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Document 52000IE0598

Parere del Comitato economico e sociale sul tema «Definizione di un quadro normativo per l'impiego di lavoratori e lavoratrici agricoli migranti provenienti da paesi terzi»

GU C 204 del 18.7.2000, p. 92–96 (ES, DA, DE, EL, EN, FR, IT, NL, PT, FI, SV)

52000IE0598

Parere del Comitato economico e sociale sul tema «Definizione di un quadro normativo per l'impiego di lavoratori e lavoratrici agricoli migranti provenienti da paesi terzi»

Gazzetta ufficiale n. C 204 del 18/07/2000 pag. 0092 - 0096


Parere del Comitato economico e sociale sul tema "Definizione di un quadro normativo per l'impiego di lavoratori e lavoratrici agricoli migranti provenienti da paesi terzi"

(2000/C 204/19)

Il Comitato economico e sociale ha deciso, in data 21 ottobre 1999 conformemente al disposto dell'articolo 23, terzo paragrafo, del Regolamento interno, di elaborare un parere sul tema "Definizione di un quadro normativo per l'impiego di lavoratori e lavoratrici agricoli migranti provenienti da paesi terzi"

La Sezione "Agricoltura, sviluppo rurale, ambiente", incaricata di preparare i lavori in materia, ha formulato il parere sulla base del rapporto introduttivo del relatore Wilms, in data 10 maggio 2000.

Il Comitato economico e sociale ha adottato il 24 e 25 maggio 2000, nel corso della 373a sessione plenaria (seduta del 24 maggio), con 65 voti favorevoli, e un'astensione il seguente parere.

1. Introduzione - motivazione del parere

1.1. I lavoratori e le lavoratrici(1) migranti sono occupati in diversi settori dell'economia europea. L'agricoltura è particolarmente interessata dal fenomeno poiché in tale settore - più di quanto avviene negli altri settori dell'economia - i lavoratori migranti eseguono un gruppo di attività fondamentali.

1.2. Il Comitato economico e sociale rivolge il presente parere di iniziativa al Consiglio, al Parlamento, alla Commissione ed alle parti sociali per richiamare l'attenzione sull'importante numero di lavoratori migranti che operano nell'agricoltura e che fruiscono di una copertura sociale assai ridotta. Il Comitato constata che a differenza di quanto avviene nel caso degli apprendisti artigiani, i quali si richiamano a tradizioni antiche e la cui attività migratoria ha connotati positivi, esiste un qual certo tabù sociale negativo per quanto riguarda i lavoratori migranti occupati nel settore dell'agricoltura, che potrà venir spezzato solamente adottando iniziative che avrebbero dovuto essere già state avviate da tempo. Tuttavia anche dopo l'adozione del parere d'iniziativa del Comitato in materia nell'aprile 1991, il quale conteneva proposte dettagliate per migliorare la situazione, la posizione dei lavoratori migranti nel settore dell'agricoltura non è minimamente migliorata.

1.3. Il significativo lavoro dei lavoratori migranti è irrinunciabile per l'agricoltura dell'Unione europea. Essi risultano indispensabili proprio nella situazione di crescente carenza di lavoratori specializzati che si registra in diversi Stati membri. Il recente passato, soprattutto l'approfondimento del mercato interno, l'ampliamento dell'Unione, lo smantellamento dei confini ideologici nell'Europa centrale ed orientale ed i movimenti migratori nell'area mediterranea, dovuti a guerre civili e alla povertà, ha tuttavia contribuito a trasformare in maniera significativa la posizione del lavoratore migrante nel settore agricolo. Tali mutamenti si riflettono nell'organizzazione del lavoro delle imprese del settore ed hanno avuto ripercussioni notevoli sui mercati del lavoro locali e nazionali.

1.4. La politica del lavoro ha un rilievo particolare nell'Unione europea a causa dell'elevata disoccupazione che si registra negli Stati membri. La politica dell'Unione è volta a far diminuire la disoccupazione. L'agricoltura è molto importante per il mercato del lavoro, sia come settore a sé stante, sia in considerazione dei settori a monte e a valle e del suo ruolo per la politica dell'assetto territoriale e per la politica strutturale, in quanto potrebbe contribuire efficacemente alla lotta contro la disoccupazione.

