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Document 52006AE0968

    Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Politica europea di prossimità

    GU C 309 del 16.12.2006, p. 96–102 (ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, NL, PL, PT, SK, SL, FI, SV)

    16.12.2006   

    IT

    Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

    C 309/96


    Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Politica europea di prossimità

    (2006/C 309/20)

    La Commissione, con lettera del commissario FERRERO-WALDNER in data 22 aprile 2005, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo sul tema: Politica europea di prossimità.

    La sezione specializzata Relazioni esterne, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 4 maggio 2006, sulla base del progetto predisposto dalla relatrice CASSINA.

    Il Comitato economico e sociale europeo, in data 5 luglio 2006, nel corso della 428a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 160 voti favorevoli, 2 voti contrari e 9 astensioni.

    Premessa

    Il CESE ha già prodotto due valutazioni parziali della politica europea di prossimità (PEP) riferite una, all'area dei paesi del Centro e dell'Est Europa e l'altra all'area mediterranea (1). In questo parere, quindi, si riprenderanno solo per cenni alcuni contenuti di questi due documenti che saranno, invece, trasmessi per conoscenza, insieme con il presente testo, alle autorità dell'UE e dei paesi interessati.

    0.   Sintesi e conclusioni

    0.1

    Il CESE ritiene che la PEP sia una politica di enorme importanza strategica, il cui potenziale per la pace, la stabilità, la condivisione di valori e politiche, la promozione degli scambi a tutti i livelli coi paesi vicini debba essere valorizzato attraverso un'attuazione coerente e responsabile.

    0.2

    Il CESE sottolinea, in particolare, la necessità di assicurare coerenza tra:

    le politiche estere degli Stati membri e la PEP,

    le altre azioni attinenti alle relazioni esterne dell'UE e la PEP,

    le politiche estere e interne dei paesi partner e la stessa PEP,

    le azioni delle diverse direzioni generali della Commissione coinvolte nell'attuazione della PEP,

    le scelte di bilancio dell'UE e l'importanza strategica della PEP,

    tra l'attuazione del principio di differenziazione (che può indurre positive dinamiche di competitività tra paesi e aree) e l'opportunità di creare sinergie di area e tra aree (che promuove cooperazione e maggiore comprensione),

    le misure concrete che si assumono come prioritarie e i grandi obiettivi che si perseguono.

    0.3

    Il CESE chiede a tutti gli attori istituzionali coinvolti di riconoscere coi fatti che il principio della titolarità comune (o appropriazione) implica un forte richiamo a valori democratici che devono essere rispettati e promossi e non solo formalmente condivisi: la titolarità comune deve essere principio informatore delle relazioni non solo tra UE e PP, ma anche all'interno della stessa UE e, nei PP, tra le amministrazioni nazionali e la rappresentanza della società civile. Pertanto, una realizzazione efficace e soddisfacente della PEP può avvenire solo con un sistematico coinvolgimento delle organizzazioni della società civile, in particolare degli attori sociali e socioprofessionali il cui ruolo consultivo e la cui capacità negoziale devono essere esplicitamente riconosciuti e promossi. Pertanto, bisogna assicurare:

    informazioni chiare, trasparenti, documentate e tempestive sulle decisioni relative all'attuazione della PEP,

    luoghi, strumenti e meccanismi di consultazione e partecipazione alla formazione di tali decisioni per realizzare un efficace dialogo civile,

    informazioni, strumenti e dati armonizzati per valutare le realizzazioni, anche attraverso l'impegno a realizzare iniziative periodiche a tale scopo,

    opportunità di formazione che permettano a tali organizzazioni di contribuire alla realizzazione della PEP e di qualificare il loro apporto anche attraverso l'accesso alle risorse e ai programmi comunitari,

    opportunità per costruire reti di dialogo, di cooperazione e di monitoraggio dell'attuazione della PEP, tra organizzazioni dei diversi paesi e delle diverse aree.

    0.4

    Il CESE si impegna a costruire, mantenere e sviluppare le relazioni con gli organismi consultivi e/o con le organizzazioni socioprofessionali dei PP, ad essere sempre al loro ascolto e a cooperare con il Parlamento europeo e con il Comitato delle regioni per contribuire ad una realizzazione della PEP partecipata, efficace e coerente con gli obiettivi di pace, stabilità sicurezza e sviluppo condiviso e sostenibile.

