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Document 52010IE0970

    Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «La dimensione sociale del mercato interno» (parere d'iniziativa)

    GU C 44 del 11.2.2011, p. 90–98 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

    11.2.2011   

    IT

    Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

    C 44/90


    Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «La dimensione sociale del mercato interno» (parere d'iniziativa)

    2011/C 44/15

    Relatore: JANSON

    Il Comitato economico e sociale europeo, in data 16 luglio 2009, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere di iniziativa sul tema:

    La dimensione sociale del mercato interno.

    La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 5 maggio 2010.

    Alla sua 464a sessione plenaria, dei giorni 14 e 15 luglio 2010 (seduta del 14 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 143 voti favorevoli, 15 voti contrari e 19 astensioni.

    1.   Sintesi

    1.1   La dimensione sociale è una componente essenziale del mercato interno, contraddistinta da molteplici aspetti di cui il presente parere affronta tra l'altro quelli economici e quelli giuridici. Alcuni sviluppi recenti hanno suscitato interrogativi sull'efficacia della dimensione sociale nel proteggere i lavoratori. Il mercato interno non può funzionare correttamente senza una forte dimensione sociale e il sostegno dei cittadini.

    1.2   Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) è fermamente convinto del fatto che l'UE ha un ruolo importante da svolgere in campo sociale, perché i singoli Stati membri non sono in grado di risolvere i problemi sociali se agiscono in modo isolato. Per rendere la sua azione accettabile sul piano politico e per generare solidarietà e coerenza, l'UE dovrebbe attribuire maggiore rilevanza agli aspetti sociali della sua politica.

    1.3   Una serie di recenti vicissitudini, insieme ad altri fattori, ha compromesso la dimensione sociale. L'economia europea sta attraversando il momento più delicato degli ultimi decenni. Si è consentito che le bolle finanziarie crescessero e sono stati aggirati i meccanismi tradizionali di controllo e di valutazione del rischio. Di conseguenza la disoccupazione è aumentata e i mercati del lavoro e la situazione sociale continueranno a deteriorarsi. L'occupazione deve dunque rimanere in cima all'agenda dell'UE. Per finanziare i sistemi di protezione sociale l'Europa ha bisogno di una crescita sostenibile e di un elevato tasso di occupazione, combinato con un mercato del lavoro di alta qualità.

    1.4   Nel corso dell'ultimo decennio i sistemi previdenziali sono stati oggetto di riforme volte a promuovere una maggiore efficienza degli incentivi al lavoro nei sistemi di protezione sociale, al fine di rafforzare il valore del lavoro e di reintegrare le persone nel mercato del lavoro. Tuttavia un risultato di ciò è stato l'aumento della disuguaglianza e di conseguenza un aggravamento dei problemi sociali. I sistemi occupazionali e di protezione sociale sono essenziali per alleviare l'indigenza, e senza prestazioni sociali l'aumento delle disuguaglianze e l'impatto sociale della crisi sarebbero molto più rapidi e più gravi. Il degrado delle finanze nazionali di numerosi Stati membri, che porta a una crisi, effettiva o potenziale, del debito sovrano, pone una forte pressione sui sistemi di protezione sociale. Tra le possibili soluzioni di tale problema figura un'intensificazione dell'attività economica sostenibile, la regolazione dei mercati finanziari e gli investimenti nella ricerca e nell'istruzione.

    1.5   Il mercato interno è un'arena in cui trovano espressione sia la dimensione sociale che altre dimensioni. Ai fini dello sviluppo occorre garantire una crescita economica sostenibile e nuovi posti di lavoro, fattori che a loro volta generano un gettito fiscale che è alla base delle prestazioni sociali. I livelli di disoccupazione e gli squilibri fiscali indicano che si può fare molto per rimediare alla situazione attuale.

    1.6   Gli aspetti giuridici della dimensione sociale sono entrati nel dibattito poiché quattro sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea (Viking, Laval, Rüffert e Lussemburgo) hanno provocato animate discussioni, in particolare negli ambienti politici e accademici, in merito a possibili timori riguardanti un crescente rischio di dumping sociale e hanno suscitato perplessità tra i membri del Parlamento europeo, nel mondo accademico e tra le organizzazioni rappresentative dei lavoratori (1). Altri sono convinti che tali sentenze della Corte di giustizia contribuiranno a migliorare il funzionamento del mercato interno.

    1.7   Il CESE chiede pertanto:

     

    a breve termine, una più efficace applicazione della direttiva sul distacco dei lavoratori. Il CESE propone di valutare l'idea di istituire un'«Interpol sociale europea», che sostenga le attività degli ispettorati del lavoro dei diversi Stati membri.

     

    Il CESE esorta la Commissione a valutare la situazione nell'UE alla luce delle recenti sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU).

     

    Il CESE appoggia inoltre l'adozione, da parte della Commissione, di misure volte a rafforzare il dialogo sociale, tra cui:

    la promozione di un dialogo sociale di migliore qualità e di un meccanismo europeo per la soluzione delle controversie e la conciliazione,

    l'ulteriore sviluppo del dialogo macroeconomico per prevenire una nuova crisi finanziaria,

    la promozione del modello sociale europeo nelle relazioni internazionali.

     

    A medio termine, il CESE è favorevole a un'iniziativa della Commissione che chiarisca gli obblighi giuridici delle autorità nazionali, delle imprese e dei lavoratori nel quadro dell'attuazione della direttiva sul distacco dei lavoratori e garantisca che tali disposizioni siano applicabili in maniera universale. Il CESE considera interessante la proposta contenuta nella relazione Monti, di escludere il diritto di sciopero dall'impatto delle norme che disciplinano il mercato interno, e ritiene che essa potrebbe risolvere alcuni problemi. Ciò non dovrebbe tuttavia escludere una revisione parziale della direttiva sul distacco dei lavoratori, intesa ad applicare in modo uniforme il principio del luogo di lavoro e a rendere possibile stabilire per legge che lo stesso lavoro prestato nello stesso luogo deve sempre beneficiare delle medesime condizioni e del medesimo compenso.

