EUR-Lex Access to European Union law

Back to EUR-Lex homepage

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 52017AE1461

Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale e il regolamento (CE) n. 987/2009 che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 883/2004»Testo rilevante ai fini del SEE e per la Svizzera. [COM(2016) 815 final — 2016/0397 (COD)]

GU C 345 del 13.10.2017, p. 85–90 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, HR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

13.10.2017   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 345/85


Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 883/2004 relativo al coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale e il regolamento (CE) n. 987/2009 che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 883/2004»

(Testo rilevante ai fini del SEE e per la Svizzera)

[COM(2016) 815 final — 2016/0397 (COD)]

(2017/C 345/14)

Relatore:

Philip VON BROCKDORFF

Correlatrice:

Christa SCHWENG

Consultazione

Commissione europea, 17.2.2017

Consiglio, 15.2.2017

Base giuridica

Articolo 48 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

 

 

Decisione dell’Assemblea plenaria

5.7.2017

 

 

Sezione competente

Occupazione, affari sociali, cittadinanza

Adozione in sezione

13.6.2017

Adozione in sessione plenaria

5.7.2017

Sessione plenaria n.

527

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

135/2/1

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ritiene che la proposta di revisione del regolamento sul coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale dovrebbe puntare a facilitare, e non a limitare, la circolazione delle persone in cerca di lavoro e dei lavoratori. Questo perché un migliore coordinamento della sicurezza sociale agevola la libera circolazione dei lavoratori procurando dei vantaggi sia ai lavoratori stessi (sviluppo di competenze e maggiore capacità di adattamento) che ai datori di lavoro (una forza lavoro motivata dotata delle necessarie conoscenze tecniche). Un simile coordinamento migliorato contribuisce inoltre all’economia in generale rimediando alle disparità in materia di disoccupazione tra Stati membri dell’UE e promuovendo una più efficiente allocazione delle risorse umane, oltre a fornire un contributo alla crescita e alla competitività dell’Unione.

1.2.

Norme eque e ben funzionanti sia per i cittadini mobili che per quelli che non lo sono costituiscono fattori importanti perché la mobilità sia bene accetta a livello politico. Il CESE è del parere che l’obiettivo dell’esercizio di revisione dovrebbe essere quello di conseguire un giusto equilibrio tra paesi di origine e paesi ospitanti.

1.3.

Quanto alle condizioni applicabili ai cittadini che hanno il diritto di «esportare» le prestazioni per l’assistenza di lungo periodo quando si trasferiscono in un altro paese, il CESE ritiene che le nuove norme proposte assicurino loro una protezione migliore in contesti transfrontalieri. Il Comitato sottolinea tuttavia che le nuove norme non stabiliscono un nuovo diritto a beneficiare di un’assistenza di lungo periodo in ogni Stato membro, dal momento che questo dipende dalla disponibilità di tali servizi nello Stato membro ospitante.

1.4.

Il CESE osserva che sia la proposta di revisione del regolamento sul coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale che la direttiva sul distacco dei lavoratori sono pertinenti nel campo della mobilità della forza lavoro. Dato però che questi due strumenti trattano di due questioni ben distinte, il CESE teme che fare riferimento alle definizioni della proposta di revisione della direttiva sul distacco dei lavoratori nel regolamento sul coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale comporti, di fatto e all’atto pratico, una minore chiarezza giuridica.

1.5.

Il CESE osserva che l’obbligo per un lavoratore di aver lavorato almeno 3 mesi nello Stato membro ospitante prima di aver diritto a percepire delle indennità di disoccupazione — secondo quanto raccomandato nella proposta di revisione del regolamento — ritarderà la «totalizzazione dei periodi» che conferisce il diritto a percepire le indennità. Se questo può, da un lato, rendere le norme più eque per i paesi di destinazione dei lavoratori mobili, dall’altro può anche incidere negativamente sulla motivazione alla mobilità.

1.6.

Per il CESE non è chiaro in che modo la proposta di estendere il periodo di «esportazione» delle indennità di disoccupazione dagli attuali 3 ad almeno 6 mesi possa rivelarsi efficace nell’offrire opportunità di impiego alle persone in cerca di lavoro, poiché questo dipende dalla situazione del mercato del lavoro, che è diversa da uno Stato membro all’altro.

