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Document 52006IE1161

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Smaltimento delle carcasse di animali e utilizzo di sottoprodotti animali

GU C 318 del 23.12.2006, p. 109–113 (ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, NL, PL, PT, SK, SL, FI, SV)

23.12.2006   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 318/109


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Smaltimento delle carcasse di animali e utilizzo di sottoprodotti animali

(2006/C 318/18)

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 19 gennaio 2006, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del Regolamento interno, di elaborare un parere: Smaltimento delle carcasse di animali e utilizzo di sottoprodotti animali.

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 11 luglio 2006, sulla base del progetto predisposto dalla relatrice SANTIAGO.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 14 settembre 2006, nel corso della 429a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 115 voti favorevoli, 32 voti contrari e 16 astensioni.

1.   Conclusioni

1.1

L'informazione svolge un ruolo fondamentale nella società, e il consumatore ha diritto a ricevere informazioni e spiegazioni corrette e puntuali in merito alla qualità degli alimenti che consuma. Il CESE ritiene pertanto che sia necessario realizzare adeguate campagne di informazione e spiegazione rivolte ai consumatori. Il Comitato riafferma che la tutela della salute pubblica e la garanzia della sicurezza alimentare nella produzione europea formano parte dei principi fondamentali da esso difesi.

1.2

Il Comitato propone che la Commissione europea prosegua e ampli quanto più rapidamente possibile gli studi in corso per dimostrare senza il minimo dubbio che le farine provenienti da animali non ruminanti possono essere impiegate nell'alimentazione dei suini e del pollame, senza alcun rischio per la salute umana.

1.2.1

L'individuazione delle proteine e i metodi utilizzati per la tracciabilità delle rispettive farine dovranno fornire al consumatore la garanzia assoluta che i suini sono alimentati con farine provenienti esclusivamente da sottoprodotti avicoli e il pollame con farine derivanti unicamente da sottoprodotti suini.

1.2.1.1

Una volta conclusi questi studi, i sottoprodotti provenienti dalla macellazione, in mattatoi diversi, di animali sani potranno essere utilizzati nella produzione di farine, le cui proteine saranno chiaramente individuabili e la cui origine rintracciabile.

1.3

Al fine di prevenire la possibile diffusione di malattie attraverso il trasporto delle carcasse, è fondamentale sviluppare programmi di ricerca che permettano di trovare metodi di distruzione in loco delle carcasse negli stessi impianti zootecnici.

1.4

Il CESE raccomanda di promuovere la ricerca su sistemi, possibilmente energetici, che integrino il trattamento di tutti i sottoprodotti e residui zootecnici allo scopo di armonizzare la produzione, garantendo la difesa dell'ambiente nel breve e medio periodo, badando all'equilibrio economico degli allevamenti, garantendo la sicurezza sanitaria del bestiame e la salute degli stessi allevatori.

2.   Introduzione

2.1

A sei anni dalla crisi BSE, il Comitato ha ritenuto opportuno riesaminare il problema dello smaltimento delle carcasse e dell'utilizzo di sottoprodotti animali, tenendo conto della sicurezza alimentare, della tutela della salute del consumatore e dei problemi economici legati alla produzione.

2.1.1

La produzione alimentare in Europa è soggetta a standard di sicurezza assai più elevati che nei paesi terzi; essi sono del resto garanti della sicurezza degli alimenti per i consumatori, della salvaguardia dell'ambiente, della salute e del benessere degli animali. Il mantenimento di tali standard, con i costi aggiuntivi di produzione che essi comportano, sarà possibile solo conservando la produzione in Europa.

2.2

Prima dello scoppio della crisi BSE, lo smaltimento in loco delle carcasse dei suini morti negli impianti di allevamento non costituiva un problema per i produttori, dato che esse potevano essere utilizzate per la produzione di farine di carne, a loro volta impiegate nell'alimentazione animale. Accadeva così che in vari paesi le imprese produttrici di tali farine effettuassero gratuitamente il ritiro delle carcasse.

2.3

In seguito allo scoppio della crisi e all'adozione del regolamento (CE) n. 1774/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 ottobre 2002, non solo è stato introdotto il divieto di utilizzare farine di carne nell'alimentazione animale, ma le carcasse sono passate ad essere considerate materiale a rischio di categoria 2, classificazione che implica il trasporto e la distruzione per incenerimento, il tutto esclusivamente attraverso aziende convenzionate.

