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Dokument 52005AE1259
Opinion of the European Economic and Social Committee on the Proposal for a Council Regulation amending Regulation (EC, Euratom) No 1605/2002 on the Financial Regulation applicable to the general budget of the European Communities (COM(2005) 181 final — 2005/0090 (CNS))
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Consiglio recante modifica del regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002, che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee COM(2005) 181 def. — 2005/0090 (CNS)
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Consiglio recante modifica del regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002, che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee COM(2005) 181 def. — 2005/0090 (CNS)
GU C 28 del 3.2.2006, s. 83 – 85
(ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, NL, PL, PT, SK, SL, FI, SV)
3.2.2006 |
IT |
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea |
C 28/83 |
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Proposta di regolamento del Consiglio recante modifica del regolamento (CE, Euratom) n. 1605/2002, che stabilisce il regolamento finanziario applicabile al bilancio generale delle Comunità europee
COM(2005) 181 def. — 2005/0090 (CNS)
(2006/C 28/17)
Il Consiglio, in data 15 luglio 2005, ha deciso, conformemente al disposto articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla: proposta di cui sopra.
In considerazione dell'urgenza dei lavori, il Comitato economico e sociale europeo, in data 26 ottobre 2005, nel corso della 421a sessione plenaria, ha deciso di nominare BURANI relatore generale e ha adottato il seguente parere con 82 voti favorevoli, nessun voto contrario e 1 astensione.
1. Premessa
1.1 |
Il nuovo regolamento finanziario (RF) è stato adottato dal Consiglio nel giugno 2002 ed è stato seguito nel dicembre 2002 dal testo delle modalità di esecuzione (ME). Nell'adottare queste ultime, la Commissione si è impegnata nei confronti del Consiglio a riferire, entro il 1o gennaio 2006, sull'attuazione del regolamento ed a presentare eventuali proposte di modifica. Il documento in esame risponde precisamente a tale impegno, ed al momento è oggetto di consultazione con il Consiglio e la Corte dei conti. Tuttavia, una valutazione dei tempi necessari per rispettare le procedure fa ritenere che le sua messa in opera non possa avvenire, nel migliore dei casi, prima del 1o gennaio 2007: infatti il Comitato del bilancio del Consiglio farà conoscere la posizione dei singoli Stati membri (SM) alla fine dell'anno corrente, e solo in seguito sarà avviata la procedura di consultazione, e eventualmente di conciliazione, con il PE. |
1.2 |
Nel redigere il presente parere sulla proposta della Commissione, il CESE intende concentrarsi principalmente sugli aspetti del regolamento legati direttamente o indirettamente ai rapporti con le organizzazioni della società civile. Ritiene invece di doversi astenere, in linea di massima, dal commentare le norme relative agli aspetti più strettamente tecnici e «interni», che già sono state oggetto di osservazioni e proposte da parte degli organismi istituzionali con competenza professionale ed esperienza diretta, vale a dire la rete di unità finanziarie della Commissione (RUF), l'amministrazione del Consiglio, la Corte di giustizia, la Corte dei conti, i servizi contabili del PE, del CESE e del CdR. |
1.3 |
Il CESE prende nota di un'opinione, diffusa fra le organizzazioni della società civile e in particolare fra le ONG, secondo la quale il vigente RF e la sua attuazione, sarebbero troppo complicati, non faciliterebbero un'effettiva collaborazione e danneggerebbero i rapporti fra queste organizzazioni e la Commissione. Inoltre, le organizzazioni della società civile hanno lamentato una mancanza di consultazione e di dialogo da parte della Commissione, cosa che ha ingenerato uno stato di generale confusione, frustrazione e delusione. |
1.4 |
Da parte sua, il CESE auspica una sempre più stretta collaborazione fra le istituzioni europee e la società civile organizzata attraverso consultazioni strutturate; non dimentica però che le istituzioni hanno responsabilità e prerogative che devono essere mantenute anche a costo di non poter venire incontro a tutte le esigenze. Occorre comunque che fra le parti vengano istituiti rapporti di comprensione e di rispetto delle reciproche posizioni; fra l'altro, dovrebbe essere chiaramente stabilito, nel RF o altrove, che ogni richiesta non esaudita deve essere comunicata agli interessati e debitamente motivata. |
