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Document 52017AE1690

    Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Nuovi modelli economici sostenibili» (parere esplorativo)

    GU C 81 del 2.3.2018, p. 57–64 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, HR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

    2.3.2018   

    IT

    Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

    C 81/57


    Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Nuovi modelli economici sostenibili»

    (parere esplorativo)

    (2018/C 081/08)

    Relatrice:

    Anne CHASSAGNETTE

    Correlatore:

    Carlos TRIAS PINTÓ

    Consultazione

    Commissione europea, 7.2.2017

    Base giuridica

    Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

     

     

    Organo competente

    Sottocomitato Nuovi modelli economici sostenibili

    Adozione in sottocomitato

    25.9.2017

    Adozione in sessione plenaria

    18.10.2017

    Sessione plenaria n.

    529

    Esito della votazione

    (favorevoli/contrari/astenuti)

    187/3/4

    1.   Conclusioni e raccomandazioni

    1.1.

    Il modello economico basato sul processo «estrarre, produrre, possedere, gettare» viene rimesso in discussione dal moltiplicarsi delle sfide economiche, sociali ed ambientali che interessano l’Europa.

    1.2.

    Assistiamo attualmente all’emergere di un’economia ibrida in cui l’architettura tradizionale del mercato è sfidata dalla comparsa di una moltitudine di nuovi modelli che stanno trasformando i rapporti tra produttori, distributori e consumatori.

    1.3.

    Oltre alla redditività economica, alcuni di questi nuovi modelli economici, come l’economia della funzionalità, della condivisione o della finanza responsabile mirano a rispondere (o sostengono di farlo) ad altre sfide fondamentali per le persone e il pianeta, ed essenziali per lo sviluppo sostenibile, quali:

    la giustizia sociale

    la governance partecipativa

    la conservazione delle risorse e del capitale naturale.

    1.4.

    Sostenere tali innovatori offre all’Unione europea (UE) l’opportunità di divenire leader in materia di modelli economici innovativi che uniscono in modo indissociabile le nozioni di prosperità economica, protezione sociale di qualità e sostenibilità ambientale e che definiscono un «marchio europeo». L’UE deve quindi mostrarsi ambiziosa riguardo a questo aspetto.

    1.5.

    A tal fine, il presente parere formula le seguenti 10 raccomandazioni:

    1.5.1.

    Garantire in seno all’UE un migliore coordinamento dei lavori sull’economia sostenibile, attraverso la creazione di una struttura permanente della nuova economia sostenibile. Tale struttura sarebbe dotata di strumenti di valutazione e di comunicazione, al fine di monitorare lo sviluppo dei nuovi modelli economici dotati di un potenziale di sviluppo sostenibile e l’attuazione delle raccomandazioni formulate nel presente documento. Una struttura di questo genere favorirebbe inoltre il dialogo tra i diversi soggetti interessati a livello europeo. Il CESE potrebbe contribuire a questo sforzo, attraverso la creazione, al suo interno, di un osservatorio della nuova economia, come già raccomandato in diversi pareri.

    1.5.2.

    I poteri pubblici dell’UE devono sostenere la ricerca, in particolare la ricerca e l’innovazione responsabili  (1) , al fine di:

    comprendere meglio gli effetti reali sotto il profilo della sostenibilità dei nuovi modelli economici, durante l’intero ciclo di vita, e proseguire la ricerca sugli ostacoli allo sviluppo dei nuovi modelli;

    elaborare indicatori per monitorare questi nuovi modelli economici e rafforzare la loro visibilità.

    1.5.3.

    Occorre garantire che i nuovi modelli rispettino pienamente i criteri di sostenibilità. Alcuni operatori, sfruttando i concetti della nuova economia sostenibile, stanno in realtà sviluppando modelli che non sono necessariamente sostenibili sotto tutti i profili. La Commissione dovrebbe tener conto non solo delle opportunità ma anche dei rischi e delle derive possibili di alcuni nuovi modelli economici, in particolare nei confronti delle questioni sociali, della regolamentazione del lavoro e della concorrenza fiscale sleale.

    1.5.4.

    L’UE deve promuovere e sostenere l’educazione, la formazione e l’informazione per migliorare la conoscenza dei nuovi modelli economici sostenibili e del ruolo della finanza sostenibile da parte di tutti gli attori. L’idea è quella di mettere in evidenza la compatibilità ed eventualmente le tensioni e i compromessi esistenti tra le sfide della sostenibilità, da un lato, e la redditività economica dall’altro.

    1.5.5.