1.7.

Il CESE è convinto che una maggiore convergenza per quanto riguarda le prestazioni, la «totalizzazione» dei periodi e l’attivazione delle prestazioni contribuirebbe a migliorare e a facilitare il coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale. I servizi pubblici per l’impiego (SPI) dovrebbero inoltre dimostrarsi più efficaci nell’aiutare le persone mobili in cerca di lavoro a trovare posti di lavoro adeguati.

1.8.

Il CESE chiede agli Stati membri un maggiore impegno affinché rendano più facilmente praticabile la possibilità per i cittadini mobili economicamente inattivi di contribuire in misura proporzionata e secondo il principio della parità di trattamento ad un regime di assicurazione malattia nello Stato membro che li ospita. Gli Stati membri dell’UE dovrebbero inoltre prendere in considerazione i vantaggi derivanti in generale dall’accogliere dei cittadini mobili, incluse le persone inattive ma che, in un modo o nell’altro, finiscono comunque per apportare un contributo all’economia (e alla diversità culturale) del paese che li ospita.

1.9.

Infine, il CESE ritiene che nessuna disposizione contenuta nelle nuove norme proposte dovrebbe limitare i diritti fondamentali sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

2.   Proposte di modifica delle norme sul coordinamento della sicurezza sociale

2.1.

Considerata la costante evoluzione del mercato del lavoro transfrontaliero e le trasformazioni dei sistemi nazionali di sicurezza sociale, è del tutto evidente che le norme in vigore vanno aggiornate e adattate. È appunto questa, oltre alla necessità di facilitare e semplificare i metodi di applicazione, la logica sottesa alle proposte di modifica delle norme formulate dalla Commissione europea nella comunicazione in esame, pubblicata il 13 dicembre 2016.

2.2.

La proposta della Commissione mira a fare chiarezza e a definire norme eque e applicabili intese ad agevolare la mobilità della manodopera. La libera circolazione dei lavoratori resta uno dei capisaldi del mercato interno. Al tempo stesso, però, le autorità nazionali sono anche fortemente sollecitate a contrastare gli abusi o le frodi sulle prestazioni.

2.3.

Qui di seguito si riassumono le principali modifiche proposte:

i)

esportazione delle prestazioni di disoccupazione: la durata minima di «esportazione» delle indennità di disoccupazione (ossia quando il beneficiario «esporta» le proprie indennità di disoccupazione in un altro Stato membro nel quale intraprende la ricerca di un posto di lavoro) deve essere estesa da 3 a 6 mesi, con la possibilità di un’ulteriore proroga per la parte residua del periodo in cui il beneficiario ha diritto alle prestazioni.

ii)

Nel valutare se una persona in cerca di lavoro possa o meno beneficiare di indennità di disoccupazione, uno Stato membro sarà tenuto a verificare e considerare i precedenti periodi di copertura assicurativa in altri Stati membri (come previsto in base alle norme in vigore). Tuttavia, questo sarà possibile solo se l’interessato/a avrà lavorato nello Stato membro in questione per un periodo di almeno 3 mesi (nuova proposta). Se la persona in cerca di lavoro non soddisfa tali requisiti, il versamento delle indennità di disoccupazione spetterà allo Stato membro in cui essa ha lavorato in precedenza.

iii)

Indennità di disoccupazione per i lavoratori frontalieri: in base alle norme modificate proposte dalla Commissione, lo Stato membro responsabile del versamento delle indennità di disoccupazione ai lavoratori frontalieri è quello in cui questi hanno lavorato negli ultimi 12 mesi. Tuttavia, in base alle norme vigenti, attualmente i lavoratori frontalieri versano contributi e imposte nello Stato membro in cui lavorano. Per periodi di lavoro inferiori a12 mesi, sarà lo Stato membro di residenza a dover erogare le indennità di disoccupazione.

iv)

Erogazione delle prestazioni sociali a persone economicamente inattive: in questo caso, la proposta intende codificare la recente giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea secondo cui i cittadini economicamente inattivi che si spostano da uno Stato membro ad un altro possono fruire delle prestazioni sociali soltanto se soddisfano le condizioni relative al diritto di soggiorno legale, così come definite nella direttiva sulla libera circolazione. Tuttavia, le persone economicamente inattive fruiscono di un diritto di soggiorno legale se possono dimostrare di disporre di mezzi di sussistenza sufficienti e di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi. Tale condizione non si applica alle persone attivamente alla ricerca di un lavoro, il cui diritto di soggiorno in un altro Stato membro deriva direttamente dal disposto dell’articolo 45 del TFUE.

