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Document 52012IE1590

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Necessità di un'industria europea della difesa: aspetti industriali, innovativi e sociali» (parere d'iniziativa)

GU C 299 del 4.10.2012, p. 17–23 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

4.10.2012   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 299/17


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Necessità di un'industria europea della difesa: aspetti industriali, innovativi e sociali» (parere d'iniziativa)

2012/C 299/04

Relatore: VAN IERSEL

Correlatrice: HRUŠECKÁ

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 19 gennaio 2012, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del Regolamento interno, di elaborare un parere d'iniziativa sul tema:

Necessità di un'industria europea della difesa: aspetti industriali, innovativi e sociali.

La commissione consultiva per le trasformazioni industriali, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 11 giugno 2012.

Alla sua 482a sessione plenaria, dei giorni 11 e 12 luglio 2012 (seduta dell'11 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 132 voti favorevoli, 1 voto contrario e 9 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il mondo è soggetto a una rapida evoluzione geopolitica. La posizione dominante del mondo occidentale viene messa in discussione sia economicamente che politicamente. Mentre in tutta l'Unione europea vengono ridotte le dotazioni destinate alla difesa, in altri paesi, tra cui Cina, India, Brasile e Russia, la spesa in tale settore invece aumenta. Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) invita pertanto il Consiglio e la Commissione europea a compiere una valutazione complessiva degli aspetti determinanti del ruolo e della posizione dell'UE nel mondo, che possa condurre a un aggiornamento convincente della politica estera, di sicurezza e di difesa europea.

1.2

La politica di difesa viene declinata in funzione degli interessi strategici dei paesi, delle minacce percepite e degli obiettivi politici, che in Europa sono definiti soprattutto in termini nazionali. Approcci obsoleti contribuiscono manifestamente ad accrescere la frammentazione, le lacune, la sovraccapacità e la mancanza di interoperabilità nelle capacità di difesa europee. Le ragioni a favore di un miglioramento sono preponderanti: tutto dipende dalla volontà politica. La questione è stata già argomentata in maniera convincente nel 1986! (1) Ora la questione si impone in modo ancora più pressante, dal punto di vista politico, economico e della difesa. Il CESE sollecita il Consiglio a lavorare seriamente all'opzione di uno scudo protettivo per l'UE.

1.3

La politica di sicurezza e difesa dovrebbe accrescere l'autostima dell'UE e degli Stati membri, e ispirare fiducia nella società e nell'opinione pubblica, nei militari adeguatamente equipaggiati, nelle imprese e nei lavoratori del settore. I cittadini dell'UE hanno diritto ad essere protetti adeguatamente. Cresce l'esigenza di armamenti europei in grado di far fronte alle esigenze future. In questo senso le pratiche condotte isolatamente dagli Stati membri sono assolutamente insufficienti, oltre a rappresentare uno spreco di denaro pubblico.

1.4

In linea con le politiche e le prassi adottate attualmente dagli Stati Uniti e da altri attori mondiali (emergenti) e data la responsabilità esclusiva dei governi in fatto di protezione dei cittadini e di garanzia della sicurezza, il CESE sottolinea l'esigenza di definire gli interessi strategici europei nel quadro della politica di sicurezza e di difesa comune (PSDC) (2). In ultima analisi, il triangolo composto da affari esteri e sicurezza, politica di difesa e capacità industriali è indivisibile, in quanto sostiene la posizione dell'Europa nel mondo, i suoi interessi economici e politici, nonché valori come i diritti dell'uomo e la democrazia. Il Servizio europeo per l'azione esterna dovrebbe essere coinvolto in prima persona.

1.5

Il CESE sottolinea che, se l'Europa intende mantenere una solida industria della sicurezza e della difesa creando una massa critica per garantire efficacia ed efficienza dei costi, è necessario un cambiamento radicale a livello di mentalità e di politiche, che dovranno garantire un futuro stabile e prevedibile per le forze armate europee, in linea con il peso economico e tecnologico dell'Europa. Di fronte alle notevoli differenze esistenti tra Stati membri, i principali paesi produttori assumono una responsabilità primaria in questo senso.

1.6

Il CESE ritiene che vi siano argomentazioni convincenti a favore del rafforzamento della pianificazione e del coordinamento attivo a livello dell'UE:

si tratta di un settore complesso e ad alto coefficiente di conoscenze, che richiede una pianificazione a lungo termine;

nonostante la privatizzazione, i governi hanno interessi importanti nell'industria della difesa in quanto clienti, regolatori e fornitori di licenze di esportazione;

la presenza di lacune nella struttura attuale e (severi) vincoli di bilancio richiedono un adeguamento sistematico, invece degli attuali approcci frammentari che minano la credibilità esterna e interna;

bisognerebbe assicurare un efficace coordinamento tra i principali paesi produttori e i paesi che producono meno o non producono affatto, al fine di promuovere gli acquisti di armamenti in Europa e utilizzare tutte le conoscenze disponibili, nonché le grandi società e le PMI di tutto il continente;

infine, una buona resa dell'industria europea a livello mondiale dipenderà dallo sviluppo di un mercato interno stabile in Europa.

