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Document 52010IE0959

    Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Costruire un'economia sostenibile trasformando il nostro modello di consumo» (parere d'iniziativa)

    GU C 44 del 11.2.2011, p. 57–61 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

    11.2.2011   

    IT

    Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

    C 44/57


    Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Costruire un'economia sostenibile trasformando il nostro modello di consumo» (parere d'iniziativa)

    2011/C 44/10

    Relatrice: Anna Maria DARMANIN

    Il Comitato economico e sociale europeo, in data 16 luglio 2009, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere d'iniziativa sul tema:

    Costruire un'economia sostenibile trasformando il nostro modello di consumo.

    La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 15 giugno 2010.

    Alla sua 464a sessione plenaria, dei giorni 14 e 15 luglio 2010 (seduta del 15 luglio), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 98 voti favorevoli, 7 voti contrari e 8 astensioni.

    0.   Premessa

    Sullo sfondo della crisi che tuttora affligge l'Europa, numerosi europei devono in pratica lottare per mantenere il posto di lavoro o assicurarsi un reddito. In un momento in cui le PMI stentano ancor più a sopravvivere, l'idea di modelli di consumo sostenibili può sembrare un lusso. Ciò non toglie che le politiche a favore della sostenibilità dovrebbero contemplare anche criteri per tener conto delle specificità dell'attuale situazione in Europa. Il presente parere affronta un aspetto parziale della sostenibilità: quello dei consumi. In proposito il Comitato economico e sociale europeo (CESE) parte dall'idea che un modo per affrontare il problema dei consumi sostenibili per il lungo periodo consista nel rafforzare il senso civico fra i cittadini europei. Anziché limitarsi a conferire i diritti che i consumatori hanno ottenuto con il Trattato di Lisbona, questo significa insistere sul valore e sulle implicazioni della cittadinanza, in modo che i cittadini siano consapevoli di avere non solo diritti, ma anche il dovere morale di seguire un comportamento sostenibile.

    1.   Conclusioni e raccomandazioni

    1.1   In un'economia sostenibile il modo di produzione e quello di consumo favorirebbero la continua prosperità dei singoli, delle comunità e del mondo naturale. La maggior parte degli attori sociali dovrebbe essere guidata da un insieme di valori comuni. Come già in precedenti pareri, il CESE sottolinea che gli indicatori ambientali e sociali dovrebbero essere utilizzati assieme al PIL per valutare il successo della politica di governo.

    1.2   L'attuale sistema europeo di produzione e consumo è considerato insostenibile dal punto di vista ambientale, soprattutto per la sua dipendenza da energia, materiali, suolo e acqua e per le sue ricadute sul clima e sulla biodiversità a livello globale. Se ogni persona al mondo vivesse con uno stile di vita europeo, avremmo bisogno di più di 2 pianeti e mezzo grandi come la Terra.

    1.3   Il Consiglio dell'UE ha convenuto che entro il 2050 i paesi industrializzati dovrebbero ridurre le emissioni di gas a effetto serra dell'80-95 %. Pertanto il CESE raccomanda che la strategia Europa 2020 prenda in considerazione delle misure per assicurare una produzione e un consumo entrambi sostenibili: si tratta infatti di due elementi strettamente collegati che vanno affrontati se vogliamo ridurre al minimo l'impatto sul nostro pianeta.

    1.4   Per raggiungere l'obiettivo di un taglio delle emissioni dell'80-95 % in 40 anni e, al tempo stesso, sostenere una crescita economica del 2-3 %, occorrerà ridurre l'intensità di carbonio dell'economia del 6-10 % l'anno. Questo ritmo di cambiamento tecnologico costante e generalizzato all'intera economia è senza precedenti. Sarebbe quindi assennato iniziare un dialogo serio sulla possibilità di modificare le dinamiche di consumo e il modello economico e sociale generale, il quale è basato sull'espansione della produzione e dei consumi e sulla ricerca di miglioramenti il più possibile rapidi nella catena di produzione e in quella dell'approvvigionamento.

    1.5   È improbabile che, da soli, gli sforzi per un cambiamento imposto dall'alto possano bastare per dare risultati convincenti. Il cambiamento sociale spesso inizia all'interno di piccoli gruppi della società e si diffonde attraverso una molteplicità di canali di comunicazione. Il ruolo dell'UE, dei governi nazionali e di quelli regionali potrebbe essere quello di individuare, incoraggiare e sostenere i gruppi esistenti che si adoperano per un modo di vita sostenibile.