     

    A lungo termine, l'Unione europea dovrebbe impegnarsi a rafforzare la dimensione sociale e realizzare pienamente il potenziale del mercato interno. Il Trattato di Lisbona e la Carta dei diritti fondamentali cui esso fa riferimento non hanno ancora esercitato pienamente il loro effetto sull'equilibrio tra diritti fondamentali e diritti economici. Per rafforzare la dimensione sociale è necessario rafforzare i diritti sociali fondamentali e rendere estremamente restrittive le limitazioni dei diritti fondamentali che comprendano i diritti sociali. Per realizzare questo obiettivo si potrebbe perseguire una modifica del Trattato.

    2.   Il mercato interno e la dimensione sociale

    2.1   Nel 1987, il CESE ha adottato un parere (2) sugli aspetti sociali del mercato interno, in cui proponeva che la Comunità europea assicurasse una serie di diritti sociali fondamentali connessi al mercato del lavoro. Il CESE voleva garantire che il mercato interno, che allora muoveva i suoi primi passi, non generasse distorsioni del mercato del lavoro, e sottolineare che la Comunità aveva anche obiettivi sociali. La dimensione sociale comprende la legislazione e gli accordi adottati a livello europeo al fine di garantire che i lavoratori possano godere di determinati diritti fondamentali sul luogo di lavoro, ma comporta anche che vi sia un'adeguata cooperazione per promuovere l'occupazione nell'UE.

    2.2   Successivamente all'adozione di quel parere, la Commissione europea ha pubblicato numerosi documenti sul tema, che hanno rappresentato il punto di partenza per lo sviluppo di un'interpretazione più ampia e più profonda della dimensione sociale del mercato interno (3). Come ha scritto la Commissione, «la dimensione sociale del mercato interno è una componente fondamentale di questo progetto, in quanto non si tratta soltanto di rafforzare la crescita economica e di incrementare la competitività esterna delle imprese europee, ma anche di utilizzare in modo più efficiente tutte le risorse disponibili e di conseguire un'equa distribuzione dei vantaggi derivanti dal mercato unico» (4).

    2.3   Nel 1989, il CESE ha avuto un ruolo importante nella definizione del contenuto della Carta sociale, conferendo così ai lavoratori diritti sociali fondamentali che non devono essere messi a repentaglio da fattori quali la pressione della concorrenza o la ricerca di una maggiore competitività. A giudizio del CESE, l'esercizio di questi diritti fondamentali presuppone che ai medesimi non siano imposte limitazioni ingiustificate.

    2.4   Scopo del presente parere è tentare di individuare alcuni dei più importanti sviluppi recenti che incidono sulle possibilità di funzionamento della dimensione sociale. Il parere si basa in parte sugli altri pareri riguardanti la dimensione sociale adottati dal CESE negli ultimi anni (5). Un elemento è chiaro di primo acchito: in un'economia sociale di mercato, il mercato interno non può funzionare correttamente senza una forte dimensione sociale e senza l'accettazione da parte dei cittadini europei. Un mercato unico che funzioni correttamente comporta numerosi e importanti vantaggi per le imprese, i lavoratori, i cittadini e l'economia in generale. Peraltro, dai preamboli dei Trattati emerge che il mercato interno è stato concepito come uno strumento al servizio del benessere dei cittadini e non come un obiettivo fine a se stesso.

    2.5   L'esigenza della dimensione sociale è pertanto motivata da quattro ragioni fondamentali:

    la libera circolazione delle persone,

    l'esistenza di diritti sociali indivisibili che qualsiasi società dovrebbe fare propri e rispettare in ogni circostanza: si tratta del diritto all'azione collettiva, alla libertà sindacale e alla contrattazione collettiva e degli altri diritti sanciti nelle convenzioni fondamentali dell'OIL e nelle convenzioni internazionali ed europee riguardanti i diritti sociali e i diritti della persona,

    la necessità di rafforzare il funzionamento del mercato interno e di mitigarne le conseguenze negative, in modo che i progetti politici ed economici possano essere accettati dall'opinione pubblica e la coesione sociale sia rafforzata,

    la politica sociale è anche un importante fattore di rafforzamento della competitività.

    2.6   La «politica sociale» è una competenza condivisa tra il livello nazionale e quello europeo. Molte delle disposizioni in quest'ambito riguardavano principalmente la creazione della libertà di circolazione per i lavoratori e della libertà di stabilimento al fine di istituire il mercato interno. Da allora, tuttavia, la dimensione sociale ha fatto molti progressi: i successivi trattati hanno esteso il voto a maggioranza ad ambiti quali la normativa sulle pari opportunità, l'informazione e la consultazione dei lavoratori e le politiche in materia di disoccupazione. Tuttavia mancava (e manca tuttora) una base giuridica per disciplinare aspetti quali la retribuzione e i diritti di associazione, di sciopero e di serrata, questioni di cui comunque si occupano sia la giurisprudenza della Corte di giustizia che la legislazione europea. Il Trattato di Nizza ha conferito carattere formale alla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e il Trattato di Lisbona ha completato l'opera rendendo la Carta stessa giuridicamente vincolante.

    2.7   Le politiche sociali sono in primo luogo di competenza degli Stati membri. Tuttavia le persone che vivono negli Stati membri subiscono le ripercussioni delle sfide sociali derivanti dagli sviluppi mondiali o europei, il che rende necessario un approccio europeo coordinato. L'UE ha tentato in vari modi di risolvere il dilemma delle doppie competenze. Ha tentato di far rispettare le regole sociali adottando una serie di norme minime. Un'altra soluzione è il metodo aperto di coordinamento (MAC), che potrebbe essere utilizzato meglio e in modo più efficace, ricorrendo all'approccio dei «principi comuni», introdotto di recente, e consentendo la partecipazione della società civile alla formulazione e perfino alla negoziazione degli obiettivi della strategia di Lisbona a livello europeo (6).

    2.8   L'«acquis sociale» europeo è notevole: dalla creazione dell'UE in questo campo sono stati adottati circa 70 fra regolamenti e direttive, per lo più dopo il 1985. Il CESE è fermamente convinto del fatto che l'UE deve svolgere un ruolo importante in campo sociale perché agendo in modo isolato i singoli Stati membri non sono in grado di risolvere i problemi sociali. Per rendere la sua azione accettabile sul piano politico e per generare solidarietà e coerenza, l'UE dovrebbe attribuire maggiore rilevanza agli aspetti sociali delle sue politiche, sempre nel rispetto del principio di sussidiarietà.

