EUR-Lex Access to European Union law

Back to EUR-Lex homepage

This document is an excerpt from the EUR-Lex website

Document 52008IE1518

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema I negoziati internazionali sul cambiamento climatico

GU C 77 del 31.3.2009, p. 73–80 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

31.3.2009   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 77/73


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema I negoziati internazionali sul cambiamento climatico

(2009/C 77/19)

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 16 e 17 gennaio 2008, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere d'iniziativa sul tema:

I negoziati internazionali sul cambiamento climatico.

La sezione specializzata Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente (Osservatorio dello sviluppo sostenibile), incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 2 settembre 2008, sulla base del progetto predisposto dal relatore OSBORN.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 17 settembre 2008, nel corso della 447a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 130 voti favorevoli, 3 voti contrari e 3 astensioni.

1.   Sintesi e raccomandazioni

1.1

Il cambiamento climatico rappresenta una delle sfide maggiori che il mondo si trova ad affrontare nel XXI secolo. Per evitare cambiamenti catastrofici, bisognerà che entro la metà del secolo le emissioni mondiali complessive di gas a effetto serra diminuiscano in misura sostanziale e che le emissioni dei paesi industrializzati siano ridotte del 60-80 % rispetto ai livelli del 1990.

1.2

I negoziati internazionali sul cambiamento climatico avviati a Bali nel dicembre 2007 rivestono un'importanza cruciale, in quanto influiranno in maniera decisiva sulla portata dell'azione globale da intraprendere da qui al 2020. È fondamentale che alla conferenza di Copenaghen, che si svolgerà nel 2009, questi negoziati abbiano un esito positivo.

1.3

L'Unione europea si è prefissa un obiettivo vincolante, impegnandosi a ridurre entro il 2020 le emissioni di gas a effetto serra del 20 % rispetto ai livelli del 1990. Inoltre ha posto sul tavolo dei negoziati l'offerta di realizzare una riduzione maggiore, pari al 30 % rispetto ai livelli del 1990, se altri paesi sottoscriveranno un impegno analogo. La Commissione poi, nel quadro del pacchetto energia del 23 gennaio 2008, ha formulato proposte su come si potranno raggiungere i suddetti obiettivi di riduzione del 20-30 %.

1.4

Il Comitato economico e sociale europeo (CESE) appoggia vigorosamente l'iniziativa assunta dall'UE nei negoziati, e in particolare l'impegno unilaterale a ridurre le emissioni del 20 % entro il 2020 per far avanzare i negoziati.

1.5

Ritiene tuttavia che la sfida posta dal cambiamento climatico sia tanto grave da richiedere che si faccia tutto il possibile per andare oltre. L'UE dovrebbe puntare alla riduzione del 30 % che ha offerto di realizzare, a determinate condizioni, entro il 2020, cercando, nel quadro dei negoziati, di indurre altri paesi industrializzati a sottoscrivere impegni analoghi e di ottenere impegni significativi da parte delle economie emergenti, le cui emissioni sono in rapido aumento.

1.6

Per esercitare la massima influenza sui negoziati, l'UE deve essere in grado di dimostrare la sua credibilità tenendo fede agli impegni assunti. A questo fine, essa dovrà dotarsi entro la fine del 2008 di un pacchetto di misure concrete per conseguire la riduzione del 20 %.

1.7

Il CESE ritiene che, per conseguire una riduzione del 30 % entro il 2020 — cosa che, a suo giudizio, è il vero obiettivo — occorrerà probabilmente adottare un ulteriore insieme di provvedimenti a livello nazionale ed europeo. Esorta quindi a intervenire quanto prima per adottare una seconda tranche di misure che consenta di ottenere quest'ulteriore riduzione.

1.8

Il CESE attende con impazienza le prossime proposte della Commissione sull'adeguamento al cambiamento climatico e raccomanda l'adozione di strategie nazionali di adeguamento complementari per ciascuno Stato membro.

1.9

Raccomanda inoltre di sviluppare nuove iniziative per sostenere il rafforzamento delle capacità e il trasferimento di tecnologia nel settore della mitigazione e dell'adeguamento ai cambiamenti climatici.

1.10

Per rispondere adeguatamente ai cambiamenti climatici saranno necessarie profonde trasformazioni nell'economia mondiale e nei flussi degli investimenti e di altre risorse. Il CESE raccomanda di esaminare più approfonditamente quale sia l'entità delle risorse richieste e quale complesso di strumenti, pubblici e privati, sia necessario per gestire tali flussi. È dell'avviso che l'entità dello sforzo e la leadership richiesta siano paragonabili alle risorse mobilitate per la creazione del Piano Marshall per la ricostruzione dell'Europa al termine della Seconda guerra mondiale. In questo contesto, l'UE dovrebbe svolgere un ruolo centrale nella promozione del piano necessario.

1.11

Più specificamente, occorreranno finanziamenti per assistere i paesi in via di sviluppo nell'adozione delle misure di mitigazione e di adeguamento. Una fonte di finanziamenti poterebbe essere l'estensione del meccanismo di sviluppo pulito (Clean Development Mechanism — CDM), ma occorre precisarne i criteri e l'attuazione. L'Europa potrebbe fornire parte delle risorse aggiuntive necessarie tramite la vendita all'asta dei permessi di scambio delle quote di emissione.

1.12

È necessaria la mobilitazione degli organismi pubblici di ogni tipo e livello, dei consumatori e dei cittadini in generale.

1.13

L'UE stessa ha un ruolo centrale da svolgere nel guidare e orchestrare questa grande trasformazione. Il CESE esorta tutte le istituzioni comunitarie a svolgere pienamente il ruolo che compete loro nel conseguimento degli obiettivi dell'UE in materia di cambiamento climatico. Dal canto suo, esso farà quanto in suo potere per contribuire a mobilitare la società civile in questa grande impresa comune.