    1.   Introduzione

    1.1

    Nel corso del processo di integrazione, le autorità comunitarie hanno sempre tenuto conto della realtà dei paesi confinanti per almeno due buoni motivi:

    il primo, attinente alla ragione politica fondamentale che ha spinto i paesi europei a integrarsi in una comunità, era l'esigenza di pace, libertà e stabilità, tanto all'interno quanto all'esterno dell'area dell'integrazione,

    il secondo, relativo al processo di integrazione economica e dei mercati, suggeriva la duplice necessità di garantire un'area di scambi più ampia di quella rappresentata dai soli paesi membri e di confrontarsi, quindi, con paesi che avessero o conseguissero dinamiche di crescita economica e di sviluppo umano comparabili con quelli comunitari, affinché gli scambi fossero reciprocamente fruttuosi e non fossero segnati da distorsioni, dumping e/o chiusure protezionistiche dell'una o dell'altra parte.

    1.2

    Nel lungo periodo della divisione del mondo in due blocchi, l'eterogeneità delle economie dell'Est e dell'Ovest dell'Europa, ma soprattutto la diversità dei sistemi politici, hanno purtroppo fatto sì che gli scambi (non solo e non tanto economici, quanto umani, culturali e societali) fossero ridotti al minimo e la conoscenza tra i popoli delle due parti dell'Europa rimanesse, per oltre quattro decenni, affidata ai soli contatti diplomatici o a relazioni superficiali tra organizzazioni e municipalità, con il duplice risultato negativo di cristallizzare gli stereotipi indotti dalla guerra fredda e di favorire una presunta legittimità democratica internazionale che i governi del sistema sovietico non avevano e non potevano avere.

    1.3

    In questo stesso periodo, però, la Comunità europea affinò i rapporti con i vicini paesi europei democratici (o passati dalla dittatura alla democrazia come la Grecia, la Spagna e il Portogallo) e realizzò ben quattro processi di allargamento (2). Con i paesi che non avrebbero avuto la prospettiva o non intendevano entrare nella Comunità, furono definiti rapporti stabili attraverso specifici accordi: ricordiamo l'Associazione europea di libero scambio (AELS) nata nel 1960, lo Spazio economico europeo (SEE) del 1994, ma anche una serie molto vasta di accordi bilaterali (specie coi paesi del bacino mediterraneo).

    1.4

    Tra la fine degli anni '80 e l'inizio degli anni '90, l'area contigua dei paesi del bacino sud ed est del Mediterraneo acquistò progressivamente agli occhi della Comunità europea una grande importanza, che culminò con la definizione, alla conferenza interministeriale di Barcellona del 1995, di un partenariato strategico, strutturato attraverso accordi di associazione e progetti regionali: l'obiettivo era di costruire entro il 2010 una zona di libero scambio, di pace, di sicurezza e di prosperità condivisa.

    1.5

    Ma l'evento che ha cambiato radicalmente la condizione geopolitica della Comunità — che aveva conseguito ormai l'integrazione dei mercati e si preparava a costruire la moneta unica — fu la liberazione dei paesi del Centro e dell'Est europeo dal sistema sovietico e il loro passaggio alla democrazia e all'economia di mercato.

    1.6

    La riunificazione del continente europeo, con l'ampliamento del 1o maggio 2004, rappresenta la più importante conquista politica dell'Europa nella storia del dopoguerra e fa dell'UE un'area ricca di capitale umano, culturale, storico, economico e sociale, del tutto nuova rispetto al passato. Questo mutamento sostanziale, quantitativo e qualitativo dell'UE impone di capire a fondo, valorizzare, promuovere e difendere la nuova realtà, adattando l'insieme delle politiche comunitarie e, quindi, anche la politica di relazioni con i paesi vicini. La politica europea di prossimità nasce da tale convinzione, completamente condivisa dal CESE che ha contribuito a questi risultati con il suo ampio impegno di cooperazione e dialogo con le organizzazioni della società civile dei paesi candidati.

    2.   La fase iniziale della politica europea di prossimità (PEP)

    2.1

    La necessità di elaborare una politica di prossimità fu indicata dal Consiglio Affari generali e relazioni esterne fin dal novembre 2002; nel dicembre dello stesso anno il Consiglio europeo di Copenaghen invitò l'UE a intensificare le relazioni con i paesi vicini sulla base di valori comuni al fine di evitare nuove divisioni in Europa e di promuovere la stabilità e la prosperità all'interno come all'esterno dei confini. Inizialmente, l'attenzione maggiore fu data alle relazioni con la Russia, l'Ucraina, la Bielorussia e la Moldavia, oltre che all'area dei paesi partner mediterranei (PPM).

    2.2

    Nel 2003 e nel 2004 la Commissione pubblica due comunicazioni e, sempre nel 2004, una proposta di regolamento per la creazione di uno strumento europeo di prossimità e partenariato (3).

