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Document 52006IE0966

    Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Le relazioni fra l'UE e la Comunità andina delle nazioni

    GU C 309 del 16.12.2006, p. 81–90 (ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, NL, PL, PT, SK, SL, FI, SV)

    16.12.2006   

    IT

    Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

    C 309/81


    Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Le relazioni fra l'UE e la Comunità andina delle nazioni

    (2006/C 309/18)

    Il Comitato economico e sociale europeo, in data 14 luglio 2005, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del Regolamento interno, di elaborare un parere: Le relazioni fra l'UE e la Comunità andina delle nazioni.

    La sezione specializzata Relazioni esterne, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 1o giugno 2006, sulla base del progetto predisposto dal relatore MORENO PRECIADO.

    Il Comitato economico e sociale europeo, in data 5 luglio 2006, nel corso della 428a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 156 voti favorevoli, 2 voti contrari e 10 astensioni:

    1.   Introduzione

    1.1

    La dichiarazione finale adottata in occasione del terzo incontro della società civile organizzata Unione europea (UE)-America Latina e Caraibi (ALC) raccomanda la creazione di una vera e propria associazione basata su una rete di accordi tra l'Unione europea (UE) e i vari organismi della regione. Nella dichiarazione si richiede inoltre l'avvio dei negoziati con la Comunità andina (CAN) (1).

    1.2

    La dichiarazione di Guadalajara, adottata in occasione del terzo vertice di capi di Stato e di governo UE-ALC (2), definisce «obiettivo strategico comune» la conclusione di un accordo di associazione tra UE e CAN che preveda la creazione di una zona di libero scambio, accordo analogo a quelli già in essere con Messico e Cile, e a quello che è in corso di negoziazione con il Mercosur.

    1.3

    Nel corso dello stesso vertice UE-America Latina e Caraibi si è deciso di procedere a una valutazione congiunta del livello di integrazione economica all'interno della Comunità andina; la valutazione è stata avviata nel gennaio 2005.

    1.4

    Finora i paesi aderenti all'Unione europea non hanno sfruttato il potenziale economico e commerciale offerto dalla Comunità andina: nonostante l'UE sia per la CAN il secondo partner commerciale dopo gli Stati Uniti, il volume degli scambi commerciali UE-CAN non è molto elevato. Gli sforzi compiuti dalle istituzioni della Comunità andina per approfondire l'integrazione regionale (malgrado le difficoltà e i limiti segnalati in questo documento) favoriscono le prospettive di un accordo di associazione, che può fungere da catalizzatore per il potenziamento degli scambi commerciali tra UE e CAN, come è già avvenuto in altre aree geografiche.

    1.5

    Nel quadro delle relazioni con la società civile andina, il CESE intrattiene peraltro rapporti con i due organi che attualmente rappresentano le parti sociali dell'intera regione: il Consiglio consultivo dei lavoratori andini (CCLA) e il Consiglio consultivo imprenditoriale andino (CCEA).

    1.6

    Il 6 e 7 febbraio 2006 il CESE, in collaborazione con il segretariato generale della CAN, ha organizzato a Lima un'audizione cui hanno partecipato il Consiglio consultivo imprenditoriale andino e il Consiglio consultivo dei lavoratori andini, nonché altre associazioni andine della società civile, i cui preziosi contributi sono stati integrati nel presente documento. I partecipanti si sono mostrati favorevoli all'apertura di negoziati con l'UE, pur mettendo in chiaro che l'associazione con l'UE dovrebbe tener conto delle asimmetrie esistenti tra le due regioni, evitare modelli di sviluppo dipendenti, contribuire alla riduzione del debito sociale della regione e promuovere un'effettiva coesione sociale.

    1.7

    Il parere del CESE permetterà di presentare alle autorità la posizione della società civile organizzata in merito alle relazioni UE-CAN. Tali posizioni sono in linea con le proposte avanzate nella dichiarazione finale del quarto incontro della società civile UE-America Latina e Caraibi, svoltosi a Vienna nell'aprile 2006 (in occasione del quale si è ribadito che l'Unione europea deve contribuire al rafforzamento dei processi di integrazione in America Latina), e con le raccomandazioni finali del vertice dei capi di Stato e di governo UE-America Latina e Caraibi (maggio 2006) relative ad un possibile accordo di associazione UE-CAN, riassunte nella dichiarazione finale:

    «Nel ricordare l'obiettivo strategico comune definito nella dichiarazione di Guadalajara, accogliamo con favore la decisione adottata dall'Unione europea e dalla Comunità andina di avviare, nel corso del 2006, un processo che conduca alla negoziazione di un accordo di associazione articolato in un dialogo politico, in programmi di cooperazione e in un accordo commerciale.»

    2.   Situazione nei cinque paesi andini

    2.1

    Non è facile riassumere in uno spazio così limitato la situazione di cinque paesi che si trovano nella stessa area geografica — la cordigliera delle Ande — ma si differenziano notevolmente in termini di livello di sviluppo economico, situazione demografica, evoluzione politica, ecc. Il presente documento si limita pertanto ad illustrare alcuni aspetti particolarmente significativi della situazione attuale in ognuno dei paesi presi in esame.

    2.2

    La Bolivia è il più povero dei cinque paesi andini e uno dei meno avanzati di tutta l'America Latina. Questa situazione si deve in parte alla mancanza di accesso diretto al mare, sebbene contino anche altri fattori: una scarsa popolazione caratterizzata dalla crescita dell'emigrazione, la mancanza di terre adatte ad un'agricoltura competitiva, la dipendenza storica da risorse naturali non diversificate, l'esclusione delle popolazioni indigene (che rappresentano oltre il 50 % degli abitanti del paese), nonché l'intensificarsi delle tensioni fra il centro tradizionale del potere politico sull'altipiano e le pianure orientali dove sta emergendo un nuovo potere economico. La Bolivia è riuscita a trovare soluzioni in una cornice democratica, ma il prolungato periodo di incertezza ha pregiudicato lo sviluppo economico del paese. Il nuovo governo, il cui mandato è iniziato nel gennaio del 2006, sta realizzando profonde riforme per trovare la strada dello sviluppo, senza tuttavia compromettere la certezza giuridica degli investimenti e il rispetto degli impegni internazionali già in essere, nonché degli accordi bilaterali in vigore.

    2.3

    Con una presenza indigena rilevante e notevoli differenze di carattere politico e culturale tra la pianura costiera e l'altipiano, la situazione in Ecuador è per molti versi simile a quella della Bolivia. Pur non avendo registrato, negli ultimi anni, lo stesso livello di conflitto sociale aperto, l'instabilità politica di Ecuador è stata ancora maggiore. Il 49 % (3) della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà. Diversi fattori hanno contribuito agli elevati indici di povertà del paese: le crisi economiche attraversate negli ultimi dieci anni, la «dollarizzazione» dell'economia e l'emigrazione di circa il 10 % della popolazione attiva. L'invio di rimesse da parte degli emigrati — che nel 2004 hanno raggiunto i 1.740 milioni di dollari — costituisce la seconda fonte di entrate valutarie dopo il petrolio.

