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Document 52009AE0633

    Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle regioni e alla Banca centrale europea — UEM@10: successi e sfide di un decennio di Unione economica e monetaria

    GU C 228 del 22.9.2009, p. 116–122 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

    22.9.2009   

    IT

    Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

    C 228/116


    Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle regioni e alla Banca centrale europea — UEM@10: successi e sfide di un decennio di Unione economica e monetaria

    COM(2008) 238 def. — SEC(2008) 553

    2009/C 228/23

    La Commissione, in data 7 maggio 2008, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

    «Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo, al Comitato delle regioni e alla Banca centrale europea — UEM@10: successi e sfide di un decennio di Unione economica e monetaria»

    La sezione specializzata Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 5 marzo 2009, sulla base del progetto predisposto dal relatore BURANI.

    Il Comitato economico e sociale europeo, in data 24 marzo 2009, nel corso della 452a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 79 voti favorevoli, 1 voto contrario e 17 astensioni.

    1.   Riassunto e conclusioni

    1.1

    Con il presente documento il CESE offre alcuni commenti sulla comunicazione della Commissione che espone i successi dell'Unione economica e monetaria (UEM) a dieci anni dal suo lancio e mette in luce le sfide che ci attendono nel futuro. La comunicazione è stata redatta prima che l'attuale crisi si manifestasse in tutta la sua gravità e il Comitato evita per quanto possibile di prendere spunto dagli eventi attuali per formulare commenti su argomenti estranei al testo della Commissione. Il tema di attualità viene trattato da altri pareri.

    1.2

    Le aspettative iniziali non sono state del tutto realizzate: l'ottimismo che ha caratterizzato la fase di lancio dell'UEM ha dovuto essere temperato da una congiuntura economica con tendenze sfavorevoli: condizioni obbiettive e in gran parte indipendenti dalla moneta unica. Un'opinione pubblica non sempre bene informata, e in parte influenzata da una persistente diffidenza nei riguardi dell'Unione europea, ha attribuito all'euro la responsabilità di fenomeni recessivi di fatto estranei alle vicende monetarie.

    1.3

    Un indubbio successo dell'Unione monetaria è stato quello di aver ancorato le aspettative a lungo termine sull'inflazione a livelli prossimi alla definizione della stabilità dei prezzi; l'abbassamento generale dei tassi d'interesse ha inoltre contribuito alla crescita economica. L'integrazione dei mercati finanziari ha poi contribuito ad importare in Europa una crisi economica che ha avuto origine altrove.

    1.4

    Pur essendo l'euro la seconda moneta internazionale, l'Eurogruppo e la BCE non hanno una presenza istituzionale nelle organizzazioni economiche e finanziarie internazionali: le ragioni di questa situazione sono diverse, ma non vi è estranea la partecipazione a tali organizzazioni di Stati membri appartenenti all'area euro e di altri che non lo sono. Una migliore governance economica sarebbe teoricamente realizzabile se queste due istituzioni avessero una voce nelle istanze internazionali.

    1.5

    Sul fronte interno le sfide del futuro consistono principalmente nelle incomplete realizzazioni degli ultimi dieci anni: le differenze fra i paesi dell'UEM in termini di inflazione e costi del lavoro, nonché l'integrazione ancora parziale del mercato dei beni e dei servizi. Il primo obbiettivo dovrebbe far parte di una serie di programmi nazionali che, nel rispetto del patto di stabilità e di crescita, tendano ad una convergenza concordata fra i governi e le parti sociali. Il secondo dovrebbe essere oggetto di uno studio che stabilisca i limiti fisiologici all'integrazione, al di là dei quali l'integrazione stessa diventa impossibile o troppo onerosa.

    1.6

    A livello mondiale, l'UEM si trova di fronte a sfide politiche e a sfide competitive, che dovrà affrontare con programmi di politica interna di bilancio e di migliore integrazione delle riforme strutturali, con il rafforzamento del ruolo internazionale dell'euro, e infine con una governance economica efficace. In merito a quest'ultimo punto si attira l'attenzione sulla spesa pubblica, sulla competitività e sui sistemi sociali, tre aree nelle quali interventi univoci sono resi difficili dalla diversità di situazioni negli Stati membri.

