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Document 52008AE0768

Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Combattere il divario di retribuzione tra donne e uomini COM(2007) 424 def.

GU C 211 del 19.8.2008, p. 54–60 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

19.8.2008   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 211/54


Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Combattere il divario di retribuzione tra donne e uomini

COM(2007) 424 def.

(2008/C 211/16)

La Commissione europea, in data 18 luglio 2007, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Combattere il divario di retribuzione tra donne e uomini

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 2 aprile 2008, sulla base del progetto predisposto dalla relatrice KÖSSLER.

Il Comitato economico e sociale europeo, in data 22 aprile 2008, nel corso della 444a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 128 voti favorevoli, nessun voto contrario e 3 astensioni.

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1

Il CESE accoglie con soddisfazione la volontà politica della Commissione di portare avanti la lotta contro il divario di retribuzione tra donne e uomini. Analogamente alla Commissione, il CESE ritiene assai grave il fatto che le disparità di retribuzione tra donne e uomini non accennino a diminuire: esse persistono nonostante le azioni avviate e i mezzi impiegati per combatterle. È pertanto importante che tutte le parti interessate siano coinvolte negli sforzi per ridurre tale scarto e che esprimano la volontà di introdurre dei veri e propri cambiamenti. La strategia europea per la crescita e l'occupazione, incardinata nella strategia di Lisbona, costituisce uno strumento importante per promuovere la parità sul mercato del lavoro e ridurre il divario di retribuzione tra donne e uomini. La parità retributiva è necessaria per realizzare gli obiettivi della strategia di Lisbona, garantire il benessere dei cittadini e tutelare la competitività globale dell'Unione europea. Essa è importante per il futuro tanto delle donne quanto degli uomini.

1.2

Nel quadro della lotta per l'allineamento dei salari, il CESE formula le seguenti raccomandazioni indirizzandole alle istituzioni dell'UE, ai governi nazionali, agli enti nazionali per le pari opportunità e alle parti sociali.

1.2.1

A giudizio del CESE, ogni Stato membro deve garantire nelle proprie norme nazionali nonché nei contratti collettivi l'applicazione del principio della parità di retribuzione tra i lavoratori dei due sessi per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore, conformemente alle disposizioni della direttiva 75/117/CEE.

1.2.2

Secondo il CESE, gli Stati membri devono impegnarsi a combattere le cause del divario di retribuzione, dovuto tra l'altro alla diversa valorizzazione del lavoro delle donne e degli uomini, al fatto che sul mercato del lavoro esiste effettivamente una divisione del lavoro in funzione del genere e che è diversa la relazione della donna e dell'uomo con la vita professionale, come pure diversi sono il loro potere e status.

1.2.3

Per quanto riguarda l'attuale legislazione, è necessario che:

essa venga effettivamente applicata nella lotta alla discriminazione salariale,

le possibilità legislative di azioni positive, conformemente all'articolo 141, paragrafo 4, del Trattato CE, sussistano e siano applicate in maniera efficace allo scopo di «facilitare l'esercizio di un'attività professionale da parte del sesso sottorappresentato»,

il datore di lavoro proceda a una verifica e a una revisione annuale dei salari e della loro evoluzione allo scopo di individuare le discriminazioni basate sul genere presenti negli organigrammi e di applicare le soluzioni opportune, mettendo a punto un piano per la parità che comprenda un sistema di retribuzioni trasparente,

gli Stati membri garantiscano la semplicità delle procedure di ricorso e di denuncia per i casi di discriminazione, e che spetti alla parte convenuta provare in tribunale o di fronte ad un'altra autorità competente l'insussistenza della violazione del principio della parità di trattamento in virtù della direttiva 97/80/CE del Consiglio riguardante l'onere della prova nei casi di discriminazione basata sul sesso (1).

1.2.4

Negli accordi siglati dalle parti sociali è necessario:

rafforzare il dialogo sociale e la contrattazione collettiva a tutti i livelli: si tratta infatti di uno degli strumenti principali per eliminare le disparità retributive tra gli uomini e le donne,

procedere ad un accurato studio dei criteri in uso per la classificazione dei posti di lavoro, e delle relative ripercussioni esplicite e implicite sull'evoluzione del lavoro nel contesto del tempo, della disponibilità e delle responsabilità familiari,

che vi sia trasparenza nel quadro delle disposizioni riguardanti l'informazione e la consultazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti sulla situazione e l'evoluzione delle retribuzioni delle donne e degli uomini all'interno della medesima impresa,

adottare una serie di misure per combattere le griglie retributive differenziate in base al sesso,

offrire la possibilità di scegliere un orario di lavoro flessibile.