1.14

I parametri dell'accordo mondiale che scaturirà dai negoziati internazionali dei prossimi diciotto mesi devono essere stabiliti al più presto possibile, in modo che lo sforzo politico possa poi concentrarsi sulla comunicazione della sfida e sull'ottenimento di sostegno, fiducia e impegno da parte di tutti i settori della società a livello globale: solo così sarà possibile realizzare i grandi cambiamenti che si renderanno necessari. Un siffatto accordo non può essere negoziato a porte chiuse: tutti i settori della società devono essere coinvolti. Le misure di abbattimento devono dimostrarsi realistiche, economicamente e socialmente sane e realizzabili nei termini proposti.

2.   Contesto

2.1

Il cambiamento climatico rappresenta una delle sfide maggiori cui è confrontato il mondo nel XXI secolo. Il quarto rapporto di valutazione del gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC), pubblicato nel dicembre 2007, documenta i cambiamenti già intervenuti a seguito dell'enorme incremento delle emissioni di gas a effetto serra prodotte dall'uomo negli ultimi due secoli, nonché gli ulteriori, allarmanti cambiamenti che si verificheranno se non si interverrà con urgenza nei prossimi anni per limitare le emissioni mondiali. L'IPCC ha sottolineato la necessità di contenere l'aumento della temperatura media mondiale entro i 2 °C rispetto ai livelli preindustriali, se si vogliono evitare conseguenze catastrofiche. Per conseguire questo obiettivo, bisognerà che entro la metà del secolo le emissioni mondiali di gas a effetto serra diminuiscano in misura sostanziale e che le emissioni dei paesi industrializzati siano ridotte del 60-80 % rispetto ai livelli del 1990.

2.2

Negli ultimi vent'anni, la comunità internazionale ha cercato di concordare un intervento collettivo per limitare le emissioni dei gas a effetto serra. Nel 1992 è stata adottata a Rio la Convenzione quadro sui cambiamenti climatici, successivamente rafforzata con l'adozione, nel 1997, del Protocollo di Kyoto, con cui i paesi firmatari si impegnano a compiere sforzi specifici per ridurre le emissioni entro il 2012. Tuttavia, viene generalmente riconosciuto che questi accordi e azioni sono soltanto il punto di partenza e che negli anni a venire occorrerà adottare azioni molto più incisive e complete per conseguire l'obiettivo fissato per la metà del secolo. I negoziati internazionali sul cambiamento climatico avviati a Bali nel dicembre 2007 rivestono quindi un'importanza cruciale, in quanto influiranno in maniera decisiva sulla portata dell'azione globale da intraprendere da qui al 2020. È fondamentale che alla conferenza di Copenaghen, che si svolgerà nel 2009, questi negoziati abbiano un esito positivo.

2.3

Obiettivi per il 2020. La Road Map di Bali fa riferimento a un capitolo del quarto rapporto di valutazione dell'IPCC, nel quale si dimostra che, per conseguire l'obiettivo a lungo termine di limitare il riscaldamento globale a 2 gradi al di sopra dei livelli preindustriali, sarà necessario ridurre le emissioni dei paesi industrializzati del 25-40 % rispetto al 1990 entro il 2020.

2.4

Chiaramente saranno i paesi sviluppati a dover procedere alla riduzione più drastica, in termini assoluti, delle loro emissioni, visto che, a livello pro capite, essi sono stati e sono tuttora i primi artefici del cambiamento climatico. L'Europa deve fare la sua parte. Gli USA dal canto loro devono riallinearsi alla strategia internazionale e sottoscrivere seri impegni di riduzione. Anche la Russia dovrà contribuire, accettando obiettivi più realistici rispetto a quelli di Kyoto.

2.5

L'UE sta svolgendo un ruolo di primo piano in tali negoziati. Il Consiglio ha adottato una prospettiva a lungo termine che prevede una riduzione delle emissioni dei paesi industrializzati del 60-80 % entro il 2050. Come misura transitoria verso il conseguimento di tale obiettivo a lungo termine, l'UE si è data l'obiettivo vincolante di ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 20 % rispetto ai livelli del 1990 entro il 2020 e ha messo sul tavolo dei negoziati un'offerta di riduzione del 30 % se altri paesi sottoscriveranno un impegno analogo. Nel quadro del pacchetto energetico del 23 gennaio 2008, la Commissione ha poi varato una serie di proposte che indicano come conseguire gli obiettivi di riduzione del 20-30 %.

2.6

Diventa inoltre importante che i paesi in via di sviluppo sottoscrivano da parte loro seri impegni per contribuire a limitare i cambiamenti climatici. Le grandi economie emergenti di Cina, India, Brasile e alcuni altri paesi sono già o stanno rapidamente diventando a loro volta importanti fonti di emissioni di gas a effetto serra e sarà importante che gestiscano le loro economie in modo tale da ridimensionare drasticamente il tasso di incremento delle loro emissioni, portandolo a livelli molto inferiori a quelli che raggiungerebbe in uno scenario che non tenesse conto della grave situazione esistente.

2.7

L'accordo mondiale cui puntano i negoziatori prevede sostanzialmente che i paesi industrializzati si impegnino ad adottare obiettivi e misure impegnative di riduzione delle proprie emissioni e che essi offrano ai paesi in via di sviluppo assistenza finanziaria e tecnologica in cambio dell'impegno, da parte di questi ultimi, a gestire la loro crescita e il loro sviluppo in modo tale da limitare per quanto possibile l'aumento delle emissioni di gas a effetto serra.