    1.7

    Per quanto riguarda la governance finanziaria, il CESE auspica che venga fatta una revisione globale delle politiche che hanno sin qui ispirato la condotta dei mercati: la crisi finanziaria causata dai subprime, a sua volta influenzata dalla crisi economica, trae le sue lontane origini dalla messa in circolazione di prodotti per loro natura malsani. Questo avvenne a causa di un'economia di mercato male interpretata, della quale non si auspica l'abbandono ma che ha certamente bisogno di regole che la governino.

    2.   Introduzione

    2.1

    Nel maggio 2008 la Commissione ha pubblicato una Comunicazione in cui traccia un bilancio del primo decennio di operatività dell'Unione economica e monetaria (UEM), esponendo le linee generali di un programma politico per il secondo decennio (1). Il documento è pubblicato nel secondo fascicolo di «European Economy» (2), accompagnato da uno studio analitico (oltre 300 pagine) delle materie trattate. Il CESE figura tra i destinatari della comunicazione e ringrazia la Commissione per avergli offerto l'opportunità di esprimere il proprio punto di vista; si augura che i suoi commenti verranno accolti per quello che sono: un tentativo di apporto costruttivo alle riflessioni in corso.

    2.2

    Lo studio analitico costituisce un prezioso ausilio alla comprensione dei fenomeni descritti nella comunicazione e fornisce la chiave di lettura delle dichiarazioni della Commissione; si tratta peraltro di un documento di analisi econometrica e finanziaria destinato ad una ristretta cerchia di specialisti. Il CESE ne ha preso conoscenza e vi fa riferimento in relazione ad alcuni argomenti per i quali un approfondimento si rende necessario.

    2.3

    Nel formulare le sue osservazioni in merito ad alcuni elementi della comunicazione il CESE segue l'ordine nel quale questi sono esposti dalla Commissione, con l'augurio che essi possano rivelarsi utili e considerati come un volonteroso apporto delle parti sociali che il Comitato rappresenta.

    3.   La comunicazione: un passo storico

    3.1   Il documento esordisce affermando che l'UEM «ha inviato un potente segnale politico, dimostrando ai cittadini europei e al resto del mondo che l'Europa è in grado di prendere decisioni lungimiranti…» e che l'euro è, «dopo dieci anni di esistenza, un successo eclatante». Tali affermazioni sembrano inopportune dal punto di vista della comunicazione: il compiacimento è convincente come conclusione di una dimostrazione ma è controproducente se appare come un teorema già predisposto. Il CESE è sostanzialmente d'accordo sul contenuto delle affermazioni, ma avrebbe preferito vederle come considerazione finale piuttosto che come premessa.

    3.2   A moderare il tono, la Commissione osserva che «l'euro non ha ancora realizzato alcune delle aspettative iniziali», e cita come cause un'insoddisfacente crescita della produttività, la globalizzazione e la scarsità di risorse naturali, i cambiamenti climatici e l'invecchiamento della popolazione, tutti problemi che «mettono ancora di più a dura prova la capacità di crescita delle nostre economie». Ad una prima lettura queste affermazioni sembrano stabilire — anche se questa non è certo l'intenzione della Commissione — un legame fra le evoluzioni socio-economiche globali e le mancate realizzazioni dell'euro.

    3.2.1   Più avanti (pag. 7) la Commissione lamenta il fatto che «l'euro viene spesso utilizzato [dai cittadini, ndr] come capro espiatorio di deludenti risultati economici, dovuti in realtà a politiche inadeguate a livello nazionale», stabilendo così una giusta distinzione fra l'andamento dell'economia e le vicende dell'euro. Sarebbe stato più utile per la causa dell'euro se essa avesse chiarito che la moneta unica soffre — così come in maggiore o minor misura la maggior parte delle altre monete — di una congiuntura a livello globale che ha un riflesso sulle politiche monetarie.

    3.2.2   Le politiche monetarie, in particolare quella dell'UEM, non possono risolvere da sole problemi di mercati globali ed integrati nei quali i problemi dell'uno si trasmettono agli altri, a cascata e in tempo reale. Per troppo tempo i mercati extraeuropei hanno operato ispirandosi ad un'interpretazione troppo liberista dell'economia di mercato, tanto in campo economico che finanziario. Un mercato libero ha bisogno di regole che stabiliscano dei limiti invalicabili, e di controlli efficienti che ne assicurino l'osservanza: queste due condizioni l'Europa le ha in gran parte rispettate, ma lo stesso non può purtroppo dirsi di altri.

