EUR-Lex Access to European Union law

Back to EUR-Lex homepage

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 52006IE1169

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema L'immigrazione nell'UE e le politiche di integrazione: la collaborazione tra le amministrazioni regionali e locali e le organizzazioni della società civile

GU C 318 del 23.12.2006, p. 128–136 (ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, NL, PL, PT, SK, SL, FI, SV)

23.12.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 318/128


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema L'immigrazione nell'UE e le politiche di integrazione: la collaborazione tra le amministrazioni regionali e locali e le organizzazioni della società civile

(2006/C 318/24)

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 14 luglio 2005, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere sul: L'immigrazione nell'UE e le politiche di integrazione: la collaborazione tra le amministrazioni regionali e locali e le organizzazioni della società civile.

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 13 luglio 2006, sulla base del progetto predisposto dal relatore PARIZA CASTAÑOS.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 13 settembre 2006, nel corso della 429a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 181 voti favorevoli, 7 voti contrari e 8 astensioni.

1.   Introduzione

1.1

Nel 2002 il CESE ha elaborato un parere di iniziativa sul tema Immigrazione, integrazione e ruolo della società civile organizzata  (1), allo scopo di avviare a livello comunitario un dibattito politico e sociale per fare delle politiche di integrazione una componente fondamentale delle politiche comuni di immigrazione e di asilo.

1.2

Il Comitato proponeva tra l'altro l'elaborazione di un programma comunitario volto a favorire l'integrazione sociale degli immigrati. Il CESE reputa necessario creare programmi per promuovere l'integrazione dei nuovi immigrati, delle persone giunte in Europa per ricongiungersi con la propria famiglia e dei rifugiati e dei richiedenti asilo, il cui status è riconosciuto dall'Unione europea e che sono inoltre protetti dalla legislazione internazionale.

1.3

Il 9 e 10 settembre 2002, in collaborazione con la Commissione europea, il CESE ha organizzato un convegno con la stessa finalità. Vi hanno partecipato oltre 200 rappresentanti degli interlocutori sociali, come pure le ONG più rappresentative dei 25 Stati membri e delle reti europee. Il convegno si proponeva specificamente di coinvolgere la società civile nella promozione delle politiche europee di integrazione.

1.4

Nelle conclusioni del convegno si affermava che gli interlocutori sociali e le organizzazioni della società civile svolgono un ruolo essenziale ai fini dell'integrazione. Sempre secondo tali conclusioni, l'Unione europea e gli Stati membri devono promuovere, specie in ambito locale e regionale, l'integrazione degli immigrati, dei rifugiati e delle minoranze; a tale scopo è necessario un programma europeo  (2).

1.5

Nel 2003 il Consiglio europeo ha costituito le cellule nazionali di contatto per l'integrazione e ha incaricato la Commissione di presentare una relazione annuale sulla migrazione e l'integrazione (3). La Commissione ha elaborato la Comunicazione su immigrazione, integrazione e occupazione  (4), con un approccio generale al tema dell'immigrazione che è stato appoggiato dal CESE nel relativo parere (5). Nel novembre 2004 la Commissione ha pubblicato il «Manuale per l'integrazione» (Handbook on Integration for policy-makers and practitioners)  (6).

1.6

Il programma dell'Aia, adottato dal Consiglio nella seduta del 4 e 5 novembre 2004, sottolinea che è necessario un migliore coordinamento tra politiche nazionali e iniziative dell'UE nel campo delle politiche di integrazione; vi si afferma inoltre che le politiche dell'UE si baseranno su principi comuni e strumenti di valutazione chiari.

1.7

Il quadro politico e legislativo in cui si inseriscono le politiche di immigrazione è ora più sviluppato. Il presente, nuovo contributo del CESE, si concentra in particolare sull'azione dei soggetti sociali e politici di livello regionale e locale, cioè del livello in cui si possono affrontare nel modo più efficace le sfide e in cui gli interventi possono conseguire i migliori risultati.

1.8

Nel contesto dell'elaborazione del presente parere il CESE ha organizzato un'audizione a Barcellona, intesa a consentire uno scambio di buone pratiche nelle politiche delle amministrazioni locali e regionali (una relazione in merito figura nell'allegato 2) e un'altra audizione a Dublino allo scopo di analizzare le buone pratiche sull'integrazione e la lotta contro la discriminazione sul luogo di lavoro, in collaborazione con l'OIL e la Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro (una relazione in merito figura nell'allegato 3).

2.   L'Agenda comune per l'integrazione

2.1

Il 1o settembre 2005 la Commissione ha pubblicato una comunicazione intitolata Un'agenda comune per l'integrazioneQuadro per l'integrazione dei cittadini di paesi terzi nell'Unione europea  (7) che il CESE accoglie con favore, dato che sviluppa una proposta formulata dallo stesso CESE nel parere e nel convegno del 2002.

2.2

La comunicazione fa appello agli Stati membri affinché intensifichino gli sforzi compiuti a livello nazionale nel quadro delle rispettive strategie di integrazione degli immigrati e mira a un maggiore coordinamento fra le politiche nazionali di integrazione e le iniziative dell'UE.

2.3

Il presente parere viene redatto dal CESE di propria iniziativa e pertanto non si riferisce specificamente alla comunicazione della Commissione. Nondimeno esso contiene anche il punto di vista del Comitato sul documento COM(2005) 389 def.

2.4

Il Consiglio Giustizia e affari interni ha adottato nella riunione del 19 novembre 2004 alcuni principi fondamentali comuni a sostegno di un quadro europeo coerente per le politiche di integrazione. La Commissione sviluppa tali principi sotto forma di azioni, che «andrebbero viste come costituenti principali di tutte le politiche di integrazione» (8) nazionali e dell'UE. Le azioni proposte sono esposte sotto forma di 11 principi (9). Il CESE ritiene che tali principi, sviluppati nell'Agenda comune, costituiscano una base adeguata per sviluppare politiche di integrazione equilibrate e coerenti a livello europeo e nazionale.

