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Document 51998AC0460

Parere del Comitato economico e sociale in merito al «Libro bianco sui settori e le attività esclusi dalla direttiva sull'orario di lavoro»

OJ C 157, 25.5.1998, p. 74 (ES, DA, DE, EL, EN, FR, IT, NL, PT, FI, SV)

51998AC0460

Parere del Comitato economico e sociale in merito al «Libro bianco sui settori e le attività esclusi dalla direttiva sull'orario di lavoro»

Gazzetta ufficiale n. C 157 del 25/05/1998 pag. 0074


Parere del Comitato economico e sociale in merito al «Libro bianco sui settori e le attività esclusi dalla direttiva sull'orario di lavoro»

(98/C 157/18)

La Commissione, in data 17 luglio 1997, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 198 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale in merito al «Libro bianco sui settori e le attività esclusi dalla direttiva sull'orario di lavoro».

La Sezione «Affari sociali, famiglia, istruzione e cultura», incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il parere sulla base del rapporto introduttivo del relatore Konz, in data 12 marzo 1998.

Il Comitato economico e sociale ha adottato il 26 marzo 1998, nel corso della 353a sessione plenaria, con 101 voti favorevoli, 6 contrari e 7 astensioni, il seguente parere.

1. Introduzione

1.1. Il Libro bianco oggetto del presente parere si prefigge di individuare i modi migliori per garantire, in materia di orario di lavoro, la protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori attualmente esclusi dal campo di applicazione della Direttiva 93/104/CE del Consiglio concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro. Alla luce di analisi e di valutazioni settore per settore e in risposta al Parlamento europeo, la Commissione ritiene che vi sia un problema da risolvere, ovvero che in tutti i settori e in tutte le attività esclusi vi sono lavoratori che non godono di alcuna protezione da orari di lavoro eccessivamente prolungati né della garanzia di un riposo adeguato. Inoltre, la mancanza di opportune misure potrebbe comportare distorsioni di concorrenza nel mercato interno e fra diversi modi di trasporto. Per risolvere il problema, sono possibili quattro grandi approcci strategici:

1) un approccio non vincolante;

2) un approccio puramente settoriale;

3) un approccio differenziato;

4) un approccio puramente orizzontale.

Con la riserva di esaminare le opinioni espresse in merito al Libro bianco in questione, la Commissione propone di procedere secondo l'Opzione 3 - ovvero un approccio differenziato - che consiste nell'operare una distinzione fra le attività che si possono far rientrare nella Direttiva 93/104/CE sull'orario di lavoro e quelle che richiedono misure specifiche.

Occorrerebbe quindi nella fattispecie:

- estendere tutte le disposizioni della suddetta direttiva a tutti i lavoratori «non mobili», con appropriate modifiche delle deroghe esistenti in modo da tener conto, in particolare, dei requisiti di continuità di servizio e di altre esigenze operative;

- estendere a tutti i lavoratori «mobili» e a quelli addetti ad «altre attività in mare» le disposizioni della suddetta direttiva concernenti:

le quattro settimane di ferie annuali retribuite;

le valutazioni dello stato di salute per i lavoratori notturni;

la garanzia di un riposo adeguato;

il numero massimo annuale di ore di lavoro;

- introdurre o modificare, per ogni settore o attività, norme legislative specifiche in relazione all'orario di lavoro e ai periodi di riposo dei lavoratori «mobili» e di quelli addetti ad «altre attività in mare».

Per quanto riguarda tali provvedimenti settoriali, la Commissione si augura che sia possibile procedere mediante un accordo fra le parti sociali.

1.2. La Direttiva 93/104/CE concernente taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro è stata adottata dal Consiglio solo il 23 novembre 1993, mentre la proposta della Commissione () risaliva al 20 settembre 1990. Si è potuto raggiungere tale accordo all'interno del Consiglio «Affari sociali» solo dopo molteplici tergiversazioni politiche fra cui l'opting out (autoesclusione) condizionale della Gran Bretagna sulla durata del lavoro settimanale, l'estensione generalizzata a tutti i dirigenti delle deroghe troppo ampie previste dall'articolo 17 e l'esclusione di un elevato numero di settori e di attività dal campo di applicazione della direttiva.

1.3. Alla fin fine la Corte di giustizia europea ha respinto il ricorso presentato dalla Gran Bretagna contro il Consiglio con sentenza del 12 novembre 1996, secondo la quale le disposizioni previste dalla suddetta direttiva non eccedono quanto necessario per conseguire l'obiettivo di protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori. La Direttiva 93/104/CE ha pertanto forza di legge in tutti gli Stati membri e il termine ultimo per il recepimento nelle legislazioni nazionali era il 23 novembre 1996.

