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Document 52006AE1172

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Qualità della vita professionale, produttività e occupazione di fronte alla globalizzazione e alle sfide demografiche

GU C 318 del 23.12.2006, p. 157–162 (ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, NL, PL, PT, SK, SL, FI, SV)

23.12.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 318/157


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Qualità della vita professionale, produttività e occupazione di fronte alla globalizzazione e alle sfide demografiche

(2006/C 318/27)

La presidenza finlandese del Consiglio, in data 17 novembre 2005, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo sul Qualità della vita professionale, produttività e occupazione di fronte alla globalizzazione e alle sfide demografiche.

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 13 luglio 2006, sulla base del progetto predisposto dalla relatrice ENGELEN-KEFER.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 13 settembre 2006, nel corso della 429a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 116 voti favorevoli, 3 voti contrari e 8 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

L'Agenda di Lisbona è la risposta europea alle sfide della globalizzazione. Per migliorare la competitività dell'Europa a livello internazionale è infatti necessario promuovere un'interazione positiva fra le politiche economica, occupazionale, sociale e ambientale. Questo implica per l'economia europea la necessità di sfruttare le opportunità offerte dalla globalizzazione creando posti di lavoro in settori economici di punta e generando una maggiore crescita mediante le innovazioni. L'Europa dovrebbe puntare sui suoi punti di forza (che consistono nella qualità elevata dei suoi prodotti e servizi, nella sua forza lavoro altamente qualificata e nel suo modello sociale) e competere con i suoi concorrenti a livello internazionale facendo leva sulla qualità anziché rincorrere le retribuzioni e le garanzie sociali più basse, condannandosi in questo modo ad una strategia sicuramente perdente. Per puntare sulla competitività qualitativa occorre una strategia globale basata sull'innovazione che si estenda fino al livello microeconomico, ossia coinvolga anche le strutture aziendali e la qualità della vita professionale.

1.2

Per quanto l'obiettivo programmatico dell'Agenda di Lisbona sia quello di creare non solo nuovi ma anche migliori posti di lavoro, il dibattito sulla sua attuazione ha sinora trascurato questo aspetto qualitativo. Il miglioramento della qualità della vita professionale è un fattore chiave per promuovere la crescita della produttività e la capacità innovativa delle imprese; altrettanto importante è un incremento degli investimenti per la ricerca e sviluppo, degli investimenti di carattere generale, nonché di quelli nella formazione generale e professionale e nella formazione permanente, necessario per far fronte alle esigenze della società della conoscenza e dell'informazione. Ciò è comprovato da vari studi scientifici condotti sul rapporto che intercorre fra qualità della vita professionale e produttività e sull'importanza che il concetto di «buon lavoro» riveste per i lavoratori interessati in termini di motivazione e di disponibilità ad impegnarsi.

1.3

La nozione di qualità del lavoro comporta tutta una serie di aspetti diversi: tra questi figurano ad esempio misure per evitare o almeno ridurre i rischi per la salute, l'organizzazione dell'attività sul posto di lavoro nonché la sicurezza sociale, che a sua volta implica un reddito adeguato, la possibilità di perfezionare le competenze e qualifiche, nonché la possibilità di conciliare meglio la vita lavorativa e quella familiare. Gli studi condotti dalla Fondazione di Dublino per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro e presentati al CESE hanno evidenziato che dei miglioramenti in tutti questi aspetti hanno ricadute positive sulla produttività del lavoro. A tale riguardo assume una particolare importanza la promozione delle misure a favore della salute adottate a livello aziendale su base volontaria. La sicurezza del posto di lavoro, condizioni di lavoro positive per la salute, così come forme di organizzazione del lavoro che lasciano ai lavoratori un maggior margine di manovra nella loro attività costituiscono fattori importanti per accrescere sia la produttività sia la capacità innovativa, la quale risente anche delle condizioni sociali. Il CESE ritiene pertanto che sia le strutture aziendali sia la cultura d'impresa dovrebbero tenerne conto. La strategia di Lisbona va quindi attuata anche al livello delle imprese, dove gli obiettivi economici s'intrecciano con quelli sociali, e ciò comporta un ruolo importante per il dialogo sociale.

1.4

Per migliorare la qualità del lavoro occorre una strategia globale, che tenga conto sia della trasformazione del mondo del lavoro sia delle particolari esigenze dei lavoratori anziani. In linea con l'obiettivo di «benessere sul lavoro» perseguito dalla Commissione con la strategia comunitaria per la salute e la sicurezza sul posto di lavoro, è in primo luogo importante prevenire i rischi per la salute e ridurre costantemente gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. In questo contesto si dovrà prestare un'attenzione particolare ai rapporti di lavoro precari caratterizzati da una scarsa protezione sociale. Altrettanto importante è però promuovere la soddisfazione sul lavoro e la disponibilità dei lavoratori a impegnarsi, attuando nuove forme di organizzazione del lavoro. Le forme di lavoro basate sulla cooperazione e su rapporti gerarchici trasversali e caratterizzate da una maggiore autonomia, come il lavoro di squadra o in équipe, permettono ai singoli di utilizzare a fondo le proprie conoscenze e capacità e tengono conto allo stesso tempo delle accresciute esigenze di flessibilità dell'economia. Delle buone condizioni di lavoro e delle modalità di organizzazione del lavoro che offrono adeguati margini di manovra e possibilità di partecipazione costituiscono un presupposto importante per migliorare la produttività del lavoro e al tempo stesso rafforzare la capacità innovativa delle imprese. Il Comitato appoggia pertanto la nozione di «flessicurezza», la quale implica un rapporto equilibrato tra flessibilità e sicurezza sociale, in linea con quanto approvato dall'ultimo Consiglio Occupazione, politica sociale, salute e consumatori del 1o e 2 giugno 2006.

