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Document 62011CN0239

Causa C-239/11 P: Impugnazione proposta il 19 maggio 2011 dalla Siemens AG avverso la sentenza del Tribunale (Seconda Sezione) 3 marzo 2011 , causa T-110/07, Siemens AG/Commissione

GU C 226 del 30.7.2011, pp. 13–14 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

30.7.2011   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 226/13


Impugnazione proposta il 19 maggio 2011 dalla Siemens AG avverso la sentenza del Tribunale (Seconda Sezione) 3 marzo 2011, causa T-110/07, Siemens AG/Commissione

(Causa C-239/11 P)

2011/C 226/26

Lingua processuale: il tedesco

Parti

Ricorrente: Siemens AG (rappresentanti: avv.ti Dr. I. Brinker, Dr. C. Steinle, Dr. M. Hörster)

Altra parte nel procedimento: Commissione europea

Conclusioni della ricorrente

La ricorrente chiede che la Corte voglia:

1)

annullare la sentenza del Tribunale (Seconda Sezione) 3 marzo 2011 (causa T-110/07) nella parte in cui essa è sfavorevole alla ricorrente;

2)

dichiarare parzialmente nulla la decisione della Commissione 24 gennaio 2007 (COMP/F/38.899 — Apparecchiature di comando con isolamento in gas) nella parte in cui riguarda la ricorrente,

in subordine, dichiarare nulla o ridurre l’ammenda comminata alla ricorrente in tale decisione;

3)

in subordine al n. 2, rimettere la causa al Tribunale, affinché decida in accordo con la valutazione giuridica della sentenza della Corte;

4)

in ogni caso, condannare la Commissione alle spese sopportate dalla ricorrente per i procedimenti dinanzi al Tribunale e alla Corte.

Motivi e principali argomenti

La presente impugnazione è rivolta contro la sentenza del Tribunale, con la quale è stato respinto il ricorso presentato dalla ricorrente avverso la decisione della Commissione 24 gennaio 2007, C(2006) 6762 def., in un procedimento ai sensi dell’art. 81 CE e dell’art. 53 dell’Accordo SEE (caso COMP/F/38.899 — Apparecchiature di comando con isolamento in gas).

La ricorrente deduce in tutto sette motivi.

In primo luogo, il Tribunale avrebbe violato il principio del diritto ad un processo equo (art. 6 della CEDU in combinato disposto con gli artt. 6, n. 3, TUE e 47, n. 2, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea; in prosieguo: la «Carta dei diritti fondamentali») e i diritti della difesa (art. 48, n. 2, della Carta dei diritti fondamentali), in quanto esso, per stabilire che la ricorrente nel periodo dal 22 aprile al 1o settembre 1999 avrebbe fatto parte del cartello, si sarebbe basato in maniera decisiva sull’affermazione di un testimone, senza aver dato alla ricorrente la possibilità di interrogarlo.

In secondo luogo, il Tribunale, nella sua constatazione che la ricorrente avrebbe fatto parte del cartello nel periodo dal 22 aprile al 1o settembre 1999, avrebbe falsificato prove ed avrebbe violato principi fondati sull’esperienza. In tal modo, il Tribunale avrebbe a torto presupposto una partecipazione della ricorrente al cartello nel periodo dal 22 aprile al 1o settembre 1999 ed avrebbe determinato in modo errato la durata dell’infrazione.

In terzo luogo, il Tribunale avrebbe a torto negato la prescrizione dell’azione per il periodo fino al 22 aprile 1999 ed avrebbe erroneamente presupposto un’unica infrazione continuata.

In quarto luogo, il Tribunale avrebbe violato il principio del pari trattamento, consentendo che la Commissione, al fine di individuare il peso relativo delle imprese coinvolte nell'infrazione, considerasse diversi anni di riferimento e classificasse pertanto erroneamente la ricorrente ai sensi del n. 1, lett. a), degli orientamenti per il calcolo delle ammende.

In quinto luogo, il Tribunale non avrebbe ridotto la maggiorazione dell’importo dell’ammenda, che servirebbe a garantire un sufficiente effetto deterrente, in proporzione alla differenza di dimensioni tra la ricorrente ed il bilancio per attività, violando così il principio del pari trattamento.

In sesto luogo, il Tribunale avrebbe violato gli artt. 6 della CEDU e 47 della Carta dei diritti fondamentali, poiché non avrebbe esercitato il suo potere illimitato di controllo delle decisioni della Commissione in materia di ammende.

In settimo luogo, il Tribunale avrebbe valutato male la portata dell’obbligo di motivazione derivante dall’art. 296 TFUE (ex art. 253 CE), in quanto avrebbe fissato requisiti insufficienti per le condizioni prescritte in tema di motivazione in vigore per il calcolo del coefficiente moltiplicatore di dissuasione.


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