1.2.5

Visto che la parità sul mercato del lavoro costituisce l'elemento chiave nella lotta alle disparità retributive tra donne e uomini, è indispensabile:

promuovere iniziative intese ad agevolare l'accesso al mercato del lavoro su un piano di parità e ad aumentare la partecipazione di entrambi i sessi al mercato del lavoro nel suo insieme, nonché eventualmente fare ricorso ai finanziamenti a titolo dei fondi strutturali,

offrire ai bambini e ai giovani di entrambi i sessi modelli validi che li incoraggino ad effettuare scelte professionali non tradizionali,

realizzare la parità tra donne e uomini per quanto riguarda la partecipazione e l'influenza nella sfera professionale,

adottare misure combinate, strettamente collegate e coerenti volte a realizzare l'equilibrio tra vita privata e vita lavorativa in modo che sia possibile conciliare responsabilità familiari e attività professionale,

introdurre il congedo parentale retribuito nei paesi in cui non è previsto, adeguandolo ad esempio alle disposizioni in vigore all'interno delle istituzioni europee, e offrire la possibilità di prolungare i congedi parentali retribuiti. Gli Stati membri devono adottare misure efficaci per agevolare l'accesso, sia per gli uomini che per le donne, a un congedo parentale condiviso dai due genitori (2),

offrire servizi di custodia dei bambini, completi e sovvenzionati, che permettano ai genitori di portare avanti la loro attività professionale con interruzioni di carriera per periodi più limitati, e ampliare l'offerta di servizi, di qualità ed economicamente accessibili, a sostegno delle persone non autosufficienti e delle loro famiglie (3),

offrire servizi completi e sovvenzionati di cura degli anziani e delle altre persone non autosufficienti.

1.2.6

Inoltre, gli Stati membri devono adoperarsi a favore:

della diffusione tra tutte le parti interessate di informazioni sulle cause delle disparità retributive tra i sessi e della discriminazione basata sul sesso,

di uno scambio delle buone pratiche, nonché del rafforzamento del dialogo tra i vari paesi,

della sensibilizzazione sia del pubblico che dei rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro, nonché degli operatori del diritto, sui diritti delle persone in caso di discriminazione.

1.2.7

Il Comitato invita l'Istituto europeo per l'uguaglianza di genere a dare la priorità, nell'esecuzione dei suoi compiti, alla questione del divario retributivo.

1.2.8

Il Comitato prende nota con forte preoccupazione della situazione esposta nella relazione della Commissione La parità tra le donne e gli uomini — 2008  (4). In tale documento si afferma che le donne sono sottorappresentate in settori essenziali per lo sviluppo economico, in cui le retribuzioni sono generalmente buone, e che pertanto è importante affrontare l'aspetto qualitativo dell'uguaglianza.

1.2.9

Il Comitato esprime il proprio sostegno per la Piattaforma europea delle scienziate (European Platform of Women Scientists EPWS (5)) e invita tutte le parti in causa a livello europeo e nazionale a dedicare speciale attenzione alle donne attive nella scienza e nella ricerca. Nell'UE solo il 29 % degli scienziati e degli ingegneri sono donne.

1.3

Il Comitato si aspetta che, con la loro condotta e il loro comportamento, le istituzioni governative degli Stati membri e i dirigenti politici possano dare il buon esempio nell'attuazione dei principi esposti nel presente parere.

1.4

Il Comitato raccomanda di prestare particolare attenzione all'influenza esercitata dai mass media, al fine di eliminare le immagini stereotipate delle donne e degli uomini e promuovere una rappresentazione di entrambi i sessi che rifletta in maniera più precisa il loro contributo a tutti i settori della società.

2.   Introduzione

2.1

Dalla comunicazione della Commissione risulta che nell'UE le donne attualmente guadagnano in media il 15 % di meno degli uomini. Eliminare il divario retributivo tra i sessi è una preoccupazione essenziale messa in evidenza anche dalla Tabella di marcia per la parità tra donne e uomini 2006-2010  (6). La disparità retributiva tra i sessi va ben oltre la questione di una parità salariale a parità di lavoro. Una della cause principali è legata al modo in cui vengono valutate le competenze delle donne rispetto a quelle degli uomini. Mansioni che richiedono qualifiche simili tendono a essere remunerate meno se svolte in prevalenza da donne piuttosto che da uomini.

