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Document 62020TJ0540

Sentenza del Tribunale (Prima Sezione ampliata) del 1° marzo 2023 (Estratti).
Jushi Egypt for Fiberglass Industry SAE contro Commissione europea.
Sovvenzioni – Importazioni di prodotti in fibra di vetro a filamento continuo originari dell’Egitto – Regolamento di esecuzione (UE) 2020/870 – Dazio compensativo definitivo e riscossione definitiva del dazio compensativo provvisorio – Diritti della difesa – Imputabilità della sovvenzione – Errore manifesto di valutazione – Sistema di restituzione dei dazi all’importazione – Trattamento fiscale delle perdite sui cambi – Calcolo del margine di undercutting.
Causa T-540/20.

Court reports – general

ECLI identifier: ECLI:EU:T:2023:91

 SENTENZA DEL TRIBUNALE (Prima Sezione ampliata)

1o marzo 2023 ( *1 )

«Sovvenzioni – Importazioni di prodotti in fibra di vetro a filamento continuo originari dell’Egitto – Regolamento di esecuzione (UE) 2020/870 – Dazio compensativo definitivo e riscossione definitiva del dazio compensativo provvisorio – Diritti della difesa – Imputabilità della sovvenzione – Errore manifesto di valutazione – Sistema di restituzione dei dazi all’importazione – Trattamento fiscale delle perdite sui cambi – Calcolo del margine di undercutting»

Nella causa T‑540/20,

Jushi Egypt for Fiberglass Industry SAE, con sede in Ain Soukhna (Egitto), rappresentata da B. Servais e V. Crochet, avvocati,

ricorrente,

contro

Commissione europea, rappresentata da P. Kienapfel, G. Luengo e P. Němečková, in qualità di agenti,

convenuta,

sostenuta da

Associazione europea dei produttori di fibre di vetro (APFE), con sede in Ixelles (Belgio), rappresentata da L. Ruessmann e J. Beck, avvocati,

interveniente,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione ampliata),

composto, al momento della deliberazione, da H. Kanninen, presidente, M. Jaeger, N. Półtorak, O. Porchia e M. Stancu (relatrice), giudici,

cancelliere: M. Zwozdziak-Carbonne, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento,

in seguito all’udienza del 22 marzo 2022,

ha pronunciato la seguente

Sentenza ( 1 )

1

Con ricorso fondato sull’articolo 263 TFUE, la società Jushi Egypt for Fiberglass Industry SAE, ricorrente, chiede l’annullamento del regolamento di esecuzione (UE) 2020/870 della Commissione, del 24 giugno 2020, che istituisce un dazio compensativo definitivo e dispone la riscossione definitiva del dazio compensativo provvisorio istituito sulle importazioni di prodotti in fibra di vetro a filamento continuo originari dell’Egitto e che riscuote il dazio compensativo definitivo sulle importazioni registrate di prodotti in fibra di vetro a filamento continuo originari dell’Egitto (GU 2020, L 201, pag. 10; in prosieguo: il «regolamento impugnato»), nella misura in cui tale regolamento la riguarda.

I. Fatti

2

La ricorrente è una società costituita conformemente alla normativa della Repubblica araba d’Egitto, i cui azionisti sono entità cinesi. L’attività della ricorrente consiste nella produzione e nell’esportazione di alcuni prodotti in fibra di vetro tessuti o cuciti («glass fibre fabrics»; in prosieguo: i «GFF») e di prodotti in fibra di vetro a filamento continuo («glass fibre rovings»; in prosieguo: i «GFR»); questi ultimi costituiscono la principale materia prima utilizzata per produrre i GFF. Tali prodotti sono venduti, in particolare, all’interno dell’Unione europea.

A.   Sulla zona di cooperazione economica e commerciale sino-egiziana di Suez

3

La ricorrente è stabilita nella zona di cooperazione economica e commerciale sino-egiziana di Suez (Egitto) (in prosieguo: la «zona SETC»). La zona SETC è stata istituita di concerto dalla Repubblica araba d’Egitto e dalla Repubblica popolare cinese. Le sue origini risalgono agli anni ’90. Nel 1997, i Primi ministri della Cina e dell’Egitto hanno firmato un memorandum d’intesa secondo il quale i due paesi convenivano di «cooperare allo sviluppo di una libera zona economica a nord del Golfo di Suez».