1.7

Oltre alle azioni condotte dall'Agenzia europea per la difesa (AED) e al pacchetto difesa del 2007 (3), il CESE raccomanda l'adozione di una politica industriale europea ben strutturata per il settore della difesa con le sue caratteristiche specifiche in termini di esigenze dei governi e di fondi pubblici. Nel quadro di Europa 2020, questa politica industriale deve basarsi su competenze nazionali ed europee condivise - con la presenza dell'AED e della Commissione quali partner a pieno titolo - nonché su consultazioni con l'industria della difesa e con altri diretti interessati, tra cui le parti sociali, nonché sulla necessità di un dialogo sociale ben organizzato.

1.8

Le politiche e i finanziamenti dell'UE dovrebbero collegare gli investimenti UE con quelli nazionali, contribuendo così a una riduzione della frammentazione e della duplicazione della spesa pubblica, e a un incremento della qualità e dell'interoperabilità.

1.9

Una R&S al passo con i tempi svolge un ruolo essenziale al fine dello sviluppo di armamenti di "nuova generazione" che sono estremamente necessari. Queste attività di R&S non possono essere esclusivamente appannaggio dell'industria. La responsabilità principale ricade infatti sui governi. Pertanto la R&S è estremamente vulnerabile agli attuali tagli di bilancio. Il Consiglio e le parti interessate dovrebbero individuare e avviare al più presto programmi di ricerca che aiutino l'industria europea ad affrontare rapporti di dipendenza - tutt'altro che opportuni - da altri paesi. La tecnologia a duplice impiego rappresenta una necessità. Il programma di R&S dell'UE dovrebbe fornire un sostegno in tal senso, garantendo un'efficace cooperazione transfrontaliera in materia.

1.10

Occorre per quanto possibile programmare un potenziamento ulteriore della base tecnologica e industriale della difesa europea (European Defence Technological and Industrial Base, EDITB). A tal fine si rendono necessarie misure adeguate a livello UE (4).

1.11

Si rende altresì necessario un più stretto coordinamento tra la Commissione, l'AED ed altre parti direttamente interessate dell'UE. L'impegno ribadito dal Presidente della Commissione Jose Manuel Barroso (5), dal vicepresidente Antonio Tajani e dal commissario Barnier, nonché l'istituzione della task force Politica europea in materia di sicurezza e di difesa giungono al momento più opportuno. Il CESE accoglie altresì con favore la lungimirante risoluzione del Parlamento europeo sulla difesa europea e l'ampio ventaglio di aspetti in gioco (6).

1.12

In questo stesso spirito e con l'intento di potenziare l'iniziativa della sopraccitata task force, il CESE chiede alla Commissione di sollevare pubblicamente tali questioni. La Commissione dovrebbe inoltre cercare di fornire elementi di risposta adeguati ai risultati che emergono dalle differenze nelle capacità industriali e tecnologiche fra gli Stati membri, così come dalle discrepanze nei livelli d'investimento in generale nel campo della ricerca e della difesa.

2.   Introduzione

2.1

L'articolo 42 del Trattato sull'Unione europea sancisce che la PSDC costituisce parte integrante della politica estera e di sicurezza comune. Il terzo paragrafo dello stesso articolo aggiunge che gli Stati membri mettono a disposizione dell'Unione capacità militari per l'attuazione di tale politica. Dal 2005 l'AED opera per rafforzare la base tecnologica e industriale della difesa europea e per equipaggiare meglio i soldati. I progressi su questo fronte, tuttavia, sono molto limitati.

2.2

Il completamento del mercato interno e un efficace coordinamento finanziario rappresentano attualmente una priorità assoluta, nonché due obiettivi a cui la strategia Europa 2020 garantisce un forte sostegno. I significativi passi in avanti compiuti in quest’ambito dovrebbero servire da modello per nuovi progressi anche nel settore della difesa europea.

2.3

Eppure non si registra alcuna evoluzione della stessa portata nel settore della difesa. Il patto militare tra Francia e Regno Unito del 1998 sembrava in grado di introdurre un cambio di mentalità e segnare un nuovo inizio. Lo stesso spirito di stretta cooperazione nel settore della difesa si manifestava anche con la creazione della Società di aerospazio e difesa (European Aeronautic Defence and Space Company, EADS) nel 2003. Tuttavia, a questi eventi non è seguita nessuna iniziativa di consolidamento. È significativo che i paesi della lettera di intenti (LoI) (il gruppo di paesi con capacità di produzione considerevoli nel settore industriale della difesa, composto da Francia, Germania, Regno Unito, Italia, Spagna e Svezia) non abbiano ancora presentato nessuna proposta realistica di razionalizzazione o consolidamento, contrariamente alle intenzioni precedenti.

2.4

Il ristagno a cui si assiste ha portato ad adottare approcci compartimentati per ciascuno Stato membro e a porre l'accento sulla produzione nazionale: si nota una certa tendenza alla rinazionalizzazione. Tutte le società industriali con sede in Europa si focalizzano sui mercati d'esportazione. Non esiste un'impostazione strategica comune, né tra i governi, né tra i partner industriali.

