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Document 52011IP0474

Tibet, in particolare i casi di autoimmolazione di suore e monaci Risoluzione del Parlamento europeo del 27 ottobre 2011 sul Tibet e in particolare l'immolazione di suore e monaci

GU C 131E del 8.5.2013, p. 121–124 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

8.5.2013   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

CE 131/121


Giovedì 27 ottobre 2011
Tibet, in particolare i casi di autoimmolazione di suore e monaci

P7_TA(2011)0474

Risoluzione del Parlamento europeo del 27 ottobre 2011 sul Tibet e in particolare l'immolazione di suore e monaci

2013/C 131 E/15

Il Parlamento europeo,

viste le sue precedenti risoluzioni sulla Cina e il Tibet, in particolare quella del 25 novembre 2010 (1),

visto l'articolo 36 della Costituzione della Repubblica popolare cinese, che sancisce il diritto alla libertà di confessione religiosa per tutti i cittadini,

visto l'articolo 122, paragrafo 5, del suo regolamento,

A.

considerando che il rispetto dei diritti umani, la libertà di religione e la libertà di associazione sono tra i principi fondatori dell'Unione europea e rappresentano una priorità per la sua politica estera;

B.

considerando che il governo della Cina ha imposto drastiche misure restrittive ai monasteri buddisti tibetani della contea di Aba/Ngaba (provincia dello Sichuan) e di altre regioni dell'altopiano tibetano, ad esempio violenti raid delle forze dell'ordine, detenzioni arbitrarie di monaci, potenziamento della sorveglianza e presenza costante della polizia all'interno dei monasteri a fini di controllo delle attività religiose;

C.

considerando che le citate misure di sicurezza sono volte a limitare il diritto alla libertà di espressione, di associazione e di confessione religiosa all'interno dei monasteri buddisti tibetani;

D.

considerando che Phuntsog (20 anni) e Tsewang Norbu (29 anni) hanno perso la vita dopo essersi dati fuoco, rispettivamente il 16 marzo e il 15 agosto 2011, in segno di protesta contro le politiche restrittive applicate dalla Cina in Tibet;

E.

considerando che due confratelli più giovani di Phuntsog, Lobsang Kelsang e Lobsang Kunchok, entrambi di 18 anni, si sono dati fuoco presso il mercato della contea di Aba/Ngaba il 26 settembre 2011; considerando inoltre che i due giovani sono sopravvissuti ma che le loro condizioni attuali rimangono da chiarire;

F.

considerando che un monaco trentottenne del monastero di Kardze, Dawa Tsering, si è dato fuoco il 25 ottobre 2011; che il personale di sicurezza cinese ha gettato acqua sulle fiamme tentando di salvarlo e che il monaco si trova ora nel monastero, in condizioni critiche, sotto la protezione dei confratelli;

G.

considerando che un monaco diciassettenne del monastero di Kirti, Kelsang Wangchuk, si è immolato il 3 ottobre 2011 ed è stato immediatamente tratto in salvo dai soldati cinesi i quali, dopo aver spento il fuoco, l'hanno picchiato con violenza prima di portarlo via facendone perdere le tracce; considerando inoltre che al momento non si hanno notizie circa lo stato di salute del monaco;

H.

considerando che due ex monaci di Kirti, Choephel (19 anni) e Kayang (18 anni), hanno unito le loro mani e si sono dati fuoco invocando il ritorno del Dalai Lama e il diritto alla libertà di religione; considerando altresì che i due giovani hanno perso la vita in seguito a detta manifestazione di protesta;

I.

considerando che un ex monaco di Kirti, Norbu Damdrul (19 anni), si è dato fuoco il 15 ottobre 2011 facendo salire a otto il numero dei tibetani che si sono immolati; considerando che si sono perse le tracce del giovane e che attualmente non si hanno notizie circa il suo stato di salute;

J.

considerando che il 17 ottobre 2011 una suora del convento di Ngaba Mamae Dechen Choekorling, Tenzin Wangmo (20 anni), è stata la prima donna a perdere la vita a seguito di immolazione;

K.

considerando che l'immolazione può essere considerata una forma di protesta e una manifestazione della crescente disperazione dei giovani tibetani, in particolare nell'ambito della comunità del monastero di Kirti;

L.

considerando che, indipendentemente dalle motivazioni personali alla base degli atti in questione, essi vanno inseriti nel più ampio contesto della repressione religiosa e politica che da diversi anni interessa la contea di Aba/Ngaba;

