sono ora disponibili solo per il 2003. Per quanto riguarda il 2004, data la crescita molto lenta dell'occupazione, i dati in proposito risulteranno, nel migliore dei casi, solo marginalmente superiori ai risultati conseguiti nel 2003.

(5)  Al riguardo cfr. anche il parere d'iniziativa emesso dal CESE il 26 febbraio 2004 sul tema Politica di bilancio e tipo di investimento (relatrice: FLORIO) (GUCE C 322 del 25.2.2004 – ECO/105).

(6)  In proposito cfr. parere emesso dal CESE l'11 dicembre 2003 sul tema Indirizzi di massima per le politiche economiche 2003-2005 (relatore: DELAPINA) (GUCE C 80 del 30.3.2004).

(7)  Cfr. il parere del CESE del 30 giugno 2004 in merito alla Proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la decisione 2000/819/CE relativa a un programma pluriennale a favore dell'impresa e dell'imprenditorialità, in particolare per le piccole e medie imprese (PMI) (relatore: DIMITRIADIS) (GU C 302 del 7.12.2004), il parere del CESE del 31 marzo 2004 in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni «Aggiornare e semplificare l'acquis comunitario» (relatore: RETUREAU) (GU C 112 del 30.4.2004) ed il parere d'iniziativa del CESE del 18 giugno 2003 sul tema Il ruolo delle micro e piccole imprese nella vita economica e nel tessuto produttivo europeo (relatore: PEZZINI ) (GU C 220 del 16.9.2003).

(8)  Cfr., fra gli altri, soprattutto il parere del CESE del 24 settembre 2003 in merito al Libro verde «L'imprenditorialità in Europa» (relatore: BUTTERS) (GU C 10 del 14.1.2004).

(9)  Sul punto cfr. ad esempio il parere esplorativo del CESE del 28 ottobre 2004 sul tema Formazione e produttività (relatore: KORYFIDIS) (CESE 1435/2004).

(10)  Sul punto cfr. il recente documento PISA (Programma dell'OCSE per la valutazione degli studenti in base a standard internazionali) 2003.

(11)  Parere d'iniziativa del CESE del 26 febbraio 2004 sul tema Misure di sostegno all'occupazione (relatrice: HORNUNG-DRAUS; correlatore: Greif) (GU C 110 del 30.4.2004).

(12)  Sul punto cfr. il parere del CESE del 15 dicembre 2004 in merito alla Comunicazione della Commissione La scienza e la tecnologia, chiavi del futuro dell'Europa - Orientamenti per la politica di sostegno alla ricerca dell'Unione (relatore: WOLF) (GU C 157 del 28.6.2005).

(13)  Da uno studio condotto congiuntamente dall'Università di Cambridge e dal MIT (Massachusetts Institute of Technology) risulta che circa due terzi delle piccole e medie imprese britanniche ricorrono alla consulenza specialistica degli istituti universitari, mentre negli Stati Uniti vi fa ricorso solo un terzo di tali imprese. D'altra parte, solo il 13 % delle PMI britanniche ritiene importante mantenere un legame forte con la formazione universitaria, mentre negli Stati Uniti tale percentuale è del 30 % (sul punto cfr. il «Financial Times», edizione londinese, di martedì 30 novembre 2004).

(14)  Sul punto cfr. la relazione del gruppo ad alto livello sul futuro della politica sociale nell'Europa allargata, del maggio 2004.

(15)  Cfr. anche il parere del CESE del 10 dicembre 2003 in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Revisione intermedia dell'agenda per la politica sociale(SOC/148) (relatore: JAHIER) (GU C 80 del 30.3.2004), il parere d'iniziativa del CESE del 12 settembre 2001 sul tema I servizi sociali privati senza scopo di lucro nel contesto dei servizi d'interesse generale in Europa (SOC 67) (relatore: BLOCH-LAINÉ) (GU C 311 del 7.11.2001) ed il parere del CESE del 2 marzo 2000 sul tema L'economia sociale ed il mercato unico (INT/29) (relatore: OLSSON) (GU C 155 del 29.5.2001).

(16)  Parere d'iniziativa del CESE del 26 febbraio 2004 sul tema Misure di sostegno all'occupazione (relatrice: HORNUNG-DRAUS, correlatore: GREIF) (GU C 110 del 30.4.2004).

(17)  Cfr. anche il Patto europeo per i giovani, presentato al Consiglio europeo del 5.11.2004 da Francia, Germania, Spagna e Svezia, volto a contrastare, tra l'altro, la disoccupazione giovanile e l'esclusione sociale.

(18)  Parere del CESE del 10 dicembre 2003 in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni su immigrazione, integrazione e occupazione (relatore: PARIZA CASTAÑOS) (GU C 80 del 30.3.2003).

(19)  Cfr. European Policy Centre (2004), Lisbon revisited – Finding a new path to European Growth, citato alla pag. 42 della relazione, presentata nel maggio 2004, del gruppo ad alto livello sul futuro della politica sociale nell'Europa allargata.

(20)  Sul punto cfr. la relazione del gruppo ad alto livello sul futuro della politica sociale nell'Europa allargata, del maggio 2004.

(21)  Parere del CESE dell'1.7.2004 in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Nuovi e migliori posti di lavoro attraverso la modernizzazione della protezione sociale, un approccio globale per contribuire a rendere il lavoro proficuo (relatrice: HILL) (GU C 302 del 7.12.2004).

(22)  Sul punto cfr. parere del CESE del 16 dicembre 2004 in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni Aumentare il tasso d'occupazione dei lavoratori anziani e differire l'uscita dal mercato del lavoro (relatrice: DANTIN) (GU C 157 del 28.6.2005).

(23)  Sul punto cfr. la relazione ETUC-Unice-Ueapme del 2004 sulle iniziative delle parti sociali negli Stati membri per l'attuazione degli orientamenti in materia di occupazione.

(24)  Cfr. Anche i pareri del CESE citati alle note 7 ed 8.


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