    3.   Gli sviluppi attuali

    3.1   Lo sviluppo dell'economia

    3.1.1   L'economia europea sta attraversando il momento più delicato degli ultimi decenni. Dalla seconda metà del 2008 (7), l'economia mondiale ha conosciuto un brusco rallentamento, che nella maggioranza dei paesi si sta rivelando anche più grave del previsto. Proprio quando stavano mostrando segni di ripresa dalla crisi bancaria, le economie sono state esposte alla minaccia derivante dalla crisi del debito sovrano e dalla severità delle misure correttive imposte.

    3.1.2   La situazione è inoltre aggravata dall'aumento della disoccupazione. Le ripercussioni della crisi finanziaria e le esigenze degli organismi di credito hanno causato tagli ai sistemi previdenziali, alle pensioni e ai trasferimenti sociali. Di conseguenza la povertà aumenterà e i gruppi più vulnerabili saranno ancora più svantaggiati, il che darà il via a un vero e proprio circolo vizioso. Molte imprese europee, pur colpite dalla crisi, hanno preso provvedimenti di concerto con i servizi pubblici di collocamento per conservare intatta la loro forza lavoro e così salvaguardare l'occupazione dei loro dipendenti.

    3.1.3   L'improvviso esplodere degli eventi e la loro rapida diffusione hanno messo in evidenza nuovi fenomeni dell'economia globalizzata. Le cause di questi sviluppi sono molteplici: politiche monetarie e dei cambi che hanno contribuito a creare un eccesso di liquidità; mancata o insufficiente regolamentazione di determinati settori e soggetti; caccia a rendimenti irrealisticamente elevati in un contesto in cui i soggetti di mercato e le autorità di vigilanza e di regolamentazione non hanno riconosciuto o valutato adeguatamente i rischi; ricorso eccessivo alla leva finanziaria; coordinamento insufficiente delle politiche macroeconomiche e riforme strutturali inadeguate (8).

    3.1.4   È inevitabile chiedersi se l'attuale quadro economico dell'UE, caratterizzato fra l'altro dall'insufficienza del dialogo macroeconomico, non abbia contribuito ad aggravare la crisi. Di certo ha portato all'indebolimento degli stabilizzatori automatici, a un'esplosione del credito (senza un aumento dei salari reali), al crollo dei tassi di crescita e a una minore capacità di individuare le bolle finanziarie. Il CESE ritiene che trasferendo l'indebitamento privato (banche) sul debito pubblico (Stato e cittadini) si accolli un gravame eccessivo su questi ultimi, tanto più che il deterioramento delle finanze pubbliche e i limiti imposti dal patto di crescita e stabilità suscitano interrogativi sul futuro finanziamento di investimenti vitali e indispensabili come quelli nei sistemi di protezione sociale.

    3.1.5   La fase più recente della crisi ha messo in luce che molti Stati membri hanno accumulato disavanzi di bilancio insostenibili. L'azione correttiva necessaria per risanare le finanze pubbliche comporterà una pressione enorme sui sistemi fiscali e sulle politiche e sui programmi sociali.

    3.1.6   È opportuno rimarcare che, nonostante i loro difetti, la Commissione sta considerando gli aiuti statali nazionali, anche per quanto riguarda la protezione dei lavoratori, nel quadro di un più ampio contesto europeo. La politica della concorrenza, in particolare per quanto riguarda le PMI e le sovvenzioni alle banche, tiene giustamente conto dell'obiettivo socioeconomico di mantenere condizioni uniformi in tutta l'Europa.

    3.1.7   Nel già citato parere (9), il CESE ha constatato che i responsabili della politica economica europea hanno riconosciuto la necessità di integrare il loro tradizionale approccio orientato all'offerta con un'attiva politica macroeconomica anticiclica. Il Comitato si è rallegrato anche del fatto che venga riconosciuta l'esigenza di tutelare meglio le componenti più deboli della società e di coordinare più efficacemente la politica economica. Nondimeno, il CESE ha sottolineato che l'entità del piano europeo di ripresa appare relativamente modesta rispetto ai pacchetti adottati in altre regioni del mondo.

    3.2   Lo sviluppo del mercato interno

    3.2.1   In numerosi pareri (10) il CESE ha appoggiato la creazione e lo sviluppo del mercato interno. Coprendo infatti tutti gli Stati membri e i paesi del SEE, il mercato interno apporta benefici ai consumatori, alle imprese e ai lavoratori in quanto fornisce un unico spazio normativo per la mobilità dei beni, dei capitali, delle persone e dei servizi.

    3.2.2   Nella sua comunicazione del 2007 (11) che presenta la sua visione del mercato unico del futuro, la Commissione ha ricordato che il mercato unico comporta benefici sia per i consumatori che per le imprese, favorisce la creazione di posti di lavoro e stimola la crescita, la competitività e l'innovazione. Secondo la Commissione, i settori chiave per il futuro sono i seguenti:

    i consumatori e le imprese, ai quali il mercato unico deve offrire migliori risultati e benefici per rispondere alle loro aspettative e preoccupazioni,

    la gestione della globalizzazione,

    la conoscenza e l'innovazione come «quinta libertà»,

    una dimensione sociale e ambientale, per cui la Commissione si impegna a migliorare le sue valutazioni d'impatto per prevedere con maggiore efficacia i cambiamenti del mercato.

    L'insuccesso più grave del mercato interno è stata la sua incapacità di stimolare l'occupazione e l'attività economica attraverso gli investimenti esteri. In particolare, non si è riusciti a sostenere e sviluppare la tecnologia e la ricerca per gettare le basi di una transizione dell'economia. Se non riuscirà a porre rimedio a queste carenze, l'Europa resterà nella corsia più lenta dell'economia mondiale.