4

Nel 2002, una più vasta zona di 20 km2, comprendente la zona SETC, è stata classificata come zona economica speciale dal governo egiziano, che ha reso così le disposizioni della legge egiziana n. 83/2002 sulle zone economiche a carattere speciale (in prosieguo: la «legge n. 83/2002») applicabili anche alla zona SETC.

5

Inoltre, entità statali cinesi ed egiziane hanno costituito la società Egypt TEDA Investment Co. (in prosieguo: la «Egypt TEDA»), le cui azioni sono detenute all’80% dal governo cinese e al restante 20% dal governo egiziano.

6

Nel 2012, in occasione di una visita in Cina, il presidente egiziano qualificava la zona SETC come un progetto essenziale nell’ambito della cooperazione bilaterale tra i due paesi. Egli ha altresì auspicato che un numero crescente di imprese cinesi investisse nella zona SETC partecipando così al programma di ripresa economica dell’Egitto.

7

Nel 2013, la zona SETC è stata estesa di 6 km2, in forza di un contratto tra Egypt TEDA e il governo egiziano. A partire dallo stesso anno, la zona SETC è stata sviluppata nell’ambito dell’iniziativa cinese «One Belt, One Road». Tale iniziativa, in base ai pareri orientativi del Consiglio di Stato cinese in materia di promozione della capacità produttiva internazionale e di cooperazione per la fabbricazione di apparecchiature, del 13 maggio 2015, comprende la possibilità per le società «che svolgono attività all’estero» di beneficiare di politiche di sostegno fiscale e tributario, di prestiti agevolati, di sostegno finanziario attraverso prestiti sindacati, di crediti all’esportazione, di finanziamento di progetti, di investimenti azionari e di assicurazione dei crediti all’esportazione.

8

Nel 2015, la zona economica speciale menzionata al precedente punto 4, di cui faceva parte la zona SETC, è stata ufficialmente incorporata nella più ampia zona economica del Canale di Suez (in prosieguo: la «zona SC»), che comprende la regione circostante il Canale di Suez ed è disciplinata dalla legge n. 83/2002, nel contesto del «piano di sviluppo del corridoio del Canale di Suez» avviato dall’Egitto.

9

Nel 2016, i presidenti cinese ed egiziano hanno inaugurato ufficialmente il progetto di espansione di 6 km2 della zona SETC e hanno firmato un accordo fra i governi della Cina e dell’Egitto (in prosieguo: l’«accordo di cooperazione del 2016») che chiarisce la portata e lo status giuridico della zona SETC.

10

In base all’accordo di cooperazione del 2016, i governi dei due paesi sviluppano congiuntamente la zona SETC. Lo sviluppo avviene conformemente alle rispettive strategie nazionali, vale a dire l’iniziativa «One Belt, One Road» per la parte cinese e il piano di sviluppo del corridoio del Canale di Suez per la parte egiziana. A tal fine, il governo egiziano fornisce i terreni, la manodopera e determinate agevolazioni fiscali, mentre le società cinesi che operano nella zona gestiscono l’impianto di produzione fornendo beni e manager. Compensando una mancanza di fondi egiziani, il governo cinese offre il proprio sostegno al progetto anche erogando i necessari mezzi finanziari a Egypt TEDA e alle imprese cinesi che operano nella zona SETC.

B.   Sul procedimento che ha condotto all’adozione del regolamento di esecuzione impugnato

11

Il 24 aprile 2019 la Commissione europea ha ricevuto una denuncia depositata dall’interveniente, l’Associazione europea dei produttori di fibre di vetro (APFE), per conto di produttori che rappresentano il 71% della produzione totale dell’Unione, secondo la quale le importazioni di GFR originarie dell’Egitto sarebbero state oggetto di sovvenzioni e avrebbero causato un pregiudizio all’industria dell’Unione.

12

A seguito di tale denuncia, la Commissione, sulla base dell’articolo 10 del regolamento (UE) 2016/1037 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2016, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri dell’Unione europea (GU 2016, L 176, pag. 55; in prosieguo: il «regolamento antisovvenzioni di base»), ha aperto, il 7 giugno 2019, un’inchiesta antisovvenzioni relativa alle importazioni di GFR e, più precisamente, come risulta dal punto 2 dell’avviso di apertura di tale inchiesta, di filati tagliati in fibra di vetro di lunghezza non superiore a 50 mm, di filati accoppiati in parallelo senza torsione («rovings») in fibra di vetro, esclusi i «rovings» in fibra di vetro che sono impregnati e rivestiti e subiscono una perdita alla combustione superiore al 3% (determinata secondo la norma ISO 1887), e di feltri costituiti da filamenti in fibra di vetro, ad eccezione dei feltri in lana di vetro.