    1.6   È necessario un dialogo che coinvolga le istituzioni dell'UE, i governi nazionali e quelli regionali, nonché tutte le parti sociali. Una via che la Commissione potrebbe seguire consisterebbe nel collaborare con il CESE per creare un forum sul consumo sostenibile che studi i seguenti aspetti:

    i possibili valori su cui basarsi per concepire un modello di economia sostenibile, il difficile equilibrio da realizzare fra la crescita e la sostenibilità ambientale, l'inclusione sociale e la libertà personale, la qualità della vita dell'attuale popolazione e quella delle generazioni future, ecc.,

    l'eventuale necessità di consumare meno in certi ambiti,

    i fattori che dissuadono i cittadini dallo scegliere dinamiche di consumo più sostenibili e i modi in cui l'UE, i governi nazionali e quelli locali possono essere d'aiuto,

    le esperienze dei singoli e dei gruppi che hanno adottato stili di vita a basso impatto e la possibilità di riprodurle,

    le misure necessarie per favorire un consumo più sostenibile in gruppi particolari come - ad esempio - gli anziani, i giovani, i disoccupati, le persone recentemente immigrate e le famiglie con bambini piccoli.

    1.7   Il dialogo deve andare di pari passo con l'azione, la quale deve comprendere sia il sostegno alla sperimentazione condotta da gruppi che si adoperano per un modo di vita sostenibile e alla comunicazione delle loro esperienze, sia l'adeguamento e il rafforzamento delle politiche - ove opportuno -, nonché iniziative concrete in seno alle istituzioni dell'UE affinché queste assumano un ruolo guida e dimostrino le potenzialità di pratiche più sostenibili. Inoltre, le prassi migliori dovrebbero essere pubblicizzate per dimostrare la possibilità di cambiamenti nei modelli di consumo.

    1.8   Il consumo sostenibile non può essere considerato soltanto come un dettame della politica ambientale. Esso richiederà interventi in molti settori strategici come la sanità, l'istruzione, l'occupazione, il commercio, le tematiche legate ai consumatori, i trasporti, l'agricoltura e l'energia.

    2.   Necessità di un modello economico e sociale diverso

    2.1   Per mezzo secolo si è discusso su quale sia la natura di un'economia sostenibile (1). In un'economia di questo tipo, il modo di produzione e quello di consumo favorirebbero la continua prosperità dei singoli, delle comunità e del mondo naturale.

    2.2   Affinché un modello economico sia in grado di autosostenersi, la maggior parte degli attori sociali deve essere guidata da un insieme di valori comuni, come avviene attualmente negli Stati membri dell'UE. Al presente i governi dichiarano di gestire la loro politica basandosi su una serie di valori economici incentrati sul PIL e su altri indicatori. I limiti del PIL quale misura della prosperità umana, sociale e ambientale sono stati ampiamente riconosciuti. Per misurare il progresso verso un'economia sostenibile, il CESE ha proposto di utilizzare, oltre al PIL, anche l'impronta ecologica insieme a un indicatore della qualità di vita (2). L'impronta ecologica calcola l'area di terreno produttivo che è necessaria per sostenere lo stile di vita di una persona, di un gruppo di persone, di un'istituzione o di una regione. Un indicatore della qualità della vita dovrebbe tener conto della salute, del benessere materiale, dell'accesso a servizi pubblici, della partecipazione sociale e dell'integrazione degli immigrati, del tempo libero, nonché della qualità dell'ambiente.

    2.3   L'utilizzo di una gamma di indicatori più ampia per valutare il successo di una politica di governo potrebbe indurre a definire politiche che siano meno incentrate sullo stimolo alla crescita del PIL e puntino invece maggiormente su altre dimensioni del benessere umano, sociale e ambientale.

    3.   La sfida ambientale

    3.1   Nella relazione sul tema L'ambiente in Europa - Stato e prospettive nel 2010, di prossima pubblicazione, l'Agenzia europea dell'ambiente (AEA) pone l'accento su due principali gruppi di problematiche: da un lato clima ed energia e, dall'altro, biodiversità ed ecosistemi (3). La sfida principale alla sostenibilità della società europea è costituita dal degrado degli ecosistemi su cui essa poggia e delle risorse cui essa attinge, fra cui l'energia, il suolo e l'acqua. Nel 2003 l'impronta ecologica dell'UE era stimata a quasi 5 ettari per persona, e in aumento, mentre la disponibilità globale di terreni era di solo 1,8 ettari per persona, e in diminuzione (4). Di conseguenza, se ogni persona al mondo vivesse con uno stile di vita europeo, avremmo bisogno di più di 2 pianeti e mezzo come la Terra.