    La Commissione dovrebbe analizzare e completare le iniziative private (ma non sostituirsi ad esse) intese a promuovere lo scambio di buone pratiche e di esperienze tra gli innovatori, attraverso reti, piattaforme web, convegni ecc. Il CESE sostiene già tali iniziative, attraverso la gestione di una nuova piattaforma sull’economia circolare, in collaborazione con la Commissione europea.

    1.5.6.

    I poteri pubblici dell’UE devono vegliare affinché i promotori di nuovi modelli economici realmente sostenibili abbiano un accesso al finanziamento nelle prime fasi del loro sviluppo e nel suo prosieguo. Servono strumenti e definizioni che diano loro un accesso privilegiato a strumenti di finanziamento pubblici e/o che ne agevolino il finanziamento da parte di investitori socialmente responsabili.

    1.5.7.

    La Commissione europea potrebbe favorire la sperimentazione di nuovi modelli attraverso un fondo di finanziamento dell’innovazione dedicato ai modelli sostenibili e aperto ai partenariati pubblico-privato. In questa prospettiva, il CESE raccomanda la realizzazione di progetti pilota in grado di creare un valore condiviso e integrare le reti della nuova economia.

    1.5.8.

    I poteri pubblici dell’UE devono integrare gli attori promotori di questi nuovi modelli economici nelle politiche settoriali dell’UE già esistenti, al fine di dar loro maggiore visibilità e creare un «effetto leva» propizio al loro intervento. Così, nel pacchetto per la mobilità, in corso di elaborazione, potrebbe essere interessante sostenere i nuovi modelli di car pooling/car sharing per integrare l’offerta di trasporti pubblici.

    1.5.9.

    Più in generale, l’UE, oltre a creare un quadro politico, fiscale e normativo per promuovere la diffusione di questi nuovi modelli sostenibili su larga scala, dovrebbe anche:

    imporre questo tema a livello politico e sviluppare una visione chiara che consideri la sostenibilità un criterio essenziale per la modernizzazione del suo modello sociale ed economico,

    incentivare l’integrazione delle esternalità socio-ambientali nella logica economica e indirizzare gli Stati membri verso la fiscalità ecologica. Finché tali esternalità non saranno integrate nei prezzi, i prodotti e i servizi dell’economia lineare continueranno a dominare la nostra economia,

    sviluppare un quadro normativo che favorisca il consumo e la produzione sostenibili, rafforzando la trasparenza e la responsabilità dei settori sia esistenti che emergenti, affinché gli impatti sociali e ambientali siano presi in considerazione in tutte le fasi della catena del valore.

    1.5.10.

    È opportuno rivedere le modalità di funzionamento del settore finanziario per renderlo sostenibile e ridefinire il concetto di rischio per integrarvi le sfide di lungo termine (ambientali, sociali e di governance) a livello micro e macro. Tutti gli attori della catena di valore finanziario (consumatori, banche, investitori, regolatori, governi) devono partecipare a questa riorganizzazione. Ciò consentirà di allineare più precisamente i risultati in materia di investimenti e di prestiti alle aspettative dei consumatori responsabili. Il CESE propone la creazione di una piattaforma (hub) che consenta di fornire un’informazione obiettiva ai consumatori per orientarli su questi temi.

    2.

    Osservazioni generali: necessità di favorire gli innovatori che propongono nuovi modelli economici sostenibili in Europa

    2.1.

    La sostenibilità del nostro modello economico, ossia la sua capacità di rispondere alle esigenze delle generazioni attuali senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i loro bisogni, è sempre più spesso oggetto di discussione (2).

    2.2.

    A livello economico, la disoccupazione di massa che perdura in alcuni paesi riflette le difficoltà di accesso a un mercato del lavoro in rapida evoluzione, incontrate da talune categorie della popolazione. Il calo del potere d’acquisto e la debole crescita in alcuni paesi sviluppati aprono interrogativi sulle finalità che dovrebbe perseguire il nostro modello economico.

    2.3.

    A livello sociale, l’aumento delle disuguaglianze pone la questione della ridistribuzione e della condivisione equa delle risorse (economiche e naturali). L’esclusione di una parte della società dai benefici della crescita spinge a rivedere i nostri modelli di governance, al fine di creare un modello economico più inclusivo e partecipativo.

    2.4.

    A livello ambientale, i rischi legati al cambiamento climatico rimettono in discussione la nostra dipendenza dalle energie con i più alti livelli di emissione di CO2. La linearità dei nostri sistemi di produzione e di consumo comporta uno sfruttamento eccessivo delle risorse naturali e un’erosione della biodiversità, mentre l’inquinamento generato dalle nostre attività economiche ha un impatto sull’ambiente e sul benessere dei cittadini.

    2.5.