    3.2.3   Il CESE auspica che si raggiunga un miglior equilibrio tra lo sviluppo sociale, un ambiente economico favorevole e la protezione dell'ambiente: tale equilibrio è infatti essenziale per il corretto funzionamento del mercato interno e per la promozione di uno sviluppo sostenibile sul lungo periodo. Quanto maggiore sarà l'integrazione del mercato interno, tanto più necessario diventerà soddisfare l'obiettivo dei Trattati di garantire il benessere dei cittadini, e quindi tanto maggiore sarà la protezione sociale che il mercato dovrà offrire. In presenza di 27 mercati del lavoro, ognuno con le proprie tradizioni legislative, l'UE deve fare in modo che le regole della mobilità interna non indeboliscano dei sistemi che già funzionano. Occorre far sì che la concorrenza nel mercato comune sia orientata all'innovazione e non si riduca a una competizione controproducente, e in certa misura rovinosa, tra gli Stati membri (12).

    3.2.4   Le conseguenze della crisi provocheranno inoltre un'ondata di ristrutturazioni aziendali in tutta Europa. Il CESE constata che l'UE non dispone attualmente di una visione strategica comune per contrastare le ripercussioni negative di queste ristrutturazioni, o per cogliere l'opportunità di rendere le imprese dell'UE più competitive a livello globale. Il CESE chiede alla Commissione di adottare, con le parti sociali, una posizione europea per proteggere tutti i lavoratori interessati. In proposito il CESE si compiace dell'iniziativa delle parti sociali europee di presentare uno studio sul processo di ristrutturazione nell'UE e di predisporre, ad uso delle imprese, una «tabella di marcia» affinché sappiano come impegnarsi efficacemente in tale processo.

    3.2.5   In un precedente parere (13) il CESE ha ricordato che, se l'Europa vuole restare competitiva nel tempo, il mercato interno deve garantire una crescita sostenibile e a lungo termine, il che significa anche tener conto della dimensione ambientale. L'obiettivo finale è migliorare sensibilmente il funzionamento del mercato interno nell'ambito di un'economia sociale di mercato, e assicurare che i diritti sociali fondamentali siano rispettati. Il CESE ha sottolineato inoltre che, se necessario ed appropriato, dovrebbero essere adottate quanto prima misure specifiche e adeguate a tutela dei lavoratori, e che né le libertà economiche né le regole di concorrenza possono prevalere sui diritti sociali fondamentali (14). Al tempo stesso, il CESE è consapevole dell'esigenza di stimolare la creazione di posti di lavoro, di promuovere l'imprenditorialità e di creare economie sane e sostenibili negli Stati membri.

    3.2.6   Una lacuna cui occorre porre rimedio affinché il mercato interno possa svolgere appieno il suo ruolo consiste nel conferire maggiore importanza e sicurezza giuridica ai servizi di interesse generale, i quali hanno svolto un ruolo importante come stabilizzatori economici durante l'attuale crisi economica, e nello sviluppare la dimensione internazionale. Occorre promuovere il nostro modello sociale sulla scena internazionale in quanto fattore di sviluppo e riaffermare la nostra identità di organizzazione solidale attiva nei contesti internazionali e impegnata a creare un quadro più forte per la globalizzazione. Se vogliamo che quest'ultima sia equa, spetta all'Europa chiedere con forza questa equità della globalizzazione e degli scambi al momento di negoziare gli accordi commerciali e gli altri accordi internazionali.

    3.2.7   Il CESE è fermamente convinto che la mobilità in Europa debba continuare a figurare tra le priorità politiche dell'UE. A questo proposito, esso ha invitato gli Stati membri che mantengono delle norme transitorie sulla libera circolazione delle persone ad attenersi alle procedure previste dai Trattati e ad abrogare dette norme (15).

    3.3   Evoluzione dei sistemi di protezione sociale

    3.3.1   Nonostante una parziale ripresa dell'economia, la situazione occupazionale e sociale continuerà a deteriorarsi, specialmente nel contesto delle attuali misure rivolte a risolvere la crisi del debito sovrano. Secondo le previsioni della Commissione, nei prossimi due anni il tasso di disoccupazione toccherà livelli mai raggiunti negli ultimi decenni (16).

    3.3.2   In vari Stati membri sono state adottate misure che hanno avuto degli effetti positivi sul piano della difesa dell'occupazione e del contenimento della disoccupazione: tra di esse gli stimoli agli investimenti, le agevolazioni alla contrattazione collettiva e misure specifiche per il mercato del lavoro, finanziate attraverso i programmi nazionali per la disoccupazione. In alcuni casi ci si è affidati alla «flessibilità interna», per esempio con regimi di vario tipo basati sulla riduzione degli orari di lavoro combinata con la formazione. In alcuni paesi si sono verificati licenziamenti di massa, in parte a causa dell'assenza di misure di questo tipo (17).

    3.3.3   L'occupazione deve essere in cima all'agenda dell'UE. L'Europa ha bisogno di un elevato tasso di occupazione combinato con un mercato del lavoro di qualità elevata. Una forza lavoro di elevata qualità ha bisogno di un'imprenditoria di elevata qualità e di investimenti nel settore pubblico e in quello privato, per essere competitiva sul piano internazionale. Il finanziamento dei sistemi di protezione sociale dipende dalla capacità del mercato del lavoro europeo di assorbire il maggior numero possibile di lavoratori. Il conseguimento della piena occupazione in Europa incontra ancora ostacoli. Per mantenere in futuro elevati livelli di occupazione, si è scelto di privilegiare la flessicurezza, l'occupabilità, l'aumento della produttività, l'istruzione e la formazione, che possono contribuire a creare mercati del lavoro più efficaci. Inoltre, occorre attribuire la massima priorità a misure che incoraggino la creazione di posti di lavoro, la costituzione di nuove imprese e gli investimenti esteri sostenibili.

    3.3.4   Nel corso dell'ultimo decennio i sistemi previdenziali sono stati oggetto di riforme volte a promuovere una maggiore efficienza degli incentivi al lavoro nei sistemi di protezione sociale, secondo una filosofia orientata all'offerta, con la riduzione delle prestazioni sociali e l'irrigidimento dei criteri di ammissibilità. Si presume che tali misure possano portare a un calo della disoccupazione. I sistemi di protezione sociale devono trovare il giusto equilibrio tra le misure volte a ridurre la disoccupazione e quelle che invece servono a sostenere il reddito dei disoccupati.