3.   Osservazioni generali

3.1

Da parte sua il CESE ha seguito fin dall'inizio sia l'andamento generale dei negoziati che il pacchetto di misure proposto dalla Commissione per consentire all'UE di tenere fede agli impegni assunti. Per seguire direttamente i negoziati, esso ha inviato piccole delegazioni, in rappresentanza della società civile europea, nell'ambito delle delegazioni UE, prima alla Conferenza dei firmatari della Convenzione a Bali e successivamente all'incontro intersessionale svoltosi a Bonn. Il CESE si avvale inoltre dei suoi contatti con le organizzazioni e raggruppamenti della società civile in paesi importanti per esaminare più in profondità le posizioni che questi assumono e il ruolo che può svolgere la società civile nel promuovere il raggiungimento di un accordo e la sua attuazione.

3.2

Il CESE ha all'esame i diversi elementi del pacchetto della Commissione sul clima e l'energia in una serie di pareri distinti che vengono sintetizzati e citati come riferimento nel presente parere d'iniziativa. In questo parere, che intende tracciare una panoramica globale, il CESE esamina lo stato di avanzamento e le prospettive dei negoziati in generale e il ruolo che vi svolge l'Europa. Dopo la sua adozione il CESE intende organizzare una serie di eventi parallelamente alle riunioni negoziali in programma a Poznan nel dicembre 2008 e a Copenaghen nel dicembre 2009 per aiutare la società civile a rispondere e a rapportarsi ai negoziati in corso.

3.3

La Road Map dei negoziati concordata a Bali individua quattro pilastri principali per lo svolgimento dei negoziati:

impegni a livello nazionale e misure per limitare le emissioni di gas a effetto serra di qui al 2020 e contribuire a mitigare il cambiamento climatico,

misure per gestire l'adeguamento ai cambiamenti climatici inevitabili,

misure a sostegno del trasferimento tecnologico e del rafforzamento delle capacità per attenuare il cambiamento climatico e favorire l'adeguamento a tale fenomeno,

la creazione di strumenti finanziari adeguati per sostenere le misure di mitigazione e di adeguamento, il trasferimento tecnologico, ecc.

3.4

Le osservazioni contenute nel presente parere sono strutturate intorno a questi quattro pilastri.

4.   Migliore mitigazione dei cambiamenti climatici attraverso la limitazione o la riduzione delle emissioni (pilastro 1)

4.1

Obiettivi. Il CESE concorda con l'IPCC nel ritenere che una riduzione delle emissioni dei paesi industrializzati dell'ordine del 25-40 % rispetto ai livelli del 1990 sia un obiettivo adeguato da stabilire per il 2020. Oggi sarebbe probabilmente impossibile realizzare riduzioni maggiori entro tale termine.

4.2

Il CESE sostiene vigorosamente l'iniziativa assunta dall'UE nei negoziati. Apprezza la leadership dimostrata dall'UE nell'impegnarsi unilateralmente a ridurre le proprie emissioni del 20 % entro il 2020 per far avanzare i negoziati. Ritiene tuttavia che la gravità della sfida dei cambiamenti climatici sia tale da richiedere che si faccia il possibile per realizzare la riduzione del 30 % proposta dall'UE, a determinate condizioni, per il 2020, cercando nei negoziati di indurre altri paesi industrializzati a sottoscrivere impegni analoghi e di ottenere impegni significativi da parte delle economie emergenti, le cui emissioni sono in rapido aumento.

4.3

Se l'unico frutto dei negoziati sarà l'impegno ad una riduzione del 20 % da parte dell'UE e un impegno altrettanto modesto da parte degli altri paesi, a giudizio del CESE essi saranno da considerarsi un grave fallimento.

4.4

Attuazione. Per l'UE, gli interventi proposti dalla Commissione nel pacchetto sul clima e l'energia costituiscono un piano di attuazione molto positivo e costruttivo per consentire all'Europa di tenere fede al suo impegno di ridurre le emissioni del 20 % entro il 2020. Il CESE ha elaborato pareri distinti per ciascun elemento del piano. In sintesi, esso li appoggia ferme restando le osservazioni seguenti:

il CESE condivide le riforme proposte e l'estensione del sistema di scambio delle quote di emissione. L'adozione di limiti più rigorosi e il maggiore ricorso alla vendita all'asta delle quote sono da considerarsi sviluppi positivi, in quanto sono pienamente conformi al principio «chi inquina paga», evitano che si ottengano profitti senza merito alcuno grazie agli elevati prezzi mondiali (windfall profits), permettono di incentivare e finanziare gli impianti e i prodotti a basse emissioni di carbonio e favoriscono l'innovazione. Data l'entità degli investimenti necessari sia in Europa che nei paesi in via di sviluppo per procedere alle trasformazioni, il CESE invita tuttavia a utilizzare almeno il 50 % degli introiti provenienti dalla vendita all'asta delle quote per sostenere le misure di contenimento dei cambiamenti climatici e di adeguamento, anziché il 20 % come proposto dalla Commissione (1). Apprezza inoltre la decisione del Consiglio e del Parlamento europeo di inserire anche il trasporto aereo nel sistema comunitario di scambio delle quote di emissione a partire dal 2012,

appoggia le proposte di condivisione degli oneri per i settori che non sono oggetto di scambio e invita le istituzioni a non compromettere l'obiettivo generale nel dibattito sulle basi della condivisione degli obiettivi in questo settore (2),

appoggia con vigore l'impegno verso un progresso più rapido in materia di energia rinnovabile. Raggiungere l'obiettivo di una quota di energia rinnovabile pari al 20 % entro il 2020 sarebbe un'ottima premessa per conseguire un aumento molto più elevato entro il 2050 (3),

deplora che la questione cruciale dell'efficienza energetica — ambito in cui l'obiettivo dell'aumento del 20 % entro il 2020 non è obbligatorio — sembri avere meno importanza di quanto meriti, come dimostra chiaramente la relazione della Commissione sui piani nazionali per l'efficienza energetica: la maggior parte degli Stati membri non ha stabilito puntualmente i propri piani nazionali, la qualità di tali piani è molto variabile e alcuni di essi sono evidentemente troppo poco ambiziosi, malgrado sia spesso possibile realizzare risparmi energetici notevoli con un investimento iniziale relativamente modesto, ammortizzabile in tempi molto brevi (4),

pur accogliendo con favore il quadro legislativo proposto dalla Commissione per la cattura e lo stoccaggio del carbonio, esprime preoccupazione per l'insufficienza dei finanziamenti messi a disposizione dei progetti di dimostrazione previsti e la lentezza dei progressi verso l'applicazione su scala industriale. Tale aspetto riveste invece importanza cruciale per i paesi che saranno costretti a dipendere fortemente dal carbone e da altri combustibili fossili ancora per molti anni (5).

