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Document 52009AE0636

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato delle regioni e al Comitato economico e sociale europeo — Libro verde sulla coesione territoriale — Fare della diversità territoriale un punto di forza

GU C 228 del 22.9.2009, p. 123–129 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

22.9.2009   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 228/123


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato delle regioni e al Comitato economico e sociale europeo — Libro verde sulla coesione territoriale — Fare della diversità territoriale un punto di forza

COM(2008) 616 def.

2009/C 228/24

La Commissione europea, in data 6 ottobre 2008, ha deciso, conformemente al disposto dell’articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

«Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato delle regioni e al Comitato economico e sociale europeo — Libro verde sulla coesione territoriale — Fare della diversità territoriale un punto di forza»

La sezione specializzata Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 5 marzo 2009, sulla base del progetto predisposto dal relatore OLSSON.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 25 marzo 2009, nel corso della 452a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 88 voti favorevoli, nessun voto contrario e 11 astensioni.

1.   Contesto

1.1   Fin dalla sua creazione, l’Unione europea è stata investita del compito di assicurare lo sviluppo armonioso delle economie degli Stati membri, riducendo le disparità fra le differenti regioni (1).

1.2   Tale compito, rimasto nell’ombra nei primi decenni della costruzione europea, ha assunto una notevole importanza con la riforma varata nel 1988 da Jacques Delors in seguito all’adozione dell’Atto unico, che ha espressamente istituito la politica di coesione economica e sociale.

1.3   Il Trattato di Amsterdam, firmato nel 1997, associa la coesione sociale e territoriale ai servizi di interesse economico generale nell’ambito dei valori comuni dell’Unione (2).

1.3.1   Lo stesso Trattato di Amsterdam precisa che «la Comunità mira a ridurre il divario tra i livelli di sviluppo delle varie regioni e il ritardo delle regioni meno favorite o insulari, comprese le zone rurali».

1.4   Se la procedura di ratifica del Trattato di Lisbona andrà a buon fine, l’Unione europea si vedrà assegnare un nuovo obiettivo: promuovere la coesione economica, sociale e territoriale (3).

1.5   Tra le regioni interessate, un’attenzione particolare sarà rivolta «alle zone rurali, alle zone interessate da transizione industriale e alle regioni che presentano gravi e permanenti svantaggi naturali o demografici, quali le regioni più settentrionali con bassissima densità demografica e le regioni insulari, transfrontaliere e di montagna» (4).

1.6   Nel maggio 2007, nella riunione informale del Consiglio dei ministri per lo Sviluppo urbano e la coesione territoriale è stata adottata l’Agenda territoriale, in cui i 27 Stati membri si impegnano a cooperare tra loro, con la Commissione e con le altre istituzioni europee per promuovere uno sviluppo territoriale policentrico dell’UE e un utilizzo migliore delle risorse disponibili nelle regioni (5), e si dotano di un programma di lavoro fino al 2011.

2.   Osservazioni generali

2.1   Il 6 ottobre 2008 la Commissione ha pubblicato il Libro verde sulla coesione territoriale - Fare della diversità territoriale un punto di forza  (6). Questo breve documento esordisce con una presentazione della coesione economica e sociale dal punto di vista territoriale, per poi individuare i punti di forza e le sfide della diversità territoriale europea in relazione alle tre principali risposte politiche: concentrazione, collegamento e cooperazione. Esso prosegue analizzando le regioni con caratteristiche geografiche specifiche, quali le regioni di montagna, insulari e scarsamente popolate, e suggerisce che l’approccio ottimale per conseguire l’obiettivo della coesione territoriale consiste nel coniugare un migliore coordinamento delle politiche settoriali con un ampliamento del partenariato fra i diversi livelli di governo.

2.1.1   La consultazione si conclude con un elenco di 15 domande raggruppate in 6 tematiche. Il CESE analizzerà tali domande secondo il loro ordine di presentazione nel Libro verde, soffermandosi in alcuni casi a discutere la frase introduttiva che nel Libro verde precede sistematicamente ciascuna di esse.

2.1.2   Il Libro verde offre al CESE l’opportunità di precisare le sue riflessioni sulla coesione territoriale facendo leva sullo specifico ruolo attribuitogli dai Trattati, sulla sua composizione e sulla competenza specifica dei suoi membri.

2.1.3   Per arricchire il dibattito, il CESE cercherà di integrare, più che di avvalorare, le riflessioni formulate dagli altri organi comunitari.

2.1.4   Val la pena di notare che la dimensione territoriale dell’azione comunitaria e delle politiche settoriali, nonché l’approccio territoriale della politica di coesione economica e sociale, hanno formato oggetto di diversi pareri del CESE, i quali rappresentano una fonte inestimabile di ispirazione.

