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Document 52006AE1153

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I) COM(2005) 650 def. — 2005/0261 (COD)

GU C 318 del 23.12.2006, p. 56–61 (ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, NL, PL, PT, SK, SL, FI, SV)

23.12.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 318/56


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I)

COM(2005) 650 def. — 2005/0261 (COD)

(2006/C 318/10)

Il Consiglio, in data 24 febbraio 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 26 luglio 2006, sulla base del progetto predisposto dal relatore FRANK von FÜRSTENWERTH.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 13 settembre 2006, nel corso della 429a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 191 voti favorevoli, 1 voto contrario e 5 astensioni.

1.   Sintesi delle conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo si compiace dell'iniziativa della Commissione, volta a disciplinare i conflitti di leggi in materia di obbligazioni contrattuali mediante un regolamento comunitario. Ciò permetterà infatti di sviluppare ulteriormente e coerentemente la normativa europea sui conflitti di leggi, e di colmare una lacuna dell'ordinamento comunitario vigente. Il regolamento proposto è utile e necessario per lo sviluppo di uno spazio giuridico uniforme europeo, data la necessità di aggiornare le norme vigenti in materia di obbligazioni contrattuali, finora dettate dalla convenzione di Roma del 1980 (1). Tuttavia, il carattere multilaterale di questa rende difficile tale operazione, che sarebbe comunque possibile solo attraverso lunghi negoziati.

1.2

Il Comitato appoggia pienamente la Commissione e la invita a completare la sua iniziativa il più presto possibile tenendo conto delle proposte formulate in questo parere, in modo da consentire l'entrata in vigore del regolamento.

1.3

Il Comitato si compiace degli sforzi della Commissione per colmare, grazie a una piena armonizzazione, l'attuale vuoto normativo dovuto all'assenza di un atto comunitario applicabile agli Stati membri che disciplini i conflitti di leggi in materia di obbligazioni contrattuali. Tale armonizzazione semplificherà notevolmente il lavoro di quanti saranno chiamati ad applicare la legge: costoro potranno infatti basarsi su un unico corpus di norme, che, data l'applicabilità diretta del regolamento, saranno identiche in tutti gli Stati membri. La proposta in esame è un necessario complemento di quella concernente il regolamento «Roma II» (2), che si trova già in una fase avanzata dell'iter legislativo: insieme, infatti, i due regolamenti (Roma I e II) garantiranno per la prima volta all'UE un sistema (più o meno) completo di norme sui conflitti di leggi in materia di obbligazioni contrattuali.

1.4

Il Comitato sollecita le competenti istituzioni europee ad accogliere i seguenti emendamenti:

trasformare l'articolo 3, paragrafo 1, terza frase, in una norma interpretativa,

integrare l'articolo 3, paragrafo 3, in modo che la legge applicabile al contratto di consumo possa essere modificata solo dopo l'insorgere di una controversia relativa al contratto stesso,

verificare se, in casi eccezionali che si configurano in modo particolare, sia opportuno applicare un criterio di collegamento meno rigido di quello di cui all'articolo 4, paragrafo 1,

in relazione all'articolo 5, verificare se e a quali condizioni la libertà di scegliere la legge applicabile possa essere concessa anche nei casi in cui una società opera nello Stato di residenza del consumatore o dirige le proprie attività verso tale Stato,

eliminare l'articolo 22, lettera c).

Il regolamento dovrebbe essere adottato il più presto possibile, in modo da consentirne l'entrata in vigore in tempi rapidi.

1.5

Il Comitato prende atto con soddisfazione della volontà del governo irlandese di partecipare all'adozione del regolamento. Deplora però che quest'ultimo non entri in vigore né nel Regno Unito né in Danimarca, il che renderà gli effetti dell'armonizzazione più limitati di quanto sarebbe stato possibile. Il Comitato invita la Commissione a fare quanto in suo potere affinché questi due Stati membri rendano applicabile il regolamento, o almeno ne recepiscano le norme, nei rispettivi ordinamenti interni.

2.   Osservazioni generali

2.1   Motivazione dell'iniziativa

2.1.1

Il regolamento proposto prevede un quadro giuridico uniforme sui conflitti di leggi in materia di obbligazioni contrattuali nell'ambito dell'Unione europea. In realtà, entro certi limiti un tale corpus di norme esiste già dal 1980, anno in cui la maggioranza dei paesi occidentali decise di stipulare la convenzione di Roma, cui in seguito aderirono altri Stati. Lo strumento della convenzione multilaterale venne scelto perché all'epoca il Trattato CE non offriva alcuna base giuridica per l'adozione di un atto comunitario in materia. A più di un quarto di secolo dalla sua entrata in vigore, la convenzione di Roma è ampiamente riconosciuta come un effettivo passo avanti e le soluzioni da essa previste sono ancora valide nei loro aspetti fondamentali, anche se la convenzione va riveduta e aggiornata per porre rimedio ad alcuni difetti riconosciuti. Essendo un trattato multilaterale, la convenzione potrebbe essere riveduta solo in seguito a una nuova tornata di negoziati, operazione lunga e dall'esito incerto. Tuttavia, ciò non è più necessario, in quanto il Trattato CE dispone ormai di una base giuridica per adottare un atto comunitario in materia (l'articolo 61, lettera c), e l'articolo 65, lettera b)). Inoltre, per agevolare l'applicazione delle norme, queste dovrebbero essere identiche in tutti gli Stati membri, e l'unico atto comunitario che garantisce tale uniformità è il regolamento.