    3.2   I cambiamenti climatici assumono un'importanza particolare perché, oltre a produrre conseguenze dirette per la vita umana, verosimilmente acuiranno l'impatto della società sulla biodiversità, l'acqua dolce e altri sistemi. Il fattore che maggiormente contribuisce all'impronta ecologica dell'Europa è rappresentato dall'utilizzo di combustibili fossili e dalla produzione di gas a effetto serra. Altri elementi di rilievo comprendono l'impiego dei terreni per l'agricoltura, i trasporti e l'edilizia. L'impronta ecologica non tiene conto in modo adeguato di altri aspetti dell'economia europea che hanno un impatto significativo, compreso l'utilizzo delle risorse idriche (perlopiù per l'agricoltura) e la scarsità delle risorse estrattive.

    3.3   Il Consiglio dell'UE ha convenuto che entro il 2050 i paesi industrializzati dovrebbero ridurre le emissioni di gas a effetto serra dell'80-95 %, ossia tagli del 4,7 % l'anno. L'UE si è impegnata a diminuire le sue emissioni del 20 % entro il 2020 rispetto ai livelli del 1990, oppure del 30 % se altri paesi sottoscriveranno un impegno analogo. Il CESE ha tuttavia proposto di non prevedere condizioni per il raggiungimento dell'obiettivo del 30 % (5).

    3.4   L'UE cerca di realizzare una riduzione dei gas a effetto serra principalmente attraverso metodi tecnologici sostenendo al tempo stesso la crescita economica. Pur essendo disponibile la tecnologia che consentirebbe di raggiungere questi obiettivi entro il 2020, i progressi nell'attuazione di questi metodi sono stati lenti. Nel 1997 l'UE-15 si era impegnata a ridurre le emissioni dell'8 % entro il 2008-2012 rispetto ai livelli del 1990, ma nel 2006 le emissioni erano diminuite solo del 2,2 %. In quello stesso periodo le emissioni dell'UE-27 sono calate del 7,7 %, ma dal 2000 sono aumentate dell'1,5 % (6). Dal 1990 l'efficienza energetica dell'UE è migliorata di appena lo 0,5 % l'anno (7).

    3.5   Raggiungere l'obiettivo di una riduzione delle emissioni dell'80-95 % in 40 anni e, al tempo stesso, sostenere una crescita economica del 2-3 % significa ridurre l'intensità di carbonio dell'economia del 6-10 % l'anno. Questo ritmo di cambiamento tecnologico è senza precedenti in una prospettiva sostenuta e allargata all'intera economia. Sarebbe quindi il caso di iniziare un dialogo serio sulla possibilità di cambiamento delle dinamiche di consumo e del modello economico e sociale generale, il quale è basato sull'espansione della produzione e del consumo e sulla ricerca di miglioramenti il più possibile rapidi nella catena di produzione e in quella dell'approvvigionamento.

    4.   Consumo sostenibile: rendere possibile una scelta

    4.1   Alla Conferenza delle Nazioni Unite per l'ambiente e lo sviluppo (il cosiddetto «Vertice sulla Terra», svoltosi a Rio de Janeiro nel 1992) i governi europei si sono impegnati a eliminare i modelli di consumo e di produzione non sostenibili. Nel Processo di Marrakech essi si sono inoltre impegnati a sviluppare, entro il 2010, dei piani d'azione per produzione e consumo sostenibili che dovranno essere esaminati dalla Commissione delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile nel 2011.

    4.2   Esiste un corpus crescente di ricerche sul consumo sostenibile e sui mezzi per raggiungere questo obiettivo (8). I consumatori si sentono perlopiù imprigionati negli attuali stili di vita: ad esempio, anche se desiderano utilizzare di meno l'automobile, non riescono a immaginare come riuscirci. Il modello di consumo è influenzato e orientato da svariati fattori, tra cui le necessità fisiologiche e la personalità, il contesto sociale, i fattori culturali, la disponibilità di merci e servizi alternativi, nonché i prezzi a cui questi sono venduti. Nella società dei consumatori le scelte di consumo rivestono una funzione cruciale nel soddisfare le necessità sociali e psicologiche, ad esempio l'appartenenza a un gruppo, l'autostima e la definizione della propria identità personale. Tutto ciò rende difficile per i singoli prendere in considerazione qualsiasi cambiamento e per i governi varare politiche tese a modificare i modelli di consumo. Quando queste politiche sono state attuate, i risultati sono stati perlopiù deludenti perché modesti oppure tardivi, e ciò ha reso difficile sostenere tali politiche contro la resistenza di interessi consolidati.