13

L’inchiesta relativa alle sovvenzioni e al pregiudizio ha riguardato il periodo dal 1o aprile 2018 al 31 marzo 2019, mentre l’analisi delle tendenze utili per determinare il pregiudizio ha riguardato il periodo compreso tra il 1o gennaio 2016 e la fine del periodo dell’inchiesta.

14

Durante il periodo dell’inchiesta, la ricorrente ha venduto GFR ad acquirenti indipendenti, sia in Egitto sia all’estero. Essa ha altresì venduto GFR a tre acquirenti collegati nell’Unione, vale a dire le società Jushi Spain SA, Jushi France SAS e Jushi ltalia Srl, nonché alla società Hengshi Egypt Fiberglass Fabrics SAE (in prosieguo: la «Hengshi»), anch’essa situata nella zona SETC.

15

Il 24 giugno 2019 la ricorrente ha trasmesso le sue osservazioni alla Commissione sulle sovvenzioni e sul pregiudizio e ha depositato la sua risposta al questionario antisovvenzioni nel luglio 2019. La Commissione ha inoltre effettuato una visita di verifica presso i locali della ricorrente.

16

Il 7 agosto 2019 anche il governo dell’Egitto ha depositato la propria risposta al questionario antisovvenzioni.

17

Il 12 febbraio 2020 la Commissione ha modificato l’avviso di apertura del 7 giugno 2019, avendo trovato ulteriori elementi di prova relativi a sovvenzioni da prendere in considerazione nell’ambito dell’inchiesta antisovvenzioni, ossia i prestiti agevolati asseritamente concessi da banche cinesi pubbliche o controllate dallo Stato alla ricorrente, e ritenuto che fosse giustificato includere tali sovvenzioni nell’ambito dell’inchiesta in corso, conformemente all’articolo 10, paragrafo 7, del regolamento antisovvenzioni di base. La Commissione ha aggiunto che avrebbe esaminato inoltre se la cooperazione tra i governi dell’Egitto e della Cina avesse influito su altri programmi di sovvenzioni.

18

Dopo aver modificato l’avviso di apertura, la Commissione ha inviato, il 12 febbraio 2020, una richiesta di informazioni alla ricorrente nonché al governo egiziano riguardante gli ulteriori programmi di sovvenzioni inclusi nell’ambito dell’inchiesta.

19

Il 14 febbraio 2020 la Commissione inviava il suo documento di comunicazione preventiva, informando la ricorrente della propria intenzione di istituire misure compensative provvisorie sulle importazioni di GFR. Lo stesso giorno, la Commissione ha altresì pubblicato il regolamento di esecuzione (UE) 2020/199, del 13 febbraio 2020, che dispone la registrazione delle importazioni di prodotti in fibra di vetro a filamento continuo originari dell’Egitto (GU 2020, L 42, pag. 10). La ricorrente ha presentato le sue osservazioni su tale comunicazione il 19 febbraio 2020.

20

Il 17 febbraio 2020 il governo egiziano ha presentato le proprie osservazioni in risposta alla richiesta di informazioni della Commissione, nelle quali chiedeva di ritirare tale richiesta di informazioni, in quanto detto governo non aveva alcuna autorità legale di coordinare la risposta di entità cinesi situate al di fuori del suo territorio sovrano. Il 20 febbraio 2020 la Commissione ha risposto alla lettera del governo egiziano insistendo sul fatto che le informazioni richieste potevano essere fornite da detto governo da solo o in cooperazione con il governo cinese. Il 27 febbraio 2020 il governo egiziano ha inviato un’ulteriore lettera reiterando la richiesta che la Commissione ritirasse la propria richiesta di informazioni, con la motivazione che le azioni di entità cinesi non potevano essere legittimamente attribuite al governo egiziano e che la Commissione violava i suoi diritti della difesa. In tale lettera, ha altresì chiesto un’audizione presso il consigliere-auditore, che si è svolta il 1o aprile 2020.

21

Il governo egiziano e la ricorrente hanno infine presentato le loro risposte alla richiesta di informazioni della Commissione il 5 marzo 2020.

