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Document 52008IE0772

    Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema La libertà di associazione nei paesi del partenariato euromediterraneo

    GU C 211 del 19.8.2008, p. 77–81 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

    19.8.2008   

    IT

    Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

    C 211/77


    Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema La libertà di associazione nei paesi del partenariato euromediterraneo

    (2008/C 211/20)

    Il Comitato economico e sociale europeo, in data 17 febbraio 2007, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere sul tema:

    La libertà di associazione nei paesi del partenariato euromediterraneo

    La sezione specializzata Relazioni esterne, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 22 febbraio 2008, sulla base del progetto predisposto dal relatore Juan MORENO PRECIADO.

    Il Comitato economico e sociale europeo, in data 22 aprile 2008, nel corso della 444a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 99 voti favorevoli e 1 astensione.

    1.   Sintesi e raccomandazioni

    1.1

    Il rispetto della libertà di associazione è citato espressamente tra gli impegni dei governi firmatari della dichiarazione di Barcellona del novembre 1995, che ha dato inizio al partenariato euromediterraneo.

    Gli accordi di associazione sottoscritti tra l'UE e ciascuno dei paesi partner del Mediterraneo (PPM (1)) contengono una clausola in cui si afferma che «il rispetto dei principi democratici e dei diritti fondamentali costituisce un elemento essenziale degli accordi di associazione».

    Anche i piani d'azione che l'Unione europea sta sottoscrivendo con i PPM conformemente alla politica europea di vicinato adottata nel 2004, includono riferimenti alla buona governance e alla promozione dei diritti umani e delle libertà fondamentali.

    1.2

    Tuttavia, se si osserva la realtà si può notare che nei PPM (anche se con differenti gradazioni) la libertà di associazione non è garantita e lo sviluppo della società civile è ostacolato da barriere di natura politica e amministrativa che vanno dal rifiuto di autorizzare la costituzione di un'associazione alla sua messa fuori legge o sospensione.

    Anche le associazioni legalmente riconosciute incontrano ostacoli al loro normale funzionamento, alcuni dei quali di particolare gravità, ad esempio il divieto o le restrizioni imposti dalle autorità nell'accesso ai finanziamenti a titolo della cooperazione internazionale.

    1.3

    L'emergere di gruppi sociali liberamente associati nei diversi settori della società civile (lavoratori, datori di lavoro, produttori agricoli, economia sociale, donne, giovani, consumatori, ecc.) è un presupposto essenziale per il processo di democratizzazione nei paesi partner del Mediterraneo. Il partenariato euromediterraneo, ben strutturato sul piano economico attraverso gli accordi di associazione tra l'UE e i PPM, deve comprendere anche una dimensione sociale e democratica che richiede la partecipazione della società civile organizzata.

    1.4

    I sindacati, ai loro diversi livelli organizzativi, sperimentano ingerenze da parte del potere politico, ingerenze che limitano la protezione dei rappresentanti dei lavoratori nell'esercizio dei loro diritti, compreso il diritto di sciopero.

    1.5

    Tra i punti deboli dell'associazionismo imprenditoriale e sindacale, va segnalato lo scarso sviluppo del dialogo e della concertazione sociale. Nei paesi del Medio Oriente questo dialogo bipartito o tripartito è meno presente che nei paesi del Magreb.

    1.6

    Il CESE chiede alla Commissione europea di rispettare gli impegni di democratizzazione assunti nell'ambito del partenariato euromediterraneo, degli accordi di associazione e dei piani d'azione della politica di vicinato e di insistere presso i governi interessati affinché le associazioni non siano oggetto di misure di scioglimento o sospensione amministrativa, se non attraverso un processo giudiziario giusto.

    1.7

    Inoltre, il CESE chiede alla Commissione di premere affinché i governi dei PPM garantiscano che i membri e i responsabili delle associazioni non vengano privati della libertà a causa dell'esercizio delle loro legittime funzioni associative.

    1.8

    Il CESE invita la Commissione europea ad elaborare le relazioni strategiche sui singoli paesi, le quali stabiliscono il quadro della cooperazione comunitaria sancita dai piani d'azione, tenendo conto del grado di osservanza, da parte dei governi dei paesi partner, delle disposizioni in materia di libertà di associazione e di diritti umani.