2.5

Nel frattempo, i mercati potenziali dovranno affrontare un numero sempre crescente di nuove sfide, ad esempio quella, molto rilevante, posta dallo sviluppo degli armamenti nelle economie emergenti; Brasile, Russia, India e Cina (BRIC), seguiti da altri paesi più piccoli, stanno prendendo questa direzione. Si prevede che il bilancio cinese destinato alla difesa aumenterà, passando dagli attuali 120 miliardi a 250 miliardi di euro entro il 2015. Anche la Russia ha annunciato un considerevole incremento del bilancio per la difesa entro il 2015, e gli Stati Uniti spendono più del doppio del bilancio complessivo europeo (450 miliardi di euro per la Russia contro 204 miliardi per l'Europa nel 2007), mentre quest'ultimo non fa che ridursi. Il bilancio europeo destinato complessivamente alle attività di R&S rappresenta al massimo il 20 % di quanto stanziato dagli Stati Uniti nello stesso settore. La metà del bilancio europeo per la difesa è destinato al personale, contro il 25 % degli Stati Uniti. L'Europa dispone di un maggior numero di militari, che però sono equipaggiati molto peggio. La situazione mondiale non sarà mai più quella di una volta. L'UE deve agire prima che sia troppo tardi.

2.6

Negli ultimi decenni, numerosi studi hanno raccomandato un adeguamento dell'industria della difesa al mercato globale; tutti mettevano in evidenza delle carenze persistenti, dato che i mercati della difesa si rivelano alquanto imperfetti e la maggior parte degli Stati continua a sostenere la "propria" industria. I tentativi di migliorare i mercati (come ad esempio il pacchetto UE per la difesa del 2007), intendono porre rimedio ad alcune carenze del mercato e divergenze nelle pratiche a livello dei vari paesi.

2.7

Le sfide in gioco sono complesse, non da ultimo perché l'intervallo che intercorre tra la fase di progettazione e la messa in funzione dei prodotti è molto lungo. Per questo motivo, il CESE ritiene che il modo migliore per analizzare questo settore sia adottare un approccio ad ampio raggio comprendente un punto di vista tecnologico, economico e sociale, e non limitarsi alla sola prospettiva della difesa.

2.8

Uno dei punti fondamentali consiste nella divergenza delle impostazioni strategiche tra i paesi con una considerevole industria degli armamenti, in particolare per quanto riguarda la definizione di "interesse essenziale della sicurezza nazionale", e la relazione tra i mercati legati alla sicurezza nazionale e quelli d'esportazione. Alcuni paesi più piccoli dispongono di un'industria relativamente ben sviluppata, altri invece non presentano pressoché nessun sito di produzione. L'approccio di ciascun paese differisce pertanto chiaramente in base alle singole esigenze e potenzialità, determinando così una certa frammentarietà e una visione dell'industria della difesa "a macchia di leopardo". Operazioni come quella condotta in Libia rendono tragicamente evidenti i divari sempre più profondi tra i diversi sistemi di armamento disponibili. Le conseguenze andrebbero riconosciute e valutate attentamente.

2.9

Queste evoluzioni interessano sia gli investimenti che l'occupazione. L'industria della difesa è un settore ad alta tecnologia che impiega direttamente 600 000 lavoratori qualificati e, indirettamente, altri 2 milioni di persone. Si registrano pressioni inquietanti a favore di ulteriori tagli. I siti di produzione sono spesso caratterizzati da una forte concentrazione regionale e potrebbero diventare centri di eccellenza, mentre corrono il rischio di essere colpiti dai tagli finanziari. Questi siti soffriranno enormemente se la riorganizzazione e i tagli verranno realizzati in maniera non pianificata e destrutturata.

2.10

Il livello attuale di occupazione rappresenta ovviamente una preoccupazione di prim'ordine anche per i singoli governi. Questo, a sua volta, può certamente ostacolare lo sviluppo di una visione comune che è necessaria per fronteggiare opportunamente le conseguenze sociali di un'industria della difesa in declino, compresi la perdita di know-how e i suoi effetti sul capitale umano. Viceversa, una visione comune favorirà la creazione equilibrata di posti di lavoro ed eviterà il rischio di dispersione verso i paesi terzi dei ricercatori e dei quadri tecnici e scientifici altamente specializzati, in contrasto con gli obiettivi che l’UE si prefigge di raggiungere con la strategia Europa 2020.

2.11

Gli approcci dell'UE e il quadro intergovernativo possono e devono operare nella stessa prospettiva. Tuttavia, fin tanto che prevarrà la sovranità nazionale, qualsiasi quadro comune apporterà soltanto dei benefici limitati e pochi miglioramenti in termini di sovraccapacità, sovrapposizione e frammentazione. Le contraddizioni tra la filosofia della sovranità nazionale, da un lato, e le esigenze finanziarie, tecnologiche, economiche e sociali, dall'altro, sono evidenti.

2.12

Preoccupa quindi il fatto che l'obiettivo di "messa in comune e condivisione" (vale a dire l'organizzazione dell'interdipendenza europea) non si sia tradotto nell’elaborazione di una strategia comune. Nonostante la diffusa consapevolezza del mutato contesto internazionale, evidentemente le pressioni esterne non sono ancora abbastanza forti per motivare la ricerca di strategie e soluzioni comuni. Stranamente, invece, gli Stati europei sono ancora intenzionati a mantenere la dipendenza dagli Stati Uniti per quanto riguarda le forniture nel settore della difesa, invece di acquistare in Europa.