1.4. La suddetta direttiva si basa sull'articolo 118 A del Trattato che istituisce la Comunità europea, secondo cui gli Stati membri «si adoperano per promuovere il miglioramento in particolare dell'ambiente di lavoro per tutelare la sicurezza e la salute dei lavoratori...». Essa riprende anche, rispettivamente nel quarto e quinto considerando, i punti 7, 8 e 19 della «Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori» () e il principio che «il miglioramento della sicurezza, dell'igiene e della salute dei lavoratori durante il lavoro rappresenta un obiettivo che non può dipendere da considerazioni di carattere puramente economico».

1.5. Per il buon funzionamento del mercato interno è indispensabile l'introduzione di prescrizioni minime in materia di protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori.

2. Osservazioni generali

2.1. Il 18 dicembre 1990, il Comitato economico e sociale ha adottato a larga maggioranza il parere () sulla proposta della suddetta direttiva () che in quella fase non comportava le esclusioni oggi all'origine del Libro bianco in esame.

Il Comitato aveva approvato la finalità delle proposte della Commissione, volendo tuttavia rafforzarle riferendosi a più riprese alle norme dell'OIL (Organizzazione internazionale del lavoro, Ginevra) in materia. Non è mai stata raccomandata l'esclusione dell'uno o dell'altro settore o attività; la suddetta direttiva intendeva infatti disciplinare solo degli aspetti limitati dell'organizzazione dell'orario di lavoro ed il suo testo stesso forniva delle possibilità di deroga, naturalmente secondo determinate regole.

All'epoca, il Comitato ha ritenuto che la suddetta proposta di direttiva:

- non limitasse affatto la flessibilità in materia di orario di lavoro e di ore di funzionamento degli impianti;

- non riducesse l'orario di lavoro complessivo;

- non pretendesse di conseguire un'armonizzazione a livello comunitario del lavoro a turni e notturno.

2.2. Tre anni dopo, tuttavia, il Consiglio ha ritenuto opportuno non seguire quanto indicato dalla Commissione e dal Comitato. Ha deciso di propria iniziativa l'esclusione di un elevato numero di settori e di attività dal campo di applicazione della direttiva, cosa tanto più incomprensibile nel mondo del lavoro in quanto la proposta di direttiva prevede ampi margini di flessibilità nell'applicazione dei principi della direttiva a situazioni specifiche. Per esempio, la direttiva ammette deroghe a tutte le principali disposizioni, esclusa quella sulle ferie annuali, per una vasta gamma di circostanze, in particolare «per le attività caratterizzate da una distanza fra il luogo di lavoro e il luogo di residenza del lavoratore oppure da una distanza fra diversi luoghi di lavoro dello stesso».

2.3. Da parte sua, il Comitato aveva preso nota del fatto che il Consiglio, nel prendere la decisione, aveva motivato le esclusioni con la specificità di talune attività, senza che venisse contestata la necessità di una protezione sociale dei lavoratori interessati. Il sedicesimo considerando della direttiva adottata riflette bene tale concezione e la volontà politica di risolvere diversamente il problema nei seguenti termini:

«considerando che, a motivo della specificità del lavoro, può essere necessario prendere misure specifiche per quanto riguarda l'organizzazione dell'orario di lavoro in taluni settori od attività esclusi dal campo di applicazione della presente direttiva.»

2.4. Il Comitato aveva preso atto anche della dichiarazione della Commissione, che il giorno stesso dell'adozione della direttiva, si esprimeva nei seguenti termini: «La Commissione si riserva la possibilità di presentare quanto prima delle proposte ad hoc riguardo ai vari settori e attività esclusi, tenendo conto delle particolarità di ciascun settore e di ciascuna attività.»

2.5. Successivamente il Comitato ha seguito con interesse le diverse iniziative della Commissione e del Parlamento europeo. Quest'ultimo, ad esempio, si esprimeva come segue in occasione del dibattito sul programma d'azione 1995-2000 della Commissione riguardante la politica comune dei trasporti: «... giudica necessario che vengano presentate delle proposte legislative sull'orario di lavoro nei trasporti, in particolare nei settori in cui le parti sociali non pervengono ad un accordo.»