    2.4

    Il Perù ha avuto un'evoluzione diversa: dopo un periodo caratterizzato dal terrorismo (anni Ottanta e primi anni Novanta), ha avuto un governo (durante la presidenza Fujimori) che è caduto nell'autoritarismo e nella corruzione. Nonostante i tassi di crescita economica abbastanza elevati, il governo in carica non è riuscito a varare un solido programma di riforme politiche e sociali e gode di uno scarsissimo appoggio popolare. Per quanto riguarda la CAN, malgrado la sede del segretariato generale si trovi a Lima, il Perù si è mostrato freddo verso diversi aspetti dell'integrazione subregionale.

    2.5

    Il caso del Venezuela (4) è seguito con interesse non solo in tutta la regione ma anche in altre parti del mondo: negli ultimi anni il paese è stato attraversato da forti tensioni politiche e sociali, con un'esacerbata rivalità tra sostenitori e detrattori del presidente Chávez. L'economia venezuelana dipende sempre più dal petrolio, i cui prezzi elevati a livello internazionale consentono al governo, da un lato, di attuare una politica internazionale attiva e, dall'altro, di disporre di considerevoli risorse per realizzare delle politiche interne.

    2.6

    Pur caratterizzata da un elevato grado di violenza politica e sociale, aggravato dal narcotraffico, la Colombia è riuscita a mantenere intatto il proprio assetto istituzionale democratico, una situazione insolita in America Latina. Unitamente a tali sforzi politici il paese ha inoltre fatto segnare un notevole progresso economico. Nonostante si sia registrata una relativa attenuazione della violenza, continuano tuttavia gli assassini e i sequestri di sindacalisti, giornalisti, imprenditori e membri di altre associazioni attive nel settore dei diritti umani.

    3.   L'integrazione andina

    3.1   Evoluzione istituzionale

    3.1.1

    La Comunità andina è il modello di integrazione più antico dell'America meridionale. Nel 1969 i paesi fondatori (Bolivia, Colombia, Cile, Ecuador e Perù) hanno sottoscritto l'accordo di Cartagena, dando vita a un'organizzazione inizialmente chiamata Patto andino. Tre anni più tardi il Venezuela aderiva all'organizzazione, mentre il Cile si ritirava nel 1976. I cinque membri attuali (Bolivia, Colombia, Ecuador, Perù e Venezuela) contano complessivamente 120 milioni di abitanti, con un PIL totale di circa 265.000 milioni di dollari; il mercato interno vale circa 8,6 miliardi di dollari.

    3.1.2

    Nel corso dei suoi 35 anni di esistenza, l'organizzazione è passata da un modello basato su un approccio protezionistico (di sostituzione delle importazioni), molto comune negli anni Sessanta e Settanta, ad un approccio improntato al «regionalismo aperto». D'altra parte, essa è passata attraverso diverse riforme istituzionali, finalizzate all'approfondimento dell'integrazione regionale, e culminate nella creazione della Comunità andina nel 1997. La CAN dispone pertanto di una struttura istituzionale notevolmente sviluppata e di una normativa comunitaria abbastanza completa.

    3.1.3

    Il Sistema andino di integrazione (SAI) (5), istituito nel 1996 con il Protocollo di Trujillo, si prefigge di coordinare gli organi che lo costituiscono allo scopo di approfondire e rafforzare l'integrazione andina. Il SAI si compone di organi di carattere intergovernativo e comunitario, che svolgono funzioni di carattere esecutivo, legislativo, giurisdizionale, deliberante e funzioni di controllo.

    3.1.4

    I due principali organi deliberanti del Sistema sono il Consiglio andino dei ministri degli Affari esteri e la commissione della Comunità andina, entrambi aventi carattere intergovernativo. Spetta alla commissione legiferare in ambito economico, commerciale e in materia di investimenti, mentre il Consiglio andino dei ministri degli Affari esteri si occupa di tutto ciò che non compete alla commissione, in particolare di questioni di carattere politico, sociale, ambientale, di politica della migrazione e di libera circolazione delle persone, nonché del coordinamento dell'azione esterna dei diversi organi comunitari.

    3.1.5

    Il Consiglio presidenziale andino, organo supremo del SAI, è costituito dai capi di Stato dei paesi membri e si pronuncia attraverso dichiarazioni oppure orientamenti con funzioni d'indirizzo per gli altri organi e le altre istituzioni del SAI. La presidenza del Consiglio e degli altri organi intergovernativi cambia ogni semestre secondo un sistema di rotazione per ordine alfabetico.

    3.1.6

    Tra gli organi e le istituzioni del SAI va menzionato il segretariato generale (SG-CAN), che ha sede a Lima, Perù (6). Il segretariato è un organo di supporto tecnico alle istituzioni intergovernative e ha inoltre competenze legislative in alcune aree specifiche (adozione di risoluzioni), un diritto d'iniziativa ed altre attribuzioni specifiche.

    3.1.7

    Il SAI comprende anche la Corte di giustizia della Comunità andina e il Parlamento andino, nonché una serie di istituzioni complementari riconosciute: il Consiglio consultivo imprenditoriale andino, il Consiglio consultivo dei lavoratori andini, la Corporación andina de Fomento (Corporazione andina di sviluppo) (CAF), il Fondo Latinoamericano de Reservas (Fondo Latinoamericano di riserva) (FLAR), il Convenio Simón Rodríguez (Accordo Simón Rodríguez) e il Convenio Hipólito Unanue (Accordo Hipólito Unanue), e infine l'Università andina Simón Bolívar.

    3.2   Stato attuale dell'integrazione andina

    3.2.1

    Nel valutare l'integrazione andina occorre tener conto di due elementi. In primo luogo, malgrado operi da oltre trent'anni, la CAN continua ad essere composta da cinque paesi in via di sviluppo (con un reddito medio pro capite pari a 2.364 euro, rispetto ai 20.420 euro nell'UE a 25), con tutto ciò che questo comporta in termini di assetto istituzionale e di capacità economica.

    3.2.2

    In secondo luogo, e in relazione a quanto osservato nel punto precedente, mentre gli aspetti che tradizionalmente caratterizzano un processo d'integrazione (ad esempio tutto ciò che riguarda la creazione di un mercato comune) hanno fatto registrare nella CAN scarsi progressi, altri aspetti sono abbastanza sviluppati. In effetti, di fronte alle difficoltà incontrate nell'approfondire l'integrazione commerciale, l'organizzazione ha potenziato altre dimensioni (culturale, sociale, finanziaria, ecc).

    3.2.3

    Per capire come funziona concretamente la CAN, è logico partire dall'aspetto dell'integrazione economica. A tale proposito, si può affermare che il percorso della CAN non è stato lineare: solo nel 1993 si è giunti alla creazione di una zona di libero scambio, dalla quale il Perù aveva deciso inizialmente di rimanere fuori. Ad oggi, il progetto di creazione di una tariffa doganale comune (TDC) applicabile in tutti gli Stati membri non è ancora stato portato a termine, malgrado i passi avanti registrati sul fronte dell'armonizzazione commerciale. In tale contesto è fondamentale che, nel quadro del futuro accordo di associazione UE-CAN, i paesi membri della Comunità andina diano vita ad una vera e propria unione doganale anche allo scopo di ottenere il massimo beneficio per entrambe le parti.