    4.   I principali successi dei primi dieci anni

    4.1   La Commissione a giusto titolo sottolinea come la politica monetaria abbia «ancorato le aspettative a lungo termine sull'inflazione a livelli prossimi alla definizione di stabilità dei prezzi della BCE». Essa riconosce che l'inflazione ha preso vigore negli ultimi tempi, «principalmente a causa dell'impennata dei prezzi del petrolio e delle materie prime» ma prevede un «ritorno a bassi tassi di inflazione… una volta allentate le pressioni esterne», il che è avvenuto negli ultimi tempi. Per quanto riguarda i tassi d'interesse, la stretta delle condizioni del credito alle famiglie e alle imprese è attribuibile alle turbolenze dei mercati finanziari, e anche sotto questo profilo si prevede «un ritorno… a condizioni del credito più normali… anche se i prezzi del petrolio continuassero a salire».

    4.1.1   La grande maggioranza degli osservatori prevede una crisi di lunga durata e si astiene dal fare pronostici sui tempi di ripresa delle economie, in particolare di quelle dei paesi occidentali; la fluidità del panorama geopolitico mondiale riduce purtroppo le proiezioni econometriche al livello di un confronto di opinioni. Su un punto preciso della comunicazione il CESE vuole in particolare attirare l'attenzione: si depreca che l'inflazione abbia peggiorato le condizioni del credito alle famiglie e alle imprese; ma non ci si sofferma sul fatto che le famiglie non sono soltanto utenti del credito ma anche risparmiatrici, contribuendo i loro investimenti alla crescita economica e, in ultima analisi, al finanziamento del debito pubblico e delle imprese.

    4.1.2   I tassi di remunerazione del risparmio, sia bancario che sotto forma di investimenti mobiliari, sono aumentati in misura inferiore al tasso d'inflazione: una volta decurtati dai prelievi fiscali, essi si traducono in una forte erosione del potere d'acquisto delle rendite, unitamente alla perdita di valore del capitale investito. Le ingenti perdite subite dalle borse hanno però incoraggiato le famiglie a ricercare investimenti più sicuri nei tradizionali depositi a risparmio, nonostante la bassa remunerazione e l'erosione del capitale.

    4.2   Il CESE concorda con la Commissione quando essa sottolinea i vantaggi apportati dall'euro: il patto di stabilità e di crescita riformato nel 2005 ha indotto gli Stati membri ad adottare politiche fiscali coerenti con un obiettivo di stabilità macroeconomica dell'UEM, favorendo l'integrazione economica e dei mercati e un «effetto catalizzatore dell'integrazione dei mercati finanziari». Questa integrazione, che «ha accresciuto la resistenza dell'area dell'euro agli sviluppi esterni sfavorevoli», merita tuttavia una riflessione.

    4.2.1   È vero che l'UEM ha permesso di costruire un mercato finanziario integrato forte, certamente più capace di resistere ad eventi esterni sfavorevoli di una serie di singoli mercati nazionali, ma si deve considerare che l'integrazione interna all'UEM è anche complementare ad una stretta interconnessione con i mercati mondiali. La Commissione rileva che «l'area dell'euro sembra essere al riparo dal peggio delle attuali turbolenze sui mercati finanziari mondiali»: ma queste turbolenze, in primis quella dei subprime, sono state importate da mercati esterni e causate da situazioni alle quali l'UEM era estranea.

    4.2.2   Posta questa premessa, emerge la questione che la Commissione menziona più avanti nella sua comunicazione: l'influenza esterna dell'Eurogruppo, non solo nella governance economica ma anche nelle istituzioni che regolano i mercati finanziari. La crisi dei subprime è stata innescata da tecniche creditizie improprie e da sistemi discutibili di cartolarizzazione, in parte estranei alla pratica europea: sembra quindi lecito chiedersi se il danno non avrebbe potuto essere evitato, o attenuato, con una presenza istituzionale dell'Eurogruppo (e della BCE) nelle organizzazioni economiche e finanziarie mondiali.

    4.2.3   A rafforzare questa convinzione giungono gli interventi pubblici di sostegno ed i fallimenti di grandi gruppi finanziari americani con filiali europee, che sollevano delicati problemi di concorrenza e di controllo. Il CESE non è peraltro l'unico ad affermarlo: la Commissione stessa lamenta l'assenza di una «voce forte nelle sedi internazionali», ma non dice, né tanto meno commenta, quanto — o quanto poco — abbia fatto il Consiglio per dare all'Europa, in concreto, questa «voce forte».