1.5

Il CESE invita a commissionare ulteriori studi sul rapporto che intercorre fra la qualità del lavoro e la produttività, e considera che la Fondazione di Dublino si presterebbe particolarmente bene a svolgere questo compito. Il CESE propone inoltre di mettere a punto un indice europeo della qualità del lavoro, composto di diversi criteri di definizione del «buon lavoro» elaborati sulla base di studi specifici, da tenere regolarmente aggiornato e reso pubblico. Un indice di questo tipo potrebbe contribuire ad evidenziare i cambiamenti e progressi intervenuti, e al tempo stesso offrire un punto di partenza per nuove iniziative volte a migliorare la qualità della vita lavorativa. È opportuno che le parti sociali siano associate a tale azione e possano esprimere regolarmente il loro punto di vista.

2.   Argomentazioni e osservazioni

2.1   Antecedenti e contesto generale

2.1.1

In previsione del semestre di presidenza finlandese della seconda metà del 2006, il governo della finlandia ha chiesto al CESE di elaborare un parere esplorativo sul tema della qualità della vita professionale, della produttività e dell'occupazione, tema che nelle sua intenzioni dovrebbe costituire uno dei fulcri del dibattito politico.

2.1.2

Questo parere esplorativo esaminerà pertanto in quale misura la qualità del lavoro costituisca un fattore per accrescere la produttività e favorire la crescita economica, e quale contributo il miglioramento della qualità del lavoro possa fornire allo sviluppo della società dell'informazione e della conoscenza, e di conseguenza al conseguimento degli obiettivi di Lisbona. Al riguardo la globalizzazione e i cambiamenti demografici verranno considerati come elementi del contesto generale.

2.2   Introduzione

2.2.1

La globalizzazione comporta sì dei rischi, ma anche delle nuove opportunità. Il rischio è quello che a causa dell'inasprimento della concorrenza mondiale e della nuova divisione internazionale del lavoro l'economia europea vada incontro, se non riuscirà a creare occupazione in settori nuovi e promettenti, ad una perdita di posti di lavoro a seguito della ristrutturazione d'imprese e delle delocalizzazioni. Allo stesso tempo le garanzie sociali e il modello sociale europeo in generale sono messi a sempre più dura prova, dal momento che in uno spazio monetario unico i costi salariali e sociali rappresentano un fattore concorrenziale decisivo. Uno studio di Eurostat del marzo 2006 mostra comunque che nel 2005 i costi del lavoro nell'UE a 25 sono aumentati ad un ritmo più lento che negli Stati Uniti. La strategia di lisbona è la risposta europea alle sfide della globalizzazione. La competitività dell'Europa a livello internazionale dovrà essere migliorata promuovendo una sinergia tra le politiche economica, sociale, ambientale e del lavoro.

2.2.2

È chiaro tuttavia che una strategia di aggiustamento imperniata esclusivamente sulla flessibilizzazione del mercato del lavoro e sulla riduzione delle garanzie e delle prestazioni sociali non sarà idonea a conseguire tale obiettivo. Sarebbe invece più opportuno sfruttare le opportunità che la globalizzazione offre all'economia europea, tanto più che l'Europa costituisce un polo produttivo interessante grazie ai seguenti fattori:

il potere di attrazione della zona euro,

democrazie stabili e pace sociale,

affidabilità,

servizi pubblici efficienti,

infrastrutture evolute.

Il Comitato ritiene importante assicurare un rapporto equilibrato tra fattori come la flessibilità e la sicurezza sociale, che dovrebbero confluire in una «flessicurezza». Per garantire questo giusto equilibrio tra i due fattori sul mercato del lavoro occorrono quattro elementi: «la disponibilità di adeguati accordi contrattuali, di politiche attive del mercato del lavoro, di sistemi effettivi di apprendimento permanente e di moderni regimi di sicurezza sociale» (1). La risoluzione approvata il 1o e 2 giugno 2006 dal Consiglio Occupazione, politica sociale, salute e consumatori illustra in maniera più particolareggiata la nozione di «flessicurezza» precisando che essa implica «accordi contrattuali che garantiscano flessibilità adeguata (…) in equilibrio con la sicurezza e le offerte di attivazione» e che «vanno garantiti diritti adeguati ai lavoratori in tutti i tipi di contratti». Nell'aggiornare i sistemi di sicurezza sociale occorre «tener conto in misura maggiore delle nuove forme di lavoro» e garantire «che le donne possano accumulare diritti a pensione propri». L'assicurazione contro la disoccupazione deve garantire «un reddito sufficiente per vivere a chi sia impossibilitato a lavorare», ma al tempo stesso «occorre incentivare e assistere la ricerca di un'occupazione». Inoltre, «politiche attive del mercato del lavoro, apprendimento permanente e formazione in seno all'azienda sono importanti per spostare l'ottica dalla sicurezza del posto di lavoro verso la sicurezza dell'occupazione» (2). Al riguardo il Comitato si compiace dell'intento di associare all'ulteriore sviluppo della politica relativa alla «flessicurezza» sia le parti sociali che le altre parti interessate.