2.5

Nel quadro delle prospettive finanziarie 2007-2013 viene proposto di istituire un Fondo europeo per l'integrazione dei cittadini dei paesi terzi (10), che si basa sui suddetti principi comuni. Il CESE è favorevole a questa proposta (11) e si augura che venga inserita nel futuro bilancio dell'UE.

2.6

Il programma propone azioni da sviluppare a livello nazionale e altre di livello comunitario. La Commissione intende predisporre una procedura di valutazione continua dei programmi.

2.7

Essa afferma che «nel pieno rispetto delle competenze degli Stati membri e delle loro autorità locali e regionali è essenziale promuovere, a livello dell'UE, una strategia di integrazione più coerente» (12).

2.8

La Commissione ha proposto di ricorrere a un metodo aperto di coordinamento delle politiche in materia di immigrazione (13), che però non è stato accettato dal Consiglio. Il Comitato (14), che ha appoggiato la suddetta proposta della Commissione, considera che la rete di cellule nazionali di contatto, i principi comuni e il procedimento di valutazione delle politiche di integrazione costituiscano un passo in avanti nel coordinamento delle politiche nazionali, nel quadro di un approccio comune. Il CESE propone alla Commissione e al Consiglio di adottare il metodo aperto di coordinamento in base alle esperienze positive maturate.

2.9

È necessario continuare a sviluppare a livello europeo un quadro giuridico (politica comune) relativo alle condizioni di ammissione e di soggiorno dei cittadini di paesi terzi. Gli Stati membri devono recepire adeguatamente le direttive sui soggiornanti di lungo periodo e sul ricongiungimento familiare (15) adottate nel 2003.

2.10

La Commissione mette in evidenza il nesso tra una politica comune in materia di immigrazione e una strategia comune di integrazione. Nondimeno a tutt'oggi non è ancora stata approvata la direttiva sull'ammissione degli immigrati per motivi economici. Il CESE (16) condivide l'affermazione della Commissione europea secondo cui «qualunque strumento futuro sulla migrazione dovrà tenere conto della parità di trattamento e dei diritti dei migranti» (17). La Commissione annuncia che pubblicherà la seconda edizione del manuale di integrazione, creerà un sito Internet per l'integrazione, istituirà un Foro europeo sull'integrazione e renderà più complete le relazioni annuali sulla migrazione e l'integrazione. Il CESE accoglie con favore gli obiettivi annunciati e manifesta la volontà di collaborare con la Commissione.

2.11

Il CESE esprime il suo fermo sostegno all'avvio di tale programma e ricorda quanto ha già affermato in un precedente parere: «Il CESE propone che la Commissione gestisca, nel quadro del coordinamento delle politiche nazionali, un programma europeo per l'integrazione dotato di adeguate risorse finanziarie; sottolinea l'importanza che il Consiglio conceda alla Commissione gli strumenti politici, legislativi e di bilancio necessari per promuovere l'integrazione degli immigrati. Il CESE evidenzia l'importanza di istituire, in collaborazione con le associazioni della società civile, validi ed efficaci programmi di accoglienza degli immigrati» (18).

2.12

Il Comitato propone inoltre che l'UE dedichi fondi sufficienti all'accoglienza umanitaria dei numerosi migranti privi di documenti che stanno giungendo dai paesi dell'Europa meridionale. Affinché l'Europa segua una politica comune, gli Stati membri devono dar prova di solidarietà e responsabilità.

3.   Le politiche di integrazione

3.1

L'integrazione è un processo bidirezionale, fondato su diritti e obblighi per i cittadini dei paesi terzi e per la società ospitante, e volto a garantire agli immigrati una piena partecipazione. In un suo precedente parere il CESE ha definito l'integrazione come «la progressiva equiparazione degli immigrati al resto della popolazione, per quanto riguarda diritti e doveri, l'accesso ai beni, ai servizi e alle basi di partecipazione civile in condizioni di parità di opportunità e di trattamento» (19).

3.2

Questo approccio bidirezionale presuppone che l'integrazione non riguardi solo gli immigrati, ma anche la società di accoglienza. Non si tratta quindi di integrazione degli immigrati nella società di accoglienza, ma piuttosto con essa. Entrambe le parti devono integrarsi. Le politiche di integrazione devono pertanto essere orientate verso entrambe le parti, con l'obiettivo di pervenire ad una società in cui tutti i cittadini abbiano gli stessi diritti e doveri e condividano i valori di una società democratica, aperta e pluralista.

3.3

Gli immigrati hanno il dovere di comprendere e rispettare i valori culturali della società di accoglienza e quest'ultima ha il dovere di comprendere i valori culturali degli immigrati. Spesso le questioni culturali vengono utilizzate con finalità discriminatorie. Ma l'integrazione non consiste nell'adeguamento culturale degli immigrati alla società di accoglienza. Alcuni insuccessi sono dovuti a questa visione errata. Le società europee sono pluralistiche sotto il profilo culturale, e questa tendenza si accentuerà ancor più in futuro a causa dell'estendersi e dell'aumento del fenomeno dell'immigrazione.

3.4

Non va dimenticato che in vari Stati membri vivono un gran numero di persone appartenenti a minoranze, con origini nazionali o culturali differenti, e di cui bisogna tutelare e garantire i diritti.

3.5

Il CESE ritiene che la diversità culturale e il principio della laicità dello Stato contraddistinguano l'Europa pluralista e democratica. L'immigrazione proveniente da paesi terzi apporta elementi nuovi alla nostra diversità, arricchendo socialmente e culturalmente le nostre società. La cultura delle comunità umane va considerata non come un'entità immobile, bensì come qualcosa che si evolve in permanenza, arricchendosi attraverso i più svariati contributi. I principi di indipendenza e di neutralità delle istituzioni nei confronti delle religioni contribuiscono ad una buona relazione tra gli immigranti e la società di accoglienza. Le società europee devono promuovere dei programmi di formazione interculturale. La Convenzione dell'Unesco (20) per la diversità culturale è uno strumento fondamentale per le politiche europee.