22

Il 4 marzo 2020 la Commissione ha inviato alla ricorrente la comunicazione preventiva. L’indomani, essa ha adottato il regolamento di esecuzione (UE) 2020/379, che istituisce un dazio compensativo provvisorio sulle importazioni di prodotti in fibra di vetro a filamento continuo originari dell’Egitto (GU 2020, L 69, pag. 14; in prosieguo: il «regolamento di esecuzione provvisorio»). Tale regolamento di esecuzione è stato pubblicato il 6 marzo 2020 nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea e ha imposto alla ricorrente un dazio compensativo provvisorio dell’8,7%.

23

Con lettera del 18 marzo 2020 la Commissione ha informato la ricorrente di avere intenzione, sulla base delle risposte fornite dalla ricorrente alla richiesta di informazioni, di applicare le disposizioni dell’articolo 28 del regolamento antisovvenzioni di base in relazione a talune delle informazioni richieste. La ricorrente rispondeva a tale lettera il 20 marzo 2020.

24

Sempre il 18 marzo 2020, la ricorrente ha presentato le proprie osservazioni sul regolamento di esecuzione provvisorio e in seguito si è tenuta un’audizione con la Commissione in relazione a tale regolamento di esecuzione.

25

Il 29 aprile 2020 la Commissione ha inviato la sua informazione finale alla ricorrente, in merito alla quale essa ha presentato le sue osservazioni il 9 maggio 2020. Successivamente si è tenuta un’audizione con la Commissione in relazione a tale informazione.

26

Il 24 giugno 2020 la Commissione ha adottato il regolamento di esecuzione impugnato. Detto regolamento di esecuzione istituisce un dazio compensativo definitivo del 13,1% sulle importazioni dei GFR della ricorrente nell’Unione.

II. Conclusioni delle parti

27

La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

annullare il regolamento di esecuzione impugnato nella misura in cui tale regolamento la riguarda;

condannare la Commissione alle spese;

condannare l’interveniente a farsi carico delle proprie spese.

28

La Commissione e l’interveniente chiedono che il Tribunale voglia:

respingere il ricorso in quanto infondato;

condannare la ricorrente alle spese.

III. In diritto

[omissis]

A.   Sul primo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 2, lettere a) e b), dell’articolo 3, punto 1, lettera a), dell’articolo 4, paragrafi 2 e 3, nonché dell’articolo 28, paragrafo 1, del regolamento antisovvenzioni di base

[omissis]

2. Sulla seconda parte del primo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 2, lettere a) e b), nonché dell’articolo 3, punto 1, lettera a), del regolamento antisovvenzioni di base

38

La ricorrente deduce tre censure principali a sostegno di tale parte del motivo. In primo luogo, a suo avviso, l’interpretazione da parte della Commissione dell’articolo 3, punto 1, lettera a), del regolamento antisovvenzioni di base non è giustificata alla luce del diritto dell’Unione. In secondo luogo, la Commissione avrebbe invocato infondatamente le norme dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) al fine dell’interpretazione dell’articolo 3, punto 1, lettera a), di tale regolamento. In terzo luogo, l’interpretazione da parte della Commissione dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), punto 1, dell’accordo sulle sovvenzioni e sulle misure compensative (in prosieguo: l’«accordo SMC») non rispetterebbe la giurisprudenza dell’OMC e il diritto internazionale pubblico.

39

A sostegno della prima censura, la ricorrente fa valere che dall’interpretazione letterale dell’articolo 3, punto 1, lettera a), del regolamento antisovvenzioni di base, il cui testo sarebbe chiaro e preciso, e senza che sia peraltro necessario interpretarlo alla luce della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, del 23 maggio 1969 (in prosieguo: la «convenzione di Vienna»), e del Progetto di articoli sulla responsabilità degli Stati per atti internazionalmente illeciti, come adottato nel 2001 dalla Commissione del diritto internazionale delle Nazioni Unite (in prosieguo: gli «articoli dell’ILC»), risulta che non solo la pubblica amministrazione che fornisce un contributo finanziario, ma il contributo finanziario stesso, devono essere entro il territorio del paese d’origine o di esportazione. Tale interpretazione sarebbe confortata dal contesto globale del regolamento antisovvenzioni di base, in particolare dall’articolo 10, paragrafo 7, e dall’articolo 13, paragrafo 1, di quest’ultimo.