    Questa esigenza si basa anche sul Programma d'azione comunitaria 2005-2010 per il Mediterraneo, in particolare sul punto 1 (partenariato politico e sicurezza) che persegue i seguenti obiettivi principali: promuovere la partecipazione dei cittadini, incrementare la partecipazione delle donne, assicurare la libertà di espressione e di associazione, potenziare il ruolo della società civile, applicare le convenzioni internazionali.

    1.9

    Il CESE chiede alla Commissione europea di esigere la partecipazione della società civile dei PPM al monitoraggio degli accordi di associazione e dei piani d'azione.

    1.10

    Il CESE proporrà all'Assemblea parlamentare euromediterranea, di cui fa parte in qualità di osservatore, di sottolineare ai parlamenti dei paesi partner la necessità di riformare la legislazione per rimuovere tutti gli ostacoli alla libertà di associazione.

    1.11

    Il CESE, con la collaborazione delle reti euromed di imprenditori, di sindacati e dell'economia sociale e altre, potrà elaborare relazioni periodiche particolareggiate sulla situazione nei vari paesi partner in materia di libertà di associazione e di diritti umani, relazioni che saranno trasmesse alla Commissione europea e al Parlamento europeo. Il presente parere sarà discusso nel prossimo vertice dei consigli economici e sociali e delle istituzioni analoghe che si terrà in Marocco nel 2008. I punti di vista e le informazioni che saranno raccolti in questa occasione serviranno per effettuare questo monitoraggio.

    1.12

    Il CESE continuerà a sostenere la creazione di organi istituzionali per la consultazione della società civile dei PPM (consigli economici e sociali o strumenti analoghi) e la riattivazione di quelli già esistenti in Libano e in Giordania, raccomandando che tali organi siano composti da organizzazioni rappresentative dei diversi settori della società civile e dispongano delle risorse necessarie ai fini di un loro funzionamento autonomo ed efficace.

    1.13

    Il CESE ribadisce la necessità di rafforzare la posizione della donna nella società e soprattutto nella vita associativa dei paesi partner, in linea con le importanti raccomandazioni contenute nel parere Promozione dell'imprenditorialità femminile nella regione euromediterranea  (2).

    In questo senso, sottolinea anche l'importanza delle conclusioni della conferenza ministeriale euromediterranea (3), nelle quali si raccomanda di promuovere la presenza e la partecipazione delle donne ai posti di responsabilità in campo economico, in particolare nelle associazioni degli imprenditori, nei sindacati e in altre strutture socioeconomiche.

    1.14

    Il CESE promuoverà l'incontro e il dialogo tra le associazioni degli imprenditori (UMCE) e i sindacati (Forum sindacale), il loro sviluppo e quello di altre reti e organizzazioni della società civile nella regione euromediterranea, ad esempio la rete euromediterranea dell'economia sociale (ESMED) o le organizzazioni delle donne.

    2.   I fondamenti della libertà di associazione per la realizzazione degli obiettivi di democratizzazione del «processo di Barcellona»

    2.1

    La necessità di elaborare questo parere d'iniziativa è nata dalla constatazione, ripresa nelle conclusioni del 1o vertice Euromed dei capi di Stato e di governo del novembre 2005, dello scarso ruolo della società civile. Il presente documento prede le mosse dalle «dichiarazioni finali» degli ultimi vertici euromediterranei dei consigli economici e sociali e delle istituzioni analoghe (Amman, novembre 2005; Lubiana, novembre 2006; Atene, ottobre 2007) ed ha l'obiettivo di contribuire all'esercizio effettivo dei diritti di associazione nei paesi partner del Sud del Mediterraneo.

    2.2

    Tra gli impegni assunti dai paesi firmatari della «dichiarazione di Barcellona» figurano i seguenti:

    agire in conformità della Carta delle Nazioni Unite e della dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, come pure di altri obblighi a norma del diritto internazionale, segnatamente quelli risultanti dagli strumenti regionali ed internazionali di cui sono parti,

    sviluppare lo Stato di diritto e la democrazia nei loro sistemi, riconoscendo in questo contesto il diritto di ciascun partecipante di scegliere e sviluppare liberamente il proprio sistema politico, socioculturale, economico e giudiziario,

    rispettare i diritti dell'uomo e le libertà fondamentali e garantire l'effettivo e legittimo esercizio di tali diritti e libertà, comprese la libertà di espressione, la libertà di associazione a scopi pacifici e la libertà di pensiero, di coscienza e di religione, individualmente e in comune con altri membri dello stesso gruppo, senza alcuna discriminazione per motivi di razza, nazionalità, lingua, religione o sesso.