2.6. Date le circostanze, il Comitato condivide quanto affermato dalla Commissione nel Libro bianco in esame, ovvero:

- che non vi è nessuna ragione obiettiva che giustifichi l'esclusione totale di un qualsiasi settore;

- che non vi è ragione di trattare i lavoratori «non mobili» in modo diverso dagli altri lavoratori già compresi nella direttiva;

- che per garantire una protezione minima della salute e della sicurezza, i principi di base della direttiva devono essere applicati a tutti i lavoratori;

- che i lavoratori devono essere adeguatamente protetti dalle ripercussioni negative indotte da schemi d'orario lavorativo perturbanti e dal lavoro notturno;

- che degli accordi fra le parti sociali costituirebbero la migliore soluzione.

3. Osservazioni settore per settore

3.1. Trasporti

3.1.1. Il Comitato condivide quanto dichiarato apertamente dalla Commissione, ovvero che nel 1993 un elevato numero di lavoratori, in particolare lavoratori «non mobili» nei settori d'attività di trasporto su strada, per ferrovia, navigazione interna, marittima e aerea, erano stati esclusi senza alcuna ragione obiettiva e che tali lavoratori devono essere inclusi nella sfera d'applicazione nella Direttiva 93/104/CE.

Si tratta infatti di personale che svolge attività che trovano equivalenti in altri settori oggi coperti dalla direttiva. Tale punto è estremamente importante dato che il complesso di questi lavoratori rappresenta in realtà la stragrande maggioranza degli esclusi.

3.1.2. A questo proposito, il Comitato si rammarica che il Libro bianco della Commissione, pubblicato appena adesso a quattro anni dall'esclusione di tale personale dalla direttiva, non sia accompagnato da una proposta di direttiva ad hoc.

3.1.3. Per quanto concerne i lavoratori «mobili» del settore dei trasporti terrestri, il Comitato deve constatare che la mancanza di una direttiva ha già determinato degli importanti cambiamenti nei diversi modi di trasporto e che il ritardo legislativo, dovuto a molteplici ragioni, ha sensibilmente deteriorato una situazione spesso conflittuale. Se a suo tempo si fosse adottata una direttiva in tal senso, si sarebbe potuta evitare, o almeno smorzare, questa evoluzione negativa.

3.1.4. Nel settore dei trasporti su strada, il Comitato è convinto che occorra risolvere molto rapidamente i problemi pendenti per evitare, nel contempo, sia l'aumento delle distorsioni di concorrenza all'interno di questo modo di trasporto e fra i diversi modi di trasporto, sia il rapido degrado delle condizioni di lavoro dei lavoratori dipendenti addetti al trasporto su strada per conto terzi che sono quasi 1,2 milione nel trasporto passeggeri e 2,1 milioni nel trasporto merci.

Tale situazione malsana rischia fortemente di provocare, in un settore vitale dell'economia europea, quale è il trasporto delle merci su strada, gravi conflitti sociali e un dumping sociale inaccettabile.

La Comunità europea deve pertanto tutelarsi dalla concorrenza falsata dal dumping sociale praticato dalle imprese di trasporto su strada provenienti dai paesi terzi a basso livello sociale.

Occorre tuttavia segnalare in tale contesto che la Direttiva 93/104/CE si applica già e d'ufficio al trasporto su strada in conto proprio (essenzialmente sostanze chimiche, prodotti petroliferi, agroalimentari, nell'edilizia e nel commercio all'ingrosso e al dettaglio). Tale settore occupa circa 3-3,5 milioni di lavoratori dipendenti addetti al trasporto su strada.

Il Comitato richiama l'attenzione sull'esistenza di una regolamentazione comunitaria applicabile ai lavoratori indipendenti: si tratta del Regolamento (CEE) n. 3820/85 relativo alle ore massime di guida ed al periodo minimo di riposo, che non disciplina comunque il tempo di lavoro nel suo insieme.

3.1.5. Il Comitato si compiace del fatto che, nel settore dei trasporti ferroviari, le parti sociali all'interno del «Comitato paritetico sui trasporti ferroviari» abbiano già raggiunto un accordo il 18 settembre 1996.

Tale accordo potrebbe benissimo servire di modello agli altri settori e alla Commissione per le necessarie proposte di direttiva destinate al Consiglio.

3.1.6. Il Comitato si compiace ancor più del fatto che, nel settore dei trasporti marittimi, le parti sociali abbiano anch'esse raggiunto, in seno al loro Comitato paritetico, un accordo che si dovrebbe concludere prossimamente.