2.13

Se l'Europa intende mantenere una solida industria della sicurezza e della difesa, capace di sviluppare e produrre sistemi all’avanguardia, garantendo in questo modo la propria sicurezza, è necessario un cambiamento radicale di mentalità e di politiche. Attendere ulteriormente accelererebbe la riduzione delle capacità, che scenderebbero al di sotto dei livelli da cui l'UE potrebbe cominciare a risalire la china per conquistare di nuovo la leadership in settori fondamentali. Un simile ritorno a un ruolo guida sarebbe poi ancora più difficile visti i tagli alle spese per le attività di R&S, che interesserebbero direttamente un'intera generazione di ricercatori e di impiegati qualificati. Un fallimento dell'Europa in questo senso rischierebbe di far scomparire le industrie, di far perdere posti di lavoro e di far evaporare il know-how, lasciando così il continente alla mercé di altri soggetti. Chi ha a cuore l'Europa e la sua sicurezza deve avvertire la necessità di agire con urgenza.

3.   Contesto politico

3.1

Il Trattato sull'Unione europea evidenzia giustamente l'inestricabile legame esistente tra politica estera, di sicurezza e di difesa. Una politica estera efficace deve basarsi su capacità di difesa convincenti. Capacità di difesa adeguate devono essere a loro volta progettate e sviluppate in funzione delle minacce percepite e degli obiettivi concordati, in un contesto internazionale estremamente complesso e fragile.

3.2

L'elemento fondamentale è costituito dalla posizione e dal ruolo dell'UE nel mondo di domani, con particolare attenzione alle realtà geopolitiche in rapida evoluzione, caratterizzate dalla comparsa di un numero crescente di attori mondiali. Da questo punto di vista, il CESE ritiene che sia il momento opportuno per un'azione concertata in Europa. Le esperienze passate e recenti dimostrano che, continuando a seguire gli approcci tradizionali, l'Europa e gli Stati membri rischiano di essere tagliati fuori.

3.3

Il CESE auspica un futuro stabile e prevedibile per le forze armate europee, in linea con l'attuale peso economico e tecnologico dell'Europa. Il lunghissimo intervallo che intercorre tra la fase di progettazione e la messa in funzione dei sistemi accresce la necessità di prendere decisioni già da quest'anno.

3.4

Da un punto di vista sociale e politico, il CESE sottolinea quattro importanti aspetti riguardo alla necessità di garantire efficaci capacità di difesa in Europa:

la protezione della popolazione,

la necessità di disporre di militari adeguatamente equipaggiati,

posti di lavoro stabili e prevedibili,

una corretta progettazione delle azioni umanitarie e militari europee sulla scena internazionale.

3.5

È in corso un dibattito sul futuro della PSDC, sebbene venga raramente posto in questi termini. Molti temi, come l'utilizzo di gruppi tattici, la controversia sullo sviluppo di un unico comando operativo (OHQ), il finanziamento delle missioni di PSDC dell'UE, la ricerca di contributi per tali missioni e le raccomandazioni per una revisione della strategia di sicurezza europea, equivalgono in tutto e per tutto, tranne che nel nome, a un dibattito sulla PSDC. Inquadrare la questione da questo punto di vista sarebbe già un passo avanti. Inoltre, in tutte le discussioni su questi importanti temi, si dovrebbe anche tener conto delle implicazioni industriali delle decisioni (o delle non decisioni). In tal modo verrebbe altresì confermata l'esistenza di un solido legame tra le capacità industriali e l'attuazione di una PSDC. I principali responsabili sono i governi.

3.6

Le relazioni transatlantiche e la NATO hanno un'importanza fondamentale. Per molto tempo gli americani hanno severamente criticato il modo in cui gli europei ottemperavano ai loro obblighi di difesa all'interno dell'Alleanza. Da entrambi i lati dell'Atlantico si invoca in continuazione un "pilastro europeo" in seno alla NATO. Finora è accaduto esattamente il contrario.

3.7

La mancanza di un "pilastro europeo" propriamente detto ha profonde radici politiche. In Europa è ancora carente la volontà politica di definire interessi "strategici" o capacità militari fondamentali comuni. Gli Stati Uniti ed altri paesi utilizzano invece il concetto di attività strategiche, che abbraccia tutte le attività di ricerca e le industrie che contribuiscono alla sicurezza globale dei loro cittadini, sia essa civile o militare.

3.8

Stando così le cose, il CESE ritiene che con la costruzione di un pilastro europeo la dipendenza eccessiva delle capacità militari europee dagli Stati Uniti dovrebbe lasciare spazio a relazioni più equilibrate. Parallelamente a una discussione - più che necessaria - sugli interessi strategici europei comuni, di cui sono esclusivamente responsabili i governi, è importante iniziare quanto prima un'accurata pianificazione, mediante la cooperazione tra istituzioni europee, Stati membri e industrie della difesa, nonché una graduale revisione delle abitudini degli Stati membri di acquistare automaticamente prodotti già disponibili sul mercato statunitense.