40

A sostegno della seconda censura, la ricorrente fa valere che la Commissione ha erroneamente interpretato l’articolo 3, punto 1, lettera a), del regolamento antisovvenzioni di base alla luce delle norme dell’OMC. Essa indica che, sebbene, secondo la giurisprudenza, il giudice dell’Unione possa controllare la legittimità di un atto dell’Unione alla luce delle norme dell’OMC quando l’Unione intende dare esecuzione ad un obbligo particolare assunto nell’ambito dell’OMC, nel caso di specie non si può, tuttavia, ricorrere a un’interpretazione alla luce delle norme dell’OMC per disposizioni del regolamento antisovvenzioni di base che differiscono dalle norme dell’accordo SMC. Orbene, secondo la ricorrente, i termini dell’accordo SMC differiscono manifestamente da quelli utilizzati da tale regolamento per quanto riguarda la definizione della nozione di «sovvenzione».

41

A sostegno della terza censura, la ricorrente fa valere che, anche ammettendo che si debba tener conto delle norme dell’OMC per interpretare l’espressione «pubblica amministrazione» che figura nel regolamento antisovvenzioni di base, l’interpretazione da parte della Commissione dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), punto 1, dell’accordo SMC resta errata, in quanto viola l’articolo 31, paragrafi 1 e 3, della convenzione di Vienna. Infatti, da tale articolo dell’accordo SMC risulterebbe chiaramente che gli atti dei governi di paesi terzi non possono essere attribuiti ai governi del paese d’origine o di esportazione. Tale interpretazione sarebbe confermata da altre disposizioni di tale accordo, quali l’articolo 13, paragrafi 1, 2 e 4, e l’articolo 18, paragrafo 1, lettera a).

42

Inoltre, l’articolo 11 degli articoli dell’ILC non sarebbe una norma di diritto internazionale «pertinente», ai sensi dell’articolo 31, paragrafo 3, lettera c), della convenzione di Vienna, ai fini dell’interpretazione dell’espressione «governo» di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), punto 1, dell’accordo SMC. L’organo di appello dell’OMC non avrebbe deciso diversamente nella controversia «Stati Uniti – Dazi antidumping e dazi compensativi definitivi su alcuni prodotti originari della Cina» (WT/DS 379/AB/R). Nella replica, la ricorrente aggiunge che, se la normativa applicabile nella presente inchiesta fosse stata l’accordo SMC anziché il regolamento antisovvenzioni di base, la Commissione avrebbe potuto qualificare come sovvenzioni, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, dell’accordo SMC, i contributi finanziari erogati da entità cinesi alla ricorrente, e ciò senza dover «attribuire» tali contributi finanziari al governo egiziano sulla base dell’articolo 11 degli articoli dell’ILC. Ad ogni modo, l’articolo 11 degli articoli dell’ILC non sarebbe applicabile nel caso di specie, in quanto esso mira a disciplinare il comportamento di uno Stato integrato in un altro Stato in seguito all’acquisizione di un territorio, che è attribuibile allo Stato successore, o ancora l’adozione successiva, da parte di uno Stato, di un comportamento censurabile privato che è stato commesso o è in procinto di esserlo. Sarebbero invece gli articoli da 16 a 18 degli articoli dell’ILC a disciplinare la responsabilità dello Stato per gli atti di un altro Stato, e non l’articolo 11 di tali articoli.

43

La Commissione, sostenuta dall’interveniente, contesta tali argomenti.

44

Come risulta dal precedente punto 39, secondo la ricorrente, l’interpretazione da parte della Commissione dell’articolo 3, punto 1, lettera a), del regolamento antisovvenzioni di base, in particolare della nozione di «pubblica amministrazione» del paese d’origine o di esportazione, non è giustificata alla luce del diritto dell’Unione.

45

Per rispondere a tale questione, occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza, ciascuna disposizione del diritto dell’Unione deve essere ricollocata nel suo contesto e interpretata alla luce dell’insieme delle disposizioni di tale diritto, delle sue finalità e dello stadio della sua evoluzione alla data in cui va data applicazione alla disposizione in parola (v., in tal senso, sentenza del 28 luglio 2016, Association France Nature Environnement, C‑379/15, EU:C:2016:603, punto 49 e giurisprudenza ivi citata).

46

A tal riguardo, anzitutto, occorre ricordare che l’articolo 3 del regolamento antisovvenzioni di base dispone che vi è una sovvenzione se le condizioni enunciate ai suoi punti 1 e 2 sono soddisfatte, vale a dire se sussiste un «contributo finanziario» della pubblica amministrazione del paese d’origine o di esportazione e se viene in tal modo conferito un «vantaggio».

