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Document 52010AE0977

    Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Sviluppo delle prestazioni sociali» (parere esplorativo)

    GU C 44 del 11.2.2011, p. 28–33 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

    11.2.2011   

    IT

    Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

    C 44/28


    Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Sviluppo delle prestazioni sociali» (parere esplorativo)

    2011/C 44/05

    Relatore generale: VERBOVEN

    Con lettera datata 29 aprile 2010, Laurette ONKELINX, vice primo ministro e ministro degli Affari sociali e della sanità pubblica del Belgio, a nome della futura presidenza belga e conformemente all'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, ha chiesto al Comitato economico e sociale europeo di elaborare un parere esplorativo sul tema:

    Sviluppo delle prestazioni sociali.

    L'Ufficio di presidenza del Comitato, in data 25 maggio 2010, ha incaricato la sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza di preparare i lavori del Comitato in materia.

    Vista l'urgenza dei lavori, il Comitato economico e sociale europeo, nel corso della sua 464a sessione plenaria, dei giorni 14 e 15 luglio 2010 (seduta del 14 luglio), ha nominato relatore generale Xavier VERBOVEN e ha adottato il seguente parere con 66 voti favorevoli, 3 voti contrari e 10 astensioni.

    1.   Conclusioni e raccomandazioni

    1.1   Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) si rallegra del fatto che la questione dello sviluppo delle prestazioni sociali sarà oggetto di una conferenza specifica durante la presidenza belga del Consiglio dell'Unione europea. Il CESE riconosce che la protezione sociale è un importante strumento di ridistribuzione, di coesione sociale e di solidarietà che deve essere al centro del progetto europeo. I diritti sociali fondamentali garantiscono in particolare l'accesso a un reddito sociale adeguato in presenza di determinati rischi sociali, oppure all'assistenza sociale e all'assistenza abitativa per tutti coloro che non dispongano di risorse sufficienti. Il CESE ricorda che il 30 novembre 2009 esso ha adottato una dichiarazione in cui chiede alla Commissione di attuare un Programma di azione sociale (1) volto a garantire che i diritti sociali fondamentali siano collocati su un piano di parità con le regole di concorrenza e le libertà economiche.

    1.2   Il CESE tiene a sottolineare il ruolo di fattore produttivo svolto dalla politica sociale. Ricorda nuovamente che, se adeguatamente concepite, le politiche sociali e del mercato del lavoro contribuiscono a promuovere sia la giustizia sociale che l'efficienza e la produttività economica. Il modello sociale europeo si fonda essenzialmente su un rapporto coerente tra efficienza economica e progresso sociale (2). L'adesione dei cittadini al progetto europeo dipenderà dall'efficacia delle politiche attuate in questi diversi ambiti. Non va peraltro dimenticato che la protezione sociale svolge anche un importante ruolo di stabilizzatore economico, indipendentemente dalla congiuntura (3).

    1.3   L'attuale crisi economica e sociale impone oggi più che mai una strategia europea ambiziosa per l'orizzonte 2020. Questa nuova strategia, definita dalla Commissione (4), è stata approvata al Consiglio europeo del 17 giugno 2010 e dovrà essere adottata formalmente dal Parlamento europeo in settembre. Essa riguarda quattro ambiti: conoscenza e innovazione, sostenibilità economica, miglioramento dei livelli di occupazione e inclusione sociale. Il CESE appoggia questa visione multidimensionale, che punta a sostenere una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, ma deplora il fatto che non siano state prese in considerazione le raccomandazioni contenute nel suo precedente parere sul tema La strategia di Lisbona dopo il 2010 riguardanti alcuni aspetti nei quali sono state riscontrate delle lacune. Si tratterebbe, in particolare, di elaborare «orientamenti specifici, affiancati da obiettivi quantificabili, in materia di parità di genere, lotta contro le condizioni di lavoro caratterizzate da una protezione sociale inadeguata, transizione verso un'economia a basso tenore di CO2, lotta contro la povertà (anche la povertà lavorativa) e prevenzione dell'esclusione sociale (per esempio grazie a un adeguato sostegno in caso di disoccupazione o inabilità al lavoro o ancora per l'accesso ai pubblici servizi)» (5).