v)

Sicurezza sociale per i lavoratori distaccati: nella comunicazione si afferma che le norme proposte intendono rafforzare gli strumenti amministrativi relativi al coordinamento della sicurezza sociale dei lavoratori distaccati, al fine di assicurarsi che le autorità nazionali dispongano di mezzi idonei a consentire loro di verificare la situazione di tali lavoratori sotto il profilo della sicurezza sociale nonché di contrastare pratiche potenzialmente sleali o possibili abusi.

vi)

Prestazioni familiari: la proposta della Commissione aggiorna le norme in materia di indennità di congedo parentale, che servono a compensare un genitore per la perdita di reddito o di salario durante i periodi dedicati all’educazione dei figli. La proposta non modifica le norme vigenti in materia di esportazione delle prestazioni per figli a carico (assegni familiari), né prevede un’indicizzazione di tali prestazioni.

3.   Quadro d’insieme dei sistemi di sicurezza sociale nell’UE

3.1.

In genere i sistemi di sicurezza sociale coprono il versamento di indennità per malattia, maternità/paternità, situazione familiare, vecchiaia, disoccupazione e altre prestazioni analoghe e sono di esclusiva competenza delle autorità nazionali. In altre parole, ciascuno Stato membro è competente dell’assetto del proprio sistema di sicurezza sociale. Per questo motivo, le prestazioni di sicurezza sociale percepite dai cittadini dell’UE sono notevolmente diverse da un paese all’altro per quanto riguarda sia le prestazioni effettive percepite che le modalità organizzative dei sistemi nazionali di sicurezza sociale.

3.2.

Il CESE è seriamente preoccupato dall’ampio divario osservabile tra i risultati registrati dai sistemi di protezione sociale dei diversi Stati membri: se i sistemi più efficienti contribuiscono a ridurre il rischio di povertà del 60 %, quelli meno efficienti riducono tale rischio di meno del 15 %, con una media UE che si attesta sul 35 % (1). Tale divario spiega, in parte, la disparità di condizioni sociali dei cittadini in tutta l’UE. Pertanto, per gli Stati membri dell’UE è più importante che mai concordare dei principi alla base di sistemi di sicurezza sociale efficaci e affidabili, come già sollecitato dal CESE nei pareri dedicati ai Principi per sistemi previdenziali efficaci e affidabili  (2) e al Pilastro europeo dei diritti sociali  (3). I valori europei comuni e il comune sviluppo economico dell’UE richiedono che in ogni Stato membro siano garantiti un reddito minimo, l’assistenza sanitaria di base, l’erogazione di servizi sociali adeguati e la partecipazione sociale; ciò può contribuire a promuovere la solidarietà nei paesi UE e può anche aiutare a ridurre gli squilibri macroeconomici.

3.3.

La libera circolazione dei lavoratori è una delle quattro libertà di circolazione fondamentali dell’Unione europea. Il CESE ritiene che essa debba essere promossa più efficacemente e rispettata nelle sue diverse dimensioni, in quanto, di fatto, non esiste libertà di circolazione dei lavoratori senza il rispetto dei diritti sociali dei cittadini e dei lavoratori mobili in base al principio della parità di trattamento, come indicato di seguito. Il coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale costituisce una di queste dimensioni. La storia della sua applicazione è, in generale, una storia positiva, e negli scorsi decenni ha contribuito al fatto che molti milioni di lavoratori che ne hanno beneficiato siano diventati i migliori «ambasciatori» della libera circolazione dei lavoratori.

3.4.

Al fine di facilitare la libera circolazione dei lavoratori e dei cittadini europei in generale, un coordinamento più efficace dei sistemi di sicurezza sociale si impone per fare maggiore chiarezza e offrire garanzie in merito alle prestazioni cui tali soggetti hanno diritto. L’Unione europea dispone perciò di norme sul coordinamento dei sistemi nazionali di sicurezza sociale che stabiliscono quale dei sistemi di sicurezza sociale dei paesi UE assicura la copertura a un cittadino in genere o, nello specifico, a un lavoratore. Queste norme si prefiggono anche di evitare l’erogazione di prestazioni doppie in contesti transfrontalieri e, al tempo stesso, offrono delle garanzie a quanti lavorano in un altro Stato membro o sono in cerca di lavoro in tutta l’UE.