2.1.1

Il divario tra le retribuzioni riflette inoltre disuguaglianze sul mercato del lavoro che colpiscono soprattutto le donne come, in particolare, la difficoltà di conciliare attività lavorativa e vita privata. Le donne ricorrono maggiormente alle possibilità di lavoro a tempo parziale e interrompono più spesso la carriera, e questo, oltre a determinare minori possibilità di partecipazione all'apprendimento permanente, ha un impatto negativo sul loro sviluppo professionale. Inoltre, continuano ad essere meno numerose degli uomini nei posti direttivi e incontrano più ostacoli e maggiori resistenze a mano a mano che avanzano nella carriera. Questa, perciò, avrà più interruzioni, sarà più lenta e più corta e, quindi, meno remunerata di quella degli uomini. Dalle statistiche emerge che lo scarto tra le remunerazioni aumenta con l'età, il livello d'istruzione e gli anni di servizio: le differenze salariali superano il 30 % nella fascia d'età compresa tra i 50 e i 59 anni, mentre sono del 7 % per i lavoratori di età inferiore ai 30 anni; superano il 30 % per chi è in possesso di un diploma universitario e sono del 13 % per chi possiede un diploma di scuola media inferiore.

2.1.2

Per affrontare la questione, la comunicazione individua 4 campi d'intervento:

applicare meglio l'attuale legislazione (analizzando in che modo adattarla e migliorarne l'applicazione e suscitando una maggiore consapevolezza del problema),

lottare contro il divario tra le retribuzioni come parte integrante delle politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione (sfruttando pienamente le potenzialità dei finanziamenti comunitari, e in particolare del Fondo sociale europeo) (7),

promuovere la parità salariale presso i datori di lavoro, facendo appello soprattutto alla loro responsabilità sociale,

sostenere lo scambio di buone pratiche nell'intera UE e coinvolgere le parti sociali.

2.1.3

La comunicazione della Commissione analizza le cause del divario tra le retribuzioni e individua modalità d'intervento a livello europeo. Tale divario può essere affrontato solo intervenendo a tutti i livelli, coinvolgendo tutte le parti interessate e concentrandosi su tutti i fattori in gioco.

3.   Osservazioni generali

3.1

Il CESE conviene sull'importanza di coinvolgere tutte le parti interessate negli sforzi per ridurre il divario di retribuzione tra donne e uomini.

3.1.1

L'attuale posizione delle donne sul mercato del lavoro non rispecchia i progressi da esse realizzati in settori quali l'istruzione, la ricerca e l'imprenditorialità. Il tasso di occupazione femminile è inferiore a quello maschile (55,7 % contro il 70 %) e scende ulteriormente (31,7 %) per quanto riguarda le donne tra i 55 e i 64 anni. Anche il tasso di disoccupazione femminile risulta più elevato di quello maschile (9,7 % rispetto al 7,8 %).

3.1.2

Il CESE ritiene che i governi nazionali, gli enti nazionali per le pari opportunità e, in particolare, le parti sociali di tutti gli Stati membri abbiano il preciso dovere di adoperarsi a favore della riduzione delle ineguaglianze strutturali presenti sotto forma di segregazione in settori, professioni e modalità di lavoro diverse, e di fare in modo che i sistemi retributivi da loro adottati riducano l'attuale divario di retribuzione tra donne e uomini.

3.1.3

La retribuzione e il livello di reddito delle donne non rispecchiano pienamente i progressi da esse realizzati anche in settori chiave quali l'istruzione e la ricerca. Il fatto che le donne abbiano un reddito inferiore a quello degli uomini è dovuto anche essenzialmente alle interruzioni della carriera per occuparsi dei figli e di altri familiari. Sono le donne che mettono al mondo i figli e dedicano alle cure della prole molto più tempo degli uomini. Un congedo di maternità implica una minore durata del contratto di lavoro, meno esperienza professionale maturata durante gli anni e un minore accesso alla formazione rispetto agli uomini. In effetti, più l'interruzione è lunga, maggiore è lo svantaggio in termini finanziari. In più le donne hanno le maggiori responsabilità nella cura degli anziani e delle altre persone non autosufficienti.

3.1.4

La posizione svantaggiata delle donne sul mercato del lavoro e il divario retributivo che ne consegue incidono anche sui loro diritti alla pensione. È pertanto indispensabile procedere all'adeguamento dei regimi pensionistici affinché le donne che interrompono la carriera per il congedo di maternità e il congedo parentale non siano svantaggiate e per assicurare la parità tra i sessi, con l'obiettivo a lungo termine di adattare le pensioni ai bisogni dei singoli individui (8). Occorre promuovere un'equa ripartizione degli obblighi familiari tra uomini e donne e far sì che le responsabilità parentali non comportino condizioni più svantaggiose sul piano della pensione.

4.   Osservazioni specifiche

4.1

Il Trattato di Roma sanciva già nel 1957, nell'articolo 119, il principio della parità di retribuzione tra i lavoratori dei due sessi per uno stesso lavoro. Questo articolo, diventato l'articolo 141 del trattato CE, impone agli Stati membri di assicurare l'applicazione del principio della parità di retribuzione per uno stesso lavoro.