2.1.2

Nel 2004 la Commissione ha condotto un'audizione pubblica sulla base del Libro verde del 2003 (3). In tale occasione la grande maggioranza degli interpellati si è pronunciata a favore di un regolamento. Anche il CESE (4) e il PE (5) si sono detti favorevoli a modernizzare le norme della convenzione di Roma e a trasformare quest'ultima in un regolamento comunitario.

2.2   Il contesto normativo

2.2.1

Il regolamento in esame va considerato nel contesto delle attività della Commissione nel campo del diritto civile e processuale civile, volte a concorrere alla creazione di uno spazio giuridico uniforme europeo e ad agevolare l'accesso dei cittadini al diritto. In varie occasioni, il Comitato ha preso posizione su una serie di proposte presentate in materia dalla Commissione (6).

2.2.2

L'iniziativa all'esame si ricollega in maniera particolarmente stretta al lavoro della Commissione in materia di conflitti di leggi, ossia alla sua proposta concernente il regolamento Roma II. Quest'ultimo è complementare al regolamento Roma I e ne costituisce il seguito ideale.

2.3   Base giuridica, sussidiarietà, proporzionalità e forma giuridica

2.3.1

Il regolamento proposto mira ad armonizzare le norme sui conflitti di leggi in materia di obbligazioni contrattuali. La base giuridica per tale opera di armonizzazione è costituita dal disposto combinato degli articoli 61, lettera c), e 65, lettera b), del TCE. La Commissione è competente a presentare proposte in tal senso, quando ciò sia necessario per il buon funzionamento del mercato interno. Secondo il Comitato, è questo il caso dell'armonizzazione delle norme sui conflitti di leggi, dato che essa contribuirà a garantire la parità di trattamento degli operatori economici nella Comunità nelle fattispecie transfrontaliere, ad aumentare la certezza del diritto, a semplificare l'applicazione delle norme giuridiche e quindi a favorire la stipula di negozi transfrontalieri. Inoltre, essa favorisce il riconoscimento reciproco degli atti giuridici, in quanto consente anche ai cittadini di altri Stati membri di verificarne immediatamente la regolarità del contenuto.

2.3.2

Questi obiettivi non si possono raggiungere con misure al livello dei singoli Stati membri: a tal fine, infatti, è necessaria l'azione dell'UE, che appare giustificata alla luce dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità (articolo 5 TCE).

2.4

La Commissione ha giustamente optato per un regolamento, che a differenza della direttiva non lascia agli Stati membri alcun margine di manovra nella sua attuazione. Una direttiva creerebbe infatti un'incertezza giuridica che è opportuno evitare.

3.   Osservazioni specifiche

3.1   Campo d'applicazione materiale e applicazione della legge di un paese terzo (articoli 1 e 2)

3.1.1

Il regolamento proposto si applica ai conflitti di leggi riguardanti le obbligazioni contrattuali in materia civile e commerciale (articolo 1, paragrafo 1). Al riguardo il legislatore può ricorrere alla terminologia utilizzata nella convenzione di Bruxelles (articolo 1) e adoperata anche nella proposta di regolamento Roma II, considerato che il suo contenuto è ben definito. L'esclusione delle materie fiscali, doganali e amministrative dal campo di applicazione del regolamento in esame appare ovvia: questa indicazione è pertanto superflua, anche se priva di conseguenze.

3.1.2

Il regolamento non intende disciplinare l'intero ambito dei conflitti di leggi in materia civile, né tanto meno prevedere una disciplina che serva a valutare ogni singola fattispecie in materia di obbligazioni contrattuali. Il legislatore fa bene a non prefiggersi uno scopo così ambizioso per non mettere a repentaglio la realizzabilità del progetto. Si giustifica così l'esclusione delle questioni di stato e capacità delle persone fisiche dall'ambito di applicazione del regolamento (articolo 1, paragrafo 2, lettera a)). Tradizionalmente, infatti, i conflitti di leggi attinenti a tali materie sono regolati da strumenti giuridici autonomi (finora pressoché esclusivamente costituiti da accordi multilaterali) (7) a causa delle loro implicazioni sociali. Per analoghi motivi, è condivisibile l'esclusione delle obbligazioni derivanti dai rapporti di famiglia, comprese le obbligazioni alimentari, e di quelle derivanti dai regimi patrimoniali tra coniugi o da regimi analoghi, dai testamenti e dalle successioni (articolo 1, paragrafo 2, lettere b) e c)), che andrebbero disciplinate anch'esse con strumenti giuridici specifici.

3.1.3

L'esclusione delle obbligazioni derivanti da cambiali, assegni e vaglia cambiari (articolo 1, paragrafo 2, lettera d)) è giustificata dal fatto che tali materie sono già regolamentate in modo appropriato da apposite convenzioni (8) che esulano dall'ambito di azione della Comunità e la cui esistenza non dovrebbe essere messa in discussione.