    3.2.4

    I limitati progressi conseguiti in materia di architettura regolamentare si sono tradotti in uno scarso volume di scambi intracomunitari, soggetto a notevoli variazioni da un anno all'altro. Negli anni Novanta si è verificato un aumento sostanziale degli scambi commerciali tra i paesi membri della Comunità andina, passati dal 4,1 % del totale nel 1990 al 14,2 % nel 1998 (7). Quest'ultimo dato, tuttavia, appare modesto se confrontato con i tassi registrati negli anni Settanta, ed è comunque inferiore alla media latinoamericana (20,2 %). D'altro canto, dal 1998 in poi gli scambi commerciali intra-CAN hanno mostrato una tendenza alla flessione (nel 2004 rappresentavano il 10,4 % degli scambi totali), pur dando segni di recupero nel 2005.

    3.2.5

    Il volume degli scambi intracomunitari si è rivelato inferiore a quello con gli Stati Uniti (pari al 46,6 % del totale nel 2004) e quasi uguale a quello con l'Unione europea (11,0 % nel 2004). Per tre dei cinque paesi membri attuali della CAN, il mercato subregionale rappresenta meno del 12 % delle esportazioni totali.

    3.2.6

    In materia di integrazione si sono registrati alcuni progressi, nonostante le numerose difficoltà incontrate, riconducibili in parte alla mancanza di volontà politica, ma indubbiamente anche a fattori quali la struttura dei mercati, le differenze tra i modelli economici adottati, i diversi livelli di sviluppo economico, la situazione geografica (che ostacola il commercio intracomunitario), nonché problemi politici interni. Ad ogni modo, va ricordato che la CAN è riuscita a mantenersi sulla strada dell'integrazione per oltre trent'anni. La mancanza di infrastrutture moderne di comunicazione e di trasporto tra i cinque paesi andini costituisce uno degli ostacoli principali alla creazione di un mercato intracomunitario e allo sviluppo della CAN in generale.

    3.2.7

    È degno di nota lo scarso interesse che dimostrano i paesi andini in materia di coordinamento delle relazioni esterne. Si può così osservare che la Bolivia e il Venezuela si sono avvicinate al Mercosur, mentre il Perù e la Colombia hanno sottoscritto accordi di libero scambio con gli Stati Uniti.

    3.2.8

    Tali disparità si sono accentuate il 22 aprile 2006, quando il Venezuela ha annunciato la propria decisione di ritirarsi dalla Comunità andina. Questo annuncio e la firma degli accordi di libero scambio hanno aperto una profonda crisi politica in seno alla CAN, crisi che sarà esaminata in un vertice straordinario.

    3.3   Le sfide in materia di coesione sociale

    3.3.1

    Come si è già detto, la CAN non si limita tuttavia all'integrazione commerciale: sin dall'inizio del processo di integrazione andina si è manifestata l'aspirazione ad includere la dimensione politica e quella sociale. Questo desiderio riflette da un lato la storia recente di lotta per la democrazia in vari paesi della subregione, e dall'altro la necessità di far sentire più chiaramente la voce andina nello scenario latinoamericano e non solo. Tale aspirazione è il frutto quindi della realtà socioeconomica delle Ande.

    3.3.2

    I dati relativi alla mancanza di coesione sociale sono inquietanti: il 50 % della popolazione andina (circa 60 milioni di persone) vive al di sotto della soglia di povertà. I cinque paesi membri della CAN sono tra gli Stati al mondo caratterizzati da maggiore disuguaglianza economica (in base all'indice di Gini), non solo in termini di reddito ma anche in relazione ad altre forme di esclusione quali etnia, razza, luogo di provenienza, etc.

    3.3.3

    A tale proposito vanno evidenziati gli alti tassi di lavoro sommerso, di migrazione interna ed esterna (riguardante prevalentemente le donne) e altri fenomeni quali la marginalizzazione delle popolazioni indigene — che in questa zona costituiscono la maggioranza (come in Bolivia), ovvero rappresentano minoranze molto significative (come in Ecuador e Perù). In questa regione viene inoltre prodotta gran parte della cocaina consumata nel mondo, fenomeno che contribuisce allo sviluppo dell'economia illegale e ad alti indici di popolazione sfollata, di violenza e di corruzione, che nel caso della Colombia si aggiungono ad una lunga storia di conflitto armato.

    3.3.4

    In tale scenario, la liberalizzazione commerciale non può essere l'unico strumento utilizzato per promuovere la coesione tra i paesi andini. Di fatto, il Nuevo Diseño Estratégico (nuovo piano strategico) predisposto dal segretariato generale della CAN (8), è meno incentrato sull'abbattimento dei dazi doganali interni e si concentra invece su altre sfide, quali il miglioramento della competitività, la proprietà intellettuale, l'abolizione delle barriere non tariffarie, le infrastrutture, la libera circolazione delle persone, l'energia, l'ambiente e la sicurezza.

    3.3.5

    Uno dei capisaldi del nuovo piano strategico, che propone un'integrazione per lo sviluppo e la globalizzazione, è lo sviluppo sociale. A tal proposito, una delle iniziative più recenti e di maggior rilievo è stata il Plan Integrado de Desarrollo Social (piano integrato di sviluppo sociale) (PIDS) (9). Adottato nel settembre 2004, il PIDS si prefigge di combattere la povertà, l'esclusione e le disuguaglianze sociali nella regione e, nel medio termine, potrebbe divenire la base di una strategia globale di coesione sociale (ed economica). La CAN è particolarmente interessata al metodo di coordinamento aperto applicato dall'UE in ambito sociale e trova interessante l'idea di un fondo sociale analogo ai fondi strutturali europei. La CAN è pertanto la prima subregione che si propone di adottare alcuni aspetti del modello sociale europeo.

    3.3.6

    La dimensione sociale è comunque un tema che ricorre sempre più frequentemente nelle dichiarazioni politiche e nelle decisioni comunitarie andine dal 1999 ad oggi (10) e ciò si è tradotto negli ultimi cinque anni nelle prime iniziative concrete.

    3.3.7

    Il Dialogo presidenziale andino sull'integrazione, lo sviluppo e la coesione sociale ha riconosciuto che le economie andine, nel quadro della loro internazionalizzazione, dovranno avviare un processo di diversificazione produttiva e di potenziamento della competitività caratterizzato dall'inclusione tale da integrare le micro, le piccole e le medie imprese, promuovere il lavoro cooperativo e comunitario e creare le condizioni propizie per lo sviluppo locale e la regionalizzazione attraverso l'adozione di approcci improntati allo sviluppo territoriale.

    3.3.8

    Attualmente i grandi obiettivi comunitari andini definiti dal segretariato generale della CAN sono i seguenti: la globalizzazione di pari passo con l'integrazione; lo sviluppo accompagnato dalla competitività e dall'inclusione sociale; e la coesione sociale unita al potenziamento della governance democratica. L'attuale agenda sociale include tutti questi temi e sarà realizzabile nella misura in cui continui a figurare tra le priorità del gruppo andino nel corso dei negoziati di liberalizzazione commerciale con i paesi terzi, specie con quegli Stati che, per definizione, rischiano di generare maggiori asimmetrie nella regione e all'interno delle stesse società andine, caratterizzate dall'esclusione di determinati settori in base a fattori quali l'origine etnica e il genere.