    1.4   Il CESE esprime soddisfazione per il fatto che la strategia Europa 2020 comprende un orientamento dedicato specificamente all'inclusione sociale e alla lotta alla povertà, con l'obiettivo di sottrarre al rischio di povertà e di esclusione almeno 20 milioni di persone (6). Visto che il 2010 è stato dichiarato Anno europeo della lotta alla povertà e all'esclusione sociale, è indispensabile adottare le misure necessarie per aiutare tutte le persone che ne hanno bisogno a uscire dallo stato di povertà.

    1.5   Il Consiglio ritiene che il miglior mezzo per uscire dall'esclusione sia l'accesso a un posto di lavoro sostenibile, di qualità e adeguatamente retribuito. Si dovrebbero adottare misure di miglioramento strutturale al fine di creare un mercato del lavoro inclusivo (7). Il CESE ricorda che il 2 dicembre 2009, nel contesto del dialogo sociale, è stato concluso un accordo quadro per un mercato del lavoro inclusivo, che dimostra la volontà delle parti sociali di promuovere mercati del lavoro inclusivi, di valorizzare al massimo il potenziale della forza lavoro europea, di incrementare il tasso di occupazione e di migliorare la qualità dell'occupazione, anche attraverso la formazione e lo sviluppo delle competenze.

    1.6   Il CESE condivide la posizione espressa dal Parlamento europeo nella risoluzione del 6 maggio 2009 sul coinvolgimento attivo delle persone escluse dal mercato del lavoro (8), e in particolare nel primo considerando: il coinvolgimento attivo non deve sostituirsi all’inclusione sociale, in quanto i gruppi vulnerabili impossibilitati a partecipare al mercato del lavoro hanno diritto a una vita dignitosa e ad una piena partecipazione sociale e, pertanto, chiunque deve poter disporre di un reddito minimo e dell’accesso a servizi sociali abbordabili e di qualità a prescindere dalla propria capacità di partecipare al mercato del lavoro.

    1.7   Il CESE ricorda che, nel suo parere sul tema della povertà (9) del 12 luglio 1989, esso ha raccomandato l'introduzione di un minimo sociale, concepito ad un tempo come rete di sicurezza per i poveri e strumento del loro reinserimento sociale. Si rammarica del fatto che né il suddetto parere, né la successiva raccomandazione del Consiglio del 24 giugno 1992 sui criteri comuni in materia di risorse e prestazioni sufficienti nei sistemi di protezione sociale (10) abbiano ancora avuto un seguito appropriato. Ritiene quindi che si dovrebbe prevedere l'introduzione progressiva di una garanzia di risorse e di prestazioni nel contesto della protezione sociale attraverso un nuovo strumento che, pur tenendo conto delle specificità nazionali, appoggi con maggiore efficacia le politiche di lotta alla povertà realizzate nei diversi Stati membri. L'inclusione dell'obiettivo di riduzione della povertà nella strategia Europa 2020 rappresenta uno strumento importante da questo punto di vista.

    1.8   Per quanto riguarda le prestazioni di sostituzione, il CESE sottolinea che attualmente esse non sono tutte oggetto di attenzione particolare nell'ambito del metodo aperto di coordinamento (MAC) in materia di protezione sociale. Attraverso la definizione di obiettivi e indicatori comuni, nonché lo scambio di buone pratiche, il MAC punta a riformare i sistemi di protezione sociale in ambiti quali la lotta alla povertà e all'esclusione sociale, le pensioni, l'assistenza sanitaria e l'assistenza a lungo termine. Ne consegue che in questo importante processo non rientrano le indennità di disoccupazione, per inabilità al lavoro, di maternità o quelle percepite dai disabili e dalle vittime di infortuni sul lavoro o di malattie professionali. Il CESE raccomanda di estendere il campo d'applicazione del MAC protezione sociale a tutte le prestazioni di sostituzione del reddito, e di istituire un sistema di monitoraggio al fine di determinare il livello adeguato delle prestazioni erogate.