    2.3

    Oltre ai paesi indicati sopra, nel corso del 2004 e su richiesta esplicita dei tre paesi del Caucaso meridionale, la PEP fu estesa ad Armenia, Azerbaigian e Georgia. In precedenza, la Russia aveva già indicato che non avrebbe partecipato alla PEP, ma avrebbe continuato il rapporto con l'UE nel quadro dello specifico «partenariato strategico». La PEP non si applica nemmeno ai paesi dell'area balcanica che sono inquadrati nel Patto di stabilità dei Balcani e/o che sono candidati come la Croazia, né alla Turchia (precedentemente inserita nella politica di partenariato euromediterraneo e oggi paese candidato che dal 3 ottobre 2005 ha iniziato il negoziato di adesione).

    2.4

    La PEP si prefigge di mettere in comune coi paesi vicini una serie rilevante di politiche e implica l'impegno prioritario dell'UE e dei paesi partner (PP) a favore di valori comuni (principio della titolarità comune o di appropriazione): Stato di diritto, buon governo, rispetto dei diritti dell'uomo e delle minoranze, affermazione del principio di parità uomo/donna, economia di mercato e sviluppo sostenibile. Ai PP è richiesto anche uno speciale impegno nella lotta contro il terrorismo, contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa, per il rispetto della legalità internazionale e per la risoluzione pacifica dei conflitti.

    2.5

    Di concerto coi PP, sono definiti dei piani di azione nazionali (PAN), secondo le specificità e le esigenze dei diversi interlocutori (principio di differenziazione), ma con un tessuto comune di priorità che si rifanno alla promozione dei valori di cui al paragrafo precedente. I PAN sono poi approvati dai rispettivi consigli di associazione e applicati in cooperazione tra il PP interessato e l'UE. L'attuazione dei PAN sarà monitorata dall'UE attraverso rapporti periodici della Commissione e ciò permetterà di adattare lo sviluppo della strategia anche ai risultati che ogni PP riuscirà ad assicurare.

    2.6

    Fino alla fine dell'attuale periodo di programmazione finanziaria (fine 2006) le risorse saranno quelle dei programmi Tacis e MEDA. Nelle prospettive finanziarie 2007-2013, invece, ci dovrebbe essere un solo strumento di finanziamento della PEP (Strumento europeo di prossimità e partenariato) con una dotazione finanziaria da definire ma che, nella proposta della Commissione, dovrebbe corrispondere al doppio circa delle attuali risorse a disposizione dei due programmi sopra citati.

    2.7

    Purtroppo, il CESE constata che, finora, la Commissione non ha proposto né nei suoi documenti, né nei negoziati per la definizione dei PAN, alcuni elementi che sono propri dello sviluppo comunitario e che hanno sostenuto e reso più democratico e partecipato il processo di integrazione: sono assenti, in particolare, il concetto di «dialogo sociale» e quello di «funzione consultiva». Il CESE ha già segnalato tali lacune alla Commissione in più occasioni e si aspetta che tutte le autorità comunitarie si adoperino perché tali concetti diventino prassi nell'attuazione dei PAN.

    3.   Il concetto di «prossimità» e i problemi di quadro

    3.1

    Se il concetto di «prossimità» appare, intuitivamente, abbastanza chiaro, non è del tutto evidente come una politica basata su tale intuizione, ma con grandi ambizioni, possa avere il necessario rigore strategico. L'UE in quanto tale, infatti, si è dotata di una politica estera che è ancora limitata, dato che molte competenze in materia sono gelosamente conservate ed esercitate dai paesi membri (PM). Il problema è capire che una politica di relazioni esterne dell'UE non espropria i PM delle loro strategie internazionali, anzi, può completarle e dar loro valore aggiunto, se i PM sviluppano la volontà di agire insieme e di dotarsi di strumenti per realizzare il coordinamento delle loro azioni di politica estera, in modo da garantire coerenza ed efficacia agli interventi di tutti i soggetti coinvolti in una determinata area di intervento. Nel caso della PEP, questo obiettivo può essere conseguito, ma alla condizione precisa che i PM e l'UE perseguano con determinazione la coerenza con il quadro europeo e si presentino agli interlocutori come un blocco che ha gli stessi obiettivi e proposte convergenti.

    3.2

    Il concetto di «politica di prossimità», secondo il CESE, esclude un'interpretazione meramente geografica. Anzi, proprio la formulazione della PEP, nei diversi documenti citati nella nota 3, porta invece a dare al termine un senso fortemente marcato dalla comunanza (o dalla ricerca della comunanza) di valori, di culture e di intenti (4). Si tratta di una prossimità che ha, sì, caratteri geografici, ma anche e soprattutto politici e valoriali. Non si può, quindi, per ora, escludere che altri paesi possano essere integrati nella PEP in futuro.