    In questo contesto, il modello economico attuale è sfidato dalla comparsa di una moltitudine di innovatori che propongono «nuovi modelli economici».

    2.5.1.

    Questi nuovi modelli, che possono basarsi sulle nuove tecnologie e in particolare sul digitale, stanno cambiando i rapporti tra produttori, distributori e consumatori, che diventano in certi casi prosumatori. Essi rimettono in discussione alcune nozioni tradizionali, come il lavoro subordinato, offrendo forme di lavoro più flessibili e condivise. Anche se descritti come «nuovi», tali modelli possono in realtà rinnovare pratiche già note.

    2.5.2.

    Questo parere prende in esame tutti i nuovi modelli economici che puntano (o sostengono di farlo), oltre che alla redditività economica, a raccogliere altre sfide centrali dello sviluppo sostenibile, ossia:

    la giustizia sociale (rispetto della dignità umana, ampliamento dell’accesso a beni e servizi, equa ripartizione delle risorse, prezzi equi, solidarietà),

    un modello di governance partecipativo (maggiore coinvolgimento di lavoratori e consumatori al funzionamento e all’orientamento strategico dell’impresa, modello di produzione e di consumo più in sintonia con le esigenze reali delle popolazioni e con le realtà dei territori),

    la conservazione delle risorse e del capitale umano (disaccoppiamento tra prosperità economica e utilizzazione delle risorse e integrazione delle esternalità negative ambientali).

    2.5.3.

    Gli imprenditori innovativi che propongono nuovi modelli economici che dovrebbero essere più sostenibili si raccolgono sotto l’insegna di una serie di concetti come l’economia circolare, l’economia funzionale, l’economia della condivisione, l’economia del bene comune, la finanza responsabile. Inoltre essi arricchiscono un ecosistema di imprenditori già strutturato, quello cioè dell’economia sociale (ES), che pone al centro della sua azione le questioni di governance e di utilità sociale e ambientale. L’economia sociale non può essere considerata un «nuovo» modello economico «sostenibile», tuttavia essa si rinnova sotto l’impulso di questi innovatori. Sebbene questi nuovi modelli non perseguano sempre gli stessi obiettivi (alcuni sono incentrati sugli aspetti ambientali ed altri su quelli sociali), essi mirano a produzioni di valore multiplo (economico, sociale, ambientale) e quindi non li si dovrebbe affrontare separatamente, come se fossero dei compartimenti stagni.

    2.6.

    Per l’UE diventare leader di un modello economico sostenibile è un’opportunità da cogliere. Il modello economico europeo deve continuare a reinventarsi per integrare le sfide di lungo periodo e rendere indissociabili le nozioni di prosperità economica e di sostenibilità.

    2.6.1.

    In Europa, i consumatori sono sempre più consapevoli delle conseguenze sociali e ambientali del loro consumo. La nascita della figura del «prosumatore», in particolare nel settore delle energie rinnovabili, contribuisce a modulare nuove relazioni sulla catena del valore e tra produttori, distributori e consumatori. Ciò avviene anche per quanto riguarda gli operatori economici. Nel settore finanziario, ad esempio, la nozione di rischio si estende per far posto ai criteri «extra-finanziari», in particolare per quanto riguarda la valutazione degli attivi. Alcuni gestori di patrimoni stanno così tentando di promuovere una dinamica volta a indurre le imprese a comunicare (oltre a quanto già previsto dagli obblighi regolamentari) alcune informazioni relative alla responsabilità sociale e ambientale. Questa dinamica, attualmente ancora allo stadio embrionale, deve essere ulteriormente sviluppata e rafforzata sulla base di una vera responsabilità (3). Sviluppare la finanza sostenibile è il modo migliore per riorientare il sistema finanziario europeo da una logica di stabilizzazione a breve termine verso una logica di impatto a lungo termine.

    2.6.2.

    Assumere il ruolo di leader di questa nuova economia può apportare numerosi vantaggi all’Europa.

    2.6.3.

    Attraverso questi nuovi modelli, essa può trovare delle soluzioni per affrontare problemi concreti. Il car sharing, rinnovando i nostri modi di trasporto, può favorire una mobilità più inclusiva e più ecologica. I modelli d’impresa che puntano al reinserimento di persone in difficoltà contribuiscono a migliorare l’accesso al mercato del lavoro per una parte della popolazione.

    2.6.4.

    Per l’UE, la sostenibilità del modello economico può anche divenire un elemento di differenziazione in grado di imporre un «marchio europeo».

    2.6.5.