    1.9   Il CESE ricorda che la modernizzazione dei nostri sistemi di protezione sociale presuppone un equilibrio efficace tra gli incentivi volti a far crescere l'offerta di manodopera e le misure destinate ad assicurare una protezione sociale adeguata garantendo l'efficacia delle spese sostenute in questo campo. Per quanto riguarda il primo aspetto, il CESE tiene a precisare che il reddito non dovrebbe essere l'unico elemento di cui tener conto. Hanno un ruolo importante anche altri fattori, per esempio la disponibilità, l'efficacia e la qualità dei servizi di custodia dei bambini, delle misure per favorire l'accesso dei disabili e delle infrastrutture per il collocamento, la formazione, l'insegnamento e la sanità pubblica (11). Il CESE sottolinea quindi ancora una volta il suo auspicio di veder rafforzare il MAC attraverso l'introduzione di obiettivi misurabili in materia di protezione sociale, in particolare per quanto riguarda il tasso di sostituzione o di copertura, ma anche l'accesso ai servizi pubblici (12). Constata inoltre che la generalizzazione dei sistemi di attivazione non è oggetto di un'attenzione specifica nel quadro del MAC protezione sociale. Raccomanda di incaricare il Comitato della protezione sociale di elaborare una relazione per determinare se questi dispositivi di attivazione siano il risultato di un corretto equilibrio tra i valori della solidarietà, della responsabilità e della coesione.

    1.10   Il CESE insiste sul ruolo essenziale che possono svolgere i rappresentanti della società civile e le parti sociali in tutte le questioni connesse con la modernizzazione dei sistemi di protezione sociale, nonché nel rafforzamento del MAC come processo democratico.

    2.   Introduzione e contesto

    2.1   La protezione sociale è un importante strumento di ridistribuzione e di solidarietà la cui organizzazione e finanziamento sono di competenza degli Stati membri. Essa è strutturata in modo specifico in ciascuno Stato membro e ciò fa sì che vi sia una grande eterogeneità tra i sistemi. La protezione sociale è al centro del progetto europeo, come testimoniano l'articolo 9 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (13) e l'articolo 34 della Carta dei diritti fondamentali (14). Quest'ultimo riconosce e rispetta:

    da un lato, il diritto di accesso alle prestazioni di sicurezza sociale e ai servizi sociali che assicurano protezione in casi quali la maternità, la malattia, gli infortuni sul lavoro, la dipendenza, la vecchiaia, o la perdita del posto di lavoro,

    dall'altro, il diritto all'assistenza sociale e all'assistenza abitativa volte a garantire un'esistenza dignitosa a tutti coloro che non dispongono di risorse sufficienti.

    2.2   Oltre a garantire un reddito adeguato alle persone inattive o in presenza di determinati rischi sociali, la protezione sociale deve anche svolgere un ruolo attivo, offrendo una maggiore sicurezza nelle fasi di transizione professionale e, in particolare assicurando una corretta integrazione nel mercato del lavoro.

    2.3   Di fronte alle conseguenze della crisi finanziaria del 2008, i sistemi di protezione sociale, oltre a proteggere gli europei dagli effetti più gravi della crisi, hanno anche avuto una funzione controciclica di stabilizzazione dell'economia (15). In mancanza di politiche di convergenza ambiziose, questi sistemi potrebbero essere messi a repentaglio, in particolare dalle pratiche di concorrenza adottate in alcuni Stati membri, per i quali una riduzione della spesa sociale costituisce uno strumento per attirare gli investimenti di capitali dall'estero. Questo processo, che è già una realtà sul piano salariale e fiscale, tende infatti a estendersi anche all'ambito sociale (16).

    2.4   Nell'imminenza del lancio della nuova strategia denominata Europa 2020, è opportuno ricordare che la mera crescita economica e occupazionale non è sufficiente a garantire una maggiore coesione sociale. Negli ultimi dieci anni, le disuguaglianze sono spesso aumentate, e la povertà e l'esclusione sociale rimangono un problema grave nella maggior parte dei paesi dell'UE (17). Il CESE insiste d'altronde sulla necessità di lottare contro questi fenomeni attraverso delle politiche che non siano meramente reattive e basate sugli indennizzi, ma anche preventive e proattive, in modo da intervenire a monte contro le situazioni di povertà. Si pensa in particolare al fenomeno della povertà infantile, che può essere determinante per tutto lo sviluppo e il successivo percorso di vita della persona interessata.

