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Document 52006AE1174

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Una tabella di marcia per la parità tra donne e uomini 2006-2010 COM(2006) 92 def.

GU C 318 del 23.12.2006, p. 173–179 (ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, NL, PL, PT, SK, SL, FI, SV)

23.12.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 318/173


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Una tabella di marcia per la parità tra donne e uomini 2006-2010

COM(2006) 92 def.

(2006/C 318/29)

La Commissione, in data 1o marzo 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla proposta di cui sopra.

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 13 luglio 2006, sulla base del progetto predisposto dalla relatrice ATTARD.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 13 settembre 2006, nel corso della 429a sessione plenaria, ha adottato il presente parere con 175 voti favorevoli, 11 voti contrari e 9 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il CESE plaude alla volontà politica della Commissione di mantenere il tema della parità tra donne e uomini in cima all'agenda per il periodo 2006-2010. Il Comitato apprezza l'impegno personale del Presidente BARROSO riguardo all'adozione di tale programma e concorda sull'importanza di coinvolgere tutte le parti interessate nell'attuazione di queste priorità.

1.2   Il CESE:

riconosce che per accrescere il tasso di partecipazione delle donne al mercato del lavoro è necessario stabilire priorità comuni nel coordinamento delle politiche occupazionali,

ritiene che i governi nazionali, gli enti nazionali per le pari opportunità e le parti sociali di tutti gli Stati membri abbiano il preciso dovere di accertarsi che i sistemi retributivi da loro adottati non diano origine a disparità retributive tra uomini e donne,

raccomanda che le strategie relative alle donne imprenditrici mirino a migliorare l'accesso delle donne ai crediti e ai servizi bancari,

raccomanda che i programmi scolastici nazionali di livello secondario e superiore comprendano l'educazione all'imprenditorialità, soprattutto per le giovani donne, e caldeggia l'adozione di misure volte ad accrescere il numero di laureate nelle discipline tecnico-scientifiche, in modo da ridurre il divario occupazionale che caratterizza settori tecnici come l'ingegneria e i servizi legati alle TIC,

propone di intensificare le strategie relative all'uguaglianza tra i sessi in materia di protezione sociale e di lotta alla povertà, in modo tale che i regimi fiscali e previdenziali tengano conto delle esigenze delle donne a rischio di povertà, con particolare attenzione alle ragazze madri; ricorda inoltre la necessità di lanciare proposte concrete per incoraggiare i genitori soli a sviluppare competenze spendibili sul mercato del lavoro, migliorando le proprie possibilità di accedervi,

ritiene che le strategie nazionali per la salute e le cure di lunga durata dovrebbero contenere politiche integrate che affrontino la questione delle norme sanitarie nei luoghi di lavoro in un'ottica femminile,

esorta a considerare, a studiare e ad analizzare più a fondo gli effetti derivanti dalla necessità di assistere familiari malati e il conseguente deterioramento della salute fisica e mentale delle donne,

propone che il metodo aperto di coordinamento venga applicato al settore della sanità e stabilisca obiettivi specifici in materia di parità tra i sessi,

riconosce il fenomeno della femminilizzazione dell'emigrazione e raccomanda che il tema della parità tra i sessi venga integrato compiutamente nelle politiche e nelle azioni comunitarie a ogni stadio del processo migratorio,

concorda con l'importanza di mettere a punto apposite misure, tra cui la definizione di obiettivi e indicatori precisi per garantire la disponibilità di servizi di assistenza ai bambini, agli anziani e ai disabili non autonomi,

raccomanda di fissare obiettivi e scadenze al fine di accrescere la partecipazione delle donne a tutte le forme di processo decisionale,

raccomanda la messa a punto di un piano d'azione europeo relativo alla violenza sulle donne,

invita gli Stati membri a garantire che vengano applicate misure intese ad accordare più diritti e sostegno alle vittime dei traffici finalizzati allo sfruttamento sessuale,

raccomanda lo sviluppo di azioni paneuropee di sensibilizzazione basate sulla «tolleranza zero» nei confronti degli insulti sessisti e delle immagini degradanti delle donne nei media,

ritiene che gli Stati membri dovrebbero sincerarsi che le comunicazioni commerciali audiovisive non comportino discriminazioni basate su razza, sesso o nazionalità, come raccomandato nella direttiva proposta dalla Commissione sul coordinamento di determinate disposizioni riguardanti l'esercizio delle attività televisive (1),

raccomanda l'introduzione di moduli sulle problematiche di genere negli organismi preposti alla formazione degli operatori dei media, nonché meccanismi rigorosi volti a un equilibrio tra donne e uomini a tutti i livelli decisionali nell'industria dei media,

raccomanda che, nel contesto della politica comunitaria di aiuto allo sviluppo, le donne abbiano un accesso adeguato agli aiuti finanziari dell'UE e che questi ultimi siano convogliati soprattutto tramite progetti nazionali realizzati da organizzazioni femminili,