2.1.5   Per il CESE, dunque, la coesione territoriale deve costituire un obiettivo comune, che tutti i livelli territoriali sono chiamati a perseguire, nel rispetto della sussidiarietà, ma che può essere effettivamente conseguito solo se tutti questi livelli si assumono le loro responsabilità in maniera coordinata e complementare.

2.2   Il CESE svolge un ruolo essenziale nel favorire una maggiore adesione e partecipazione della società civile organizzata al progetto europeo e, nella fattispecie, nel contribuire all’attuazione delle politiche e delle azioni volte a promuovere la coesione territoriale. Esso sottolinea che, per realizzare tale coesione, la democrazia partecipativa, riconosciuta come una componente dei principi democratici del funzionamento dell’Unione (7), rappresenta una condizione imprescindibile.

2.2.1   Infatti, il tendenziale aumento delle disparità economiche e sociali, fenomeni spesso concomitanti in determinati territori, è un fattore di rischio politico non trascurabile, poiché può aggravare la sfiducia dei cittadini nei confronti dei loro governanti in generale e della costruzione europea in particolare.

2.2.2   Viceversa, la coesione territoriale può consentire di preservare o sviluppare il capitale sociale. Infatti, la ricchezza delle relazioni tra i membri di un gruppo o di una comunità a livello locale - garanzia di dinamismo e di innovazione sul piano sociale, economico, politico e culturale - dipende fortemente da condizioni di vita armoniose e dalle possibilità di scambio con gli altri territori.

2.3   Il CESE accorda una particolare importanza ad un approccio che parta dai cittadini, dai loro bisogni e dalle loro attese. Le condizioni di vita delle persone, segnatamente di quelle più svantaggiate, devono essere al centro delle riflessioni e costituire un obiettivo primario della coesione territoriale. Il progresso sociale sostenuto dallo sviluppo economico è il presupposto fondamentale per ridurre le disparità esistenti tra i cittadini o tra i territori.

2.4   Il CESE ritiene che l’essere umano e la cittadinanza debbano essere al centro delle politiche e delle azioni comunitarie, e insiste sull’attuazione della Carta dei diritti fondamentali quale strumento indispensabile per la coesione territoriale.

2.4.1   Il CESE ritiene che la coesione territoriale debba fondarsi su un nuovo contratto con i cittadini e con la società civile organizzata, che consenta un’interazione tra le procedure partecipative «dal basso» - compreso il dialogo civile - e le iniziative dell’Unione europea.

2.4.2   Il CESE raccomanda pertanto di applicare il principio «pensare anzitutto in piccolo» (Think Small First), in modo da definire le politiche settoriali a partire dalle esigenze dei cittadini e degli attori socioeconomici al più basso livello territoriale.

2.5   Il CESE promuove un modello sociale fondato su valori e obiettivi comuni europei che integrino sviluppo economico e progresso sociale. La politica sociale e quella economica sono interdipendenti: esse si rafforzano a vicenda, trovando perlopiù espressione concreta nel territorio.

2.5.1   Il CESE rammenta che il concetto di coesione territoriale è iscritto nel Trattato sull’Unione europea da oltre dieci anni, associato ai servizi di interesse economico generale. Esso chiede dunque alla Commissione di provvedere quanto prima a stilare un bilancio normativo, giurisprudenziale ed economico dell’attuazione pratica di tale concetto dall’entrata in vigore del Trattato di Amsterdam.

2.5.2   Il CESE richiama l’attenzione sul fatto che il territorio non è soltanto un concetto geografico, ma racchiude in sé anche una dimensione identitaria. È per questo che la coesione territoriale evoca un senso di appartenenza, includendo tutte le componenti della vita individuale e collettiva.

2.5.3   In alcune persone, il territorio suscita un sentimento positivo ed è motivo di orgoglio, ad esempio nel caso di paesi, città o regioni che vantano un passato glorioso o un patrimonio naturale di notevole pregio o godono di grande reputazione per il loro dinamismo culturale o economico. In altri, invece, il territorio suscita un sentimento negativo, poiché viene associato a una serie di svantaggi, a un luogo di disagi economici, privazioni e violenze sociali, come nel caso dei quartieri urbani degradati.

2.5.4   L’azione a favore della coesione territoriale, pertanto, deve essere al tempo stesso multidimensionale e multidirezionale, e mirare sia a favorire e valorizzare gli aspetti positivi sia a correggere o prevenire quelli negativi.

