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Document 52010AE1178

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Soluzioni per una visione e un obiettivo dell'UE in materia di biodiversità dopo il 2010» — COM(2010) 4 definitivo

GU C 48 del 15.2.2011, p. 150–154 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

15.2.2011   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 48/150


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Soluzioni per una visione e un obiettivo dell'UE in materia di biodiversità dopo il 2010»

COM(2010) 4 definitivo

2011/C 48/26

Relatore: Lutz RIBBE

La Commissione europea, in data 19 gennaio 2010, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 304 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Soluzioni per una visione e un obiettivo dell'UE in materia di biodiversità dopo il 2010

COM(2010) 4 definitivo.

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 7 luglio 2010.

Alla sua 465a sessione plenaria, dei giorni 15 e 16 settembre 2010 (seduta del 15 settembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 112 voti favorevoli, 11 voti contrari e 11 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) avrebbe preferito che la comunicazione all'esame non avesse dovuto essere scritta, e che invece i politici avessero mantenuto la promessa, fatta nel 2001, di mettere fine alla perdita di biodiversità entro il 2010 e di adoperarsi per il ripristino degli habitat perduti, due obiettivi purtroppo non realizzati.

1.2

Il CESE identifica a tale riguardo due problemi principali. Da un lato, la conservazione della biodiversità non è stata finora al centro dell'azione politica, dall'altro è evidente che la società, pur mostrando un atteggiamento positivo nei confronti della protezione della natura, ha una conoscenza estremamente limitata delle questioni ambientali. I due problemi sono tra loro collegati e vanno affrontati elaborando una visione nuova della biodiversità.

1.3

Inoltre, è opportuno chiedersi se la terminologia utilizzata tanto dai politici esperti del settore quanto dalle varie associazioni risulti comprensibile ai cittadini. «Biodiversità», «specie» o «servizi ecosistemici» sono concetti che, per la maggior parte delle persone, hanno uno scarso significato e risultano poco coinvolgenti.

1.4

Il CESE approva gli obiettivi ambiziosi formulati nell'opzione 4 della comunicazione della Commissione, opzione che è stata accolta favorevolmente anche dal Consiglio dei ministri dell'Ambiente e dal Consiglio europeo. Per garantire il raggiungimento di questi obiettivi in futuro, occorre intraprendere sforzi maggiori e determinare, sin dal principio, i mezzi finanziari e i cambiamenti politici necessari a tal fine (1).

1.5

Il CESE chiede pertanto alla Commissione e al Consiglio europeo di non limitarsi a presentare nuovi dati concernenti i vecchi obiettivi, bensì di elaborare finalmente un piano d'azione che sia vincolante per tutti i servizi della Commissione. Tale piano d'azione dovrebbe essere dotato di un calendario chiaramente definito, prevedere obiettivi intermedi e disporre di risorse finanziarie sufficienti. Chiede inoltre di presentare delle indicazioni sugli eventuali cambiamenti da effettuare a livello nazionale.

1.6

Mantenere la biodiversità è un compito che non rientra esclusivamente nell'ambito della politica ambientale. Si tratta anche di una questione economica a lungo termine, ed è per tale motivo che i ministri dell'Economia e delle Finanze dovrebbero finalmente occuparsi di questo tema.

1.7

Considerate le spaventose lacune presenti nella nostra società per quanto concerne la conoscenza delle questioni ambientali, occorre altresì intraprendere azioni per rafforzare la politica di educazione ambientale.

1.8

La riforma del bilancio e la ridefinizione della politica agricola comune, della politica comune della pesca, dei fondi strutturali e di altri importanti ambiti politici saranno il banco di prova della serietà della politica dell'UE in materia di tutela della biodiversità.

1.9

Le attuali disposizioni della nuova strategia Europa 2020 non sono all'altezza delle sfide poste dalla conservazione della biodiversità. La nuova visione del problema deve colmare tali lacune per poi diventare parte integrante di detta strategia.

