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Document 52010IE1167

    Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «La risposta dell'UE al nuovo equilibrio del potere economico globale» (parere di iniziativa)

    GU C 48 del 15.2.2011, p. 51–56 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

    15.2.2011   

    IT

    Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

    C 48/51


    Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «La risposta dell'UE al nuovo equilibrio del potere economico globale» (parere di iniziativa)

    2011/C 48/10

    Relatore: Brian CALLANAN

    Il Comitato economico e sociale europeo, in data 18 febbraio 2010, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere d'iniziativa sul tema:

    La risposta dell'UE al nuovo equilibrio del potere economico globale (parere d'iniziativa).

    La sezione specializzata Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 20 luglio 2010.

    Alla sua 465a sessione plenaria, dei giorni 15 e 16 settembre 2010 (seduta del 15 settembre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 135 voti favorevoli, 4 voti contrari e 3 astensioni.

    1.   Sintesi e conclusioni

    1.1   Gli Stati membri dell'Unione europea hanno vissuto la peggiore crisi economica dagli anni '30 e la ripresa resta debole, irregolare e vulnerabile. Dopo la crisi più profonda dalla fine della Seconda guerra mondiale, gli equilibri globali sono mutati e l'Europa deve ridefinire la sua posizione e le sue strategie nel nuovo contesto. Poiché l'85 % del commercio dell'Europa si svolge nel suo mercato, alcune risposte alle nuove sfide verranno trovate internamente. L'espansione della domanda interna è cruciale per un'Unione sostenibile se l'UE vuole fare fronte alle sfide globali. Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) ha elaborato diversi pareri su questo tema. Il presente parere studia la dimensione esterna della risposta dell'Unione europea alla crisi economica mondiale: il nuovo posizionamento dell'Europa nel mercato globale. Esso si sofferma sull'evoluzione dei risultati economici dell'UE sul mercato mondiale e gli effetti internazionali della recente ascesa della Cina e di altre economie in via di sviluppo; solleva alcuni interrogativi volti a stimolare un'analisi di queste tematiche e avviare una discussione sulle relative implicazioni per i rapporti politici e commerciali che l'UE intrattiene con il resto del mondo; presenta le riflessioni e le idee della società civile per un dibattito politico le cui conclusioni avranno conseguenze di vasta portata.

    1.2   L'Europa si trova ad affrontare problemi di enorme portata nel rispondere agli sconvolgimenti nelle relazioni economiche, politiche e commerciali mondiali che la recessione ha ulteriormente accelerato. Pertanto deve adattare le proprie politiche stimolando la crescita; migliorando quantitativamente e qualitativamente l'occupazione; facendo diventare l'economia più verde e più innovativa; conseguendo l'obiettivo di un tasso d'occupazione del 75 % previsto dalla strategia 2020 e assicurando che esso includa i gruppi a rischio come i giovani, le donne, le persone di mezza età e i diversamente abili.

    1.3   Il progetto europeo ha concentrato la maggior parte delle proprie energie sugli affari interni; lo sviluppo del mercato unico, l'architettura istituzionale, le dispute monetarie, gli interminabili negoziati sui Trattati. Per emergere da questa recessione e riorganizzarsi con successo per affrontare le sfide del ventunesimo secolo, nel prossimo decennio l'Europa dovrà invece rivolgere decisamente il suo sguardo all'esterno. In particolare, dovrà essere più consapevole e attenta agli sviluppi derivanti in particolare dalla nuova interazione tra gli Stati Uniti e la Cina e dall'influenza di potenti gruppi di paesi in via di sviluppo come i BRIC (Brasile, Russia, India, Cina).

    1.4   Se agisce in questo senso, l'Europa, come dice il Presidente della Commissione europea José Manuel Barroso, possiede tutti gli strumenti necessari per riuscirvi, ossia: «risorse, intelligenza, senso critico, retaggio storico, risorse umane, intellettuali e culturali».

    1.5   La Commissione nel suo programma di lavoro si impegna a: ridurre le barriere ai flussi internazionali di scambi e investimenti; concludere i negoziati bilaterali in corso; migliorare l'applicazione degli accordi esistenti; promuovere iniziative finalizzate ad aprire il commercio ai settori in crescita come l'alta tecnologia, i servizi e i servizi ambientali.

    1.6   Una tendenza preoccupante è il fatto che non vi sia alcun comparto nel settore delle alte tecnologie in cui l'Europa abbia un ruolo di punta a livello mondiale e che nell'UE non esistano abbastanza imprese ad alta tecnologia di punta per sfruttare adeguatamente le tecnologie abilitanti fondamentali del futuro.