2.4

Com'è logico, questa situazione ha comportato dei costi aggiuntivi per i produttori, ed ha pertanto accentuato la distorsione della concorrenza rispetto a paesi terzi: i produttori hanno pertanto ricercato soluzioni, pur sempre efficaci sotto il profilo ambientale e della biosicurezza, ma meno onerose per l'economia del settore.

2.5

Attualmente il commercio è caratterizzato dalla tendenza verso un mercato mondiale aperto, in cui vige solamente la legge della domanda e dell'offerta. In Europa, tuttavia, continuiamo a soffrire le conseguenze di una terribile distorsione della concorrenza: varie decisioni di carattere tecnico-scientifico, infatti, hanno portato a posizioni politiche che aumentano in modo significativo i nostri costi di produzione rispetto a quelli dei paesi terzi.

2.6

Un esempio che illustra la situazione appena descritta è la decisione 2000/766/CE del Consiglio, del 4 dicembre 2000, che all'articolo 2, paragrafo 1, vieta in tutti gli Stati membri la somministrazione di proteine animali al bestiame. La decisione si applicava a tutte le specie animali. Il regolamento (CE) n. 1774/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 ottobre 2002, all'articolo 22, paragrafo 1, lettera a), conferma tale divieto, estendendone la durata.

2.7

Come si può facilmente comprendere, la crisi innescata con la comparsa della BSE nei bovini e la sua relazione con le encefalopatie spongiformi trasmissibili ha colpito quei settori in cui viene praticato l'allevamento intensivo (suinicoltura e avicoltura) che non ricevono alcun tipo di aiuti o premi alla produzione, lavorano con margini molto ridotti e devono far fronte a notevoli ostacoli allo sviluppo a causa delle norme legislative per la tutela dell'ambiente e del benessere animale, e a causa di difficoltà di ordine sanitario.

2.8

Il divieto di somministrare farine di carne ha danneggiato enormemente il settore, che non solo ha dovuto fare a meno di una fonte di proteine nell'alimentazione animale, ma ha visto anche crescere notevolmente il prezzo delle proteine vegetali per via dell'aumento della domanda. Da fonte di reddito, i sottoprodotti della macellazione si sono d'altro canto trasformati in un costo; circostanza, questa, che associata all'aumento del prezzo delle farine si è inevitabilmente tradotta in un incremento dei prezzi al consumo.

3.   Osservazioni generali

3.1   Aspetti legali e contraddizioni tecnico-scientifiche relative allo smaltimento di carcasse suine

3.1.1

Il regolamento (CE) n. 1774/2002, che ha stabilito l'obbligo di ritiro e distruzione delle carcasse per mezzo di aziende convenzionate e il divieto di utilizzare proteine animali, ha provocato problemi economici non solo ai produttori residenti nei paesi in cui questo sistema era già in uso, ma anche e in forma molto più grave agli Stati in cui esso non esisteva e che hanno dovuto attuarlo a costi ancor maggiori. Questa situazione ha indotto i produttori di tali paesi a chiedersi se la norma intenda compensare finanziariamente le aziende di lavorazione dei sottoprodotti per il divieto di vendere farine di carne.

3.1.2

La questione assume ulteriore rilievo se si osserva che il regolamento prevede un'eccezione per le zone isolate a bassa densità animale, in cui possono essere ancora utilizzati i metodi tradizionali di smaltimento delle carcasse: non si può infatti ignorare che in tali regioni i costi di ritiro sarebbero elevatissimi. A questa eccezione se ne aggiungono due ulteriori:

gli animali da compagnia morti possono essere eliminati direttamente come rifiuti mediante sotterramento,

i sottoprodotti di origine animale possono essere eliminati come rifiuti mediante combustione o sotterramento in loco, quando si manifesti una malattia di cui alla lista A dell'Ufficio internazionale delle epizoozie (UIE), qualora l'autorità sanitaria competente ritenga che sussista il rischio di trasmissione della malattia attraverso il trasporto, o gli impianti di trasformazione siano giunti a saturazione.

3.1.3

Al giorno d'oggi è sempre più sentita la necessità di ubicare i siti di allevamento il più lontano possibile sia dai luoghi abitati che da altri impianti, quando ciò sia fattibile. Le zone isolate sono pertanto sempre più ricercate per non disturbare gli abitanti delle zone circostanti e tutelare al tempo stesso la salute dei lavoratori.