    4.3   D'altro canto, le motivazioni, le dinamiche di consumo e le probabili reazioni a politiche specifiche si differenziano notevolmente a seconda delle persone. Per ogni individuo possono variare in rapporto alla situazione. Di conseguenza, non esiste una soluzione politica semplice per il consumo sostenibile. Vi concorre invece un ampio ventaglio di politiche in settori che vanno dall'agricoltura all'occupazione, dall'istruzione alla salute. Potrebbero essere necessarie strategie particolari per favorire scelte più sostenibili da parte di gruppi specifici, come gli anziani e i giovani.

    4.4   In tempi di emergenza nazionale e di guerra tutta la popolazione si è mobilitata per autolimitare i propri consumi, ma la crisi ambientale non è generalmente considerata un'emergenza di questa portata. Malgrado ciò, recentemente un numero crescente di persone ha scelto stili di vita più semplici per ridurre il proprio impatto ambientale. Alcune delle iniziative che hanno avuto più successo nel modificare i consumi si sono basate su gruppi di comunità. Si pensi, ad esempio, all'approccio EcoTeam applicato in vari paesi dall'organizzazione Global Action Plan, in base al quale piccoli gruppi di persone si riuniscono nel quartiere, sul lavoro o a scuola per monitorare l'utilizzo che essi fanno dei rifiuti, dell'energia e dell'acqua e per individuare le azioni che possono intraprendere per vivere in modo più ecologicamente sostenibile.

    4.5   È improbabile che le spinte al cambiamento imposte dall'alto possano funzionare, soprattutto quando coloro che cercano di influenzare il pubblico sono politici con stili di vita ad alto consumo di risorse. Il consumo sostenibile non rappresenta una priorità di rilievo per la maggior parte delle persone. Ad ogni modo, il cambiamento sociale spesso inizia all'interno di piccoli gruppi della società e si diffonde attraverso una molteplicità di canali di comunicazione, tra cui i mezzi d'informazione tradizionali, le arti, le reti informali di socializzazione e le organizzazioni confessionali. I responsabili politici dovrebbero avere il compito di individuare e incoraggiare i gruppi esistenti che si adoperano per un modo di vita sostenibile, piuttosto che imporre ai cittadini il proprio punto di vista su ciò che è necessario.

    4.6   La scelta di uno stile di vita sostenibile non dovrebbe essere percepita e concepita come un lusso che si possono permettere solo quanti hanno i mezzi finanziari per fare questa scelta. Il CESE ha sottolineato che la produzione sostenibile non dovrebbe essere realizzata a un prezzo più alto (9), bensì essere accessibile a tutti. È essenziale evitare che i consumi «a impatto ridotto» risultino più costosi per i singoli: una situazione del genere, infatti, offrirebbe possibilità di scelta solo a una parte della popolazione, emarginando i poveri e quanti percepiscono un salario modesto.

    4.7   Il CESE sottolinea che, per rendere possibile la scelta di modelli di consumo con un impatto minore, occorre intervenire in altri settori cruciali per il benessere, alcuni dei quali sono giudicati più essenziali, vale a dire: opportunità di impiego, retribuzioni congrue per il lavoro svolto, lavori dignitosi e accesso al credito per le PMI.

    5.   Questioni politiche da affrontare

    5.1   Le istituzioni dell'UE hanno da decenni un ruolo guida nel definire progetti politici e nel dare impulso a cambiamenti radicali in vista della costruzione di un'Europa unita. Esse hanno perlopiù operato secondo un modello pluralistico che consiste nel facilitare il raggiungimento di un accordo tra i governi piuttosto che nell'orientare il cambiamento verso particolari direzioni. In alcuni casi l'UE ha preso la guida, ad esempio per le norme sanitarie e ambientali. Sono esperienze che possono essere preziose nel costruire un'economia sostenibile. L'azione di guida e l'esempio possono avere un'importanza pari alla competenza tecnica e alla capacità amministrativa.