3.6

L'integrazione sociale degli immigrati è anch'essa un processo di equiparazione di diritti e doveri, ed è strettamente correlata alla lotta contro la discriminazione. Quest'ultima costituisce una violazione illegale dei diritti dell'individuo. In vari Stati membri, a causa di disposizioni molto restrittive sul ricongiungimento familiare, non viene adeguatamente garantito il diritto alla vita familiare. Anche la direttiva in materia adottata dal Consiglio risulta inadeguata (21).

3.7

In base al principio di sussidiarietà le politiche di integrazione, in un quadro europeo coerente, non sono di esclusiva responsabilità degli Stati membri. Tali politiche avranno un successo maggiore se coinvolgeranno le amministrazioni regionali e locali, nel quadro di un'attiva collaborazione con le organizzazioni della società civile. Il CESE propone che gli enti locali e regionali intensifichino i loro sforzi e promuovano nuove politiche di integrazione.

3.8

Le amministrazioni locali e regionali, nel quadro delle competenze di cui sono investite nei rispettivi Stati membri, dispongono di strumenti politici, normativi e di bilancio che devono utilizzare adeguatamente nelle politiche di integrazione.

3.9

Sia gli immigrati che le società di accoglienza devono manifestare un atteggiamento favorevole all'integrazione. Le parti sociali e le organizzazioni della società civile devono anch'esse impegnarsi nelle politiche di integrazione e nella lotta contro la discriminazione.

3.10

Le organizzazioni della società civile devono far fronte ad una sfida molto importante: promuovere un atteggiamento favorevole all'integrazione nelle società europee di accoglienza. Le parti sociali, le organizzazioni di difesa dei diritti umani, le associazioni culturali e sportive, le comunità religiose, le associazioni di quartiere, le comunità educative, i mezzi di informazione ecc. devono costituire l'avanguardia dell'integrazione e devono quindi aprire le loro porte e promuovere la partecipazione degli immigrati.

3.11

In alcuni settori minoritari della società europea crescono la discriminazione, il razzismo e la xenofobia. Alcuni politici irresponsabili e alcuni mezzi di comunicazione che amplificano socialmente l'effetto di atteggiamenti di questo tipo non fanno che alimentarli. Tuttavia molte organizzazioni della società civile in Europa sono impegnate nella lotta sociale e politica contro questi comportamenti.

3.12

Gli enti locali e regionali in collaborazione con le organizzazioni della società civile hanno la responsabilità di informare gli immigrati e la società di accoglienza dei loro diritti e doveri.

3.13

Le organizzazioni e le comunità degli immigrati svolgono un ruolo molto importante ai fini dell'accoglienza e dell'integrazione. Queste organizzazioni devono anche promuovere delle dinamiche di integrazione tra i propri membri e rafforzare i loro legami con le organizzazioni della società di accoglienza.

3.14

Le amministrazioni locali e regionali devono appoggiare il lavoro di queste organizzazioni e consultarle prima di adottare decisioni politiche in materia.

3.15

Le direttive contro la discriminazione (22) sono state adottate e recepite nelle legislazioni nazionali. Il Comitato attende di conoscere le relazioni di valutazione concernenti gli effetti e i risultati di tali provvedimenti.

3.16

Tuttavia numerosi immigrati o discendenti di immigrati, o persone appartenenti a minoranze etniche o culturali, sono vittime di discriminazioni sul luogo di lavoro (pur possedendo le stesse qualifiche professionali): esse hanno difficoltà maggiori a trovare un lavoro, svolgono lavori di bassa qualità e vengono licenziate più frequentemente.

3.17

È indispensabile che gli interlocutori sociali, a livello locale e regionale, lottino contro queste pratiche discriminatorie, che sono contrarie alle leggi europee e costituiscono nuovi ostacoli all'integrazione. La discriminazione sul lavoro, inoltre, costituisce un ostacolo al successo delle imprese. L'integrazione sul lavoro, in condizioni di parità di trattamento, senza discriminazioni professionali dei lavoratori stranieri rispetto a quelli nazionali è una condizione imprescindibile per il successo delle imprese e per l'integrazione sociale (23). Nell'allegato 3 figura un resoconto dell'audizione sulle buone prassi di integrazione professionale, che si è svolta a Dublino.

4.   I programmi regionali e locali per l'integrazione

4.1

In taluni Stati membri si è ritenuto, in altri tempi, che non occorresse definire una politica di integrazione, perché gli immigrati venivano considerati alla stregua di ospiti, destinati a rientrare nel proprio paese al termine dell'attività lavorativa. Questo approccio erroneo ha causato numerosi problemi di segregazione ed emarginazione sociale, problemi che si tenta di risolvere con le politiche attuali.

4.2

In altri Stati membri si è pensato per anni che l'integrazione degli immigrati avvenisse in maniera facile e automatica, anche in assenza di politiche attive in questo campo. Con il passare del tempo, tuttavia, si sono consolidate delle situazioni di segregazione e di marginalità, che sono sfociate in gravi conflitti sociali. Adesso si intende correggere, con nuove politiche, gli errori del passato.

4.3

Non va dimenticato che, quando l'immigrazione passa per canali irregolari, le politiche di integrazione risultano più difficili, perché gli immigrati «irregolari» si trovano in una situazione di precarietà e di grande vulnerabilità. In alcuni Stati membri si sono avviati processi volti a regolarizzare la permanenza di questi immigrati e a promuoverne l'integrazione.

4.4

Sebbene nell'ambito del Consiglio dell'Unione europea permangano dei dubbi concernenti la sussidiarietà, la maggior parte dei capi di Stato e di governo ritiene necessario promuovere delle politiche coerenti di integrazione a tutti i livelli: comunitario, nazionale, regionale e locale.

4.5

Il CESE ritiene che queste politiche, per essere efficaci, debbano essere proattive e svilupparsi in un quadro coerente e con un approccio integrato. Spesso invece le autorità intervengono a posteriori, quando i problemi si sono già manifestati ed è difficile porvi rimedio.