47

L’articolo 2, lettera b), di detto regolamento definisce la nozione di «pubblica amministrazione» come qualsiasi ente pubblico entro il territorio del paese d’origine o di esportazione.

48

Orbene, la definizione di «pubblica amministrazione» contenuta in tale articolo si limita a interpretare la nozione di «pubblica amministrazione» nel senso di includervi gli enti pubblici del paese d’origine o di esportazione. Tuttavia, tale disposizione non esclude che il contributo finanziario possa essere imputato alla pubblica amministrazione del paese d’origine o di esportazione del prodotto in questione, sulla base degli specifici elementi di prova disponibili.

49

Sotto un secondo profilo, occorre rilevare che il considerando 5 di tale regolamento dispone che, «[n]el determinare l’esistenza di una sovvenzione, è necessario dimostrare che c’è stato un contributo finanziario da parte di una pubblica amministrazione o di un ente pubblico nel territorio di un paese, o che c’è stata una forma qualunque di sostegno dei redditi o dei prezzi ai sensi dell’articolo XVI del GATT 1994, e che in tal modo è stato conferito un vantaggio all’impresa beneficiaria».

50

Orbene, l’espressione «nel territorio di un paese» utilizzata in tale considerando non implica che il contributo finanziario debba provenire direttamente dalla pubblica amministrazione del paese d’origine o d’esportazione. Al contrario, l’uso di tale espressione, come rileva la Commissione, non esclude la possibilità di concludere che i contributi finanziari possono essere imputati alla pubblica amministrazione del paese d’origine o di esportazione del prodotto considerato.

51

Pertanto, il regolamento antisovvenzioni di base non esclude che, anche se il contributo finanziario non proviene direttamente dalla pubblica amministrazione del paese d’origine o di esportazione, tale contributo possa esserle imputato.

52

La conclusione che precede è tanto più pertinente nel contesto specifico della zona SETC, nella quale è stabilita la ricorrente.

53

In primo luogo, la Commissione ha preso in considerazione, al considerando 78 del regolamento di esecuzione impugnato, due dichiarazioni di due presidenti egiziani relative alla zona SETC. Una prima, risalente al 2012, qualificava tale zona come progetto essenziale nell’ambito della cooperazione bilaterale tra l’Egitto e la Cina. Una seconda, del 2014, riguardava l’iniziativa «One Belt, One Road» e precisava, in particolare, che tale iniziativa rappresentava un’opportunità significativa per la ripresa dell’Egitto e che la parte egiziana era pronta a garantire partecipazione attiva e sostegno. La parte egiziana desiderava cooperare con la Cina allo sviluppo dei progetti del corridoio del Canale di Suez e della zona SETC nonché attrarre imprese cinesi affinché investissero in Egitto.

54

A tal riguardo, il considerando 79 del regolamento di esecuzione impugnato indica che le caratteristiche dell’iniziativa cinese «One Belt, One Road» sono di dominio pubblico e che, secondo i pareri orientativi del Consiglio di Stato in materia di promozione della capacità produttiva internazionale e di cooperazione per la fabbricazione di apparecchiature, del 13 maggio 2015, le misure di cui possono usufruire le società «che svolgono attività all’estero» comprendono in particolare le politiche di sostegno fiscale e tributario, prestiti agevolati, sostegno finanziario attraverso prestiti sindacati, crediti all’esportazione, finanziamento di progetti, investimenti azionari e, infine, assicurazione dei crediti all’esportazione.

55

In secondo luogo, la Commissione ha preso in considerazione, al considerando 81 del regolamento di esecuzione impugnato, il fatto che la zona SETC sia stata oggetto dell’accordo di cooperazione del 2016 tra i governi cinese e egiziano. Orbene, tale accordo prevede in particolare, secondo il suo articolo 1, di concedere alla Repubblica popolare cinese la possibilità di applicare sue leggi nella zona SETC. L’articolo 4, paragrafo 1, di detto accordo enuncia che «[i]l governo cinese considera la zona [SETC] come zona di cooperazione economica e commerciale d’oltremare» e che «[l]a zona di cooperazione, durante la costruzione, l’attrazione degli operatori e lo sfruttamento, ha diritto al sostegno politico e alle agevolazioni concessi dal governo cinese alle zone di cooperazione economica e commerciale d’oltremare». L’articolo 5, paragrafo 1, di tale accordo dispone altresì che il governo cinese sostiene la zona di cooperazione«incoraggiando gli istituti finanziari competenti a fornire strumenti di finanziamento per (…) progetti di investimento all’interno della zona di cooperazione, a condizione che siano soddisfatte le condizioni di prestito e i requisiti per il suo utilizzo».