    5.2   Il CESE ha accolto favorevolmente il piano d'azione presentato dalla Commissione per una produzione e un consumo sostenibili (10). Molte delle altre attuali politiche dell'UE sono legate al consumo sostenibile, tra cui il sistema di scambio delle quote di emissione (ETS), la direttiva sull'etichettatura del risparmio di carburante delle autovetture, il regolamento in materia di emissioni di CO2 dei veicoli commerciali leggeri, la direttiva sui biocarburanti, la direttiva sul rendimento energetico nell'edilizia, la direttiva sull'efficienza degli usi finali dell'energia e i servizi energetici, nonché le disposizioni in materia ambientale previste dalla politica agricola comune. Tuttavia, le politiche dell'UE sono anzitutto incentrate sugli strumenti di mercato e sugli standard tecnologici e dei prodotti: solo il sistema ETS affronta la questione dei livelli assoluti delle emissioni di gas a effetto serra. Altri obiettivi strategici, come quello di accrescere la mobilità, sono difficili da conciliare. Ben poco è stato previsto per affrontare direttamente il problema dei consumi e dello stile di vita, e le politiche sono chiaramente inadeguate per raggiungere gli obiettivi di riduzione dei gas a effetto serra e l'autonomia rispetto a risorse estrattive non sostenibili.

    5.3   È necessario un dialogo che coinvolga le istituzioni dell'UE, i governi nazionali e quelli regionali, nonché tutte le parti sociali. Ad esempio, la Commissione potrebbe lavorare con il CESE e altri soggetti per creare un forum sul consumo sostenibile che studi i seguenti aspetti:

    i valori su cui basarsi per concepire un modello di economia sostenibile, il difficile equilibrio da realizzare fra, ad esempio, la crescita e la sostenibilità ambientale, l'inclusione sociale e la libertà personale, la qualità della vita dell'attuale popolazione e quella delle future generazioni, ecc.,

    l'eventuale necessità di consumare meno in certi settori. La maggior parte delle emissioni di gas a effetto serra può essere imputabile al consumo di cibo e di energia e ai trasporti. La sostenibilità e altri obiettivi possono essere difficili da conciliare, ma offrono anche potenziali sinergie (ad esempio, l'utilizzo della bicicletta può avere un effetto positivo sia per la salute che per l'ambiente),

    cosa frena i cittadini dallo scegliere modelli di consumo più sostenibili e in quale modo l'UE, i governi nazionali e quelli locali possono essere d'aiuto. Si potrebbe ad esempio garantire la piena attuazione delle politiche esistenti (come la direttiva sul rendimento energetico nell'edilizia) e rafforzare le misure rientranti nel piano d'azione per una produzione e un consumo sostenibili, in modo da permettere ai consumatori di scegliere alimenti prodotti in modo più sostenibile,

    le esperienze dei singoli e dei gruppi che hanno adottato stili di vita a basso impatto ambientale e la possibilità di riprodurre queste esperienze. Si potrebbe prevedere il coinvolgimento di organizzazioni come Global action plan - i cui «EcoTeam» riescono normalmente a ridurre i rifiuti non riciclabili del 40-50 % -, di reti come Transition Towns - che si adopera per creare comunità locali in grado di resistere ai cambiamenti climatici e alla diminuzione delle risorse -, e di gruppi confessionali come i quaccheri - che da lungo tempo sostengono valori che spingono a un modo di vita a basso impatto -. Talune persone in alcuni di questi gruppi e reti hanno sviluppato stili di vita appaganti utilizzando il 60-80 % in meno delle risorse materiali ed energetiche rispetto alla media dell'UE,

    le misure necessarie in un periodo di transizione verso consumi più sostenibili per favorire l'adeguamento da parte di gruppi particolari come - ad esempio - gli anziani, i giovani, i disoccupati, le persone recentemente immigrate e le famiglie con bambini piccoli,

    in quale modo conciliare il passaggio verso modelli di produzione sostenibile e di consumo a impatto ridotto con la competitività del mercato interno.

    5.4   Le politiche intese a modificare i consumi dovrebbero contemplare azioni sia per l'immediato che per il lungo periodo. L'esperienza può insegnare molto, ad esempio nel caso del consumo di tabacco, dove interventi combinati a livello di prezzi, regolamentazione, etichettatura, educazione ed informazione hanno prodotto modifiche nelle propensioni e nei comportamenti.