4.1.1

Per questo, al paragrafo 4, precisa che tale principio non osta a che uno Stato membro, allo scopo di assicurare l'effettiva e completa parità tra uomini e donne nella vita lavorativa, mantenga o adotti azioni positive, destinate a facilitare l'esercizio di un'attività professionale da parte del sesso sottorappresentato.

4.1.2

Le possibilità legislative di adottare misure positive dovrebbero sussistere ed essere, se del caso, rafforzate, dal momento che lo scarto tra donne e uomini in posizioni dirigenziali rimane significativo. Nel 2000 solo il 31 % dei posti ai livelli superiori era occupato da donne e nel 2006 tale quota è salita solo dell'1 % per raggiungere il 32 % (9).

4.1.3

La direttiva 75/117/CEE adottata dal Consiglio nel 1975 stabiliva tra l'altro che il principio della parità delle retribuzioni tra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile implica, per uno stesso lavoro o per un lavoro al quale è attribuito un valore uguale, l'eliminazione di qualsiasi discriminazione basata sul sesso. I principi comunitari in materia sono alla base della maggior parte delle norme nazionali riguardanti il principio della parità di retribuzione nonché dei contratti collettivi, e hanno quindi avuto un ruolo capitale nell'evoluzione della situazione delle donne sul mercato del lavoro.

4.1.4

Conformemente all'articolo 141 del Trattato CE, per retribuzione si intende il salario o trattamento normale di base o minimo e tutti gli altri vantaggi pagati direttamente o indirettamente, in contanti o in natura, dal datore di lavoro al lavoratore in ragione dell'impiego di quest'ultimo.

4.1.5

Dovrebbe esserci maggiore conformità tra le disposizioni giuridiche nazionali sulla parità di diritti in materia di inquadramento contrattuale e di retribuzione per evitare eventuali discriminazioni dirette o indirette delle donne.

4.1.6

È evidente che la legislazione in vigore non è stata applicata in maniera sufficiente per garantire il principio della parità di retribuzione per un lavoro di pari valore. Si tratta inoltre di un tipo di discriminazione difficile da mettere a nudo. Le persone interessate non sempre sono consapevoli di essere vittime di discriminazione e/o hanno difficoltà a dimostrarlo. Secondo il Comitato, i lavoratori o i loro rappresentanti devono avere accesso a strumenti efficaci che permettano loro di verificare la parità di retribuzione per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore.

4.1.7

Strumenti efficaci per seguire da vicino e realizzare un'equa retribuzione potrebbero consistere in una verifica e una revisione annuale dei salari e della loro evoluzione da parte dei datori di lavoro delle grandi e medie imprese, allo scopo di individuare i casi di discriminazione basata sul genere nel sistema di classificazione dei posti di lavoro e di applicare le soluzioni adeguate, istituendo un piano per le pari opportunità che comprenda sistemi di retribuzione trasparenti, volti a garantire che le competenze, l'esperienza e il potenziale di tutto il personale vengano retribuiti equamente. Si dovrebbero elaborare dei piani a favore della parità di retribuzione che prevedano una serie di obiettivi concreti come, ad esempio, la riduzione dell'1 % annuo del divario retributivo. Ogni anno i datori di lavoro di tutti gli Stati membri devono fornire ai lavoratori e ai loro rappresentanti delle statistiche salariali con una ripartizione per genere.

4.1.8

Un fattore che ostacola la piena applicazione della legge è la carenza di informazioni e di conoscenze sulle disposizioni in vigore da parte delle persone interessate. Solo un terzo dei cittadini sostiene di essere a conoscenza dei loro diritti nel caso di discriminazione (10). Il CESE ritiene che sia importante continuare ad informare circa tali diritti sia il pubblico che i rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro, nonché gli operatori del diritto.

4.1.9

Gli Stati membri devono garantire la semplicità delle procedure di ricorso e di denuncia per i casi di discriminazione e deve spettare alla parte convenuta provare in tribunale o di fronte ad un'altra autorità competente l'insussistenza della violazione del principio della parità di trattamento in virtù della direttiva 97/80/CE.

4.1.10

La legislazione e i contratti collettivi non sono stati sufficienti per colmare il divario di retribuzione tra donne e uomini. Questo indica che esso è determinato da altre cause più profonde (di natura psicologica, sociale o culturale), ad esempio la difficoltà di conciliare le responsabilità familiari con l'attività professionale. È essenziale realizzare l'equilibrio tra vita privata e vita lavorativa. La lotta per raggiungere la parità di retribuzione deve, a giudizio del Comitato, essere portata avanti in un gran numero di settori.

4.1.11

È essenziale ricorrere alla possibilità legale di tenere conto di clausole sociali negli appalti pubblici, e di favorire in tal modo gli attori che investono nella parità e in una retribuzione equa per le donne e gli uomini.