2.6   Il CESE ritiene che sia necessario dar forma concreta all’obiettivo della coesione territoriale e renderlo operativo, definendo con chiarezza una tabella di marcia. In passato, infatti, il metodo della «tabella di marcia» si è sempre rivelato straordinariamente efficace: basti pensare all’«Obiettivo 92» per il mercato unico, alle tappe dell’Unione economica e monetaria, oppure ancora ai negoziati per l’adesione con i paesi dell’Europa centrale e orientale. Il CESE raccomanda quindi che, al termine della consultazione, sia stabilito un calendario di attuazione e siano formulate proposte relative agli strumenti e ai metodi di intervento.

2.6.1   In proposito, il CESE tiene a rammentare che l’attuale bilancio comunitario non permette di garantire in modo appropriato la coesione economica, sociale e territoriale in Europa (8). Inoltre, esso deplora che la lentezza e la complessità delle procedure rendano difficile l’accesso ai finanziamenti da parte dei destinatari finali, ossia i cittadini e le imprese.

2.6.2   Il CESE accoglie con favore il Libro verde sulla coesione territoriale, giudicandolo un ulteriore progresso sulla strada dell’integrazione europea, e plaude all’apertura di un dibattito su questo tema. Riconosce che questo nuovo obiettivo rischia di generare ostacoli sul piano pratico e suscitare riserve su quello politico. Tuttavia, esso deplora che il Libro verde non fornisca informazioni sufficienti sulle azioni di coordinamento e di cooperazione già in corso e non si dimostri sufficientemente ambizioso nelle linee d’azione proposte.

3.   Risposte alle domande formulate nel Libro verde

3.1   Qual è la definizione più appropriata di coesione territoriale?

3.1.1

Il CESE nota con rammarico che la Commissione non ha incluso nel Libro verde le riflessioni già formulate su tale argomento, mentre nelle sue relazioni sulla coesione aveva già proposto delle definizioni.

3.1.2

Il CESE condivide l’analisi sviluppata dalla Commissione nella sua Terza relazione sulla coesione economica e sociale, in cui essa osserva che «in termini di misure politiche, l’obiettivo è raggiungere uno sviluppo maggiormente equilibrato riducendo le disparità esistenti, prevenendo gli squilibri territoriali e rendendo più coerenti le politiche settoriali, che hanno un impatto territoriale, e la politica regionale. Altra finalità è il miglioramento dell’integrazione territoriale e la promozione della cooperazione tra regioni» e che «nonostante le difficoltà di alcune regioni, la parità di accesso all’infrastruttura di base, ai servizi essenziali e alla conoscenza - a quelli, cioè, che sono definiti servizi d’interesse economico generale - per tutti, ovunque vivano, è una condizione fondamentale per la coesione territoriale».

3.1.3

Sulla base dei suoi pareri precedenti, il CESE ritiene inoltre che la coesione territoriale debba rendere possibile adottare una «visione d’insieme del territorio europeo» (9). A suo avviso, lo sviluppo equilibrato e sostenibile dei territori dell’Unione europea (10) deve servire a conciliare la competitività, la coesione economica e sociale e i risultati economici basati sulla conoscenza (11) con gli obiettivi di solidarietà e di equità sociale (12).

3.1.4

Il CESE ritiene che i cittadini faranno propria la coesione territoriale soltanto quando essa comincerà ad assumere per loro un significato concreto e quando essi parteciperanno alla sua definizione e alla sua attuazione. In conclusione, il CESE privilegia una definizione della coesione territoriale incentrata sui «vantaggi» che ne derivano per i cittadini e gli attori socioeconomici sul campo: la coesione territoriale deve garantire pari opportunità e condizioni di vita eque per tutti gli europei, ovunque.

3.2   Quali elementi ulteriori apporterebbe all’approccio alla coesione economica e sociale attualmente seguito dall’Unione europea?

3.2.1

Il CESE ritiene che la coesione territoriale ponga nuovamente l’accento sulla necessità di garantire sinergicamente la coesione economica e quella sociale. Nel contesto attuale, contraddistinto da un susseguirsi di crisi - finanziaria, economica, alimentare, immobiliare, climatica, ecc. -, la coesione territoriale evidenzia la non sostenibilità del modello di sviluppo da noi adottato negli ultimi 50 anni.

3.2.2

Il CESE è dell’avviso che le tre dimensioni della coesione - sociale, economica e territoriale - debbano essere promosse simultaneamente, incoraggiando l’avvento di un modello di sviluppo maggiormente sostenibile.