    4.3   Per quanto concerne i «benefìci significativi per i paesi membri impegnati nel processo di recupero» non è il caso di soffermarvisi: la Commissione ha trattato l'argomento in una sua precedente comunicazione (3), che è stata commentata dal CESE con un suo parere (4).

    4.4   L'euro «si è imposto…come seconda moneta internazionale» e rappresenta un quarto delle riserve mondiali; i prestiti bancari delle banche dell'area euro a favore di beneficiari esterni costituiscono il 36 % del totale, contro il 45 % in dollari USA. Non basta tuttavia compiacersi di questi successi: occorre che il peso dell'euro, che secondo ogni previsione è destinato ad aumentare, si traduca in risultati e benefici concreti, in primo luogo in relazione alle quotazioni del petrolio. La dipendenza da questa fonte energetica è uno dei freni che pesano sull'economia dei paesi dell'area euro, e per alcuni di essi in modo particolarmente acuto. Le fluttuazioni dei prezzi non sono soltanto dovute alle politiche monopolistiche dei paesi produttori: dipendono anche dalla speculazione e dalle fluttuazioni del dollaro, divenuto una moneta inaffidabile sotto il profilo della stabilità. Sarebbe il caso di cominciare a riflettere su una strategia tendente a quotare il petrolio in euro, per lo meno nelle transazioni con i paesi dell'UEM: si riconosce tuttavia che si tratta di una mossa non scevra da inconvenienti, e comunque da valutare con prudenza. In ogni caso, la possibilità di riuscita non dipenderebbe dalla sola posizione dell'euro ma anche dalla forza negoziale dell'Europa nel suo insieme.

    4.5   La Commissione si sofferma quindi sulla governance economica, resa oggi possibile grazie all'azione dell'Eurogruppo, la cui efficacia è stata potenziata dal fatto di poter contare su una presidenza permanente. La governance interna sulla moneta non basta tuttavia ad assicurare stabilità e prestigio all'euro: le considerazioni fatte in precedenza mettono in evidenza la necessità di una «governance esterna», che sarà realizzabile (v. sopra, 4.2.2 e 4.4) solo se l'Eurogruppo e la BCE avranno un ruolo istituzionale nelle organizzazioni internazionali, in particolare nel Fondo monetario internazionale. Non è più accettabile che siano escluse dal diritto di voto le autorità che globalmente rappresentano la moneta unica.

    5.   Le sfide che l'UEM deve ancora affrontare

    5.1   L'economia dell'area UEM è in fase di recessione, al pari di quella americana e di altri paesi europei fuori dall'area: è una situazione comune al mondo occidentale e sarebbe fuorviante attribuirla ad un'influenza, diretta o indiretta, dell'euro. Da un'analisi più dettagliata emerge tuttavia che esistono «differenze sostanziali e persistenti tra i paesi in termini di inflazione e di costi unitari del lavoro». Per spiegarle, la Commissione evoca ragioni ormai ben note: l'assenza di reattività dei prezzi e delle retribuzioni, le scarse realizzazioni in materia di riforme strutturali, la ridotta integrazione dei mercati e l'insufficiente sviluppo della fornitura transfrontaliera dei servizi.

    5.1.1   Il CESE ritiene che le prospettive di intervento in ciascuna delle aree citate siano in gran parte dipendenti dagli SM e dalle loro parti sociali. Nel contempo, rivolge un invito alla Commissione affinché avvii uno studio sulla misura in cui sarà possibile, a termine, realizzare l'integrazione dei mercati dei beni e dei servizi, tanto nell'eurozona che a livello dell'intera Comunità. Al di fuori delle affermazioni di principio, esiste un limite fisiologico all'integrazione, che non potrà mai essere superato: nonostante la necessaria opera di armonizzazione e di abbattimento degli ostacoli di tipo concorrenziale e legislativo, esisteranno infatti sempre differenze ineliminabili di contesti sociali, di fiscalità, di mercati del lavoro, di lingua.