3.5.

Va sottolineato che le norme vigenti riguardano il coordinamento, e non l’armonizzazione, dei sistemi di sicurezza sociale. Le norme dell’UE sul coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale sono sancite dai regolamenti (CE) n. 883/2004 e (CE) n. 987/2009 e si fondano su quattro principi:

i)

un solo paese: un cittadino è coperto dal sistema di sicurezza sociale di un solo Stato membro alla volta, di modo che detto cittadino versa i contributi in un solo paese e percepisce le prestazioni da quel solo paese;

ii)

parità di trattamento: un cittadino ha gli stessi diritti e doveri dei cittadini del paese in cui è assicurato;

iii)

totalizzazione: a seconda dei casi, se un cittadino chiede l’erogazione di una prestazione, è tenuto a fornire la prova dei periodi di copertura assicurativa, di lavoro o di residenza in altri Stati membri, (per dimostrare, ad esempio, che il cittadino in questione dispone del periodo minimo di assicurazione richiesto dalla normativa nazionale per avere diritto alle prestazioni);

iv)

esportabilità: se un cittadino ha diritto a percepire una prestazione da uno Stato membro, potrà percepirla anche qualora risieda in un altro Stato membro.

3.6.

Le disposizioni dei regolamenti (CE) n. 883/2004 e (CE) n. 987/2009 si applicano a chiunque si trasferisca in un altro Stato membro per stabilirvisi in modo permanente o per svolgervi temporaneamente un’attività di lavoro o di studio. Questo vale anche per i lavoratori transfrontalieri. Inoltre, un cittadino può percepire le indennità di disoccupazione erogate dal proprio Stato membro allorché risiede in un altro Stato membro ed è in cerca di lavoro per un periodo determinato.

4.   Osservazioni generali

4.1.

Nel 2015, nell’UE a 28 paesi circa 11,3 milioni di cittadini appartenenti alla fascia di popolazione attiva (cioè di età compresa tra i 20 e i 64 anni) risiedeva in un altro Stato membro, di cui 8,5 milioni occupati o alla ricerca di un lavoro (i dati relativi a questi due aspetti variano a seconda dello Stato membro considerato), il che equivale al 3,7 % della popolazione attiva totale dell’UE. Nell’Unione europea si contavano 1,3 milioni di lavoratori transfrontalieri (chi risiede in uno Stato membro ma lavora in un altro Stato membro). I lavoratori distaccati erano all’incirca 1,92 milioni, un numero pari allo 0,7 % dell’occupazione totale nell’UE, con una durata media dei distacchi di quattro mesi.

4.2.

Il coordinamento in materia di sicurezza sociale agevola la libera circolazione dei lavoratori con l’erogazione di prestazioni a questi ultimi e, indirettamente, ai datori di lavoro nonché all’economia nel suo complesso, contribuendo così alla crescita e alla competitività. La stragrande maggioranza dei cittadini mobili dell’UE desidera migliorare le proprie possibilità di sostentamento e prospettive di lavoro.

4.3.

Dal punto di vista del lavoratore, il diritto di lavorare in un altro Stato membro non solo offre delle opportunità lavorative, ma facilita anche l’acquisizione di nuove competenze, migliora la capacità di adattamento e arricchisce il lavoratore stesso grazie alle nuove esperienze di lavoro maturate. La circolazione dei lavoratori contribuisce inoltre ad ovviare alle carenze di manodopera e di competenze. Non solo: la circolazione della forza lavoro tende anche a contribuire al finanziamento dei servizi pubblici dello Stato membro ospitante, e può servire ad alleviare in parte l’onere fiscale risultante dall’invecchiamento demografico, oltre che a compensare la diminuzione dei contributi dovuta proprio all’aumento della popolazione anziana.

4.4.