1.10

Il CESE giudica i seguenti ambiti di intervento particolarmente importanti a livello dell'UE:

le modifiche della politica agricola e della pesca,

la conservazione e lo sviluppo della rete Natura 2000,

la creazione e lo sviluppo di «infrastrutture verdi» tramite una rete TEN della biodiversità,

l'inserimento della biodiversità in tutte le altre politiche dell'UE,

il lancio di una campagna di formazione incisiva a livello dell'UE.

1.11

È necessario trovare delle modalità per ricreare un collegamento tra l'agricoltura e la conservazione delle specie; in alcuni Stati membri si riscontrano approcci positivi che devono essere valutatati e notevolmente sviluppati. Occorre offrire agli agricoltori degli incentivi per lo svolgimento di questo tipo di compiti.

1.12

Il CESE si aspetta che l'Unione europea si prepari adeguatamente alla 10a Conferenza delle parti firmatarie della Convenzione sulla diversità biologica e apporti un contributo sostanziale al nuovo piano strategico globale per la conservazione della biodiversità dopo il 2010.

2.   La comunicazione della Commissione europea

2.1

La Commissione europea ha dovuto elaborare la comunicazione all'esame nella sua attuale formulazione perché l'UE non è riuscita a raggiungere uno dei principali obiettivi ambientali degli ultimi dieci anni. Nel 2001, infatti, nel quadro della strategia per lo sviluppo sostenibile, il Consiglio europeo di Göteborg si era posto l'obiettivo di mettere fine alla perdita di biodiversità entro il 2010 e di adoperarsi per il ripristino degli habitat perduti. Eppure, nonostante nel 2006 sia stato approvato il «Piano d'azione dell'UE per la tutela della biodiversità» e malgrado gli indiscussi successi riportati nella creazione della rete Natura 2000, tale obiettivo non è stato conseguito.

2.2

La comunicazione della Commissione in esame va intesa come un primo passo verso la realizzazione di questo obiettivo. Il testo presenta una serie di opzioni per l'elaborazione della visione e degli obiettivi post 2010.

2.3

Gli argomenti a favore della tutela della biodiversità vengono descritti, sottolineati e valutati in maniera dettagliata. La Commissione mette in particolare evidenza i costi e le perdite economiche globali che risultano dalla riduzione della biodiversità e dei servizi ecosistemici ad essa collegati: nello studio TEEB (The Economics of Ecosystems and Biodiversity) la cifra globale annuale è stimata a circa 50 miliardi (!) di euro mentre si calcola che, nel 2050, le perdite cumulative in termini di benessere potrebbero essere equivalenti al 7 % del PIL (!).

2.4

La Commissione afferma chiaramente che la tutela della biodiversità, così come quella del clima, è un compito a lunga scadenza. Per tale motivo, la visione in materia deve essere a lungo termine (fino al 2050), ma occorre fissare, tanto a livello europeo quanto a livello internazionale, un obiettivo (intermedio) per il 2020.

2.5

Per rispettare l'obiettivo 2020 la Commissione presenta le seguenti quattro opzioni politiche, ciascuna con un livello diverso di ambizione:

—   Opzione 1: ridurre in maniera significativa, entro il 2020, il tasso di perdita della biodiversità e dei servizi ecosistemici nell'UE,

—   Opzione 2: arrestare, entro il 2020, la perdita della biodiversità e dei servizi ecosistemici nell'UE,

—   Opzione 3: arrestare, entro il 2020, la perdita della biodiversità e dei servizi ecosistemici nell'UE e, nei limiti del possibile, ripristinarli,

—   Opzione 4: arrestare, entro il 2020, la perdita della biodiversità e dei servizi ecosistemici nell'UE, nei limiti del possibile ripristinarli e incrementare il contributo dell'UE per evitare la perdita di biodiversità a livello mondiale.

3.   Osservazioni generali sull'attuale politica dell'UE in materia di biodiversità

3.1

Una valutazione della politica condotta sinora dall'UE in materia di biodiversità non può che avere un esito deludente.

