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Document 52009IE1461
Opinion of the European Economic and Social Committee on Fair trade food products: self-regulation or legislation? (Own-initiative opinion)
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Prodotti alimentari del commercio equo e solidale: autoregolamentazione o legislazione? (parere d'iniziativa)
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Prodotti alimentari del commercio equo e solidale: autoregolamentazione o legislazione? (parere d'iniziativa)
GU C 318 del 23.12.2009, p. 29–34
(BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)
23.12.2009 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 318/29 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Prodotti alimentari del commercio equo e solidale: autoregolamentazione o legislazione? (parere d'iniziativa)
2009/C 318/06
Relatore: Hervé COUPEAU
Il Comitato economico e sociale europeo, in data 10 luglio 2008, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere d'iniziativa sul tema:
«Prodotti alimentari del commercio equo e solidale: autoregolamentazione o legislazione?»
La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 2 settembre 2009, sulla base del progetto predisposto dal relatore Hervé COUPEAU.
Alla sua 456a sessione plenaria, dei giorni 30 settembre e 1o ottobre 2009 (seduta del 1o ottobre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 164 voti favorevoli, 1 voto contrario e 4 astensioni.
1. Conclusioni
1.1 Il commercio equo e solidale di prodotti agricoli intende introdurre, a livello del commercio internazionale, il principio di una più giusta ripartizione dei redditi commerciali per permettere ai produttori dei paesi in via di sviluppo di:
— |
innescare un processo di sviluppo economico (strutturazione di filiere produttive, organizzazione di settori di attività, ecc.), |
— |
avviare un processo di sviluppo sociale (creazione di strutture sanitarie, educative, ecc.), |
— |
sensibilizzare alla gestione ambientale (tutela della biodiversità, gestione delle emissioni di CO2, ecc.). |
1.2 L'Europa costituisce il maggiore mercato del commercio equo e solidale, con circa il 65 % del mercato mondiale. I prodotti del commercio equo e solidale sono venduti attraverso cataloghi di vendita per corrispondenza, via Internet, tramite servizi di ristorazione e in punti di vendita al dettaglio di istituzioni, comunità e aziende, per un numero complessivo di punti vendita superiore a 79 000 unità, distribuite in 25 paesi. Nel 2008 il fatturato di questo settore ha oltrepassato 1,5 miliardi di euro; inoltre, l'aumento delle vendite è stato relativamente sostenuto, dell'ordine del 20 % all'anno. Tuttavia questa cifra d'affari rimane molto modesta rispetto ai 913 miliardi di euro di prodotti commercializzati dall'industria agroalimentare europea nel 2007.
1.3 Esistono due approcci complementari alla certificazione dei prodotti del commercio equo e solidale, ossia quello basato sul prodotto (elaborato da Fairtrade Labelling Organisations - FLO, che ha stabilito norme per 18 categorie di prodotti alimentari) e quello basato sul processo di trasformazione (elaborato dalla World Fair Trade Organisation - WFTO, che certifica la catena di approvvigionamento e il sistema di gestione delle principali organizzazioni di commercio equo e solidale sia nei paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo). Entrambi gli approcci hanno migliorato le garanzie per i consumatori e ridotto gli abusi da parte delle aziende che cercano di trarre vantaggio da questa forma di commercio etico senza soddisfare i criteri approvati dalle principali agenzie di sviluppo internazionali.
1.4 La certificazione promuove efficacemente il commercio equo e solidale e protegge le piccole e medie imprese che desiderano lanciarsi in questo tipo di commercio.