    1.7   Il CESE sottolinea l'importanza di aspetti che vanno al di là dell'oggetto in senso stretto del presente parere, ossia il protezionismo dannoso e la risposta al cambiamento climatico; tali aspetti riguardano, ad esempio, le seguenti misure: incoraggiare le nuove imprese caratterizzate da spirito imprenditoriale e da un approccio globale; promuovere l'innovazione nelle industrie consolidate; fornire sostegno ai settori strategicamente vitali per l'Europa; tenere conto del potenziale di esportazione dei servizi pubblici come la sanità e l'istruzione; incoraggiare le città dell'UE a «fare squadra» con le loro omologhe nel resto del mondo.

    1.8   Una conseguenza della recessione mondiale è stata la maggiore attrattiva delle politiche protezionistiche. Il direttore generale dell'Organizzazione mondiale per il commercio Pascal Lamy ha invitato i paesi a rifuggire da questa tentazione.

    1.9   Sul piano esterno occorre portare a termine con successo il ciclo di negoziati di Doha, obiettivo che si sta rivelando di non facile realizzazione. Nel frattempo l'UE sta sviluppando una nuova matrice di relazioni e accordi bilaterali, sia con i paesi industrializzati che con quelli in via di sviluppo, che influenzeranno in maniera crescente le politiche commerciali globali.

    1.10   Tra gli altri importanti obiettivi della politica dell'UE figurano: l'inclusione della reciprocità in questi nuovi accordi bilaterali dell'UE, privilegiando, dove possibile, la sicurezza energetica; l'introduzione di regole flessibili e adattabili alle circostanze spesso in rapida evoluzione; l'eliminazione di barriere non tariffarie, anche «oltre le frontiere»; la trasparenza delle norme relative al lavoro e alla qualità conformemente alle regole dell'OIL; gli accordi di libero scambio (ALS) per i beni e i servizi ambientali.

    1.11   Gli accordi ambientali multilaterali devono potersi integrare facilmente con gli accordi nell'ambito del sistema commerciale internazionale, in modo da potersi sostenere reciprocamente, senza disturbarsi.

    1.12   La sicurezza energetica è al centro della sfida del cambiamento climatico che si trova ad affrontare l'UE. A titolo di esempio si possono citare: la negoziazione comune di accordi di fornitura esterni (come già avviene nell'ambito degli accordi commerciali bilaterali); la vendita di competenze e tecnologie per i miglioramenti infrastrutturali, come le reti intelligenti o la nuova generazione di tecnologie per la produzione di elettricità che utilizzano materie prime diverse dai combustibili fossili; la condivisione delle nuove tecnologie sviluppate per contribuire a raggiungere gli attuali obiettivi del «20 %» che l'UE si è fissata in materia di energie alternative; la ricerca di opportunità di esportazione delle competenze necessarie per sviluppare e adottare gli incentivi per ridurre le emissioni di carbonio.

    1.13   In un mondo sempre più interdipendente e interconnesso, i responsabili politici devono sviluppare un modus operandi comune. L'interazione reciproca tra il mercato unico europeo e la politica commerciale non è mai stata così importante, così come il fatto di assicurare che la consultazione richiesta in seno all'UE, tra le sue istituzioni e con i suoi Stati membri sostenga e rafforzi lo sviluppo, l'accordo e l'attuazione efficaci di una politica commerciale più flessibile.

    1.14   Da un punto di vista più vicino agli aspetti umani, c'è bisogno di affrontare e superare i timori e le incertezze che derivano dai nuovi equilibri del potere economico. La società civile organizzata ha l'opportunità e il dovere di aiutare gli individui, i politici e le economie ad affrontare il cambiamento.

    1.15   La nuova strategia Europa 2020 della Commissione rappresenta la risposta politica strategica iniziale dell'UE alla recessione e ai nuovi equilibri del potere economico globale. Il successo di tale strategia dipende da una risposta europea coordinata con la partecipazione delle parti sociali e della società civile (come ha affermato il Presidente Barroso nella comunicazione sulla strategia Europa 2020). Per adattarsi ai cambiamenti nel potere economico globale, l'UE deve basarsi sulle forme di partenariato tra Stato e società civile organizzata che le sono proprie e che le consentono di ottenere importanti risultati economici e di raggiungere la coesione sociale.

    1.16   Tuttavia la Commissione europea dispone solo di un numero limitato di strumenti diretti per influenzare i progressi; la responsabilità principale continua a incombere ai governi degli Stati membri che ora sono anche sottoposti a crescenti pressioni finanziarie, politiche e sociali.