    2.5   Quattro sono le importanti sfide che devono affrontare oggi la protezione sociale in generale e le prestazioni sociali in particolare:

    le conseguenze della crisi, ossia, da un lato, l'aumento della spesa per la disoccupazione per effetto della perdita di numerosi posti di lavoro e, dall'altro, la pressione sulle finanze pubbliche che essa comporta. Per evitare i casi di disoccupazione protratta nel tempo, bisogna continuare a migliorare e modernizzare i sistemi di protezione sociale, al fine di offrire un quadro attivo e sicuro che garantisca l'accesso e il ritorno all'occupazione di qualità, assicurandosi nel contempo della sostenibilità dei sistemi,

    il fenomeno dell'invecchiamento della popolazione, i cui effetti si faranno sentire in particolare nel settore delle pensioni e dell'assistenza sanitaria. La solidarietà intergenerazionale comporta la necessità di assicurare pensioni di livello sufficiente e di investire nelle esigenze connesse al fenomeno, in particolare nel sostegno all'autonomia,

    la crescita inaccettabile della povertà e delle disuguaglianze. La nuova strategia Europa 2020 ha definito obiettivi di riduzione della povertà particolarmente ambiziosi, che impongono uno sforzo coordinato degli Stati membri in numerosi ambiti di azione politica, in partenariato con le parti sociali e la società civile,

    la necessità di incrementare il benessere e la coesione sociale dei cittadini europei, che negli ultimi anni hanno manifestato grandi aspettative, chiedendo nuove politiche sociali efficaci e progressiste sul piano sociale e sostenibili su quello economico.

    3.   Prestazioni di sostituzione del reddito adeguate

    3.1   Le prestazioni sociali destinate a garantire un reddito in caso di disoccupazione, dopo il pensionamento o in caso di malattia o di disabilità hanno un posto preponderante nei sistemi di protezione sociale. Indipendentemente dai principi su cui si fondano (assicurativo o universalistico) e dalle modalità di finanziamento o di erogazione, tutte queste prestazioni hanno il fine di assicurare un reddito stabile e adeguato in presenza dei suddetti rischi sociali. In questo senso, sono importanti per garantire sicurezza sia dal punto di vista degli individui che da quello della società in generale. Non vanno quindi considerati come oneri, ma come investimenti produttivi da cui tutti traggono beneficio.

    3.2   I grandi sconvolgimenti delle economie e delle società europee dovuti alla globalizzazione, ai cambiamenti tecnologici, alla comparsa del fenomeno dell'invecchiamento demografico e, più di recente, alla crisi economica del 2008, hanno dato luogo a profonde mutazioni dei sistemi di protezione sociale in generale e delle prestazioni di sostituzione del reddito in particolare. Le cosiddette politiche di modernizzazione applicate negli ultimi venti anni mirano essenzialmente al risanamento delle finanze pubbliche dei diversi Stati membri e ad assicurare la crescita economica, in particolare attraverso elevati tassi di occupazione. Le prestazioni sociali hanno quindi assunto un ruolo preponderante in quanto stimolo a una maggiore partecipazione al mercato del lavoro.

    3.3   Il CESE è ben conscio che il livello di protezione accordato da queste prestazioni dipende in larga parte dai finanziamenti pubblici, che attualmente sono sottoposti a forti pressioni in conseguenza della crisi economica e degli effetti dell'invecchiamento demografico. Tiene tuttavia a ricordare la sua opposizione ad ogni iniziativa che metta a rischio la solidarietà, che costituisce la base della protezione sociale e apporta tanti benefici all'Europa  (18). L'erogazione di prestazioni che consentono di mantenere almeno in parte il tenore di vita è essenziale per garantire una migliore ripartizione dei beni e dei redditi e per rafforzare la coesione sociale. In questo senso, il CESE tiene a sottolineare l'importanza dei meccanismi volti ad adeguare le prestazioni in funzione dell'evoluzione del livello di vita. Per questo stesso motivo, il CESE considera necessaria l'introduzione nel MAC di un sistema di monitoraggio al fine di determinare il livello adeguato delle prestazioni erogate.

    3.4   Il CESE chiede di attuare un Programma d'azione sociale che sia fondato su una collaborazione positiva tra gli Stati per lottare contro la tentazione di una corsa al ribasso in termini di diritti sociali, protezione sociale e condizioni di lavoro  (19).

    3.5   Disoccupazione: rafforzare la protezione sociale come investimento a beneficio tanto della competitività economica quanto dell'inclusione sociale.

    3.5.1   L'assicurazione contro la disoccupazione costituisce un vantaggio sociale essenziale, in quanto punta a mettere al riparo ciascun lavoratore dalle conseguenze di un licenziamento o di una ristrutturazione. L'obiettivo è di assicurare un livello di risorse adeguato e stabile, condizione prima per poter garantire la mobilità professionale e, quindi, il ritorno al lavoro (20).