3.2

Circa dieci anni fa, infatti, era stato promesso che nel giro di un decennio si sarebbe messo fine alla perdita della biodiversità e si sarebbe intrapreso il ripristino degli habitat e degli ecosistemi.

3.3

Quasi ogni anno i servizi della Commissione, i commissari oppure l'Agenzia europea per l'ambiente hanno sottolineato la necessità che, al di là delle misure già avviate, venissero effettuati sforzi maggiori per raggiungere l'obiettivo stabilito. Tali sforzi, tuttavia, non sono mai stati intrapresi.

3.4

Lo scorso anno è giunta l'ammissione che l'obiettivo prefissato non era stato realizzato: per il CESE non è stata una sorpresa. Quest'ultimo, infatti, aveva già affermato, in diversi pareri, che le misure politiche adottate erano del tutto insufficienti (2).

3.5

Se l'UE non è riuscita a realizzare i propri obiettivi in tema di biodiversità non è stato perché non si sapesse quali azioni intraprendere o perché la società civile non fosse pronta a fare anch'essa i passi necessari. Essenzialmente, il mondo politico privilegia gli interessi economici a breve termine piuttosto che gli effetti a lungo termine dei servizi ecosistemici. Anche in materia di biodiversità emerge chiaramente che il nostro sistema economico non è sostenibile, bensì fondato su uno sfruttamento eccessivo delle risorse naturali.

3.6

Il CESE si rallegra dunque che la Commissione abbia esaminato in dettaglio lo studio TEEB presentando così argomenti significativi in merito all'importanza economica della biodiversità. Il Comitato desidera tuttavia mettere in guardia dal porre l'accento unicamente sulla questione della valorizzazione economica della biodiversità, per i seguenti motivi:

per mantenere la biodiversità vi sono molte ragioni valide che non possono e non devono essere monetarizzate, come per esempio «il diritto proprio della natura», la «idea di creazione», l'importanza culturale della diversità o la semplice identificazione con la natura,

non si deve assolutamente arrivare ad una situazione in cui la necessità di preservare una singola specie dipenda dal calcolo del suo valore economico.

3.7

Il CESE teme inoltre che lo studio TEEB possa avere lo stesso destino della relazione Stern sulla protezione climatica, i cui avvertimenti in merito alle conseguenze economiche a lungo termine dei cambiamenti climatici sono stati ampiamente ignorati a livello politico. È significativo che, ad oggi, i ministri delle Finanze e dell'Economia non abbiano neppure iniziato ad esaminare tale studio.

3.8

Il CESE ritiene pertanto che in questa situazione non ci si possa limitare a riciclare i vecchi obiettivi del 2001, spostando sostanzialmente al 2020 gli obiettivi fissati per il 2010, e a definire una nuova visione per il 2050, per quanto una visione di ampio respiro possa essere importante. Occorre invece valutare gli strumenti e le politiche esistenti nonché elaborare ed attuare misure più adeguate ed efficaci nella pratica. La nuova strategia 2020 in materia di biodiversità, pertanto, deve non solo contenere obiettivi (finali e intermedi) concreti e quantificati ma soprattutto fissare un programma di attuazione preciso e vincolante e stabilire chiare responsabilità. Vanno infine messe a disposizione le risorse finanziarie adeguate.

4.   Osservazioni generali sulla comunicazione

4.1

A giudizio del CESE, l'obiettivo della comunicazione all'esame è quello di avviare un nuovo dibattito tra i leader politici europei, che dovrà dare un segnale chiaro alla società e conferire un mandato preciso ai servizi responsabili. Il CESE condivide questa impostazione.

4.2

Il Comitato accoglie favorevolmente la risoluzione del Consiglio Ambiente del 15 marzo 2010, il quale, nella sostanza, ha appoggiato l'opzione 4. Invita tuttavia a non passare all'ordine del giorno senza trarre le debite conseguenze, come è invece avvenuto nel 2001, pena il rischio che anche questo nuovo obiettivo abbia la stessa sorte di quello fissato nel 2001.