4.6

L'integrazione costituisce un processo multidimensionale, cui devono partecipare le varie amministrazioni pubbliche e gli attori sociali. Le autorità europee, nazionali, regionali e locali devono elaborare dei programmi nell'ambito delle rispettive competenze. Detti programmi devono integrarsi e coordinarsi in modo adeguato, affinché sia garantita la loro efficacia e la loro coerenza globale.

4.7

I cittadini e le amministrazioni locali subiscono le conseguenze delle politiche erronee dei governi. Le amministrazioni comunali, in particolare, sono le prime a risentire degli insuccessi delle suddette politiche, ragion per cui già da tempo varie regioni ed enti locali elaborano proprie politiche di accoglienza e integrazione. Le esperienze maturate sono molto diverse: in alcuni casi si tratta di buone prassi, in altri casi, di insuccessi.

4.8

Mentre da un lato è impossibile non riconoscere l'importanza attuale e futura dei processi migratori e delle sfide che ne derivano, dall'altro le risorse economiche e le azioni politiche delle regioni e degli enti locali sono insufficienti.

4.9

Il CESE considera che le amministrazioni comunali e regionali debbano elaborare, in collaborazione con le organizzazioni della società civile, piani e programmi di integrazione, che stabiliscano anche gli obiettivi e prevedano le necessarie risorse; le politiche definite solo «sulla carta», senza risorse finanziarie, sono infatti inefficaci.

4.10

Il CESE reputa ragionevole prevedere di destinare alle politiche di accoglienza e di integrazione una parte dei vantaggi economici derivanti dall'immigrazione.

4.11

È essenziale che, nell'elaborare i programmi e i piani di integrazione, vengano consultate anche le associazioni di immigrati più rappresentative.

4.12

In vari comuni e regioni europee esistono sistemi e organi di partecipazione e di consultazione volti a consentire che le organizzazioni della società civile collaborino con le autorità nell'elaborazione e nella gestione delle politiche di integrazione.

5.   Gli strumenti, i bilanci e le valutazioni

5.1

I piani e i programmi locali e regionali per l'integrazione devono essere dotati di risorse sufficienti e disporre di strumenti propri di gestione e di valutazione.

5.2

Vi sono numerosi esempi di città e di regioni europee che si sono dotate di organi e dipartimenti specifici, con ampi contenuti politici e tecnici.

5.3

Molte città e regioni dispongono anche di organi di consultazione e di partecipazione per le organizzazioni della società civile. Sono stati istituiti vari fori e organi consultivi cui prendono parte le organizzazioni della società civile e le associazioni di immigrati.

5.4

Il CESE ritiene che questi siano esempi di buone pratiche che bisognerebbe estendere all'intera UE.

5.5

In varie città vi sono anche uffici specializzati che si occupano dell'assistenza agli immigrati e dell'attuazione pratica dei piani di integrazione.

5.6

Si discute del rischio di segregazione cui gli immigrati sono esposti quando vengono assistiti da servizi specializzati creati appositamente per loro. Il CESE ritiene che occorra evitare la segregazione nell'uso dei servizi pubblici, sebbene talvolta sia necessario disporre di servizi specifici, specie per accogliere gli immigrati al loro arrivo.

5.7

Il CESE ritiene che i piani e i programmi comunali e regionali per l'integrazione debbano essere elaborati e gestiti con la partecipazione delle parti sociali e delle altre organizzazioni della società civile.

5.8

È utile anche promuovere la cooperazione tra le amministrazioni locali e regionali dei paesi europei di accoglienza e quelle dei paesi di origine. Vi sono esempi di buone prassi che si dovrebbero applicare in maniera più estesa.

5.9

Alcune amministrazioni stanziano dei fondi solo per limitare i conflitti una volta che si siano manifestati. Le politiche di integrazione, per essere efficaci, devono invece essere proattive.

5.10

L'integrazione costituisce una sfida per le società europee. Alcuni avvenimenti, prodottisi di recente in diversi paesi hanno messo in luce il fatto che gli obiettivi perseguiti non vengono raggiunti. Sebbene la situazione vari da uno Stato membro all'altro e alcuni problemi siano di natura specifica, in tutta Europa è necessario migliorare le politiche in materia di uguaglianza di trattamento, di integrazione e di lotta contro la discriminazione.

5.11

Il CESE propone che le varie amministrazioni pubbliche a livello europeo, nazionale, regionale e comunale elaborino, conformemente alle prassi di ciascun paese, dei programmi di integrazione, dotati di adeguati finanziamenti e aventi un approccio proattivo.

5.12

Tali programmi devono disporre di sistemi di valutazione, con indicatori precisi e procedimenti trasparenti. Inoltre la società civile deve partecipare al processo di valutazione.

6.   Gli obiettivi

6.1

Gli argomenti e gli approcci da includere nei programmi regionali e comunali per l'immigrazione sono svariati; qui di seguito vengono indicati i principali:

6.2

L'osservazione della realtà — Se si vuole che le azioni da sviluppare siano appropriate occorre che le istituzioni analizzino a fondo la realtà dell'immigrazione e la situazione delle minoranze in un dato territorio.

6.3

La prima accoglienza — Creazione di centri di accoglienza; assistenza sanitaria e legale; alloggio temporaneo in casi specifici; organizzazione di corsi di lingua; informazioni sulle leggi e i costumi del paese di accoglienza; assistenza nella ricerca del primo impiego ecc. Nel contesto di queste azioni bisogna dedicare una particolare attenzione ai minori e ad altre persone che si trovano in una situazione di vulnerabilità.

6.4

L'insegnamento della lingua — Gli enti locali e regionali devono realizzare politiche attive per l'insegnamento della lingua perché per integrarsi è necessaria una conoscenza adeguata della lingua della società di accoglienza. I programmi di insegnamento devono essere organizzati vicino al luogo di residenza e i relativi orari devono essere molto flessibili. Le autorità dovrebbero offrire a tutti gli immigrati l'opportunità di partecipare ai corsi.