    L’UE possiede gli strumenti per sviluppare dei «campioni europei» in questi settori. Per alcune imprese, la combinazione di redditività economica e criteri di sostenibilità in seno al loro modello diventa — o è già diventato — un effettivo vantaggio comparato per conquistare nuovi mercati.

    2.6.6.

    Mettendo la sostenibilità al centro del progetto di modernizzazione della sua economia e delle sue preoccupazioni politiche, l’UE può rimobilitare gli Stati membri attorno a un progetto unificante, dopo lo shock della Brexit e mettere di nuovo le persone al centro del progetto europeo.

    3.

    Sebbene la nascita di nuovi modelli accompagnati da promesse di sostenibilità rappresenti una grande opportunità per l’UE, tale «abbondanza» deve essere ben compresa e percepita per identificare e incoraggiare gli attori che trainano questo cambiamento.

    3.1.

    L’economia della funzionalità, ad esempio, consiste nel sostituire la nozione di «vendita del bene» con quella di «vendita dell’uso del bene». Il consumatore individuale non acquista più un veicolo ma un servizio di mobilità attraverso un fornitore. Dal punto di vista della sostenibilità il passaggio dalla proprietà all’uso consente a priori: di incoraggiare i fornitori a ottimizzare la manutenzione dei prodotti, ad allungarne la durata di vita, e addirittura a progettarli in maniera ecocompatibile e a riciclarli; di condividere tra più consumatori l’uso dello stesso bene e intensificare in tal modo l’impiego dei beni già prodotti e talvolta sottoutilizzati; di proporre prezzi per l’accesso a tali beni inferiori al prezzo da pagare per il loro possesso.

    3.2.

    L’economia della condivisione è un concetto la cui definizione non si è ancora stabilizzata (4). In generale, questo concetto si applica a imprenditori che sviluppano piattaforme digitali che consentono a privati di scambiare beni o servizi: car pooling, noleggio di beni, acquisto di usato, prestiti, doni ecc. Ma la definizione del concetto è molto dibattuta: secondo alcuni dovrebbe includere anche sistemi di scambio tra privati, non basati su piattaforme digitali, mentre altri vi aggiungono imprese che noleggiano beni di cui esse restano proprietarie, e altri ancora escludono qualsiasi iniziativa da parte di imprese che puntano a realizzare profitti.

    3.3.

    L’economia circolare, invece, si è sviluppata in opposizione al modello lineare (5). Essa si basa sulla creazione di «anelli di valore positivi» che reintroducono nel ciclo di produzione prodotti o materiali a «fine vita». In un modello circolare ideale, i beni vengono progettati in maniera ecocompatibile, prodotti utilizzando risorse rinnovabili o riciclate o rifiuti di altri settori, riutilizzati, riparati, «aggiornati» e infine riciclati. L’economia circolare presenta i seguenti vantaggi: diminuzione dei rischi, riduzione dei costi, valore aggiunto, lealtà dei consumatori e motivazione del personale.

    3.4.

    I nuovi modelli economici cosiddetti sostenibili non si raccolgono solo sotto l’insegna dei tre concetti sopramenzionati. Tuttavia questi ultimi permettono di sottolineare il carattere vago di alcuni concetti utilizzati per descrivere i nuovi modelli economici, analogamente alle discussioni sui lineamenti dell’economia della condivisione o al concetto vicino di economia collaborativa. Alcuni concetti possono anche sovrapporsi, l’economia della funzionalità e l’economia della condivisione potendo essere considerate come un elemento costituente dell’economia circolare.

    3.5.

    Occorre inoltre sottolineare la diversità degli imprenditori che sviluppano questi nuovi modelli economici: grandi imprese che si rinnovano operano accanto a start up alla ricerca di una crescita esponenziale, imprese sociali che possono far parte dell’economia sociale, associazioni di volontariato e iniziative dei cittadini.

    3.6.

    Inoltre, mentre alcuni imprenditori mirano ad essere economicamente redditizi e a rispondere, al tempo stesso, alle sfide ambientali, sociali o di governance, ponendo la sostenibilità al centro del loro progetto e valutando l’impatto al fine di migliorarlo, altri non condividono tale «intento» di sostenibilità. Questi ultimi puntano innanzitutto alla redditività e ritengono che il loro modello economico presenti esternalità positive per il resto della società, senza necessariamente misurarle e cercare di migliorarle.

    3.7.