    3.3

    Una difficoltà che potrebbe porsi in relazione al principio di appropriazione (o titolarità comune) delle azioni da intraprendere, è il fatto che, per i PP della PEP, non si parli di adesione. La prospettiva di un'eventuale adesione sarebbe certo molto più motivante, ma è corretto rilevare che i contenuti, la metodologia e, proporzionalmente, anche le risorse messe a disposizione della realizzazione dei PAN sono simili — se non uguali — a quelli utilizzati nel processo di adesione dei nuovi Stati membri dell'ultimo allargamento. Anche il meccanismo di attuazione di politiche per lo sviluppo nei PP dovrebbe avere a modello l'esperienza delle politiche strutturali e fondarsi su un partenariato molto stretto tra UE e PP. Una delle caratteristiche metodologiche della PEP è il procedere step by step, il che lascia aperte le porte a verifiche dei metodi e degli strumenti utilizzati, ma soprattutto alla valutazione di evoluzioni significative che potrebbero, eventualmente, modificare il quadro degli obiettivi per ora individuati. Già nella «nuova fase» della PEP si prevedono rapporti ancor più significativi con i PP che attuano al meglio i PAN: si tratta di una sorta di «premio» che dovrebbe rendere ancora più stretti i rapporti economici, politici e, si auspica, anche quelli tra le società, rispondendo così alle aspettative, a volte perfino entusiastiche, delle popolazioni dei PP. Il CESE ritiene, quindi, che sarebbe sbagliato, oggi, sia proporre un quadro rigido che escluda ogni possibilità di adesione, sia alimentare speranze improprie.

    3.4

    La Commissione ha pubblicato, nel marzo 2005, una comunicazione contenente le raccomandazioni per i paesi con i quali non si sono ancora approvati i PAN (5): si tratta dei 3 paesi del Caucaso meridionale, nonché dell'Egitto e del Libano. Il Consiglio europeo del 25 aprile 2005 ha appoggiato il documento e auspicato che la definizione dei PAN possa essere completata presto affinché gli organi competenti (consigli di associazione) li approvino sollecitamente e i piani stessi possano entrare nella fase attuativa. Il Consiglio ha anche richiamato l'attenzione sulla necessità di applicare il principio di differenziazione ma, al medesimo tempo, ha valorizzato la dichiarazione dei 3 paesi del Caucaso meridionale che intendono utilizzare al meglio gli strumenti della PEP per rafforzare la cooperazione regionale (cfr. anche punto 4).

    4.   I problemi delle diverse aree

    4.1

    La PEP si caratterizza per un forte bilateralismo UE/PP, ma le aree di intervento della PEP (che possiamo definire grosso modo come quelle dei paesi del Centro/Est Europa, del Mediterraneo e del Caucaso meridionale) presentano delle specificità interne che dovrebbero rendere i responsabili dell'attuazione della PEP particolarmente attenti a promuovere le sinergie di area e i rapporti interni all'area stessa: questo obiettivo può essere realizzato attraverso azioni e incentivi mirati che rendano conveniente e desiderabile sviluppare relazioni e cooperazioni interne ad una stessa area, ma anche tra aree diverse. Ciò andrebbe a profitto, oltre che degli stessi paesi delle tre aree — che spesso lo chiedono esplicitamente — anche della stabilità, della sicurezza e della pace di tutta l'UE e perfino dei paesi al di là del campo di applicazione della stessa PEP. È comunque importante mantenere flessibilità e pragmatismo per assicurare un giusto equilibrio tra bilateralismo e promozione della cooperazione di area e tra aree.

    4.2

    Il meccanismo di attuazione della PEP implica un certo grado di competizione tra i diversi PP. Infatti, man mano che un paese progredisce verso gli obiettivi stabiliti in comune con l'UE, la sua condizione di partner dell'UE può migliorare (maggiori facilitazioni, più sostegno ad azioni chiave, più apertura dei mercati, facilitazioni per il movimento delle persone, ecc.). Questa competitività può manifestarsi anche a livello di aree e, in questo caso, è opportuno mantenere alta l'attenzione per non dar luogo a frustrazioni e ad atteggiamenti rinunciatari da parte delle aree — o dei paesi interni ad un'area — che hanno maggiori difficoltà. È cruciale favorire i contatti tra paesi e aree diverse perché, se ogni attore della PEP si convince del fatto che sta lavorando non solo per sé, ma anche per una grande impresa comune, ciò aiuta a sviluppare la comprensione reciproca e ad individuare possibili percorsi di cooperazione forse oggi non ancora ipotizzati. L'apporto della società civile può essere un potente motore in questa dinamica.