6.5

Accesso all'occupazione — Il lavoro costituisce senza dubbio un aspetto prioritario dell'integrazione. I servizi di collocamento pubblici devono disporre di programmi adeguati: corsi di formazione professionale, consulenza in materia di occupazione ecc.

6.6

La discriminazione sul posto di lavoro costituisce un ostacolo molto forte all'integrazione. Gli interlocutori locali e regionali devono essere agenti attivi nella lotta contro tale discriminazione.

6.7

Accesso all'alloggio — Una delle grandi sfide delle politiche locali e regionali consiste nel garantire senza discriminazioni l'accesso ad alloggi di qualità. Le autorità devono adeguare con sufficiente anticipo le proprie politiche urbanistiche per prevenire la formazione di ghetti urbani degradati, dove si concentra un gran numero di immigrati. Il miglioramento della qualità della vita in questi quartieri dev'essere una priorità.

6.8

L'insegnamento — I sistemi di insegnamento devono garantire ai figli degli immigrati l'accesso a scuole di qualità. È necessario prevenire l'eccessiva concentrazione di tali alunni in centri scolastici ghettizzati e di pessima qualità, come si verifica in numerose occasioni. L'educazione e l'istruzione dei bambini, in tutte le sue fasi, costituisce la base per l'integrazione delle nuove generazioni.

6.9

L'insegnamento deve tenere conto della diversità interna delle società europee. Occorre disporre di mediatori interculturali e rafforzare le risorse di personale docente, onde superare le difficoltà linguistiche e culturali.

6.10

I programmi di insegnamento destinati agli adulti devono prevedere la partecipazione della popolazione immigrata, e specialmente della sua componente femminile. La formazione ai fini occupazionali è fondamentale per favorire l'accesso degli immigrati all'occupazione.

6.11

Accesso alla salute — Occorre promuovere l'accesso degli immigrati alla salute e all'assistenza sanitaria. In talune circostanze sarà necessario avvalersi della collaborazione dei servizi di mediazione interculturale.

6.12

Adattamento dei servizi sociali — L'immigrazione solleva spesso delle questioni alle quali i servizi sociali non sono preparati a rispondere. Essi si devono adattare alla nuova situazione: la gestione della diversità.

6.13

La formazione degli operatori — Gli impiegati dei servizi sociali, dell'istruzione, dei corpi di polizia, dei servizi sanitari e di tutti gli altri servizi pubblici devono ricevere una formazione integrativa per essere in grado di assistere adeguatamente la popolazione immigrata e le minoranze.

6.14

La diversità è un fatto positivo — I programmi culturali devono riconoscere la diversità culturale. Essa è un aspetto caratteristico delle città europee di oggi. La diversità si manifesta anche nei credi religiosi.

6.15

È anche necessario che gli enti locali diano impulso alla pedagogia della convivenza e promuovano il principio secondo cui tutte le persone, di qualsiasi origine esse siano, si adeguano alle forme di vita della città dove risiedono. A tale pedagogia della convivenza devono partecipare sia le popolazioni immigrate che le società di accoglienza, per migliorare la comprensione fra le culture e promuovere l'integrazione sociale.

6.16

Tutte le persone devono godere del diritto di vivere in famiglia, si tratta di uno dei diritti fondamentali riconosciuti internazionalmente dalle convenzioni sui diritti umani. Tuttavia numerose legislazioni nazionali, come pure la direttiva europea sul ricongiungimento familiare (24), non garantiscono adeguatamente tale diritto a vivere nella propria famiglia, che costituisce tra l'altro un fattore utile ai fini dell'integrazione.

6.17

La prospettiva relativa al genere — In tutte le politiche di integrazione si deve tenere conto della prospettiva relativa al genere. Sono particolarmente importanti le politiche rivolte alla formazione professionale per favorire l'integrazione nel mondo del lavoro.

6.18

La partecipazione civica — Una della componenti principali dell'integrazione consiste nell'accesso ai percorsi di integrazione civica. Occorre garantire ai cittadini di paesi terzi con residenza stabile o di lungo periodo l'esercizio dei diritti civili e il diritto di voto nelle elezioni comunali, come è stato proposto dal CESE in vari pareri (25).

7.   Nuove strategie per gli enti locali e regionali (dalle conclusioni dell'audizione di Barcellona)

7.1   Necessità di lavoro in rete e di coordinamento tra le varie istituzioni

7.1.1

Il lavoro in rete e il coordinamento interistituzionale sono essenziali; essi possono essere orizzontali, quando avvengono tra amministrazioni locali, o verticali, quando hanno luogo tra le amministrazioni locali, quelle regionali e quelle nazionali. Le sfide connesse con l'immigrazione e l'integrazione non possono essere affrontate separatamente da ciascuna amministrazione. Il CESE propone che le amministrazioni pubbliche migliorino i sistemi di coordinamento e che il lavoro in rete disponga di procedure di valutazione. Anche il CESE desidera stabilire una migliore collaborazione con il Comitato delle regioni nella promozione delle politiche di integrazione.

7.1.2

Alcune regioni, come la Catalogna e lo Schleswig-Holstein, hanno fatto osservare che una parte importante del loro lavoro è consistita nel coinvolgere i comuni nella pianificazione delle loro azioni. La regione Campania, dal canto suo, ha sottolineato il proprio impegno nel lavoro in rete con i sindacati, gli organi religiosi ecc. In generale, le amministrazioni locali hanno fatto presente che per svolgere compiti come l'accoglienza degli immigrati è importante lavorare in rete con gli organismi specializzati in questo campo.

7.1.3

Le esperienze di lavoro in rete tra amministrazioni locali si stanno moltiplicando in ambito europeo. Eurocities, un'organizzazione nata nel 1986, riunisce 123 città europee. È strutturata in gruppi di lavoro, uno dei quali si occupa di immigrazione e integrazione, con la partecipazione attiva di alcune città presenti all'audizione, come Rotterdam e Leeds. Nel quadro di dette reti vengono promossi non soltanto lo scambio di esperienze e di buone pratiche, ma anche progetti europei, con la partecipazione di varie città.