4.3

Per il CESE non basta che ad occuparsi di questo tema sia «solo» il Consiglio Ambiente e chiede pertanto che anche gli altri Consigli interessati affrontino l'argomento. Nella comunicazione all'esame la Commissione precisa molto chiaramente che la perdita di biodiversità presenta, accanto ad una dimensione ambientale ed etica, anche una dimensione economica. Il CESE pertanto si aspetta che soprattutto i ministri dell'Economia e delle Finanze si occupino del problema, che vengano stimate le risorse di bilancio da destinare a tale obiettivo nei prossimi anni e che siano indicate le altre modifiche a livello economico e politico da effettuare in parallelo.

4.4

Il Comitato è particolarmente deluso dal fatto che il Consiglio europeo, diversamente da quanto avvenne nel 2001, non abbia inviato alcun segnale concreto in proposito. Nella nuova strategia Europa 2020, il cui obiettivo dichiarato è quello di creare una «Europa verde», non vengono citati nemmeno una volta concetti come «biodiversità», «habitat», «protezione della natura», «protezione delle specie» o «protezione della diversità delle risorse genetiche». La «diversità delle specie» viene citata solo due volte all'interno di frasi che parlano di efficienza sotto il profilo delle risorse. Persino le conclusioni del Consiglio europeo del marzo 2010 non dedicano un capitolo specifico a questo tema essenziale, limitandosi a confermare la decisione del Consiglio Ambiente del 15 marzo nel quadro delle questioni di politica climatica.

4.5

È evidente che la conservazione della biodiversità, in tutta la sua rilevanza, non è al centro delle preoccupazioni e dell'azione politica. Questo è un segnale pericoloso e inaccettabile rivolto all'opinione pubblica europea, la quale ha già una conoscenza estremamente limitata del tema e dispone di scarse possibilità d'intervento.

4.6

Nella nuova visione in materia di biodiversità occorre precisare le responsabilità di ciascuno, ad esempio definendo in modo più chiaro i rapporti tra l'UE, gli Stati membri, le regioni e gli enti locali, nonché tra il mondo economico, le associazioni e la società, ma anche all'interno degli stessi servizi della Commissione.

4.7

Il CESE condivide l'opinione della Commissione secondo cui la biodiversità è un compito intersettoriale e trasversale. Proprio per tale motivo la nuova strategia da elaborare in materia di biodiversità deve essere 1) obbligatoriamente integrata nella strategia Europa 2020 e 2) discussa seriamente e attuata con decisione da tutti i servizi della Commissione, ad esempio anche da quelli che si occupano di agricoltura, di energia, di trasporti. L'adozione di una strategia Europa 2020 comprendente un approccio integrato in materia di biodiversità impone a tutti i servizi della Commissione di collaborare alla sua attuazione. Questo significa anche che essi devono contribuire a rendere i loro programmi di sostegno e la corrispondente regolamentazione conformi all'obiettivo di protezione della natura, adeguandoli in maniera corrispondente.

4.8

Il CESE chiede pertanto alla Commissione di pubblicare, nell'autunno 2010, un elenco dettagliato dei settori politici in cui esistono lacune concrete nel campo dell'integrazione degli obiettivi in materia di biodiversità, lacune che vengono solo accennate in modo estremamente vago nella comunicazione. Bisognerà anche individuare le ragioni per le quali la strategia del 2006 in materia di biodiversità, che comprendeva pur sempre circa 160 diverse misure, non è stata sufficiente a realizzare dei miglioramenti.

4.9

Nella futura visione in materia di biodiversità va dunque precisato con quali strumenti e attraverso quali cambiamenti politici si pensa di colmare queste lacune analizzate.