4.5

L'Unione europea ha riposto grande fiducia nel sistema di tetti e scambio delle quote di emissione, investendo un grande capitale politico nel fare di tale sistema uno strumento essenziale per garantire le necessarie riduzioni. Il sistema europeo di scambio delle quote di emissione (ETS) è già diventato il più grande al mondo, ed è destinato a svilupparsi ulteriormente dopo il 2012. In un primo tempo esso ha avuto un impatto limitato sulle emissioni in Europa, in quanto la generosità dei tetti e delle assegnazioni iniziali ha fatto sì che il prezzo del carbonio fosse molto basso. L'adozione di limiti più severi ha fatto aumentare il prezzo del carbonio: tale limitazione, unita ad altri fattori che determinano il rincaro dei combustibili fossili, eserciterà probabilmente un maggiore impatto sulla produzione energetica europea e sulle altre industrie.

4.6

In generale il CESE ritiene che il rafforzamento del sistema di scambio delle quote di emissione influirà positivamente sulle imprese e l'occupazione europea, incoraggiando il rapido sviluppo di processi e prodotti energeticamente più efficienti e a basso tenore di carbonio che domineranno il mercato futuro. In questo modo non solo si creeranno nuovi posti di lavoro, ma si ridurrà anche la dipendenza dell'UE dalle importazioni, rafforzandone la sicurezza energetica.

4.7

Se fin qui l'UE è stata la prima a mobilitarsi in questo settore, ora l'obiettivo fondamentale è incoraggiare lo sviluppo di sistemi di scambio negli USA e in altri paesi, e collegare tutti questi sistemi in un mercato globale comune del carbonio. Lo sviluppo di un mercato del carbonio veramente mondiale potrebbe svolgere un ruolo di primo piano nel garantire una riduzione delle emissioni in tutto il mondo nel modo più efficiente ed economicamente razionale. Il CESE appoggia vivamente l'iniziativa Partenariato di azione internazionale sul carbonio (International Carbon Action Partnership — ICAP), intesa a consentire che i vari sistemi di scambio delle quote di emissione che vanno emergendo in diverse parti del mondo possano evolversi in maniera armonica per confluire verso un mercato unico mondiale. Lo sviluppo di un mercato internazionale del carbonio all'interno di un sistema mondiale di limitazione delle emissioni dovrebbe rappresentare un rischio minore, per la posizione competitiva dell'Europa, rispetto a un sistema limitato alla sola UE.

4.8

Potrebbe inoltre essere utile stabilire accordi internazionali di tipo settoriale, che definiscano piani e strategie più dettagliati per garantire la progressiva riduzione delle emissioni dei principali settori interessati e dei loro prodotti. Questo tipo di accordi va visto tuttavia come una forma di supporto all'attuazione di obiettivi nazionali rigorosi concordati a livello internazionale, non come un'alternativa all'adozione di obiettivi nazionali vincolanti. La storia degli ultimi vent'anni dimostra infatti che in questo campo gli accordi settoriali di tipo volontario producono scarsi risultati, che i loro effetti sono tardivi e che è impossibile applicarli in maniera efficace.

4.9

Per quanto riguarda i trasporti, il CESE ribadisce la convinzione che una strategia di sviluppo sostenibile di lungo periodo debba partire da una rivalutazione fondamentale dei fattori trainanti della domanda di trasporto e riesaminare come le politiche in materia di pianificazione territoriale, infrastrutture e trasporti pubblici possano, nel corso del tempo, arrestare la crescita sfrenata della domanda di trasporto e alla lunga anche ridurla. La pianificazione non deve basarsi sul presupposto che l'aumento del traffico sia inevitabile e che il solo modo di limitare le emissioni dei trasporti sia migliorare le caratteristiche tecniche del carburante e la progettazione dei motori, per quanto importanti siano questi aspetti.

4.10

Quanto alle misure tecniche, il CESE ritiene necessario introdurre obiettivi rigorosi in materia di emissioni degli autoveicoli non solo a breve termine (120 grammi di CO2 al chilometro entro il 2012-2015), ma anche a medio termine, in modo da procedere ad una riduzione molto più drastica entro il 2020 (6). Nel contempo sarebbe opportuno dare maggiore impulso allo sviluppo e alla rapida introduzione di veicoli alimentati elettricamente o a idrogeno, che non producono emissioni di carbonio.

4.11

Il CESE è meno ottimista della Commissione quanto alla possibilità di raggiungere l'obiettivo del 10 % per i biocarburanti nel settore dei trasporti. Visti i problemi legati alla produzione della maggior parte dei biocarburanti (potenziale di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra), e visto l'impatto ambientale e sociale di questa produzione, sarà necessario adottare criteri di sostenibilità più rigorosi rispetto a quelli proposti dalla Commissione, in modo da garantire che i biocarburanti siano introdotti soltanto laddove esercitano un impatto reale e significativo nel ridurre le emissioni nette di carbonio e che non si traducano in pressioni inaccettabili sui terreni agricoli e la produzione alimentare. Inoltre, allo stato attuale, le considerazioni economiche indicano chiaramente che è molto più conveniente (perlomeno per ora e nel prossimo futuro) usare la biomassa per produrre elettricità o calore che usarla sotto forma di combustibile.