raccomanda che la politica di aiuti umanitari della Commissione europea (ECHO) dia importanza prioritaria all'aiuto e all'assistenza finanziaria per le donne vittime di atti di violenza sessuale commessi nel corso di conflitti bellici,

ritiene che il miglioramento della governance sulla parità tra i sessi sia essenziale per rispettare la tabella di marcia, e raccomanda di potenziare i meccanismi di consultazione e di dialogo con la società civile organizzata, in particolare con le organizzazioni femminili di livello nazionale,

esorta a creare, nell'ambito della DG Bilancio della Commissione, un gruppo di lavoro incaricato di integrare le pari opportunità nell'elaborazione del bilancio e di procedere a una valutazione annuale dell'impatto del bilancio comunitario distinta per genere.

2.   Motivazione

2.1   Sintesi del documento della Commissione

2.1.1

L'UE ha compiuto progressi considerevoli nella realizzazione della parità di genere grazie alla legislazione sulla parità di trattamento, all'integrazione della dimensione di genere nelle diverse politiche, a provvedimenti specifici per la promozione della condizione femminile, ai programmi d'azione, al dialogo sociale e a quello con la società civile. Ciò non toglie che le disparità permangano e possano aggravarsi, poiché l'intensificarsi della concorrenza economica su scala mondiale rende necessaria una forza lavoro più mobile e flessibile. Questo stato di cose può ripercuotersi maggiormente sulle donne, che spesso sono costrette a scegliere tra i figli e la carriera per via della scarsa flessibilità degli orari di lavoro e dei servizi di custodia dei bambini, del persistere degli stereotipi di genere e dell'ineguale carico di responsabilità familiari rispetto agli uomini.

2.1.2

La tabella di marcia della Commissione delinea sei ambiti prioritari dell'azione dell'UE in tema di parità di genere per il periodo 2006-2010:

pari indipendenza economica per le donne e gli uomini,

equilibrio tra attività professionale e vita privata,

pari rappresentanza nel processo decisionale,

eradicazione di tutte le forme di violenza fondate sul genere,

eliminazione di stereotipi sessisti,

promozione della parità tra i sessi nelle politiche esterne e di sviluppo.

Per ciascun settore si indica una serie di obiettivi e di interventi prioritari. La Commissione non può conseguire questi obiettivi da sola, poiché in numerosi settori il baricentro dell'azione si colloca al livello degli Stati membri. La tabella di marcia esprime quindi l'impegno della Commissione a proseguire sulla strada della parità di genere, rafforzando la collaborazione con gli Stati membri e gli altri soggetti interessati.

2.1.3

Per migliorare la governance sulla parità tra i sessi, la Commissione definisce inoltre un certo numero di azioni chiave e si impegna a seguire da vicino i progressi realizzati.

2.2   Osservazioni generali

2.2.1

Il CESE plaude alla volontà politica della Commissione di accordare un posto prioritario alla parità di genere nell'agenda per il periodo 2006-2010. Il Comitato mostra apprezzamento per l'impegno personale assunto dal Presidente BARROSO riguardo all'adozione del programma in questione, e concorda sulla necessità di coinvolgere tutte le parti interessate nell'attuazione di queste priorità.

2.2.2

La parità tra i sessi è un diritto fondamentale, un valore che accomuna Unione europea e Stati membri e una condizione necessaria per il conseguimento degli obiettivi di crescita, occupazione e coesione sociale dell'UE, che costituiscono anche le colonne portanti dell'agenda di Lisbona. Il CESE sostiene la strategia definita nella tabella di marcia, la quale si fonda su un duplice approccio: integrazione della dimensione di genere nelle diverse politiche e adozione di misure specifiche.

2.2.3

L'attuale posizione delle donne sul mercato del lavoro non rispecchia pienamente i progressi da esse realizzati anche in settori chiave quali l'istruzione e la ricerca. L'UE non può permettersi in alcun modo di non ottimizzare il capitale umano di cui dispone: le tendenze demografiche, che si traducono nel calo dei tassi di natalità e nella contrazione della manodopera, sono infatti problemi che minacciano il ruolo politico ed economico dell'UE.

2.2.4

Il CESE accoglie inoltre con favore l'impegno della Commissione ad affrontare e eliminare la violenza sessuale e la tratta di esseri umani, fenomeni che rappresentano altrettanti ostacoli alla realizzazione della parità tra i sessi e che violano i diritti fondamentali delle donne.

2.2.5

Sostiene inoltre l'impegno della Commissione a interrogarsi sulle sfide che si pongono a livello mondiale, e a tutelare e integrare sistematicamente i diritti delle donne nelle politiche, nelle azioni e nei pertinenti programmi esterni dell'UE.