7.1.4

Un'altra rete, di costituzione più recente e rivolta in modo specifico alla politica di immigrazione e di integrazione è la ERLAI (European Regional and Local Authorities on Asylum and Immigration), cui partecipano 26 amministrazioni locali e regionali. Anche questa rete ha per obiettivi lo scambio di informazioni ed esperienze, come pure lo sviluppo di azioni e di progetti congiunti.

7.1.5

Sono in corso anche altre esperienze, promosse da diversi enti. La Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro sta anch'essa collaborando con una rete di città per il coordinamento delle politiche di integrazione.

7.1.6

A livello europeo la rete di cellule nazionali di contatto in materia di integrazione, coordinata dalla Commissione europea, ha anch'essa come obiettivo lo scambio di esperienze. Ha contribuito all'elaborazione del «Manuale sull'integrazione» (26) e alla Prima relazione annuale su migrazione e integrazione  (27).

7.2   I piani per l'integrazione e la partecipazione della società civile

7.2.1

Le amministrazioni locali e regionali che hanno elaborato dei piani integrati e che dispongono di dipartimenti dedicati alla gestione dell'immigrazione ottengono migliori risultati rispetto a quelle che si limitano ad interventi occasionali. Per far fronte all'immigrazione e all'integrazione è indispensabile disporre di una pianificazione, di risorse adeguate e di strumenti di gestione.

7.2.2

Il CESE considera importantissimo che le organizzazioni della società civile partecipino all'elaborazione delle politiche e alle azioni in questo campo. La partecipazione della società civile è fondamentale per il successo del piano di integrazione. In quest'ottica il Land Schleswig-Holstein, prima di approvare il proprio progetto in materia, ha coinvolto esponenti della società civile e varie altre entità in un vasto dibattito sull'integrazione, sensibilizzando così la società alla necessità di attuare politiche di integrazione. Anche altre regioni e città hanno dato l'esempio nel campo dei processi partecipativi, tra esse Copenaghen, Barcellona ed Helsinki.

7.3   Il Fondo europeo per l'integrazione

7.3.1

Le amministrazioni locali e regionali acquisiscono maggiore efficacia quando dispongono del sostegno economico dei rispettivi governi nazionali, dal momento che le politiche di integrazione richiedono risorse economiche, e gli Stati membri devono impegnarsi di più. Il Land Schleswig-Holstein ha riferito che uno dei suoi principali interventi è stato volto a sensibilizzare il governo tedesco sulla necessità di far fronte alla questione; i risultati sono stati positivi.

7.3.2

Altre amministrazioni locali, tra cui quelle di Lubiana e di Brescia, hanno riconosciuto di non potere attuare politiche di più ampio respiro a causa dello scarso sostegno che ricevono dai rispettivi governi. Come ha segnalato la regione francese Midi-Pyrénées, questo problema si fa più acuto quando le amministrazioni regionali dispongono di risorse proprie limitate.

7.3.3

Il Fondo europeo per l'integrazione, varato dal Consiglio e dal Parlamento per il periodo 2007-2013, avrà un ruolo fondamentale, perché mobiliterà consistenti risorse economiche a favore delle politiche di integrazione, facendo sì che nell'UE vengano attuate in un quadro coerente e integrato e nel rispetto della sussidiarietà. I nuovi Stati membri hanno manifestato un particolare interesse per questo Fondo. Il CESE esprime ancora una volta il proprio compiacimento per la creazione di questo Fondo; chiede alla Commissione di essere consultato nell'elaborazione del relativo regolamento.

7.4   I servizi specializzati non devono generare segregazione

7.4.1

Bisogna evitare che la creazione di servizi specializzati per gli immigrati favorisca la segregazione. La rappresentante della città di Budapest ha per esempio segnalato che i comuni ungheresi dispongono di servizi per l'assistenza familiare, l'infanzia, l'occupazione ecc., ai quali si possono rivolgere gli immigrati come qualsiasi altro cittadino. Tuttavia in generale le città e le regioni che hanno predisposto politiche di integrazione lo hanno fatto attraverso piani specifici, risorse ad hoc e servizi specializzati. Il rappresentante della città di Helsinki ha osservato che i servizi specifici per gli immigrati non dovrebbero essere necessari, ma di fatto lo sono. Con ciò si vuol dire che le prestazioni erogate dai servizi comuni, da sole, non risolvono le carenze, gli svantaggi, le difficoltà e le necessità specifiche degli immigrati.

7.4.2

Per gli immigrati e per la loro integrazione occorrono piani, progetti e risorse specifiche. Permane il problema di come procedere verso una normalizzazione, ossia evitare che la specificità finisca per generare una segregazione. Il rappresentante del comune di Brescia ha fatto presente che i servizi destinati all'immigrazione non sono paralleli bensì complementari; non sostituiscono i servizi ordinari, ai quali anzi gli immigrati devono continuare a rivolgersi per tutte le questioni per le quali tali servizi sono competenti.

7.4.3

Anche il rappresentante di Copenaghen sottolinea che una delle preoccupazioni del Consiglio di integrazione è fare in modo che le sue azioni non legittimino alcun tipo di segregazione a danno degli immigrati e delle minoranze. Tali azioni dovrebbero essere inclusive e generare vicinanza e integrazione tra tutti i settori della popolazione.

7.4.4

In quest'ottica è importante fare in modo che la popolazione autoctona non percepisca le azioni destinate agli immigrati come un privilegio concesso a questi ultimi, perché ove ciò avvenisse si potrebbe produrre un aumento dei pregiudizi e della segregazione. È quanto afferma il rappresentante della Catalogna, il quale fa presente che quando si realizzano interventi specifici per gli immigrati bisogna dedicare particolare attenzione al rischio di possibili sentimenti di rigetto da parte della popolazione autoctona. Vi è quindi la necessità di spiegare in modo pedagogico gli interventi delle amministrazioni locali e regionali nei confronti dell'immigrazione.