    4.3

    Allo stesso tempo, è giusto segnalare che in tutte e tre le grandi aree coperte dalla PEP, esistono conflitti espliciti, o latenti, o potenziali. Altre tensioni si verificano anche all'interno di alcuni PP, soprattutto dove la democrazia non è consolidata. La preoccupazione per le ripercussioni che potrebbero esserci all'interno dell'UE è legittima, ma ancora più importante deve essere la preoccupazione per la sicurezza e la stabilità dei PP e delle loro popolazioni. Una speciale e continua attenzione deve quindi essere data ad interventi mirati che, nell'applicazione dei PAN, siano esplicitamente orientati a disinnescare le fonti di tensione e scontro, a creare le condizioni per il superamento delle difficoltà e a promuovere la cooperazione tra paesi, economie e popoli. È inutile dire che queste misure devono assolutamente coinvolgere le organizzazioni della società civile come protagonisti della cooperazione economica, sociale e culturale che, della convivenza pacifica, sono strumento imprescindibile.

    4.3.1

    È importante anche che le diverse iniziative dell'UE in materia di relazioni esterne siano sviluppate assicurando coerenza con i diversi elementi della PEP. Particolarmente delicate, a questo proposito, sono le relazioni con la Russia nel quadro del partenariato strategico, come dimostra la recente crisi del gas. È utile, inoltre, (e non solo nel caso dell'Ucraina) verificare bene tutte le conseguenze anche di ordine sociale ed economico che il riconoscimento dello status di economia di mercato può implicare, sia per il paese interessato, sia per l'UE.

    4.3.2

    In questo contesto sarebbe ipocrita tacere sul fatto che la PEP ha anche, tra le sue finalità, quella di assicurare buone relazioni con paesi che sono nostri fornitori di materie prime energetiche. Non c'è nulla di scandaloso, in questo, ma a due condizioni: che la legittima preoccupazione di approvvigionamento non prevalga sugli obiettivi di sviluppo economico e sociale compatibile dei PP e che i PM siano più coerenti e dimostrino autentica volontà di cooperare tra loro per risolvere insieme i problemi tanto delicati quanto strategici legati al settore energetico.

    4.4

    Nello stesso ordine di idee e di obiettivi, la cooperazione transfrontaliera tra PM dell'UE e PP ha un ruolo centrale. I nuovi PM, in gran parte, confinano direttamente con paesi coperti dalla PEP e sono quindi esposti tanto alle difficoltà che la vicinanza può provocare, quanto alle opportunità che la contiguità offre. L'attuazione della PEP deve pertanto mirare a ridurre al minimo i rischi di instabilità (tanto politica quanto economica e sociale) ma soprattutto a favorire il passaggio dalle potenziali opportunità positive a politiche concrete e a conseguimenti reciprocamente utili. Ciò avrà una ripercussione positiva in tutto il territorio comunitario — ormai ampiamente aperto e omogeneo — in termini di maggiori e migliori scambi, di sicurezza aumentata e di migliore conoscenza tra le popolazioni.

    4.5

    Questo parere non si prefigge di analizzare la realtà specifica dei diversi paesi, né delle diverse aree, dato che, come detto all'inizio, il CESE ha già fornito alcuni contributi specifici sul Mediterraneo e sui nuovi vicini dell'Est. Nel febbraio 2006, l'iniziativa del CESE a Kiev, con le organizzazioni della società civile ucraina, ha fatto emergere una grande vivacità di tali organizzazioni — che dimostrano entusiasmo per l'UE e hanno molte aspettative in relazione alla PEP — e ha dimostrato che il lavoro impostato con il parere citato sui vicini dell'Est comincia a dare frutti concreti. Il CESE è determinato a darsi obiettivi di dialogo e cooperazione più strutturati e a più lunga scadenza con le organizzazioni della società civile dell'Ucraina.

    4.5.1

    Per quanto riguarda la Bielorussia, il CESE esprime forte preoccupazione per i recenti avvenimenti e condanna la repressione e le pratiche antidemocratiche e persecutorie che ledono i diritti civili e sociali. Il CESE, che continuerà a sviluppare relazioni sempre più strette con le organizzazioni della società civile bielorussa, sta elaborando un parere a questo proposito (6).

    4.5.2

    Purtroppo, invece, al CESE mancano ancora un'analisi diretta e perfino contatti stabili con le organizzazioni della società civile dei paesi del Caucaso meridionale. Tale carenza potrebbe essere colmata a breve con l'avvio di un lavoro di approfondimento attraverso una relazione informativa e un eventuale parere specifico.