1.4.1 |
Lo scopo delle suddette certificazioni è quello di rispettare il carattere multidimensionale del commercio equo e solidale:
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1.4.2 |
Malgrado i progressi rilevati nell'autoregolamentazione, il Comitato economico e sociale europeo (CESE) intende richiamare l'attenzione sulla necessità di basare questo modello sul sistema di certificazione europeo il quale, tra gli altri principi, impone che il rispetto delle specifiche tecniche sia assoggettato ad un controllo esterno, effettuato da un organismo indipendente e accreditato a tal fine. Tutto ciò, ovviamente, senza pregiudizio dell'obbligo di adempiere alle disposizioni generali di legge per l'immissione in commercio dei prodotti alimentari. |
2. Introduzione
2.1 |
Il presente parere si occupa specificamente del commercio equo e solidale propriamente detto, ossia del partenariato commerciale alternativo che opera il collegamento tra il produttore e il consumatore così come è stato creato nel corso degli ultimi decenni dal movimento del commercio equo e solidale. Esistono altri programmi volti stabilire la maggiore o minore sostenibilità delle attività commerciali, ma essi non vengono esaminati in questa sede perché non rispondono a tutti i criteri del commercio equo e solidale elencati al punto 1.4.1. |
2.2 |
Il commercio equo e solidale si è sviluppato per costruire relazioni economiche con i produttori dei paesi in via di sviluppo che si trovano marginalizzati negli scambi commerciali internazionali. Esso si inserisce in una prospettiva di sviluppo sostenibile e presenta sfide sociali importanti nei paesi del Sud. Ha l'obiettivo di contribuire a ridurre la povertà, soprattutto attraverso l'appoggio che esso offre alle organizzazioni dei produttori. Nei paesi del Nord cerca di promuovere un modello di consumo più sostenibile. |
2.3 |
Il settore del commercio equo e solidale, ancora giovane e in piena evoluzione, registra un'espansione notevole ed è oggetto di un interesse sempre più attento da parte dei consumatori europei. |
2.4 |
La fiducia dei consumatori, tuttavia, deve essere ancora consolidata: in effetti, pur essendo sensibili all'idea del commercio equo e solidale, molti di essi affermano di non disporre di informazioni sufficienti e possono sospettare possibili abusi da parte delle grandi imprese o della grande distribuzione. |
2.5 |
I circuiti commerciali specializzati rimangono comunque sbocchi importanti per i prodotti del commercio equo e solidale. Queste strutture sono numerose, di piccole dimensioni e apprezzate dai consumatori. |
3. Contesto
3.1 |
L'art. 23, par. 3, della Dichiarazione universale dei diritti umani proclamata dalle Nazioni Unite nel 1948 recita: «Ogni individuo che lavora ha diritto ad una rimunerazione equa e soddisfacente che assicuri a lui stesso e alla sua famiglia un'esistenza conforme alla dignità umana (…)». |
3.2 |
Le attività del commercio equo e solidale sono iniziate negli anni Cinquanta prima negli Stati Uniti, poi nel Regno Unito e successivamente nel resto d'Europa. Questo tipo di commercio è la manifestazione di una presa di coscienza dei danni sociali e ambientali causati dalle filiere delle importazioni dei paesi industrializzati. |
3.3 |
Nel 1964 la Conferenza delle Nazioni Unite per il commercio e lo sviluppo (Unctad) ha denunciato la disparità dei termini di scambio e ha allertato la comunità internazionale sul carattere insostenibile, da un punto di vista umano e sociale, delle regole che disciplinano il commercio internazionale. I paesi del Sud insistono sulla necessità di scambi equi (Trade, not aid - Commercio, non aiuti). |
3.4 |
Alcune date nella storia del commercio equo e solidale:
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3.5 |
Le regole dell'Organizzazione mondiale del commercio (OMC) non tengono conto né dell'aspetto umano e sociale, né dell'ambiente. Un'esigenza critica spinge le persone ad aderire ad una modalità di scambi commerciali rispettosa dei valori umani. Per loro il commercio equo e solidale è la prova che un mondo diverso è possibile. Questo tipo di commercio promuove la trasparenza, il buon governo e la responsabilità, contribuendo così allo sviluppo sostenibile. |