2.2.3

Quanto alle opportunità offerte dalla globalizzazione, esse possono essere colte concentrandosi in settori economici e innovazioni promettenti e misurandosi nella competizione a livello globale puntando sulla qualità invece che sul dumping sociale e creando nuovi e migliori posti di lavoro. Delle garanzie sociali elevate, pur costituendo un fattore di costo sul piano della concorrenza internazionale, rappresentano al tempo stesso anche un vantaggio di localizzazione in quanto costituiscono un presupposto essenziale per società coese e promuovono sia la capacità innovativa sia la produttività dell'occupazione. Questo ruolo produttivo della politica sociale è l'elemento che caratterizza il modello sociale europeo, fondato «su valori condivisi, come la solidarietà e la coesione, la parità di opportunità e la lotta contro tutte le forme di discriminazione, salute e sicurezza adeguate sul posto di lavoro, accessibilità universale all'istruzione e alla sanità, qualità della vita e del lavoro, sviluppo sostenibile e partecipazione della società civile. [Senza dimenticare il ruolo dei servizi pubblici per la coesione sociale e il dialogo sociale.] Questi valori rappresentano una scelta europea a favore dell'economia sociale di mercato» (3). Per potersi imporre nella concorrenza internazionale l'Europa deve pertanto scommettere su questi elementi, che costituiscono i punti di forza del suo modello sociale (4).

2.2.4

Per realizzare gli obiettivi che l'Unione si è fissata con la strategia di Lisbona sarà assolutamente indispensabile rafforzare la coesione sociale grazie a politiche sociali attive, incrementare la produttività intensificando l'impiego delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC) e migliorare in questo contesto la qualità del lavoro, la motivazione e la soddisfazione professionale dei lavoratori quali presupposti essenziali per le innovazioni. L'innovazione non è solo un fenomeno tecnico che si traduce in nuovi prodotti e nuovi processi produttivi, ma è piuttosto un processo sociale, che dipende dalle persone, dal loro sapere, dalle loro qualificazioni e capacità. Per conseguire gli obiettivi summenzionati occorrono pertanto nuove forme di organizzazione del lavoro in cui le persone possano apportare le loro conoscenze e capacità e partecipare alle decisioni: si pensa ad esempio all'introduzione del lavoro di gruppo e in équipe e ad una migliore collaborazione fra quadri, dirigenti ed altri lavoratori. Una attenzione particolare dovrà essere riservata ai problemi legati ai cambiamenti demografici che modificheranno la piramide di età dei lavoratori. Da un lato ciò renderà necessario creare, attraverso offerte di qualificazione mirate per i più anziani, le condizioni necessarie affinché essi possano adeguarsi ai nuovi profili professionali richiesti dalle trasformazioni tecnologiche e organizzative. D'altro lato occorrerà prendere in considerazione, attraverso forme di organizzazione del lavoro che tengano conto dell'età, il mutato profilo delle prestazioni professionali dei lavoratori anziani. Questi due tipi di interventi presuppongono entrambi un nuovo approccio alla politica del personale da parte delle imprese, che offra più opportunità di lavoro ai lavoratori anziani (5).

2.2.5

L'impulso alle innovazioni, come elemento indispensabile per conseguire gli obiettivi di Lisbona, richiede, oltre a maggiori investimenti nella ricerca e sviluppo, anche altre misure sia a livello statale che al livello delle imprese. Ciò implica saper utilizzare meglio le nuove tecnologie, ma anche modificare le strutture lavorative nelle imprese mediante nuove forme di organizzazione del lavoro che lascino ai singoli lavoratori un maggiore spazio di manovra e migliorino la loro collaborazione con i quadri e i dirigenti. Sarà altresì opportuno garantire una maggiore presenza delle donne negli incarichi di quadro, direttivi e dirigenziali e assicurare loro migliori possibilità di conciliare la vita professionale e quella familiare. Si tratta in sostanza di migliorare le condizioni di lavoro in generale per prevenire lo stress e le malattie professionali — in modo da salvaguardare l'occupabilità, soprattutto dei lavoratori anziani — e di assicurare condizioni di lavoro che tengano conto dell'invecchiamento della popolazione attiva. Al riguardo il Comitato sottolinea l'importanza delle misure aziendali a favore della salute che le imprese offrono ai dipendenti su base volontaria. Un sostegno sotto forma di incentivi pubblici potrebbe favorire l'adozione più frequente di misure di questo tipo, soprattutto nelle PMI. È anche molto importante integrare nell'ambiente di lavoro i giovani, perché le équipe composte di lavoratori di età diverse fanno confluire le competenze dei giovani con l'esperienza dei più anziani favorendo l'emergere delle idee migliori e più innovative.