    3.3.5   L'efficacia di queste politiche è tutt'altro che certa. Negli ultimi vent'anni la disuguaglianza è aumentata. I sistemi di protezione sociale sono essenziali per alleviare l'indigenza, e senza prestazioni sociali l'aumento della disuguaglianza e l'impatto sociale della crisi sarebbero molto più rapidi e più gravi. L'attuale crisi rischia di metter fine alla tendenza all'aumento dell'occupazione e al miglioramento nella coesione sociale transnazionale, aggravando invece una tendenza europea di lungo periodo che vedrebbe peggiorare le disparità di reddito all'interno dei singoli paesi (18).

    3.3.6   Le misure anticrisi hanno prodotto risultati positivi in numerosi Stati membri. D'altro canto la Commissione (19) riferisce che in molti paesi i disoccupati non ricevono alcuna forma di sostegno al reddito. In alcuni casi le prestazioni non sono mirate in modo efficace, il che fa pensare che i sistemi basati su indennità, oltre a non fornire una rete di sicurezza completa, non siano sempre indirizzati alle persone che ne hanno maggiore bisogno. È in gioco la qualità stessa - nonché la sostenibilità - di questi sistemi (20). Dati gli effetti della crisi economica e dello sviluppo demografico, c'è il rischio che, invece di proteggere il tenore di vita delle persone, essi si limitino a stabilire norme minime. Ciò è particolarmente vero in taluni Stati membri, in cui le prestazioni sociali superano già la capacità fiscale dello Stato. Se è vero che negli Stati membri dell'UE i tassi di produttività continuano a salire, aumenta però anche la povertà. Occorre riflettere sull'apparente impossibilità di soddisfare le necessità essenziali dei cittadini e di garantire loro un lavoro dignitoso. A lungo termine, una soluzione risiede in una crescita economica del settore pubblico e di quello privato, trainata dallo sviluppo di imprese competitive.

    3.3.7   Tuttavia solo un'intensificazione degli sforzi di riforma potrà mantenere la capacità dell'UE di fornire un'adeguata protezione contro i rischi e di associare il progresso sociale alla crescita economica. Occorre collaborare tutti per conseguire progressi comuni nell'innalzamento dei livelli di occupazione, nell'aumento della produttività, nell'applicazione di sistemi fiscali adeguati, nella sostenibilità finanziaria dei sistemi sociali europei e nella capacità di tali sistemi sociali di fornire una protezione adeguata.

    3.4   Sviluppi in ambito giudiziario

    3.4.1   Alcune recenti sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea [Viking, Laval, Rüffert e Lussemburgo (21)] hanno dato il via a vivaci dibattiti negli ambienti politici e accademici, e hanno suscitato timori, sia fondati che infondati, circa un crescente rischio di dumping sociale. Le sentenze hanno inoltre indotto le istituzioni europee e le parti sociali a intraprendere diverse iniziative.

    3.4.2   Nell'ottobre 2008 il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione (22) in risposta alle sentenze della Corte, nella quale sottolinea che la libertà di prestare servizi non è di rango superiore rispetto ai diritti fondamentali enunciati nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, e in particolare al diritto dei sindacati di negoziare, concludere ed applicare gli accordi collettivi e di ricorrere all'azione collettiva. Il Parlamento dichiara inoltre che l'attuale normativa comunitaria presenta lacune e incoerenze, e che non era questa l'intenzione del legislatore comunitario, il quale mirava invece a un giusto equilibrio fra la libertà di prestazione di servizi e la tutela dei diritti dei lavoratori.

    3.4.3   Il mondo accademico (23), in particolare, ha trovato diversi motivi per criticare le decisioni della Corte. Nel giugno 2009 oltre 100 giuslavoristi e accademici europei hanno inviato ai capi di Stato e di governo una lettera aperta in cui esprimevano forti preoccupazioni per il deterioramento dei diritti sociali fondamentali e per l'impatto delle sentenze della Corte sui diritti dei lavoratori e sulle loro organizzazioni. A giudizio degli estensori, le sentenze sono fonte di gravi problemi per l'effettiva protezione dei diritti dei lavoratori. I diritti sociali fondamentali non devono essere subordinati alle libertà del mercato interno e al diritto della concorrenza, ma devono invece essere pienamente riconosciuti quali condizioni necessarie per lo sviluppo economico e sociale sostenibile dell'Unione europea.

    3.4.4   Su richiesta della Commissione europea e della presidenza francese, alla fine del marzo 2009 le parti sociali europee hanno dato il via a un'analisi congiunta delle sentenze della Corte. A questo fine è stato istituito un gruppo ad hoc, che si è concentrato su un numero limitato di questioni chiave quali il rapporto tra libertà economiche e diritti sociali, gli ostacoli da abbattere e le condizioni da creare per migliorare la libertà di circolazione e la fornitura di servizi, la trasparenza e la certezza giuridica e infine la sfida rappresentata dalla necessità di rispettare i diversi sistemi nazionali di relazioni industriali (24).

    3.4.5   Il CESE, pur rispettando la legittimità della Corte di giustizia dell'UE in materia di interpretazione delle norme in vigore, ritiene che le sentenze della Corte presentino numerosi motivi di preoccupazione e che esse impongano un'analisi e una spiegazione delle loro conseguenze.

    3.4.5.1   Gerarchia fra i diritti sociali fondamentali e le libertà economiche

    Con le sentenze nelle cause Viking e Laval la CGUE ha riconosciuto che il diritto all'azione collettiva è un diritto fondamentale e, come tale, fa parte del diritto dell'UE, sottolineando al tempo stesso che esso non prevale su altri principi del diritto dell'UE, come la libertà di prestare servizi o la libertà di stabilimento. Inoltre, la CGUE ha attribuito alla libertà di prestare servizi e alla libertà di stabilimento un effetto diretto orizzontale. La Corte ha osservato che l'azione sindacale dovrebbe non soltanto perseguire «un obiettivo legittimo compatibile con il Trattato» ed essere «giustificata da ragioni imperative di interesse generale», ma anche, in tali casi, essere «idonea a garantire la realizzazione dell'obiettivo perseguito e «non andare» al di là di ciò che è necessario per conseguirlo» (25). Ne consegue che il riconoscimento dell'azione collettiva in quanto libertà fondamentale è un riconoscimento di principio e non trova necessariamente riscontro nella pratica. Su questa base, la Corte ha considerato le azioni collettive come una limitazione dell'esercizio delle suddette libertà, chiedendo se questa limitazione sia giustificata. Ciò significa che le azioni collettive vengono valutate sulla base delle limitazioni che comportano per le libertà economiche. Gli accademici hanno messo in rilievo il fatto che in alcune sue recenti sentenze la Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU) (26) ha esaminato questo problema dalla prospettiva opposta, ossia considerando quali limitazioni fossero accettabili nel campo dei diritti fondamentali. Le sentenze della Corte di giustizia possono essere motivo di preoccupazione per la loro discrepanza rispetto alla giurisprudenza della CEDU.