56

In terzo luogo, il considerando 48 del regolamento di esecuzione impugnato indica che, per garantire l’attuazione dell’accordo di cooperazione del 2016, i governi cinese ed egiziano hanno istituito un meccanismo di consultazione a tre livelli, costituito in particolare da un accordo di cooperazione sull’istituzione di una commissione amministrativa responsabile della zona SETC, da un comitato di gestione della zona e, infine, dalla previsione che Egypt TEDA e le controparti egiziane competenti riferiscano i problemi e le difficoltà. Risulta peraltro dal considerando 40 del medesimo regolamento che Egypt TEDA è detenuta all’80% dal governo cinese e al 20% dal governo egiziano e che il suo scopo è dirigere lo sviluppo della zona SETC in Egitto.

57

Infine, dal considerando 173 del regolamento di esecuzione impugnato risulta che il sostegno finanziario erogato alla ricorrente era particolarmente significativo.

58

I governi cinese ed egiziano hanno quindi istituito, in stretta collaborazione, la zona SETC come zona con peculiarità giuridiche ed economiche che consentivano al governo cinese di concedere direttamente tutte le agevolazioni inerenti all’iniziativa cinese «One Belt, One Road» alle imprese cinesi stabilite in tale zona.

59

In tali circostanze, non si può ammettere che una costruzione economica e giuridica dell’ampiezza della zona SETC, concepita in stretta collaborazione tra i governi cinese ed egiziano al più alto livello, sia sottratta al regolamento antisovvenzioni di base, senza che ciò pregiudichi l’effetto utile di quest’ultimo o la sua finalità e i suoi obiettivi.

60

Sotto un terzo profilo, contrariamente a quanto afferma la ricorrente, l’interpretazione della Commissione dell’articolo 3, punto 1, lettera a), del regolamento antisovvenzioni di base non è contraria né all’articolo 10, paragrafo 7, né all’articolo 13, paragrafo 1, del medesimo regolamento. Infatti, per quanto riguarda l’articolo 10, paragrafo 7, il regolamento antisovvenzioni di base non esclude affatto che la pubblica amministrazione del paese d’origine o di esportazione possa essere consultata sui contributi finanziari che le sono imputabili. Nel caso di specie, risulta del resto dal fascicolo che la Commissione ha ben invitato il governo egiziano a procedere a consultazioni su questioni quali i prestiti agevolati concessi da entità cinesi.

61

Quanto all’articolo 13, paragrafo 1, di detto regolamento, che consente in particolare al paese d’origine o d’esportazione di eliminare la sovvenzione, di limitarla o di adottare altre misure relative ai suoi effetti, una tale possibilità vale anche nei casi in cui il contributo finanziario può essere imputato alla pubblica amministrazione del paese d’origine o d’esportazione. Nel caso di specie, la pubblica amministrazione egiziana aveva la possibilità di porre fine alla stretta cooperazione con la pubblica amministrazione cinese riguardo ai contributi finanziari o di proporre misure che limitassero gli effetti delle sovvenzioni di cui trattasi.

62

In considerazione di quanto precede, si deve concludere che né l’articolo 3, punto 1, lettera a), del regolamento antisovvenzioni di base né l’economia generale di quest’ultimo escludono che un contributo finanziario concesso dalla pubblica amministrazione di un paese terzo possa essere imputato alla pubblica amministrazione del paese d’origine o d’esportazione in un caso come quello in esame, alla luce degli specifici elementi di prova disponibili, come esposti ai precedenti punti da 53 a 58.

63

Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, tale conclusione è corroborata dalle disposizioni dell’articolo 1 dell’accordo SMC, alla luce del quale occorre interpretare il regolamento antisovvenzioni di base. A tal riguardo, occorre ricordare che, nel caso in cui l’Unione abbia inteso dare esecuzione ad un obbligo particolare assunto nell’ambito dell’OMC, ovvero nel caso in cui l’atto dell’Unione rinvii espressamente a precise disposizioni degli accordi OMC, il giudice dell’Unione è tenuto a controllare la legittimità dell’atto dell’Unione controverso alla luce delle norme dell’OMC (v., per analogia, sentenza del 14 luglio 2021, Interpipe Niko Tube e Interpipe Nizhnednevsky Tube Rolling Plant/Commissione, T‑716/19, EU:T:2021:457, punto 95 e giurisprudenza ivi citata).