    4.   La partecipazione della società civile nel quadro istituzionale andino

    4.1   Il Consiglio consultivo imprenditoriale andino e il Consiglio consultivo dei lavoratori andini

    4.1.1

    Nonostante il processo di integrazione andino abbia una storia pluridecennale, solamente nel corso della fase più recente, quella della CAN, si sono rafforzati gli organi di partecipazione formale della società civile con la creazione del Consiglio consultivo imprenditoriale andino e del Consiglio consultivo dei lavoratori andini. Fino ad allora, la partecipazione, a livello regionale, dei datori di lavoro e dei sindacati in quanto attori politici dell'integrazione andina era stata scarsa, anche se essi avevano preso parte a tale processo attraverso i governi nazionali.

    4.1.2

    Il Consiglio consultivo dei lavoratori andini (CCLA) è stato istituito con la decisione 441 (11) e si compone di quattro delegati per Stato membro. Delegati e supplenti vengono eletti tra i massimi dirigenti delle organizzazioni professionali rappresentative designate da ciascun paese membro. Fanno parte del CCLA le centrali e le confederazioni sindacali maggiormente rappresentative di ciascun paese; attualmente nei cinque paesi membri vi sono 16 centrali sindacali (12).

    4.1.3

    Il Consiglio consultivo imprenditoriale andino (CCEA) è stato creato con la decisione 442 ed è costituito dalle organizzazioni di datori di lavoro operanti nella regione andina. Il CCEA si compone di quattro delegati per Stato membro, che vengono eletti tra i massimi dirigenti delle organizzazioni imprenditoriali rappresentative sul piano nazionale.

    4.1.4

    Le funzioni di entrambi i Consigli consultivi sono state ridefinite con la decisione 464 (13), in base alla quale essi possono formulare pareri dinanzi al Consiglio andino dei ministri degli Affari esteri (CAMRE), alla Commissione o al segretariato generale; possono inoltre partecipare con diritto di voto alle riunioni del CAMRE e della Commissione, nonché agli incontri di esperti governativi o di gruppi di lavoro riguardanti il processo di integrazione andina.

    4.1.5

    Il CCLA ha formulato ad oggi numerosi pareri, diversi dei quali relativi all'Agenda sociale o alle relazioni esterne della CAN. Va segnalato in particolare il parere 27 (14), contenente considerazioni in merito alla conclusione di un eventuale accordo di associazione tra l'Unione europea e la Comunità andina: il CCLA condivide le aspettative relative al rafforzamento di un'alleanza politica, economica e sociale con l'UE.

    4.1.6

    Dal canto suo, il CCEA ha sottolineato in una dichiarazione (15) la fondamentale importanza che riveste la questione dell'associazione con l'UE e ha raccomandato di studiare con molta cura la pubblicità da dare ai negoziati con l'UE, in modo da non comprometterne l'andamento.

    4.1.7

    Sia il CCLA che il CCEA hanno sottolineato la necessità di potenziare il coordinamento, da un lato, con altri attori della società civile nella regione andina e, dall'altro, con il Comitato economico e sociale europeo (CESE), allo scopo di giungere a posizioni comuni e promuovere iniziative intese a garantire il rispetto delle norme fondamentali sul lavoro in qualsiasi accordo concluso tra UE e CAN.

    4.2   Altri strumenti di partecipazione

    4.2.1

    Oltre ai forum di rappresentazione istituzionale della società civile già menzionati, la CAN offre altri meccanismi di partecipazione in materia di politiche sociali. È il caso del Convenio Simón Rodríguez (1973), forum tripartito di discussione, partecipazione e coordinamento, a livello regionale, tra ministri del Lavoro, datori di lavoro e lavoratori in materia di politiche sociali e del lavoro. Si tratta di uno dei cosiddetti Convenios Sociales (Accordi sociali) (16).

    4.2.2

    Il Convenio Simón Rodríguez è stato un primo strumento di integrazione sociale e lavorativa andina, e ha affrontato direttamente vari aspetti del progresso sociale e lavorativo. Malgrado i successi registrati e l'assiduo interesse dimostrato da tutte le parti in causa per avanzare nei temi sociali e del lavoro, l'accordo è in una fase di stallo sin dal 1983, a causa di una serie di circostanze avverse, prevalentemente di carattere istituzionale, che hanno influenzato negativamente il potenziamento del processo di integrazione.

    4.2.3

    La forma attuale dell'accordo è stata adottata con il Protocolo Sustitutorio del Convenio Simón Rodríguez (Protocollo sostitutivo dell'accordo Simón Rodríguez) adottato dal Consiglio presidenziale andino il 24 giugno 2001. L'accordo ha l'obiettivo di:

    a.

    proporre e discutere iniziative in tematiche relative al settore sociale e lavorativo, apportando un contributo reale allo sviluppo dell'Agenda sociale della subregione e potenziando in tal modo le attività svolte dagli altri organi del SAI;

    b.

    definire e coordinare le politiche comunitarie in materia di occupazione, formazione e sviluppo delle competenze professionali, sanità e sicurezza sul lavoro, sicurezza sociale e migrazione per motivi di lavoro, nonché altre questioni di rilievo per i paesi andini;

    c.

    proporre e pianificare interventi di cooperazione e coordinamento tra i paesi membri in materia sociale e lavorativa.

    4.3   Il ruolo delle ONG e delle organizzazioni civili

    4.3.1

    La dimensione andina non è avulsa dalle dinamiche sociali a livello nazionale e globale, caratterizzate, oltre che dalle realtà del lavoro, dall'emergere di altre forme di rappresentanza degli interessi della società, organizzate intorno a temi concreti quali i diritti delle popolazioni indigene, i diritti della donna, la cultura, l'ambiente, i consumatori, l'agricoltura familiare e i piccoli agricoltori, ecc.

    4.3.2

    A tali interessi particolari danno voce numerose organizzazioni rappresentative di attività diverse che svolgono già un ruolo molto attivo nel processo d'integrazione regionale, ruolo che assumerà ulteriore importanza in vista del futuro accordo di associazione UE-CAN.

    4.3.3

    Va inoltre evidenziato il ruolo svolto da altre forme di organizzazione della società civile (OSC), che possono essere associazioni o movimenti (delle popolazioni indigene, ad esempio) e organizzazioni non governative (ONG), forum di discussione e reti di ONG, coalizioni o piattaforme d'azione, centri di ricerca, università, ecc.

    4.3.4

    La dinamica sociale dei movimenti e della cosiddetta società civile «non organizzata» è molto forte nella regione andina, anche se spesso la loro organizzazione e i loro interventi si limitano alla dimensione nazionale oppure non trovano, nel quadro del sistema formale di integrazione andino, i canali di accesso o le modalità di partecipazione adeguati. A tal proposito il segretariato generale della CAN ha annunciato l'imminente costituzione di una rete subregionale andina di istituti accademici e di ONG.

    4.3.5

    Per agevolare l'inclusione di questi ultimi attori nella dinamica formale del processo di integrazione andino, la CAN ha creato diverse Mesas de Trabajo (gruppi di lavoro). È stata così creata la Mesa de Trabajo sobre Derechos de los Pueblos Indígenas (Gruppo di lavoro sui diritti dei popoli indigeni) (17) con funzione consultiva nel quadro del SAI, allo scopo di promuovere la partecipazione attiva dei popoli indigeni alle questioni attinenti all'integrazione subregionale in ambito economico, sociale, culturale e politico. In particolare, il gruppo di lavoro si dedica a temi delicati come il possesso delle terre appartenenti alla comunità e ai popoli indigeni; la produzione e le comunità rurali; lo sviluppo economico, l'equità sociale e la partecipazione politica; l'identità culturale e l'istituzionalizzazione, ecc.