Con la Commissione, il Comitato auspica che gli Stati membri ratifichino fra breve la Convenzione n. 180 dell'OIL (1996) sull'orario di lavoro nei trasporti marittimi, adottata dall'Organizzazione internazionale del lavoro a Ginevra nell'ottobre 1996.

Con la recente dichiarazione del Consiglio dei ministri dei Trasporti si è creata una piattaforma politica per una rapida ratifica, che costituisce una premessa per parti sociali in questo settore esposto alla concorrenza mondiale.

3.1.7. Al contrario, il Comitato si rammarica che non si sia potuto giungere ad un accordo fra le parti sociali nel «Comitato paritetico della navigazione interna» per i trasporti per via fluviale e lacustre, dato che taluni datori di lavoro ritenevano di non avere mandato per concludere un accordo.

3.1.8. Il Comitato attende con impazienza un accordo nel settore dei trasporti aerei dove restano da stabilire solo le limitazioni all'orario di volo («Flying Time Limitation») all'interno di un gruppo di lavoro ad hoc.

3.2. Pesca in mare

3.2.1. Nell'ambito della pesca in mare, il Comitato riconosce di buon grado che le condizioni e la natura del lavoro effettuato sono molto specifiche ed eterogenee, soprattutto per il tipo e i metodi di pesca, per le dimensioni delle navi e l'elevato numero di lavoratori autonomi. Il Comitato tuttavia ritiene opportuno osservare che il non avere affrontato in tempo il problema dell'orario di lavoro in questo settore in piena trasformazione può avere delle gravi ripercussioni a livello dell'applicazione dei programmi comunitari della pesca marittima di indiscutibile importanza.

3.2.2. Il Comitato ritiene pertanto che tale settore industriale, ove il numero di decessi e di incidenti sul lavoro è più elevato che altrove, dovrebbe essere coperto, ancora più degli altri settori, da un adeguato regime di protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori, dato che è stato chiaramente stabilito il nesso esistente fra affaticamento e incidenti. Tale principio non può essere messo in questione, né da antiche pratiche, il cui interesse meriterebbe un approfondimento, né per ragioni economiche, come indica molto chiaramente la sentenza della Corte di giustizia europea ().

3.2.3. Per tali motivi, il Comitato sollecita le parti sociali a tornare al tavolo dei negoziati e a trovare un accordo in seno al loro «Comitato paritetico».

Se non si riuscisse a pervenire ad un accordo, le diverse parti dovrebbero sottoporre le loro proposte alla Commissione per consentirle di proporre al Consiglio, in base ai principi generali enunciati nella Direttiva 93/104/CE, un testo che rifletta una visione industriale del settore.

3.3. Altre attività in mare

3.3.1. Dopo aver analizzato il Libro bianco, il Comitato esprime la propria preoccupazione nel non vedere nessuna proposta che esprima gli interessi reciproci delle parti sociali del settore. Tale stato di fatto sembra derivare dal rifiuto di una delle parti di esprimere pubblicamente le proprie aspirazioni. Il Comitato raccomanda alla Commissione di costituire un «gruppo paritetico ad hoc» con il compito di definire quali dovrebbero essere le norme legislative sull'orario di lavoro in tale ambito.

3.3.2. Secondo il Comitato, il «gruppo paritetico ad hoc» dovrebbe basarsi in particolare sulle legislazioni, sui contratti collettivi e sugli accordi esistenti nella quasi maggioranza dei paesi interessati fino ad oggi dalle attività off-shore.

Dato che questo tipo di attività potrà avere in futuro nuovi sviluppi, il Comitato ritiene sia molto importante disporre, in tale settore, di una legislazione appropriata.

3.4. Medici in formazione

3.4.1. Al Comitato preme sottolineare che non vi è alcuna ragione valida per escludere i medici in formazione iniziale o di specializzazione, dato che a) non sono lavoratori «mobili» e b) la loro attività non differisce da quella dei loro colleghi dipendenti «che non sono in formazione» e che rientrano, per definizione, nel campo d'applicazione della Direttiva 93/104/CE del Consiglio.

A questo proposito il Comitato si rammarica che il Libro bianco della Commissione non sia accompagnato da una proposta di direttiva ad hoc.

3.4.2. Il Comitato vorrebbe inoltre segnalare che le notevoli differenze esistenti (perfino all'interno di uno stesso paese) in questo settore molto particolare mettono a repentaglio non solo, a breve e a medio termine, la salute fisica e psichica del personale interessato ma anche - per via di orari di lavoro eccessivamente prolungati o di un riposo inadeguato - la qualità delle cure mediche prestate a tutta la comunità.