4.10

L'imminente riforma del bilancio e la ridefinizione della politica agricola, della politica della pesca e dei fondi strutturali, in quanto settori politici fondamentali dell'UE, fungeranno quindi, in un certo qual modo, da banco di prova per la politica europea in materia di biodiversità, per quanto concerne sia la sua integrazione in altre politiche, richiesta ormai da anni, sia le necessarie risorse finanziarie (le azioni dell'UE a favore della biodiversità corrispondono allo 0,1 % del bilancio. D'altra parte vengono effettuati molti interventi che hanno conseguenze negative per la biodiversità).

4.11

A questo proposito il CESE fa rilevare il ruolo decisivo dell'agricoltura nella conservazione della biodiversità. Gran parte della biodiversità ha avuto origine nel quadro di pratiche agricole tradizionali, che tuttavia sono ormai divenute obsolete, soprattutto per ragioni economiche.

4.12

È quindi necessario trovare delle modalità per ricreare un collegamento tra l'agricoltura e la conservazione delle specie; in alcuni Stati membri si riscontrano approcci positivi che devono essere valutatati e notevolmente sviluppati. Occorre offrire agli agricoltori degli incentivi per lo svolgimento di questo tipo di compiti (3).

4.13

La tutela della biodiversità marina sta assumendo un'importanza particolare. Nella maggior parte delle società europee la conoscenza dei problemi dell'ecologia marina è piuttosto scarsa e la pressione esercitata sui governi e sulle istituzioni responsabili di detta tutela relativamente debole. Occorre valutare l'efficacia degli attuali sistemi di tutela delle risorse marine e sforzarsi di accordare a detta tutela una più alta priorità nei programmi di istruzione e nella gestione dell'economia.

4.14

Il CESE si aspetta che l'Unione europea si prepari adeguatamente alla 10a Conferenza delle parti firmatarie della Convenzione sulla diversità biologica e apporti un contributo sostanziale al nuovo piano strategico globale per la conservazione della biodiversità dopo il 2010.

5.   Osservazioni particolari

5.1

È evidente che le norme, regolamentazioni e misure esistenti non bastano a salvaguardare la biodiversità, ovvero, in altre parole, la perdita della biodiversità non è dovuta a costanti violazioni di tali norme bensì avviene nell'ambito delle norme stesse. Agire in modo ecologico si rivela spesso uno svantaggio in termini di competitività economica. D'altro canto, l'importanza economica della biodiversità viene sempre più spesso discussa nei circoli specializzati ma non è ancora accettata o riconosciuta in quanto tale. Il CESE auspica che la Commissione e il Consiglio si occupino in modo particolare di tali questioni ed elaborino un approccio su come affrontarle. L'internalizzazione dei costi esterni, spesso invocata ma ancora ad uno stato iniziale, potrebbe costituire un rimedio.

5.2

Il mantenimento della biodiversità deve svolgere un ruolo maggiore, in particolare nell'ambito della PAC. Con la riforma della politica agricola per il periodo successivo al 2013, i criteri di conservazione della biodiversità devono diventare un elemento essenziale di tale politica, in modo da risolvere l'attuale conflitto tra produzione economica e protezione della natura.

5.3

Il concetto di «infrastrutture verdi» contenuto nella comunicazione della Commissione dovrebbe essere sviluppato con decisione. Per conseguire gli obiettivi in materia di biodiversità non basta disporre di un sistema di singole zone protette, come quello attualmente in fase di creazione nell'ambito della rete Natura 2000. È necessario anche un sistema lineare europeo di collegamento tra i vari biotopi o, per dirla secondo il linguaggio europeo, una rete transeuropea «Natura» che comprenda i seguenti elementi:

corridoi di passaggio per le specie animali migratorie terrestri, come il lupo, la lince, l'orso o il gatto selvatico, formati ad esempio da strutture lineari per le specie che vivono nei boschi,

una rete formata dai bordi dei corsi d'acqua e dalle zone umide nell'ambito dell'attuazione della direttiva quadro in materia di acque. Questa rete risulterebbe utile per le specie che vivono in questi tipi di habitat (struttura ad aperta campagna),

bordi o delimitazioni di campi, boschetti e zone erbose ricche di specie (praterie e zone pianeggianti), viottoli per le specie di aperta campagna (in collegamento con il sostegno all'agricoltura).