In una prospettiva macroeconomica, la mobilità dei lavoratori contribuisce a rimediare alle disparità in materia di disoccupazione tra Stati membri dell’UE, come pure ad una più efficiente allocazione delle risorse umane. Le ricerche indicano anche che, nel periodo che ha fatto seguito alla crisi finanziaria e alla recessione economica, la mobilità della manodopera all’interno dell’UE ha avuto una funzione importante nell’impedire che il quadro fosse contraddistinto da una instabilità ancora più forte.

4.5.

Se realizzata sulla base di condizioni eque, la mobilità dei lavoratori può essere vantaggiosa per i lavoratori stessi, per le imprese e per la società nel suo complesso. Essa può costituire una grande opportunità di sviluppo personale, sociale ed economico dei cittadini e dei lavoratori e deve quindi essere facilitata. Norme eque e ben funzionanti sia per i cittadini mobili che per quelli che non lo sono costituiscono fattori importanti perché la mobilità sia bene accetta a livello politico. L’obiettivo di tutto questo dovrebbe essere quello di conseguire un giusto equilibrio tra paesi di destinazione e paesi di origine.

4.6.

Alla luce delle considerazioni suesposte, il CESE ritiene che tutte le proposte di modifica dovrebbero puntare a facilitare, e non a limitare, la circolazione delle persone in cerca di lavoro e dei lavoratori. E secondo il parere del Comitato, le norme sul coordinamento della sicurezza sociale dovrebbero agevolare l’accesso al lavoro per le persone provviste di ventagli diversi di competenze. La parità di trattamento relativamente alle misure attive per il mercato del lavoro tra i lavoratori di un determinato Stato membro e i lavoratori di altri paesi dell’UE è un fattore essenziale per il superamento delle divisioni sociali.

5.   Osservazioni specifiche

5.1.

Per quanto riguarda il sistema di coordinamento per i lavoratori frontalieri, il CESE prende atto della proposta di trasferire la responsabilità del versamento delle indennità di disoccupazione allo Stato membro in cui il lavoratore ha esercitato l’ultima attività lavorativa, ma ritiene che l’obbligo di aver lavorato in tale Stato membro per un periodo minimo di 12 mesi potrebbe limitare gli effetti positivi della modifica proposta. Tuttavia, il CESE è consapevole che la proposta comporta anche una sfida per gli Stati membri a cui viene attribuita la responsabilità di erogare le prestazioni.

5.2.

Quanto alle condizioni applicabili ai cittadini che hanno il diritto di «esportare» le prestazioni per l’assistenza di lungo periodo quando si trasferiscono in un altro paese, il CESE ritiene che le nuove norme proposte assicurino loro una protezione migliore in contesti transfrontalieri. Le nuove norme risultano di particolare importanza se si tiene conto dell’invecchiamento demografico e della promozione di una maggiore indipendenza e mobilità delle persone con disabilità, visto il numero crescente di cittadini bisognosi di prestazioni per l’assistenza di lungo periodo che si spostano da uno Stato membro ad un altro. Il CESE sottolinea tuttavia che le nuove norme non stabiliscono un nuovo diritto a beneficiare di un’assistenza di lungo periodo in ogni Stato membro, dal momento che questo dipende dalla disponibilità di tali servizi nello Stato membro ospitante.

5.3.

Il CESE ritiene che le nuove norme faciliteranno la procedura per il recupero delle prestazioni di sicurezza sociale indebitamente corrisposte. Gli Stati membri potranno avvalersi di uno strumento uniforme per procedere al recupero forzato delle prestazioni di sicurezza sociale indebitamente versate e disporranno di procedure più chiare per l’assistenza transfrontaliera reciproca.

5.4.

Il CESE osserva che sia la proposta di revisione del regolamento sul coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale che la direttiva sul distacco dei lavoratori sono pertinenti nel campo della mobilità della forza lavoro, ma che i due strumenti trattano di questioni ben distinte. La direttiva sul distacco dei lavoratori riguarda le condizioni di lavoro e di occupazione (compresa la retribuzione) applicabili ai lavoratori distaccati, mentre il regolamento sul coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale si prefigge di determinare quale sia il sistema di sicurezza sociale applicabile. La nuova proposta non modifica l’ambito di applicazione delle norme dell’UE sul coordinamento della sicurezza sociale, e neppure quello della direttiva sul distacco dei lavoratori. Il CESE teme quindi che fare riferimento alle definizioni della proposta di revisione della direttiva sul distacco dei lavoratori nel regolamento sul coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, regolamento che mira a facilitare l’applicazione di tali sistemi, comporti, di fatto e all’atto pratico, una minore chiarezza giuridica. Il fatto che in un regolamento (vincolante e direttamente applicabile in tutti gli Stati membri) si faccia riferimento ad una direttiva (vincolante per gli Stati membri soltanto per quanto riguarda il risultato da conseguire) suscita delle perplessità sul piano giuridico.