    4.3.6

    È stata inoltre creata la Mesa Andina de Trabajo sobre los Derechos del Consumidor (Gruppo di lavoro andino in materia dei diritti dei consumatori) (18), con funzione consultiva nel quadro del SAI, per fare in modo che le istituzioni pubbliche e private che operano in difesa dei diritti dei consumatori nei paesi andini partecipino attivamente ai processi di concertazione sociale e all'adozione di decisioni relative all'integrazione regionale negli ambiti di loro competenza.

    4.3.7

    Gli organi consultivi descritti (19) non dispongono, per il funzionamento delle loro attività, di una linea ad hoc nel bilancio comunitario andino, il che significa che la partecipazione è limitata soltanto alle organizzazioni che riescono a mobilitare autonomamente risorse umane ed economiche per assistere alle riunioni dei gruppi di lavoro e degli organi della CAN.

    5.   Le relazioni tra l'Unione europea e la Comunità andina

    5.1   I primi accordi UE-CAN

    5.1.1

    Il primo accordo di cooperazione tra la Comunità europea e l'America Latina è stato firmato nel 1983 con il Patto andino, quattordici anni dopo la creazione di questo gruppo di integrazione.

    5.1.2

    L'accordo rientrava tra i cosiddetti «accordi di cooperazione di seconda generazione». A differenza di quelli di prima generazione — di natura prevalentemente commerciale (non preferenziale) — tali accordi erano più completi, comprendendo aspetti politici e di cooperazione, che assumeranno poi un ruolo centrale negli accordi successivi. Inoltre, tali accordi indicavano chiaramente l'importanza attribuita all'integrazione regionale in America Latina da parte della Comunità europea.

    5.1.3

    Negli anni Ottanta le relazioni tra l'UE e l'America Latina sono state caratterizzate da un dinamismo tale da rendere necessaria, a partire dal 1991, una nuova generazione di accordi. Nel 1993 l'UE ha così firmato con il Gruppo andino un accordo quadro di terza generazione, che includeva due elementi di novità: da un lato, una «clausola democratica» per esprimere l'impegno comune nei confronti della democrazia e, dall'altro, una «clausola relativa ai futuri sviluppi», diretta a permettere l'ampliamento degli ambiti della cooperazione.

    5.1.4

    Parallelamente, negli anni Novanta, è emerso un problema che ha fatto acquistare ai rapporti con la Comunità andina un'importanza crescente: la lotta al narcotraffico. L'UE ha voluto proporre un approccio diverso rispetto a quello degli Stati Uniti, che si concentrava sugli strumenti repressivi. L'approccio europeo si articolava in due parti: in primo luogo, e in risposta ad una richiesta della stessa CAN, veniva esteso ai paesi andini il Sistema di preferenze generalizzate (SPG) attraverso la creazione di uno schema speciale, il cosiddetto «SPG-Droghe», che consentiva al 90 % dei prodotti andini di entrare nell'UE a dazio zero; in secondo luogo, veniva decisa l'istituzione del Dialogo specializzato di alto livello in materia di droghe.

    5.1.5

    L'accordo del 1993 è stato superato rapidamente dal nuovo quadro di relazioni che l'UE ha cominciato a promuovere a metà degli anni Novanta con la negoziazione di accordi di quarta generazione con i paesi del Mercosur, con il Cile e con il Messico. Questi accordi sono stati concepiti come un primo passo verso gli accordi di associazione, che dovrebbero includere un trattato di libero scambio. La CAN aspirava a giungere ad un accordo simile, ma l'UE ha ritenuto che fosse meglio procedere gradualmente verso tale obiettivo, iniziando con un accordo intermedio; tale proposta è stata approvata in occasione del secondo vertice UE-America Latina e Caraibi tenutosi a Madrid nel maggio del 2002.

    5.2   L'accordo del 2003: una tappa intermedia

    5.2.1

    Il 15 dicembre 2003 l'UE e la CAN hanno firmato un accordo di dialogo politico e cooperazione. Pur rappresentando un passo avanti rispetto all'accordo precedente, esso non rispondeva però pienamente alle aspettative dei paesi andini (20), dato che, tra l'altro, secondo i paesi membri della CAN, esso non migliorava le condizioni di accesso al mercato comunitario europeo. L'accordo prevede tuttavia una novità importante: l'istituzionalizzazione del dialogo politico. Esso comprende anche nuovi ambiti di cooperazione bilaterale (migrazione, terrorismo, ecc.), potenziando inoltre la partecipazione della società civile (21).

    5.3   Scambi commerciali UE-CAN

    5.3.1

    La tabella riportata di seguito mette in evidenza che le relazioni commerciali tra l'UE e la CAN hanno registrato una certa stagnazione. Nonostante sia attualmente il secondo partner commerciale della CAN in ordine di importanza, l'UE rappresenta solamente il 12-13 % degli scambi con l'estero della CAN, contro il 40 % degli Stati Uniti. Le esportazioni andine verso l'UE sono passate dal 19 % delle esportazioni andine totali nel 1994 al 12 % nel 2004. In qualità di fornitore, l'Unione europea ha visto diminuire la propria quota sulle importazioni della CAN dal 19 % delle importazioni totali nel 1994 al 13 % nel 2004.

    SCAMBI COMMERCIALI DELL'UE CON LA CAN

    (milioni di euro)

     

    Importazioni (imp.)

    Esportazioni (esp.)

    Saldo

    (per l'UE)

    Imp. + Esp.

    Volume

    Variazioni

    % annue

    Quote delle imp. totali dell'UE

    Volume

    Variazioni

    % annue

    Quote delle imp. totali dell'UE

    2000

    8 153

     

    0,82

    7 020

     

    0,82

    -1 134

    15.173

    2001

    8 863

    8,7

    0,90

    7 908

    12,6

    0,89

    -955

    16.771

    2002

    8 853

    -0,1

    0,94

    7 085

    -10,4

    0,79

    -1 768

    15.938

    2003

    7 911

    -10,6

    0,84

    5 586

    -21,2

    0,64

    -2 325

    13.497

    2004

    8 904

    12,6

    0,87

    5 988

    7,2

    0,62

    -2 916

    14.892

    Incremento medio annuo

     

    2,2

     

     

    -3,9

     

     

    -0,5

    Fonte: Eurostat

    5.3.2

    Sebbene l'UE sia la prima fonte di investimenti diretti nella CAN, i flussi si sono ridotti in maniera costante a partire dal 2000, anno in cui hanno superato i 3 300 milioni di dollari, per ridursi a soli 1 000milioni nel 2003.

    5.3.3

    Quanto alle prospettive future in materia di relazioni commerciali, il quadro che oggi si può tracciare è incerto. Il nuovo SPG, entrato in vigore nel 2006, non sembra offrire alla CAN progressi significativi nell'accesso al mercato dell'UE, sebbene venga ampliato il numero di prodotti inclusi e malgrado l'estensione della durata del regime a 10 anni favorisca la prevedibilità, la quale a sua volta può influire positivamente sugli investimenti. In tale contesto, un accordo di associazione rappresenterebbe un passo avanti molto più deciso per le relazioni economiche tra UE e CAN.