    2.   Introduzione

    2.1   «Gli Stati membri dell'Unione europea hanno vissuto la peggiore crisi economica dagli anni '30… e la ripresa resta debole, irregolare e vulnerabile» (1). Dopo la crisi più profonda dalla fine della Seconda guerra mondiale, gli equilibri globali sono mutati e l'Europa deve ridefinire la sua posizione e le sue strategie nel nuovo contesto. Poiché l'85 % del commercio dell'Europa si svolge nel suo mercato, alcune risposte alle nuove sfide verranno trovate internamente. L'espansione della domanda interna è cruciale per un'Unione sostenibile se l'UE vuole fare fronte alle sfide globali. Il CESE ha elaborato diversi pareri su questo tema (2). Il presente parere studia la dimensione esterna della risposta dell'Unione europea alla crisi economica mondiale: il nuovo posizionamento dell'Europa nel mercato globale. Esso si sofferma sull'evoluzione dei risultati economici dell'UE sul mercato mondiale e sugli effetti internazionali della recente ascesa della Cina e di altre economie in via di sviluppo; solleva alcuni interrogativi volti a stimolare un'analisi di queste tematiche e avviare una discussione sulle relative implicazioni per i rapporti politici e commerciali che l'UE intrattiene con il resto del mondo; presenta le riflessioni e le idee della società civile per un dibattito politico le cui conclusioni avranno conseguenze di vasta portata.

    2.2   L'Europa dipende dall'economia globale e gode attualmente di una posizione di predominio in molti mercati mondiali, ma per quanto tempo ancora durerà questa situazione? Nel 1800 l'Europa, comprese le sue propaggini nel nuovo mondo, rappresentava il 12 % della popolazione mondiale e circa il 27 % del suo reddito complessivo. Dopo un picco raggiunto nel 1913 (quando queste economie «sviluppate» rappresentavano solo il 20 % della popolazione mondiale ma oltre il 50 % del reddito) è iniziata un'inversione di tendenza e attualmente la popolazione europea rappresenta il 12 % di quella mondiale e continua a diminuire, mentre la sua quota sul reddito mondiale è pari al 45 % circa (3).

    Il CESE ritiene che, per gestire efficacemente l'impatto dei cambiamenti attualmente in corso sui mercati globali, i responsabili politici dell'UE potrebbero dover prestare maggiore attenzione alle nuove realtà delle relazioni commerciali dell'Europa con il resto del mondo e soprattutto alle sue esportazioni.

    3.   Contesto

    3.1   Il commercio europeo

    3.1.1   Il valore totale delle esportazioni europee ammonta a circa 1300 miliardi di USD. Se si escludono gli scambi tra gli Stati membri, nel 2008 l'UE rappresentava il 16 % delle esportazioni mondiali e in questo stesso anno i suoi principali partner commerciali erano gli Stati Uniti, la Russia, la Svizzera, la Cina e la Turchia.

    3.1.2   In un mondo globalizzato in cui gli Stati dell'UE figurano tra i maggiori operatori sui principali mercati, le politiche che guidano le relazioni intereuropee devono tenere conto degli sviluppi globali, ad esempio dell'impatto sulle relazioni politiche del crescente potere economico di partner commerciali come la Cina, l'India e il Brasile. Ma quali azioni dovrà intraprendere l'Europa per adeguarsi a tali sviluppi? Rafforzare il proprio ruolo sulla scena mondiale? O viceversa accettare la rapida diffusione di un nuovo paradigma globale che prevede che un nuovo G2 (Stati Uniti e Cina) si imponga come soggetto predominante?

    3.1.3   La Commissione nel suo programma di lavoro riconosce che il commercio internazionale è un motore di crescita per l'occupazione e gli investimenti nell'Unione e si impegna a: ridurre le barriere ai flussi internazionali di scambi e investimenti; concludere i negoziati bilaterali in corso; migliorare l'applicazione degli accordi esistenti; promuovere iniziative finalizzate ad aprire il commercio ai settori in crescita come l'alta tecnologia, i servizi e i servizi ambientali. Un'importanza centrale verrà annessa al miglioramento delle relazioni bilaterali con Stati Uniti, Cina, Giappone e Russia.