2. Osservazioni di carattere generale
2.1 |
Alcuni principi generali hanno ispirato le nuove regole del Regolamento finanziario e quelle delle modalità di esecuzione che sono state introdotte a partire dal 1o gennaio 2003; il più importante di tali principi è l'idea di abolire il controllo centralizzato ex ante, conferendo maggiori poteri e responsabilità agli ordinatori, con una serie di controlli incrociati dei controllori finanziari e dei contabili. Il sistema sembra aver dato buona prova, ma qualche aggiustamento si rende necessario alla luce delle esperienze fatte. |
2.2 |
Gli organi tecnici menzionati al precedente punto 1.2, e le organizzazioni della società civile, hanno in generale sottolineato la necessità di un migliore equilibrio fra le esigenze di controllo e una maggiore «flessibilità»delle norme, particolarmente quando sono in gioco cifre di importo non rilevante. La Commissione sembra voler aderire a questa istanza; il CESE, da parte sua, vorrebbe far notare che un «importo non rilevante» per le istituzioni comunitarie — che trattano complessivamente somme di enorme entità — ha un'importanza diversa per quella parte della società civile (fornitori, consulenti, ONG, ecc.) che ha dimensioni relativamente ridotte: 10 000 euro sono forse un importo non rilevante per l'UE, ma possono costituire una cifra di tutto rispetto per un piccolo o medio operatore. |
2.3 |
A questo proposito, si ricorda che nella relazione preliminare alla proposta di regolamento la Commissione dice fra l'altro che «ogni proposta di modifica deve avere lo scopo di [...] accrescere la tutela degli interessi finanziari dell'UE contro le frodi e le attività illecite». In altri termini e da un diverso punto di vista, le norme contabili dell'UE devono (o dovrebbero) contribuire ad una «moralizzazione» del mercato, agendo come deterrente contro le facili tentazioni di sfruttare la «flessibilità» delle norme stesse. Il CESE si rende conto che controlli contabili minuziosi e complicati sono gravosi per l'UE, ma considera che la legittima intenzione di diminuire i costi amministrativi non deve portare a soluzioni lassiste o troppo semplicistiche. Come insegnano i rapporti dell'OLAF, le frodi sono diffuse a tutti i livelli; il CESE nota a questo proposito che preziosi insegnamenti — traducibili in opportune regole — avrebbero forse potuto essere tratti dalla Commissione se l'OLAF fosse stato interpellato in fase di redazione del nuovo testo del RF. |
2.3.1 |
Detto questo, il CESE prende nota della necessità, sottolineata dalle organizzazioni della società civile, di stabilire un equilibrio fra l'efficienza, l'efficacia e la responsabilità, in modo tale da non mettere in causa il principio di partenariato fra chi concede i fondi e chi li riceve, evitando quindi di ostacolare sia i possibili sviluppi innovativi che l'oculato uso dei fondi pubblici. Il CESE è d'accordo con questa necessità, ma sottolinea che in nessun caso devono venire meno i principi che stanno alla base dell'uso del pubblico denaro: trasparenza, efficacia nell'utilizzo, obbligo di rendere conto. |
2.4 |
Altra osservazione degna di commento è quella secondo la quale «cambiare [le] regole troppo spesso, o senza una giustificazione adeguata, può avere un'incidenza negativa sui beneficiari e sull'immagine dell'Unione europea». Questa posizione non può che essere condivisa, ma dovrebbe essere mitigata dalla considerazione che nuove regole potrebbero essere giustificate nei settori ove più frequenti sono gli abusi. Anche in questo caso, la consultazione dei rapporti OLAF potrebbe fornire utili suggerimenti. |
3. Osservazioni specifiche
3.1 |
In materia di recupero dei crediti dell'UE (artt. 72-73 bis) il nuovo RF prevede che per i crediti dell'Unione valgano anche gli strumenti già adottati con apposite direttive in materia di cooperazione giudiziaria, e impone agli SM di applicare al recupero dei crediti dell'UE i medesimi privilegi riservati ai crediti fiscali nazionali. Pur rendendosi conto che un regolamento è di applicazione diretta in ciascuno SM, il CESE si chiede se questa norma non richieda un cambiamento delle legislazioni nazionali, in particolare delle leggi sul fallimento, che normalmente accordano un diritto di prelazione ai crediti fiscali (nazionali) ma non menzionano i debiti nei confronti dell'UE. Per essere opponibile ai terzi, ogni tipo di diritto di prelazione dovrebbe essere previsto dalle leggi nazionali . |