4.12

Misure aggiuntive per conseguire l'obiettivo del 30 %. Il CESE ritiene che se il pacchetto sarà adottato entro la fine del 2008 e l'attuazione avviata tempestivamente nel 2009, l'UE avrà buone possibilità di raggiungere l'obiettivo di riduzione del 20 % entro il 2020.

4.13

Dubita, tuttavia, che sia possibile realizzare l'obiettivo di riduzione del 30 % entro il 2020 semplicemente adottando traguardi più ambiziosi per i singoli elementi del pacchetto e aumentando il ricorso ai crediti del CDM, come suggerito dalla Commissione. Esso ritiene che per conseguire questi obiettivi più ambiziosi sarà probabilmente necessaria una gamma più ampia e completa di misure sia a livello dell'UE che degli Stati membri.

4.14

A livello europeo, il CESE ritiene che, fra gli elementi aggiuntivi di un secondo pacchetto di misure, andrebbero considerati i seguenti:

condurre un'azione più incisiva per promuovere l'efficienza energetica in tutti i principali settori e prodotti tramite la regolamentazione e la definizione di standard,

adottare ulteriori misure per accelerare lo sviluppo e l'introduzione delle energie rinnovabili,

fornire un appoggio più deciso allo sviluppo dei veicoli alimentati elettricamente o a idrogeno,

estendere il sistema di scambio delle quote di emissione di carbonio alle emissioni del trasporto marittimo (il CESE non è certo che le discussioni attualmente in corso presso l'Organizzazione marittima internazionale siano in grado di portare a un'azione sufficientemente incisiva e tempestiva),

intensificare gli sforzi collettivi per adottare obiettivi nazionali di riduzione più rigorosi nel quadro di un accordo di condivisione dello sforzo.

4.15

A livello nazionale, il CESE reputa che, per conseguire obiettivi individuali più ambiziosi nel quadro di un accordo di condivisione degli oneri, gli Stati membri e i loro leader politici dovranno adoperarsi molto più attivamente per far sì che il pubblico, le imprese, i sindacati e altre organizzazioni della società civile si uniscano in partenariato e partecipino al necessario sforzo comune.

I cittadini devono essere incoraggiati e incentivati ad apportare il proprio contributo, ad esempio migliorando l'efficienza energetica delle loro abitazioni e utilizzando forme di energia più ecologica per l'illuminazione e il riscaldamento, acquistando beni e servizi più efficaci sotto il profilo energetico e riducendo le emissioni di carbonio nei loro spostamenti abituali e in quelli effettuati a fini ricreativi. Il CESE ritiene che siano sempre più numerosi i cittadini e le organizzazioni della società civile che sarebbero pronti ad agire, se ricevessero un segnale politico forte ed efficace circa ciò che ci si attende da loro, oltre ad adeguati incentivi all'azione.

Numerosi enti locali e regionali hanno già dato prova di lungimiranza e coraggiosa leadership politica in materia: essi vanno incoraggiati e incentivati a fare di più.

Analogamente, è necessario spingere le imprese a compiere ulteriori progressi. Esse devono essere incoraggiate e incentivate a migliorare costantemente l'efficienza energetica delle loro attività e a utilizzare energia prodotta da fonti a basse emissioni di carbonio. Si dovrebbe ricorrere più sistematicamente e più vigorosamente a strumenti normativi intesi a migliorare le prestazioni energetiche di tutti i tipi di prodotti e servizi. Occorre inoltre incaricare l'industria edile di potenziare l'efficienza energetica sia del processo di costruzione che degli edifici utilizzati.

Anche i sindacati hanno un ruolo importante da svolgere. Molti dei loro iscritti sono impegnati in prima linea nel miglioramento dell'efficienza energetica e nella diffusione delle informazioni pratiche, e il loro potenziale contributo deve essere riconosciuto e incoraggiato. I sindacati devono poi essere pienamente coinvolti nel processo di trasformazione dell'industria e dell'economia, nel cammino verso la riduzione delle emissioni. Se ben gestiti, i nuovi metodi di produzione dovrebbero fornire altrettante possibilità occupazionali dei vecchi metodi di produzione ad alta intensità di carbonio, mantenendo nel contempo buone condizioni di lavoro.

4.16

Per migliorare la credibilità dell'UE a livello internazionale, è estremamente importante che ogni singolo Stato membro faccia tutto il possibile per garantire non solo che sarà rispettato l'obiettivo generale di Kyoto per l'UE-15, ma che entro il 2012 saranno raggiunti anche gli obiettivi individuali di Kyoto. La comunicazione della Commissione Progressi verso il conseguimento degli obiettivi di Kyoto  (7) afferma che soltanto tre Stati membri dell'UE-15 «sono sulla buona strada per conseguire il loro obiettivo nel 2010 ricorrendo unicamente alle politiche e alle misure nazionali già in vigore», e che soltanto altri otto «dovrebbero raggiungere i rispettivi obiettivi se si terrà conto degli effetti dei meccanismi di Kyoto, dei pozzi di assorbimento del carbonio e delle politiche e misure supplementari, che sono già in corso di discussione al loro interno». Per tre Stati membri raggiungere gli obiettivi di Kyoto sembra impossibile. Inoltre, l'ampio ricorso ai crediti dei meccanismi flessibili previsti dal protocollo di Kyoto, soprattutto il CDM, dimostra che in molti Stati membri rimane ancora molta strada da fare per operare la necessaria trasformazione verso una società a basse emissioni di carbonio.