3.1.4

I compromessi, le clausole compromissorie e le convenzioni sul foro competente (articolo 1, paragrafo 2, lettera e)) sono esclusi perché tali materie attengono al diritto processuale civile internazionale, nell'ambito del quale possono essere meglio regolamentate, e in parte anche ad accordi che esulano dall'ambito di azione della Comunità. Tale osservazione vale altresì per la prova e la procedura (articolo 1, paragrafo 2, lettera h)).

3.1.5

L'esclusione delle questioni inerenti al diritto delle società, associazioni e persone giuridiche (articolo 1, paragrafo 2, lettera f)) è inevitabile, perché tali questioni sono così strettamente connesse con la disciplina di tali enti che la loro regolamentazione deve inserirsi in quel contesto. Il trust , poi, è un istituto specifico del diritto angloamericano e come tale era già stato escluso dall'ambito di applicazione della convenzione di Roma (articolo 1, paragrafo 2, lettera g), della convenzione), per cui è logico che il regolamento proposto faccia altrettanto (articolo 1, paragrafo 2, lettera g)).

3.1.6

L'esclusione delle obbligazioni derivanti da un rapporto precontrattuale (articolo 1, paragrafo 2, lettera i)) si riferisce a obbligazioni considerate extracontrattuali. Queste ultime vengono trattate in maniera sistematica dalla proposta di regolamento Roma II e quindi sono giustamente escluse dal campo di applicazione del regolamento in esame.

3.1.7

Il Comitato prende atto con soddisfazione della volontà del governo irlandese di partecipare all'adozione del regolamento, ma deplora che il Regno Unito non abbia deciso di fare altrettanto. Le norme del regolamento non si applicheranno in Danimarca (articolo 1, paragrafo 3) fintantoché questo Stato non avrà concluso un accordo in tal senso con la Comunità europea o recepito volontariamente tali norme nel proprio ordinamento giuridico. Il Comitato invita quindi la Commissione a fare quanto possibile affinché questi due Stati rendano applicabile il regolamento, o quanto meno ne recepiscano le disposizioni, nei rispettivi ordinamenti interni. Il rifiuto di alcuni Stati membri di vincolarsi al rispetto del regolamento comprometterebbe l'obiettivo da esso perseguito, ossia l'uniformazione delle norme sui conflitti di leggi a livello europeo. Sarebbe deplorevole che in questi Stati membri si continuasse a dover applicare la convenzione di Roma, dato che il suo contenuto non coincide con quello del regolamento Roma I. Infatti, poiché la scelta del foro è ancora in certa misura arbitraria — nonostante il regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, la convenzione di Bruxelles e quella di Lugano -, tale situazione potrebbe condurre a decisioni giudiziarie diverse su una medesima controversia: una conseguenza che sarebbe difficilmente accettabile nella Comunità.

3.1.8

La legge designata dal regolamento proposto si applica anche se non è quella di uno Stato membro (articolo 2). Così disponendo, il regolamento ottempera a un principio generalmente riconosciuto in tema di norme sui conflitti di leggi, quello cioè di non discriminazione nei confronti degli altri ordinamenti giuridici, cosa di cui il Comitato si compiace. Se si accetta che i criteri di collegamento assegnino la disciplina di una data fattispecie a un determinato ordinamento giuridico, allora non fa alcuna differenza che si tratti di quello di uno Stato membro o di un paese terzo.

3.2   Criteri generali di collegamento (articoli 3 e 4)

3.2.1

Ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 1, in linea di principio il contratto è disciplinato dalla legge scelta dalle parti. Il Comitato si compiace di questa disposizione, perché essa tiene conto dell'autonomia contrattuale, principio fondamentale in materia di diritto delle obbligazioni, ed è conforme alla regola generale vigente nel diritto internazionale privato. Tale disposizione, inoltre, corrisponde in larga misura a quella, generalmente ritenuta appropriata, di cui all'articolo 3, paragrafo 1, della convenzione di Roma. Il Comitato accoglie con favore questo approccio, ma ritiene che esso comporti un rischio: quello che, all'atto dell'applicazione pratica di questa norma, il giudice cerchi di ricostruire una ipotetica volontà delle parti senza disporre di elementi sufficienti al riguardo. Si tratta di un rischio da scongiurare, ad esempio chiarendo questo punto nel settimo considerando. Inoltre, la libertà di scelta è spinta così innanzi da consentire alle parti di convenire in qualsiasi momento la modifica della legge regolatrice del contratto (articolo 3, paragrafo 3). In linea di principio il Comitato si compiace che sia loro accordata questa facoltà, tuttavia ritiene che essa possa comportare un rischio per la tutela del consumatore, il quale può non essere in grado di valutare appieno la portata di una tale operazione. Il Comitato raccomanda che, conformemente all'articolo 17, paragrafo 1, del citato regolamento concernente la competenza giurisdizionale, la scelta della legge applicabile ai contratti di consumo possa essere modificata solo in un momento successivo al sorgere di una controversia, in quanto allora il consumatore sarà stato messo in guardia e agirà quindi con maggiore prudenza.