3.2 |
L'adozione nel 2004 della nuova direttiva CE in materia di appalti pubblici implica che la nuova proposta di RF si adegui alle nuove norme; già nel 2002 era stata adottata per l'Unione la direttiva sugli appalti in vigore per gli SM. Il CESE non ritiene necessario pronunciarsi su regole ormai adottate e sulla validità delle quali solo l'esperienza potrà dare una risposta e delle indicazioni per eventuali modifiche. |
3.2.1 |
Su un elemento del RF si desidera attirare l'attenzione: un comma aggiunto all'art. 95 prevede la creazione di una base di dati comune a due o più istituzioni per individuare i candidati che si trovano in situazioni di esclusione (artt. 93 e 94). La creazione di una banca dati centralizzata (non limitata a singole istituzioni) sarebbe auspicabile, ma la Commissione dice solo che si deve prevedere la possibilità che due o più istituzioni mettano in comune i dati in loro possesso. Il CESE concorda sull'utilità delle banche dati in generale, ma si chiede se nel caso specifico i costi di unificazione sarebbero giustificati dai risultati: le controparti di ogni singola istituzione sono in gran parte differenti e non sempre i criteri di raccolta dei dati sono omogenei. |
3.3 |
Un altro motivo di perplessità riguarda i motivi di esclusione (art. 93), fra i quali vengono indicate (art. 93.1.a) le condanne per «sentenze passate in giudicato». La norma è redatta nel rispetto delle leggi e dei principi sanciti dalla Costituzione della maggior parte degli SM, e come tale è inattaccabile; il CESE rileva peraltro che in taluni SM le procedure di appello contro una sentenza «di primo grado» (tribunale) possono passare attraverso altri due stadi di giudizio (appello, cassazione), e che una sentenza è giudicata «definitiva» solo quando sono state esaurite tutte le possibilità di appello. Fra un grado di giudizio e l'altro possono intercorrere tempi lunghi e nel frattempo una condanna in primo o secondo grado, anche se palesemente fondata, non può essere considerata un motivo di esclusione giuridicamente valido. Sul piano pratico, sarà compito dei responsabili esercitare ogni cautela nell'aggiudicazione di appalti o di contratti, ma non sarà sempre facile — particolarmente in certi casi — prendere decisioni che rispettino la legge e nel contempo siano improntate ad una doverosa prudenza. |
3.3.1 |
La norma di cui sopra, anche se inoppugnabile, lascia quindi ampi margini di perplessità; inoltre, essa sembra porre un problema di coerenza con il successivo paragrafo 93.1.b, che prevede l'esclusione dalle gare di appalto di coloro «nei confronti dei quali sia in corso di applicazione una sanzione amministrativa di cui all'articolo 96». Contro l'applicazione di una sanzione amministrativa è pur sempre consentito un ricorso in via amministrativa o giudiziaria, ma il testo proposto sembra voler implicare che una sanzione amministrativa è definitiva anche se è solo in corso di applicazione. Il confronto fra le due norme dà adito a dubbi circa i criteri logici e giuridici che le hanno ispirate: da un lato, l'art. 93.1.a lascia che i «presunti» colpevoli di colpe gravi godano di una presunzione di innocenza sino ad una loro condanna definitiva, mentre secondo l'art. 93.1.b le sanzioni amministrative in corso di applicazione (e quindi appellabili) costituiscono una ragione di esclusione immediata. Il CESE non chiede di rendere più «flessibile» l'art. 93.1.b, ma semmai di trovare un criterio complementare che renda meno «aperto» l'art. 93.1.a. |
3.4 |
Il capitolo riguardante le sovvenzioni (articolo 108 e seguenti) è quello che merita una attenzione del tutto particolare, non soltanto per la delicatezza dell'argomento ma anche perché la destinazione di denaro pubblico ad una moltitudine di beneficiari diversi, e per le motivazioni più disparate, può prestare il fianco a critiche da parte dell'opinione pubblica. Tali critiche possono essere più o meno giustificate, ma spesso nascono da una vera o supposta mancanza di trasparenza, intendendo come tale anche la difficoltà di comprensione delle norme e dei loro criteri di applicazione. Occorre peraltro riconoscere che è tutt'altro che facile redigere norme per inquadrare un universo così variegato e multiforme, con una casistica difficile da ricondurre a schemi precisi. La trasparenza (intesa qui soprattutto come chiarezza di concetti e di linguaggio) rappresenta quindi la maggiore garanzia dell'amministrazione contro le responsabilità derivanti dal suo ampio margine di discrezionalità. |