3.9

Facendo in modo che la cooperazione industriale con le imprese statunitensi avvenga in condizioni di maggior parità, si otterrà un vantaggio dal punto di vista sia industriale che finanziario.

4.   Industria europea della difesa

4.1

Esiste una stretta relazione tra politica estera, politica di difesa/sicurezza e industrie della difesa. Nonostante la privatizzazione, i governi hanno interessi importanti nell'industria della difesa in quanto clienti, regolatori e fornitori di licenze di esportazione.

4.2

Le industrie della difesa dispongono di un notevole margine di manovra sui mercati d’esportazione. Ciò è in parte dovuto alla privatizzazione e in parte all'incoraggiamento da parte dei governi: la crisi economica sta trasformando alcuni ministri della Difesa in promotori delle esportazioni esplicitamente riconosciuti. In ogni caso, la crisi sta obbligando il settore della difesa a considerare le esportazioni come una caratteristica centrale dei propri modelli imprenditoriali. Il 2011 è stato in media un anno molto proficuo per le industrie europee; le società hanno altresì registrato risultati piuttosto positivi nello sviluppo di produzioni a duplice impiego.

4.3

Tutti i protagonisti a livello globale, come Cina, India e Brasile, perseguono le proprie ambizioni di politica estera, e questo si traduce in un aumento dei bilanci destinati alla difesa. Al momento questo fenomeno sembra schiudere delle opportunità per le esportazioni europee, ma fino a quando potrà durare? L'andamento dell'industria è ancora ragionevolmente buono, ma le sue prestazioni sono in buona parte basate su investimenti che risalgono a 20-25 anni fa. Se gli investimenti dovessero ulteriormente calare o semplicemente non aumentare in questo momento esatto, si avrebbero già da ora conseguenze irreversibili per il prossimo futuro.

4.4

È realistico, altresì, prevedere che le potenze emergenti inizieranno a potenziare le loro industrie indipendentemente da quelle occidentali e, di conseguenza, in qualità di futuri concorrenti dell'Europa sui mercati dei paesi terzi, bloccheranno in misura sempre maggiore le importazioni dai paesi occidentali o le vincoleranno a determinate condizioni.

4.5

Al momento non è previsto alcun nuovo programma di rilievo in Europa e ciò influirà senza dubbio sul successo delle future esportazioni. Inoltre, da un po' di tempo nessun importante paese emergente richiede più livelli significativi di trasferimenti di tecnologia e di produzione nei loro paesi.

4.6

Con tutta probabilità, taluni contratti per esportazioni una tantum saranno utilizzati per copiare la tecnologia delle industrie occidentali. Queste ultime, come alternativa al blocco delle importazioni, potrebbero creare delle strutture di produzione (e di sviluppo) nei paesi interessati. Per il momento è difficile prevedere fino a che punto questa evoluzione potrà incidere sui siti di produzione e sulle opportunità occupazionali in Europa. A lungo termine è probabile che la posizione dell'industria europea verrà indebolita dai grandi paesi emergenti. Il rafforzamento della tecnologia e della produzione di tali paesi inciderà anche sui (potenziali) mercati di esportazione delle industrie europee in altri paesi terzi. La concorrenza si farà sempre più aspra sia in termini di prodotti che di prezzi.

4.7

Dati i lunghi intervalli che intercorrono tra la progettazione e la produzione, nonché gli investimenti nella tecnologia e la continua innovazione, l'Europa ha bisogno di un coordinamento mirato volto ad assicurare un'industria della difesa aggiornata e autonoma. Fino a quando le dimensioni del mercato saranno determinate prevalentemente dai confini nazionali, esse saranno quasi automaticamente inferiori alla massa critica, persino negli Stati membri più grandi. Le esportazioni verso i paesi terzi possono compensare in una certa misura questo problema, tuttavia il futuro è incerto e le condizioni del mercato sono spesso ben lungi dall'essere stabili.

4.8

La continua riduzione dei bilanci, che comporta attualmente delle limitazioni considerevoli, dovrebbe costituire un campanello di allarme. Tale riduzione interessa i bilanci per gli investimenti e per gli appalti, mentre i costi di esercizio e di manutenzione rimangono invariati o aumentano in seguito alle operazioni militari in corso (Afganistan, Libia, operazioni antipirateria, solo per citarne alcune).

4.9

Il risultato è che gli investimenti essenziali per il mantenimento o il rinnovo delle capacità di produzione e sviluppo dell'industria vengono procrastinati o addirittura annullati. In periodi di difficoltà, inoltre, l'industria stessa sarà meno propensa a investire in tale mantenimento o in nuove attività. Solo una cooperazione coerente consentirà di garantire gli investimenti necessari.