7.5   Obiettivi dell'integrazione

7.5.1

Gli interventi delle varie città e regioni hanno messo in luce i diversi concetti di integrazione, dimostrando che il dibattito su questo tema in Europa non è ancora concluso, dato che esistono diverse culture politiche e giuridiche e anche diversi modelli di integrazione.

7.5.2

Il Land Schleswig-Holstein, al termine di un intenso dibattito partecipativo, afferma che l'integrazione si deve sviluppare intorno a tre assi principali: la parità di partecipazione, l'equiparazione dei diritti e dei doveri e lo sviluppo di misure inclusive e antidiscriminatorie, che coinvolgono sia gli immigrati che la società di accoglienza.

7.5.3

Questo approccio inclusivo caratterizza l'intervento dell'organizzazione «La Misericordia» in Portogallo e, in generale, le politiche portoghesi di integrazione. Tali politiche sono incentrate sull'uguaglianza e su un più facile accesso alla cittadinanza portoghese.

7.5.4

La città di Barcellona ha segnalato tre direttrici di azione, che consistono nella promozione dell'uguaglianza (riconoscimento dei diritti, promozione della parità di opportunità e di trattamento), nel riconoscimento della diversità culturale e nella promozione della convivenza (migliorando il grado di coesione sociale ed evitando lo sviluppo di mondi paralleli, quello della popolazione autoctona e quello dei gruppi di immigrati).

7.5.5

La città di Rotterdam ha avviato nel 2004 un importante dibattito circa il modello di integrazione che si era sviluppato sino ad allora. La necessità di tale dibattito scaturiva dalla constatazione che, malgrado anni di politica attiva dell'integrazione, la società si stava frammentando e si accentuavano processi di segregazione (specie nei confronti della popolazione musulmana). Il principale oggetto della discussione è stato l'approccio «noi di fronte a loro» che aveva permeato la società.

7.5.6

Il Comitato europeo di coordinamento dell'alloggio sociale (Cecodhas) imposta il dibattito sull'integrazione in termini di eliminazione della disuguaglianza e parità di opportunità. Quest'organizzazione, la cui attività si concentra sulla questione dell'alloggio, segnala che la discriminazione in questo campo costituisce una delle cause principali di segregazione degli immigrati.

7.5.7

Il CESE ritiene che gli 11 principi fondamentali comuni dell'Agenda per l'integrazione (cfr. allegato 1) si basino su un approccio adeguato ed equilibrato; tale giudizio è stato condiviso dalla maggior parte dei partecipanti all'audizione di Barcellona.

8.   Nuove sfide per l'integrazione lavorativa (alcune conclusioni dell'audizione di Dublino)

8.1

Gli immigrati, attraverso il loro lavoro, contribuiscono utilmente allo sviluppo economico e al benessere sociale dell'Europa. Il CESE ritiene che l'immigrazione in Europa possa offrire nuove opportunità di migliorare la competitività delle imprese, le condizioni di lavoro e il benessere sociale.

8.2

L'occupazione costituisce una parte fondamentale del processo di integrazione, perché un posto di lavoro dignitoso, oltre ad essere la chiave per l'autosufficienza economica degli immigrati, favorisce le relazioni sociali e la conoscenza reciproca fra immigrati e società di accoglienza. Il CESE chiede che l'inserimento professionale si effettui in condizioni di parità di trattamento, senza discriminazioni tra lavoratori autoctoni e immigrati, nonché tenendo conto dei necessari requisiti professionali.

8.3

I lavoratori immigrati hanno diritto ad un trattamento equo in Europa e sono tutelati dalle convenzioni internazionali sui diritti dell'uomo e dai principi e dai diritti sanciti nelle convenzioni dell'OIL. Il CESE ribadisce la proposta che gli Stati membri dell'UE ratifichino la «Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie» del 1990.

8.4

Le direttive dell'UE sulla parità di trattamento in materia di occupazione e sulla parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica sono strumenti giuridici essenziali per determinare la legislazione e le pratiche degli Stati membri nella lotta contro la discriminazione e la promozione dell'integrazione nel mondo del lavoro.

8.5

In ambito lavorativo, la legislazione e le politiche pubbliche devono essere integrate dalla collaborazione delle parti sociali, perché l'integrazione lavorativa è anche una questione di atteggiamento sociale e di impegni sindacali e del datore di lavoro.

8.6

I servizi pubblici relativi all'occupazione devono promuovere programmi per migliorare l'accesso degli immigrati all'occupazione, agevolando il riconoscimento delle qualifiche professionali, migliorando la formazione linguistica e professionale e fornendo un'adeguata informazione sui sistemi lavorativi del paese di accoglienza.

8.7

A livello locale, i sindacati, le organizzazioni imprenditoriali, le associazioni di immigrati e le altre organizzazioni della società civile svolgono un ruolo fondamentale per la trasmissione delle informazioni e per agevolare l'accesso degli immigrati all'occupazione. In Europa sono molto attive le organizzazioni sociali che promuovono l'inserimento lavorativo degli immigrati e dei loro figli mediante programmi di formazione, di consulenza in materia occupazionale, di appoggio alla creazione di piccole imprese, ecc.

8.8

Sempre più imprese approfittano delle opportunità che si creano grazie all'assunzione di immigrati e alla crescente diversità. Il CESE ritiene che le imprese possano contribuire ad una maggiore sensibilizzazione della società di accoglienza contro la discriminazione, respingendo ogni manifestazione di xenofobia e di esclusione nella contrattazione lavorativa.

8.9

È essenziale istituire una procedura di regolamentazione dei flussi migratori, attuata nei paesi di origine e vincolata alle effettive possibilità di inserimento professionale e quindi di integrazione sociale.

8.10

Anche la bassa qualità dell'occupazione costituisce un fattore di discriminazione nei casi in cui si impiegano gli immigrati in quanto manodopera «più vulnerabile».