4.1.12

Il Comitato ritiene che le amministrazioni nazionali degli Stati membri debbano diventare un modello per tutti gli altri datori di lavoro — non solo nelle questioni legate direttamente alla parità retributiva o alla carriera professionale, ma anche nell'introduzione di soluzioni organizzative (per es. nell'ambito della flessibilità dell'orario di lavoro) che consentano di conciliare vita professionale e familiare o di misure di politica di formazione che sostengano le pari opportunità professionali.

4.1.13

I personaggi pubblici, politici compresi, possono contribuire notevolmente a migliorare il grado di consapevolezza e sensibilizzazione della società. Il loro esempio personale, sia nella vita professionale che in quella privata, può produrre effetti migliori di molti costosi programmi di promozione.

4.2   Lottare contro il divario tra le retribuzioni come parte integrante delle politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione

4.2.1

La strategia europea per la crescita e l'occupazione, incardinata nella strategia di Lisbona, costituisce uno strumento importante per promuovere la parità sul mercato del lavoro e ridurre il divario di retribuzione tra donne e uomini. Secondo il CESE, è indispensabile promuovere iniziative intese ad agevolare l'accesso e la partecipazione al mercato del lavoro a tutti i livelli, nonché eventualmente fare ricorso ai finanziamenti a titolo dei fondi strutturali.

4.2.2

Il Comitato propone di adottare i seguenti provvedimenti:

garantire la trasparenza dei sistemi di classificazione dei posti di lavoro grazie alla definizione e all'applicazione di criteri non discriminatori,

predisporre criteri di valutazione differenti, riferiti non alla persona ma alla natura delle mansioni ed esenti da forme potenziali di discriminazione,

promuovere le scelte professionali non tradizionali per incidere sugli squilibri presenti nel mercato del lavoro e ridurli. L'obiettivo è quello di permettere alle donne di scegliere e cercare delle professioni nel settore scientifico e tecnico e agli uomini di scegliere e cercare delle professioni esercitate a titolo principale da donne,

incoraggiare i datori di lavoro a sviluppare, attuare e dare seguito ai programmi a favore della parità comprendenti il prospetto dei salari,

incoraggiare i datori di lavoro e i lavoratori a contribuire allo sviluppo delle qualifiche,

incentivare i datori di lavoro e i sindacati ad adottare dei meccanismi di ispezione per seguire la formazione dei salari. In questo quadro occorre ricorrere alla nomenclatura delle professioni, ai precedenti, alla giurisprudenza e alla classificazione delle professioni,

impegnarsi per un'evoluzione che permetta alle donne di ricercare e ottenere delle funzioni più elevate, di quadro o dirigente, nei settori della ricerca e dello sviluppo, della tecnologia e dell'innovazione,

favorire un'evoluzione che permetta una maggiore partecipazione delle donne a tutti i livelli professionali all'interno di settori in crescita come il turismo, la tutela ambientale e il settore tecnico-ambientale, le telecomunicazioni e le biotecnologie,

promuovere le pratiche di gestione che favoriscono l'uguaglianza di genere,

inserire nella strategia in materia di occupazione un apposito indicatore per garantire che la parità retributiva venga seguita anche a livello comunitario.

4.3   Il CESE propone le seguenti misure per promuovere le pari opportunità tra donne e uomini nel settore dell'istruzione e della formazione professionale:

incoraggiare l'accesso e accrescere la quota delle donne che partecipano alla formazione e allo sviluppo delle competenze professionali nel settore della tecnologia e dell'informatica, in particolare nel settore delle tecnologie per l'informazione,

incoraggiare e promuovere lo sviluppo attraverso l'istruzione, la pratica e altri strumenti del mercato del lavoro, affinché un maggior numero di uomini opti per professioni nel settore dei servizi e dell'assistenza sanitaria,

promuovere una maggiore flessibilità nell'offerta di istruzione e di formazione professionale, allo scopo di coinvolgere anche le donne che risiedono in zone rurali e scarsamente popolate,

aiutare le donne a migliorare la propria formazione professionale attraverso la partecipazione a corsi aziendali durante i congedi parentali e subito dopo il rientro al lavoro.