    3.2   Il commercio europeo nell'economia globale

    3.2.1   La recessione sta modificando l'assetto del potere economico globale. Tra il 2000 e il 2007, le economie emergenti, prima tra tutte la Cina, hanno ampliato la loro base di investimenti e guidano attualmente la ripresa mondiale, indotta principalmente dalla crescita delle esportazioni (ad es. +17,7 % nel dicembre 2009). Durante lo stesso periodo nell'UE le esportazioni sono state caratterizzate da un andamento irregolare, con perdite significative su alcuni mercati dinamici, specie in Asia e in Russia.

    3.2.2   Se in Cina la ripresa guidata dalle esportazioni è già iniziata, in tutta l'economia, nell'UE essa resta ancora prevalentemente un'aspirazione. La Commissione prevede che le esportazioni dell'UE cresceranno del 5 % nel 2010 e del 5,1 % nel 2011, grazie principalmente a una diminuzione del valore relativo dell'euro per i nostri principali partner commerciali. Ma ciò non costituisce, né è considerato, un incentivo alla ripresa economica «nazionale» al di fuori di paesi come la Germania e l'Irlanda, già fortemente impegnati nel commercio internazionale (4).

    3.2.3   Secondo una relazione pubblicata dalla Commissione europea l'andamento delle esportazioni UE di prodotti di alta tecnologia risulta deludente e suscita preoccupazioni circa la capacità dell'Europa di continuare a sfornare prodotti all'avanguardia sotto il profilo della qualità e dell'innovazione (5). Si nota un peggioramento anche nei servizi, dove si è registrata una diminuzione della quota di mercato dell'UE tra il 2004 e il 2006. Si tratta di una tendenza preoccupante, tanto quanto il fatto che non vi sia alcun comparto nel settore delle alte tecnologie in cui l'Europa abbia un ruolo di punta a livello mondiale e che nell'UE non esistano abbastanza imprese ad alta tecnologia di punta per sfruttare adeguatamente le tecnologie abilitanti fondamentali del futuro.

    3.2.4   Malgrado queste debolezze, l'UE resta la più importante potenza commerciale nel settore terziario, nonché il primo esportatore e il secondo importatore di merci. Inoltre svolge un ruolo di primo piano sia come fonte che come destinataria di investimenti diretti esteri. Per l'Europa è quindi fondamentale mantenere e addirittura rafforzare la propria posizione nell'arena commerciale mondiale ma per conseguire questo obiettivo serve un nuovo approccio solidamente ancorato alle realtà di un ambiente commerciale mondiale diverso e molto più complesso.

    3.2.5   Il CESE sottolinea l'importanza di aspetti che vanno al di là dell'oggetto in senso stretto del presente parere, ossia il protezionismo dannoso e la risposta al cambiamento climatico; tali aspetti riguardano, ad esempio, le seguenti misure: incoraggiare le nuove imprese caratterizzate da spirito imprenditoriale e da un approccio globale; promuovere l'innovazione nelle industrie consolidate; fornire sostegno ai settori strategicamente vitali per l'Europa; tenere conto del potenziale di esportazione dei servizi pubblici come la sanità e l'istruzione; incoraggiare le città dell'UE a «fare squadra» con le loro omologhe nel resto del mondo.

    3.3   Riequilibrio del potere economico e della politica economica

    3.3.1   Il fallimento della Lehman Brothers, una delle più antiche banche d'investimento di Wall Street e il conseguente caos nei mercati, che ha visto il declino più marcato dell'economia manifatturiera mondiale dalla Seconda guerra mondiale, hanno fatto precipitare l'economia mondiale in caduta libera. Gli interventi statali hanno impedito un effetto domino nel sistema bancario mondiale ma non sono riusciti a evitare la brusca e rapida diminuzione dei flussi di capitale.

    3.3.2   L'impatto sul commercio è stato immediato poiché il credito era limitato e la spesa dei consumatori aveva subito un tracollo, costringendo le società a ridurre la produzione. Tuttavia la gravità di questo adeguamento ha assunto dimensioni estremamente varie nei diversi blocchi commerciali: la Cina ha fatto registrare la ripresa più rapida, grazie soprattutto alla decisione del proprio governo di adottare una politica di bilancio basata sull'iniezione di 580 miliardi di USD nell'economia nazionale, allo scopo di stimolarne la rapida ripresa.

    3.3.3   Nel marzo 2009 sono state adottate misure politiche a Pechino, Londra, Washington e Francoforte. I leader del G20 hanno promesso 1000 miliardi di USD di aiuti dall'FMI e dalla Banca mondiale come replica a livello mondiale degli sforzi intrapresi individualmente dai singoli Stati. L'incontro del G20 è stato caratterizzato dalla maturazione e dall'entrata in scena di nuovi attori potenti e/o capaci di influire sulla scena internazionale, immagine di un nuovo ordine economico mondiale e di una svolta radicale nelle relazioni economiche con implicazioni potenzialmente profonde per la politica commerciale dell'UE.