5.5.

Il CESE constata la necessità di garantire condizioni uniformi per l’applicazione delle norme specifiche sul coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale per quanto riguarda i lavoratori distaccati. Ciò comprende la determinazione delle situazioni in cui è possibile il rilascio dei documenti portatili A1, degli elementi da verificare prima di rilasciarli e del loro ritiro in caso di contestazione. Tenuto conto del fatto che questi aspetti possono essere essenziali per l’applicazione pratica degli articoli 12 e 13 del regolamento (CE) n. 883/2004, il CESE esprime delle preoccupazioni per il conferimento alla Commissione europea di poteri definiti in modo talmente poco chiaro. Dal momento che il distacco dei lavoratori è un tema molto delicato, è auspicabile che il CESE riceva dei riscontri circa l’attuazione di questa delega di poteri alla Commissione e che, in un secondo momento, sia realizzata una valutazione dell’impatto delle nuove procedure. Il CESE esprime inoltre dei timori quanto all’effetto cumulativo delle nuove norme sul distacco dei lavoratori, nonché in merito alle succitate modifiche di natura tecnica introdotte nel regolamento sulla sicurezza sociale e al numero crescente di iniziative a livello nazionale per controllare i lavoratori di altri paesi dell’UE. La crescente complessità generata dalla combinazione di queste diverse regolamentazioni sarà probabilmente un freno per la mobilità transnazionale e dovrebbe essere oggetto di un attento monitoraggio a livello europeo. Vi è anche la necessità di rispettare le norme sulla sicurezza sociale in relazione ai lavoratori distaccati.

5.6.

In base alle nuove norme, un lavoratore mobile dell’UE deve lavorare per un periodo minimo di 3 mesi nello Stato membro ospitante prima di aver diritto a percepire le indennità di disoccupazione in quel paese. Il CESE ritiene che la proposta di modifica restringa l’accesso alle indennità di disoccupazione per i lavoratori mobili nello Stato membro ospitante rispetto alle norme in vigore (in base alle quali è sufficiente aver lavorato un solo giorno per fruire di tale diritto). Così facendo, la proposta di fatto ritarda la «totalizzazione dei periodi» (indipendentemente da quale sia l’ultimo luogo di residenza dell’interessato) che conferisce il diritto a percepire le indennità. Da un lato, questo potrebbe incidere negativamente sulla motivazione alla mobilità, ma, dall’altro, può rendere le norme più eque per i paesi di destinazione.

5.7.

In base alle nuove norme proposte, il periodo minimo durante il quale le persone in cerca di lavoro possono «esportare» le indennità di disoccupazione maturate in un determinato paese verso un altro Stato membro sarà esteso dagli attuali 3 ad almeno 6 mesi, mentre il regolamento in vigore lascia decidere allo Stato membro che esporta le indennità se concedere un periodo di 3 o di 6 mesi. A giudizio del CESE, con questa proposta di modifica la Commissione riconosce quanto difficile sia trovare in breve tempo un posto di lavoro in un altro Stato membro. Tuttavia, per il CESE non è chiaro in che modo la proposta di prorogare il periodo di «esportazione» delle indennità di disoccupazione possa rivelarsi efficace nell’offrire opportunità di impiego alle persone in cerca di lavoro, poiché questo dipende dalla situazione del mercato del lavoro, che è diversa da uno Stato membro all’altro. Il CESE inoltre dubita che questa proposta sia veramente utile in un periodo in cui il tasso di disoccupazione, in particolare giovanile, continua ad essere elevato in parecchi Stati membri.

5.8.