    5.4   Verso un accordo di associazione

    5.4.1

    Malgrado i notevoli progressi compiuti, le relazioni tra l'UE e la CAN potrebbero rimanere bloccate allo stato attuale, caratterizzato da rapporti economici poco dinamici, da un livello di cooperazione relativamente elevato e dall'esistenza di un dialogo politico istituzionalizzato, senza tuttavia un programma comune. Nonostante le difficoltà attuali, il CESE ritiene quindi necessario avanzare al più presto verso un accordo di associazione analogo a quelli firmati con Cile e Messico e con quello che si sta negoziando con i paesi del Mercosur.

    5.4.2

    Tale accordo dovrebbe includere un trattato di libero scambio, un ampliamento del dialogo politico e nuove possibilità di cooperazione, oltre a prevedere una più ambiziosa dimensione sociale, che offra alle parti sociali e alla società civile maggiori possibilità di partecipazione.

    5.4.3

    Analogamente, l'accordo dovrebbe includere aspetti non meno rilevanti come la promozione della competitività, la certezza giuridica degli investimenti e lo sviluppo di un vero e proprio mercato interno andino in cui le imprese possano operare con sicurezza.

    5.4.4

    L'Unione europea ha acconsentito a prendere in considerazione tale possibilità in occasione del terzo vertice bilaterale svoltosi a Guadalajara (Messico) nel maggio del 2004. L'UE ha tuttavia posto una serie di condizioni da sottoporre ad una valutazione congiunta UE-CAN: ad esempio, che qualsiasi accordo di libero scambio tenga conto dei risultati dell'Agenda di Doha per lo sviluppo e del conseguimento di un livello sufficiente di integrazione economica nella regione andina.

    5.5   Contenuti sociali dell'associazione UE-CAN

    5.5.1

    In linea con l'obiettivo di pervenire ad un tipo di associazione totale, le parti negoziali devono vegliare al rispetto dei diritti fondamentali in ambito sociale e lavorativo e alla difesa della democrazia e dei diritti umani, istituendo meccanismi finalizzati alla promozione di tali diritti e dimostrando chiaramente la loro determinazione, a combattere il narcotraffico e la corruzione da un lato, e a perseguire lo sviluppo economico in un'ottica di giustizia e di coesione sociale dall'altro.

    5.5.2

    Il prossimo accordo dovrebbe essere articolato in maniera tale da rispondere all'obiettivo dichiarato di giungere ad un'associazione politica, economica e sociale. A tale proposito, sarebbe auspicabile l'inclusione di un capitolo sociale per completare e bilanciare le parti dedicate alle relazioni commerciali e al dialogo politico.

    5.5.3

    Tale capitolo sociale dovrebbe includere i diritti dei lavoratori e dei datori di lavoro in base ai criteri sopra indicati, menzionando espressamente la libertà di associazione, il dialogo sociale e la concertazione sociale (22).

    5.5.4

    L'insicurezza evidente che circonda l'esercizio dei diritti umani, e in particolare della libertà di stampa e della libertà sindacale in alcuni paesi andini, richiede un contributo più incisivo da parte dell'UE.

    5.5.5

    Il futuro accordo dovrebbe impegnare le parti firmatarie a promuovere i diritti sociali in entrambe le regioni attraverso la cooperazione tecnica e altri programmi di sostegno.

    5.6   Cooperazione

    5.6.1

    In materia di cooperazione allo sviluppo l'UE ha svolto un chiaro ruolo di motore nei confronti dei paesi andini. Poco più di un terzo degli aiuti comunitari destinati all'America Latina sono stati assorbiti dalla CAN e dai suoi Stati membri. Tra il 1994 e il 2002 la Bolivia e il Perù hanno figurato fra i tre principali beneficiari degli aiuti ufficiali dell'Unione europea.

    5.6.2

    Attualmente la Commissione europea sta mettendo a punto una nuova strategia di cooperazione subregionale per la CAN, oltre a strategie specifiche per ciascuno dei cinque paesi andini, per dare un orientamento ai propri interventi per il periodo 2007-2013.

    5.6.3

    Il progetto di documento della Commissione europea in materia di strategia regionale per la Comunità andina (2007-2013) si basa su tre capisaldi: l'integrazione regionale, la coesione sociale e la lotta contro la droga.

    6.   La partecipazione della società civile nelle relazioni UE-CAN

    6.1

    Il presente parere si prefigge di comunicare alle istituzioni dell'UE i criteri fondamentali relativi alla dimensione sociale e alla partecipazione della società civile, criteri sui quali, secondo il CESE, dovrebbero basarsi le attuali relazioni con la CAN e che dovrebbero essere oggetto di studio da parte del comitato che sarà incaricato di negoziare l'accordo di associazione.

    6.2

    In assenza di pareri o di risoluzioni precedenti del CESE in materia di relazioni con la CAN, al fine di stabilire i criteri di dimensione e di partecipazione si farà riferimento a:

    a)

    quanto stabilito al riguardo nell'Accordo di dialogo politico e cooperazione, in particolare agli articoli 42 (cooperazione sociale), 43 (partecipazione alla cooperazione da parte della società civile organizzata) e 44 (cooperazione in materia di lotta contro la discriminazione sessuale), sviluppandone i contenuti per adattarli agli obiettivi del futuro accordo di associazione;

    b)

    documenti e dichiarazioni che si riferiscono all'ambito più generale delle relazioni con l'America Latina, predisposti dallo stesso CESE oppure dalla società civile di entrambe le regioni nel suo insieme.

    6.3

    A tal proposito va ricordato l'impegno implicito assunto dai partecipanti al terzo incontro della società civile organizzata UE-ALC, i quali chiedono che gli accordi siglati con l'UE includano anche una forte componente sociale, la promozione e il rafforzamento delle organizzazioni sociali e degli organi di partecipazione e consultazione della società civile organizzata; ribadiscono inoltre la loro determinazione di dare impulso alle relazioni tra gli attuali organi consuntivi regionali dell'ALC, nonché tra il CESE e tali organismi (23).

    6.4

    I paesi membri dell'UE e della CAN hanno peraltro fatto propri i principi e i valori espressi nella Costituzione dell'OIL e ne hanno adottato gli strumenti principali in ambito sociale: la Dichiarazione sui principi e diritti fondamentali nel lavoro (1998), la Dichiarazione tripartita di principi sulle imprese multinazionali e la politica sociale (1977, modificata nel 2000), e la risoluzione della Conferenza internazionale del lavoro sui diritti sindacali e sulle loro relazioni con le libertà civili (1970). Hanno inoltre aderito entrambe alla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (1948) e al Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (1976).

    6.5

    Il CESE e i Consigli consultivi andini devono essere i motori dell'azione congiunta delle società civili andina ed europea. Devono inoltre promuoverne la partecipazione, da un lato, ai negoziati di entrambi i blocchi e, dall'altro, nelle future strutture di consultazione e di partecipazione che, secondo il CESE, dovrebbero essere istituite nel quadro del futuro accordo di associazione.