    5.   Gli strumenti metodologici e finanziari

    5.1

    La metodologia per l'attuazione dei PAN implica un processo continuo di dialogo e negoziato tra le autorità dell'UE e quelle dei paesi interessati e, per la realizzazione delle azioni, tutti dovranno seguire le procedure in uso nel quadro comunitario. Il CESE ha già segnalato precedentemente la sua viva preoccupazione, nel quadro del programma MEDA, per le difficoltà di accesso ai relativi fondi da parte dei beneficiari, soprattutto da parte delle organizzazioni della società civile (7). È indispensabile che procedure di allocazione e controlli, pur perseguendo il massimo rigore per evitare ogni cattivo uso delle risorse, siano resi chiari, trasparenti (p. es. traduzione dei formulari nelle lingue dei destinatari!), semplici e immediatamente riconducibili alle finalità politiche della PEP. Aumentando a dismisura le procedure per l'accesso ai fondi e complicandole in una logica tutta burocratica, non si ottiene una maggior aderenza alle priorità, né la necessaria efficacia dell'intervento: si favorisce, invece, quel «professionalismo della cooperazione» rappresentato dalle imprese di consulenti e che finisce per far perdere la ricchezza della specificità e la capacità di iniziativa dei partner. Le autorità UE insistono sul fatto che la PEP deve essere intesa come una politica tailor-made: ciò è molto importante, ma a condizione che si traduca anche nelle metodologie di attuazione, mantenendole sistematicamente e costantemente collegate alla realtà economica e sociale dei diversi paesi e quindi comprensibili per i diversi soggetti sociali.

    5.1.1

    Spesso le difficoltà di accesso ai programmi e alle risorse correlate da parte delle organizzazioni della società civile derivano, almeno in parte, dalla scarsa o approssimativa conoscenza dei regolamenti e delle procedure. L'accesso ad un programma comunitario o alle misure di una politica promossa dall'UE non può essere considerato alla stregua di una gara d'appalto nella quale i concorrenti devono dotarsi degli strumenti conoscitivi e organizzativi necessari per partecipare. Le istituzioni comunitarie devono assumere una precisa responsabilità e sostenere le organizzazioni sociali e socioprofessionali perché possano sviluppare capacità e professionalità adeguate. Un'azione del genere era svolta, fino a pochi anni fa, dalla Commissione che effettuava dei corsi per «progettisti» ad un costo accessibile. Recentemente questi costi sono triplicati e diventano inaccessibili per la gran parte dei soggetti sociali che ne hanno bisogno. Secondo il CESE, la disseminazione di questo tipo di know-how tra le organizzazioni della società civile è tanto indispensabile quanto la capacity building delle amministrazioni dei PP/PEP; pertanto deve essere considerata un servizio indispensabile da fornire in modo gratuito, se si vuole che la società civile contribuisca alla realizzazione della PEP.

    5.2

    Poiché i PAN contengono, di fatto, tutte le politiche trattate dai diversi commissari, è cruciale che la PEP diventi un progetto capito e condiviso da tutte le DG che dovranno lavorare in rete e responsabilmente per contribuire alla sua riuscita.

    5.3

    Il meccanismo della valutazione periodica, per essere efficace, deve esser ridotto all'essenziale, evitare ripetizioni e concentrarsi sulle priorità. Ciò può rendere più efficace e fruttuosa la partecipazione all'attuazione e alla valutazione della PEP da parte della società civile organizzata che resta attore insostituibile per la riuscita di questa come di ogni altra politica (cfr. oltre, punto 6). Una priorità di merito deve essere data ai criteri per attestare i progressi democratici del PP interessato e il rispetto dei valori e dei diritti fondamentali. Una priorità di metodo deve essere data alla costruzione di un sistema in rete di rilevamento dati e di statistiche che permetta di valutare in modo certo e possibilmente comparabile, le realizzazioni di ciascun paese coinvolto. Bisognerebbe anche perseguire una certa simultaneità dei rapporti di valutazione che sarebbe utile sia al processo di valutazione delle migliori attuazioni, sia all'individuazione delle priorità che necessitano di un maggiore o diverso sostegno.

    5.4

    Anche se l'UE è il principale partner commerciale dei PP/PEP, le risorse di bilancio dell'UE per la cooperazione sono, a volte e in alcuni paesi, inferiori a quelle di altri attori mondiali, ma i nostri partner hanno dimostrato in più occasioni di riconoscere che l'intervento dell'Europa integrata è qualitativamente importante per il loro sviluppo, che esso è capace di stabilizzare alcune conquiste, di fornire una forte capacity building e di costruire una partnership che considera ogni attore come un protagonista responsabile con pari dignità e mai come un destinatario di aiuto, più o meno obbligato, poi, ad accondiscendere ad obiettivi che non gli sono propri.

    5.5

    Le attese dei nostri partner non devono essere frustrate. Ciò implica un'assunzione precisa di responsabilità da parte di tutti gli attori comunitari, in primis gli Stati membri, che hanno la principale competenza in materia di bilancio. È importante che le prospettive finanziarie 2007/2013 valorizzino questa politica, che è cruciale tanto per lo sviluppo e la sicurezza interni dell'UE, quanto per la crescita del suo ruolo di interlocutore sulla scena mondiale. Rispondere a questa esigenza permetterà anche di mobilitare meglio il concorso delle risorse private, dato che gli investitori potranno muoversi in un quadro di coerenze e di certezze.