4.4   Il CESE propone le seguenti misure per creare e accrescere le possibilità per le donne di avviare e sviluppare una propria impresa:

ricorrere ai fondi strutturali per permettere a un maggior numero di donne di creare un'impresa propria (11),

incoraggiare e sensibilizzare alla questione della parità di genere i dirigenti, i quadri e i consulenti nella creazione d'impresa,

promuovere il riorientamento e la creazione di servizi di sostegno (finanziari e tecnici) a favore delle PMI per soddisfare e tenere maggiormente conto delle necessità delle donne che intendono avviare e sviluppare un'impresa propria,

offrire sostegno finanziario/prestiti alle donne che avviano e sviluppano un'impresa propria,

offrire sostegno alle reti e organizzazioni di imprenditrici e tutoraggio per donne da parte di donne,

fornire aiuti particolari alle donne che intendono creare e sviluppare imprese nel settore delle telecomunicazioni e in quello ad alta tecnologia,

offrire sostegno alle donne che promuovono e portano avanti iniziative nel settore dell'economia sociale.

4.5   È necessario consolidare il diritto delle donne a esercitare una professione e a mantenersi. Sia l'uomo che la donna devono avere la possibilità di vivere in maniera dignitosa del loro salario o stipendio. Il CESE propone le seguenti misure per permettere di conciliare più agevolmente l'attività professionale e le responsabilità familiari:

mettere a disposizione strutture di custodia dei bambini, con finanziamenti adeguati, che permettano ai genitori di portare avanti la loro attività professionale anche quando hanno figli, e di interrompere la carriera per un periodo più breve,

promuovere la qualificazione professionale del personale addetto alla custodia dei bambini e dei professionisti sanitari,

introdurre il congedo parentale retribuito nei paesi in cui non è previsto, adottando ad esempio le disposizioni in vigore all'interno delle istituzioni europee, e offrire la possibilità di prolungare i congedi parentali retribuiti. Deve essere possibile ripartire i congedi parentali tra i due genitori, Inoltre, il fatto di riservare una parte di questo congedo al padre costituisce un passo importante per far sì che i padri assumano maggiori responsabilità familiari. Per permettere a un maggior numero di uomini di prendere un congedo parentale si dovrebbe ricorrere a incentivi economici che andrebbero a compensare la perdita di reddito (la questione figura all'ordine del giorno delle parti sociali europee, come proposto nel corso della seconda consultazione di dette parti sociali sulla conciliazione tra vita professionale, privata e familiare) (12),

promuovere il lavoro a distanza e in particolare il telelavoro al fine di offrire maggiori possibilità a quelle persone che per svariati motivi non possono spostarsi per partecipare a formazioni o svolgere un'attività professionale,

creare possibilità di formazione per il reinserimento professionale grazie anche a provvedimenti fiscali. Questo tipo di formazione dovrebbe essere indirizzato alle donne che sono rimaste a lungo al di fuori del mercato del lavoro a causa di un congedo parentale o per occuparsi dei figli,

mettere a disposizione servizi adeguatamente sovvenzionati destinati agli anziani e alle altre persone non autosufficienti, servizi che favoriscono in particolare l'occupazione femminile.

4.6   Il CESE propone le seguenti misure per accrescere la partecipazione e l'influenza delle donne:

creare un equilibrio tra donne e uomini all'interno di comitati e organi decisionali,

coinvolgere le organizzazioni rappresentative per le pari opportunità e le organizzazioni femminili nei comitati di monitoraggio, nei partenariati e in altre sedi di discussione,

accrescere le opportunità di promuovere le donne a posti con responsabilità dirigenziali e decisionali nel quadro di strutture che espletano funzioni direttive e attuative,

garantire in maniera costante e sostenibile alle donne parità di diritti nella vita professionale, affinché non siano richieste solamente quando la congiuntura è favorevole, e non siano anche le prime ad essere colpite, spesso nella maniera più grave, quando interviene una recessione,

condurre discussioni regolari con le organizzazioni attive nel settore della parità.

4.7   Adoperarsi affinché i datori di lavoro rispettino il principio della parità di retribuzione e la responsabilità sociale

4.7.1

Il principio della parità di retribuzione per uno stesso lavoro è sempre più accettato in Europa anche se non è ancora ovvio in tutti e 27 gli Stati membri. Nonostante la Convenzione 100 dell'OIL sull'uguaglianza di retribuzione, che ha ormai più di 50 anni (essendo stata adottata nel 1951), sia stata ratificata da tutti gli Stati membri e disponga (articolo 2, paragrafo 1) «Ogni Stato membro dovrà, con mezzi conformi ai metodi in vigore per la fissazione dei tassi di retribuzione, incoraggiare e, nella misura in cui ciò sia compatibile con detti metodi, assicurare la applicazione a tutti i lavoratori del principio dell'uguaglianza di retribuzione fra mano d'opera maschile e mano d'opera femminile per un lavoro di valore uguale», l'idea tacita che continua a dominare è quella che la donna possa contare sullo stipendio dell'uomo, supposizione che però non è suffragata dalla realtà sociale in cui viviamo. Non è altrettanto ovvio e accettato che uno stesso lavoro debba essere retribuito allo stesso modo. Il fatto di valutare attività lavorative e professioni per stabilire se siano equivalenti presenta infatti delle difficoltà intrinseche. Vi è un certo numero di precedenti che possono fornire delle indicazioni in questo ambito.