3.2.3

Il Comitato rammenta che, nella Terza relazione sulla coesione, la Commissione delineava tre funzioni della politica di coesione territoriale, nessuna delle quali preminente rispetto alle altre: la funzione correttiva, volta alla «riduzione delle disparità esistenti», la funzione preventiva, che mira a rendere «più coerenti le politiche settoriali, che hanno un impatto territoriale», e la funzione incitativa, volta al «miglioramento dell’integrazione territoriale» e alla «promozione della cooperazione tra regioni».

3.2.4

Questa triplice funzione appare sensata al Comitato, che sottolinea tuttavia come la coesione territoriale non possa in alcun caso essere ridotta a un capitolo da aggiungere all’attuale politica di coesione economica e sociale. Tutte le politiche, infatti, devono essere inserite nel quadro di una strategia territoriale, da definire a livello europeo, nazionale, regionale e perfino locale (13).

3.2.5

Per quanto concerne le politiche strutturali dell’Unione europea (quali definite nel Libro verde), il CESE chiede una migliore integrazione tra i fondi, che vada ben oltre il necessario coordinamento.

3.3   Dimensioni e portata dell’azione territoriale

3.3.1

Il CESE è sorpreso che la Commissione presenti la governance multilivello solo come un’eventualità o una possibilità, mentre si tratta di uno strumento necessario, che ha dimostrato tutta la sua efficacia e va affermandosi gradualmente come un principio di governo nell’Unione europea.

3.3.2

Il CESE appoggia la proposta di un approccio integrato, ma, come precedentemente osservato, ritiene che ciò debba tradursi in misure concrete e precise, quali l’integrazione dei fondi legati alle politiche strutturali dell’UE. Il Comitato sottolinea inoltre con rammarico che la prassi attuale rappresenta un forte arretramento rispetto ai periodi di programmazione precedenti. Infatti, il proliferare delle regole contabili, finanziarie e di audit ha determinato un aumento dei controlli amministrativi, situazione che comporta procedure più complesse per i beneficiari finali.

3.4   L’UE ha un ruolo nel promuovere la coesione territoriale? Come si potrebbe definire tale ruolo nel contesto del principio della sussidiarietà?

3.4.1

Secondo il CESE, la chiave di volta di una strategia efficace di sviluppo urbano è in primo luogo l’individuazione di opportuni sistemi di governance, per passare poi all’azione con una gestione integrata di situazioni complesse, che prevedono la compresenza di:

pluralità di livelli territoriali di intervento e di decisione, e

molteplicità di centri decisionali, con specificità e obiettivi prioritari propri.

3.4.2

Un approccio bottom-up basato su una cittadinanza impegnata favorisce l’integrazione delle politiche comunitarie e nazionali, soprattutto perché la società civile organizzata dovrebbe normalmente adottare un approccio olistico nei confronti delle politiche e delle azioni, a differenza delle autorità responsabili delle politiche settoriali a livello nazionale ed europeo. Tale approccio è assolutamente coerente con la sussidiarietà in tutte le sue forme.

3.4.3

Il CESE rinnova la sua richiesta di stabilire un calendario preciso che indichi in dettaglio obiettivi ed azioni a breve, medio e lungo termine (14), e includa le scadenze e le azioni già avviate o progettate dalle istituzioni e dalle parti interessate, segnatamente ai livelli europeo e nazionale.

3.5   In che misura la dimensione territoriale dell’intervento politico dovrebbe variare in funzione della natura dei problemi considerati?

3.5.1

Per il CESE, una delle principali concretizzazioni della coesione territoriale è la garanzia dell’accesso ai SIEG e ai SSIG  (15) per tutti i cittadini europei, ovunque essi vivano o lavorino. Si tratta, più precisamente, di un ambito che richiede una forte coerenza tra le politiche e una governance multilivello efficace. La situazione attuale è tutt’altro che soddisfacente, in particolare per i territori più vulnerabili e per i loro abitanti o attori economici e sociali.

3.5.2

Il CESE ribadisce la propria richiesta di «definire a livello comunitario riferimenti e norme che valgano per tutti i servizi di interesse generale (siano essi di tipo economico o non economico), compresi quelli sociali, e inserirli in una direttiva quadro, da adottarsi in codecisione, che introduca una disciplina comunitaria adatta alle loro specificità» (16).

3.6   Zone con caratteristiche geografiche particolari richiedono misure particolari? Se sì, quali?

3.6.1

Al fine di creare delle vere «pari opportunità» tra i territori, il CESE raccomanda l’adozione di una politica specifica per le regioni gravate da svantaggi permanenti, comprese quelle ultraperiferiche, basata sui principi di permanenza (prevedibilità a lungo termine delle misure), di discriminazione positiva (per quanto attiene alle risorse di bilancio e, sul piano giuridico, a determinate deroghe ai principi comuni) e di proporzionalità (adeguatezza della portata e degli effetti delle singole misure ai casi concreti), per tenere conto della diversità delle situazioni (17).