3.2.2

L'articolo 3, paragrafo 1, terza frase, trae dall'accordo delle parti riguardo al foro competente la presunzione che esse abbiano inteso scegliere anche la legge dello Stato membro del foro come legge regolatrice del contratto (a meno che non abbiano espressamente optato per una legge diversa). Tale disposizione rispecchia la volontà di far coincidere il foro con la legge sostanziale applicabile, il che consente in genere di agevolare le decisioni giudiziarie. Tuttavia, il Comitato si chiede se una formulazione così rigorosa non finisca per travisare la volontà delle parti. Sarebbe allora più appropriato attenuare un po' il rigore del testo, riformulandolo in modo da farne un mero ausilio all'interpretazione della frase precedente. Ad esempio, si potrebbe riformulare la frase in esame nei seguenti termini:

A tal fine si deve tener conto in particolare della clausola del contratto relativa al foro scelto dalle parti.

3.2.3

Il Comitato desidera trattare in modo più dettagliato un punto che riveste un'importanza cruciale per l'avvenire dello spazio giuridico europeo, ossia l'eventuale creazione di uno strumento opzionale o 26 o regime da parte della Comunità europea. Con ciò si intende che le parti potranno scegliere di assoggettare il contratto a un diritto civile europeo la cui creazione è attualmente all'esame e di cui il quadro comune di riferimento (QCR) oggi in fase di elaborazione potrebbe costituire una prima tappa. L'articolo 3, paragrafo 2, è una norma di apertura che consente alle parti di scegliere una legge regolatrice sopranazionale. Finora tale possibilità non era espressa con chiarezza nel diritto internazionale privato, e il Comitato esprime il suo apprezzamento senza riserve per questa apertura: per la prima volta, infatti, le parti potrebbero effettivamente utilizzare in larga misura dei modelli europei uniformi di contratto, il che costituirebbe un notevole progresso verso il completamento del mercato interno. (9)

3.2.4

L'articolo 4, paragrafo 1, detta i criteri di collegamento in base ai quali determinare la legge applicabile a una serie di contratti. Tali criteri completano le disposizioni dell'articolo 4, paragrafo 2, del regolamento proposto, che sono riprese dalla convenzione di Roma. A norma di questa convenzione, essi avrebbero potuto essere dedotti solo attraverso un'interpretazione dell'articolo 4, paragrafo 2: pertanto, la loro elencazione espressa proposta dalla Commissione conferisce senz'altro una maggiore certezza del diritto. Tuttavia, tale certezza giuridica è ottenuta a prezzo di un rigore e di una rigidità che non tollerano alcuna eccezione, neppure in singoli casi in cui sarebbe appropriato derogare ai suddetti criteri. Il Comitato ravvisa in questo caso un passo indietro rispetto alla convenzione di Roma e teme che possano derivarne effetti controproducenti. Sono infatti ipotizzabili dei casi eccezionali in cui l'applicazione dei rigidi criteri previsti dalla proposta in esame non condurrebbe ad una soluzione adeguata. In questi casi eccezionali, dare al giudice la possibilità di applicare una legge più appropriata permetterebbe forse di addivenire a una soluzione più soddisfacente. Tuttavia, se si vuol conseguire l'obiettivo di un'elevata certezza del diritto e della prevedibilità della legge applicabile, una tale deviazione dai criteri legali non può in alcun caso risolversi in una scelta arbitraria della legge applicabile da parte del giudice: quest'ultimo, quindi, dovrà valutare attentamente la necessità di discostarsi da tali criteri e motivare adeguatamente una eventuale decisione in tal senso. Alla luce di quanto precede, il Comitato invita a considerare l'opportunità di apportare delle modifiche al testo del regolamento proposto.

3.2.5

Il Comitato comprende bene lo scopo che la Commissione intende conseguire con l'articolo 4, paragrafo 1, lettera f). Tuttavia, desidera far notare che, a causa del modo in cui sono costituiti, molti diritti di proprietà industriale possono essere trasferiti a condizioni diverse da quelle previste dalla legge del paese in cui il titolare del diritto ha la residenza abituale. Poiché l'articolo 4, paragrafo 1, non contiene alcun vincolo alla legge del paese in cui il titolare del diritto risiede abitualmente all'atto della costituzione del rapporto giuridico, la modifica della legge applicabile in conseguenza del sopravvenuto cambiamento della residenza potrebbe porre dei problemi riguardo al fondamento giuridico di tale diritto. Il Comitato invita la Commissione a considerare questo problema e a proporre una soluzione appropriata.