    6.   La partecipazione della società civile alla PEP

    6.1

    Il CESE è convinto che la riuscita della PEP sia intimamente legata alla capacità di tutti gli attori istituzionali di coinvolgere e far partecipare le organizzazioni della società civile all'attuazione dei PAN e l'ha ampiamente motivato nei suoi pareri precedenti come, per analogia, in tutti i pareri relativi al processo di allargamento (8). Sarebbe auspicabile che, dalla Commissione, venisse un segnale più esplicito in questa direzione, attraverso la proposta di criteri, procedure e strumenti per l'integrazione delle organizzazioni della società civile nell'attuazione dei PAN. Fermo restando quanto detto al punto 3.3, l'esperienza dell'allargamento è un importante punto di riferimento: per l'implicazione degli attori sociali e socioprofessionali dei paesi candidati nel processo negoziale e per la pratica di dialogo tra le organizzazioni della società civile dei paesi UE e quelle dei paesi candidati. Se la prima di queste dinamiche è stata curata, specie in alcuni paesi candidati oggi divenuti membri, la seconda è stata lasciata all'iniziativa volontaria di organizzazioni, fondazioni e organi consultivi, in particolare il CESE. Nella realizzazione della PEP sarà invece necessario strutturare e garantire questa partecipazione.

    6.2

    Sulla base dell'esperienza e dei lavori svolti dal CESE, nonché delle proposte contenute nei pareri citati alla nota 1, si elencheranno qui solo le azioni che il CESE ritiene indispensabili per raggiungere l'obiettivo di una realizzazione efficace e socialmente partecipata della PEP.

    6.3

    Il CESE chiede alla Commissione di:

    assicurare una forte coerenza interna tra le diverse DG che trattano i vari aspetti della PEP, sollecitando sinergie, lavoro in rete e promozione di buone pratiche,

    sostenere esplicitamente coi governi dei PP/PEP la necessità di far partecipare alla realizzazione dei PAN le organizzazioni della società civile, anche introducendo a questo scopo un criterio relativo al coinvolgimento delle organizzazioni della società civile nella valutazione dei risultati ottenuti dai diversi PP/PEP,

    fornire agli attori sociali e socio-professionali il know-how necessario ad utilizzare al meglio e in modo corretto le risorse destinate alla PEP, anche per permettere a tali soggetti di monitorare l'applicazione dei PAN nel loro paese e di fare proposte per il seguito,

    fornire criteri chiari ed efficaci per la valutazione relativa alla condivisione dei valori in quanto priorità discriminante nell'attuazione della PEP,

    fornire informazioni e documentazione sulle riunioni previste nel quadro degli accordi di associazione in cui si tratterà della realizzazione dei PAN (in particolare, pubblicare il calendario e gli ordini del giorno di tali riunioni), favorire sessioni di informazione e consultazione prima e dopo tali riunioni,

    proporre uno strumento che faciliti la concessione di visti ai cittadini dei PP/PEP che intendono recarsi nell'UE per studio, iniziative di formazione e ricerca, contatti con organizzazioni omologhe, affari, ecc.,

    sostenere gli sforzi del CESE per assicurare il coordinamento degli organismi consultivi e delle organizzazioni della società civile impegnate a partecipare alla realizzazione dei PAN, in particolare finanziando lo svolgimento di un vertice socioprofessionale annuale (analogo a quello che il CESE organizza da 10 anni nel quadro euromediterraneo) che valuti la realizzazione complessiva della PEP e permetta alle organizzazioni coinvolte di confrontarsi su un piano generale e non solo a livello bilaterale e di area.

    6.4

    Il CESE chiede ai governi dei PM/UE di:

    darsi un metodo di confronto sistematico per assicurare coerenza ed efficacia tra le singole politiche estere nazionali e la PEP, al fine di creare una massa critica non solo di risorse, ma soprattutto di iniziative che contribuiscano a conseguire risultati vantaggiosi per tutte le parti in gioco,

    orientare le loro politiche estere ad un'applicazione della PEP che valorizzi l'apporto della società civile organizzata tanto nei PP/PEP, quanto a livello nazionale, anche attraverso il concorso delle politiche di cooperazione allo sviluppo e la creazione di partenariati e reti con le organizzazioni della società civile impegnate in quest'ambito,

    assicurare la coerenza tra gli impegni assunti nel quadro della PEP e l'iniziativa dentro gli organismi internazionali multilaterali,

    fornire tutte le informazioni sulle posizioni governative nazionali in rapporto agli ordini del giorno delle riunioni che si realizzano nel quadro degli accordi di associazione,

    impegnarsi a promuovere e facilitare l'accesso alle università nazionali per gli studenti provenienti dai PP/PEP,

    organizzare, a livello nazionale, giornate di informazione a scadenze determinate (un paio all'anno) sui risultati dell'applicazione della PEP e sulle valutazioni che il governo stesso dà dell'applicazione di questa importante politica.