4.10

Il Comitato raccomanda di adottare una politica industriale europea ben strutturata per il settore della difesa, dalla progettazione dei sistemi alla fase operativa. Si tratta di una questione di politica industriale specifica che riguarda, per sua stessa natura, un mercato pubblico: le attività di R&S devono essere finanziate oltre il capitale iniziale a causa dei margini non remunerativi della fase iniziale e di esigenze governative specifiche. Occorre individuare le capacità industriali europee fondamentali e le politiche di investimento atte a promuovere una solida produzione europea. Dato che nessun paese da solo dispone di risorse sufficienti per finanziare armamenti di "nuova generazione", è necessario combinare gli obiettivi nazionali e quelli europei, come anche le risorse nazionali e quelle europee, sia sul piano finanziario che su quello industriale. La governance dovrebbe essere basata su competenze UE e nazionali condivise secondo la strategia Europa 2020 che è stata concordata. Si tratta anche di una "etichetta" efficace per ottimizzare il coordinamento tra le istituzioni europee e in seno alla Commissione, il quale funziona ancora ben al di sotto del suo potenziale. In questo senso, la task force composta da Commissione, AED e Servizio europeo per l'azione esterna, che servirà a breve da piattaforma per discutere le priorità, le capacità e le lacune del settore, potrebbe rivelarsi molto utile.

4.11

L'attività di R&S rappresenta un tema centrale: l'industria della difesa è un'attività ad alta tecnologia e ad alto coefficiente di conoscenze, ed è indispensabile anche per lo sviluppo di veri e propri prototipi. L'attività di R&S non è quasi mai di competenza esclusiva dell'industria. Lo sviluppo e i cicli di vita dei sistemi sono troppo lunghi, e il loro impatto finanziario è troppo elevato perché l'industria possa assumersi tutti i rischi finanziari. L'esperienza dimostra che tutti i programmi riusciti sono stati condotti congiuntamente da governi e industria.

4.12

Una percentuale molto alta di R&S nel settore della difesa a livello mondiale proviene dai governi, direttamente o indirettamente tramite acquisti; data la natura dei prodotti, non sorprende che le industrie operanti nel settore tendano a evitare rischi finanziari eccessivi. L'attività di R&S nel settore della difesa è particolarmente vulnerabile ai tagli operati dai governi.

4.13

Per questo motivo, oltre a consolidare il settore, è necessario garantire un livello adeguato di finanziamenti e di messa in comune, da concordare tra Stati membri, Commissione e industria, a favore della ricerca, della tecnologia e dello sviluppo. Gli investimenti nella difesa richiedono un livello di finanziamento elevato per l'attività di R&S e per i progetti tecnologici. Inoltre, occorre garantire anche l'accesso alle tecnologie essenziali: se le tecnologie fondamentali per lo sviluppo e la produzione non fossero più accessibili a causa di limitazioni sulle esportazioni imposte da terzi, sorgerebbero gravi problemi per il conseguimento degli obiettivi di sicurezza europea.

4.14

Le attività di R&S condotte al di fuori delle organizzazioni del settore della difesa svolgono un ruolo sempre più importante in seguito al progresso compiuto dalla scienza e dalla tecnologia indipendenti in numerosi campi. Spesso è soltanto nelle ultime fasi di sviluppo che l'applicazione definitiva determina se l'attività di R&S possa essere di natura "militare" oppure "civile". L'attività di R&S a duplice impiego riveste un'importanza crescente per le applicazioni militari, quali ad esempio le tecnologie dell'informazione. Per la base tecnologica e industriale della difesa europea è quindi di primaria importanza incoraggiare il duplice impiego delle attività di R&S, in particolare perché consente il finanziamento al di fuori delle comunità militari.

4.15

Il finanziamento pubblico delle attività di R&S a livello UE dovrebbe essere concordato tra gli Stati membri. Può avvenire tramite l'ormai imminente Ottavo programma quadro o tramite un fondo distinto, preferibilmente mediante pacchetti di aree di ricerca avanzata, ad esempio nel campo delle nanotecnologie e dell'intelligenza artificiale. Dato il rapporto tra l'industria della difesa e il settore pubblico occorre pianificare procedure speciali.

4.16

L'AED e la Commissione dovrebbero svolgere un ruolo di primissimo piano, come prevede il quadro di cooperazione europeo, anche per evitare le abituali interferenze politiche. All'AED si dovrebbe offrire l'opportunità di svolgere appieno il ruolo assegnatole dal Trattato di Lisbona (7).

4.17

Per un programma industriale e di R&S nel campo della difesa è fondamentale disporre di una manodopera adeguata con competenze aggiornate (8). Questo rappresenta un altro solido motivo a favore di un quadro stabile per l'attività di R&S e per il settore, invece di una ristrutturazione disordinata. Va tenuto presente che la manodopera nel campo della difesa è il cemento su cui si costruisce l'avvenire delle capacità di difesa. La consultazione dell'industria, degli istituti di R&S e di quelli di istruzione superiore, delle organizzazioni militari e dei sindacati interessati, come anche la comunicazione con questi soggetti devono contribuire a garantire che la ristrutturazione in corso e la produzione previsionale degli armamenti in Europa siano organizzate adeguatamente.

4.18

Le restrizioni di bilancio obbligano a porre rimedio a sovrapposizioni e inefficienze. Il consolidamento controllato non equivale necessariamente alla creazione di grandi società: esso significa conseguire una massa critica sufficiente e la qualità richiesta dagli standard internazionali, due fattori che assicurano una posizione competitiva sui mercati interni e nei paesi terzi. Una pianificazione coordinata dei progetti a livello europeo da parte dei governi, di attori pertinenti dell'UE e dell'industria è sempre più indispensabile.