    5.1.2   Lo studio di cui sopra dovrebbe avere il compito di indirizzare il lavoro della Commissione e degli SM verso la definizione di una politica ispirata alla valutazione costante dei costi/benefici dell'armonizzazione: la realizzazione del mercato interno e la competitività non possono essere il solo obiettivo. Occorre tener conto dei riflessi sociali ed economici nei singoli paesi e delle loro capacità di adeguamento.

    5.2   Al di fuori dell'inflazione, le altre componenti che concorrono alla scarsa crescita dell'economia sono solo indirettamente influenzate dalla politica monetaria, e comunque sottratte ai poteri d'intervento dell'Eurogruppo. Sarebbe quindi ingiusto, secondo il CESE, attribuire all'euro le cause di una situazione economica che accomuna i paesi della zona euro e gli altri: in nessuno di questi ultimi, d'altronde, l'opinione pubblica ha attribuito alla moneta nazionale le colpe che una parte consistente dell'opinione pubblica dell'eurozona addossa invece alla moneta unica.

    5.3   Una nota preoccupante, in un quadro generalmente positivo ed ottimistico, si trova in una frase della Commissione (5): «al di là del conseguimento degli obiettivi iniziali, il programma politico dell'UEM per il prossimo decennio sarà caratterizzato da nuove sfide a livello mondiale che amplificheranno le debolezze dell'UEM descritte in precedenza». Sembrerebbe che, anziché di «debolezze dell'UEM» si debba parlare di sfide competitive dei paesi dell'eurozona: sostituzione dei settori in declino, ricerca, innovazione, capitale umano, alle quali si aggiungono gli aumenti dei prezzi dei generi alimentari, dell'energia e di alcune materie prime. Sullo sfondo, i cambiamenti climatici, l'invecchiamento della popolazione e l'immigrazione. Il problema è quindi, in primis, di carattere economico e sociale.

    5.3.1   Tutti questi aspetti si traducono in quelle che, per usare i termini della Commissione, sono «sfide politiche particolarmente difficili per l'area dell'euro». Pur concordando con l'analisi della Commissione, il CESE ritiene di potere interpretare questa affermazione nel senso che i problemi sopra citati incidono sì sulle politiche dell'UEM, ma che essi sono da risolvere a livello comunitario piuttosto che di Eurogruppo. In altri termini, le politiche da sviluppare sono di carattere «europeo», mentre la missione dell'Eurogruppo deve essere limitata ad interventi diretti (e coordinati) solo in relazione alle questioni monetarie riguardanti l'euro.

    6.   Un programma politico per il secondo decennio

    6.1   Il documento della Commissione presenta il programma affermando che «sebbene nel complesso positiva, l'esperienza del primo decennio dell'UEM rivela un certo numero di carenze, alle quali occorre porre rimedio». Oltre a garantire il consolidamento della stabilità macroeconomica occorrerà «aumentare la crescita potenziale» e il benessere dei cittadini, proteggere gli interessi dell'area euro nell'economia mondiale e assicurare un «adeguamento morbido» delle nuove adesioni all'UEM.

    6.2   Per raggiungere questi obiettivi la Commissione propone un programma basato su tre pilastri:

    un programma di politica interna: fra l'altro, un accresciuto coordinamento e vigilanza delle politiche di bilancio e una migliore integrazione delle riforme strutturali nel coordinamento politico generale dell'UEM,

    un programma di politica esterna: rafforzamento del ruolo dell'euro nella governance economica mondiale,

    una governance economica, presupposto per l'attuazione dei due programmi suddetti.

    6.3   In materia di politica interna non vengono evocati principi sostanzialmente nuovi ma si ribadiscono gli indirizzi di sana governance più volte enunciati in passato, come sostenibilità delle finanze pubbliche e loro miglioramento in termini di razionale utilizzo della spesa e dei sistemi tributari, orientandoli verso attività che favoriscano la crescita e la competitività. Oltre a questo, si evoca la «necessità di ampliare la vigilanza per correggere gli squilibri macroeconomici», quali la crescita dei disavanzi delle partite correnti e le differenze nel tasso d'inflazione. La Commissione sottolinea che l'integrazione, in particolare quella dei mercati finanziari, ha giocato in favore della solidità dell'UEM, ma che nel contempo essa può avere l'effetto di accentuare le divergenze fra i paesi partecipanti ove non sia accompagnata da politiche adeguate.

    6.3.1   Il CESE non può che concordare con questa analisi, ma attira l'attenzione sulla opportunità di una cauta valutazione della realtà, o in altri termini sulla necessità di considerare quanto sia difficile conciliare l'enunciazione dei principi con la loro possibilità di pratica attuazione.