3.4.3. Se la Commissione ritiene (cfr. punto 66 del Libro bianco) che il problema della reperibilità dei medici in formazione dovrebbe essere trattato a livello nazionale, il Comitato, dal canto suo, deve ricordare alla Commissione che i tempi d'attesa specifici (servizio di «reperibilità» e di «guardia»), molto diversi per natura, devono trovare limite nel rispetto dei principi generali, specie quelli sui tempi di riposo consecutivi stabiliti dalla Direttiva 93/104/CE del Consiglio.

È necessario prendere fin d'ora delle misure preventive negli ospedali interessati per evitare un deterioramento della qualità dell'assistenza medica.

4. Conclusioni

4.1. Il Comitato appoggia la decisione della Commissione di adottare un approccio pragmatico per garantire a livello comunitario la protezione della salute e della sicurezza, in relazione all'orario di lavoro, dei lavoratori dei settori e delle attività attualmente esclusi dalla Direttiva 93/104/CE del Consiglio riguardante taluni aspetti dell'organizzazione dell'orario di lavoro.

4.2. Anche il Comitato predilige l'opzione n. 3 che prevede un approccio differenziato e articolato in tre punti:

1) estendere tutte le disposizioni della Direttiva 93/104/CE a tutti i lavoratori «non mobili»;

2) estendere a tutti i lavoratori «mobili» (ivi compresi i pescatori marittimi) e a quelli addetti ad «altre attività in mare» le disposizioni della direttiva concernenti:

- le quattro settimane di ferie annuali retribuite,

- le valutazioni dello stato di salute per i lavoratori notturni,

- la garanzia di un riposo adeguato e

- un numero massimo annuale di ore di lavoro;

3) di introdurre, per ogni settore o attività, norme legislative specifiche in relazione all'orario di lavoro e ai periodi di riposo dei «lavoratori mobili» e, mutatis mutandis, di quelli addetti alla «pesca marittima» e ad «altre attività in mare».

4.3. Come la Commissione, il Comitato continua ad auspicare che, nel settore dei trasporti e in quello della pesca in mare, le parti sociali raggiungano degli accordi.

A tal fine il Comitato sollecita la Commissione a persistere nell'intento di responsabilizzare le parti sociali, precisando che le nuove regolamentazioni da adottare:

- avranno il carattere vincolante di una direttiva;

- si applicheranno a tutto il personale interessato;

- non costituiscono una giustificazione valida per il regresso delle condizioni di lavoro attuali (cfr. articolo 18, punto 3, della Direttiva 93/104/CE);

- riprenderanno le disposizioni della Direttiva 93/104/CE concernenti le deroghe possibili e necessarie;

- rispetteranno il principio di sussidiarietà secondo il quale le suddette deroghe possono essere negoziate nei limiti e con le modalità utilizzati in passato nei diversi Stati membri;

- entreranno in vigore simultaneamente per evitare una rovinosa concorrenza intermodale derivante dall'applicazione di norme diverse in materia di protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori;

- sottolineeranno i vantaggi che ne trarrà la popolazione in generale, sapendo che l'affaticamento derivante da orari di lavoro eccessivi costituisce un rischio reale e diretto per il benessere e la sicurezza altrui.

4.4. È evidente che gli accordi conclusi fra le parti sociali, nel quadro dei «comitati paritetici», sull'applicazione al loro settore dei punti elencati al capoverso 2) del suddetto punto 4.2 devono essere integrati nella legislazione settoriale prevista al capoverso 3) dello stesso punto.

4.5. Il Comitato raccomanda infine un termine ragionevolmente ravvicinato per concludere i negoziati fra le parti sociali. Tenuto conto dei risultati dei suddetti negoziati, spetterà allora alla Commissione presentare al Consiglio - senza inutili ritardi - proposte concrete per garantire una protezione efficace, in relazione all'orario di lavoro, della salute e della sicurezza dei lavoratori dei settori e delle attività escluse, mantenendo al tempo stesso una flessibilità sufficiente per consentire alle imprese un adeguato margine di manovra.

In tale processo, il Comitato deve insistere sulla prerogativa di essere consultato in materia.

Bruxelles, 26 marzo 1998.

Il Presidente del Comitato economico e sociale

Tom JENKINS

() SYN 295 - GU C 254 del 9.10.1990.

() Consiglio europeo di Strasburgo del 9 dicembre 1989.

() GU C 60 dell'8.3.1991, pag. 26.

() Sentenza del 12 novembre 1996 sul ricorso presentato dalla Gran Bretagna contro il Consiglio.

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