3.6.2

In queste regioni, che necessitano di sforzi supplementari per la pianificazione del loro sviluppo e la definizione degli appropriati progetti finanziari, il ruolo dell’UE non deve essere quello di sostituirsi agli enti territoriali e ai partner socioeconomici locali e regionali, bensì quello di incoraggiare con forza questi soggetti ad agire in maniera concertata e a cooperare.

3.7   Migliore cooperazione

3.7.1

Il CESE ritiene che la cooperazione costituisca uno dei pilastri del modello sociale europeo, nonché uno strumento indispensabile per l’integrazione.

3.7.2

A suo avviso, la cooperazione territoriale incontra degli ostacoli per via della riluttanza dei diversi livelli dell’amministrazione pubblica a cooperare e a condividere le rispettive competenze. L’UE deve promuovere una cultura della cooperazione nelle regioni, agevolando e semplificando l’uso degli strumenti esistenti, come ad esempio il partenariato.

3.7.3

Il CESE riconosce senz’altro la portata dei primi due aspetti dell’obiettivo della cooperazione territoriale, ossia la cooperazione transfrontaliera e quella transnazionale. Insiste tuttavia sull’importanza della cooperazione interregionale - dimenticata nel Libro verde dalla Commissione europea -, che costituisce di per sé uno strumento notevole di scambio di esperienze e di buone prassi tra territori non contigui che condividono gli stessi scopi.

3.8   Quale ruolo dovrebbe svolgere la Commissione nell’incoraggiare e sostenere la cooperazione territoriale?

3.8.1

Il CESE è dell’avviso che la coesione territoriale debba offrire agli attori e agli abitanti dei territori meno favoriti l’opportunità di attuare la loro strategia di sviluppo e non solo di porsi in una situazione di dipendenza e di attesa riguardo a un eventuale contributo finanziario. Per essere incoraggiati a valorizzare i loro punti di forza e a realizzare i loro progetti, tali soggetti devono poter accedere a reti specifiche di innovazione e di scambio di buone prassi con altri attori provenienti da territori accomunati dalle stesse sfide geografiche, climatiche o demografiche.

3.8.2

Il CESE chiede dunque alla Commissione di porre maggiormente l’accento sull’innovazione territoriale, sociale e politica nel capitolo della cooperazione interregionale Interreg IV C, di rafforzare la cooperazione nell’ambito dell’asse 4 del FEASR dedicato al programma Leader, e di introdurre modifiche che agevolino l’utilizzo delle risorse finanziarie disponibili.

3.9   Sono necessarie nuove forme di cooperazione territoriale?

3.9.1

Il CESE invoca l’attuazione o il ripristino dei programmi di iniziativa comunitaria a partire dalla revisione intermedia delle politiche strutturali. Infatti, la soppressione di programmi come URBAN, EQUAL, Interprise o altri ancora, i quali si erano rivelati realmente efficaci, ha costituito una perdita per la cooperazione territoriale tematica così come per l’innovazione sociale, in quanto il loro ruolo non è stato ripreso né nel mainstreaming dei fondi né altrove.

3.9.2

Il CESE sottolinea infine che è necessario adeguare le forme consuete di cooperazione territoriale alla situazione delle regioni dell’UE che, per la loro prossimità con altre grandi regioni del mondo, presentano caratteristiche geografiche specifiche, quali le regioni ultraperiferiche dei Caraibi o dell’Oceano indiano oppure quelle situate alla frontiera orientale dell’Unione.

3.10   Ènecessario elaborare nuovi strumenti legislativi e di gestione per facilitare la cooperazione, anche lungo le frontiere esterne?

3.10.1

Il CESE appoggia con grande vigore la creazione di gruppi europei di cooperazione territoriale (GECT) e invoca l’adeguamento dei quadri giuridici nazionali per consentire l’utilizzo di tali strumenti in tutta l’Unione europea. Poiché l’istituzione dei GECT è appena iniziata, il CESE ritiene che sia troppo presto per stilare un bilancio e ipotizzare la creazione di altri nuovi strumenti. Tale azione potrebbe essere intrapresa nell’ambito della tabella di marcia proposta al punto 2.6.

3.11   Migliore coordinamento

3.11.1

Il CESE ritiene che il miglioramento della coesione territoriale non possa prescindere da un approccio strategico nei confronti dello sviluppo dei territori grazie a una maggiore coerenza degli interventi, poiché nessuna politica, da sola, può rimediare a tutte le disparità territoriali prodotte dalle politiche settoriali e dall’evoluzione autonoma delle diverse tendenze dell’attuale modello di sviluppo.