    Questi nuovi modelli non mirano necessariamente a essere sostenibili a tutti i livelli. Le imprese che sviluppano modelli economici che si ispirano all’economia circolare tendono, ad esempio, a porre le questioni ambientali maggiormente al centro del loro progetto e a massimizzare il risparmio di risorse. Ma in realtà, per garantire che il sistema sia anche sostenibile a livello sociale, è necessario che l’opzione circolare rimanga accessibile per il consumatore, anche in termini di costi. Inoltre, se gli anelli di produzione creati possono essere locali, e privilegiare in tal modo le risorse e i posti di lavoro locali, non è escluso che le risorse utilizzate, come i materiali riciclati, siano trasportate su lunghe distanze. Viceversa, l’economia della condivisione può avere come scopo principale l’ampliamento dell’accesso degli utenti a un bene senza che sussista tuttavia alcuna esigenza ambientale.

    3.8.

    È inoltre fondamentale ricordare che gli impatti reali dei nuovi modelli economici cosiddetti sostenibili vanno valutati con cautela. Per esempio, la discussione sui benefici ambientali delle piattaforme dell’economia della condivisione resta ancora aperta. Il bilancio ecologico delle piattaforme che consentono ad alcune persone di accedere ai beni di altri privati piuttosto che acquistarne di nuovi, è spesso più complesso di quanto non possa sembrare (6). Ad esempio, il car pooling sulle lunghe distanze entra spesso in concorrenza diretta con il trasporto ferroviario piuttosto che con l’utilizzo individuale di un’automobile. D’altra parte, coloro che acquistano i beni di altri non lo fanno per ridurre i propri acquisti di beni nuovi ma per aumentare il loro consumo. Più in generale, il passaggio dalla proprietà all’uso non è sufficiente a garantire una riduzione dell’impronta ecologica del consumo e una riduzione dei costi per i consumatori. Infatti, le imprese che propongono il noleggio piuttosto che la vendita di smartphone tendono a proporre ai loro utenti una sostituzione più frequente dei prodotti con nuovi modelli e non prevedono necessariamente un sistema di riciclaggio o di riutilizzo.

    3.9.

    Si osserva infine che l’economia della condivisione solleva importanti questioni in materia di creazione di monopoli, di protezione dei dati, di diritto del lavoro, d’imposizione fiscale degli scambi o di concorrenza con i modelli economici tradizionali, analogamente alle discussioni sulle piattaforme per l’affitto di alloggi tra privati.

    3.10.

    I poteri pubblici, per sostenere gli imprenditori che innovano ispirandosi a questi concetti, devono quindi mantenere uno spirito critico sulle loro intenzioni e sui loro impatti reali, ed essere consapevoli della diversità di impostazioni che si riscontra tra tali imprenditori e della natura imprecisa dei concetti che promuovono.

    4.

    Quest’ultima sezione del parere contiene un elenco delle principali «leve» che renderebbero l’UE capace di promuovere lo sviluppo di questi nuovi modelli e la loro sostenibilità.

    4.1.

    Occorre innanzitutto fare il punto sulle iniziative già adottate a livello europeo per sostenere questi modelli economici. La questione dei nuovi modelli economici in effetti ha già attirato l’attenzione dei decisori pubblici negli Stati membri e a livello dell’Unione. Questi ultimi iniziano a seguire lo sviluppo di tali modelli, a riflettere sul loro contributo reale allo sviluppo sostenibile e sugli strumenti di azione pubblica che permetterebbero di sostenere i modelli aventi l’impatto maggiore.

    4.1.1.

    A livello di Commissione europea, sono in corso diverse iniziative nel quadro della sua comunicazione sull’industria intelligente, innovativa e sostenibile, che prevede di adottare una strategia globale per la competitività industriale, contando sul ruolo attivo di tutte le parti interessate, e di responsabilizzare i cittadini:

    la serie di misure del pacchetto sull’economia circolare (7) comprendente proposte di revisione della legislazione sui rifiuti, nonché un piano d’azione dettagliato per l’economia circolare, che prevede misure fino al 2018,

    una piattaforma delle parti interessate europee per l’economia circolare per favorire lo scambio e la visibilità delle buone pratiche tra le parti interessate, nonché la loro messa in rete,

    un’agenda europea sulla regolamentazione dell’economia collaborativa (8) e delle piattaforme online (9),

    alcuni studi sulla sostenibilità dell’economia della condivisione o sull’ecologia industriale,

    l’elaborazione di linee guida volontarie sui bandi di gara nel settore degli appalti pubblici,

    l’elaborazione, nel 2017, da parte di un gruppo di esperti di alto livello sulla finanza sostenibile, di raccomandazioni affinché la finanza sostenibile sia integrata in modo leggibile nella strategia dell’UE nonché nell’Unione dei mercati dei capitali.

    4.1.2.