2.2.6

Uno dei compiti principali delle parti sociali consiste nel regolare le condizioni di lavoro mediante i contratti collettivi. Il dialogo sociale a tutti i livelli riveste quindi un'importanza chiave per il miglioramento della qualità della vita professionale. Per creare condizioni di lavoro rispettose della salute dei lavoratori e promuovere nelle imprese un clima favorevole all'innovazione attraverso forme di organizzazione del lavoro che lascino ai singoli un maggiore margine decisionale e d'azione occorre promuovere la cooperazione con i lavoratori e le loro rappresentanze aziendali instaurando rapporti di partenariato. Solo coinvolgendo gli interessati e quanti rappresentano i loro interessi sarà infatti possibile realizzare l'obiettivo di Lisbona relativo alla creazione di migliori posti di lavoro. Un partenariato per il cambiamento e per una migliore qualità del lavoro che sia ispirato a tali criteri deve cominciare sin dal livello delle imprese, per proseguire poi nel contesto del dialogo sociale ai livelli settoriale e intersettoriale. Il CESE si compiace che alla vigilia della riunione informale tenuta dal Consiglio Occupazione, politica sociale, salute e consumatori il 6 luglio 2006 sia intervenuto fra le parti sociali un primo scambio di vedute cui ha potuto intervenire anche un rappresentante della società civile. Il Comitato confida che le parti sociali possano convenire un contributo comune al dibattito sulla qualità del lavoro, sulla produttività e sull'occupazione, dibattito che è strettamente connesso con l'idea della flessicurezza.

2.3   Crescita, produttività e occupazione

2.3.1

Non è un segreto che gli obiettivi di crescita e occupazione fissati dal Consiglio europeo di Lisbona nel marzo del 2000, quando la situazione economica era relativamente favorevole, sono ben lontani dall'essere raggiunti, tant'è vero che nel documento del 12 luglio 2005 sugli indirizzi di massima per le politiche economiche si riconosce che «rispetto al marzo 2000, l'Unione si è allontanata sotto diversi aspetti dall'immagine di economia più competitiva del mondo che si era prefissata» (6). Si considera che uno dei motivi di tale regresso, oltre al persistere di un livello di disoccupazione elevato, che si traduce in un miglioramento totalmente insufficiente della percentuale d'occupazione (la quale nel 2003 si è attestata al 63 %, e quindi molto al di sotto dell'obiettivo del 70 % fissato per il 2010), stia nel basso incremento della produttività. Già nel novembre 2004 la relazione del gruppo di alto livello sulla strategia di Lisbona presieduto da Wim KOK aveva richiamato l'attenzione su questo punto. «La diminuzione dei tassi di crescita della produttività del lavoro nell'UE verificatasi a metà degli anni '90 può essere attribuita in proporzioni più o meno equivalenti ai minori investimenti per dipendente e al rallentamento del progresso tecnologico» (7). Secondo il gruppo di esperti, questo rallentamento «è stato attribuito agli stessi motivi addotti per spiegare la mancata realizzazione degli obiettivi di Lisbona in Europa: investimenti insufficienti per la R&S e l'istruzione; scarsa capacità di convertire i risultati della ricerca in prodotti e processi commerciabili; minore produttività delle industrie europee che producono TIC e dei servizi europei che le utilizzano dovuta ad una diffusione più lenta di queste tecnologie» (8). L'economia europea registra manifestamente un livello insufficiente d'investimenti in prodotti e tecnologie orientati al futuro e di capacità d'innovazione, aspetti che presuppongono anche investimenti nel potenziale di qualificazione professionale delle persone. Il livello modesto della spesa in ricerca e sviluppo, rispetto all'obiettivo del 3 % del PIL che si era previsto di realizzare entro il 2010, è solo un indicatore di questa situazione. Oltre a ciò, solo il 55 % della spesa per ricerca nell'Unione è finanziata dal settore privato, fatto che è considerato una delle cause fondamentali del «gap» in materia d'innovazione tra gli USA e l'UE (9).

2.3.2

Nella relazione approntata per il vertice di primavera del Consiglio europeo del marzo 2006 la Commissione giunge alla conclusione che l'UE, nonostante tutti gli sforzi, «non riuscirà probabilmente a raggiungere l'obiettivo che si era fissata di portare da qui al 2010 il livello di spesa per la ricerca al 3 % del PIL» (10). In tale contesto essa sottolinea la necessità di rafforzare gli investimenti privati per i quali la politica del mercato interno deve creare un quadro migliore. Insieme ad una politica macroeconomica improntata alla crescita e all'occupazione, solo una strategia di questo tipo, diretta alla promozione delle innovazioni, può condurre a nuovi e migliori posti di lavoro. È un aspetto, questo, che viene ribadito anche nelle conclusioni del vertice di primavera del Consiglio europeo, il quale reclama «un approccio globale alla politica dell'innovazione» comprendente anche investimenti nell'istruzione di carattere generale e nella formazione professionale (11). D'altro canto, la necessità di effettuare investimenti nella conoscenza e nell'innovazione e di adottare le misure connesse a livello sia nazionale che europeo è stata nuovamente ribadita dal Consiglio europeo durante il vertice del 15 e 16 giugno 2006 (12).