3.12   Come si può migliorare il coordinamento fra politiche territoriali e settoriali?

3.12.1

Il CESE sottolinea che «tutte le politiche europee devono promuovere l’obiettivo della coesione sociale», nonché «uno sviluppo economico più equilibrato» nei territori (18).

3.12.2

La coesione territoriale richiede il raggiungimento di serie di compromessi preventivi tra l’insieme delle politiche settoriali e i diversi livelli di governance, da quello locale a quello comunitario.

3.13   Quali politiche settoriali dovrebbero tener maggiormente conto dell’impatto territoriale nella fase di elaborazione? Quali strumenti potrebbero essere messi a punto a tale fine?

3.13.1

Il Comitato ritiene, in linea con il Parlamento europeo, che sia indispensabile adottare un approccio integrato alle politiche comunitarie, integrando la dimensione territoriale soprattutto nelle politiche in materia di trasporti, ambiente, agricoltura, concorrenza e ricerca.

3.13.2

Il CESE raccomanda che, considerato il notevolissimo rilievo della politica agricola comune per il territorio europeo nelle sue dimensioni economica, sociale, ambientale e paesaggistica, la riflessione sul futuro di tale politica tenga conto delle sfide della coesione territoriale.

3.13.3

La legislazione, le politiche e i programmi dell’Unione europea dovrebbero essere analizzati in base alle loro ripercussioni sulla coesione territoriale. La Commissione ha una responsabilità particolare in questa valutazione di impatto, che dovrebbe coinvolgere da vicino tutti i soggetti interessati. Si dovrebbero definire criteri qualitativi a sostegno dell’analisi e della valutazione necessarie (19).

3.14   Come si può rafforzare la coerenza delle politiche territoriali?

3.14.1

Il CESE raccomanda di rafforzare la coerenza delle politiche territoriali e propone al Consiglio dei ministri di ricorrere al metodo di coordinamento aperto  (20) per la coesione territoriale, con dei precisi orientamenti, seguiti da esercizi di benchmarking, revisioni fra pari e condivisioni di buone prassi, coinvolgendo tutti i soggetti interessati. Il CESE raccomanda che la governance multilivello e il coordinamento intersettoriale siano riconosciuti fra gli orientamenti da seguire nell’applicazione di tale metodo.

3.14.2

Il ricorso al metodo di coordinamento aperto potrebbe anche essere previsto nella tabella di marcia proposta al punto 2.6.

3.15   Come si possono combinare più efficacemente le politiche comunitarie e nazionali ai fini della coesione territoriale?

3.15.1

Il CESE sottolinea i progressi compiuti dagli Stati membri in occasione delle riunioni informali dei ministri per lo Sviluppo urbano e la coesione territoriale svoltesi a Lipsia, nelle Azzorre e a Marsiglia, e raccomanda di procedere al coordinamento volontario delle politiche nazionali e all’integrazione delle politiche settoriali, conformemente agli impegni dell’Agenda territoriale, nonché di incoraggiare gli enti regionali e locali a calare tali pratiche nei rispettivi livelli di governo. Il CESE rammenta che, per il territorio europeo, il patrimonio culturale e naturale costituisce una risorsa essenziale che, anche in assenza di un’attribuzione espressa di competenze, necessita comunque di un approccio coordinato.

3.16   Nuovi partenariati territoriali

3.16.1

Il CESE ritiene che una più ampia partecipazione dei soggetti interessati - nell’elaborazione e nell’attuazione delle politiche - sia una condizione indispensabile per la coesione territoriale.

3.16.2

Il dialogo sociale deve costituire uno dei pilastri principali della governance territoriale. In proposito il CESE raccomanda che, per rafforzare la partecipazione delle parti sociali, la Commissione valorizzi e promuova il dialogo sociale territoriale.

3.16.3

Il CESE accoglie favorevolmente la posizione dei ministri competenti che, nel Primo programma d’azione (21), hanno insistito sul fatto che la governance multilivello è uno strumento fondamentale per garantire una gestione equilibrata del territorio dell’UE e si sono proposti di riunirsi con un gruppo di attori interessati e di rappresentanti degli enti locali e regionali per discutere l’attuazione delle priorità indicate nell’Agenda territoriale.

3.17   È necessario per la coesione territoriale che al processo decisionale partecipino nuovi soggetti, quali rappresentanti dell’economia sociale, portatori di interesse, organizzazioni di volontariato e ONG?