    5.4.1   Gli incentivi che fanno leva sui prezzi costituiscono una parte importante delle politiche, ma è difficile conciliare l'obiettivo della Commissione di ridurre i prezzi dell'energia (11) con la necessità di ridurre i consumi. Eventuali misure come una tassa sul CO2 o un sistema di scambio delle quote di emissione andranno integrate con altri provvedimenti: ad esempio, in assenza di forti incentivi per l'isolamento termico delle case e le fonti energetiche alternative, prezzi elevati per i carburanti o il carbonio possono favorire la penuria di carburanti.

    5.4.2   Il CESE ha ripetutamente sottolineato l'importanza dei programmi educativi per indurre a comportamenti realmente sostenibili. Il CESE ribadisce che questi programmi di apprendimento dovrebbero essere rivolti non solo alle scuole e ai giovani (un pubblico che è comunque importante), ma a persone di tutte le età attraverso l'istruzione professionale, l'apprendimento permanente e i programmi per gli anziani. È indispensabile evitare che le prassi sostenibili aggravino l'emarginazione di taluni gruppi della società, come i disoccupati.

    5.5   Il dialogo deve essere collegato all'azione, la quale deve comprendere il sostegno sia alla sperimentazione condotta da gruppi che si adoperano per un modo di vita sostenibile, sia alla comunicazione delle loro esperienze. Perché possa avere una qualche utilità, tale dialogo deve essere affrontato con impegno dalle istituzioni dell'UE e portare - ove opportuno - a un adeguamento e a un rafforzamento delle politiche e a iniziative concrete in seno a tali istituzioni, affinché queste assumano un ruolo guida e dimostrino le potenzialità di pratiche più sostenibili.

    5.6   Il consumo sostenibile non può essere considerato solo come un dettame della politica ambientale: esso richiederà iniziative in molti settori strategici, come la sanità, l'istruzione, l'occupazione, il commercio, la concorrenza, le tematiche legate ai consumatori, i trasporti, l'agricoltura e l'energia.

    5.7   Il CESE esorta la Commissione a contemplare seriamente un'azione per il consumo sostenibile nel quadro del suo programma di lavoro per il 2010 («È tempo di agire») (12) e, di conseguenza, nel quadro della strategia Europa 2020.

    Bruxelles, 15 luglio 2010

    Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

    Mario SEPI


    (1)  Boulding, K. The economics of the coming spaceship earth («L'economia della futura astronave Terra») in Environmental Quality in a Growing Society («La qualità ambientale in una società in crescita»), Baltimora, Johns Hopkins University Press, 1966, pag. 253 e seguenti.

    (2)  GU C 100 del 30.4.2009, pag. 53.

    (3)  Agenzia europea dell'ambiente, Segnali 2010

    (4)  Global Footprint Network e WWK: Europe 2007: Gross Domestic Product and Ecological Footprint («Europa 2007 - Prodotto interno lordo e impronta ecologica»).

    (5)  GU C 77 del 31.3.2009, pag. 73.

    (6)  Agenzia europea dell'ambiente (AEA): Rassegna annuale sui gas a effetto serra prodotti nella Comunità europea nel periodo 1990-2006 e relazione sulle emissioni nel 2008, presentate al Segretariato dell'Unfccc (Copenaghen, AEA, 2008).

    (7)  Tipping, P. et al.: Valutazione d'impatto sul futuro piano d'azione per l'efficienza energetica, realizzata da ECN (NL) e WS Atkins (UK) per la DG TREN; assegnatario: Ecorys, NL (2006).

    (8)  Jackson, T.: Motivating Sustainable Consumption: A Review of Evidence on Consumer Behaviour and Behavioural Change («Motivare il consumo sostenibile: una rassegna degli elementi di prova relativi al comportamento dei consumatori e alla modifica del comportamento»), rapporto del Sustainable Development Research Network, 2005 (consultabile all'indirizzo web http://www.sd-research.org.uk/).

    (9)  GU C 224 del 30.8.2008, pag. 1.

    (10)  GU C 218 dell'11.9.2009, pag. 46.

    (11)  Monti M., Una nuova strategia per il mercato unico al servizio dell'economia e della società europea - Rapporto al Presidente della Commissione europea, 9 maggio 2010.

    (12)  COM(2010) 135 definitivo, vol. I.


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