    3.5.2   L'assicurazione contro la disoccupazione non può limitarsi all'erogazione di prestazioni, ma deve essere accompagnata da misure di sostegno adeguate e dinamiche per un'occupazione di qualità. Queste politiche attive devono garantire un accompagnamento personalizzato e l'accesso a programmi di formazione qualificanti (21). Hanno un ruolo importante anche altri fattori quali la disponibilità, l'efficacia e la qualità dei servizi di custodia dei bambini, ma anche delle misure per favorire l'accesso dei disabili, delle infrastrutture di insegnamento e sanitarie (22). Le autorità pubbliche dovrebbero assicurare l'attuazione di questi elementi, indispensabili per facilitare le transizioni professionali.

    3.5.3   Il CESE ritiene inoltre che, per creare un mercato del lavoro realmente inclusivo, sia necessario adottare misure di miglioramento strutturale (23). A tale proposito, è opportuno ricordare che il 9 dicembre 2009, nel contesto del dialogo sociale, è stato concluso un accordo quadro per un mercato del lavoro inclusivo, che dimostra la volontà delle parti sociali di promuovere mercati del lavoro inclusivi, di valorizzare al massimo il potenziale della forza lavoro europea, di incrementare il tasso di occupazione e di migliorare la qualità dell'occupazione, anche attraverso la formazione e lo sviluppo delle competenze.

    3.5.4   Il CESE considera necessarie le convergenze al fine di rendere il lavoro più remunerativo, facendo sì che l'occupazione sia realmente una scelta più interessante dal punto di vista finanziario. Attraverso l'attuazione di politiche coordinate sul piano sociale, salariale e fiscale, bisogna far sì che i lavoratori scarsamente remunerati e scarsamente qualificati possano accedere a un'attività remunerativa ed evitare la trappola della povertà e della disoccupazione (24).

    3.5.5   Combinando sussidi di disoccupazione con politiche del mercato del lavoro attive è possibile stabilizzare l'economia e incoraggiare una reazione positiva ai cambiamenti promuovendo le competenze nonché iniziative efficaci nella ricerca di lavoro e nella riqualificazione professionale (25). È tuttavia necessario assicurarsi che le politiche di attivazione attualmente applicate in tutti gli Stati membri siano il risultato di un corretto equilibrio tra i valori della solidarietà, della responsabilità e della coesione e che non presentino rischi di disuguaglianze, di disparità tra le categorie e di emarginazione in posti di lavoro atipici, poco qualificati e/o scarsamente remunerati. Sarebbe inoltre opportuno conservare una certa cautela nei confronti di misure volte a rafforzare i criteri di ammissibilità, in particolare in periodi di crisi economica, quando la domanda di manodopera è più bassa. Si rischia infatti di precarizzare i lavoratori esclusi, il che rappresenta un ostacolo notevole all'inserimento e al reinserimento professionale. Queste politiche di esclusione possono inoltre avere l'effetto perverso di provocare spostamenti verso altri settori della protezione sociale, come l'assistenza sociale o l'inabilità al lavoro, fenomeno non auspicabile.

    3.6   Le pensioni: sistemi adeguati per far fronte alle sfide dell'invecchiamento

    3.6.1   Di fronte all'aumento del numero dei pensionati e alla diminuzione di quello delle persone in età lavorativa, l'Unione europea ha incoraggiato gli Stati membri a riformare i loro sistemi pensionistici al fine di mantenere pensioni adeguate e sostenibili. Le riforme si articolano sui seguenti assi: incentivare le persone a lavorare più a lungo, incoraggiare le pensioni complementari, collegare più strettamente le prestazioni ai contributi previdenziali, considerare la crescente longevità al momento di stabilire le prestazioni, finanziare adeguatamente le pensioni minime, concedere crediti per periodi di cure tra i diritti pensionistici e prevedere meccanismi di revisione automatici o semiautomatici.