    3.4.5.2   Limitazione dei diritti fondamentali

    Per la prima volta la Corte di giustizia ha giudicato i limiti delle azioni collettive a livello nazionale in un contesto transnazionale. Il CESE considera particolarmente preoccupante il fatto che a questo punto essa abbia introdotto un controllo della proporzionalità, il quale, oltre a negare l'essenza stessa del diritto fondamentale all'azione collettiva, viola anche il diritto di sciopero. Alla luce delle sentenze e delle reazioni della Corte europea dei diritti dell'uomo, il CESE sottolinea che il processo di definizione dei limiti alle libertà economiche e ai diritti sociali fondamentali dipende anche dalle future sentenze e dagli interrogativi che esse solleveranno.

    3.4.5.3   Direttiva riguardante il distacco dei lavoratori

    La direttiva riguardante il distacco dei lavoratori mira a garantire la necessaria armonizzazione, nel rispetto della diversità nazionale, nel coordinamento delle politiche nazionali in materia di distacco temporaneo di lavoratori in un altro Stato. La Corte ha concluso che i problemi intervenuti dipendono dalla mancata trasposizione a livello nazionale di alcune disposizioni della direttiva sul distacco dei lavoratori (Laval), dall'esistenza di disposizioni nazionali incompatibili [Rüffert (27)], oppure da un'interpretazione troppo ampia della direttiva sul distacco dei lavoratori e da misure di controllo poco chiare e ingiustificate (Lussemburgo).

    Secondo la CGUE, la direttiva non impone la parità di trattamento, ma garantisce che siano rispettati requisiti minimi. Di conseguenza, si tratta de facto di una direttiva «di massima» e non «di minima». Tuttavia le sentenze della Corte non impediscono l'applicazione di «condizioni di lavoro e occupazione» più favorevoli ai lavoratori. L'obiettivo dell'articolo 3, paragrafo 7, della direttiva sul distacco dei lavoratori era di garantire che in pratica l'applicazione delle norme minime negli Stati membri ospiti non portasse a un peggioramento delle condizioni di lavoro rispetto a quelle cui il lavoratore distaccato aveva diritto nel paese di origine. Si è affermato che le sentenze escludono in parte la possibilità che il livello nazionale imponga norme più rigorose, che vadano al di là delle regole vincolanti per la protezione minima contenute nella direttiva, o attraverso la regolamentazione per via legislativa o mediante contratti collettivi favorevoli ai lavoratori.

    Ciò crea a sua volta distorsioni della concorrenza sia nei singoli Stati che nel mercato interno, perché le imprese di un paese devono rispettare le regole nazionali in materia di contratti collettivi mentre i loro concorrenti basati in un altro Stato membro possono limitarsi ad applicare norme minime.

    3.4.5.4   Conflitto tra sistemi giuridici

    Un altro risultato delle sentenze è il conflitto tra la legislazione comunitaria e le norme internazionali (28). Si può inoltre sostenere che vi sia un conflitto giuridico con le convenzioni OIL n. 87 e 98, nonché con l'art. 6, par. 4, della Carta sociale europea e con la giurisprudenza delle rispettive istituzioni, come indicato dagli organi di controllo dell'OIL (caso BAPA UK).

    4.   Conclusioni

    4.1   Gli eventi degli ultimi anni e l'attuale crisi economica hanno generato nuovi rischi di un aumento delle disuguaglianze sociali. La stessa UE, con alcune sue decisioni, ha accentuato il rischio di disuguaglianze sociali e di distorsioni della concorrenza. Gli sviluppi economici, sociali e giudiziari rischiano di portare a una situazione capace di compromettere la dimensione sociale del mercato interno e di minare i diritti fondamentali e i diritti sociali di base prospettati dal CESE nel suo parere del 1987. La dimensione sociale del mercato interno dovrebbe quindi essere un elemento centrale delle politiche che saranno adottate nei prossimi anni, ma per migliorare gli aspetti economici - occupazione, prestazioni sociali, gettito fiscale - l'UE dovrà rimediare alla palese incapacità del mercato interno di promuovere la crescita attraverso posti di lavoro di qualità da un lato e imprese e altri datori di lavoro di qualità dall'altro.

    4.2   Uno degli aspetti più importanti della dimensione sociale è l'occupazione. Viste le pressioni cui sono sottoposte le finanze pubbliche, il settore pubblico non è in grado di creare un numero infinito di posti di lavoro. Il peso di questo compito grava quindi principalmente sul settore privato. Gli Stati membri devono creare le condizioni per l'avvio di un circolo virtuoso riorientato all'economia reale, grazie al quale i clienti creano posti di lavoro, le imprese creano i clienti e gli investitori e gli imprenditori creano le imprese. È inoltre importante vedere negli investimenti sociali un elemento favorevole alle imprese e all'instaurarsi di un clima propizio all'imprenditoria. In questo quadro l'economia sociale offre un contributo prezioso.

    4.3   In un suo parere del 2006 (29), il CESE ha dato il suo contributo al dibattito sulle sfide che il modello sociale europeo dovrà affrontare e su quale debba essere la sua natura. Secondo il CESE, la forza del modello sociale europeo sta nelle modalità d'interazione di fattori quali la competitività, la solidarietà e la fiducia reciproca.

    4.4   Una possibile soluzione del conflitto tra il mercato interno e i diritti sociali sarebbe il ritorno a una politica all'insegna del motto «più Stati nazionali, meno Europa». A giudizio del CESE, tuttavia, ciò di cui abbiamo bisogno è esattamente il contrario: ci serve più Europa, ma un'Europa diversa. Ciò comporta tuttavia l'esistenza di un nuovo sistema normativo per la politica economica e sociale europea. Solo un'Europa pienamente democratica e sociale può evitare il pericolo di un crescente senso di alienazione dei suoi cittadini nei confronti della costruzione europea. L'UE deve tuttavia rispettare anche i diversi sistemi sociali esistenti negli Stati membri. Se la giurisprudenza e la legislazione comunitarie non tengono conto della diversità in seno all'UE, gli standard minimi rischiano di diventare troppo bassi per poter evitare il dumping sociale in molti paesi.