M.

considerando che l'inasprimento del controllo sulle pratiche religiose da parte dello Stato, in virtù di una serie di regolamentazioni introdotte dal governo cinese nel 2007, ha contribuito alla disperazione dei tibetani in tutto l'altopiano del Tibet;

N.

considerando che l'attuale regolamentazione ha notevolmente esteso il controllo statale sulla vita religiosa, al punto che molte espressioni dell'identità religiosa, ivi incluso il riconoscimento dei "lama reincarnati", sono sottoposte all'approvazione e al controllo dello Stato;

O.

considerando che un tribunale cinese ha condannato tre monaci tibetani alla reclusione per la morte del confratello Phuntsog, che si era dato fuoco il 16 marzo 2011, con l'accusa di "omicidio volontario" a seguito dell'occultamento del monaco e dell'omissione della necessaria assistenza medica;

P.

considerando che, nel marzo 2011, a seguito del primo episodio di immolazione, il monastero di Kirti è stato circondato da personale armato che ha bloccato l'accesso ai viveri e all'acqua per diversi giorni; considerando che i nuovi agenti di sicurezza inviati al monastero hanno imposto una nuova campagna di "educazione patriottica" obbligatoria e che oltre 300 monaci sono stati portati via a bordo di mezzi militari per essere poi detenuti in località non meglio precisate e sottoposti a diverse settimane di indottrinamento politico;

Q.

considerando che il governo cinese ha accusato i monaci del monastero di Kirti di essere coinvolti in "attività finalizzate al sovvertimento dell'ordine sociale" tra cui il vandalismo e l'immolazione;

R.

considerando che negli ultimi mesi le autorità cinesi hanno inasprito le misure di sicurezza in Tibet, in particolare nell'area circostante il monastero di Kirti, e che hanno vietato a giornalisti e stranieri di recarsi nella regione; considerando altresì che il monastero è pattugliato da agenti di polizia in assetto antisommossa, che i media stranieri non sono autorizzati ad accedere alle aree più "calde" del Tibet, che la televisione di Stato cinese ha omesso di trasmettere le notizie riguardanti le proteste e che ai monaci è fatto divieto di parlare delle stesse;

1.

condanna l'incessante repressione condotta dalle autorità cinesi nei confronti dei monasteri tibetani e le invita ad abolire le restrizioni e le misure di sicurezza imposte ai monasteri e alle comunità laiche nonché a ripristinare i canali di comunicazione con i monaci del monastero di Kirti;

2.

è profondamente preoccupato per le notizie che giungono fin dallo scorso aprile e riguardano otto monaci e una suora buddisti del Tibet che si sono immolati nei pressi del monastero di Ngaba Kirti, nella provincia cinese del Sichuan;

3.

esorta il governo cinese ad abolire le restrizioni e le pesanti misure di sicurezza nei confronti del monastero di Kirti e a fornire informazioni in merito alla sorte dei monaci che sono stati portati via dal monastero con la forza; sollecita le autorità cinesi a permettere che media internazionali e osservatori dei diritti umani indipendenti si rechino in questa regione;

4.

invita il governo cinese a garantire la libertà di religione a tutti i suoi cittadini, ai sensi dell'articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, ad abolire le sanzioni penali e amministrative che colpiscono la religione e che sono state utilizzate per punire i cittadini che hanno esercitato il loro diritto alla libertà di religione;

5.

invita le autorità cinesi a rispettare i diritti dei tibetani in tutte le provincie del paese e a compiere passi proattivi per prendere andare incontro alle rivendicazioni della popolazione tibetana della Cina;

6.

invita le autorità cinesi a porre fine al sostegno di politiche che minacciano la lingua, la cultura, la religione, il patrimonio e l'ambiente del Tibet e che contravvengono alla Costituzione cinese e alla legge che sancisce l'autonomia delle minoranze etniche;

7.

esorta il governo della Repubblica popolare cinese a fornire informazioni dettagliate sulle condizioni dei 300 monaci che sono stati portati via dal monastero di Kirti nell'aprile del 2011 e a favore dei quali sono intervenuti vari organi speciali del Consiglio dei diritti umani, fra cui il Gruppo di lavoro sulle sparizioni forzate o involontarie;

8.

esorta il governo della Repubblica popolare cinese a rendere conto delle condizioni dei tibetani che dopo essersi immolati sono stati "ospedalizzati", compreso del loro accesso alle cure mediche;