4.19

L'esistenza di differenze in termini di dimensioni e di produzione delle industrie è un dato di fatto. In effetti, gli Stati membri sono assai diversi dal punto di vista dell'importanza industriale. Un accordo tra i paesi partecipanti dovrebbe mirare anche a garantire che le industrie dei paesi non firmatari della Lettera di intenti (i principali paesi produttori) siano collegate a progetti pertinenti. Oltre a essere politicamente auspicabile, tale approccio promuove l'instaurazione di rapporti fruttuosi tra aziende grandi e piccole, nonché istituti di ricerca. In qualità di fornitrici, le PMI dovrebbero rafforzare con successo le filiere di specializzazione intelligente.

4.20

Un'attenzione particolare va rivolta alla vulnerabilità rilevata in alcuni paesi dell'Europa centrale a causa della loro posizione geografica esposta. Alla luce sia della necessità di far sentire i cittadini di tali paesi ben protetti sia dell'opportunità di avvalersi pienamente delle conoscenze tecniche specifiche disponibili nel settore della difesa, il CESE sottolinea la necessità di integrare adeguatamente nei programmi di difesa - presenti e futuri - le conoscenze e le competenze dei paesi dell'Europa centrale.

4.21

Un mercato europeo integrato dei prodotti legati al settore della difesa potrebbe consentire di creare un mercato interno più stabile. Oltre a costituire la somma dei mercati nazionali esistenti, un mercato europeo incoraggerebbe l'armonizzazione o, addirittura, la normazione dei criteri e delle regole in materia di appalti tra i vari Stati membri. L'aumento dell'armonizzazione o della normazione migliorerebbe le condizioni finanziarie ed economiche incrementando la competitività delle imprese europee sul mercato mondiale.

4.22

Il mercato europeo della difesa avrebbe una massa critica, e in tale contesto il CESE richiama l'attenzione sugli effetti dannosi che possono instaurarsi se gli Stati membri continuano a comprare prodotti già disponibili all'estero, in particolare negli Stati Uniti. In primo luogo, perché ciò compromette i vantaggi di un mercato europeo per la difesa, con la conseguenza che i prezzi di tali prodotti aumenterebbero per i clienti europei se al settore fosse impedito di vendere sui mercati dei paesi terzi dove la concorrenza (di Stato) è certamente destinata a inasprirsi. In secondo luogo, i paesi europei che acquistano prodotti già disponibili sul mercato negli Stati Uniti pagano il costo tecnologico americano che è incluso nel prezzo di tali prodotti.

4.23

Le prospettive finanziarie e politiche internazionali rendono indispensabile un dibattito approfondito a livello europeo che consenta di pervenire a conclusioni operative. Se non tutti gli Stati membri sono disposti a partecipare a un quadro comune, dovrebbe prevalere il principio della "cooperazione rafforzata". Maggiore integrazione e un atteggiamento favorevole all'acquisto di prodotti europei si rivelerà essere l'unico modo per avvicinarsi a dimensioni di mercato comparabili a quelle degli Stati Uniti. Senza un effettivo mercato interno è lecito dubitare che l'industria europea abbia qualche speranza di poter competere a livello mondiale.

5.   Alcune questioni specifiche

5.1

La ripartizione del panorama industriale tra le diverse forze armate (terrestre, marina e aerea) differisce notevolmente da paese a paese. In alcuni settori, nessun paese può più essere considerato in grado di sviluppare da solo armamenti di nuova generazione.

5.2

Nel settore terrestre, soltanto un numero limitato di grandi imprese integratrici di sistemi è in grado di progettare e produrre carri armati da combattimento e veicoli militari più leggeri. I principali produttori europei si situano in Francia, Germania e Regno Unito; vi è poi un'ampia gamma di produttori di sottosistemi e di fornitori sui mercati secondari, tra i quali l'Europa centrale è sottorappresentata.

5.3

Molti paesi sviluppano la "propria" industria navale e costruiscono navi militari le cui dimensioni e complessità variano da paese a paese. I paesi del "gruppo LoI" e i Paesi Bassi sono leader in questo settore, in particolare per quanto riguarda la progettazione e le strutture di ricerca navale complessa - che differiscono notevolmente da quelle della cantieristica civile. Anche in questo settore esiste un'ampia gamma di produttori di sottosistemi e di fornitori sui mercati secondari.

5.4

Soltanto pochi paesi progettano e producono aeromobili militari. Questo comparto conta un numero limitato di società a carattere prevalentemente multinazionale, che operano su scala europea - e non solo. L'attività si concentra principalmente in mano alle società EADS, BAE-Systems, Dassault e Saab-Aircraft. La ricerca nell'aerodinamica di punta è limitata a pochi paesi.