    3.3.4   I paesi caratterizzati da consumi eccessivi, come gli Stati Uniti, sono stati sollecitati a ridurre la spesa, mentre i paesi con surplus a livello di credito e riserve valutarie sono stati incoraggiati ad alimentare la domanda dei consumatori. È stato posto l'accento sulla necessità che l'economia mondiale segua traiettorie sostenibili ed equilibrate, nonché sull'interesse proprio dell'UE di cooperare più strettamente con il resto del mondo.

    3.3.5   Malgrado la recente ripresa della crescita la cautela è d'obbligo per diverse ragioni. Gli economisti esprimono ancora incertezza riguardo alla futura direzione dell'economia mondiale. Ci si interroga infatti su quando e come sopprimere gli incentivi fiscali, sugli effetti che hanno prodotto finora e sulla loro sostenibilità a lungo termine. Sebbene sia possibile osservare segnali di ritorno della crescita bisogna considerare che è in atto anche una recessione umana  (6). A causa dell'elevato tasso di disoccupazione è diventato difficile per i leader mondiali difendere il regime commerciale liberista a livello politico, intellettuale e interno .

    3.3.6   A seguito di questo spostamento nell'equilibrio globale del potere, il processo decisionale dell'UE deve rapidamente adattarsi alle sue implicazioni e sviluppare le capacità di riflessione necessarie per tale scopo; agire collettivamente in maniera più coerente, ponderata e tempestiva; incentivare le opportunità di creazione di posti di lavoro, ad esempio nell'ambito dell'economia verde; aiutare le imprese a riqualificare il personale; fornire a quanti hanno perso il lavoro gli strumenti necessari per riaggiustarsi e adattarsi a queste nuove possibilità; in effetti gli aggiustamenti strutturali passati hanno mostrato che aiutare i singoli individui per favorire il loro adattamento e riaggiustamento sono la risposta politica più efficace (7).

    4.   Due temi chiave

    4.1   Il protezionismo

    4.1.1   Una conseguenza della recessione mondiale è stata la maggiore attrattiva delle politiche protezionistiche. Il direttore generale dell'Organizzazione mondiale per il commercio Pascal Lamy ha invitato i paesi a rifuggire da questa tentazione (8). L'UE ha tratto enormi benefici dall'adozione di norme trasparenti e facilmente applicabili, che sostengono e facilitano, in maniera equa e obiettiva, lo sviluppo di un ambiente commerciale competitivo. Eppure secondo il commissario UE responsabile per il commercio Karel De Gucht, dall'inizio dell'attuale crisi economica i principali partner commerciali dell'Unione hanno introdotto 280 misure restrittive degli scambi. Si teme quindi che queste misure finiscano per diventare un nuovo elemento permanente del quadro globale degli scambi commerciali.

    4.1.2   Una delle principali barriere commerciali è rappresentata dal tasso di cambio artificialmente basso del renminbi o yuan cinese, che il governo considera uno strumento utile per rendere le esportazioni cinesi più competitive, ma che invece nuoce gravemente allo sviluppo di un commercio libero ed equo. Pertanto le misure adottate recentemente per alleviare questa situazione sono accolte con favore anche se occorro cambiamenti decisivi e a lungo termine nelle politiche sui tassi di cambio perseguite dal governo cinese.

    4.1.3   I pacchetti di incentivi stimolano la crescita economica aumentando la domanda anche se il loro obiettivo primario è aiutare le imprese locali. Un effetto collaterale potrebbe però essere il sostegno dei settori non competitivi. Ma la normativa in materia di concorrenza e aiuti di Stato attribuisce all'UE gli strumenti necessari per coordinare gli sforzi volti a impedire che si verifichi questa eventualità e un mercato unico perfettamente funzionante impedisce l'applicazione di un protezionismo potenzialmente dannoso.

    4.1.4   Sul piano esterno occorre portare a termine con successo il ciclo di negoziati di Doha, obiettivo che si sta rivelando di non facile realizzazione. Nel frattempo l'UE sta sviluppando una nuova matrice di relazioni e accordi bilaterali, sia con i paesi industrializzati che con quelli in via di sviluppo, che influenzeranno in maniera crescente le politiche commerciali globali.