    4.5   Un elemento molto importante della dimensione sociale europea è l'introduzione di una politica fiscale armonizzata e più equa al livello dell'UE. Per evitare che il fenomeno della concorrenza fiscale dannosa si perpetui, il CESE appoggia gli sforzi volti a introdurre una base imponibile consolidata comune per le persone giuridiche (Common consolidated corporate tax base - CCCTB), necessaria, nel lungo periodo, per garantire il buon funzionamento del mercato interno (30). Il CESE ha chiesto inoltre un più ampio coordinamento a livello UE delle politiche fiscali degli Stati membri, anzitutto in quegli ambiti in cui la base imponibile è mobile ed è più grave il rischio di evasione fiscale e di concorrenza fiscale tra gli Stati membri (31). È necessario contrastare l'evasione e le frodi fiscali, nonché i paradisi fiscali.

    4.6   È inoltre opportuno ricordare che, rimuovendo parzialmente la possibilità di regolare le condizioni del mercato del lavoro attraverso la contrattazione collettiva, si riduce la flessibilità dei mercati del lavoro. I contratti collettivi e il dialogo sociale rappresentano strumenti essenziali per il concetto di flessicurezza (32).

    5.   Come garantire un migliore funzionamento della dimensione sociale

    5.1   A breve termine, il CESE chiede una migliore attuazione della direttiva sul distacco dei lavoratori. Controlli efficaci sulla corretta applicazione delle disposizioni in materia sono una condizione essenziale per il conseguimento dello scopo della direttiva, che è di evitare il dumping sociale. Per assicurare un effettivo controllo delle condizioni retributive e di lavoro dei lavoratori distaccati, è necessaria un'efficace cooperazione transnazionale fra le autorità. Il CESE è favorevole alla creazione di un'«Interpol sociale europea» con il compito di coordinare le attività degli ispettorati competenti dei diversi Stati membri.

    5.2   Nella sua giurisprudenza in materia di diritti fondamentali, la Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU) sostiene che la Convenzione è uno strumento vivente, (…) che gli standard progressivamente più elevati richiesti nel campo della protezione dei diritti umani necessitano inevitabilmente di una maggiore fermezza nel valutare le violazioni dei valori fondamentali delle società democratiche e che le limitazioni dei diritti devono essere interpretate in maniera restrittiva (33). Il CESE incoraggia la Commissione a valutare la situazione esistente nell'UE alla luce delle recenti sentenze della CEDU.

    5.3   Il coinvolgimento e la partecipazione dei lavoratori (nonché delle loro rappresentanze e dei loro sindacati) nell'organizzazione delle trasformazioni contribuiscono sensibilmente alla compatibilità sociale del processo al livello delle imprese (34). In molte occasioni il CESE ha sottolineato l'importanza del dialogo sociale e del rafforzamento dei sistemi di relazioni industriali ai livelli sia europeo che nazionale, sempre nel rispetto della diversità tra i sistemi dei singoli Stati membri (35). Il CESE è disposto ad appoggiare qualsiasi eventuale misura della Commissione intesa a rafforzare il dialogo sociale, e in particolare:

    la promozione di un dialogo sociale di migliore qualità e di un meccanismo europeo per la soluzione delle controversie e la conciliazione,

    l'ulteriore sviluppo del dialogo macroeconomico per prevenire una nuova crisi finanziaria.

    5.4   A medio termine, il CESE sostiene un'iniziativa della Commissione volta a chiarire gli obblighi giuridici delle autorità nazionali, delle imprese e dei lavoratori nell'attuazione della direttiva sul distacco dei lavoratori, e a garantire che tali regole siano applicabili in modo universale. A questo proposito il Comitato si rallegra dell'impegno assunto dal Presidente Barroso dinanzi al Parlamento europeo. Il CESE considera interessante la proposta contenuta nella relazione Monti per cui il diritto di sciopero è escluso dall'impatto delle norme sul mercato unico, e ritiene che essa potrebbe risolvere alcuni dei problemi. Ciò comunque non dovrebbe escludere una revisione parziale della direttiva sul distacco dei lavoratori, al fine di applicare in modo uniforme il principio del luogo di lavoro, rendendo così possibile stabilire per legge che lo stesso lavoro prestato nello stesso luogo deve sempre beneficiare delle medesime condizioni e del medesimo compenso.

    5.5   A lungo termine, l'Unione europea dovrebbe adoperarsi per rafforzare i diritti sociali fondamentali.

    Il CESE ha più volte auspicato l'adozione di politiche sociali europee più forti, in particolare alla luce dell'attuale crisi economica. L'UE deve impegnarsi per una politica volta a conseguire la piena occupazione, a ridurre le disuguaglianze di reddito, a migliorare le condizioni sociali, a rafforzare lo stato previdenziale, ad abolire condizioni di lavoro prive di protezione sociale e a estendere i diritti dei lavoratori e la democrazia industriale. Il Trattato di Lisbona e la Carta dei diritti fondamentali cui esso fa riferimento non hanno ancora fatto sentire pienamente i loro effetti sull'equilibrio tra diritti fondamentali e diritti economici. Resta da vedere come si evolverà questo aspetto.

    Tuttavia il rafforzamento dei diritti fondamentali, ivi compresi i diritti sociali, richiede che qualsiasi restrizione sia limitata. Il punto di partenza deve essere consistere nel guardare innanzi tutto ai diritti fondamentali e non alle libertà economiche, conformemente alla giurisprudenza della CEDU. Occorre perseguire una modifica della legislazione europea direttamente applicabile (diritto primario) intesa a rafforzare la dimensione sociale.

    Bruxelles, 14 luglio 2010

    Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

    Mario SEPI


    (1)  La Confederazione europea dei sindacati rappresenta 80 milioni di lavoratori.

    (2)  Cfr. il parere del CES del 19 novembre 1987 sul tema Gli aspetti sociali del mercato interno, relatore: BERETTA (GU C 356 del 31.12.1987, pagg. 31-33).