5.4

Una rete TEN-Natura così concepita sarebbe utile per collegare tra loro le varie zone coperte dal programma Natura 2000 e per attuare la direttiva quadro in materia di acque. Essa potrebbe inoltre rappresentare, in parte, una risposta ai cambiamenti climatici e darebbe alle specie animali terrestri la possibilità di reagire a tali cambiamenti attraverso la migrazione. Non meno importante è però il fatto che una rete del genere consentirebbe gli scambi tra le popolazioni, finora isolate, di una determinata specie, cosa che costituisce un presupposto essenziale per garantire la loro sopravvivenza.

5.5

Per preservare e sviluppare ulteriormente i territori Natura 2000, vale a dire quello che è stato finora il cuore della politica europea in materia di biodiversità, l'UE deve finalmente garantire un sostegno adeguato allo sviluppo e alla sopravvivenza di tali zone.

5.6

La Commissione fa giustamente riferimento al fatto che la biodiversità è distribuita in modo disuguale. Vi sono regioni che presentano ancora un grado elevato di biodiversità e altre invece in cui essa è stata ridotta drasticamente, soprattutto per l'intervento dell'uomo. Da questo non bisogna tuttavia trarre conclusioni sbagliate: le misure politiche, comprese quelle finanziarie, non devono concentrarsi solo sui luoghi di punta della biodiversità. Una serie ampia e diversificata di strumenti politici risulta necessaria anche e soprattutto in quelle regioni in cui la biodiversità è ridotta, al fine di mantenere e/o ripristinare gli ecosistemi. D'altro canto, quegli Stati membri in cui il livello di protezione è, realmente o potenzialmente, ancora elevato non devono essere «puniti» ma semmai ricompensati.

5.7

La politica per il mantenimento della biodiversità non deve solo seguire un approccio di carattere generale. La nuova visione dell'UE in materia di biodiversità dovrebbe anche mettere in risalto il collegamento positivo tra protezione climatica e protezione delle specie e dunque migliorare in particolare la conservazione e lo sviluppo delle zone paludose, di quelle umide e delle praterie, nonché degli ecosistemi boschivi sostenibili. La politica in materia di sfruttamento della biomassa a fini energetici non deve essere in contrasto con tale approccio. Per scongiurare questo rischio, occorre introdurre dei criteri di sostenibilità da utilizzare anche in altri settori (ad esempio i mangimi).

5.8

Il CESE sottolinea tuttavia che sarà essenziale portare avanti un'efficace sensibilizzazione della società e degli ambienti economici sull'importanza di mantenere la diversità biologica. Questo compito, nonostante tutti i programmi esistenti e il lavoro delle associazioni ambientali, è ancora lungi dall'essere stato realizzato.

5.9

La stessa terminologia usata dai politici esperti del settore deve essere messa in discussione. Che cosa rappresenta, per il cittadino medio, la «biodiversità»? Che cosa immagina, sentendo parlare di «specie» o di «servizi ecosistemici»? Da numerosi sondaggi emerge una conoscenza spaventosamente limitata delle questioni ambientali. Anche da questo dato si evince che la protezione della natura non è compito solo dei ministri dell'Ambiente. Il settore dell'istruzione è chiamato anch'esso ad intervenire per diffondere le necessarie conoscenze di base.

Bruxelles, 15 settembre 2010

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Mario SEPI


(1)  GU C 277 del 17.11.2009, pag. 62 (punti 1.4 e 1.5).

(2)  GU C 195 del 18.8.2006, pag. 88 e pag. 96, GU C 161 del 13.9.2007, pag. 53, GU C 97 del 28.4.2007, pagg. 6-11, punto 1.3.

(3)  GU C 354 del 28.12.2010, pag. 35.


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