2.3   Osservazioni specifiche sulla Parte I — Ambiti prioritari dell'azione a favore della parità tra donne e uomini

2.3.1

Per intervenire efficacemente nei settori prioritari indicati nella tabella di marcia, occorre mettere a punto strategie integrate e garantire che la parità tra donne e uomini sia esplicitamente considerata e integrata in tutte le politiche al livello più appropriato, sia esso comunitario o nazionale. I meccanismi e le risorse dell'UE vanno potenziati ai fini di un'efficace integrazione della dimensione di genere a livello nazionale, conformemente al patto europeo per la parità di genere adottato in occasione del Consiglio di primavera 2006.

2.3.2

Il monitoraggio concreto della tabella di marcia va effettuato in cooperazione con gli Stati membri. Per quanto esistano già indicatori che permettono di seguire i progressi realizzati, è importante mettere a punto dati comparabili a livello UE.

2.3.3   Realizzare una pari indipendenza economica per le donne e gli uomini

2.3.3.1   Conseguire gli obiettivi di Lisbona in tema di occupazione

2.3.3.1.1

Gli obiettivi di Lisbona richiedono che il tasso di occupazione femminile raggiunga il 60 % entro il 2010. Malgrado gli impegni assunti dagli Stati membri in riferimento alla strategia di Lisbona, il programma di crescita e occupazione e l'esistenza di una serie di norme comunitarie vincolanti sulla parità di genere nelle assunzioni, tra le donne e gli uomini permangono notevoli disparità. Il tasso di occupazione femminile è inferiore a quello maschile (55,7 % contro il 70 %) e scende ulteriormente (31,7 %) per quanto riguarda le donne tra i 55 e i 64 anni. Anche il tasso di disoccupazione femminile risulta più elevato di quello maschile (9,7 % rispetto al 7,8 %). Ne consegue la necessità di potenziare la dimensione di genere della strategia di Lisbona per la crescita e l'occupazione.

2.3.3.1.2

La Commissione concentra la propria attenzione sul rispetto della legislazione in materia di parità di trattamento, su un uso efficace dei nuovi fondi strutturali e sulla necessità di rendere il lavoro remunerativo, in particolare attraverso l'individualizzazione dei diritti connessi ai regimi fiscali e previdenziali. Il CESE accoglie con favore la creazione dell'Istituto europeo per l'uguaglianza di genere, ma ritiene che perché esso funzioni in modo efficace servano risorse umane e finanziarie adeguate (2).

2.3.3.1.3

Il Comitato riconosce che per accrescere il tasso di partecipazione femminile al mercato del lavoro occorre fissare delle priorità comuni nel coordinamento delle politiche in materia di occupazione. Nel valutare i programmi nazionali di riforma, la Commissione deve assicurarsi che il problema delle disparità fra i sessi sia affrontato in via prioritaria e che si adottino i necessari provvedimenti.

2.3.3.1.4

Il CESE ritiene che i governi nazionali, gli enti nazionali per le pari opportunità e le parti sociali di tutti gli Stati membri abbiano il preciso dovere di accertarsi che i sistemi retributivi da essi adottati non diano origine a disparità retributive tra uomini e donne.

2.3.3.1.5

Il Comitato esprime il timore che certe nuove forme di organizzazione del lavoro possano tradursi nello sfruttamento dei lavoratori e in impieghi precari spesso assegnati alle donne, ed è convinto che si debba raggiungere un equilibrio tra flessibilità e sicurezza del lavoro.

Il CESE ritiene che per favorire l'integrazione delle donne nel mercato del lavoro sia fondamentale disporre di dati attendibili e comparabili ripartiti per sesso, che mostrino le barriere all'occupazione delle donne disabili.

2.3.3.2   Eliminare la disparità retributiva

2.3.3.2.1

Nonostante la legislazione comunitaria sulla parità retributiva, nell'UE le donne guadagnano in media il 15 % di meno degli uomini (3), un divario che tende a ridursi a un ritmo molto più lento di quello occupazionale. Il persistere di tale disparità è dovuto sia alla discriminazione diretta e indiretta contro le donne sia a una serie di ineguaglianze strutturali, quali la segregazione in settori, professioni e modalità di lavoro, l'interruzione della carriera per occuparsi dei figli e di altri familiari, l'accesso all'istruzione e alla formazione, sistemi di valutazione e di retribuzione discriminanti e stereotipi sessisti. Non sempre le risorse tecniche, umane e finanziarie necessarie al riguardo sono disponibili in tutti gli Stati membri.

2.3.3.2.2

Nella sua prossima comunicazione sul divario retributivo e sul coinvolgimento delle parti sociali, la Commissione dovrebbe assicurarsi che vi sia maggiore conformità tra le disposizioni giuridiche nazionali sulla parità di diritti, e che si prevedano forme agevoli di ricorso.