2.4   Investimenti nelle risorse umane come presupposto per un'economia innovativa basata sulla conoscenza

2.4.1

In un'economia e in una società basate sulla conoscenza le strutture di produzione e di prestazione dei servizi vengono costantemente rinnovate grazie all'impiego delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione e all'uso di prodotti e processi di produzione innovativi. Ciò implica una trasformazione dell'organizzazione del lavoro nei settori produttivo e amministrativo. Questa trasformazione strutturale comporta delle modifiche dei profili professionali richiesti, di cui bisogna tener conto al livello sia dell'istruzione scolastica e professionale sia della formazione continua. Le conoscenze informatiche e quelle nel campo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC) (o competenze mediatiche), diventano, accanto alle competenze sociali come la capacità di comunicazione e di lavorare in équipe e alla conoscenza delle lingue straniere, fattori decisivi per potersi conformare ai nuovi profili professionali richiesti. L'esigenza di fornire tali competenze chiave va tenuta presente in tutti i rami del sistema d'istruzione perché anche il miglioramento delle qualifiche dei lavoratori concorre a potenziare la capacità d'innovazione delle imprese.

2.4.2

La relazione della task force Occupazione già osserva che l'innalzamento del livello d'istruzione e il costante adeguamento delle qualifiche alle esigenze di un'economia basata sulla conoscenza sono vitali per accrescere l'occupazione. Ciò implica la necessità, da un lato di innalzare il livello generale d'istruzione e dall'altro di agevolare l'accesso alla formazione continua per i diversi profili professionali del settore sia pubblico che privato. In questo ambito dovrebbero avere la precedenza le categorie che presentano bisogni maggiori, ossia le persone scarsamente qualificate, i lavoratori anziani e i dipendenti di PMI. Al riguardo la task force occupazione sottolinea in maniera particolare la responsabilità del mondo economico e chiede ai datori di lavoro di assumersi la responsabilità dello sviluppo delle competenze dei loro salariati (13). Attraverso la combinazione di norme di legge e di regolamentazioni volontarie dovrebbe essere possibile garantire sia un volume sufficiente di investimenti da parte dei datori di lavoro nella formazione continua sia un'equa ripartizione dei costi (attraverso appositi fondi settoriali o regionali, oppure mediante sgravi fiscali o un contributo alla formazione continua, come avviene per esempio in Francia) (14). A giudizio del Comitato l'opportunità della formazione permanente deve essere aperta a tutti i lavoratori.

2.4.3

La relazione del gruppo di esperti ad alto livello sul futuro della politica sociale nell'Unione europea del maggio 2004 raccomanda che nel quadro della strategia per l'occupazione l'Unione europea si preoccupi in primo luogo di dotare il suo intero sistema d'istruzione degli strumenti indispensabili ad un'economia basata sulla conoscenza e di migliorare il sistema d'insegnamento. Il gruppo di esperti avanza una serie di proposte che riguardano tutti i livelli del sistema scolastico e di formazione professionale, soffermandosi in particolare sulla formazione professionale continua, e propone di concordare l'introduzione di un diritto generale alla formazione continua nei contratti collettivi o nei contratti di lavoro individuali. Le imprese dovrebbero inoltre predisporre piani di sviluppo delle competenze personali per ciascun lavoratore e creare al proprio interno un sistema di gestione in materia di formazione continua e di competenze (15). Le buone proposte dunque non mancano: quello che fa invece difetto è la loro attuazione pratica.

2.5   Miglioramento della qualità del lavoro per rafforzare la capacità d'innovazione e migliorare l'integrazione dei lavoratori anziani

2.5.1   Qualità della vita professionale e produttività

2.5.1.1

Il passaggio a un'economia basata sulla conoscenza, capace d'innovare, richiede nuove iniziative per il miglioramento della qualità del lavoro. Condizioni di lavoro rispettose della salute e un'organizzazione del lavoro che consenta maggiore collaborazione fra quadri, dirigenti ed altre qualifiche lavorative, come pure una cooperazione e partecipazione alle decisioni a condizioni di parità favoriscono la soddisfazione e il benessere sul posto di lavoro e contribuiscono così al successo economico di un'impresa. Viceversa, condizioni di lavoro disagiate e nocive per la salute compromettono la qualità della vita e comportano costi sociali e perdite di produttività che si ripercuotono negativamente sulla capacità d'innovazione dell'economia. Ciò è dimostrato da diversi studi scientifici, il cui numero è peraltro troppo esiguo.