    3.6.2   Il tasso di rischio di povertà rimane particolarmente elevato tra le persone di 65 anni e più (20 % in media nei 27 paesi UE, contro il 17 % della popolazione nel suo complesso), con un rischio particolare per le donne (22 %). Ne consegue un problema di adeguamento tra il livello delle pensioni e il reddito del resto della popolazione. L'obiettivo della pensione è di garantire ai pensionati un reddito sicuro, che sostituisca quello percepito durante la vita attiva, tenendo conto del precedente tenore di vita. Per l'avvenire si dovrebbero adottare le misure necessarie al fine di ridurre le disuguaglianze di reddito tra pensionati e pensionate dovuti alle diverse prestazioni, ma anche di garantire una corretta copertura del rischio vecchiaia ai lavoratori e alle lavoratrici con impieghi atipici o che abbiano avuto carriere atipiche. Le segregazioni tra uomini e donne che tuttora esistono nel mercato del lavoro hanno conseguenze significative sulla costituzione dei diritti acquisiti e, di conseguenza, sulle prospettive di pensione delle donne (26). Il CESE tiene inoltre a sottolineare che la generalizzazione di sistemi di pensioni minime ha un ruolo preponderante nella lotta alla povertà degli anziani, e insiste affinché il Comitato della protezione sociale e il MAC dedichino un'attenzione particolare a questo aspetto.

    3.6.3   I sistemi pensionistici pubblici rappresentano la fonte principale delle pensioni di anzianità ed è quindi indispensabile fare tutto il possibile per assicurarne la continuità e la vitalità finanziaria. A giudizio del CESE, la migliore garanzia di un finanziamento adeguato di questi sistemi pubblici si fonda sia su un tasso di occupazione elevato che su misure di finanziamento complementari come quelle introdotte in alcuni Stati membri. Questi sistemi si basano sul principio della solidarietà e creano legami inter- e intragenerazionali che contribuiscono ad assicurare la coesione sociale. Consentono inoltre di garantire i diritti a pensione nei periodi di disoccupazione e di interruzione della carriera per motivi di salute o familiari. Essi hanno dato prova di stabilità finanziaria durante la crisi finanziaria del 2008.

    3.6.4   A fianco dei regimi pensionistici pubblici si sono sviluppati regimi complementari, che possono offrire risorse aggiuntive ai pensionati e che pertanto devono essere estesi all'insieme dei lavoratori dipendenti. Essi tuttavia non possono né rappresentare una soluzione alternativa al problema della sostenibilità dei sistemi pubblici, né, soprattutto, rimettere in discussione questi ultimi. Lo sviluppo e l'introduzione di questi regimi complementari dovrebbero, nell'interesse dei contribuenti e dei pensionati, rispondere a un certo numero di requisiti, e in particolare rientrare in un quadro normativo europeo messo a punto in concertazione con le parti sociali. Non dovrebbero essere soltanto dei fondi d'investimento finalizzati a garantire una pensione personale, ma dovrebbero provvedere a coprire il rischio vita e ad assicurare un reddito per i periodi di malattia, di disoccupazione economica o di assenza per motivi familiari. L'accesso a questi regimi complementari dovrebbe essere garantito a tutti i lavoratori del settore o dell'impresa, e dovrebbe essere applicato il principio della parità di trattamento tra uomini e donne. È importante che le parti sociali siano associate alla loro introduzione per via negoziale, ma anche al loro controllo gestionale. Infine, occorre provvedere alla promozione degli investimenti che hanno un impatto positivo sull'occupazione e scoraggiare quelli puramente speculativi.

    3.7   L'inabilità al lavoro: una rete di sicurezza fondamentale per i lavoratori colpiti da malattia o disabilità

    3.7.1   Oltre alla disoccupazione e alle pensioni, la terza categoria di prestazioni di sostituzione del reddito comprende le prestazioni erogate in caso di inabilità al lavoro, disabilità, incidente sul lavoro o malattia professionale. Si pone, in questi casi, non soltanto la questione di un reddito di sostituzione adeguato, ma anche quella del ritorno o dell'accesso al lavoro. A questo proposito, il CESE fa riferimento alla posizione assunta in un suo precedente parere sull'inclusione sociale (27). Disporre di un reddito è una condizione indispensabile per poter vivere in piena autonomia, ma non necessariamente sufficiente. In molti casi l'integrazione delle persone interessate nella vita professionale non è ancora oggetto dell'attenzione necessaria, nonostante le disposizioni di legge introdotte a questo fine. Le soluzioni pratiche in materia di orientamento o di assistenza nella ricerca di un lavoro o nella ripresa dell'attività sono spesso onerose e inadeguate.