5.   Adattamento ai cambiamenti climatici (pilastro 2)

5.1

Anche adottando un'azione efficace per ridurre le emissioni globali in futuro, con ogni probabilità il riscaldamento globale aumenterà ulteriormente nei prossimi decenni a causa delle emissioni già prodotte. Il CESE ha già adottato un parere in risposta al Libro verde della Commissione sull'adattamento ai cambiamenti climatici (8). In sintesi, esso ritiene che l'UE debba stabilire una strategia globale per gestire l'adeguamento al cambiamento climatico nell'UE, all'interno della quale ciascuno Stato membro dovrebbe elaborare piani nazionali di adeguamento più precisi. All'adattamento andrebbe inoltre data maggiore priorità nella ricerca, nelle analisi, nei bilanci, nei programmi di investimento e in altre misure. Il CESE si augura che nel Libro bianco sull'adattamento al cambiamento climatico, previsto per l'autunno del 2008, la Commissione proponga misure dettagliate per progredire su questo fronte.

5.2

Al di fuori dell'UE, molte regioni del mondo in via di sviluppo, già fortemente colpite dal cambiamento climatico e destinate a esserlo ancor più in futuro, dispongono di meno risorse per fronteggiarlo. L'UE e gli altri paesi OCSE dovranno quindi porsi come priorità l'incremento dell'assistenza finanziaria e di altro tipo alle regioni del mondo particolarmente vulnerabili, e aiutarle a far fronte a questo problema. Le considerazioni legate al cambiamento climatico devono essere integrate in tutte le politiche di sviluppo.

5.3

Sarà poi necessario un forte impegno per sostenere la gestione sostenibile delle foreste nel mondo in via di sviluppo e limitare le pressioni commerciali, che continuano a provocare una deforestazione su vasta scala in molte parti dei sistemi climatici mondiali. Il CESE ha in preparazione un parere specifico sul cambiamento climatico e la gestione delle risorse forestali.

6.   Azione in ambito di sviluppo e trasferimento di tecnologie (pilastro 3)

6.1

Affinché la transizione verso un'economia con minori emissioni di carbonio abbia successo, il mondo dovrà operare una nuova rivoluzione industriale. Sarà necessario un passaggio netto a forme più pulite di produzione energetica e a nuove tecnologie per catturare le emissioni di carbonio e altri gas a effetto serra, nonché una spinta continua per far sì che i modelli di produzione e di consumo diventino più efficienti e meno dispendiosi di energia. Ciò richiederà una forte intensificazione dei programmi di ricerca in materia da parte del settore pubblico e di quello privato, nonché la creazione di programmi di investimento di ampia portata intesi a riattrezzare l'industria e a trasformare i prodotti e i servizi. Molte delle tecnologie necessarie esistono già, ma occorre diffonderne maggiormente l'applicazione.

6.2

Nell'UE ciò richiederà spostamenti radicali nei programmi di spesa comunitari e nazionali per sostenere la ricerca, lo sviluppo e gli investimenti nel settore. Bisognerà inoltre fornire incentivi fiscali e di altro tipo alle imprese e ad altri attori affinché realizzino gli investimenti richiesti.

6.3

Sarà necessario individuare i tipi di tecnologia e di servizi più adatti ad aiutare le economie emergenti e i paesi in via di sviluppo a gestire il loro sviluppo nel modo più sostenibile e con le minori emissioni di carbonio possibili, nonché a realizzare la transizione in maniera adeguata. Una volta individuate nuove tecnologie che possono rivelarsi particolarmente utili per questi paesi, aiutandoli ad adattarsi al cambiamento climatico o ad attenuare l'impatto ambientale del loro futuro sviluppo, sarà opportuno trovare il modo di introdurle rapidamente, diffusamente e a costi accessibili. Si deve sottolineare che talvolta sono proprio le economie emergenti a lanciare o promuovere alcune delle nuove tecnologie necessarie. Il trasferimento di tecnologie non dovrebbe essere considerato esclusivamente come un percorso a senso unico dal Nord verso il Sud, ma anche come uno strumento inteso ad agevolare la rapida diffusione delle tecnologie più importanti in tutto il mondo, a prescindere dalla loro provenienza.

6.4

Il CESE esorta l'UE a esaminare con urgenza, insieme ai suoi partner, come mettere rapidamente a disposizione dei paesi in via di sviluppo le tecnologie più avanzate ed efficaci in termini di emissioni di carbonio a prezzi accessibili, in particolare le tecnologie riguardanti la produzione di energia elettrica, le industrie ad alta intensità energetica, i trasporti e, quando questa tecnologia sarà disponibile, il sequestro del carbonio. I paesi che verosimilmente continueranno a dipendere fortemente dal carbone per la produzione di energia elettrica dovranno essere messi in condizione di utilizzare le più recenti tecnologie del carbone pulito e di introdurre la tecnologia di sequestro del carbonio non appena sarà disponibile.

6.5

Tale assistenza nel trasferimento tecnologico dovrebbe consentire ai paesi in via di sviluppo interessati di gestire il proprio sviluppo in modo tale da produrre meno emissioni di carbonio di quanto avverrebbe altrimenti e potrebbe essere ragionevole subordinarne in parte la concessione a un adeguato impegno, da parte di questi paesi, ad attivarsi anche autonomamente per limitare il potenziale aumento delle loro emissioni.

6.6

Parallelamente ai negoziati sul clima, l'UE e gli USA dovrebbero intraprendere una nuova iniziativa per liberalizzare gli scambi di beni e servizi rispettosi del clima nel quadro dell'OMC. Questa iniziativa dovrebbe essere strutturata in modo tale da consentire a tutti — paesi sviluppati, paesi in via di sviluppo ed economie emergenti — di trarre vantaggi dalla liberalizzazione, ad esempio promuovendo (l'ulteriore) sviluppo delle tecnologie e dei servizi ambientali nei paesi in via di sviluppo.