    6.5

    Il CESE chiede ai governi del PP/PEP di:

    perseguire una forte coerenza tra le loro politiche estere bilaterali e multilaterali e gli impegni assunti nel quadro della PEP,

    garantire un'informazione chiara e costante sull'andamento dell'applicazione dei PAN alle organizzazioni delle parti sociali e delle organizzazioni socioprofessionali dei loro paesi, assicurando anche la possibilità di accedere alla documentazione attinente agli sviluppi dell'applicazione dei PAN,

    consultare sistematicamente gli organismi consultivi — dove esistono — sulle decisioni che si stanno preparando sia in materia di applicazione dei PAN, sia in vista delle valutazioni e delle eventuali ulteriori tappe che portassero ad un progresso delle relazioni tra il paese interessato e l'UE,

    istituire, nei PP/PEP dove non esistono organismi consultivi, uno strumento che favorisca e coordini la partecipazione delle organizzazioni delle società civile alla formazione delle decisioni relative alla realizzazione dei PAN e al monitoraggio delle azioni intraprese,

    curare l'articolazione della consultazione e della partecipazione della società civile anche a livello territoriale affinché la PEP possa costituire uno strumento di sviluppo e di riequilibrio del sistema economico e sociale sull'insieme del territorio nazionale.

    6.6

    Il CESE invita le organizzazioni della società civile dei PP/PEP a:

    impegnarsi per conoscere, valutare e intervenire nell'applicazione della PEP nei loro paesi, sia insistendo per ottenere informazioni e opportunità di partecipazione dai loro governi, sia collegandosi con il CESE per segnalare le priorità individuate e farle conoscere presso le autorità comunitarie,

    rendersi disponibili ad un dialogo strutturato sia con il CESE, sia con gli organismi consultivi dei paesi membri dell'UE e di altri PP/PEP, in modo da creare una rete ampia di monitoraggio dell'attuazione della PEP e favorire la conoscenza reciproca tra organizzazioni e la diffusione di buone pratiche partecipative.

    6.7

    Il CESE, da parte sua, si impegna a seguire da vicino l'attuazione della PEP nelle diverse aree e a sviluppare tutte le forme più efficaci di cooperazione con il Parlamento europeo e il Comitato delle regioni per contribuire al coinvolgimento delle organizzazioni della società civile in questa importante politica.

    Bruxelles, 5 luglio 2006

    La Presidente

    del Comitato economico e sociale europeo

    Anne-Marie SIGMUND


    (1)  Il primo su Europa ampliataProssimità: Un nuovo contesto per le relazioni con i nostri vicini orientali e meridionali (parere, relatrice: Karin ALLEWELDT — GU C 80 del 30.3.2004, pagg. 148-155); il secondo su Il ruolo degli organi consultivi e delle organizzazioni socioprofessionali nell'attuazione degli Accordi di associazione e nel quadro della politica europea di prossimità (contributo tematico al vertice socioprofessionale euromediterraneo tenutosi in Giordania il 16-17 novembre 2005, relatrice: Giacomina CASSINA, elaborato con il contributo dei consigli consultivi di Grecia, Israele e Tunisia e di una rappresentanza socioprofessionale del Marocco).

    (2)  Danimarca, Regno Unito e Irlanda nel 1973, Grecia nel 1981, Spagna e Portogallo nel 1986, Austria, Svezia e Finlandia nel 1995.

    (3)  COM(2003) 104 def. — Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeoEuropa ampliataProssimità: Un nuovo contesto per le relazioni con i nostri vicini orientali e meridionali — Bruxelles, 11.3.2003.

    COM(2004) 373 def. — Comunicazione della CommissionePolitica europea di prossimitàDocumento di strategia — Bruxelles, 12.5.2004.

    COM(2004) 628 def. — Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante disposizioni generali che istituiscono uno strumento europeo di vicinato e partenariato — Bruxelles, 29.9.2004.

    (4)  Il fatto che Armenia, Azerbaigian e Georgia (non contigui territorialmente all'UE) abbiano chiesto di essere integrati nella PEP è una dimostrazione concreta di questa affermazione.

    (5)  COM(2005) 72 def. — Comunicazione della Commissione al ConsiglioPolitica europea di prossimitàRaccomandazioni per l'Armenia, l'Azerbaigian, la Georgia, l'Egitto e il Libano — Bruxelles, 2.3.2005.

    (6)  Cfr. il rapporto STULÍK (REX/220).

    (7)  Cfr. il rapporto DIMITRIADIS per il vertice Euromed di Malta (REX/113), in particolare i punti 35 e 36.1.

    (8)  Cfr., tra i più recenti, il parere della sezione REX (REX/208, relatore PEZZINI).


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