2.3.3.3   Le donne imprenditrici

2.3.3.3.1

Le donne costituiscono in media il 30 % degli imprenditori dell'UE. Spesso incontrano più difficoltà degli uomini nell'avviare un'impresa e nell'accedere ai finanziamenti e alla formazione. Il piano d'azione UE sull'imprenditorialità va reso più incisivo e più attento alla dimensione di genere. È necessario promuovere l'imprenditorialità femminile, l'informazione e il sostegno all'avviamento, con l'intento di favorire la creazione e lo sviluppo di nuove imprese: a tal fine si può ricorrere a vari sistemi, come ad esempio un accesso agevolato ai finanziamenti per le imprese in fase di avviamento. Servono inoltre strategie tali da migliorare l'accesso delle donne ai crediti e ai servizi bancari. Le donne imprenditrici dovrebbero inoltre essere messe in grado di collegarsi in rete con le istituzioni finanziarie per creare programmi di sostegno calibrati sulle loro esigenze, specie in materia di microfinanziamenti.

2.3.3.3.2

I programmi scolastici nazionali di livello secondario e superiore dovrebbero comprendere l'educazione all'imprenditorialità, soprattutto per le donne, in modo da favorire una cultura della partecipazione femminile allo sviluppo di idee innovative in questo settore. Non tutte le donne, però, desiderano lavorare in proprio: per questo, i programmi scolastici nazionali dovrebbero anche informarle sui loro diritti in materia di occupazione e incoraggiarle a impiegarsi in settori «non tradizionali».

2.3.3.3.3

L'adozione di una politica specifica, ma integrata, in materia di imprenditoria femminile contribuirebbe in particolare a ridurre il divario occupazionale in settori tecnici quali l'ingegneria e i servizi legati alle TIC, e in genere negli impieghi qualificati.

2.3.3.4   Parità tra donne e uomini nella protezione sociale e lotta contro la povertà

2.3.3.4.1

I sistemi previdenziali dovrebbero eliminare tutti i disincentivi che scoraggiano l'ingresso e la permanenza di donne e uomini nel mercato del lavoro, e consentire invece l'accumulo di diritti pensionistici individuali. Le donne dovrebbero poter beneficiare di diritti a pensione, e per garantire loro tale diritto bisognerebbe ideare modelli previdenziali alternativi. Le donne restano più soggette degli uomini a carriere brevi o a interruzioni di carriera, il che dà loro meno diritti degli uomini. Ciò aumenta il rischio di povertà, in particolare per le madri sole, le donne più anziane o quelle che lavorano in imprese a conduzione familiare, ad esempio nel settore agricolo e della pesca o in quello manifatturiero e della vendita al dettaglio. Gli Stati membri dovrebbero inoltre assicurare la protezione delle immigrate dallo sfruttamento in tali settori.

2.3.3.4.2

Bisognerebbe intensificare le strategie volte a consentire alle donne a rischio di povertà, siano esse dentro o fuori del mercato del lavoro, di sviluppare competenze spendibili sul mercato, che garantiscano loro la futura indipendenza finanziaria (4).

2.3.3.4.3

Il CESE propone di intensificare le strategie relative all'uguaglianza tra i sessi in materia di protezione sociale e lotta alla povertà, in modo tale che i regimi fiscali e previdenziali tengano conto delle esigenze delle donne a rischio di povertà, con particolare attenzione alle ragazze madri. Servirebbero inoltre proposte operative concrete per incoraggiare i genitori soli a sviluppare competenze spendibili sul mercato e facilitarne l'accesso all'occupazione. In alcuni Stati membri, in particolare, si avverte in maniera sempre più acuta l'esigenza di rivedere lo scarto, attualmente piuttosto ridotto, tra indennità di disoccupazione e assegni supplementari per le persone a carico, da un lato, e retribuzione nazionale minima, dall'altro.

2.3.3.4.4

In pratica, per rendere il lavoro più attraente non bisognerebbe limitarsi a intervenire sulle retribuzioni, ma proporre anche incentivi non finanziari come la flessibilità del lavoro o le possibilità di formazione per i lavoratori meno qualificati. Si dovrebbero inoltre prevedere strutture di custodia dei bambini, con finanziamenti adeguati, per le famiglie — siano esse mono o biparentali — a rischio di povertà e con due o più figli.

2.3.3.4.5

Il rischio di povertà è massimo tra le famiglie monoparentali (il 35 % della media europea), che nell'85 % dei casi hanno un capofamiglia donna. Anche le donne con più di 65 anni sono a elevato rischio di povertà. Le donne meno qualificate, dal canto loro, rischiano di perdere il lavoro prima di aver raggiunto l'età della pensione.