64

Orbene, dal considerando 3 del regolamento antisovvenzioni di base risulta che quest’ultimo mira in particolare a «recepire» nella legislazione dell’Unione, «nella massima misura possibile» i termini dell’accordo SMC.

65

Inoltre, è già stato stabilito dalla giurisprudenza che l’articolo 3 del regolamento antisovvenzioni di base, intitolato «Definizione di sovvenzione», e l’articolo 1 dell’accordo SMC sono in ampia misura identici nella loro formulazione e pienamente identici nella loro sostanza (v., in tal senso, sentenza del 10 aprile 2019, Jindal Saw e Jindal Saw Italia/Commissione, T‑300/16, EU:T:2019:235, punto 99).

66

Dai considerando del regolamento antisovvenzioni di base, poi, non emerge alcuna volontà del legislatore di discostarsi dalla sostanza dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), punto 1, dell’accordo SMC. Al contrario, come risulta dal considerando 3 di tale regolamento citato al precedente punto 64, il legislatore ha voluto dare esecuzione ad un obbligo particolare assunto nell’ambito dell’accordo SMC ai sensi della giurisprudenza citata al precedente punto 63.

67

Pertanto, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, le disposizioni del regolamento antisovvenzioni di base devono essere interpretate, per quanto possibile, alla luce delle disposizioni corrispondenti dell’accordo SMC (sentenza del 10 aprile 2019, Jindal Saw e Jindal Saw Italia/Commissione, T‑300/16, EU:T:2019:235, punto 101). Lo stesso vale per l’articolo 3 di tale regolamento, che mira a dare attuazione al contenuto dell’articolo 1 dell’accordo SMC (sentenza del 10 aprile 2019, Jindal Saw e Jindal Saw Italia/Commissione, T‑300/16, EU:T:2019:235, punto 102).

68

Per quanto riguarda l’articolo 1, paragrafo 1, lettera a), punto 1, dell’accordo SMC, occorre rilevare, in primo luogo, che quest’ultimo definisce la sovvenzione come un contributo finanziario di un governo o di un organismo pubblico nel territorio di «un» membro dell’OMC. Tale formulazione non esclude quindi la possibilità che un contributo finanziario concesso da un paese terzo possa essere imputato alla pubblica amministrazione del paese d’origine o d’esportazione, essendo sufficiente che il contributo finanziario del governo o dell’organismo pubblico provenga dal territorio di «un» membro dell’OMC.

69

In secondo luogo, gli articoli 13 e 18 dell’accordo SMC, che vertono rispettivamente sulle consultazioni e sugli impegni, non rimettono in discussione le considerazioni che precedono. Infatti, il tenore letterale e l’oggetto di tali disposizioni non escludono le situazioni in cui il contributo finanziario è imputato a un membro dell’OMC, dal momento che, da un lato, i membri i cui prodotti potranno essere oggetto di un’inchiesta possono essere consultati sui contributi finanziari a loro imputabili e, dall’altro, i membri i cui prodotti potranno essere oggetto di un’inchiesta possono imporre limitazioni alle sovvenzioni a loro imputabili.

70

Ciò considerato, occorre rilevare che, poiché la Commissione ha correttamente interpretato il regolamento antisovvenzioni di base alla luce dell’accordo SMC, la circostanza che essa abbia o meno preso in considerazione l’articolo 11 degli articoli dell’ILC è inoperante. Pertanto, occorre respingere anche la terza censura della presente parte e, di conseguenza, quest’ultima nella sua interezza.

[omissis]

 

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Prima Sezione ampliata)

dichiara e statuisce:

 

1)

Il ricorso è respinto.

 

2)

Jushi Egypt for Fiberglass Industry SAE sopporterà, oltre alle sue proprie spese, quelle sostenute dalla Commissione europea.

 

3)

L’Associazione europea dei produttori di fibre di vetro (APFE) sopporterà le sue proprie spese

 

Kanninen

Jaeger

Półtorak

Porchia

Stancu

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 1o marzo 2023.

Firme


( *1 ) Lingua processuale: l’inglese.

( 1 ) Sono riprodotti soltanto i punti della presente sentenza la cui pubblicazione è ritenuta utile dal Tribunale.

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