3.3   Criteri speciali di collegamento (articoli 5-17)

3.3.1

L'articolo 5 del regolamento proposto rielabora in modo sostanziale le norme della convenzione di Roma in materia di contratti di consumo, spesso ritenute poco comprensibili e bisognose di revisione. Secondo il Comitato, la Commissione procede nella direzione giusta, poiché consente di evitare in futuro la complessa situazione derivante dall'applicazione di due diversi ordinamenti giuridici, finora imposta dall'articolo 5 della convenzione di Roma. Non vi è dubbio che il consumatore che stipula un contratto con un professionista vada tutelato anche per quanto concerne il conflitto di leggi. Tale tutela è in principio garantita applicando la legge dello Stato membro nel quale il consumatore ha la residenza abituale (articolo 5, paragrafo 1), dato che si tratta della legge che il consumatore conosce (nella migliore delle ipotesi), di cui domina la lingua e riguardo alla quale gli è più facile ottenere consulenza giuridica. Il testo proposto richiede inoltre che l'attività commerciale del professionista si svolga nello Stato membro in cui il consumatore ha la residenza abituale o sia diretta verso tale Stato. Analogamente alla convenzione di Roma, il regolamento tiene conto degli interessi del professionista (che, per motivi di comodità, tenderà a preferire l'applicazione della sua legge nazionale), consentendogli di scegliere la sua legge nazionale nei restanti casi. Tuttavia, il Comitato si chiede se sia davvero necessario privare completamente le parti di un contratto di consumo della libertà di scelta, come fa l'articolo 5, paragrafo 2. Al contrario, secondo il Comitato, anche il consumatore trarrebbe probabilmente vantaggio dalla possibilità di scegliere la legge applicabile al contratto, quantomeno in presenza di determinate misure di tutela di cui egli ha indubbiamente bisogno, essendo la parte meno esperta e più debole. Pertanto il Comitato invita la Commissione a riesaminare questa disposizione alla luce di tali considerazioni.

3.3.2

Le disposizioni relative ai contratti individuali di lavoro (articolo 6) rispecchiano la particolare esigenza di tutelare i lavoratori. Esse riprendono quelle dell'articolo 6 della convenzione di Roma, integrandole con delle norme che tengono in debito conto le mutate condizioni del lavoro dipendente. L'espressione «a partire dal quale» è stata aggiunta per conformarsi alla giurisprudenza della Corte di giustizia relativa all'articolo 18 della convenzione di Bruxelles. Tuttavia, in assenza di una definizione davvero esplicita nel regolamento stesso o di chiarimenti nella motivazione della proposta, il Comitato si chiede che cosa si intenda, nell'articolo 6, paragrafo 2, lettera a), per lavoro «temporaneo» in un altro paese. Il significato di questa espressione, infatti, deve assolutamente essere precisato, poiché, in quanto criterio di collegamento, il fatto di compiere un lavoro «in modo temporaneo» riveste un'importanza decisiva. Inoltre, tale lacuna non può essere colmata ricorrendo all'articolo 2 della direttiva sul distacco dei lavoratori (10), dato che neppure quest'ultima norma contiene una definizione precisa. Infine, il Comitato stenta a comprendere la necessità di una disposizione riguardante «uno spazio non sottoposto ad una sovranità nazionale» (articolo 6, paragrafo 2, lettera b)). Si tratta forse di un riferimento alle piattaforme di perforazione situate in acque internazionali, ma bisognerebbe precisarlo almeno nella motivazione.

3.3.3

L'articolo 7 concerne i contratti conclusi da un intermediario, per i quali la convenzione di Roma prevede una disciplina solo parziale, dato che omette di considerare il rapporto giuridico tra l'intermediario e il terzo. Era opportuno colmare questa lacuna (articolo 7, paragrafo 2, del regolamento). È difficile rispondere alla questione su quale diritto si debba applicare a questo rapporto, dato che in esso sono in gioco gli interessi sia dell'intermediario che del terzo. Di regola, se l'intermediario eccede i suoi poteri o agisce senza averne l'autorità, il terzo è il soggetto più bisognoso di tutela. Il testo proposto si sforza di tener conto degli interessi di entrambi e incontra quindi il favore del Comitato.

3.3.4

Le leggi di polizia sono una materia difficile, poiché la libertà di scelta delle parti non dovrebbe essere limitata più del necessario e bisognerebbe evitare nella misura del possibile che l'applicazione della legge regolatrice del contratto fosse ostacolata da norme estranee alla disciplina del contratto stesso. L'articolo 8 del regolamento corrisponde in sostanza all'articolo 7, paragrafo 2, della convenzione di Roma. Il regolamento tiene conto della pertinente giurisprudenza della Corte di giustizia (11), fornendo una definizione legale delle «norme di polizia» e dando loro efficacia. Per l'utente del diritto, questi casi sono complicati dal fatto che per regolare una data fattispecie non vi è più un quadro normativo unico, ma trova applicazione una serie di norme non armonizzate o persino contraddittorie che in definitiva occorre conciliare. Ciò richiede del tempo, è tecnicamente complesso e aumenta l'incertezza in ordine alla legge applicabile. Tuttavia, considerato lo stato di avanzamento del processo di ravvicinamento dei diritti nazionali, il Comitato non vede alternative, tanto più che anche la dottrina giuridica si mostra in prevalenza favorevole all'applicazione di queste norme nei casi di conflitto di leggi.

3.3.5

Secondo il Comitato, gli articoli da 10 a 17 non pongono sostanzialmente problemi e non richiedono osservazioni dettagliate, in particolare quando si limitano a riprendere le norme corrispondenti della convenzione di Roma.

3.3.6

Data la crescente diffusione dei contratti a distanza, l'articolo 10 (validità formale del contratto) risponde all'esigenza di semplificare le norme in materia di validità formale dei contratti e degli atti giuridici unilaterali, introducendo degli ulteriori criteri di collegamento.