8.11

I sindacati talvolta manifestano tendenze corporativiste, difendendo solo alcuni interessi particolari ed escludendo gli immigrati. Il CESE ritiene che i sindacati debbano accogliere fra le loro fila i lavoratori immigrati e agevolare il loro accesso alle funzioni di rappresentanza e di direzione. Un gran numero di sindacati applica buone prassi, volte a garantire ai lavoratori la parità di trattamento indipendentemente dalla loro origine o nazionalità.

8.12

Le organizzazioni patronali devono raccogliere la sfida cruciale della trasparenza dei mercati del lavoro. Il CESE ritiene che, insieme ai sindacati dei lavoratori, debbano collaborare con le autorità pubbliche regionali e locali per evitare situazioni di discriminazione e promuovere comportamenti favorevoli all'integrazione.

8.13

Le parti sociali, che sono attori fondamentali del funzionamento dei mercati del lavoro e costituiscono i pilastri della vita economica e sociale europea, hanno un ruolo importante da svolgere nell'integrazione. Nell'ambito delle contrattazioni collettive, devono assumersi la responsabilità che spetta loro nell'integrazione degli immigrati, eliminando dai contratti collettivi e dalle norme e pratiche lavorative qualsiasi elemento diretto o indiretto di discriminazione.

8.14

L'Europa vanta numerosi esempi di buone pratiche degli interlocutori sociali e delle organizzazioni della società civile che il CESE intende diffondere. Nel corso dell'audizione di Dublino sono state esaminate le esperienze positive maturate all'interno di imprese, sindacati, organizzazioni imprenditoriali e organizzazioni sociali. Fra queste il Comitato intende evidenziare gli impegni assunti dalle parti sociali irlandesi per gestire la diversità nelle imprese e lottare contro la discriminazione, come pure l'accordo concluso dalle parti sociali spagnole per regolarizzare il lavoro illegale e l'immigrazione irregolare e affrontare la questione dell'immigrazione per motivi di lavoro con spirito di cooperazione e nel quadro del dialogo sociale.

8.15

Il CESE ritiene che siano necessarie politiche attive e nuovi impegni delle parti sociali per incoraggiare i comportamenti favorevoli all'integrazione, la parità di trattamento e la lotta contro la discriminazione sul luogo di lavoro. Il dialogo sociale europeo può costituire un quadro adeguato per indurre le parti sociali ad assumere nuovi impegni al livello che ritengano opportuno.

8.16

Il dialogo sociale europeo è responsabilità esclusiva degli interlocutori sociali: la CES e l'UNICE hanno elaborato l'agenda del dialogo sociale europeo. Il CESE spera che conseguano gli obiettivi previsti.

8.17

Il CESE può costituire un foro permanente per il dialogo sulle buone prassi in materia di integrazione e immigrazione. A tale proposito continuerà a lavorare in collaborazione con la Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro e con l'OIL per far sì che in Europa si sviluppino politiche e pratiche che favoriscono l'integrazione; organizzerà nuovi incontri e forum con la partecipazione delle organizzazioni sociali e di altre organizzazioni della società civile allo scopo di studiare e scambiare le buone pratiche realizzate in Europa in materia di integrazione.

Bruxelles, 13 settembre 2006

La Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Anne-Marie Sigmund


(1)  GU C 125 del 27.5.2002 (relatore: PARIZA CASTAÑOS, correlatore: MELÍCIAS).

(2)  Cfr. le conclusioni generali del convegno.

(3)  COM(2004) 508 def.

(4)  COM(2003) 336 def.

(5)  GU C 80 del 30.3.2004 (relatore: PARIZA CASTAÑOS).

(6)  http://europa.eu.int/comm/justice_home/doc_centre/immigration/integration/doc/handbook_en.pdf

(7)  COM(2005) 389 def.

(8)  Cfr. COM(2005) 389 def. capitolo 2.

(9)  Allegato 1.

(10)  Cfr. COM(2005) 123 def.

(11)  Parere del CESE sul tema Gestione di flussi migratoriGU C 88 dell'11.4.2006 (relatrice: Le NOUAIL-MARLIÈRE).

(12)  Cfr. COM(2005) 389 def. capitolo 3.

(13)  COM(2001) 387 def.

(14)  GU C 221 del 17.9.2002 (relatrice: zu EULENBURG).

(15)  Direttive 2003/109/CE e 2003/86/CE.

(16)  Parere in merito al Libro verde sull'approccio dell'Unione europea alla gestione della migrazione economica (relatore: PARIZA CASTAÑOS) (GU C 286 del 17.11.2005).

(17)  Cfr. COM(2005) 389 def., punto 3.2.

(18)  GU C 80 del 30.3.2004, punto 1.10 (relatore: PARIZA CASTAÑOS).

(19)  GU C 125 del 27.5.2002, punto 1.4 (relatore: PARIZA CASTAÑOS).

(20)  Convenzione sulla protezione e la promozione della diversità delle espressioni culturali. Cfr.

http://portal.unesco.org/culture/en/ev.php-URL_ID=11281&URL_DO=DO_TOPIC&URL_SECTION=201.html

(21)  Cfr. direttiva 2003/86/CE e i pareri del CESE, GU C 204 del 18.7.2000 (relatrice: CASSINA) e GU C 241 del 7.10.2002 (relatore: MENGOZZI).

(22)  Direttive 2000/43/CE e 2000/78/CE.

(23)  Si pensi all'azione positiva svolta dalle parti sociali in Irlanda.

(24)  Cfr. direttiva 2003/86/CE e i pareri del CESE, GU C 204 del 18.7.2000 (relatrice: CASSINA) e GU C 241 del 7.10.2002 (relatore: MENGOZZI).

(25)  Cfr. il parere Integrazione nella cittadinanza dell'Unione europea, GU C 208 del 3.9.2003 (relatore: PARIZA CASTAÑOS).

(26)  http://europa.eu.int/comm/justice_home/doc_centre/immigration/integration/doc/handbook_en.pdf

(27)  COM(2004) 508 def.


Top