2.5.1.2

Uno studio dell'Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (2004) approfondisce il rapporto che intercorre fra qualità del lavoro e produttività (16). Un'osservazione fondamentale dell'indagine è che nell'attuale contesto caratterizzato da una concorrenza più agguerrita il successo di un'impresa non può più essere misurato unicamente sulla base delle cifre di gestione. In effetti, tendono a pesare sempre più altri elementi, come la soddisfazione della clientela, l'ottimizzazione delle relazioni aziendali interne, la capacità innovativa e la flessibilità delle strutture organizzative. Le conclusioni dell'indagine, basate sull'analisi della documentazione utilizzata, confermano che esiste una stretta interconnessione fra condizioni di lavoro soddisfacenti e successo economico di un'impresa. La qualità del lavoro influisce notevolmente sulla produttività e sulla redditività. Più specificatamente, lo studio evidenzia i seguenti tra i fattori che contribuiscono al successo di un'impresa:

il saper collegare gli obiettivi aziendali con le strategie di sviluppo del personale ai fini di un migliore conseguimento degli obiettivi,

un approccio globale alla promozione della salute che punti non solo sulle condizioni di lavoro in quanto tali, ma includa anche la motivazione al lavoro e il comportamento di quadri, direttivi e dirigenti,

delle strategie di promozione della salute soprattutto intese ad evitare i rischi sotto questo profilo,

il miglioramento dei ritmi e processi lavorativi e dell'organizzazione del lavoro in rapporto con le innovazioni tecnologiche.

2.5.1.3

Sulla base di casi di studio riguardanti diversi Stati membri e settori differenti, la medesima indagine identifica, tra i fattori in grado di contribuire al miglioramento della produttività, in particolare i seguenti:

una qualità elevata del lavoro, che comprenda anche condizioni favorevoli per conciliare la vita familiare a quella professionale,

un atteggiamento collaborativo da parte di quadri, direttivi e dirigenti, atto a favorire degli incrementi di produttività,

delle forme di organizzazione del lavoro in grado di lasciare a chi lavora una maggiore autonomia e responsabilità,

nel caso di attività fisicamente gravose, il miglioramento dei metodi di lavoro e delle attrezzature del luogo di lavoro: poiché un'azione in questo senso riduce la fatica e consente una maggiore produttività, risulta particolarmente utile investire in questo campo,

in presenza di attività che comportano particolari inconvenienti o rischi: necessità di trovare soluzioni creative per evitare al massimo gli infortuni. La produttività beneficia infatti grandemente delle minori assenze per malattia.

2.5.1.4

Ultimamente, i fattori di disagio sul lavoro si sono modificati, anche a causa dell'impiego delle TIC. Benché sia certo che continuano a esistere settori, soprattutto nell'industria, in cui rimane predominante il problema della fatica fisica, in generale, si registra un aumento dei fattori di disagio di tipo psicosociale dovuti al ritmo e alla pressione crescenti dell'attività lavorativa e alle nuove tecniche di informazione e comunicazione. Lo stress da lavoro è ormai la principale causa di disagio in tutti i campi di attività e comparti economici e costituisce il maggiore problema per la politica di prevenzione. Ora, secondo lo studio una prevenzione efficace dello stress non solo riduce i costi, ma anche contribuisce a migliorare la produttività in quanto aumenta la motivazione al lavoro e crea un clima migliore nell'ambito dell'impresa.

2.5.1.5

È cresciuta la percentuale di attività che, soprattutto nella new economy, richiedono competenze elevate e sono caratterizzate da un'autonomia accresciuta e da un minor peso della gerarchia. Al tempo stesso, però, la pressione sul lavoro si è fatta più acuta. Le giornate di lavoro hanno limiti sempre più incerti, fenomeno che va di pari passo con nuove patologie, per es. la burn-out syndrome, e nell'insieme compromette la qualità della vita. In alcuni settori si può osservare contemporaneamente anche un'altra tendenza. A causa della pressione crescente dei costi e della concorrenza si abbandonano alcune forme «umane» di organizzazione del lavoro, come per es. il lavoro di squadra nell'industria automobilistica, e vengono reintrodotte strutture di lavoro molto parcellizzate, che richiedono dai lavoratori sforzi concentrati in una sola direzione con corrispondenti rischi per la salute.

2.5.1.6

Aumenta inoltre la percentuale delle forme di lavoro precario (lavori a orario part-time imposto, a tempo determinato e interinali o «in affitto») che comportano per i lavoratori condizioni disagiate, sotto forma sia di mansioni elementari e monotone o fisicamente gravose, sia di un ambiente di lavoro pericoloso per la salute. In questo settore ciò rende particolarmente necessario effettuare degli interventi per la tutela del lavoro e della salute e trovare soluzioni idonee sotto il profilo dell'organizzazione del lavoro.