2.3.3.5   Riconoscere la dimensione di genere nel settore sanitario

2.3.3.5.1

Le donne e gli uomini sono esposti a rischi sanitari, malattie, problemi e pratiche specifiche che incidono in vario modo sulla loro salute. Tali fattori comprendono in particolare questioni ambientali come l'utilizzo di sostanze chimiche (cfr. la proposta REACH) e di pesticidi che spesso vengono trasmessi attraverso l'allattamento. La ricerca medica in corso e le attuali norme in materia di sicurezza e salute riguardano prevalentemente gli ambiti professionali dominati da una maggiore presenza maschile. Le conoscenze e le ricerche in questo settore andrebbero approfondite anche da un punto di vista femminile, e a tal fine servirebbero ulteriori statistiche e indicatori.

2.3.3.5.2

Nel quadro della strategia intesa a migliorare la salute e la sicurezza delle donne sul lavoro nei settori in cui le donne sono più numerose, le strategie nazionali per la salute e le cure di lunga durata dovrebbero includere politiche integrate relative alle norme sanitarie sul lavoro per gli agricoltori donne e in generale affrontare il problema della salute delle donne nelle famiglie di agricoltori. Esse dovrebbero inoltre prevedere azioni di informazione e di educazione alle tematiche dell'emancipazione.

2.3.3.5.3

Il CESE esorta inoltre a considerare, a studiare e ad analizzare più a fondo gli effetti derivanti dall'esigenza di assistere familiari malati e il conseguente deterioramento della salute fisica e mentale delle donne.

2.3.3.5.4

Il CESE concorda con gli obiettivi UE relativi alla parità tra donne e uomini e propone di integrarli nel metodo aperto di coordinamento, insistendo sull'opportunità di applicare tale metodo al settore della sanità e potenziando nel contempo i programmi di prevenzione. Appare inoltre necessario intensificare le iniziative che affrontano in una prospettiva di genere le malattie sessualmente trasmissibili (incluso l'HIV/AIDS) e le questioni di salute sessuale e riproduttiva.

2.3.3.6   Combattere la discriminazione multipla, in particolare nei confronti delle donne migranti e appartenenti a minoranze etniche

2.3.3.6.1

Le donne appartenenti a gruppi svantaggiati versano spesso in una situazione peggiore rispetto alle controparti maschili e sono vittime di forme multiple di discriminazione. Promuovere la parità tra i sessi nelle politiche di immigrazione e di integrazione è necessario per difendere i diritti e la partecipazione civica delle donne, valorizzarne pienamente il potenziale occupazionale e migliorarne l'accesso all'istruzione e alla formazione permanente.

2.3.3.6.2

Il CESE deplora che gli obiettivi dell'Aia, adottati dal Consiglio europeo e destinati al settore della libertà, della sicurezza e della giustizia per il periodo 2005-2010, non tengano conto delle specifiche esigenze delle donne migranti. Il Comitato riconosce il fenomeno della femminilizzazione dell'emigrazione e raccomanda che il tema della parità tra i sessi venga pienamente integrato nelle politiche e nelle azioni comunitarie a ogni stadio del processo migratorio, in particolare nella fase di ammissione e di inserimento nelle società di accoglienza.

2.3.3.6.3

Il recepimento e l'attuazione degli attuali strumenti in materia di asilo, in particolare la protezione temporanea e le norme minime di accoglienza, sono conformi agli obblighi derivanti dalle convenzioni internazionali sui diritti dell'uomo e alla Convenzione di Ginevra del 1951. Inoltre, le politiche in materia di asilo dovrebbero tenere presente la natura sessista della persecuzione di cui sono vittime le donne che fuggono dal loro paese per questo motivo.

2.3.3.7   Azioni chiave definite dalla Commissione in questo settore

2.3.3.7.1

Il CESE approva le azioni chiave definite dalla Commissione, specie quelle che attribuiscono la priorità al monitoraggio e a una maggiore integrazione della dimensione di genere. Il Comitato concorda con le iniziative volte a razionalizzare il metodo aperto di coordinamento in settori come le pensioni, l'inclusione sociale, la salute e le cure di lunga durata, concentrandosi soprattutto sulla promozione della parità tra uomini e donne (5).

2.3.4   Favorire l'equilibrio tra attività professionale e vita familiare

2.3.4.1

Il CESE riconosce l'importanza di mettere a punto apposite misure, con la definizione di obiettivi e indicatori precisi, per garantire la disponibilità di servizi di custodia per l'infanzia dalla nascita alla scolarità obbligatoria, nonché di servizi di assistenza abbordabili e accessibili per le altre persone a carico, dato che tale disponibilità ha un'incidenza diretta sulla partecipazione femminile al lavoro retribuito. Occorrerebbe inoltre istituire servizi di doposcuola per gli adolescenti che ricalcassero gli orari di lavoro dei genitori.