    3.7.2   Le persone impossibilitate a lavorare devono vedersi garantire un aiuto al reddito sufficiente per vivere dignitosamente. A questo proposito, la prestazione erogata deve tener conto non soltanto del mantenimento di un tenore di vita adeguato, ma anche delle spese aggiuntive che la persona deve sostenere a causa della sua malattia o disabilità. Le politiche volte a garantire un'assistenza sanitaria accessibile e di qualità hanno un ruolo essenziale in questo senso, al pari di quelle che incoraggiano lo sviluppo di infrastrutture e servizi sociali per far fronte alle situazioni di dipendenza e garantire una vita dignitosa (per es. servizi di cure e assistenza a domicilio, assistenza da parte di terzi, ecc.).

    4.   Reddito minimo e inclusione sociale

    4.1   Già nel suo parere del 12 luglio 1989 sulla povertà (28), il CESE aveva raccomandato di istituire un minimo sociale, concepito ad un tempo come rete di sicurezza per i poveri e strumento del loro reinserimento sociale. Il parere è citato nella raccomandazione del Consiglio del 24 giugno 1992, in cui vengono definiti i criteri comuni in materia di risorse e prestazioni sufficienti nei sistemi di protezione sociale (29), che raccomanda l'introduzione progressiva di una garanzia di risorse nell'ambito dei sistemi di protezione sociale dei diversi Stati membri entro 5 anni. A quasi vent'anni di distanza, nell'Anno europeo della lotta alla povertà, dobbiamo constatare che queste richieste e raccomandazioni sono rimaste lettera morta. Nella sua raccomandazione del 3 ottobre 2008 relativa all’inclusione attiva (30), la Commissione ha precisato che la raccomandazione del 1992 rimane uno strumento di riferimento per l’azione comunitaria in materia di povertà e di esclusione sociale e, malgrado gli sforzi che devono ancora essere compiuti per una piena applicazione, non ha perso nulla della sua rilevanza. Più di recente, nella sua risoluzione del 6 maggio 2009 sul coinvolgimento attivo delle persone escluse dal mercato del lavoro (31), il Parlamento europeo invita gli Stati membri a realizzare un adeguato sostegno al reddito al fine di combattere la povertà e l'esclusione sociale e sottolinea la necessità di fissare un adeguato sostegno al reddito sulla base delle raccomandazioni 92/441/CEE e 2008/867/CE e che esso sia trasparente, accessibile a tutti e sostenibile nel tempo.

    4.2   Conformemente alla raccomandazione del Consiglio del 24 giugno 1992, il CESE ritiene che questa garanzia di risorse vada stabilita tenendo conto del tenore di vita in ciascuno Stato membro. Ciò comporta l'utilizzazione di indicatori adeguati, come per esempio il reddito medio o mediano disponibile nello Stato membro, le statistiche sui consumi delle famiglie, la retribuzione minima obbligatoria (se esiste) o il livello dei prezzi. Questo reddito minimo può inoltre essere adattato o completato per rispondere a esigenze specifiche. Si tratta principalmente dell'assistenza abitativa e delle politiche che garantiscono l'accesso all'assistenza sanitaria di qualità o all'assistenza a persone non autosufficienti, già applicate da diversi Stati membri. Il CESE sostiene l'iniziativa del Parlamento europeo (32), che punta a migliorare la raccomandazione del Consiglio del 1992 e precisa che l'assistenza sociale dovrebbe fornire un reddito minimo consono a una vita dignitosa, quanto meno a un livello che sia al di sopra della soglia di rischio povertà. Si dovrà tuttavia vigilare sulle eventuali interazioni tra questa garanzia di reddito, associata o no a interventi complementari come l'assistenza abitativa, e altri benefici previdenziali. Occorre evitare che i beneficiari di prestazioni sociali si trovino in situazioni meno favorevoli, il che avrebbe evidenti effetti perversi.