3.3.7

La cessione di crediti e i negozi giuridici che, in alcuni ordinamenti, danno luogo alla surrogazione convenzionale del terzo, che adempie l'obbligazione, nei diritti del creditore, svolgono funzioni economiche simili (12). Pertanto, è giusto che i conflitti di leggi concernenti l'uno o l'altro di questi istituti siano disciplinati nello stesso articolo (l'articolo 13). Il paragrafo 3 di tale articolo introduce una nuova norma volta a regolare il conflitto di leggi in materia di opponibilità della cessione o della surrogazione ai terzi, che giustamente rispecchia la soluzione adottata nel quadro della convenzione della CNUDCI, del 12 dicembre 2001, sulla cessione di crediti commerciali.

3.3.8

L'articolo 14 disciplina il conflitto di leggi in materia di surrogazione legale. Dato che tale fattispecie è prevista dalla maggior parte degli ordinamenti, era necessario prevedere un'apposita regola sui conflitti di leggi in materia. L'articolo 15 completa quello precedente, introducendo delle disposizioni sui conflitti di legge in materia di responsabilità solidale dei debitori in caso di surrogazione legale. Sarebbe stato logico integrare queste disposizioni nell'articolo 14, ma non si tratta di una modifica indispensabile.

3.4   Altre disposizioni e disposizioni finali (articoli 18-24)

3.4.1

Quelle contenute nei Capi III e IV sono perlopiù disposizioni di carattere tecnico che corrispondono ai principi e alle norme generalmente vigenti in tema di conflitti di leggi e non richiedono quindi dei commenti circostanziati. Ciò vale in particolare per gli articoli 19 (esclusione del rinvio), 21 (sistemi giuridici non unificati), 20 (ordine pubblico) e 23 (rapporti con convenzioni internazionali in vigore), i quali corrispondono rispettivamente agli articoli 15, 19, 16 e 21 della convenzione di Roma.

3.4.2

Il criterio di collegamento costituito dalla residenza abituale (articolo 18) di una persona svolge un ruolo centrale nell'odierno diritto internazionale privato. Benché la determinazione della residenza abituale di una persona fisica non ponga alcun problema, potrebbero sorgere dei dubbi riguardo a quella di una persona giuridica. Il regolamento proposto risolve questo problema nel modo appropriato, situando la residenza abituale di una persona giuridica nel luogo della sua amministrazione centrale. Non sarebbe stato giusto, invece, riprodurre qui il disposto dell'articolo 60 del citato regolamento (CE) n. 44/2001, dato che quest'ultimo in generale prevede come criterio di collegamento il domicilio anziché la residenza abituale. Inoltre, la triplice soluzione ivi adottata (per determinare il domicilio) avrebbe comportato una minore certezza giuridica.

3.4.3

Il testo dell'articolo 22, lettera c), è difficilmente comprensibile. Esso sembra presupporre che atti comunitari successivi possano prevedere norme loro proprie sui conflitti di legge, le quali prevarrebbero su quelle del regolamento proposto. Tuttavia, i risultati ormai raggiunti nell'armonizzazione del diritto internazionale privato dovrebbero essere mantenuti anche in futuro. È da evitare una frammentazione tra le fonti giuridiche, poiché ciò determinerebbe la coesistenza di norme sostanzialmente difformi. Se in futuro si dovesse rendere necessaria l'adozione di norme speciali, queste dovrebbero essere integrate nel regolamento in esame.

Il Comitato raccomanda dunque di eliminare la lettera c) dell'articolo 22.

3.5   Allegato I

3.5.1

Gli atti elencati nel terzo e nel quarto trattino dell'Allegato I sono, rispettivamente, la seconda direttiva «assicurazione diversa dall'assicurazione sulla vita» e la seconda direttiva «assicurazione sulla vita». A prescindere dal fatto che quest'ultima direttiva è stata abrogata e che la Commissione intende probabilmente riferirsi alla direttiva relativa all'assicurazione sulla vita (13) che ha sostituito quella abrogata, entrambi i trattini pongono alcuni problemi. Il Comitato non si spinge fino a chiederne la soppressione, ma richiama con forza l'attenzione della Commissione sui notevoli problemi che essi comporterebbero. Si rischia, infatti, di perdere una preziosa occasione per semplificare e armonizzare le norme sui conflitti di leggi e risolvere i problemi di questo ramo del diritto. Il combinato disposto dell'articolo 22, lettera a), e del terzo e quarto trattino dell'Allegato I comporterebbe l'inapplicabilità del regolamento proposto ai conflitti di leggi in materia di contratti di assicurazione diretta (14) volti a coprire un rischio situato nell'UE, dato che tali contratti sono disciplinati dalle direttive in questione.