    4.1.5   Tra gli altri importanti obiettivi della politica dell'UE figurano: l'inclusione della reciprocità in questi nuovi accordi bilaterali dell'UE, privilegiando, dove possibile, la sicurezza energetica; l'introduzione di regole flessibili e adattabili alle circostanze spesso in rapida evoluzione; l'eliminazione di barriere non tariffarie, anche «oltre le frontiere»; la trasparenza delle norme relative al lavoro e alla qualità conformemente alle regole dell'OIL; gli accordi di libero scambio (ALS) per i beni e i servizi ambientali (9).

    4.1.6   Con l'adozione del Trattato di Lisbona i processi decisionali dell'Unione subiscono alcune modifiche, che comprendono l'estensione della codecisione con il Parlamento ad alcuni settori chiave, compreso il commercio. È importante che le modalità di questi nuovi processi decisionali che coinvolgono il Consiglio, il Parlamento e la Commissione si traducano in risposte più rapide e flessibili, in grado di migliorare la capacità dell'Unione di reagire con efficacia e coerenza tanto alle necessità strategiche ad alto livello, quanto ai piccoli bisogni «quotidiani» del commercio.

    4.2   I cambiamenti climatici

    4.2.1   In Europa è stato raggiunto un consenso sulla necessità di intraprendere un'azione immediata in materia di lotta al cambiamento climatico. Una conseguenza singolare del processo di globalizzazione è l'interdipendenza che esso alimenta. Un cambiamento climatico incontrollato sarà un'ipoteca pesante sulle generazioni future e intralcerà il processo di globalizzazione, causando impennate nei prezzi delle risorse e disastri ambientali, soprattutto nei paesi in via di sviluppo. Il cambiamento climatico è quindi un problema economico con un'importante dimensione commerciale.

    4.2.2   L'Unione europea ha assunto la guida dell'azione internazionale volta a limitare il riscaldamento globale nel quadro del protocollo di Kyoto. L'esito negativo del vertice di Copenaghen sul cambiamento climatico ha segnato una battuta d'arresto nell'attività promossa dall'Europa per rafforzare la cooperazione internazionale, specialmente con le economie emergenti, le cui emissioni, entro il 2020, avranno superato quelle delle nazioni sviluppate. L'UE teme altresì che le popolazioni più povere del mondo saranno quelle che soffriranno maggiormente a causa dell'attuale fase di cambiamento climatico che l'UE deve contrastare con una risposta politica generale, pratica e realistica, per evitare il rischio che le future generazioni si trovino a subire conseguenze negative sociali ed economiche che avrebbero potuto essere evitate.

    4.2.3   Integrando il cambiamento climatico nelle sue politiche in materia di commercio e sviluppo, l'Unione europea si troverebbe a sostenere dei costi e ad imporre delle restrizioni per conseguire un obiettivo che non può essere raggiunto senza la collaborazione degli altri grandi blocchi commerciali (10). Gli accordi ambientali multilaterali devono potersi integrare facilmente con gli accordi nell'ambito del sistema commerciale internazionale, in modo da potersi sostenere reciprocamente, senza disturbarsi. È sensato che l'UE assuma il comando nella lotta al cambiamento climatico se gli altri non saranno, o addirittura non potranno, essere costretti a seguire il suo esempio? Ad esempio, per quanto riguarda la riduzione delle emissioni di carbonio, si può «costringere» la Cina a sostituire il suo modello basato sul principio «chi consuma paga» con il modello europeo del «chi produce paga»? (11) Oppure si può arrestare il tentativo di Wall Street di assicurarsi, con il sostegno di Washington, una posizione di leader in un mercato internazionale di scambio dei diritti di emissione di CO2 in forte espansione?

    4.2.4   La sicurezza energetica è al centro della sfida del cambiamento climatico che si trova ad affrontare l'UE. Sebbene i singoli Stati membri siano in primo piano nel rispondere a questa sfida, essa presenta una vera e propria dimensione europea, soprattutto nel contesto degli scambi commerciali. A titolo di esempio si possono citare: la negoziazione comune di accordi di fornitura esterni (come già avviene nell'ambito degli accordi commerciali bilaterali); la vendita di competenze e tecnologie per i miglioramenti infrastrutturali, come le reti intelligenti o la nuova generazione di tecnologie per la produzione di elettricità utilizzando materie prime diverse dai combustibili fossili; la condivisione delle nuove tecnologie sviluppate per contribuire a raggiungere gli attuali obiettivi del «20 %» che l'UE si è fissata in materia di energie alternative; la ricerca di opportunità di esportazione delle competenze necessarie per sviluppare e adottare gli incentivi per ridurre le emissioni di carbonio.