7.   Aumento dei finanziamenti e degli investimenti per sostenere la mitigazione e l'adeguamento (pilastro 4)

7.1

I paesi in via di sviluppo necessiteranno di aiuti su vasta scala da parte del mondo sviluppato per essere in grado di fare la propria parte nel fronteggiare le sfide del cambiamento climatico, senza compromettere i loro obiettivi di sviluppo. Sarà particolarmente importante garantire che in futuro il loro progresso sia quanto più possibile a bassa intensità di carbonio e non riproduca lo schema di un'eccessiva dipendenza dalla produzione ad alta intensità di carbonio che ha caratterizzato (negativamente) lo sviluppo del Nord.

7.2

I paesi in via di sviluppo più colpiti dal cambiamento climatico e meno dotati di risorse per gestire l'adeguamento necessiteranno inoltre di un'assistenza supplementare. Avranno bisogno di programmi più avanzati per la protezione delle coste, la prevenzione delle inondazioni, l'alleviamento delle siccità, la riconversione dei terreni agricoli, le misure in materia di salute pubblica e di altro tipo.

7.3

Il CESE si compiace del fatto che a Bali tutti i paesi abbiano riconosciuto che per gestire questo trasferimento saranno necessarie nuove risorse, investimenti e meccanismi. Tuttavia, salvo qualche onorevole eccezione, in passato il mondo sviluppato non ha dimostrato di saper tenere fede alla promessa di fornire risorse aggiuntive per gli obiettivi dello sviluppo sostenibile. Questa volta è essenziale per l'intero pianeta che tali risorse aggiuntive vengano veramente mobilitate e impegnate.

7.4

Il CESE ha preso atto delle stime della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) e di altre organizzazioni, secondo le quali quando i programmi saranno pienamente operativi, ogni anno dovranno essere erogate dal settore pubblico e privato insieme risorse pari a centinaia di miliardi di dollari. In ogni caso, raccomanda che l'UNFCCC, la Commissione e/o l'OCSE e le istituzioni finanziarie internazionali intervengano con urgenza per quantificare con maggiore precisione il fabbisogno, garantire che vengano assunti gli impegni necessari per ottenere un finanziamento adeguato e fare in modo che i programmi intrapresi esercitino un impatto decisivo sul problema mondiale del cambiamento climatico. Una nuova fonte di finanziamento potrebbero essere i proventi della messa all'asta delle assegnazioni, nelle fasi future del meccanismo di scambio delle quote di carbonio, proventi che rischiano tuttavia di essere insufficienti, da soli, rispetto ai compiti da realizzare.

7.5

Il CDM ha avuto un discreto successo nel convogliare nuove risorse verso opportuni investimenti nei paesi che non figurano nell'allegato I. La distribuzione dei progetti però è stata fortemente deviata verso la Cina e altre economie emergenti, e sono stati manifestati forti dubbi circa l'addizionalità e la qualità di molti dei progetti. Affinché il meccanismo possa contribuire adeguatamente a garantire una reale riduzione delle emissioni di carbonio nel modo più efficiente possibile, è essenziale che i criteri di accettazione dei progetti vengano adeguatamente applicati e monitorati.

7.6

Il CESE raccomanda che l'UE e gli altri soggetti interessati studino quanto prima come eliminare le lacune di questo meccanismo per il prossimo periodo, e come rendere pienamente operativo il programma. In futuro il CDM dovrebbe dare priorità ai progetti che contribuiscono in maniera significativa non soltanto a ridurre le emissioni, ma anche a favorire la transizione verso economie con bassi livelli di emissioni di carbonio. Nelle economie emergenti in particolare non sembra utile continuare a finanziare semplici progetti di efficienza energetica («low hanging fruits»), che verrebbero comunque realizzati dai paesi in questione. Per questi ultimi un'opzione valida potrebbe essere l'adozione di «CDM settoriali», eventualmente uniti a obiettivi di tipo «no-lose» (9).

7.7

In tutto il mondo sarà essenziale che il settore privato investa massicciamente in una produzione a più bassa intensità di carbonio. Le misure prese dall'UE e dai governi nazionali dovranno soprattutto essere intese a incentivare il settore privato a realizzare tali investimenti.

7.8

I costi e gli investimenti necessari saranno dell'ordine di migliaia di miliardi di dollari nei prossimi cinquant'anni: si tratta di grandi somme. Tali investimenti stanno tuttavia già diventando necessari con il diminuire degli approvvigionamenti mondiali di combustibili fossili e il conseguente aumento dei prezzi di questi ultimi. Al di là dei cambiamenti climatici diventa quindi sempre più importante, da un punto di vista economico, diversificare l'approvvigionamento energetico riducendo il ricorso ai combustibili fossili e utilizzare le risorse rimanenti in modo più efficiente. Queste considerazioni valgono anche dal punto di vista della sicurezza, in quanto sia la scarsità dei combustibili fossili che i cambiamenti climatici già in atto costituiscono una potente fonte di instabilità e di conflitto in molte regioni del mondo.

7.9

In questa prospettiva, la necessità di rispondere rapidamente alla minaccia dei cambiamenti climatici non rappresenta un onere aggiuntivo per l'economia mondiale, ma semplicemente un forte motivo in più per procedere tempestivamente a trasformazioni economiche e industriali comunque necessarie. Nel periodo in cui il prezzo del petrolio era di 60 dollari al barile, il rapporto Stern stimava che il costo delle misure necessarie nei cinquant'anni successivi per affrontare il cambiamento climatico avrebbe potuto essere pari all'1 % del PIL mondiale. Ora che il prezzo del barile ha superato i 100 dollari, investire nelle energie rinnovabili e nelle misure a favore dell'efficienza energetica appare economicamente molto più interessante. Analogamente, i costi netti aggiuntivi delle misure per affrontare i cambiamenti climatici saranno probabilmente molto più contenuti e per alcune applicazioni potrebbero anche essere negativi: ciò dimostra che un'azione efficace contro il cambiamento climatico rappresenterà di fatto un beneficio netto per l'economia mondiale negli anni a venire.