3.5.2

I conflitti di legge in materia di contratti di assicurazione diretta che coprono rischi situati al di fuori dell'UE o, pur coprendo rischi situati nell'UE, sono stati conclusi con un assicuratore di un paese terzo, nonché quelli in materia di contratti di riassicurazione, sarebbero invece disciplinati dal regolamento. Ciò perpetuerebbe una situazione che è già fonte di confusione per chi è chiamato ad applicare queste norme (15). Dopo l'adozione delle direttive sulle assicurazioni, le norme sui conflitti di leggi in materia di contratti assicurativi differiscono dalle regole generali sui conflitti di leggi in materia di obbligazioni contrattuali (articolo 1, paragrafo 3, della convenzione di Roma), benché ovviamente anche quei contratti siano fonti di obbligazioni. Tale divergenza non è dovuta a ragioni obiettive, ma al fatto che, all'atto della firma della convenzione di Roma, i lavori relativi alla «seconda generazione» di direttive sulle assicurazioni non erano ancora iniziati e, prima di stabilire le norme sui conflitti di leggi in materia, si voleva vedere come si sarebbero presentate le norme di vigilanza (16): una situazione transitoria che ormai non ha più ragione di essere.

3.5.3

Le norme di diritto internazionale privato costituiscono un corpo estraneo alle direttive in questione, le cui disposizioni sono improntate al principio del diritto di controllo. Un utente non esperto non si aspetterebbe di trovarvi delle norme sui conflitti di leggi. La frammentazione della normativa tra diverse fonti giuridiche orizzontali e settoriali rende eccessivamente complesso il diritto internazionale privato in materia di assicurazioni. Per ragioni di coerenza del sistema giuridico, sarebbe opportuno riunire le norme in materia, abrogando quelle di carattere speciale.

3.5.4

Non sembra opportuno incorporare tali e quali nel regolamento Roma I le norme di diritto internazionale privato contenute nelle direttive in questione. In tal caso, infatti, ai contratti di assicurazione continuerebbero ad applicarsi, senza alcuna ragione obiettiva, norme diverse a seconda che il rischio coperto sia situato o meno nell'Unione europea. Non si può giustificare questo approccio in nome del principio del diritto di controllo: la vigilanza sulle imprese di assicurazione si esercita in base al criterio dello Stato di origine (quello cioè in cui si trova la sede sociale dell'impresa), la cui applicazione, nel caso dei contratti transfrontalieri, conduce comunque alla dissociazione tra il controllo e la localizzazione del rischio, a prescindere dal fatto che quest'ultimo sia o meno situato nell'Unione europea. Sarebbe invece opportuno applicare il criterio generale di collegamento previsto dal regolamento anche ai contratti di assicurazione conclusi per la copertura di rischi situati nell'UE. Infatti, l'adozione di quest'ultimo criterio — quello cioè della scelta delle parti — consentirebbe in futuro alle imprese di assicurazione e alla loro clientela commerciale di godere delle maggiori opportunità offerte dalla libera scelta della legge applicabile, il che è senz'altro positivo. Assoggettando le loro polizze a una medesima legge regolatrice, scelta con oculatezza, tali imprese potrebbero offrire prodotti assicurativi identici in tutta l'UE anziché dover sviluppare una pletora di prodotti distinti. In passato, la necessità di disporre di un'ampia gamma di prodotti diversi ha praticamente impedito alle imprese di assicurazione di trarre vantaggio dalla libera circolazione dei servizi anche riguardo ai contratti conclusi per la copertura di rischi minori. Per quanto concerne la libertà di scelta, anche in materia di contratti di assicurazione sono solo i consumatori privati ad aver bisogno di una protezione giuridica completa. Le categorie degli imprenditori e degli altri lavoratori autonomi, che oggi godono anch'esse di una certa tutela, benché più limitata, ma non dispongono di una completa libertà di scelta, non necessitano affatto di una tutela particolare: a differenza dei consumatori, infatti, questi soggetti possiedono un'esperienza sufficiente in materia per comprendere i rischi che si assumono quando abbandonano la loro legge nazionale e in quali casi hanno bisogno di consulenza giuridica.

Bruxelles, 13 settembre 2006

La Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Anne-Marie SIGMUND


(1)  Convenzione di Roma sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, del 19.6.1980. La versione in vigore è pubblicata nella GU C 27 del 26.1.1998, pag. 34.

(2)  COM(2006) 83 def. — 2003/0168 (COD).

(3)  COM(2002) 654 def.

(4)  Parere del Comitato economico e sociale europeo, del 29.1.2004, in merito al Libro verde sulla trasformazione in strumento comunitario della convenzione di Roma del 1980 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali e sul rinnovamento della medesima (INT/176).

(5)  Risoluzione del Parlamento europeo sulle prospettive per il ravvicinamento del diritto processuale civile nell'Unione europea (COM(2002) 654 def. e COM(2002) 746 def. — C5-0201/2003-2003/2087(INI)), A5-0041/2004.