    6.6

    A tal proposito, le tre istanze hanno compiuto il primo importante passo verso l'istituzionalizzazione delle relazioni reciproche con la firma di un piano di cooperazione interistituzionale, che rappresenterà un notevole salto di qualità nel quadro dell'intesa tra il CESE e i Consigli consultivi allo scopo di rafforzare e consolidare la cooperazione reciproca.

    6.7   Il piano di cooperazione si prefigge di:

    1.

    sostenere le richieste di partecipazione della società civile organizzata della Comunità andina;

    2.

    contribuire al dialogo tra la società civile della Comunità andina e quella dell'Unione europea;

    3.

    raccomandare l'inclusione di una dimensione sociale nel futuro accordo di associazione tra l'UE e la CAN;

    4.

    appoggiare le iniziative del CCEA e del CCLA affinché si elabori una proposta di istituzione di un Consiglio economico e sociale andino (CESA);

    5.

    conseguire una maggiore partecipazione da parte delle organizzazioni andine della società civile omologhe a quelle che compongono il III Gruppo del CESE;

    6.

    approfondire i legami economici tra le due regioni.

    6.8

    Dal canto loro, i due Consigli consultivi andini hanno avanzato una proposta congiunta (24) alle autorità della CAN perché si avvii un processo che porti alla costituzione, nel più breve tempo possibile, del Comitato economico e sociale andino (CESA).

    6.9

    Il CESE si rallegra di tale iniziativa, e del consenso che questa ha raccolto, e ritiene che se il Comitato economico e sociale andino (CESA) assumesse una configurazione pluralistica, integrando i rappresentanti dei datori di lavoro, dei lavoratori e delle attività diverse della società civile organizzata, si faciliterebbe il riconoscimento della necessità e quindi la creazione di un comitato consultivo misto tale da consentire la partecipazione delle organizzazioni della società civile dell'UE e della CAN al quadro istituzionale del futuro accordo di associazione.

    6.10

    Il 3 marzo 2005 la Commissione europea ha organizzato una prima conferenza sul futuro delle relazioni UE-CAN, alla quale hanno preso parte diverse organizzazioni sociali e rappresentanti del CESE. In vista di un'eventuale apertura dei negoziati si raccomanda di ripetere e di approfondire tale esperienza, estendendo in futuro la partecipazione agli organi di rappresentanza delle OSC andine esistenti (CCLA, CCEA, gruppi di lavoro andini in materia di consumatori e di popolazioni indigene).

    6.11

    A parere del CESE per sviluppare l'associazione bilaterale occorre che le organizzazioni rappresentative dei vari settori della società civile dell'UE e della CAN intensifichino le loro relazioni bilaterali e le iniziative congiunte, rafforzando in tal modo i progressi già compiuti in questa direzione (25).

    7.   Conclusioni e proposte di carattere economico e sociale

    7.1

    In linea con i precedenti pareri del CESE, occorre sottolineare che la stabilità democratica può essere rafforzata solamente attraverso il potenziamento delle istituzioni statali e delle relazioni tra lo Stato e la società, un maggiore benessere sociale, la riduzione delle disuguaglianze, la promozione dello sviluppo e la crescita economica, l'integrazione nella società di larghe fasce della popolazione storicamente escluse e l'incentivazione a creare ampi spazi di dialogo politico a livello locale, nazionale e regionale.

    7.2

    Il CESE considera che l'apertura dei negoziati (il cui andamento deve prescindere dai risultati del Doha-round) per la conclusione di un accordo di associazione UE-CAN sarebbe nell'interesse comune dell'Unione europea e della Comunità andina e invita le parti a procedere in tale direzione.

    7.3

    Il CESE ritiene che l'accordo debba gettare le basi per la creazione di un'associazione totale ed equilibrata, che includa, da un lato, una zona di libero scambio e, dall'altro, un dialogo politico e in tema di cooperazione. La dimensione sociale di tale associazione deve essere espressamente contemplata nel testo del futuro accordo e fondarsi sull'impegno di rispettare sia le convenzioni dell'OIL sui diritti fondamentali che gli altri strumenti citati nel presente parere.

    7.4

    Sotto il profilo economico l'accordo di associazione dovrà:

    a)

    rivalutare il ruolo dell'impresa nella società andina come fattore decisivo per lo sviluppo economico e sociale;

    b)

    promuovere la competitività attraverso la R&S e lo sviluppo delle infrastrutture;

    c)

    tutelare la certezza giuridica degli investimenti;

    d)

    agevolare l'accesso ai finanziamenti, specie per le PMI, e adottare altre misure volte ad aumentare il tasso di crescita economica;

    e)

    incentivare lo sviluppo del settore dell'economia sociale;

    f)

    dare impulso alla creazione di una vera e propria unione doganale andina.

    7.5

    Sotto il profilo sociale l'accordo di associazione dovrà promuovere e tutelare in maniera speciale:

    a)

    l'istruzione e la formazione professionale, nonché la cooperazione interuniversitaria come strumento di sviluppo della ricerca scientifica e dell'istruzione superiore;

    b)

    l'uguaglianza e la non discriminazione in base a sesso, razza, origine etnica, religione, disabilità, ecc.;

    c)

    le pari opportunità tra uomini e donne sul posto di lavoro attraverso piani per l'equiparazione salariale e altre misure sociali e lavorative;

    d)

    l'integrazione degli immigranti e il rispetto dei loro diritti, ivi incluse le necessarie garanzie relative agli invii di rimesse economiche ai loro paesi di origine. È su queste basi che l'UE e la CAN dovranno concordare una politica d'immigrazione;

    e)

    i piani per l'eliminazione del lavoro minorile;

    f)

    il dialogo sociale tra datori di lavoro e lavoratori e il rafforzamento delle relative organizzazioni;

    g)

    altre forme di associazionismo delle organizzazioni professionali o sociali (agricoltori, consumatori, ecc.) e dell'insieme delle organizzazioni della società civile;

    h)

    condizioni dignitose di lavoro in materia di salute sul posto di lavoro e ambiente, con l'eliminazione progressiva del lavoro sommerso.

    7.6

    In linea con la priorità che la recente comunicazione della Commissione attribuisce alla coesione sociale (26), l'Unione europea dovrebbe rafforzare le sue già rilevanti attività di cooperazione con i paesi andini allo scopo di indurre condizioni interne favorevoli alla conclusione di un accordo di associazione. Il CESE accoglie con favore la proposta della Commissione affinché la Banca europea per gli investimenti ampli la sua linea di finanziamento all'America Latina, destinando una parte importante di tali risorse alle piccole e medie imprese. A tale riguardo, la Corporación Andina de Fomento potrebbe essere un partner prezioso.

    7.7

    Il CESE invita inoltre la Commissione ad analizzare con cura la proposta del Parlamento europeo relativa alla creazione di un Fondo biregionale di solidarietà, che favorirebbe in particolare i paesi andini (e centroamericani). Ritiene inoltre che il programma Iberpyme costituisca un esempio adeguato di promozione dell'attività imprenditoriale e che l'esperienza acquisita attraverso tale programma possa essere applicabile ad un progetto analogo UE-CAN.