2.5.1.7

Un sondaggio rappresentativo dell'Istituto internazionale per l'economia sociale empirica (Internationale Institut für empirische Sozialökonomie unter Erwerbstätigen in Deutschland -Inifes) (17) evidenzia le attese che per parte loro i lavoratori nutrono nei confronti di un «buon lavoro». Per i lavoratori dipendenti, al primo posto figura l'elemento «sicurezza della retribuzione e dell'impiego», seguito dagli aspetti qualitativi, come un'attività interessante e varia. Al terzo posto figurano gli aspetti sociali, come l'atteggiamento collaborativo di quadri, direttivi e dirigenti e il sostegno reciproco. Più in dettaglio, gli elementi che dal punto di vista degli interessati contribuiscono maggiormente alla loro soddisfazione e disponibilità a impegnarsi sono, in ordine di preferenza, i seguenti:

1.

reddito stabile e sicuro;

2.

sicurezza del posto di lavoro;

3.

occupazione interessante;

4.

essere trattato col dovuto rispetto dai superiori gerarchici;

5.

contratto a tempo indeterminato;

6.

riconoscimento dell'importanza della collegialità;

7.

adeguata tutela della salute sul posto di lavoro;

8.

utilità del lavoro svolto;

9.

mansioni varie e non ripetitive;

10.

possibilità d'influire sui metodi di lavoro.

Su questi elementi si è concentrato il 70-90 % dei consensi. Altri aspetti che hanno raccolto notevoli consensi (oltre il 60 %), e che entrano in conto per la soddisfazione del lavoro, sono la possibilità di sviluppare ulteriormente le proprie capacità e il sostegno della gerarchia alla possibilità di ampliare le proprie competenze tecniche e professionali. Lo studio ha altresì evidenziato che un'elevata qualità del lavoro, rispondente in larga misura ai criteri soggettivi di definizione del «buon lavoro», comporta anche maggiore soddisfazione, piacere e disponibilità ad impegnarsi sul lavoro. Manifestamente, ciò influisce positivamente sulla produttività del lavoro, anche se questo aspetto non è stato esplicitamente studiato.

2.5.2   Organizzazione del lavoro in funzione dell'età

2.5.2.1

Nell'Unione europea il tasso d'occupazione dei lavoratori anziani (vale a dire in età compresa fra i 55 e i 65 anni) è sempre insufficiente e l'obiettivo di Lisbona di un aumento del tasso di attività al 50 % entro il 2010 è lungi dall'essere raggiunto. Attualmente l'abbandono prematuro della vita attiva da parte delle lavoratrici e dei lavoratori anziani è essenzialmente dovuto, da un lato al logoramento della salute conseguente a condizioni di lavoro disagiate e a ritmi di lavoro particolarmente intensi, e dall'altro ai tassi di disoccupazione elevati. In passato la politica del personale delle aziende incitava i lavoratori anziani al prepensionamento, cosa che ha condotto a un esodo massiccio di tale categoria, che pesa anche notevolmente sui sistemi di previdenza sociale.

2.5.2.2

Secondo il CESE non basta limitarsi a formulare obiettivi ambiziosi senza creare simultaneamente i presupposti necessari per conseguirli. Di fronte alla grave penuria di posti di lavoro occorre anzitutto allentare la pressione cui i lavoratori sono assoggettati nelle aziende e nelle pubbliche amministrazioni e creare condizioni di lavoro soddisfacenti e mansioni che possano essere svolte per tutta la durata di una (più lunga) vita attiva. Per molte aziende questo implica un aumento degli addetti per ridurre la pressione e prevenire patologie precoci. Il miglioramento della qualità del lavoro mediante misure idonee di ristrutturazione e organizzazione del lavoro e la disponibilità di risorse umane in misura adeguata sono strumenti decisivi per raggiungere questo obiettivo. L'attenzione dovrebbe essere rivolta non tanto all'innalzamento del limite d'età legale della pensione, quanto piuttosto ad avvicinare l'età effettiva del pensionamento a quella legale. A tal fine occorrono soprattutto misure di riorganizzazione del lavoro e una modifica della politica del personale delle aziende nei confronti dei lavoratori anziani.

2.5.2.3

In tale contesto il gruppo di esperti ad alto livello responsabili del tema «Il futuro della politica sociale nell'UE allargata» raccomanda l'adozione di misure a tre livelli. In primo luogo esso preconizza una riforma dei sistemi di previdenza sociale per diminuire gli incentivi al prepensionamento. In secondo luogo raccomanda come cruciali le misure da prendere al livello delle imprese, e in particolare: assicurare una maggiore partecipazione dei lavoratori anziani alle azioni di formazione continua, migliorare le condizioni di lavoro e modernizzare l'organizzazione del lavoro. Attraverso le nuove forme di organizzazione del lavoro ci si dovrebbe adoperare per tener maggiormente conto delle capacità e delle competenze dei lavoratori anziani, in particolare creando posti di lavoro a loro idonei e facilitando la mobilità all'interno dell'azienda (18). Infine, secondo il gruppo, è indispensabile modificare l'atteggiamento della società nel suo complesso, spingendola a rivalutare le conoscenze maturate grazie all'esperienza e le competenze accumulate nel corso della vita attiva.