3.1.4

Come si è già menzionato in precedenza, il processo di ritiro delle carcasse è costosissimo, per cui occorre trovare soluzioni che vadano oltre quanto stabilito nel regolamento e siano compatibili con la realtà attuale. Nel prendere in esame tali opzioni occorre sempre tenere in considerazione la salute e la sicurezza umana, la salute e il benessere animale, e la tutela dell'ambiente.

3.2   Aspetti legali e contraddizioni tecnico-scientifiche relative all'uso di farine di carne

3.2.1

Non esiste alcuna prova scientifica circa i rischi di trasmissione della BSE a suini e pollame. Nel Regno Unito non vi sono dubbi sul fatto che questi animali siano stati esposti all'agente infettivo (prione) dell'encefalopatia spongiforme bovina. Anche quando sono stati alimentati con le stesse proteine animali che hanno provocato la BSE nei bovini, non si è registrato un solo caso di animali di queste specie colpiti dall'infezione. Quanto ai polli, gli studi realizzati indicano che non sono soggetti al contagio né per via parenterale né per via orale (1).

3.2.2

In questioni connesse con la tutela della salute e della sicurezza dei consumatori, la Commissione adotta misure per il controllo del rischio sulla base dei dati più recenti a disposizione e di una solida consulenza scientifica, com'è quella che si può ritrovare negli orientamenti emanati dal comitato scientifico direttivo (CSD). Lo stesso CSD si appoggia ad un gruppo ad hoc EST/BSE composto da scienziati europei.

3.2.3

Ai limiti delle conoscenze in materia di EST fanno riferimento i seguenti lavori:

parere scientifico sul tema Oral exposure of humans to the BSE agent: Infective dose and species barrier (esposizione orale delle persone agli agenti patogeni della BSE: dose infettiva e barriera di specie), adottato dal CSD in occasione della riunione del 13-14 aprile 2000,

relazione scientifica sull'innocuità della farina di carne e di ossa proveniente da mammiferi somministrata con la dieta ad animali non ruminanti, adottata dal CSD il 24 e 25 settembre 1998.

3.2.4

La tematica delle EST nei suini è stata affrontata dal CSD nei seguenti pareri:

parere scientifico sul tema Fallen stock and dead animals (animali trovati morti), adottato dal CSD in occasione della riunione del 24 e 25 giugno 1999,

parere scientifico sul tema The risk born by recycling animal by-products as feed with regard to propagating TSE in non-ruminant farmed animals (il rischio insito nel riciclare come mangime sottoprodotti di origine animale ai fini della trasmissione delle EST ad animali di allevamento non ruminanti), adottato dal CSD il 17 settembre 1999,

parere scientifico sulla somministrazione di proteine animali a tutte le bestie, adottato dal CSD in occasione della riunione del 27 e 28 novembre 2000.

3.2.5

In breve, la conclusione che possiamo trarre dai pareri scientifici di cui sopra è che non esiste alcuna prova epidemiologica che suini, pollami e pesci siano suscettibili di contrarre la BSE né che la BSE abbia mai colpito queste specie. Ad oggi non è stato effettuato alcun esperimento scientifico che mostri lo sviluppo di EST in suini, pollame o pesci.

3.3   Analisi dello stato attuale dei problemi e possibilità di trattare i sottoprodotti in loco

3.3.1

Il trattamento dei residui di un impianto zootecnico deve essere considerato in una prospettiva globale, integrando gli aspetti della sicurezza alimentare, dell'igiene, del benessere animale e del rispetto dell'ambiente.

3.3.2

Nell'UE vengono prodotti annualmente oltre 170 milioni di tonnellate di residui zootecnici (2). La gestione degli allevamenti moderni è assai complessa e include la questione del trattamento dei residui. Quanto alla gestione delle carcasse, occorre ricercare metodi maggiormente efficienti e redditizi.

3.3.3

La problematica delle carcasse è molto complessa: infatti, se da un lato è necessario prendere in considerazione l'ambiente circostante, dall'altro occorre altresì esaminare le possibilità di trasmissione di malattie attraverso il trasporto, senza trascurare gli aspetti connessi con l'igiene, la sicurezza e la salute pubblica (3).