    4.3   Il CESE ricorda che l'introduzione di un reddito minimo deve essere prevista nel quadro delle politiche di inclusione sociale attiva e di accesso a servizi sociali di qualità. Da questo punto di vista sostiene la posizione del Parlamento europeo (33), che suggerisce agli Stati membri di prendere attivamente in considerazione l'introduzione di una politica per i salari minimi, al fine di combattere il crescente numero di «lavoratori poveri» e di rendere il lavoro una prospettiva percorribile per le persone distanti dal mercato del lavoro. Il CESE tiene inoltre a precisare che non va trascurata la situazione delle persone che non possono partecipare al mercato del lavoro a causa dell'età, dello stato di salute o di una disabilità. Condivide quindi il punto di vista del Parlamento europeo (34) quando precisa che il coinvolgimento attivo non deve sostituirsi all'inclusione sociale e che, pertanto, chiunque deve poter disporre di un reddito minimo e dell'accesso a servizi sociali abbordabili e di qualità, a prescindere dalla propria capacità di partecipare al mercato del lavoro.

    4.3.1   Il CESE ritiene che l'introduzione progressiva di una garanzia di risorse sia necessaria per il conseguimento dell'obiettivo di riduzione della povertà stabilito nell'ambito della strategia Europa 2020, e che debba avvenire attraverso un nuovo strumento volto a sostenere più efficacemente le politiche di lotta alla povertà adottate nei diversi Stati membri.

    Bruxelles, 14 luglio 2010

    Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

    Mario SEPI


    (1)  Parere del CESE, GU C 27 del 3.2.2009.

    (2)  Parere del CESE, GU C 309 del 16.12.2006.

    (3)  Commissione europea, Comitato per la protezione sociale, Rapport conjoint sur la protection et l'inclusion sociale 2010 (Relazione congiunta per il 2010 sulla protezione e sull'inclusione sociale), manoscritto, febbraio 2010.

    (4)  Comunicazione della Commissione COM(2010) 2020 definitivo.

    (5)  Parere del CESE, GU C 128 del 18.5.2010, pag. 3, punto 4.4.

    (6)  Consiglio europeo, 17 giugno 2010, Conclusioni, EUCO 13/10.

    (7)  Cfr. nota 5.

    (8)  Parlamento europeo, risoluzione del 6 maggio 2009, 2008/2335(INI).

    (9)  Parere del CESE, GU C 221 del 28.8.1989 e GU C 128 del 18.5.2010, pag. 10.

    (10)  Raccomandazione del Consiglio 92/441/CEE del 24 giugno 1992, GU L 245 del 26.8.1992.

    (11)  Parere del CESE, GU C 302 del 7.12.2004, pag. 86.

    (12)  Parere del CESE, GU C 128 del 18.5.2010, pag. 10 e GU C 302 del 7.12.2004, pag. 86.

    (13)  Articolo 9 del TFUE, GU C 115 del 9.5.2008.

    (14)  Carta dei diritti fondamentali, GU C 364 del 18.12.2000.

    (15)  Commissione europea, Comitato per la protezione sociale, Croissance, l'emploi et le progrès social dans l'UE - Principaux messages (Crescita, occupazione e progresso sociale nell'UE – Principali messaggi), manoscritto, settembre 2009.

    (16)  Klaus Busch, World Economic Crisis and the Welfare State – Possible Solutions to Reduce the Economic and Social Imbalances in the World Economy, Europe and Germany (La crisi economica mondiale e lo stato sociale - Possibili soluzioni per ridurre gli squilibri economici e sociali nell'economia mondiale, in Europa e in Germania), International Policy Analysis, Friedrich-Ebert-Stiftung, febbraio 2010.

    (17)  Cfr. nota 15.

    (18)  Cfr. nota 5.

    (19)  Cfr. nota 1.

    (20)  Florence Lefresne, Regard comparatif sur l’indemnisation du chômage : la difficile sécurisation des parcours professionnels (Esame comparativo dell’indennizzazione della disoccupazione: la difficoltà di garantire i percorsi professionali), Chronique internationale de l’IRES – n.115, novembre 2008, pag. 23.

    (21)  Cfr. nota 18.

    (22)  Cfr. nota 11.

    (23)  Cfr. nota 5.

    (24)  Cfr. nota 11.

    (25)  Cfr. nota 2.

    (26)  Cfr. nota 11.

    (27)  Cfr. nota 5.

    (28)  Parere del CESE, GU C 221 del 28.8.1989 e GU C 128 del 18.5.2010, pag. 10.

    (29)  Cfr. nota 10.

    (30)  Raccomandazione della Commissione 2008/867/CE del 3 ottobre 2008, GU L 307 del 18.11.2008.

    (31)  Cfr. nota 8.

    (32)  Cfr. nota 8.

    (33)  Cfr. nota 8.

    (34)  Cfr. nota 8.


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