    6.3.2   La spesa pubblica è uno degli elementi cruciali: la Commissione raccomanda di «prevedere norme ben concepite che permettano agli stabilizzatori automatici di funzionare nei limiti del patto di stabilità e di crescita, adeguando allo stesso tempo la composizione della spesa pubblica alle necessità strutturali e congiunturali dell'economia»: una raccomandazione difficile da tradurre in pratica in periodi caratterizzati da una turbolenza la cui durata non è al momento prevedibile. Le spinte inflazionistiche si sono ripercosse pesantemente sulla distribuzione dei redditi, sui salari e sugli investimenti, e in definitiva sulla competitività e sui sistemi sociali, ma in misura profondamente diversa nei diversi paesi dell'UEM. La composizione del disavanzo primario varia infatti da paese a paese, la bilancia commerciale è sempre più influenzata dal maggiore o minore peso della fattura energetica e i sistemi pensionistici presentano differenze strutturali notevoli, difficili da correggere in tempi normali ed ancora di più in periodi anomali.

    6.3.3   Tenendo conto della realtà, la convergenza auspicata dovrebbe essere considerata come un traguardo a medio-lungo termine; il CESE concorda con la «chiara necessità di ampliare la vigilanza per correggere gli squilibri macroeconomici» basandosi sugli strumenti esistenti, ma mette in guardia contro facili ottimismi circa la loro efficacia a breve termine.

    6.3.4   Per quanto riguarda i paesi candidati all'adesione all'area dell'euro, la Commissione si propone di esercitare una più ampia vigilanza sui loro sviluppi economici, in particolare per quelli che partecipano al meccanismo di cambio II (ERM II): anche qui, non si tratta di innovare ma semplicemente di migliorare l'efficienza di meccanismi esistenti. Un punto deve essere chiaro: una volta che un paese abbia raggiunto i parametri richiesti per l'ammissione all'UEM, l'adesione non è un'opzione: è prevista dal Trattato di adesione. L'attuale crisi potrebbe peraltro far procrastinare per diverso tempo il raggiungimento dei parametri; l'obiettivo prioritario di dare all'Europa una moneta unica potrebbe consigliare una certa flessibilità nella valutazione dei parametri o una loro attualizzazione.

    6.3.5   In materia di integrazione dei mercati dei prodotti, dei servizi e del lavoro, la Commissione rileva il persistere di ostacoli regolamentari e di progressi difformi a seconda dei paesi. Questi aspetti non sono peraltro specifici dell'area dell'UEM e vanno quindi considerati come parte del più ampio panorama dell'Unione nel suo complesso. Come già rilevato al punto 5.1.1, esistono dei limiti fisiologici all'integrazione e anche altri costituiti dalle caratteristiche economiche o sociali dei diversi paesi: tali limiti devono essere considerati caso per caso e, se necessario, rispettati.

    6.3.6   Circa i mercati finanziari, si afferma che «l'area dell'euro può trarre vantaggi comparativamente grandi dalla promozione dell'integrazione finanziaria dell'UE», e che «occorre compiere ulteriori sforzi per accrescere l'efficienza e la liquidità dei mercati finanziari dell'area dell'euro». Il CESE rileva che la politica della BCE in questo campo è esemplare e dà buone speranze di poter resistere — come finora ha resistito — anche a crisi parossistiche. Il contagio della crisi americana avrebbe potuto avere conseguenze ben più gravi, se a contenerle non avesse contribuito una politica ispirata alla difesa della solidità e liquidità dei mercati. Circa le strutture di controllo, che sembrano non aver preveduto, e tanto meno prevenuto, il tracollo di diversi grandi istituti, il CESE si astiene per il momento dal formulare giudizi, in attesa di maggiori informazioni che il mercato e l'opinione pubblica sono in diritto di richiedere.

    6.3.6.1   Il CESE osserva a questo proposito, richiamandosi a quanto detto al punto precedente …, che la crisi americana è nata da un mercato carente sotto il profilo delle regole e dei controlli. Il risultato paradossale è che proprio l'economia liberista per antonomasia ha dovuto ricorrere all'aiuto dei poteri pubblici per far fronte al disastro, con aiuti di Stato e ingenti iniezioni di liquidità. Una perdita per l'economia, per il bilancio dello Stato e per i cittadini USA, ma soprattutto per la credibilità di un sistema.