    Il CESE ha già adottato diversi pareri sull’economia della funzionalità (10), sull’economia della condivisione o sul concetto apparentato di economia collaborativa (11), sull’economia circolare (12), sull’innovazione come motore di nuovi modelli economici (13) e sull’economia del bene comune (14). In questi pareri si sottolinea:

    il potenziale di sostenibilità di questi nuovi modelli e l’importanza di analizzare in maniera migliore i loro effetti reali,

    la necessità di privilegiare le imprese che adottano realmente modelli territoriali, cooperativi, ecologici e sociali.

    4.2.

    Tali pareri contengono proposte di azioni da intraprendere da parte dei poteri pubblici, per sostenere lo sviluppo delle imprese che adottano modelli economici sia nuovi che sostenibili. Si riepilogano nell’elenco qui di seguito tali linee d’azione, arricchendole con altre idee che sono emerse nel corso delle audizioni condotte nell’ambito dell’elaborazione del presente parere.

    4.2.1.

    Occorre in primo luogo istituire una struttura permanente dedicata ai nuovi modelli economici dotati di un potenziale di sviluppo sostenibile, e incaricata di monitorare il loro sviluppo e l’attuazione delle raccomandazioni formulate nel presente parere. Tale struttura deve coinvolgere le istituzioni europee, in primis la Commissione e il CESE, nonché federazioni di imprese innovative, organizzazioni sindacali, associazioni e ricercatori.

    4.2.2.

    In secondo luogo, occorre che i poteri pubblici europei favoriscano una migliore comprensione e un miglior monitoraggio di tali sviluppi.

    4.2.2.1.

    A questo proposito, la Commissione potrebbe contribuire maggiormente alla ricerca, in particolare alla ricerca responsabile, per comprendere più a fondo gli impatti reali, sociali e ambientali dei nuovi modelli economici che stanno emergendo, nonché gli ostacoli al loro sviluppo. Ciò permetterebbe altresì di chiarire l’indeterminatezza che circonda diversi concetti utilizzati. Tali lavori dovrebbero essere svolti in collaborazione con tutte le parti interessate al processo di ricerca e innovazione, in modo da avvalersi della loro esperienza.

    4.2.2.2.

    A livello europeo con Eurostat e negli Stati membri con i loro rispettivi organismi statistici, è importante sviluppare indicatori e statistiche che permettano di monitorare lo sviluppo di tali modelli e di aumentare la loro visibilità.

    4.2.2.3.

    Uno strumento chiave per garantire lo sviluppo dei nuovi modelli economici è promuovere l’educazione e la formazione delle diverse parti interessate, allo scopo di migliorare la loro conoscenza di tali modelli e renderli più visibili. Ancor oggi i nuovi modelli economici sostenibili rappresentano solo una piccola parte dell’economia europea. Essi si scontrano spesso con una logica e con meccanismi consolidati, nonché con una scarsa conoscenza delle loro dinamiche. Sarebbe quindi utile sviluppare delle attività di formazione:

    per i decisori pubblici e le rispettive amministrazioni, per elaborare bandi di gara atti a incoraggiare le imprese che promuovono nuovi modelli economici sostenibili,

    per le imprese innovative, incentivando gli incubatori a offrire formazioni sul tema della sostenibilità, ad esempio sul riutilizzo dei beni,

    per tutte le imprese e in particolare le PMI, allo scopo di sensibilizzarle ai modelli economici innovativi e sostenibili,

    per i lavoratori e i dipendenti dei settori in evoluzione/riconversione, al fine di aiutarli ad acquisire le competenze necessarie per i nuovi modelli economici e le sfide in materia di sostenibilità,

    per i cittadini e i consumatori, attraverso un programma di sensibilizzazione in merito ai nuovi modelli economici e ai relativi prodotti.

    4.2.3.

    Oltre ad assicurare un monitoraggio e una migliore comprensione di tali modelli, è necessario attivare anche altre leve.

    4.2.3.1.

    Favorire lo scambio di buone pratiche e di esperienze tra gli innovatori, ma anche di questi con il mondo della ricerca, attraverso reti e piattaforme web è un obiettivo indispensabile. Su alcuni nuovi modelli economici sono già state lanciate iniziative private. La Commissione dovrebbe valutare come sostenerle e completarle, senza sostituirsi ad esse, e dovrebbe parteciparvi per comprendere meglio tali innovazioni e favorire scambi con gli innovatori. Per altri modelli economici, invece, queste iniziative stentano ad emergere, in particolare per mancanza di risorse umane e finanziarie. Pertanto la Commissione dovrebbe fornire loro un sostegno maggiore, oltre a garantire la propria partecipazione.

    4.2.3.2.