3.17.1

I patti territoriali per lo sviluppo propongono un approccio interessante, in quanto la diversità delle situazioni e delle sfide concrete impone la mobilitazione di strumenti e di competenze diverse, e segnatamente di tutti i soggetti coinvolti, ossia in primo luogo le parti sociali, gli attori dell’economia sociale e le ONG che operano in ambito sociale e ambientale nonché nei campi dello sviluppo locale, della parità uomo-donna e della formazione lungo tutto l’arco della vita.

3.17.2

Di fronte alle ristrutturazioni indotte dalla crisi finanziaria ed economica, è ancora più importante, se non addirittura urgente, stipulare patti di questo tipo nei territori interessati.

3.17.3

Il CESE appoggia l’idea, espressa dal CdR, secondo cui i partenariati fra gli enti locali e regionali, da un lato e le organizzazioni dell’economia sociale dall’altro possono rappresentare un importante strumento per un efficace sviluppo socioeconomico di paesi, città, regioni o altri livelli territoriali, nonché per la promozione della coesione territoriale. Questo approccio di partenariato va esteso a tutti i nuovi attori della società civile interessati.

3.17.4

Il CESE richiama l’attenzione sull’importanza dell’economia sociale, in cui opererebbe il 10 % delle imprese europee, e insiste sul ruolo che tale economia è chiamata a svolgere anche ai fini della coesione e dello sviluppo sostenibile, poiché essa àncora l’occupazione al territorio, dinamizza le zone rurali, crea capitale sociale e partecipa ai processi di ristrutturazione settoriale e territoriale (22).

3.18   Come si può raggiungere il livello di partecipazione auspicato?

3.18.1

Il CESE è dell’avviso che consultazioni ben strutturate possano portare a partenariati efficaci con soggetti non governativi e con le parti sociali in tutti gli anelli della catena della coesione territoriale (definizione, monitoraggio e valutazione) (23).

3.18.2

A giudizio del CESE, una buona governance multilivello presuppone l’instaurazione di partenariati con le organizzazioni rappresentative della società civile a livello regionale e locale. Attraverso il loro operato, tali organizzazioni potrebbero contribuire allo sviluppo di un modello partecipativo della società civile nell’ottica di una definizione e attuazione delle politiche funzionali al rafforzamento della coesione territoriale (24).

3.18.3

Di conseguenza, sarebbe opportuno consentire alla società civile organizzata rappresentativa a livello regionale e locale di partecipare in modo responsabile e trasparente alla definizione e all’attuazione delle politiche e azioni della coesione territoriale (25).

3.19   Approfondire la comprensione della coesione territoriale

3.19.1

Il CESE sottolinea l’importanza di organizzare, ai fini di una migliore comprensione della coesione territoriale da parte dei cittadini, un dibattito permanente a tutti i livelli sulle sfide da raccogliere e sulle scelte strategiche da operare in futuro nell’ambito della coesione territoriale. L’obiettivo di tale dibattito dovrebbe essere segnatamente quello di contribuire alla creazione di un rinnovato consenso su una coesione territoriale basata sull’impegno comune di tutti i soggetti interessati, e in particolare delle organizzazioni della società civile.

3.20   Quali indicatori quantitativi/qualitativi dovrebbero essere messi a punto a livello UE per monitorare le caratteristiche e le tendenze della coesione territoriale?

3.20.1

Il CESE è dell’avviso che occorra definire nuovi indicatori del «benessere», non basati esclusivamente sul PIL/PNL, ma in grado di evidenziare i progressi realizzati in fatto di qualità della vita secondo il livello territoriale (26).

3.20.2

Esso ritiene urgente elaborare una nuova serie di criteri di valutazione delle regioni, al fine di stilare una nuova carta della coesione europea che determini l’ammissibilità delle regioni comunitarie agli aiuti, poiché il solo criterio del PIL pro capite è fonte di discriminazioni relative nell’attuazione delle politiche strutturali. I livelli delle qualifiche delle risorse umane, la disuguaglianza dei redditi, i deficit infrastrutturali, inclusi il grado di accesso ai servizi di interesse generale e la portata della protezione sociale, la distanza rispetto al centro propulsore dell’economia europea, la struttura demografica, ecc., sono altrettanti fattori di rilievo di cui si deve tener conto (27). Eurostat, ESPON e i loro omologhi nazionali dovrebbero lavorare per consolidare uno strumentario statistico più completo e preciso. Questi criteri di valutazione e lo strumentario statistico fungeranno da base per gli indicatori nell’ambito del metodo di coordinamento aperto proposto al punto 3.14.1.