    2.3

    Il primo vertice dei capi di Stato e di governo euromediterranei, tenutosi a Barcellona nel 2005 e organizzato per valutare i primi dieci anni del processo Euromed, ha ricevuto apprezzamenti positivi in quanto ha fatto registrare alcuni progressi rispetto alla dichiarazione del 1995 e ha inserito nuove disposizioni relative al rafforzamento del ruolo della società civile. I partecipanti al vertice hanno invece continuato ad esprimere la loro profonda preoccupazione per quanto concerne la democrazia e i diritti umani.

    2.4

    Per tale motivo, nel vertice del 2005 si è assunto l'impegno di estendere il pluralismo politico e la partecipazione a tutti i cittadini, in particolar modo alle donne e ai giovani, attraverso la promozione di un quadro politico competitivo, di cui fanno parte elezioni libere e corrette, passi avanti sulla via del decentramento e una migliore amministrazione pubblica.

    2.5

    Da parte sua, nella comunicazione al Consiglio e al Parlamento europeo (4), la Commissione europea ha implicitamente ammesso l'inadeguatezza dei progressi compiuti in termini di diritti umani, nel momento in cui li inserisce tra i tre temi prioritari per la regione mediterranea e anche per l'intensificazione delle relazioni tra l'Unione europea e i paesi partner e indica in primo luogo l'obiettivo di «progredire nel campo dei diritti umani e della democrazia». Il CESE condivide l'opinione della Commissione e considera che l'apertura e il consolidamento dei processi di democratizzazione nei PPM siano imprescindibili.

    2.6

    Tra le principali raccomandazioni contenute nella relazione 2004 (5) del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP) figura una progressiva transizione verso una governance maggiormente rappresentativa, la cui prima fase dovrebbe essere quella di «dare spazio alle forze della società civile e di garantire le tre libertà fondamentali che sono la libertà di opinione, la libertà di espressione e la libertà di associazione».

    A tale proposito, per facilitare la partecipazione delle donne a tutti gli aspetti della vita pubblica dei PPM, è importante introdurre modifiche alla legislazione, soprattutto alle leggi concernenti lo «status personale», che consentano alle donne di decidere liberamente nell'esercizio delle libertà fondamentali.

    2.7

    Nelle dichiarazioni finali degli ultimi due vertici dei consigli economici e sociali e delle istituzioni analoghe figurano alcuni aspetti relativi all'argomento chiave del presente parere di iniziativa.

    2.8

    Al vertice di Lubiana del 2006 è stata sottolineata la necessità di rafforzare il dialogo e la cooperazione tra governi e agenti non governativi nella regione Euromed, in particolar modo le associazioni femminili e giovanili e le organizzazioni socio professionali. In questo senso, la dichiarazione finale ha proposto che la presidenza slovena del Consiglio dell'Unione europea (primo semestre 2008) organizzi un convegno tripartito sui progressi compiuti in materia di dialogo sociale.

    2.9

    La dichiarazione finale dell'ultimo vertice dei consigli economici e sociali e delle istituzioni analoghe, svoltosi ad Atene il 15 e 16 ottobre 2007, contiene i seguenti importanti riferimenti: a) la richiesta che la società civile segua costantemente l'elaborazione e l'applicazione dei piani d'azione nazionali e la proposta che siano il CESE e altri organi analoghi a garantire che questo avvenga; b) la richiesta di risorse, sostegno e riconoscimento affinché i CES possano esprimersi in modo autonomo e l'impegno da parte dei CES ad aprirsi ad altri rappresentanti della società civile che non ne fanno parte; c) la richiesta, formulata espressamente al punto 12, di rispettare la libertà di associazione al fine di facilitare il dialogo con la società civile.

    3.   La libertà di associazione nei paesi del partenariato euromediterraneo: situazione attuale

    3.1

    La sicurezza e la ricerca della pace sono fondamentali per la creazione di un ambiente favorevole allo sviluppo del processo di democratizzazione in tutti i paesi partner mediterranei.

    La situazione drammatica dei territori palestinesi, la guerra in Iraq, l'aumento dell'estremismo e del terrorismo hanno avuto un impatto molto negativo sullo sviluppo delle libertà. Alcuni governi hanno preso a pretesto il rischio o la minaccia esterna per giustificare il ritardo nel portare avanti le riforme democratiche. In alcuni paesi questa situazione ha indebolito le libertà individuali e il diritto di associazione.