4. Descrizione
4.1 |
Lo scopo del commercio equo e solidale, e più in generale del consumo etico, responsabile e civico, è quello di definire i mezzi volti a rendere permanente il successo ottenuto presso la popolazione:
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4.2 |
Il CESE rileva che nel formulare le norme del commercio equo e solidale sono stati presi in considerazione i diritti fondamentali del lavoratore (OIL), il rispetto delle norme ambientali e della biodiversità e una migliore remunerazione dei produttori nelle relazioni commerciali internazionali. |
4.3 |
A taluni il fatto di associare il termine «commercio» con gli aggettivi «equo e solidale» può sembrare contraddittorio, visto che non sono i valori umani a ispirare le leggi di mercato. Ciò nonostante, il problema di conciliare il commercio con il dialogo sociale, ai fini di una maggiore equità nel commercio mondiale, è una sfida del XXI secolo alla cui soluzione il CESE vorrebbe dare il proprio contributo. Ciò permetterebbe infatti uno sviluppo sostenibile offrendo migliori condizioni commerciali e garantendo i diritti dei produttori e dei lavoratori marginalizzati dal ciclo di Doha. |
4.4 |
L'introduzione di nuove etichette e di codici di condotta lanciati da nuovi attori che rivendicano la loro adesione alle pratiche eque e solidali può, parallelamente, creare confusione nei consumatori. Facendo correre il rischio di annacquare il concetto, i suoi principi e i criteri che lo definiscono, la molteplicità dei sistemi di riferimento e di garanzia permette ad alcuni di trovare collocazioni economiche opportunistiche costruite sulla base di sistemi di garanzie meno costosi per chi se ne fa carico, spesso a valle della filiera, ma che presentano un minor coinvolgimento in materia di sostegno al rafforzamento dei paesi in via di sviluppo. Il Comitato vorrebbe una certificazione internazionale da parte delle organizzazioni del commercio equo e solidale (si vedano le proposte di cui sopra riguardanti la terminologia), fermi restando la necessità di un organismo di controllo indipendente e accreditato e, ovviamente, il rispetto della legislazione vigente in materia alimentare. |
4.5 |
Il CESE chiede che tutti i prodotti del commercio equo e solidale siano garantiti sulla base degli stessi criteri in tutti i paesi dell'Unione europea. A tutt'oggi per questo tipo di commercio non esiste una definizione europea ufficiale che sia giuridicamente vincolante. Il Comitato intende allinearsi alla definizione congiunta adottata dalla FINE (la rete FINE è costituita da FLO, IFAT, NEWS ed EFTA) e utilizzata dalla Commissione europea in una recente comunicazione sul commercio equo e solidale (1): «Il commercio equo e solidale è un partenariato commerciale, basato sul dialogo, la trasparenza e il rispetto, finalizzato ad ottenere una maggiore equità nel commercio internazionale. Contribuisce allo sviluppo sostenibile offrendo migliori condizioni commerciali ai produttori e ai lavoratori marginalizzati e garantendone i diritti, in particolare nel Sud. Le organizzazioni di commercio equo e solidale (supportate dai consumatori) si impegnano attivamente per sostenere i produttori, sensibilizzare l'opinione pubblica e promuovere modifiche delle regole e delle pratiche seguite nel commercio internazionale». |
5. I produttori (principi)
5.1 |
Il commercio equo e solidale assicura che i produttori vengano remunerati nel modo migliore possibile, sulla base di un reddito regolare e sufficiente per poter vivere decentemente, secondo quanto stabilito dalle organizzazioni dei produttori e dai sindacati di ciascuna regione e paese interessati. |
5.2 |
Il prezzo dev'essere determinato dal costo medio di produzione, in funzione dei seguenti fattori:
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5.3 |
Il commercio equo e solidale deve altresì prevedere criteri quali il rifiuto dello sfruttamento del lavoro, in particolare dei minori, e il rispetto delle norme dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), anche quando ciò non sia previsto dalla legislazione sociale nazionale. |
5.4 |