    7.8

    Le difficoltà incontrate dalla CAN nell'attuare i venti progetti definiti nel Plan Integrado de Desarrollo Social (PIDS) dovrebbero essere affrontate con il sostegno tecnico o finanziario della Commissione europea, anche in considerazione del fatto che i ministri dell'UE si sono congratulati con la CAN riguardo al PIDS, definendolo uno strumento di grande utilità per la promozione della coesione sociale nella Comunità andina (27).

    7.9

    Il CESE attribuisce notevole importanza alla decisione adottata dal CCLA e dal CCEA di istituire un Consiglio economico e sociale andino (CESA), con una composizione analoga all'organo dell'UE, e sosterrà questa iniziativa attraverso gli strumenti che verranno definiti nel quadro del piano di cooperazione interistituzionale.

    7.10

    Il CESE raccomanda l'istituzione di un comitato misto CESE — Consigli consultivi andini (e a suo tempo di un comitato misto CESE-CESA), la cui creazione potrebbe precedere la conclusione dell'accordo di associazione, sfruttando le possibilità offerte dall'Accordo politico e di dialogo sociale del 2003 (una volta che quest'ultimo venga ratificato).

    7.11

    La Commissione europea e il segretariato generale della CAN dovrebbero promuovere congiuntamente lo svolgimento periodico di un forum di dialogo tra la società civile andina e quella europea. Tale forum dovrebbe essere coordinato dal CESE e dai Consigli consultivi andini e consentire alle varie associazioni e organizzazioni sociali di entrambe le regioni di esprimere le loro opinioni in merito alle relazioni tra l'Unione europea e la Comunità andina.

    Bruxelles, 5 luglio 2006

    La Presidente

    del Comitato economico e sociale europeo

    Anne-Marie SIGMUND


    (1)  Città del Messico, 13-15 aprile 2004. La Comunità andina è detta anche, meno frequentemente, Comunità andina delle nazioni. (La dichiarazione citata non è disponibile in italiano).

    (2)  Guadalajara (Messico), 28 e 29 maggio 2004.

    (3)  Indicatori del Millennio della divisione di statistica delle Nazioni Unite (15.10.2003).

    (4)  Il presente documento (e gli indici in esso contenuti) è stato elaborato considerando il Venezuela membro della Comunità andina.

    (5)  In linea di principio, la Comunità andina si riferisce all'insieme degli organi e delle istituzioni, ivi inclusi gli Stati membri, mentre il Sistema andino di integrazione riguarda le relazioni esistenti tra gli organi andini. Nella pratica, non sembra esservi tuttavia una netta distinzione tra SAI e CAN.

    (6)  Articolo 30, lettera a, dell'Accordo.

    (7)  Dati ricavati dalla relazione della Commissione economica per l'America Latina (CEPAL), Panorama de la Inserción Internacional de América Latina y el Caribe 2004. Tendencias 2005. Santiago del Cile, 2005.

    (8)  Tra i vari testi disponibili, si può consultare: Integración para la Globalización, Discorso del segretario generale della Comunità andina Allan Wagner Tizón in occasione del suo insediamento, Lima, 15 gennaio 2004 (disponibile al seguente indirizzo Internet:

    http://www.comunidadandina.org/index.asp).

    (9)  Il testo è disponibile al seguente indirizzo Internet:

    http://www.comunidadandina.org/normativa/dec/DEC601.pdf

    (10)  Articolo 1 e capitolo XVI dell'Accordo di Cartagena sull'integrazione e la cooperazione economica e sociale; Carta sociale andina, adottata dal Parlamento andino nel 1994 ma non ancora ratificata dai governi; Dichiarazione di Cartagena dell'XI Consiglio presidenziale in cui si richiede al Consiglio dei ministri degli Affari esteri di presentare una proposta di partecipazione della società civile (complementare alla partecipazione dei datori di lavori e dei lavoratori, di cui alle decisioni 441 e 442); Dialogo presidenziale andino sull'integrazione, lo sviluppo e la coesione sociale, Cuzco, 2004.

    (11)  Cartagena de Indias, Colombia, 26 luglio 1998.

    (12)  Marcos-Sánchez, José, La experiencia de participación de la sociedad civil en el proceso de integración, Primo forum della società civile UE-CAN, Bruxelles, Belgio, marzo 2005.

    http://europa.eu.int/comm/external_relations/andean/conf_en/docs/jose_marcos-sanchez.pdf

    (13)  Cartagena de Indias, Colombia, 25 maggio 1999.

    (14)  CCLA, Lima, Perù, 7 aprile 2005.

    (15)  VII riunione ordinaria del CCEA (Lima, aprile 2005).

    (16)  Altri accordi esistenti sono il Convenio Andrés Bello, dedicato alle politiche dell'istruzione nella regione andina, e il Convenio Hipólito Unanue consacrato alle politiche sanitarie.

    (17)  Decisione 524, 7 luglio 2002.

    (18)  Decisione 539: Mesa Andina de Participación de la Sociedad Civil para la Defensa de los Derechos del Consumidor (Gruppo andino di partecipazione della società civile per la difesa dei diritti del consumatore), Bogotà, Colombia, 11 marzo 2003.

    (19)  È stata inoltre creata la Mesa de Trabajo de las Autoridades Locales (Gruppo di lavoro degli enti locali), a carattere consultivo.

    (20)  Alcuni autori definivano l'accordo di «terza generazione plus o quarta generazione minus» in riferimento alla situazione intermedia tra l'accordo del 1993 e gli accordi con il Mercosur, il Cile e il Messico: Javier Fernández e Ana Gordon, Un nuevo marco para el refuerzo de las relaciones entre la Unión Europea y la Comunidad Andina, Revista de Derecho Comunitario Europeo, Anno 89, n. 17, gennaio-aprile 2004.

    (21)  L'articolo 52, paragrafo 3, dell'accordo in esame prevede l'istituzione di un comitato consultivo congiunto allo scopo di promuovere il dialogo con le organizzazioni economiche e sociali della società civile organizzata.

    (22)  Tale obiettivo si può ritrovare nel parere del CESE sul tema La coesione sociale in America Latina e nei Carabi, che al punto 6.8.3 recita: «Il rafforzamento di organizzazioni economiche e sociali rappresentative, indipendenti e capaci di assumere un impegno, è una condizione essenziale per giungere a un dialogo sociale e a un dialogo civile proficuo e quindi per favorire lo sviluppo dei paesi latinoamericani.» (GU C 110 del 30.4.2004, pag. 55).

    (23)  Punti 4 e 5 della dichiarazione finale dell'incontro.

    (24)  V riunione congiunta del Consiglio consultivo imprenditoriale andino e del Consiglio consultivo dei lavoratori andini, Lima, Perù, 2 e 3 novembre 2004.

    (25)  Il 7 aprile 2003 la Confederazione europea dei sindacati (CES) e il CCLA hanno sottoscritto una dichiarazione che stabilisce relazioni regolari e annuncia un accordo di collaborazione tra i due organi. Il 17 febbraio 2005 la rete ALOP di ONG latinoamericane e l'Università Cattolica di Lima hanno organizzato un incontro di ONG provenienti dall'UE e dalla CAN.

    (26)  Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo — Un partenariato rafforzato tra l'Unione europea e l'America Latina (COM(2005) 636 def. — Bruxelles, 8.12.2005).

    (27)  Riunione ministeriale UE-CAN (Lussemburgo, 26 maggio 2005).


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