(6)  Val la pena di citare, a titolo di esempio:

 

l'adozione, nel 1968, della convenzione di Bruxelles in forma di regolamento (ossia il regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (GU L 12 del 16.1.2001, pag. 1)) e il relativo parere del CESE (GU C 117 del 26.4.2000, pag. 6 — relatore: MALOSSE),

 

il regolamento (CE) n. 805/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, che istituisce il titolo esecutivo europeo per i crediti non contestati (GU L 143 del 30.4.2004, pag. 15) e il relativo parere del CESE (GU C 85 dell'8.4.2003, pag. 1 — relatore: RAVOET),

 

il regolamento (CE) n. 1348/2000 del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativo alla notificazione e alla comunicazione negli Stati membri degli atti giudiziari ed extragiudiziali in materia civile o commerciale (GU L 160 del 30.6.2000, pag. 37) e il relativo parere del CESE (GU C 368 del 20.12.1999, pag. 47 — relatore: HERNÁNDEZ BATALLER),

 

il regolamento (CE) n. 1206/2001 del Consiglio, del 28 maggio 2001, relativo alla cooperazione fra le autorità giudiziarie degli Stati membri nel settore dell'assunzione delle prove in materia civile o commerciale (GU L 174 del 27.6.2001, pag. 1) e il relativo parere del CESE (GU C 139 dell'11.5.2001, pag. 10 — relatore: HERNÁNDEZ BATALLER),

 

il regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativo alle procedure di insolvenza (GU L 160 del 30.6.2000, pag. 1) e il relativo parere del CESE (GU C 75 del 15.3.2000, pag. 1 — relatore: RAVOET),

 

la direttiva sul credito al consumo (COM(2002) 443 def. dell'11.9.2002) e il relativo parere del CESE (GU C 234 del 30.9.2003, pag. 1 — relatore: PEGADO LIZ),

 

la direttiva concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU L 95 del 21.4.1993, pag. 29) e il relativo parere del CESE (GU C 159 del 17.6.1991, pag. 35 — relatore: HILKENS),

 

il Libro verde sul procedimento europeo d'ingiunzione di pagamento e sulle misure atte a semplificare ed accelerare il contenzioso in materia di controversie di modesta entità (COM(2002) 746 def.) e il relativo parere del CESE (GU C 220 del 16.9.2003, pag. 5 — relatore: von FÜRSTENWERTH),

 

la proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che istituisce un procedimento europeo d'ingiunzione di pagamento (COM(2004) 173 def./3) e il relativo parere del CESE (GU C 221 dell'8.9.2005 — relatore: PEGADO LIZ).

(7)  Cfr. le varie convenzioni dell'Aia, ad esempio la convenzione del 12.6.1902 per regolamentare la tutela dei minori, la convenzione del 24 ottobre 1956 sulla legge applicabile alle obbligazioni alimentari nei confronti dei fanciulli, la convenzione del 2 ottobre 1973 sulla legge applicabile alle obbligazioni alimentari, ecc.

(8)  La convenzione di Ginevra del 7.6.1930 destinata a regolare alcuni conflitti di leggi in materia di cambiali e di vaglia cambiari e la convenzione di Ginevra del 19.3.1931 destinata a regolare alcuni conflitti di leggi in materia di assegni bancari.

(9)  Se un giorno si riuscisse a realizzarlo, uno strumento opzionale o 26o regime potrebbe aspirare ad essere il miglior sistema di diritto civile possibile. Scegliendo concordemente di applicare tale regime anziché un diritto nazionale, ovviamente non vi sarebbe più alcun bisogno di effettuare modifiche o procedere a un ravvicinamento normativo a causa delle leggi di polizia nazionali (o per garantire la compatibilità con l'ordine pubblico del foro — art. 20). Infatti, la scelta di applicare un corpus normativo sovranazionale ne comporterebbe un'applicazione piena e illimitata, dato che esso riprodurrebbe le norme generalmente accettate nell'Unione europea. Poiché l'articolo 3, paragrafo 2, consente già in linea di principio una scelta in tal senso, tale norma sarebbe la sede più idonea per fissare le condizioni alle quali è possibile avvalersi dei vantaggi offerti dallo strumento opzionale. Si dovrebbe prevedere espressamente che l'articolo 8 non si applica se le parti concordano di applicare un regime sovranazionale (e lo stesso dovrebbe valere anche per l'«ordine pubblico» di cui all'articolo 20).

(10)  Direttiva 96/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16.12.1996 relativa al distacco dei lavoratori nell'ambito di una prestazione di servizi (GU L 18 del 21.1.1997).

(11)  Sentenze del 23.11.1999 nelle cause C-369/96 e C-374/96.

(12)  Osservazione: questa affermazione è formulata in modo esplicito solo in alcune versioni (come quelle francese e italiana) della motivazione della proposta di regolamento, mentre — incomprensibilmente — non lo è in quella tedesca, dato che nel diritto tedesco non esiste un istituto giuridico corrispondente. Tuttavia, per ragioni di completezza, si dovrebbe almeno parafrasarla.

(13)  Direttiva 2002/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 novembre 2002, relativa all'assicurazione sulla vita (GU L 345 del 19.12.2002, pag. 1).

(14)  Così denominati per distinguerli da quelli di riassicurazione.

(15)  La situazione attuale è la seguente: ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 3, della convenzione di Roma, le disposizioni di tale convenzione non si applicano ai contratti di assicurazione per la copertura di rischi localizzati nei territori degli Stati membri della Comunità europea. La convenzione stessa non chiarisce di quali casi si tratti, per cui a tal fine occorre far riferimento alle direttive in materia di assicurazioni. La convenzione di Roma è invece applicabile ai contratti di riassicurazione e ai contratti per la copertura di rischi situati al di fuori dell'UE.

(16)  Giuliano e Lagarde, Relazione sulla convenzione relativa alla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (GU C 282 del 31.10.1980, pag. 13).


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