    Una delle funzioni di tali reti dovrebbe essere quella di facilitare l’accesso degli innovatori ai meccanismi di sostegno europei ai quali hanno diritto. Le imprese promotrici di nuovi modelli economici sostenibili sono spesso delle PMI che si lamentano per le difficoltà che incontrano nel comprendere la complessità delle procedure dell’UE.

    4.2.3.3.

    La Commissione può favorire l’accesso al finanziamento per i modelli economici sostenibili mediante bandi di gara dedicati all’innovazione. Essa dovrebbe inoltre garantire che le norme in materia di appalti pubblici non costituiscano un ostacolo sproporzionato per i promotori di nuovi modelli economici sostenibili e prevedere un meccanismo di deroga per proteggerli da una concorrenza per loro impossibile da sostenere. Inoltre, i finanziatori tradizionali dell’innovazione, sia pubblici che privati, non conoscono bene questi nuovi modelli, esitano quindi a sostenerli e non ne valorizzano i benefici sociali e ambientali. La Commissione europea deve analizzare più accuratamente le difficoltà di accesso ai finanziamenti incontrate dai nuovi modelli economici sostenibili e formulare raccomandazioni per superarle. Inoltre potrebbe anche prendere in considerazione la diffusione di valute alternative (virtuali, sociali) e il ruolo che queste potrebbero svolgere a sostegno di tali modelli.

    4.2.3.4.

    Per potersi sviluppare, i nuovi modelli economici sostenibili necessitano di sperimentazione. In alcuni casi, come nel settore della mobilità o dell’ecologia industriale, tali sperimentazioni devono essere svolte in partenariato con i poteri pubblici. La Commissione europea potrebbe promuovere la sperimentazione di nuovi modelli attraverso un fondo di finanziamento dell’innovazione dedicato ai modelli sostenibili e aperto ai partenariati pubblico-privati. In particolare, la Commissione dovrebbe verificare che tali sperimentazioni riguardino territori rurali e periurbani e non esclusivamente grandi centri urbani.

    4.2.3.5.

    L’esperienza acquisita deve permettere di individuare le nuove esigenze di normazione, nonché le norme e normative che ostacolano la diffusione di taluni modelli innovativi e sostenibili. Tali norme e normative devono essere rese compatibili con l’innovazione, come è avvenuto per i processi di approvazione dei nuovi prodotti e servizi nel settore edile. La maggior parte delle imprese dalle quali emergono i nuovi modelli economici sono PMI, che non sempre sono in grado di far fronte alla mole di lavoro derivante dalle norme.

    4.2.3.6.

    Integrare i nuovi modelli nelle politiche settoriali dell’UE è un altro strumento importante per sostenere il loro sviluppo. Per esempio, le nuove piattaforme di scambio di beni tra privati e imprese dell’economia della funzionalità devono essere considerate come attori della prevenzione della produzione di rifiuti e sostenute nel quadro delle politiche europee a favore di un’economia circolare. Non si tratta in questo caso di varare nuove iniziative o normative settoriali, ma di inserire i nuovi modelli economici nel quadro della nuova strategia industriale (15) e delle politiche settoriali esistenti.

    4.2.3.7.

    Infine, la Commissione dovrebbe vigilare sulle eventuali derive di alcuni nuovi modelli economici, in particolare nei confronti delle questioni sociali, della regolamentazione del lavoro e della concorrenza fiscale sleale. Per quanto riguarda l’economia collaborativa, l’Unione europea deve proseguire gli sforzi di monitoraggio e di armonizzazione europea.

    4.2.4.

    Più in generale, i nuovi modelli economici sostenibili si svilupperanno soltanto se le imprese e gli imprenditori avranno la convinzione che saranno questi i modelli che avrà senso adottare da un punto di vista economico nell’UE del 2030 o del 2050. Per questo motivo, la sostenibilità deve essere considerata un obiettivo trasversale dell’UE. Il quadro politico, fiscale e normativo dell’UE deve apportare visibilità per orientare le azioni degli attori economici, delle autorità pubbliche e della società civile. In questa prospettiva, il presente parere raccomanda di:

    imporre questo tema a livello politico, considerando la sostenibilità un criterio trasversale che permetterà di modernizzare l’economia europea. Si tratta di allineare le politiche europee ai criteri di sostenibilità e di integrare questi ultimi nella legislazione. Qualsiasi nuova regolamentazione potrebbe essere quindi sottoposta a un test di sostenibilità più rigoroso. A livello politico, l’UE deve inviare un segnale forte per esprimere il suo sostegno allo sviluppo sostenibile e dimostrare la sua leadership. A tal fine occorre tradurre gli obiettivi di sviluppo sostenibile in una nuova strategia Europa all’orizzonte 2030, mediante l’adozione di un quadro ristretto di indicatori di rendimento dell’UE e di indicatori che vadano oltre il PIL e mediante la loro integrazione nell’ambito del semestre europeo;