5.5

Il settore dell'elettronica, inclusi i sistemi di comando, comunicazione e controllo, sta assumendo un'importanza sempre maggiore per la difesa, con industrie quali Thales, BAE-Systems e Finmeccanica tra i principali protagonisti. Per Philips e Siemens, i due colossi europei dell'elettronica, il comparto della difesa è di minore importanza. Per le due società, i volumi sarebbero comunque troppo bassi per una produzione di massa vantaggiosa sul piano economico di componenti elettronici specifici, come i circuiti integrati destinati alla difesa. Tuttavia, la questione del coinvolgimento di questi grandi gruppi industriali pone in evidenza l'importanza della produzione a duplice impiego in questo settore.

5.6

Per quanto riguarda le munizioni e gli esplosivi, il numero delle industrie di questo comparto è diminuito progressivamente negli ultimi decenni, in parte a causa dei vincoli ambientali. La sicurezza pubblica costringe questo tipo di industrie a trasferire i vecchi siti di produzione o a chiudere direttamente i battenti.

5.7

L'accesso alle tecnologie essenziali è di fondamentale importanza e dovrebbe essere sostenuto nel quadro di una PSDC. Lo stesso vale per alcuni materiali come le fibre di carbonio o i materiali per i componenti elettronici.

5.8

Il pacchetto per la difesa del 2007, adottato nel 2009, può fornire un notevole sostegno. Gli Stati membri avrebbero dovuto recepire le direttive in questione nella legislazione nazionale nell'estate 2011. È ancora troppo presto per esprimere apprezzamento o scetticismo in merito alle ricadute positive sulla creazione di un mercato interno. Il processo non è ancora concluso e rimane da vedere se sarà realizzato l'obiettivo del trasferimento intra-UE di prodotti per la difesa come anche di nozioni fondamentali quali gli interessi di sicurezza nazionale.

5.9

L'articolo 346 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) consente di derogare alle norme dell'UE in materia di appalti al fine di tutelare gli interessi essenziali della sicurezza nazionale. Questa formulazione alquanto ampia può impedire una corretta evoluzione del mercato soprattutto per quanto riguarda la creazione di catene di approvvigionamento appropriate. Il CESE auspica pertanto un'interpretazione più puntuale dell'articolo 346 che offra in misura sufficiente l'opportunità di trovare soluzioni europee e catene di approvvigionamento ottimali a livello europeo, garantendo sicurezza di approvvigionamento, disponibilità di specializzazioni negli Stati membri e un buon rapporto costi-benefici.

5.10

La sicurezza nazionale delle informazioni pone dei problemi simili a quelli evocati al punto 5.9 e deve essere anch'essa oggetto di un riesame. Si tratta inoltre di una questione importante e sensibile nel quadro della partecipazione delle industrie europee ai progetti di difesa negli Stati Uniti.

5.11

La "messa in comune" e la "condivisione" (compresi i programmi comuni di formazione) dovrebbero costituire un programma orientato al futuro. Una condizione essenziale in questo senso è che le mere dichiarazioni di intenti lascino il posto a una pianificazione concreta e a un approccio mirato con tappe definite chiaramente. Tuttavia, finché non vi saranno accordi sulle dottrine di difesa sarà molto difficile realizzare concretamente questo obiettivo.

Bruxelles, 11 luglio 2012

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Staffan NILSSON


(1)  Cfr. Towards a Stronger Europe, una relazione preparata da un gruppo di studio indipendente, istituito dai ministri della Difesa dei paesi del Gruppo europeo indipendente per i programmi (IEPG) per formulare proposte intese a migliorare la competitività dell'industria europea delle attrezzature per la difesa.

(2)  "La politica di sicurezza e di difesa comune costituisce parte integrante della politica estera e di sicurezza comune", cfr. articolo 42 e successivi del Trattato sull'Unione europea (TUE), GU C 115 del 9.5.2008.

(3)  Direttive 2009/43/CE (GU L 146, del 10.6.2009) e 2009/81/CE (GU L 216, del 20.8.2009). Il pacchetto difesa è stato adottato dal Consiglio e dal Parlamento europeo nel 2009. Gli Stati membri avrebbero dovuto recepirlo entro l'estate 2011. Esso conteneva tra l'altro una comunicazione dal titolo Una strategia per un’industria europea della difesa più forte e competitiva, COM(2007) 764 final, del 5 dicembre 2007.

(4)  I fondi europei - vale a dire l'ormai imminente Ottavo programma quadro, il Fondo europeo di sviluppo regionale, il Fondo di coesione e il Fondo sociale europeo - dovrebbero essere coinvolti in questo processo.

(5)  Discorso sullo stato dell'Unione, novembre 2011.

(6)  Risoluzione del Parlamento europeo del 14 dicembre 2011 sull'impatto della crisi finanziaria sul settore della difesa negli Stati membri dell'UE (2011/2177(INI).

(7)  Cfr. articolo 45, paragrafo 1, e articolo 42, paragrafo 3, del TUE, GU C 115 del 9.5.2008.

(8)  Cfr. A comprehensive analysis of emerging competences and skill needs for optimal preparation and management of change in the EU defence industry, Final report (Analisi globale delle necessità emergenti in termini di competenze e qualifiche per la preparazione e la gestione ottimali dei cambiamenti nel settore della difesa dell'UE, relazione finale), maggio 2009, relazione elaborata da Eurostrategies per conto della Commissione europea.


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