3.4.1 |
Un primo esempio di difficoltà di comprensione è rappresentato da un passo dell'art. 109, che al paragrafo 2 stabilisce che «le sovvenzioni non possono avere lo scopo o l'effetto di produrre profitti», mentre il successivo paragrafo 3, lettera c) dice che «il paragrafo 2 non si applica ad azioni il cui obiettivo è rafforzare la capacità finanziaria di un beneficiario o a produrre reddito». Sfugge la differenza pratica fra «profitto» e «reddito»: il CESE auspica che la formulazione della norma sia chiarita, sia nella forma che nella sostanza. |
3.4.2 |
L'articolo 109.2, lettera d), stabilisce che l'esenzione dal divieto di produrre profitto si applica anche alle sovvenzioni di valore limitato, quando esse (art. 113 bis, paragrafi 1.c), d)) siano sotto forma di somme forfettarie o di finanziamenti a tasso fisso. Circa il concetto di «valore limitato» o «non rilevante», il CESE richiama le osservazioni fatte al precedente punto 2.2: sembra necessario trovare un punto di equilibrio fra quello che è il concetto di «valore limitato» per l'UE ed il «valore soggettivamente rilevante» per i beneficiari delle sovvenzioni. In ogni caso, la questione dovrebbe essere risolta e trovare posto nel RF e non nelle ME. |
3.4.3 |
Sempre a proposito delle sovvenzioni, e particolarmente di quelle di valore limitato, in nessuna parte del RF si fa cenno ad un obbligo di rendiconto, né ad un impegno qualsiasi a presentare una relazione sull'impiego effettivo delle somme ricevute. Il CESE ha preso nota del desiderio della Commissione di ridurre i costi amministrativi, ma non può accettare che il denaro pubblico venga erogato senza che si abbia un'idea di come esso verrà in seguito utilizzato. Occorrerebbe prevedere un controllo a campione dei rendiconti, e anche delle sanzioni a carico di chi non li presenta, se non altro per affermare un principio di sana amministrazione della cosa pubblica. |
3.4.4 |
Anche l'articolo 114 offre qualche spunto di riflessione. Al paragrafo 4 si stabilisce che «l'ordinatore può applicare ai richiedenti sanzioni amministrative o finanziarie efficaci, proporzionate e dissuasive...»; sembra tuttavia lecito chiedersi quali garanzie offrano i beneficiari di sovvenzioni (che in molti casi hanno caratteristiche, e consistenza patrimoniale, ben diverse dai titolari di appalti o contratti) di essere in grado, o di volere, far fronte agli obblighi derivanti dalle sanzioni. Ad avviso del CESE, sarebbe necessario — nei casi di richiedenti aventi sede nel territorio di uno SM — che fosse lo stesso SM a fare da tramite per le domande e a fornire la garanzia dell'assolvimento delle obbligazioni derivanti da eventuali sanzioni amministrative o pecuniarie. |
4. Conclusioni
4.1 |
Il CESE manifesta il suo accordo sulla linea adottata dalla Commissione nella sua proposta per un nuovo regolamento finanziario, particolarmente per quanto riguarda l'abolizione dei controlli centralizzati ex ante, e la loro sostituzione con controlli da effettuare prima di autorizzare i pagamenti relativi a progetti già approvati. |
4.2 |
D'altra parte, il CESE consiglia cautela nell'aderire alle richieste dei servizi finanziari di numerose istituzioni, tendenti a semplificare o ad abolire diverse formalità e controlli per i contratti e le sovvenzioni di «modesta entità». Anche se è d'accordo sul fatto che i controlli sono costosi, in termini di risorse e di tempo, esso ritiene che il condivisibile intento di contenere i costi dovrebbe essere temperato da una preoccupazione di segno opposto: la necessità di non dare ai cittadini dell'Europa ed agli operatori un'impressione di semplicismo o di trascuratezza nel trattare i «piccoli» importi. |
4.3 |
Le organizzazioni della società civile, da parte loro, chiedono che ogni revisione del RF sia condotta in consultazione con la Commissione, ispirandosi ad una linea di mutua comprensione e tenendo conto della necessità di una buona gestione finanziaria per entrambe le parti. Il CESE appoggia tale richiesta, ma ricorda che ogni decisione deve essere adottata senza venir meno all'imperativo di una sana e trasparente gestione del pubblico denaro. |
Bruxelles, 26 ottobre 2005
La Presidente
del Comitato economico e sociale europeo
Anne-Marie SIGMUND