3.20.3

Infine, bisogna altresì tener conto dei metodi adottati dalle regioni stesse e diffondere le buone prassi da loro sviluppate (28).

Bruxelles, 25 marzo 2009

Il Presidente del Comitato economico e sociale europeo

MarioSEPI


(1)  Preambolo del Trattato di Roma.

(2)  Futuro articolo 14 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

(3)  Futuro articolo 3, paragrafo 3, del Trattato sull’Unione europea.

(4)  Futuro articolo 174 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

(5)  Verso un’Europa più competitiva e sostenibile composta di regioni diverse - Agenda territoriale dell’Unione europea, riunione informale del Consiglio dei ministri per lo Sviluppo urbano e la coesione territoriale, Lipsia, 25 maggio 2007.

(6)  COM(2008) 616 def.

(7)  Futuro articolo 11 del Trattato sull’Unione europea.

(8)  Parere CESE in merito alla Quarta relazione sulla coesione economica e sociale, GU C 120 del 16.5.2008, pag. 73, punto 2.1.

(9)  Parere CESE sul tema L’agenda territoriale, GU C 168 del 20.7.2007, pag. 16.

(10)  Parere CESE sul tema Il 2° pilastro della PAC: le prospettive di adattamento della politica di sviluppo delle zone rurali (Il seguito della conferenza di Salisburgo), GU C 302 del 7.12.2004, pag. 53, punto 2.4.

(11)  Parere CESE sul tema Le trasformazioni industriali e la coesione economica, sociale e territoriale, GU C 302 del 7.12.2004, pag. 41, punto 1.3.

(12)  Parere del CESE tema Schema di sviluppo dello spazio europeo (SSSE) — Prima bozza ufficiale, GU C 407 del 28.12.1998, pag. 85, punto 4.6.

(13)  Parere CESE sul tema L’agenda territoriale, GU C 168 del 20.7.2007, pag. 16.

(14)  Parere CESE in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo relativa ad una Strategia tematica sull’ambiente urbano, GU C 318 del 23.12.2006, pag. 86, punto 2.3.7.

(15)  Rispettivamente, servizi di interesse economico generale e servizi sociali di interesse generale.

(16)  Parere CESE in merito alla Quarta relazione sulla coesione economica e sociale, GU C 120 del 16.5.2008, pag. 73, punto 3.4.

(17)  Parere CESE sul tema Verso una maggiore integrazione delle regioni gravate da svantaggi naturali e strutturali permanenti, GU C 221 del 8.9.2005, pag. 141.

(18)  Parere CESE sul tema L’agenda territoriale, GU C 168 del 20.7.2007, pag. 16, punto 7.2.

(19)  Parere CESE sul tema Un nuovo programma europeo di azione sociale (SOC/295), GU C 27 del 3.2.2009, pag. 99.

(20)  Parere CESE sul tema L’agenda territoriale, GU C 168 del 20.7.2007, pag. 16.

(21)  Primo programma d’azione per l’attuazione dell’Agenda territoriale dell’Unione europea, 23 novembre 2007.

(22)  Cfr. la relazione del Parlamento europeo sull’economia sociale (relatrice: Patrizia TOIA, 2008/2250 (INI)) e la sintesi della relazione del Ciriec intitolata L’economia sociale nell’Unione europea, pubblicata dal CESE nel 2007.

(23)  Parere CESE sul tema Partenariato quale strumento di attuazione dei fondi strutturali, GU C 10 del 14.1.2004, pag. 21. Parere CESE sul tema Governance e partenariato a livello nazionale e regionale e per progetti di politica regionale, GU C … del …, pag. …, punti 1.9 e 1.10 (ECO/228).

(24)  Parere CESE sul tema Governance e partenariato a livello nazionale e regionale e per progetti di politica regionale, GU C … del …, pag. …, punto 1.2 (ECO/228).

(25)  Il concetto di RST (responsabilità territoriale sociale), elaborato dalla Rete europea degli enti locali e regionali per l’economia sociale (Réseau Européen des Villes et régions pour l’Economie Sociale - REVES), rappresenta un modello di questa partecipazione attiva.

(26)  Parere CESE sul tema Un nuovo programma europeo di azione sociale (GU C 27 del 3.2.2009, pag. 99, punto 7.11.1).

(27)  Parere CESE sul tema L’impatto e le conseguenze delle politiche strutturali sulla coesione dell’Unione europea, GU C 93 del 27.4.2007, pag. 6, punto 1.3.

(28)  Ad esempio, il metodo TSR (Territori socialmente responsabili) adottato dalla Rete europea degli enti locali e regionali per l’economia sociale (Réseau Européen des Villes et régions pour l’Economie Sociale - REVES).


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