Esso garantisce un pagamento anticipato parziale delle derrate alimentari per permettere ai produttori di finanziare le materie prime. |
5.5 |
I processi di fabbricazione dei generi alimentari dovranno imperativamente rispettare l'ambiente, le risorse naturali e le disposizioni di legge vigenti applicabili nell'Unione europea. |
5.6 |
Il commercio equo e solidale permette di creare posti di lavoro socialmente utili sia a monte che a valle (consentendo anche ai lavoratori più precari di ritrovare dignità sul posto di lavoro). |
5.7 |
Esso garantisce una tracciabilità reale e una trasparenza totale, permanente e pubblica delle attività in tutte le fasi delle filiere (contesto, prezzo, margine, ecc.). |
5.8 |
Il commercio equo e solidale deve altresì consentire l'emergere di un'economia solidale in una prospettiva di sviluppo sostenibile. |
5.9 |
Esso dev'essere valutato solo in termini di azioni ed impegni precisi, e non semplicemente sulla base di buoni propositi. |
5.10 |
Il commercio equo e solidale è un sistema consolidato per avviare una nuova politica alimentare mondiale rispettosa dell'uomo. |
6. I prodotti
6.1 |
I prodotti alimentari rappresentano il grosso del fatturato del commercio equo e solidale. Tra questi prodotti il primo è il caffè; vi si trovano anche tè, cioccolato, frutta secca, spezie, riso, cereali, zucchero, miele e confetture di frutta. I prodotti freschi hanno fatto la loro apparizione nel commercio equo e solidale recentemente e rimangono marginali nei suoi circuiti a causa della lentezza della rotazione degli approvvigionamenti. Si assiste, tuttavia, a un aumento considerevole delle vendite dei prodotti freschi da quando i prodotti del commercio equo e solidale hanno cominciato ad essere venduti dalle cooperative di consumo e da altre organizzazioni private di vendita al dettaglio. |
6.2 |
Per contribuire a migliorare la situazione dei piccoli produttori dei paesi in via di sviluppo, il commercio equo e solidale dovrebbe permettere di costituire filiere di produzione di alimenti trasformati in modo da generare posti di lavoro socialmente sostenibili. |
6.3 |
Il commercio equo e solidale deve poter mettere l'accento sulla necessità di agire su filiere più importanti in modo da dare maggior peso politico a tale processo, nel rispetto dell'interesse del produttore. |
7. I principali paesi
7.1 |
Tutti gli Stati coinvolti nella produzione di derrate alimentari destinate al commercio equo e solidale sono paesi del Sud. Grazie alla relativa trasparenza del suo processo commerciale, il commercio equo e solidale ha evidenziato quanto sia bassa la percentuale del prezzo di vendita al consumo che va a beneficio del produttore (per ogni 100 euro spesi dal consumatore, soltanto 20 euro tornano all'economia locale) e quanto sia alta la quota di valore aggiunto (ad esempio, creato nella trasformazione e nella distribuzione al dettaglio) che rimane nei paesi sviluppati. Il problema di fondo è se il commercio equo e solidale sia in grado di modificare in maniera duratura le regole del commercio internazionale. |
8. Legislazione o certificazione
8.1 |
Il Comitato ritiene che la certificazione sia la migliore garanzia per i consumatori. Essa consiste in un processo di verifica da parte di un organismo terzo accreditato (al termine di una procedura di accreditamento) e imparziale per attestare che un servizio, un prodotto o un processo è conforme alle specifiche precisate in un disciplinare (quest'ultimo può essere oppure non essere normativo). Così, se sia la certificazione che l'accreditamento sono due procedure di verifica, l'accreditamento verifica le competenze mentre la certificazione verifica la conformità a un disciplinare. La sfida che il commercio equo e solidale e, più in generale, il consumo etico, responsabile e improntato a spirito civico hanno di fronte è quella di definire i mezzi per rendere permanenti i buoni risultati ottenuti permettendo di:
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8.2 |
Il commercio equo e solidale ha quindi creato sistemi di garanzia, ma essi derivano la loro legittimità dalla loro natura negoziale e dal coinvolgimento delle diverse parti interessate.