    5.   Risposta

    5.1   Affrontare le sfide e cogliere le opportunità

    5.1.1   Per creare opportunità per il commercio europeo, è importante essere onesti circa le sfide che un diverso ambiente mondiale pone all'UE, alle sue istituzioni e ai suoi Stati membri. Secondo il CESE, le riforme istituzionali introdotte dal Trattato di Lisbona devono essere applicate ancora più efficacemente e più a stretto contatto, per riuscire a individuare soluzioni innovative per sostenere le realizzazioni passate dell'UE e conseguirne di nuove (12). Per intervenire efficacemente occorre disporre di ottime conoscenze aggiornate, di un'ottima capacità di percezione e di comprensione.

    5.1.2   In un mondo sempre più interdipendente e interconnesso, i responsabili politici devono sviluppare un modus operandi comune. L'interazione reciproca tra il mercato unico europeo e la politica commerciale non è mai stata così importante, cosi come il fatto di assicurare che la consultazione richiesta in seno all'UE, tra le sue istituzioni e con i suoi Stati membri sostenga e rafforzi lo sviluppo, l'accordo e l'attuazione efficaci di una politica commerciale più flessibile.

    5.1.3   Da un punto di vista più umano c'è bisogno di affrontare e superare i timori e le incertezze che derivano dai nuovi equilibri del potere economico. La società civile organizzata ha l'opportunità e il dovere di aiutare gli individui, i politici e le economie ad affrontare il cambiamento. Perseguire politiche protezionistiche in presenza di spostamenti nel potere globale può rivelarsi un'impresa velleitaria. Aiutare gli individui, le imprese e i governi ad adattarsi alle nuove realtà è invece un modo efficace per affrontare e superare questi timori e incertezze. Ad esempio il basso tasso di natalità e l'invecchiamento della popolazione in Europa impongono il superamento di numerose sfide strutturali profonde e di ampia portata.

    5.1.3.1   La politica più importante, in linea con gli obiettivi della strategia Europa 2020, è quella che punta ad incrementare il tasso di partecipazione della forza lavoro. Una misura ovvia è l'offerta a tutti i genitori che lo desiderino di un servizio di custodia dei bambini a costi accessibili. Ciò significa in pratica che un maggior numero di donne può restare nel mercato del lavoro. Questa misura dovrebbe essere associata a congedi parentali lunghi e retribuiti in misura sufficiente. Queste misure dovrebbero risultare in un aumento del tasso di natalità al ridursi degli oneri economici a carico dei genitori.

    5.1.3.2   Inoltre, in assenza di politiche di immigrazione volte ad accrescere sensibilmente l'offerta di lavoro, le singole imprese che esportano verso paesi terzi devono confrontarsi con un serio dilemma: limitare l'espansione delle proprie attività oppure trasferirle dove l'offerta di manodopera è abbondante (13)? Per questo motivo sarebbe prudente, giustificato e urgente adottare una politica europea dell'immigrazione organica e inclusiva per rispondere alla sfida demografica dell'Europa.

    5.1.4   La nuova strategia Europa 2020 della Commissione rappresenta la risposta politica strategica iniziale dell'UE alla recessione e ai nuovi equilibri del potere economico globale. Il successo di tale strategia dipende da una risposta europea coordinata con la partecipazione delle parti sociali e della società civile (come ha affermato il Presidente Barroso nella comunicazione sulla strategia Europa 2020). Per adattarsi ai cambiamenti nel potere economico globale, l'UE deve basarsi sulle forme di partenariato tra Stato e società civile organizzata che le sono proprie e che le consentono di ottenere importanti risultati economici e di raggiungere la coesione sociale.

    5.1.5   Questa iniziativa tuttavia incontrerà molti degli stessi problemi con cui si è dovuta confrontare la strategia di Lisbona: ad esempio, le priorità possono risultare troppo diverse e l'attuazione può rivelarsi problematica; la Commissione europea dispone solo di un numero limitato di strumenti diretti per influenzare i progressi; la responsabilità principale continua a incombere ai governi degli Stati membri che ora sono anche sottoposti a crescenti pressioni finanziarie, politiche e sociali (14).

    Bruxelles, 15 settembre 2010

    Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

    Mario SEPI


    (1)  Così scrive l'ex Presidente del Parlamento europeo Pat Cox in un recente editoriale intitolato Europe must raise its game now and not later (http://www.irishtimes.com/newspaper/opinion/2010/0407/1224267827518.html).