    3.2

    Senza dubbio una condizione imprescindibile per realizzare gli obiettivi di democratizzazione proclamati è la garanzia dell'esercizio dei diritti umani. La libertà di associazione, la promozione e lo sviluppo delle associazioni stesse servono gli interessi dei diversi settori e rappresentano elementi fondamentali per lo sviluppo del partenariato euromediterraneo e soprattutto per la partecipazione ad esso della società civile e dei suoi vari gruppi.

    3.3

    È opportuno ribadire che il diritto alla libertà di associazione comprende il diritto all'affiliazione, ossia il diritto ad aderire o a ritirare la propria adesione a gruppi, associazioni o società di vario tipo. Tale diritto presuppone che lo Stato si astenga dall'intervenire nella creazione e nel funzionamento delle associazioni che operano nel rispetto della legge. Presuppone inoltre che lo Stato contribuisca a creare e a preservare un ambiente favorevole all'esercizio del diritto alla libertà di associazione.

    3.4

    Il diritto di associazione non può essere separato dagli altri diritti civili e politici, in particolare dalla libertà di espressione e di opinione, dalla libera circolazione e dal diritto di asilo. L'emergere della società civile contribuirà a sua volta all'introduzione o al consolidamento di sistemi politici maggiormente pluralisti.

    3.5

    Esiste, nella maggior parte dei PPM, una contraddizione tra le convenzioni internazionali (che garantiscono il diritto alla libertà di associazione), sottoscritte dai rispettivi governi, e i testi legislativi nazionali, e tra entrambi gli ordinamenti giuridici e l'applicazione che se ne fa in pratica. Ad eccezione di alcuni Stati, la creazione di associazioni e l'esercizio delle loro attività sono soggetti a diverse restrizioni con l'obiettivo (o il pretesto) di salvaguardare la sicurezza e l'unità nazionale.

    3.6

    Con la scusa di regolare, si limita (o addirittura si proibisce) per legge il diritto di sciopero, riunione, manifestazione o creazione di associazioni. Il potere esecutivo fortemente accentrato, che caratterizza tutti i sistemi politici dei paesi partner, ha come conseguenza un controllo eccessivo delle associazioni.

    3.7

    La tolleranza, il controllo o la repressione sono tre formule utilizzate (a volte insieme) dal potere per trattare con le associazioni. Determinati paesi presentano un livello accettabile di libertà di associazione, limitata solamente in singoli casi specifici. In altri paesi è permesso alle associazioni indipendenti di svolgere la loro attività sottoponendole a controlli amministrativi e finanziari. Altri paesi, infine, autorizzano solo le associazioni pro governative.

    3.8

    L'intervento e il controllo dello Stato influiscono negativamente nelle distinte fasi della vita di un'associazione, dal momento della sua promozione a quello del suo scioglimento. Quando la creazione di associazioni è selettiva o discrezionale, le associazioni stesse sono spesso formate da persone vicine al potere e solitamente sono fonte di corruzione. Quando il potere di scioglimento è arbitrario, le associazioni agiscono in modo poco coraggioso e non sono in grado di sviluppare tutte le loro aspettative e potenzialità.

    3.9

    Sono tre i tipi di associazioni soggette, per diversi motivi, a particolare sorveglianza. Innanzi tutto vi sono le associazioni fondamentaliste islamiche, controllate nel timore che possano favorire l'estremismo politico islamico, che in alcuni paesi è diventato la principale forza di opposizione legale o clandestina. Soggette a controllo sono, in secondo luogo, le associazioni operanti nel campo dei diritti umani, in quanto aggregano anche, a volte, settori politici alternativi. Anche i sindacati infine, sono sottoposti a sorveglianza perché in alcuni casi rappresentano organizzazioni di massa che possono mettere in discussione la politica economica e sociale di un paese e perché sono in stretto collegamento con organizzazioni e istituzioni internazionali.

    3.10

    Nonostante queste limitazioni, il grado di libertà nei paesi partner, per quanto concerne il diritto di associazione, varia da uno Stato all'altro. In numerosi paesi è addirittura possibile che lavoratori dipendenti o autonomi, datori di lavoro, donne, giovani, produttori agricoli, ecc. creino, sebbene con difficoltà, associazioni indipendenti.