4.7.2

Secondo il Comitato, i datori di lavoro possono ridurre il divario retributivo adottando le seguenti misure:

favorire la parità nel mercato del lavoro introducendo un orario flessibile. Per parecchi genitori il lavoro a tempo parziale su base facoltativa può rappresentare una delle possibilità per conciliare la vita professionale con la responsabilità e la cura della famiglia, anche se è importante che sia loro consentito di tornare in seguito al tempo pieno. Il fatto di offrire invece un lavoro a tempo pieno a coloro che lavorano malvolentieri part-time, permetterebbe a questi ultimi di essere economicamente indipendenti, la qual cosa è estremamente importante per le persone con figli a carico,

è necessario che gli orari di lavoro siano compatibili con le responsabilità familiari. La ripartizione dei compiti domestici e di assistenza in casa va modificata in modo da ottenere la stessa proporzione tra uomo e donna. Il ruolo di assistenza svolto dagli uomini nell'ambito familiare deve essere potenziato,

i modelli per il raffronto tra professioni e compiti creano una base per procedere all'inquadramento retributivo e quindi uno strumento per applicare il principio della parità retributiva. Occorre elaborare dei sistemi di valutazione della complessità del lavoro che consentano di individuare lavori di valore equivalente anche nell'ambito di differenti categorie di personale. Ciò garantirebbe che lavori di valore equivalente vengano retribuiti in modo uguale indipendentemente dal genere di chi li svolge,

considerare il congedo parentale come un'esperienza qualificante e che va premiata al momento della promozione e della determinazione del salario può contribuire a ridurre il divario retributivo tra donne e uomini. Ciò non deve tradursi tuttavia in uno svantaggio in termini di retribuzione e di carriera per coloro che non hanno figli,

rendere disponibili strutture per la custodia dei bambini: la società e i datori di lavoro possono così contribuire ad accrescere le possibilità di assunzione e di promozione delle donne,

prevedendo dei congedi in concomitanza delle vacanze scolastiche e in caso di malattia dei bambini, i datori di lavoro possono agevolare e accrescere le possibilità di conciliare le responsabilità familiari con la vita professionale,

in quei paesi ove non esiste alcun diritto legale di congedo parentale per gli uomini al momento della nascita del/la figlio/a o dell'adozione, il datore di lavoro può svolgere un ruolo guida fondamentale e proporsi come modello assumendo la sua responsabilità sociale e accordando questo tipo di congedo (13),

il datore di lavoro dovrebbe prevedere la possibilità di un congedo in caso di malattia di un parente,

promuovere la partecipazione delle donne a opportunità di formazione e promuovere programmi di sviluppo delle carriere per le donne,

gli uomini, e le stesse donne, devono imparare a riconoscere, comprendere e valorizzare le competenze delle donne.

4.8   Promuovere lo scambio di esperienze interessanti in tutta l'Unione e coinvolgere le parti sociali

4.8.1

Secondo il CESE, lo scambio e la promozione delle migliori pratiche, nonché il rafforzamento del dialogo tra gli Stati membri costituiscono un modo concreto di realizzare dei progressi. La parità effettiva tra donne e uomini e la giustizia salariale sono realizzabili solo se tutti gli Stati membri adottano misure costruttive e si impegnano per eliminare le disparità retributive tra donne e uomini. Le organizzazioni dei datori di lavoro e quelle dei lavoratori come pure l'Istituto europeo per l'uguaglianza di genere svolgono un ruolo importante nella realizzazione di questo obiettivo.

4.8.2

Le parti sociali devono impegnarsi in modo mirato nel quadro delle contrattazioni collettive a ridurre il divario di retribuzione. Tra le iniziative di successo realizzate in questo settore ricordiamo l'accordo quadro sulla parità adottato dalle parti sociali nel 2005 a livello comunitario, il quale conta tra i quattro temi prioritari trattati la questione della disparità retributiva tra donne e uomini (14).

4.8.3

Occorre introdurre varie modifiche nelle statistiche relative alle retribuzioni, facendo in modo che le informazioni relative alle differenze salariali divengano una basa adeguata per prendere delle decisioni. Bisogna studiare più a fondo le cause delle differenze di retribuzione e diffondere i risultati di tale studio per evidenziare, correggere e prevenire la discriminazione.

4.8.4

L'Istituto europeo di Dublino per le relazioni sociali e l'Istituto europeo per la parità fra uomini e donne dovrebbero all'uopo fornire statistiche comparate per tutti gli Stati membri sulla situazione delle donne a livelli di quadro e dirigenziali nel settore sia pubblico che privato, nonché dei dati sui progressi nel campo dell'uguaglianza salariale nei differenti Stati membri.