2.3.4.2

Il CESE concorda con l'importanza attribuita alla necessità di favorire l'equilibrio tra vita privata e vita lavorativa, e riconosce che i vantaggi derivanti dalla flessibilità degli orari di lavoro non vengono ancora sfruttati nella dovuta misura. Il Comitato esprime il timore che certe nuove forme di organizzazione del lavoro possano tradursi nello sfruttamento dei lavoratori e in impieghi precari spesso assegnati alle donne, ed è convinto che si debba trovare il giusto equilibrio tra flessibilità e sicurezza del lavoro.

2.3.4.3

L'UE ha riconosciuto l'importanza di tendere a un equilibrio tra vita privata e vita professionale per le donne e gli uomini (6). La ripartizione dei compiti domestici e di assistenza in casa va modificata in modo da ottenere la stessa proporzione tra uomo e donna. Il ruolo degli uomini nell'ambito familiare deve essere potenziato. Inoltre, nel quadro dei dibattiti in corso sulla revisione della direttiva in materia di orario di lavoro, è necessario stabilire orari di lavoro compatibili con le responsabilità familiari.

Il CESE riconosce l'importanza di mettere a punto apposite misure, con la definizione di obiettivi e indicatori precisi, per garantire la disponibilità di servizi di assistenza ai bambini, agli anziani e ai disabili non autonomi.

2.3.5   Promuovere la pari partecipazione delle donne e degli uomini al processo decisionale

2.3.5.1

Il problema della sottorappresentazione femminile in politica, nei processi decisionali relativi all'economia, nonché nel mondo delle scienze e della tecnologia non è ancora stato affrontato in modo efficace. Le azioni chiave proposte dalla Commissione puntano a combattere questa situazione antidemocratica, ma ciononostante l'impegno degli Stati membri a intraprendere le necessarie misure in tal senso resta molto debole. Il fenomeno della segregazione è evidente sia nel settore pubblico che in quello privato: in entrambi, infatti, le donne sono sottorappresentate ai livelli più alti e nelle posizioni di responsabilità.

2.3.5.2

Il Comitato raccomanda pertanto di fissare obiettivi e scadenze in materia di parità di genere, in modo da accrescere la partecipazione femminile a tutte le forme di decisione. Ritiene infatti che così facendo si potrebbe rafforzare efficacemente la presenza femminile nella leadership politica, nei processi decisionali economici, nelle scienze e nella tecnologia.

2.3.5.3

Tutte le istituzioni europee dovrebbero inoltre realizzare misure efficaci di azione positiva a tutti i livelli in cui le donne sono sottorappresentate nei processi decisionali, conformemente all'articolo 1 quinquies (96) dello Statuto dei funzionari delle Comunità europee del 1o maggio 2004 (7). L'esito di tali misure di azione positiva dovrebbe essere regolarmente monitorato e reso noto.

2.3.6   Eliminare la violenza basata sul genere e la tratta di esseri umani

2.3.6.1

La Commissione è impegnata a lottare contro ogni forma di violenza. Le donne sono le principali vittime della violenza sessuale. Il CESE ha affrontato di recente tale tematica in un parere di iniziativa sulla violenza domestica contro le donne (8). Questo tipo di violenza ostacola l'inclusione sociale delle donne e in particolare la loro inclusione nel mercato del lavoro, e produce quindi emarginazione, povertà e dipendenza finanziaria e materiale. È necessario mettere a punto un piano d'azione europeo sulla violenza contro le donne.

2.3.6.2

La tratta di esseri umani non può essere combattuta in forma isolata. Essa è infatti parte integrante del crimine organizzato e necessita quindi della cooperazione fra tutti gli Stati membri per una politica di sicurezza più coerente e un quadro giuridico comune che consenta di operare efficacemente in quest'ambito. Gli obiettivi dell'UE in materia sono definiti dal programma dell'Aia (9) e dalla convenzione delle Nazioni Unite sulla criminalità transnazionale organizzata (10). Il CESE ha adottato un parere che sottolinea l'importanza di proteggere efficacemente la sicurezza dei cittadini in una società libera e aperta nell'ambito di un sistema giuridico rispettoso dello Stato di diritto (11).

2.3.6.3

Le donne vittime del traffico di esseri umani non andrebbero soggette al rimpatrio forzato nei paesi di origine, perché in questo modo rischiano di ricadere nelle mani dei trafficanti. Viceversa, bisognerebbe concedere loro il diritto di risiedere nel paese in cui sono state portate, ferma restando la necessità di prendere le dovute precauzioni contro eventuali abusi.

2.3.6.4

Il Comitato invita gli Stati membri a garantire l'attuazione di misure intese ad accordare più diritti e assistenza alle donne vittime dei traffici finalizzati allo sfruttamento sessuale. Per affrontare il problema della crescente domanda di servizi sessuali è necessario intensificare le campagne di sensibilizzazione specificamente mirate ai clienti. Questa azione dovrebbe inscriversi nel quadro di una più ampia campagna educativa volta ad ampliare l'accesso dei cittadini a lavori e a fonti di finanziamento alternative.