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8.3 |
Il FLO e il WFTO cercano di sviluppare la complementarità tra i loro sistemi di garanzia. Si tratta di trovare i punti di convergenza e di coerenza tra i loro approcci. Fino ad ora questo processo si è limitato a constatare la situazione in atto. |
8.4 |
Questi sistemi di verifica sono indispensabili. Un livello elevato di garanzia è essenziale per evitare la proliferazione di normative diverse nei paesi del Nord e per tutelare gli interessi dei consumatori. Gli organismi del commercio equo e solidale hanno già stabilito una serie di requisiti a livello internazionale e hanno concordato una carta dei criteri del commercio equo e solidale: ora essi devono continuare a cooperare per mettere a punto un sistema comune di certificazione per i produttori. |
9. Le condizioni dell'aiuto allo sviluppo
9.1 |
Il commercio equo e solidale contribuisce alla riduzione della povertà preservando al tempo stesso le basi per uno sviluppo sostenibile. |
9.2 |
La politica estera dell'Unione europea interviene per favorire la crescita dell'agricoltura nei paesi in via di sviluppo. Il sostegno teso a incoraggiare i piccoli produttori agricoli ad aderire al commercio equo e solidale potrebbe diventare un criterio per la concessione di sovvenzioni, e ciò contribuirebbe allo sviluppo sostenibile in tali paesi. |
10. Le sfide del commercio equo e solidale
10.1 |
Il commercio equo e solidale è indubbiamente frutto del dinamismo commerciale, sociale, educativo e politico degli attori a livello locale e internazionale. |
10.2 |
Si tratta di un'innovazione socioeconomica, sostenuta dalla società civile per modificare le pratiche commerciali internazionali allo scopo di tenere maggiormente conto del fattore umano nei processi produttivi. Il commercio equo e solidale dovrebbe:
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11. Equo e solidale anche per i produttori europei?
11.1 |
Tutte le derrate alimentari del commercio equo e solidale sono prodotte nei paesi in via di sviluppo. Determinati prodotti - come lo zucchero, il vino e le banane - sono però prodotti anche dai paesi europei, e con norme sociali nettamente superiori che possono dare origine a un certo sovrapprezzo rispetto a un prodotto certificato come equo e solidale. |
11.2 |
Per evitare situazioni del genere, bisognerebbe creare un'organizzazione internazionale di produttori di tali filiere in modo da trovare compromessi vantaggiosi per tutti. |
12. Il commercio equo e solidale: nuovo fondamento economico
12.1 |
Numerose organizzazioni per i diritti umani denunciano i problemi del commercio internazionale (OMC). |
12.2 |
I diversi attori e parti in causa del commercio equo e solidale si differenziano a livello mondiale dal punto di vista sia qualitativo che quantitativo. D'altronde, è proprio la loro capacità di coprire la varietà dei campi del commercio equo e solidale a dare senso a questo approccio e ad offrirgli la possibilità di produrre un impatto significativo in avvenire. |
Bruxelles, 1o ottobre 2009
Il Presidente del Comitato economico e sociale europeo
Mario SEPI
(1) COM(2009) 215 def.
Appendice I
Ricavi per i produttori rispetto al commercio convenzionale
commercio |
caffè |
tè Darjeeling |
zucchero |
quinoa |
riso basmati |
convenzionale |
5 % |
7 % |
2,5 % |
6,7 % |
6,5 % |
equo e solidale |
17 % |
9,5 % |
3,8 % |
8,5 % |
9,5 % |
Appendice II
Esempio di scomposizione del prezzo del riso thai della marca Max Havelaar:
— |
15 % produttore, |
— |
26 % costi di trasformazione, |
— |
2 % imposizione, |
— |
57 % costi di imballaggio e distribuzione. |