    (2)  Cfr. tra gli altri: La crisi finanziaria e il suo impatto sull'economia reale, (ECO/255) GU C 255 del 22.9.2010, pag. 10; Piano europeo di ripresa economica (supplemento di parere), GU C 228 del 22.9.2009, pag. 149; Un piano europeo di ripresa economica, GU C 182/2009 del 4.8.2009, pag. 71; La strategia di Lisbona dopo il 2010, GU C 128 del 18.5.2010, pag. 3.

    (3)  È quando osserva lo storico Niall Ferguson in un articolo sul Financial Times (del 10 aprile 2010) in merito alla riforma dell'insegnamento della storia nella scuola secondaria nel Regno Unito.

    (4)  European Economic Forecast - Primavera 2010, European Economy 2, 2010.

    (5)  Commissione europea, direzione generale Commercio. Global Europe: EU Performance in the global economy. Cfr. http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2008/october/tradoc_141196.pdf (visitato il 4 febbraio 2010).

    (6)  Falling Flat: More Evidence that America is Experiencing a Jobless Recovery. The Economist. Cfr: http://www.economist.com/world/united-states/displaystory.cfm?story_id=15473802 (6 febbraio 2010).

    (7)  Ad esempio il parere del CESE sul tema Un piano europeo di ripresa economica (GU C 228 del 22.9.2009, pag. 149) propone che «anche alla luce dell'andamento demografico previsto, una ristrutturazione intelligente dell'economia deve quindi cercare di trattenere i dipendenti in azienda, invece di licenziarli, e migliorare le loro qualifiche per disporre di una manodopera sufficientemente qualificata quando l'economia ricomincerà a crescere. Il sostegno per i disoccupati dovrebbe essere collegato a programmi di riqualificazione professionale e di miglioramento del livello delle qualifiche dei lavoratori ».

    (8)  Lamy warns against protectionism amid financial crisis. WTO News. In: http://www.wto.org/english/news_e/sppl_e/sppl101_e.htm.

    (9)  Sebbene non figurino attualmente in agenda, meritano comunque di essere esaminate anche le norme relative alla proprietà intellettuale (PI).

    (10)  Il gruppo Datori di lavoro di CESE ha recentemente osservato ad esempio che «l'aumento del numero di centri di gravità rivali tra gli attori mondiali ha dato luogo a un'interazione molto complessa di relazioni bilaterali e multilaterali (che richiedono tra l'altro) politiche di limitazione del carbonio e di risparmio energetico e azioni di salvaguardia dei mercati aperti contro il protezionismo surrettizio». Fonte: A New Phase Ahead: Need for a Political and Economic Impetus, pag. 10. Opuscolo disponibile al seguente indirizzo: http://www.eesc.europa.eu/?i=portal.en.group-1-statements&itemCode=9894.

    (11)  Da un punto di vista strettamente logico, la posizione cinese è in realtà difficile da confutare interamente: perché, infatti, la Cina dovrebbe accettare una tassa sulla produzione di beni che sono poi consumati nei paesi industrializzati, dove non sono soggetti ad alcuna imposta sui consumi specifica per le emissioni di carbonio?

    (12)  Un buon esempio di innovazione necessaria è la recente formazione da parte del Presidente BARROSO di un gruppo di commissari responsabili del finanziamento della ricerca e dello sviluppo, un settore nel quale le diverse direzioni hanno ruoli, bilanci e responsabilità distinti ma suscettibili di sovrapporsi e/o di sostenersi reciprocamente.

    (13)  In realtà, molte imprese hanno già fatto le proprie scelte e quelle che hanno lasciato l'Europa beneficiano anche di dazi ridotti su numerosi beni importati nell'UE, un aspetto che dà origine a considerazioni riguardanti la necessità di procedere a un riequilibrio di queste imposte/dazi.

    (14)  Essendo una delle economie di dimensioni più ridotte, più dipendenti dal commercio e più aperte d'Europa, l'Irlanda può essere considerata come un laboratorio in cui osservare come queste sfide vengono affrontate in piccolo, dato che per sostenere una ripresa alimentata dagli scambi commerciali il governo sta incoraggiando le seguenti misure: investimenti nell'istruzione universitaria e postuniversitaria volti a promuovere la scienza, la tecnologia e l'innovazione; un sistema di ricerca competitivo a livello mondiale in grado di trasferire le conoscenze dai centri di ricerca al mercato; il miglioramento della competitività delle imprese con sede in Irlanda che operano sui mercati internazionali; la riduzione delle emissioni di carbonio del 20 %; il sostegno ai paesi in via di sviluppo che stanno subendo gli effetti del cambiamento climatico.


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