7.10

Perciò, non bisogna pensare che rispondere in maniera adeguata ai cambiamenti climatici sia un oneroso obbligo che frenerà la crescita economica: si tratta piuttosto di un'opportunità per essere all'avanguardia nella prossima rivoluzione economica e industriale. L'UE ha svolto un ruolo guida nel dibattito politico sui cambiamenti climatici. Ma deve fare ancora di più per trasformare questa posizione politica d'avanguardia in un ambiente economico altrettanto attivo e vigoroso, in grado di incitare le imprese e le società europee a effettuare gli investimenti necessari per diventare leader mondiali e a vincere la sfida della competitività nell'economia a basse emissioni di carbonio del futuro.

7.11

Alcuni osservatori hanno parlato della necessità di un nuovo Piano Marshall: il CESE condivide questa analogia, che dà un'idea della dimensione della sfida e degli sforzi che saranno necessari. Effettivamente, è necessaria una prospettiva della portata del Piano Marshall per unire i paesi di tutto il mondo di fronte a una minaccia mondiale comune, affidando ai paesi più ricchi e potenti il duplice compito di fungere da esempio e di aiutare gli altri quanto più generosamente possibile.

7.12

È necessaria la mobilitazione degli organismi nazionali e pubblici di ogni tipo e livello, delle imprese di ogni genere, dei consumatori e dei cittadini in generale.

8.   Conclusioni

8.1

Il cambiamento climatico è già in atto, con gravi conseguenze in tutto il mondo. Nei prossimi anni, con l'aumentare delle concentrazioni di gas a effetto serra e il più rapido incremento delle temperature, è previsto un aggravamento dei problemi ad esso dovuti. La comunità internazionale deve intervenire urgentemente per stabilire e attuare obiettivi ambiziosi di riduzione delle emissioni entro il 2020, per poi passare a riduzioni più drastiche negli anni successivi. Quanto prima si potranno effettuare le riduzioni, tanto più esse saranno efficaci nel rallentare il tasso di aumento della temperatura mondiale.

8.2

I paesi industrializzati hanno emissioni pro capite molto più elevate del resto del mondo: essi devono quindi adottare obiettivi più rigorosi e intraprendere azioni più severe per ridurle. L'Europa deve fare in modo di onorare gli impegni assunti per il 2012 e successivamente impegnarsi a effettuare una riduzione del 30 % entro il 2020 — il limite più alto del suo spettro. Per essere credibile in queste sue ambizioni, essa deve adottare un ulteriore pacchetto di misure solide e realistiche che le consentano di conseguire questi obiettivi, Deve inoltre pianificare fin d'ora le ulteriori riduzioni che si renderanno necessarie dopo il 2020.

8.3

Anche i paesi in via di sviluppo devono essere coinvolti. Sarà necessario fare uno sforzo particolare per garantire che i settori delle economie emergenti a più elevato consumo energetico si dotino di metodi di produzione in grado di assicurare la massima efficienza energetica e di ridurre al minimo le emissioni di carbonio. Questi paesi avranno bisogno di un aiuto significativo e mirato da parte dei paesi sviluppati.

8.4

I parametri dell'accordo mondiale che scaturirà dai negoziati internazionali dei prossimi diciotto mesi devono essere stabiliti al più presto possibile, in modo che lo sforzo politico possa poi concentrarsi sulla comunicazione della sfida e sull'ottenimento di sostegno, fiducia e impegno da parte di tutti i settori della società a livello globale: solo così sarà possibile realizzare i grandi cambiamenti che si renderanno necessari. Un siffatto accordo non può essere negoziato a porte chiuse: tutti i settori della società devono essere coinvolti. Le misure di abbattimento devono dimostrarsi realistiche, economicamente e socialmente sane e realizzabili nei termini proposti.

8.5

La trasformazione globale necessaria è comparabile, come dimensione, alla rivoluzione industriale degli ultimi due secoli, grazie alla quale è stato possibile utilizzare l'energia contenuta nei combustibili fossili per aumentare fortemente la capacità produttiva e la produzione della società. Il mondo adesso ha bisogno di una seconda rivoluzione industriale, che sostituisca i combustibili fossili con altre forme di energia e ottimizzi l'efficienza energetica in modo da raggiungere livelli di produzione e crescita paragonabili, senza però gravare l'atmosfera con emissioni non sostenibili di gas a effetto serra. Ciò richiede investimenti massicci, adattamenti normativi appropriati e mirati, strumenti fiscali e altri strumenti economici, nonché significativi cambiamenti nel comportamento economico e nello stile di vita individuale. Ciascuno di noi dovrà comprendere la sfida ed impegnarsi nei cambiamenti che si imporranno.

Bruxelles, 17 settembre 2008.

Il Presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  Si veda il parere del CESE 1201/2008, adottato il 9 luglio 2008.

(2)  Si veda il parere del CESE 1202/2008, adottato il 9 luglio 2008.

(3)  Si veda il parere del CESE 1511/08, adottato il 17 settembre 2008.

(4)  Si veda il parere del CESE 1513/08, adottato il 17 settembre 2008.

(5)  Si veda il parere del CESE 1203/2008, adottato il 9 luglio 2008.

(6)  Si veda il parere del CESE 1500/08, adottato il 17 settembre 2008.

(7)  COM(2007) 757 def.

(8)  GU C 120 del 16.5.2008, pag. 38.

(9)  Obiettivi «no-lose»: si tratta dell'impegno a ridurre le emissioni di un certo quantitativo, senza penalizzazioni nel caso in cui l'obiettivo non venga raggiunto, ma con la possibilità di vendere crediti se le riduzioni superano l'impegno assunto.


Top