    4.   La situazione e le caratteristiche delle principali associazioni nei paesi partner del Mediterraneo

    4.1

    Anche se relativamente deboli, le tradizionali organizzazioni dei lavoratori, dei produttori agricoli, degli imprenditori, dell'economia sociale o di altre categorie sono presenti in tutti i paesi, nonostante le limitazioni già segnalate.

    4.2

    Un altro tipo di associazioni è di natura caritatevole o assistenziale e si occupa di gruppi svantaggiati, offrendo essenzialmente servizi su base comunitaria, religiosa, regionale, tribale o familiare. In alcuni casi, queste associazioni sono diventate veri e propri servizi sociali organizzati.

    4.3

    Sono apparse più recentemente (negli anni Novanta) altre forme di associazione, in campo ambientale o culturale, con l'obiettivo di associarsi all'attività pubblica o statale, attraverso proposte di stimolo e addirittura d'azione, e non di limitarsi a rimediare alle carenze dello Stato. Queste nuove associazioni sono spesso viste con sospetto e vengono ostacolate dall'establishment amministrativo e politico.

    4.4

    Altre associazioni importanti sono quelle che si battono per cause che riguardano i diritti umani, i diritti delle donne, la tutela delle minoranze e lo sviluppo della democrazia in generale.

    4.5

    La situazione del mondo del lavoro e delle relazioni sindacali nei PPM è stata ampiamente discussa nell'ultimo vertice dei consigli economici e sociali, sulla base della relazione congiunta presentata dal CES spagnolo. Tale relazione conteneva una serie di valutazioni che sono riprese nei quattro punti seguenti.

    4.6

    Il principio della libertà sindacale è sancito dai testi costituzionali dei PPM. Negli ultimi anni, la ratifica delle convenzioni sociali fondamentali dell'OIL ha fatto progressi, ma lo stesso non si può affermare per quanto concerne il loro recepimento nella normativa nazionale. Il comitato per la libertà sindacale dell'OIL, incaricato di esaminare le proteste presentate da organizzazioni sindacali o dei datori di lavoro contro i loro governi in merito alla violazione della libertà sindacale, ha ricevuto diverse segnalazioni provenienti dai PPM, per la maggior parte concernenti il Marocco e la Turchia (6).

    4.7

    Per quanto riguarda le organizzazioni sindacali, esistono diversi modelli a seconda dei paesi. In alcuni di essi esiste un unico sindacato obbligatorio (monopolio), in altri l'unità è frutto di una volontà autonoma (sindacato unitario), in altri paesi ancora esistono diverse confederazioni sindacali. Le organizzazioni sindacali presentano in genere una forte dipendenza funzionale dal potere politico.

    4.8

    D'altro canto, la rappresentatività sia delle organizzazioni sindacali sia di quelle dei datori di lavoro è caratterizzata dalla mancanza di norme legislative chiare e ben definite, il che conferisce al potere politico un ampio margine di manovra.

    4.9

    La maggior parte delle confederazioni sindacali del PPM sono affiliate a livello internazionale e operano in coordinamento con i sindacati europei attraverso il Forum sindacale Euromed. Quest'ultimo è formato dalla Confederazione europea dei sindacati (CES), dalla Confederazione sindacale internazionale (CSI), dalla Confederazione internazionale dei sindacati arabi (CISA) e dall'Unione sindacale dei lavoratori del Magreb arabo (USTMA). Tra gli obiettivi del Forum sindacale figurano lo sviluppo della cooperazione Nord-Sud, nonché la difesa e la promozione degli interessi dei lavoratori nel quadro del processo di Barcellona.

    4.10

    Le associazioni dei datori di lavoro sono ampiamente diffuse in tutti i PPM e in genere non devono subire molte limitazioni di natura giuridica, politica o amministrativa nell'esercizio delle loro funzioni rappresentative. Le associazioni settoriali dei datori di lavoro sono ormai generalizzate, mentre nella maggior parte dei paesi stanno progressivamente sorgendo le confederazioni interprofessionali. È doveroso segnalare che oltre alle associazioni degli imprenditori, nei PPM svolgono un ruolo importante anche le Camere di commercio.