    6.4   In materia di politica esterna la Commissione enuncia un programma secondo cui l'area dell'euro dovrebbe accrescere il suo ruolo internazionale, attuando una strategia «all'altezza dello status internazionale della sua moneta». Si ripete inoltre l'auspicio, già espresso in passato in molteplici occasioni, che essa «si esprima con una sola voce» in tutte le istanze monetarie internazionali. Il CESE ribadisce ancora una volta il suo pieno appoggio al programma: l'assenza delle autorità di governo dell'euro nelle istituzioni monetarie mondiali costituisce un'anomalia inaccettabile, sul piano operativo ma soprattutto sul piano politico.

    6.4.1   La Commissione accenna ad una resistenza da parte di «altri paesi», che riterrebbero che «l'UE e l'area dell'euro siano sovrarappresentate nelle organizzazioni internazionali (in termini sia di seggi che di diritto di voto)»: dalle scarse e reticenti informazioni disponibili si ha l'impressione che in effetti questa resistenza esista, e che le pressioni a favore di una maggiore rappresentazione, da parte dei paesi UE sia membri che non membri dell'UEM, non siano né convinte né coordinate. L'Eurogruppo dovrebbe far sentire una sua voce robusta, in primis all'interno del Consiglio.

    6.4.2   Per attenuare le resistenze dei paesi non UE, il CESE ritiene che i paesi dell'UEM potrebbero fare un passo, che avrebbe un elevato significato simbolico, rinunciando non ai loro seggi ma al diritto di voto individuale: secondo la logica, dato che l'euro come moneta è governato da una sola autorità, ad essa sola dovrebbe essere riservato il diritto di voto. Anche su questo aspetto le parti sociali hanno il diritto di essere informate; la reticenza è certamente dovuta a delicati problemi politici, ma i silenzi e la mancanza di trasparenza non rafforzano l'accettazione dell'Europa, e tanto meno quella dell'euro.

    6.5   Il documento della Commissione termina con il capitolo forse più denso di contenuti e di implicazioni: la governance dell'UEM. Si parla di «un forte impegno di tutti gli SM dell'UE in seno al Consiglio Ecofin» in materia di politica economica, di «una maggiore integrazione delle questioni legate all'UEM» e di un «approccio più coerente» nei settori di competenza dell'Ecofin: politica macroeconomica, mercati finanziari e fiscalità.

    6.5.1   Questo approccio non avrebbe bisogno di alcun commento se non per assentire; il CESE rileva però che nelle decisioni del Consiglio Ecofin ben raramente si fa riferimento all'UEM come parte direttamente o indirettamente interessata nelle decisioni. La politica economica ha un rapporto di interdipendenza reciproca con la politica monetaria: all'interno dell'UE l'euro non è la sola moneta ma è la più importante, non solo perché rappresenta un gruppo consistente di paesi ma anche a ragione delle prospettive di adesione di altri SM.

    6.5.2   Il ruolo della Commissione nella governance dell'UEM è fondamentale, non solo come sostegno per assicurarne il corretto funzionamento ma anche nelle sue funzioni di vigilanza di bilancio e macroeconomica. La Commissione si propone di rafforzare e rendere più efficace la sua opera, così come si adopererà per rendere più incisivo il suo ruolo nelle sedi internazionali. Queste funzioni diventeranno più estese e più incisive con il nuovo Trattato, che permette alla Commissione di «adottare misure» riguardanti gli SM dell'UEM in materia di disciplina di bilancio e di orientamenti di politica economica, oltre ad affidarle compiti di vigilanza e di sorveglianza. Il nuovo Trattato, inoltre, stabilisce all'art. 121 che la Commissione ha il potere di rivolgere «avvertimenti» agli SM che deviano dagli indirizzi di massima.

    6.5.3   Il CESE si felicita dell'impegno della Commissione e auspica che con il nuovo Trattato essa possa svolgere le sue funzioni, sia quelle tradizionali che quelle nuove, con la massima efficienza e con il prestigio che le spetta. Ma in particolare auspica che tutte le autorità economiche e monetarie traggano insegnamenti dalla crisi americana dei subprime e concludano per una approfondita revisione delle politiche che sin qui hanno ispirato la condotta dei mercati finanziari.