3.3.4

Con questo lavoro intendiamo ampliare il ventaglio di opzioni possibili per il produttore, fermo restando il principio di tutela della salute pubblica e dell'ambiente. Suggeriamo pertanto l'utilizzo dell'idrolisi, senza però scartare tutti gli altri metodi che soddisfino le condizioni di cui sopra (4).

3.3.5

Sotto il profilo biologico l'idrolisi, come trattamento primario delle carcasse, non differisce dall'idrolisi del resto delle materie organiche suscettibili di degradarsi in condizioni controllate. Il ciclo biochimico dell'idrolisi è determinato dalla capacità di autolisi. Il processo consiste essenzialmente in una scissione delle proteine in aminoacidi, dei glucidi in zuccheri, e dei lipidi in acidi grassi e alcool. Nel caso dei suini, l'esterificazione della materia grassa determina l'aspetto denso e viscoso del risultato finale dell'idrolisi, che dal punto di vista idraulico si comporta come un liquido viscoso: ciò costituisce un vantaggio per il suo trattamento in condizioni controllate, consentendone la veicolazione idrodinamica. Affinché l'idrolisi sia più efficace, occorre controllare alcuni fattori come le dimensioni delle particelle (triturazione previa delle carcasse), la temperatura e il tempo, e l'O2 atmosferico, per evitare l'emanazione di cattivi odori. Il liquido proveniente dall'idrolisi può successivamente essere trattato insieme agli effluenti, il che comporta vantaggi quali:

la biosicurezza (le carcasse sono gestite in loco in condizioni controllate, diminuendo in tal modo la possibilità di trasmissione della malattia ad altri impianti di allevamento),

una maggiore efficacia del processo tradizionale di gestione degli effluenti,

l'eliminazione degli elementi patogeni,

una migliore gestione dell'impianto, dato che il trattamento delle carcasse e degli effluenti è effettuato in loco in tempo reale (5).

3.3.6

La produzione di energia da biogas riveste grande importanza e a tal fine si possono utilizzare dei depositi comunicanti, che impediscono il riflusso dei gas stessi o il loro contatto con l'atmosfera. Tuttavia, di grande interesse è anche lo studio di processi più semplici, adeguati ad impianti di minori dimensioni, che garantiscano anche la tutela della salute pubblica, della situazione sanitaria negli allevamenti e dell'ambiente.

4.   Osservazioni particolari

4.1

Nella società attuale l'informazione svolge un ruolo fondamentale. Il consumatore ha il diritto di essere debitamente e correttamente informato, cosa che accade raramente, dato che la stampa dà sempre risalto a catastrofi e incidenti, e dedica poco spazio a quanto si fa di positivo. Si deve pertanto compiere uno sforzo enorme per rendere noto tutto il lavoro svolto nel settore della salute pubblica, in modo tale che il consumatore possa effettuare scelte consapevoli.

4.2   Conseguenze economiche relative allo smaltimento delle carcasse e dei residui animali

4.2.1

Nei paesi che non disponevano già di un sistema di ritiro, la gestione delle carcasse sta causando una serie di problemi di ordine logistico, e in alcuni casi il ritiro stesso è incompatibile con le buone pratiche in materia di tutela sanitaria degli impianti zootecnici.

4.2.2

È necessario analizzare l'impatto economico della direttiva in due casi concreti.

4.2.2.1

Nei paesi in cui non veniva effettuato il ritiro delle carcasse, saranno necessari investimenti a livello degli impianti zootecnici (ad esempio per la costruzione di magazzini frigoriferi e la definizione di piani di ritiro sicuro delle carcasse), a livello delle aziende di trasporto (per l'acquisto di automezzi debitamente attrezzati) e a livello di fabbriche di sottoprodotti (con modifiche per consentire il trattamento di animali interi) (6).

4.2.2.2

Nei paesi che dispongono già di un sistema di ritiro delle carcasse non sono necessari investimenti aggiuntivi. A causa del divieto di utilizzare farine di carne occorre tuttavia considerare i costi di ritiro e distruzione delle carcasse stesse (7).