2.3.6.5

Gli Stati membri dovrebbero inoltre considerare l'eventualità di criminalizzare l'acquisto di servizi sessuali o, quanto meno, offrire maggiore protezione alle vittime di tali traffici o alle persone che prendono parte contro la loro volontà al commercio sessuale.

2.3.7   Eliminare gli stereotipi di genere nella società

2.3.7.1

Il CESE condivide il punto di vista della Commissione, secondo cui i media svolgono un ruolo essenziale nel forgiare gli atteggiamenti e i comportamenti individuali. Le azioni proposte per eliminare gli stereotipi sessisti nella scuola, nel mercato del lavoro e nei media affrontano tali problemi e forniscono orientamenti agli Stati membri.

2.3.7.2

Nel riconoscere che l'accesso delle donne al mondo dei media e, in particolare, alle posizioni di responsabilità in tale settore resta insufficiente, il CESE concorda con la necessità di formulare politiche in materia di pari opportunità e di media. Il Comitato raccomanda dunque:

(a)

che si mettano a punto azioni paneuropee di sensibilizzazione basate sulla «tolleranza zero» per quanto riguarda gli insulti sessisti e le immagini degradanti delle donne nei media;

(b)

che, conformemente alla direttiva proposta dalla Commissione sul coordinamento di determinate disposizioni riguardanti l'esercizio delle attività televisive (12), gli Stati membri accertino l'assenza di discriminazioni basate su razza, sesso o nazionalità nelle comunicazioni commerciali audiovisive;

(c)

che si incoraggi l'introduzione di moduli sulle problematiche di genere negli organismi preposti alla formazione degli operatori dei media e l'elaborazione di meccanismi rigorosi volti a garantire l'equilibrio tra donne e uomini a tutti i livelli decisionali nell'industria dei media;

(d)

che il sistema radiotelevisivo pubblico si configuri come uno strumento indipendente, con una missione di servizio pubblico consistente nel garantire i diritti umani e la parità tra i sessi.

2.3.7.3

Il CESE concorda con l'azione di sensibilizzazione proposta nel quadro del piano della Commissione per la democrazia, il dialogo e il dibattito (il cosiddetto Piano D) (13), nonché con le attività realizzate in materia dai suoi uffici di rappresentanza nei vari Stati membri.

2.3.8   Promuovere la parità tra donne e uomini al di fuori dell'UE

2.3.8.1

Il CESE sostiene il ruolo della Commissione nel promuovere i diritti delle donne su scala internazionale.

2.3.8.2

Le politiche esterne e di sviluppo dell'UE dovrebbero tenere presente che le donne svolgono un ruolo essenziale nell'eliminazione della povertà e che la loro emancipazione sul piano economico, educativo, politico e sessuale incide non solo su di esse, ma anche sulle loro famiglie e sull'intera comunità.

2.3.8.3

L'UE deve inoltre garantire l'integrazione e il monitoraggio delle esigenze e delle prospettive femminili al livello sia nazionale che comunitario, e assicurarsi che le donne abbiano un accesso adeguato agli aiuti finanziari dell'UE nel quadro della politica comunitaria di aiuto allo sviluppo.

2.3.8.4

Nel quadro degli interventi in caso di crisi, appare necessario integrare la prospettiva di genere nella politica europea in materia di sicurezza e di difesa (PESD), conformemente alla risoluzione 1325 dell'ONU (14) e alla risoluzione europea del novembre 2000 sulla partecipazione delle donne alla risoluzione pacifica dei conflitti.

2.3.8.5

La politica di aiuto umanitario della Commissione europea (ECHO) dovrebbe considerare prioritari l'aiuto e l'assistenza finanziaria alle donne vittime di atti di violenza sessuale commessi nel corso di conflitti bellici, ed esplorare le possibilità di ricorso attraverso i meccanismi di diritto internazionale nei periodi successivi a tali conflitti.

2.4   Parte II: Migliorare la governance sulla parità tra i sessi

2.4.1

La parità tra i sessi può essere ottenuta solo attraverso un impegno forte e chiaro ai massimi livelli politici. La Commissione promuove l'uguaglianza tra donne e uomini al proprio interno (15) e sostiene un certo numero di strutture attive nelle questioni di uguaglianza tra i sessi, il che ha portato a progressi significativi in questo campo. Tuttavia, negli ambiti chiave individuati nella tabella di marcia restano ancora da compiere importanti progressi, progressi che necessitano di una migliore governance a tutti i livelli: istituzioni UE, Stati membri, Parlamenti, parti sociali e società civile. A livello nazionale è fondamentale il sostegno dei ministri delle Pari opportunità.