Il CESE ritiene che le nuove norme proposte non rimedino alle attuali carenze osservabili in un sistema di sicurezza sociale coordinato concepito in origine per Stati membri con livelli di parità di potere d’acquisto e sistemi di sicurezza sociale relativamente simili. Sono pertanto necessarie misure più efficaci per realizzare una convergenza per quanto riguarda la durata delle indennità di disoccupazione, l’importo delle indennità percepite e il periodo di totalizzazione ai fini dell’ottenimento delle indennità di disoccupazione. Pervenire ad una simile convergenza contribuirebbe a migliorare e a facilitare il coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale; tuttavia, il presente parere non è la sede per affrontare la questione di come riuscire ad ottenerla. Perlomeno in linea di principio, le nuove norme proposte riguardo all’«esportazione» delle indennità di disoccupazione rafforzano la cooperazione tra i servizi pubblici per l’impiego (SPI) a tutti i livelli. La modifica proposta farà chiarezza sul fatto che il servizio per l’impiego dello Stato membro ospitante ha l’obbligo di sostenere le persone in cerca di lavoro mediante attività di ricerca di un posto di lavoro, ed è inoltre tenuto a monitorare e a riferire sulle attività delle persone in cerca di lavoro allo Stato membro responsabile del versamento delle indennità di disoccupazione. Tuttavia, il CESE ritiene che i servizi pubblici per l’impiego dovrebbero fare di più per aiutare le persone mobili in cerca di lavoro a trovare posti di lavoro non precari (soprattutto tenuto conto del periodo di tempo limitato in cui viene loro consentito di cercare un lavoro), contribuendo così a conseguire una maggiore convergenza, come indicato al punto precedente.

5.9.

Il CESE prende atto del fatto che, nel caso di cittadini mobili dell’UE che si spostano da uno Stato membro ad un altro Stato membro (lo Stato membro ospitante) e che non lavorano né sono attivamente alla ricerca di un lavoro, le nuove norme proposte possono offrire loro l’accesso a determinate prestazioni di sicurezza sociale qualora la persona in questione dimostri di avere un diritto di soggiorno legale ai sensi della normativa UE, diritto che è subordinato al fatto di disporre di mezzi di sussistenza sufficienti e di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi. In altri termini, gli Stati membri devono rispettare le condizioni stabilite dalla direttiva sulla libera circolazione (direttiva 2004/38/CE). I paesi dell’UE dovrebbero inoltre prendere in considerazione i vantaggi derivanti in generale dall’accogliere dei cittadini mobili, incluse le persone inattive e che non versano contributi ai sistemi di sicurezza sociale ma che, in un modo o nell’altro, finiscono comunque per apportare un contributo all’economia (e alla diversità culturale) del paese che li ospita.

5.10.

Difatti, il testo del nuovo considerando 5 ter proposto dalla Commissione stabilisce che «gli Stati membri dovrebbero garantire che i cittadini mobili dell’UE economicamente inattivi abbiano la possibilità di […] disporre di un’assicurazione malattia che copre tutti i rischi nello Stato membro ospitante […]». Questo significa anche che si dovrebbe consentire ai cittadini mobili dell’UE di contribuire in misura proporzionata ad un regime di assicurazione malattia nello Stato membro che li ospita. Il CESE chiede agli Stati membri di impegnarsi maggiormente per rendere più facilmente praticabile questa opzione da parte di tali cittadini.

5.11.

Il CESE ritiene che nessuna disposizione contenuta nelle nuove norme proposte dovrebbe limitare i diritti fondamentali sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, e in particolare il diritto alla dignità umana (articolo 1), il diritto alla sicurezza sociale e all’assistenza sociale (articolo 34) e il diritto alla protezione della salute (articolo 35).

5.12.

In conclusione, pur riconoscendo che non è possibile ignorare l’esigenza di un equilibrio tra Stati membri di accoglienza e Stati membri di invio per quanto riguarda la ricerca di lavoro, il CESE perviene alla conclusione che le nuove norme proposte non faciliteranno necessariamente la circolazione delle persone in cerca di lavoro. Le fasce di popolazione più fragili e più deboli delle società europee rimarranno vulnerabili tanto quanto lo sono oggi, cosi come resteranno immutate le divisioni socioeconomiche tra Stati membri dell’UE e all’interno dei singoli paesi.

Bruxelles, 5 luglio 2017

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Georges DASSIS


(1)  http://ec.europa.eu/social/main.jsp?catId=751.

(2)  GU C 13 del 15.1.2016, pag. 40.

(3)  GU C 125 del 21.4.2017, pag. 10.


Top