    6.5.4   Gli eventi americani hanno creato una crisi sistemica in tutto il mondo; l'Europa ne ha sinora risentito in misura considerevole, e non si possono escludere ulteriori scosse. Nel procedere all'esame della crisi l'approccio macroeconomico trarrebbe grande giovamento dal fatto di essere affiancato da una analisi storica con un approccio microeconomico: da un tale doppio approccio potrebbero emergere le ragioni profonde del fenomeno, che maturavano da tempo.

    6.5.5   Da sempre negli USA il credito ipotecario viene erogato al 100 % del valore dell'immobile, valore che sale sensibilmente con le spese connesse. In Europa, invece,sino a un paio di decenni fa la maggior parte dei paesi si atteneva ai criteri imposti dalla prudenza, e in taluni casi dalle leggi bancarie: il credito era concesso per un valore massimo del 70-80 %. La ragione era evidente: una possibile discesa dei prezzi del mercato immobiliare avrebbe diminuito il valore delle garanzie.

    6.5.6   Sotto la spinta della liberalizzazione dei mercati, e soprattutto della concorrenza scatenata dalla loro integrazione, la «regola del 70 %» è stata abbandonata anche in Europa, senza peraltro, finora, provocare e gravi inconvenienti. Resta tuttavia il fatto che la«regola del 100 %»è malsana dal punto di vista prudenziale e dell'etica del mercato. Il sistema di «credito facile» induce chiunque ad acquistare un immobile: se poi si profila una crisi, i pagamenti dei debitori «deboli» cessano e da questo nasce una situazione di generale sovraindebitamento. Da parte sua, il finanziatore viene in possesso di un bene ipotecato il cui valore spesso non copre l'importo finanziato e decide quindi di vendere; ma la messa sul mercato del bene in questione contribuisce ulteriormente alla spinta al ribasso del mercato.

    6.5.7   L'interazione fra crisi economica e crisi del mercato immobiliare è evidente: ma quando la tecnica della cartolarizzazione, dei «pacchetti» e dei subprime diviene una pratica generalizzata essa si trasmette all'intero mercato finanziario, generando una crisi intersistemica di proporzioni senza precedenti. Ed esiste il legittimo timore che questa non sia la fine della storia: l'elevato livello di indebitamento delle famiglie, con crediti al consumo e carte di credito, fa temere l'esplosione di un'altra «bolla» di proporzioni imprevedibili.

    6.5.8   In Europa il potere politico e le autorità monetarie si sono adoperate per evitare disastri peggiori, agendo con iniezioni di liquidità ed acquisizioni di istituzioni finanziarie: si tratta di un'emergenza che implica aiuti di Stato, e che quindi contraddice la dottrina del liberismo senza regole e con pochi controlli.

    6.5.9   Oltre a far fronte alla situazione contingente, è urgente ora esaminare le radici lontane della crisi: occorrono regole precise per la concessione di prestiti ipotecari e di carte di credito, sistemi di vigilanza più efficaci estesi anche a tutto il comparto multiforme e poco trasparente delle «non banche», un riesame dell'ammissibilità al mercato mobiliare di una quantità di prodotti poco trasparenti sulla cui natura ed affidabilità gli esperti stessi non riescono a pronunciarsi. Non si tratta di abbandonare l'economia di mercato: è piuttosto il caso di darle delle regole.

    Bruxelles, 24 marzo 2009

    Il Presidente del Comitato economico e sociale europeo

    Mario SEPI


    (1)  COM(2008) 238 def.

    (2)  European Economy 2/2008, EMU@10, Successes and Challenges after 10 Years of Economic and Monetary Union, Economic and Financial Affairs Directorate General.

    (3)  Cfr. la Comunicazione della Commissione L'economia dell'UE: rassegna 2006 — Rafforzare l'area dell'euro: le principali priorità politiche, COM(2006) 714 def.

    (4)  Cfr. il parere del CESE sul tema L'economia dell'UE: rassegna 2006 — Rafforzare l'area dell'euro: le principali priorità politiche G U C 10 del 15.1.2008, pag. 88.

    (5)  COM(2008) 238 def., UEM@10: successi e sfide di un decennio di Unione economica e monetaria, capitolo Le sfide che l'UEM deve ancora affrontare amplificate dalle nuove tendenze a livello mondiale, fine del 5° paragrafo.


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