2.4.2

Il Comitato raccomanda di rafforzare le strutture esistenti al livello della Commissione per promuovere la parità tra i sessi attraverso una maggiore coerenza e migliori sistemi di collegamento in rete, oltre che attraverso il potenziamento dei meccanismi di consultazione e di dialogo con la società civile organizzata. Sarebbe opportuno intensificare il sostegno e il riconoscimento alle ONG femminili nazionali, come pure le sinergie basate sul principio della democrazia partecipativa.

2.4.3

Il CESE auspica inoltre l'introduzione di una formazione obbligatoria in materia di integrazione di genere e di sensibilizzazione alle questioni di parità tra i sessi nel quadro dell'architettura istituzionale dell'UE.

2.4.4

Il Comitato raccomanda infine di creare, nell'ambito della DG Bilancio, un gruppo di lavoro incaricato di integrare gli aspetti di genere nell'elaborazione del bilancio, e di procedere a una valutazione annuale dell'impatto del bilancio comunitario distinta per genere.

2.4.5

Il CESE ritiene essenziale monitorare i progressi realizzati nell'attuazione della tabella di marcia, per garantire la realizzazione degli obiettivi in essa definiti. La revisione intermedia in programma nel 2008 dovrebbe inoltre servire, se necessario, a mettere a punto ulteriori misure appropriate in ambiti diversi da quelli individuati finora, in attesa che giunga il 2010 e con esso la prossima tappa della tabella di marcia.

Bruxelles, 13 settembre 2006

La Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Anne-Marie SIGMUND


(1)  Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 89/552/CEE del Consiglio relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l'esercizio delle attività televisive (COM(2005) 646 def.).

http://europa.eu.int/eur-lex/lex/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2005:0646:FIN:IT:HTML.

(2)  Parere CESE del 28.9.2005 in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che costituisce un Istituto europeo per l'uguaglianza di genere (relatrice: ŠTECHOVÁ), GU C 24 del 31.1.2006, pag. 29.

http://eur-lex.europa.eu/JOHtml.do?textfield2=24&year=2006&Submit=Search&serie=C.

(3)  Divario non aggiustato.

(4)  Parere del CESE del 29.9.2005 sul tema Le donne e la povertà nell'Unione europea (relatrice: KING), GU C 24 del 31.1.2006, pag. 95.

http://eur-lex.europa.eu/JOHtml.do?textfield2=24&year=2006&Submit=Search&serie=C.

(5)  Cfr. punto 5.2.2 del parere del CESE del 20.4.2006 in merito alla strategia per il coordinamento aperto in materia di protezione sociale (relatore: OLSSON), GU C 185 dell'8.8.2006, pag. 87.

http://eur-lex.europa.eu/JOHtml.do?textfield2=24&year=2006&Submit=Search&serie=C.

(6)  Risoluzione del Consiglio e dei ministri incaricati dell'occupazione e della politica sociale, riuniti in sede di Consiglio, del 29 giugno 2000, concernente la partecipazione equilibrata delle donne e degli uomini all'attività professionale e alla vita familiare (2000/C 218/02).

http://europa.eu.int/infonet/library/m/2000c21802/it.htm.

(7)  Cfr. http://www.europa.eu.int/comm/dgs/personnel_administration/statut/tocit100.pdf.

(8)  Parere CESE del 16.3.2006 sul tema Violenza domestica contro le donne (relatrice: HEINISCH), GU C 110 del 9.5.2006, pag. 89.

http://eur-lex.europa.eu/JOIndex.do?year=2006&serie=C&textfield2=110&Submit=Search.

(9)  Cfr. http://ec.europa.eu/justice_home/news/information_dossiers/the_hague_priorities/index_en.htm (in inglese).

(10)  Cfr. http://www.unodc.org/unodc/crime_cicp_convention.html (in inglese).

(11)  Parere del CESE del 15.12.2005 in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeoIl programma dell'Aia: dieci priorità per i prossimi cinque anniPartenariato per rinnovare l'Europa nel campo della libertà, sicurezza e giustizia (relatore: PARIZA CASTAÑOS), GU C 65 del 17.3.2006, pag. 120.

http://eur-lex.europa.eu/JOIndex.do?year=2006&serie=C&textfield2=65&Submit=Search.

(12)  COM(2005) 646 def. (cfr. nota 2).

(13)  Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Il contributo della Commissione al periodo di riflessione e oltre: un Piano D per la democrazia, il dialogo e il dibattito (COM(2005) 494 def.).

http://europa.eu.int/eur-lex/lex/LexUriServ/site/it/com/2005/com2005_0494it01.pdf.

(14)  Cfr. http://www.peacewomen.org/un/sc/1325.html (disponibile solo in inglese), adottata il 31.10.2000.

(15)  Allegato III della comunicazione.


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