Bruxelles, 13 settembre 2006

La Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Anne-Marie SIGMUND


(1)  Conclusioni del Consiglio del 1o e 2 giugno 2006, pag. 15 [C/06/1489658/06 (Presse 148)].

(2)  Documento del Consiglio n. 9633/06 (SOC 254, Ecofin 179): FlessicurezzaContributo comune del Comitato per l'occupazione e del Comitato per la protezione sociale, approvato dal Consiglio Occupazione, politica sociale, salute e consumatori durante la sessione del 1o e 2 giugno 2006 http://register.consilium.europa.eu/pdf/it/06/st09/st09633.it06.pdf.

(3)  Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioniI valori europei nel mondo globalizzatoContributo della Commissione alla riunione di ottobre dei capi di Stato e di governo (COM(2005) 525 def. del 20.10.2005, pag. 4).

(4)  Cfr. il parere sul tema Coesione sociale: dare un contenuto al modello sociale europeo, relatore: EHNMARK, adottato dal CESE il 6 luglio 2006 http://eescopinions.eesc.europa.eu/viewdoc.aspx?doc=//esppub1/esp_public/ces/soc/soc237/it/ces973-2006_ac_it.doc.

(5)  Cfr. i seguenti pareri del CESE, riguardanti rispettivamente:

la Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioniAumentare il tasso d'occupazione dei lavoratori anziani e differire l'uscita dal mercato del lavoro (GU C 157 del 28.6.2005, pagg. 120-129; relatore: DANTIN)

http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:C:2005:157:0120:0129:IT:PDF.

la Comunicazione dalla Commissione al Consiglio e al Parlamento europeoProduttività: la chiave per la competitività delle economie e delle imprese europee (GU C 85 dell'8.4.2003, pagg. 95-100; relatori: MORGAN e SIRKEINEN, correlatore EHNMARK)

http://europa.eu/eur-lex/pri/it/oj/dat/2003/c_085/c_08520030408it00950100.pdf.

(6)  Raccomandazione del Consiglio del 12 luglio 2005 relativa agli indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri e della Comunità (per il periodo 2005-2008) (GU L 205 del 6.8.2005, pagg. 28-37)

http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2005:205:0028:01:IT:HTML.

(7)  Affrontare la sfidaStrategia di lisbona per la crescita e l'occupazioneRelazione del gruppo ad alto livello presieduto da Wim KOKnovembre 2004 (Relazione KOK), pag. 17

http://europa.eu/growthandjobs/pdf/kok_report_it.pdf.

(8)  Idem, pag. 17.

(9)  Cfr. parere del CESE del 15.9.2004 sul tema Verso il Settimo programma quadro per la ricerca: Le esigenze di ricerca nel campo dei cambiamenti demograficiQualità di vita degli anziani ed esigenze tecnologiche (GU C 74 del 2.3.2005, pagg. 44-54; relatrice: HEINISCH).

http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/site/it/oj/2005/c_074/c_07420050323it00440054.pdf.

(10)  Comunicazione della Commissione al Consiglio europeo di primaveraÈ ora di cambiare marciaIl nuovo partenariato per la crescita e l'occupazione (COM(2006) 30 def. — Parte 1, pag. 18).

(11)  Consiglio europeo di Bruxelles (23/24.3.2006): Conclusioni della presidenza, punto 22, pag. 6.

http://consilium.europa.eu/ueDocs/cms_Data/docs/pressdata/en/ec/89013.pdf.

(12)  Conclusioni della Presidenza, punti 20 e 21.

http://www.consilium.europa.eu/ueDocs/cms_Data/docs/pressData/en/ec/90111.pdf.

(13)  Relazione Jobs, Jobs, JobsCreating more employment in Europe della task force «Occupazione» presieduta da Wim KOK, novembre 2003, pag. 49 (documento non disponibile in italiano)

http://europa.eu/comm/employment_social/employment_strategy/pdf/etf_en.pdf.

(14)  Idem, pag. 51.

(15)  Relazione del gruppo ad alto livello sul futuro della politica sociale nell'Unione europea allargata, maggio 2004 (documento non disponibile in italiano)

http://europa.eu/comm/employment_social/publications/2005/ke6104202_fr.pdf.

(16)  European Agency for Safety and Health at Work: Quality of the Working Environment and ProductivityWorking Paper (2004) (disponibile unicamente in inglese)

http://osha.eu.int/publications/reports/211/quality_productivity_en.pdf.

(17)  Was ist gute Arbeit? Anforderungen aus Sicht von ErwerbstätigenKurzfassung. Inifes, November 2005 (questo documento esiste solo in tedesco)

http://www.inqa.de/Inqa/Redaktion/Projekte/Was-ist-gute-Arbeit/gute-arbeit-endfassung,property=pdf,bereich=inqa,sprache=de,rwb=true.pdf.

(18)  Relazione del gruppo ad alto livello sul futuro della politica sociale nell'Unione europea allargata, maggio 2004, pag. 37 (documento non disponibile in italiano)

http://europa.eu.int/comm/employment_social/publications/2005/ke6104202_fr.pdf.


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