9.

deplora le condanne pronunciate nei confronti dei monaci di Kirti e insiste sul fatto che essi hanno diritto a un processo equo e a un'assistenza legale per tutta la durata di detto processo; chiede che osservatori indipendenti siano autorizzati a visitare i monaci di Kirti in stato di detenzione;

10.

invita l'Alto Rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza a rilasciare una dichiarazione pubblica per esprimere la preoccupazione dell'Unione europea dinanzi all'aggravarsi della situazione nella contea di Aba/Ngaba, facendo appello al rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali e alla limitazione dell'intervento delle forze dell'ordine;

11.

invita le autorità cinesi ad astenersi dall'attuare politiche controproducenti e programmi aggressivi di "educazione patriottica" nelle aree popolate da tibetani, come le province di Sichuan, Gansu e di Qinghai, ovvero luoghi in cui le violazioni dei diritti umani hanno creato tensioni;

12.

invita le autorità cinesi a rispettare i riti funerari tradizionali tibetani e a restituire le spoglie, nel rispetto dei riti buddisti, senza ritardi o impedimenti;

13.

chiede all'Unione europea e i suoi Stati membri di invitare il governo cinese a riprendere il dialogo con il Dalai Lama e i suoi rappresentanti, nella prospettiva di ottenere un'effettiva autonomia per il popolo tibetano, all'interno della Repubblica popolare cinese, e a porre fine alla sua campagna volta a screditare il Dalai Lama in qualità di capo religioso;

14.

invita il Vicepresidente della Commissione/Alto Rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza a sollevare la questione dei diritti umani in occasione del prossimo vertice UE-Cina e chiede al Presidente della Commissione europea e al Presidente del Consiglio europeo di prendere chiaramente le difese della straordinaria identità religiosa, culturale e linguistica del Tibet nei loro discorsi ufficiali in occasione dell'apertura o della chiusura del vertice, qualora non ne sia fatta menzione nell'ordine del giorno;

15.

invita il SEAE e la delegazione dell'Unione europea in Cina a monitorare costantemente la situazione dei diritti umani nel paese nonché a continuare a sollevare, nelle riunioni e nella corrispondenza con funzionari cinesi, singoli casi concreti di tibetani incarcerati per aver esercitato pacificamente il diritto alla libertà religiosa e a presentare, nei prossimi dodici meesi, una relazione al Parlamento europeo con proposte in merito alle azioni da intraprendere o alla politica da attuare;

16.

ribadisce la sua richiesta al Consiglio di nominare un rappresentante speciale dell'UE per il Tibet, al fine di facilitare la ripresa del dialogo fra le autorità cinesi e gli inviati del Dalai Lama sulla definizione di uno status di effettiva autonomia del Tibet, in seno alla Repubblica popolare cinese;

17.

invita gli Stati dell'UE membri del G-20 nonché il Presidente della Commissione e il Presidente del Consiglio europeo a sollevare la questione della situazione dei diritti umani in Tibet con il presidente della Repubblica popolare cinese Hu Jintao in occasione del prossimo vertice del G-20, il 3 e 4 novembre 2011 a Cannes;

18.

esorta la Repubblica popolare cinese a rispettare le libertà religiose e i diritti umani fondamentali delle comunità di monaci e laiche nella contea di Ngaba nonché a sospendere l'applicazione delle misure di controllo religioso, onde consentire ai buddisti tibetani di identificare ed formare gli insegnanti di religione conformemente alle tradizioni tibetane, a riesaminare le politiche religiose e di sicurezza attuate fin dal 2008 nella contea di Ngaba e a dare avvio a un dialogo trasparente con i leader delle scuole buddiste tibetane;

19.

esorta il governo della Repubblica popolare cinese a rispettare le norme in materia di diritti umani riconosciute a livello internazionale e a tener fede ai propri impegni derivanti dalle convenzioni internazionali in materia, per quanto riguarda la libertà di religione o di confessione;

20.

esprime la necessità che i diritti delle minoranze cinesi siano iscritti all'ordine del giorno dei prossimi round del dialogo sui diritti umani UE-Cina;

21.

esorta il governo cinese a ratificare il Patto internazionale sui diritti civili e politici;

22.

incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio, alla Commissione, al Vicepresidente della Commissione/Alto Rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri nonché al governo e al parlamento della Repubblica popolare cinese.


(1)  Testi approvati, P7_TA(2010)0449.


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