Bruxelles, 22 aprile 2008.

Il presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Dimitris DIMITRIADIS


(1)  Articolo 4: http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:1998:014:0006:0008:IT:PDF

(2)  La questione figura all'ordine del giorno delle parti sociali europee, come proposto nel corso della seconda consultazione di dette parti sociali sulla conciliazione tra vita professionale, privata e familiare.

(3)  Il CESE rammenta una serie di raccomandazioni formulate al riguardo in alcuni pareri, l'ultimo dei quali è il parere del 13 febbraio 2008 in merito alla Proposta di decisione del Consiglio sugli orientamenti per le politiche degli Stati membri a favore dell'occupazione (a norma dell'articolo 128 del Trattato CE), relatore: Wolfgang GREIF, CESE 282/2008 (SOC/303), con particolare riferimento al punto 2.3.

(4)  COM(2008) 10 def., 23 gennaio 2008.

(5)  Cfr. www.epws.org

(6)  Cfr. il parere del CESE del 13 settembre 2006 sul tema Una tabella di marcia per la parità tra donne e uomini 2006-2010, relatrice: Grace ATTARD (GU C 318 del 23.12.2006). Tra i documenti elaborati dal CESE sull'argomento ricordiamo il parere del 28 settembre 2005 in merito alla Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che costituisce un Istituto europeo per l'uguaglianza di genere, relatrice: Dana ŠTECHOVÁ (GU C 24 del 31.1.2006); il parere del CESE del 29 settembre 2005 sul tema Le donne e la povertà nell'Unione europea, relatrice: Brenda KING (GU C 24 del 31.1.2006). Rammentiamo inoltre la Carta sull'integrazione delle politiche relative al genere nei sindacati, adottata dal congresso della Confederazione europea dei sindacati (CES) a Siviglia il 23 maggio 2007 e il Manuale per l'integrazione delle politiche di genere nelle politiche occupazionali pubblicato dalla Commissione europea nel luglio 2007.

(7)  Cfr. nota 3.

(8)  Parere del CESE del 29 novembre 2001 sul tema Crescita economica, fiscalità e sostenibilità dei sistemi pensionistici nell'Unione europea (GU C 48 del 21.2.2002 — relatore: BYRNE, correlatore: VAN DIJK).

(9)  Eurostat, Labour force Survey Managers in the EUDistribution by sex 2000 and 2006 (Indagine dell'Eurostat sulla forza lavoro — I dirigenti nell'UE. Ripartizione per sesso 2000 e 2006).

(10)  Eurobarometro.

(11)  Cfr. il parere del CESE del 25 ottobre 2007 sul tema Spirito imprenditoriale e agenda di Lisbona, relatrice: Madi SHARMA, correlatore: Jan OLSSON (GU C 44 del 16.2.2008).

(12)  In Danimarca, dal 1o ottobre 2006, la legge prevede che tutte le imprese versino una somma al fondo di compensazione centrale a favore dei congedi parentali. Ciò significa che nessuna impresa è sfavorita a causa delle spese sostenute per i salari legati ai congedi parentali e che i genitori che usufruiscono di questa possibilità non rischiano di pesare economicamente sui loro datori di lavoro. In Islanda vige un sistema analogo in virtù del quale tutti i datori di lavoro e i lavoratori versano un contributo a un fondo statale per i congedi parentali. In questo paese è stato inoltre introdotto un modello di congedo parentale di 9 mesi suddiviso in tre terzi, in base al quale ciascun genitore beneficia di un terzo del congedo, mentre l'ultimo terzo può essere ripartito tra il padre e la madre. Dopo l'entrata in vigore di questa legge quasi il 90 % dei padri islandesi hanno usufruito del congedo parentale.

(13)  Il 1o luglio 2006 in Svezia è entrata in vigore una nuova legge in materia di congedo parentale, in virtù della quale il datore di lavoro non può penalizzare un lavoratore per motivi legati al congedo parentale. Conformemente a questa legge non si può fare alcuna distinzione tra le persone che beneficiano del congedo parentale e quelle che non ne usufruiscono. Secondo l'ufficio di mediazione nazionale per la parità tra i sessi, le persone in congedo parentale vanno trattate come se fossero professionalmente attive. In media, le donne prendono dei congedi parentali sensibilmente più lunghi rispetto agli uomini: ciò significa che devono rinunciare più spesso degli uomini a premi o gratifiche.

(14)  Framework of Actions on Gender Equality:

http://ec.europa.eu/employment_social/news/2005/mar/gender_equality_en.pdf (Quadro di azioni sull'uguaglianza di genere).


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