    integrare le esternalità socio-ambientali nella logica economica, incoraggiando gli Stati membri a integrare meglio la fiscalità ecologica e a interrompere le sovvenzioni antiecologiche  (16). Il segnale di prezzo del carbonio deve essere rafforzato a livello europeo, anche mediante la riforma dell’ETS o misure complementari a livello nazionale per il settore dell’energia, che rappresenta il 60 % delle emissioni totali di CO2. Tale integrazione consentirebbe ai prodotti tecnologici e sostenibili, che mirano a limitare tali esternalità e che pertanto risultano talvolta più costosi da produrre, di diventare più competitivi;

    sviluppare un quadro regolamentare favorevole al consumo e alla produzione sostenibili (norme per la progettazione ecocompatibile, allungamento della durata dei beni, etichette energetiche, obiettivi di prevenzione dei rifiuti, lotta contro l’inquinamento, norme di efficienza energetica nell’edilizia ecc.). La legislazione vigente in materia di progettazione ecocompatibile, ad esempio, non è abbastanza ambiziosa (17). Le norme dovrebbero essere adattate alla situazione specifica delle PMI («test PMI»).

    4.2.4.1.

    Occorre infine ripensare le modalità di funzionamento del settore finanziario per rendere sostenibile e integrare chiaramente la dimensione ambientale e sociale nella scelta degli investimenti e nella nozione di rischio nel quadro delle norme prudenziali e di solvibilità. Questo processo è già in atto tra gli investitori socialmente responsabili e in alcune grandi imprese, con il concetto di «pensiero integrato» per l’assunzione di decisioni strategiche e operative (18). In pratica, questa riflessione potrebbe altresì condurre a:

    limitare l’approccio di breve termine, coinvolgendo ad esempio maggiormente i risparmiatori nell’acquisizione delle attività di lungo termine,

    sostenere l’introduzione di soluzioni e software open source nel settore finanziario per promuovere una concorrenza sana,

    promuovere l’allineamento dei criteri FinTech e dei criteri di sostenibilità,

    rafforzare l’elaborazione di rapporti sulle sfide di sostenibilità (sostegno alle valutazioni/certificazioni ambientali) per le imprese e gli istituti finanziari (cfr. raccomandazioni della Taskforce on Climate Disclosure — task force sulle informative finanziarie legate al clima),

    includere criteri di sostenibilità nell’obbligo fiduciario,

    effettuare test di sostenibilità per le future norme europee in materia finanziaria.

    Bruxelles, 18 ottobre 2017

    Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

    Georges DASSIS


    (1)  Ad esempio nell’ambito del nono programma quadro (PQ9) per il periodo 2021-2027.

    (2)  SC/047: «La transizione verso un futuro europeo più sostenibile — Una strategia per il 2050» (in corso di elaborazione) (cfr. pag. 44 della presente Gazzetta ufficiale).

    (3)  A questo proposito, cfr. GU C 21 del 21.1.2011, pag. 33, che affronta in dettaglio il tema dello sviluppo di «prodotti finanziari socialmente responsabili».

    (4)  GU C 303 del 19.8.2016, pag. 36.

    (5)  GU C 264 del 20.7.2016, pag. 98.

    (6)  Istituto per lo sviluppo sostenibile e le relazioni internazionali (IDDRI). Économie du partage: enjeux et opportunités pour la transition écologique («L’economia della condivisione: sfide e opportunità per la transizione ecologica»).

    (7)  http://ec.europa.eu/environment/circular-economy/index_en.htm

    (8)  COM(2016) 356 final.

    (9)  COM(2016) 288 final.

    (10)  GU C 75 del 10.3.2017, pag. 1.

    (11)  GU C 75 del 10.3.2017, pag. 33; GU C 303 del 19.8.2016, pag. 36; GU C 177 dell'11.6.2014, pag. 1.

    (12)  GU C 264 del 20.7.2016, pag. 98 e GU C 230 del 14.7.2015, pag. 91.

    (13)  GU C 303 del 19.8.2016, pag. 28.

    (14)  GU C 13 del 15.1.2016, pag. 26.

    (15)  COM(2017) 479 final.

    (16)  GU C 226 del 16.7.2014, pag. 1.

    (17)  Piano di lavoro sulla progettazione ecocompatibile 2016-2019.

    (18)  Lavori del gruppo di esperti di alto livello sulla finanza sostenibile.


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