    Le associazioni degli imprenditori presentano, rispetto a quelle sindacali, un pluralismo maggiormente consolidato. Le organizzazioni di ciascun paese possono raggrupparsi in un'unica confederazione, come avviene ad esempio in Tunisia dove la UTICA (7) comprende tutti i settori economici al di fuori dell'agricoltura. In altri paesi invece esistono varie organizzazioni; è il caso del Marocco, paese in cui operano tre associazioni di imprenditori (8).

    4.11

    Le organizzazioni dei datori di lavoro di undici paesi partner (9) (e di Malta) formano l'Unione mediterranea delle confederazioni di imprese (UMCE) con sede in Tunisia. L'UMCE persegue l'obiettivo di stabilire una concertazione istituzionalizzata tra le organizzazioni socioprofessionali e di contribuire alla creazione di una zona euromediterranea di libero scambio.

    4.12

    L'economia sociale nelle sue diverse forme (cooperative, mutue, associazioni per lo sviluppo) dà lavoro a gran parte della popolazione dei PPM e svolge un ruolo decisivo per la crescita economica e l'occupazione, specie nelle PMI e nelle microimprese. Le sue componenti assolvono anche una funzione importante in quanto fornitrici di un servizio sociale.

    4.13

    L'associazionismo nei settori dell'economia sociale non conosce, in linea di massima, restrizioni di carattere politico, ma subisce alcuni dei controlli amministrativi cui sono soggetti altri gruppi. Questo tipo di associazionismo è particolarmente diffuso nelle cooperative agricole di paesi quali Marocco, Palestina, Turchia, Egitto e Israele.

    4.14

    I diversi gruppi (parti sociali e socioprofessionali, organizzazioni ambientaliste, associazioni familiari e dei consumatori, soggetti dell'economia sociale, ecc.) cercano di svolgere un ruolo attivo nell'applicazione delle politiche di partenariato e di vicinato, come afferma il CESE in una recente relazione informativa (10).

    4.15

    Nel 2000 è stata creata a Madrid la Rete euromediterranea dell'economia sociale (ESMED) alla quale partecipano attualmente organizzazioni di Francia, Grecia, Italia, Portogallo, Spagna, Marocco e Tunisia. La ESMED ha fornito un contributo a diversi lavori e forum del CESE e del partenariato euromediterraneo.

    4.16

    Anche le organizzazioni non governative e altre associazioni di promozione sociale svolgono, malgrado le difficoltà già segnalate a proposito di altri gruppi, un ruolo di primo piano, soprattutto nella difesa dei diritti umani. La loro attività, inoltre, è ben visibile nel conseguimento degli obiettivi del processo di Barcellona. La piattaforma non governativa Euromed, creata nel 2005, comprende numerose reti e ONG, tra le quali la Rete euromediterranea dei diritti umani.

    Bruxelles, 22 aprile 2008.

    Il presidente

    del Comitato economico e sociale europeo

    Dimitris DIMITRIADIS


    (1)  Marocco, Algeria, Tunisia, Egitto, Giordania, Israele, Territori palestinesi, Libano, Siria, Turchia, Mauritania e Albania (Mauritania e Albania partecipano al processo di Barcellona dal dicembre 2007).

    (2)  REX/233 — CESE 1004/2007.

    (3)  Istanbul, 14 e 15 dicembre 2006.

    (4)  Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo — Decimo anniversario del partenariato euromediterraneoun programma di lavoro per far fronte alle sfide dei prossimi cinque anni (COM(2005) 139 def. del 12 aprile 2005).

    (5)  Relazione sullo sviluppo umano nel mondo arabo, UNDP (aprile 2005).

    (6)  Il tema dei diritti sindacali in Turchia è attualmente all'esame del comitato consultivo misto UE-Turchia.

    (7)  Unione tunisina dell'industria, del commercio e dell'artigianato.

    (8)  Unione marocchina dell'agricoltura; Unione generale dell'industria e del commercio; Confederazione generale delle imprese marocchine.

    (9)  CGEA-Algeria, OEB-Cipro, FEI-Egitto, MAI-Israele, JCI-Giordania, ALI-Libano, MFOI-Malta, CGEM-Marocco, PFI-Palestina, FSCC-CCI-Siria, UTICA-Tunisia, Tusiad-TISK-Turchia.

    (10)  REX/223 — CESE 504/2007 fin. — La partecipazione della società civile a livello locale all'attuazione dei piani di azione per la politica europea di vicinato nella prospettiva di uno sviluppo equilibrato e sostenibile.


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