    (3)  Per esempio, Social Dimension of the Internal Market (La dimensione sociale del mercato interno), documento di lavoro della Commissione, SEC(88) 1148 definitivo, del 14 settembre 1988 (solo in lingua inglese), e la Comunicazione della Commissione sul programma d'azione per quanto riguarda l'attuazione della Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, COM(89) 568 definitivo del 29 novembre 1989.

    (4)  Social Dimension of the Internal Market (La dimensione sociale del mercato interno), documento di lavoro della Commissione, SEC(88) 1148 definitivo del 14 settembre 1988 (solo in lingua inglese).

    (5)  Cfr. i pareri del CESE sui seguenti temi:

     

    Coesione sociale: dare un contenuto al modello sociale europeo, del 6 luglio 2006, relatore: EHNMARK (GU C 309 del 16.12.2006, pagg. 119-125),

     

    Un nuovo programma europeo di azione sociale, del 9 luglio 2008, relatore: OLSSON (GU C 27 del 3.2.2009, pagg. 99-107) e

     

    La strategia di Lisbona dopo il 2010, del 4 novembre 2009, relatore generale: GREIF (GU C 128 del 18.5.2010, pagg. 3-9).

    (6)  Parere del CESE sul tema Governance efficace della strategia di Lisbona rinnovata, del 4 dicembre 2008, relatrice generale: FLORIO (GU C 175 del 28.7.2009, pagg. 13-19).

    (7)  European Commission Economic Forecast, Spring 2009.

    (8)  Cfr. il parere del CESE sul tema Un piano europeo di ripresa economica, relatore: DELAPINA (GU C 182 del 4.8.2009, pagg. 71-74).

    (9)  Ibidem.

    (10)  Cfr. il parere del CESE sul tema L'impatto delle barriere normative tra Stati membri sulla competitività dell'UE, del 14 maggio 2009, relatore: VAN IERSEL (GU C 277 del 17.11.2009, pagg. 6-14).

    (11)  Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Un mercato unico per l'Europa del XXI secolo (COM(2007) 724 definitivo).

    (12)  Relazione integrata sull'attuazione e il futuro della strategia di Lisbona dopo il 2010.

    (13)  Cfr. il parere del CESE sul tema La dimensione sociale e ambientale del mercato interno, del 14 gennaio 2009, relatore: ADAMCZYK (GU C 182 del 4.8.2009, pagg. 1-7).

    (14)  Cfr. il parere del CESE sul tema L'impatto delle barriere normative tra Stati membri sulla competitività dell'UE, del 14 maggio 2009, relatore: VAN IERSEL (GU C 277 del 17.11.2009, pagg. 6-14).

    (15)  Cfr. il parere del CESE sul tema Individuazione degli ostacoli residui alla mobilità sul mercato interno del lavoro, del 25 marzo 2009, relatrice: DRBALOVÁ (GU C 228 del 22.9.2009, pagg. 14-23).

    (16)  European Commission Economic Forecast, Spring 2009.

    (17)  Plant-level responses to the economic crisis in Europe (Risposte a livello di stabilimento alla crisi economica in Europa), di Vera Glassner e Béla Galgóczi, documento di lavoro dell'ETUI (European Trade Unions Institute) 2009.01.

    (18)  Questa tendenza è evidente in tutta l'area OCSE.

    (19)  The Social Situation in the European Union 2008.

    (20)  IRES 115.

    (21)  Viking C-438/05, Laval C-341/05, Rüffert C-346/06, COM v LUX C-319/06.

    (22)  Risoluzione del Parlamento europeo del 22 ottobre 2008 sulle sfide per gli accordi collettivi nell'Unione europea (2008/2085(INI)).

    (23)  http://www.etui.org/en/Headline-issues/Viking-Laval-Rueffert-Luxembourg/2-Articles-in-academic-literature-on-the-judgements.

    (24)  Relazione in merito al lavoro comune delle parti sociali europee sulle sentenze della CGCE relative alle cause Viking, Laval, Rüffert e Lussemburgo (disponibile in francese e inglese sul sito della CES: http://www.etuc.org/a/7113).

    (25)  Viking C-438/05 (75).

    (26)  Demir e Baykara c. Turchia (ricorso n. 34503/97).

    (27)  Nella causa Rüffert, la Corte ha stabilito che il vantaggio competitivo rappresentato dai salari più bassi fa parte della libertà di prestare servizi ed è quindi tutelato.

    (28)  La sentenza Rüffert non tiene conto della convenzione OIL n. 94, per cui l'interpretazione crea un conflitto tra diversi sistemi giuridici.

    (29)  Cfr. il parere del CESE sul tema Coesione sociale: dare un contenuto al modello sociale europeo, del 6 luglio 2006, relatore: EHNMARK (GU C 309 del 16.12.2006, pagg. 119-125).

    (30)  Cfr. il parere del CESE sul tema Coordinamento dei sistemi di imposizione diretta degli Stati membri nel mercato interno, del 26 settembre 2007, relatore: NYBERG (GU C 10 del 15.1.2008, pagg. 113-117).

    (31)  Cfr. il parere del CESE sul tema La strategia di Lisbona dopo il 2010, del 4 novembre 2009, relatore generale: GREIF (GU C 128 del 18.5.2010, pagg 3-9).

    (32)  Cfr. il parere del CESE sul tema La flessicurezza (dimensione della flessibilità interna - contrattazione collettiva e ruolo del dialogo sociale come strumento di regolazione e riforma dei mercati del lavoro), dell'11 luglio 2007, relatore: JANSON (GU C 256 del 27.10.2007, pagg. 108-113).

    (33)  Demir e Baykara c. Turchia (ricorso n. 34503/97).

    (34)  Cfr. il parere del CESE sul tema Dialogo sociale e trasformazioni industriali, relatore: ZÖHRER (GU C 24 del 30.1.2006, pagg. 90-94).

    (35)  Cfr. il parere del CESE sul tema La flessicurezza (dimensione della flessibilità interna - contrattazione collettiva e ruolo del dialogo sociale come strumento di regolazione e riforma dei mercati del lavoro), relatore: JANSON (GU C 256 del 27.10.2007, pagg. 108-113).


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