4.3   Conseguenze economiche relative all'utilizzo di sottoprodotti animali

Il divieto di somministrare, con la dieta, proteine animali a suini, pollame e pesci ha determinato un incremento significativo dei costi di produzione europea: sono così aumentati i problemi di distorsione della concorrenza rispetto ad altri paesi, quali il Brasile, l'Argentina e gli Stati Uniti, dove non vige lo stesso divieto. Queste conseguenze si sono registrate a vari livelli, dato che i sottoprodotti della macellazione hanno cessato di essere una fonte di reddito per comportare dei costi di smaltimento, e l'aumento della domanda di proteine vegetali ha determinato un incremento del loro prezzo e il conseguente rialzo del prezzo dei mangimi (8).

4.3.1

In concreto, i nostri costi di produzione sono superiori a quelli dei paesi terzi a causa di:

Smaltimento di sottoprodotti:

:

6 euro/100 kg di carcasse suine (9)

Mancato utilizzo di farine animali:

:

0,75 euro/100 kg (10)

Aumento del prezzo della soia:

:

1,5 euro/100 kg (11)

Questi valori, moltiplicati per la produzione annuale di suini, forniscono un'indicazione delle perdite totali subite, pari a 173 milioni di euro in tutta l'Unione europea. Oltre all'aumento dei costi di cui sopra occorre considerare una serie di fattori di produzione, quali l'alimentazione, l'energia, la manodopera, le norme in materia di benessere animale e di tutela dell'ambiente: si arriva così ad avere, in Brasile (12), un costo pari a 0,648 euro/kg per carcassa suina, rispetto a 1,25 euro/kg nell'UE (13).

4.3.2

Nell'ambito dei negoziati OMC, questa distorsione della concorrenza non potrà mai essere messa all'ordine del giorno: se lo fosse verrebbe infatti immediatamente respinta dato che non è sostenuta da alcuna prova scientifica. Se questa situazione perdura, occorre prevedere delle compensazioni per la produzione europea, altrimenti se ne minaccia la sopravvivenza.

4.4   Elementi da considerare per un'eventuale abolizione del divieto di somministrare a suini e pollame farine di carne di origine non ruminante

4.4.1

Deve essere innanzitutto garantita l'assenza, nelle farine di carne, di contaminazioni incrociate: un gruppo di ricercatori provenienti da diversi organismi belgi è stato così incaricato di esaminare e applicare delle tecniche per determinare la presenza, nei mangimi, di proteine animali di origine ruminante. Nel primo semestre del 2004 il gruppo ha concluso con successo i propri lavori e ha inviato alla DG SANCO una relazione finale datata 24 settembre 2004 e intitolata Determination of Processed Animal Proteins Including Meat and bone Meal in Feed, in cui vengono presentati dei metodi che garantiscono l'individuazione delle proteine animali nei mangimi. Già questa situazione ci consentirebbe di definire delle filiere di produzione di farine di carne provenienti da non ruminanti per cui potrebbero essere garantiti una tracciabilità (vale a dire la facile determinazione dell'origine) e un monitoraggio perfetti: si potrebbe così creare un primo livello di filiere di produzione e riutilizzo di questi ingredienti, con la garanzia totale di assenza di farine ottenute da ruminanti (14).

4.5   Ultimo ostacolo per riprendere la somministrazione a suini e pollame di farine di carne provenienti da non ruminanti

4.5.1

Attualmente restano solamente da sviluppare delle tecniche in grado di distinguere le proteine di origine suina da quelle di origine avicola, soddisfacendo così un'altra richiesta del Parlamento europeo: garantire l'assenza di cannibalismo. In riferimento alle farine di carne non è corretto parlare di cannibalismo. Questo termine indica un consumo diretto che può intervenire soltanto in maniera accidentale in alcuni impianti di allevamento: pertanto in relazione agli aminoacidi e agli acidi grassi non è accettabile parlare di cannibalismo.

4.5.2

Comunque, indipendentemente dalle considerazioni precedenti, esiste attualmente la possibilità reale di definire un meccanismo di monitoraggio delle filiere che forniscono esclusivamente proteine di origine suina per mangimi avicoli oppure proteine di origine avicola per mangimi per suini, e questo per le seguenti ragioni:

non è possibile produrre nello stesso impianto farine di carne suina e avicola, dato che le due specie devono essere macellate in impianti separati,

dato che esistono fabbriche che producono esclusivamente mangimi avicoli e altre solamente mangimi per suini, non è possibile che i due vengano mescolati,

lo stesso vale per le fabbriche che dispongono di linee di produzione separate per le due specie.

Bruxelles, 14 settembre 2006.

La Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Anne-Marie SIGMUND


(1)  (D. Mattews e B. C. Cooke, Rev. Sci. Tecl. Int. Eprit. 2003, 22(1), 283 — 296). Si segnala inoltre il seguente studio: Poultry, pig and the risk of BSE following the feed ban in Francea spatial analysis. Abrial D, Calavas D, Jarrige N, Ducrot C; Vet. Res. 36 (2005), 615-628.

(2)  Cfr. tabella n. 1 — Elenco dei residui zootecnici (UE a 15) — Fonte Eurostat/Ministero spagnolo dell'Agricoltura, della pesca e dell'alimentazione, 2003.

(3)  Cfr. tabella n. 2 — Situazione del settore zootecnico europeo (Fonte: Eurostat/Ministero spagnolo dell'Agricoltura, della pesca e dell'alimentazione).

(4)  

Risk assessment: use of composting and biogas treatment to dispose of catering waste containing meat (Final report to the department for Environment, Food and Rural Affairs). Gale P. (2002). Il documento è consultabile al seguente indirizzo: http://www.defra.gov.uk/animalh/by-prods/publicat/

Informe final relativo a los resultados obtenidos en los proyectos de estudio de alternativas a sistemas de cadáveres. Antonio Muñoz Luna, Guillermo Ramis Vidal, Francisco José Pallarés Martínez, Antonio Rouco Yáñez, Francisco Tristán Lozano, Jesús Martínez Almela, Jorge Barrera, Miriam Lorenzo Navarro, Juan José Quereda Torres. (2006)

(5)  Su questo tema sono stati realizzati i seguenti studi:

Informe final de resultados sobre la hidrolización de cadáveres animales no ruminantes: experiencia en ganado porcino. Lobera JB, González M, Sáez J, Montes A, Clemente P, Quiles A, Crespo F, Alonso F, Carrizosa JA, Andujar M, Martínez D, Gutiérrez C.

Parámetros Físico-químicos y bacteriológicos de la hidrolización de cadáveres de animales no ruminantes con bioactivadores. Gutiérres C, Fernández F, Andujar M, Martín J, Clemente P, Lobera JB CARM-IMIDA. Lo studio è consultabile al seguente indirizzo: http://wsiam.carm.es/imida/publicaciones%20pdf/Ganader%EDa/Gesti%F3n%20de%20Residuos%20Ganaderos/Hidrolizaci%F3n%20de%20Cad%E1veres/Resultados%20del%20Estudio%20Preliminar.pdf

(6)  In base ai calcoli effettuati, occorre considerare un aumento dei costi di produzione che varia da 0,36 a 0,96 € per animale prodotto, in funzione dell'ubicazione e delle dimensioni dell'impianto; va inoltre considerato che inevitabilmente le aziende più piccole sono maggiormente penalizzate.

(7)  Il costo aggiuntivo di produzione varia da 0,3 a 0,5 € per animale prodotto.

(8)  Studi effettuati dal gruppo di lavoro dell'Università di Murcia che fa capo al Prof. Antonio Muñoz Luna, DMV, PhD, MBA.

(9)  Fonte: INRA (Institut National de Recherche Agricole).

(10)  Calcolo effettuato sulla base del prezzo medio delle materie prime prima e dopo l'introduzione del divieto, sottoponendo il suino da ingrasso a una dieta tipo.

(11)  Idem.

(12)  Costo di produzione di un impianto di allevamento di 1200 scrofe a ciclo chiuso con una produttività di 20,3 suini svezzati per scrofa/anno, nello Stato di Paraná.

(13)  Impianti di allevamento di 500 scrofe a ciclo chiuso con una produttività di 23 suini svezzati per scrofa/anno, in Portogallo.

(14)  Sono stati inoltre realizzati i seguenti studi in materia:

Effective PCR detection of animal species in highly processed animal by products and compound feeds. Fumière O, Dubois M, Baeten V, von Holst C, Berben G. Anal Bioanal Chem (2006) 385: 1045-1054.

Identification of Species-specific DNA in feedstuffs. Krcmar P, Rencova E.; J. Agric. Food Chem. 2003, 51, 7655-7658.

Species-specific PCR for the identification of ovine, porcine and chicken species in meat and bone meal (MBM). Lahiff S, Glennon M, O'Brien L, Lyng J, Smith T, Maher M, Shilton N. Molecular and Cellular Probes (2001) 15, 27-35.


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