1.5. Nell'Unione europea l'agricoltura dovrà in futuro affrontare nuovi e drammatici cambiamenti. Il previsto ampliamento agli Stati dell'Europa centrale ed orientale comporterà, a differenza di quanto è avvenuto nelle passate fasi di ampliamento, un considerevole aumento dei lavoratori agricoli migranti, soprattutto negli Stati settentrionali e centrali dell'Unione. Anche gli Stati membri dell'Europa meridionale vivranno cambiamenti significativi, con fattori aggiuntivi, quali i profughi di guerra dall'Europa sudorientale e i flussi migratori in provenienza soprattutto dall'Africa settentrionale. Dovrebbero pertanto essere chiarite meglio le differenze giuridiche tra i lavoratori originari di Stati terzi e quelli provenienti dai paesi candidati all'adesione.

1.6. Allo scopo di salvaguardare la pace sociale, promuovere la crescita economica e favorire la diminuzione della disoccupazione, il Consiglio, il Parlamento, la Commissione e le parti sociali dovrebbero esaminare i problemi affrontati nel presente parere di iniziativa ed individuare soluzioni adeguate. Il parere descrive a tale scopo approcci sufficienti. L'obiettivo di tutte le soluzioni proposte dovrebbe essere quello di spezzare il tabù sociale e politico che circonda l'argomento per assicurare una legittima protezione a quanti lavorano nell'agricoltura.

2. Carattere d'urgenza del parere

2.1. Negli Stati membri i lavoratori migranti stanno aumentando in maniera significativa ed hanno in parte superato il numero di lavoratori agricoli locali. In talune località si registra in tale contesto una sostituzione di lavoratori locali mediante lavoratori migranti. I lavoratori migranti negli Stati membri dell'Europa centrale provengono quasi esclusivamente dai paesi candidati all'adesione, mentre nel territorio meridionale dell'Unione provengono soprattutto dall'Africa settentrionale ed in misura crescente anche dall'Europa sudorientale e dall'Asia.

2.2. Nei paesi candidati una parte assai significativa della popolazione attiva è occupata nell'agricoltura (in Polonia il 25 % circa ed in Ungheria il 10 % circa). L'adeguamento del settore agricolo lascia prevedere che sarà possibile ottenere solamente pochi posti di lavoro mediante le ristrutturazioni, mentre la stragrande maggioranza dei posti di lavoro esistenti verrà meno in tempi brevi. I fenomeni contrari di aumento della forza lavoro nell'agricoltura, che si possono attualmente ad esempio registrare in Polonia o Bulgaria, sono in parte anche il risultato della ristrutturazione delle attività industriali e commerciali precedenti, ma nella maggior parte dei casi esprimono gravissime situazioni di povertà.

2.3. Coloro che arrivano nel territorio meridionale dell'Unione da diversi Stati africani vogliono soprattutto sfuggire alla situazione di sottosviluppo economico e di instabilità politica dei loro paesi d'origine. Dato che sono stati stipulati solo accordi giuridici bilaterali con i relativi paesi d'origine riguardo alla libera circolazione, a tale gruppo - a differenza dei cittadini degli Stati membri candidati all'adesione - non potrà venir garantito neanche in futuro il diritto di libera circolazione.

2.4. I servizi della Commissione non dispongono di risorse adeguate per trattare questo problema paneuropeo. Nella Direzione generale Agricoltura, ad esempio, nonostante le richieste del Comitato, non esiste nessuna unità competente per tale problema agricolo. Neppure la Direzione generale (Affari sociali) possiede risorse adeguate.

3. Il lavoro degli immigrati nell'agricoltura dell'Unione europea

3.1. La crescente specializzazione comporta per le imprese del settore la necessità di trovare forza lavoro supplementare nei periodi di lavoro più intenso, durante i quali, ad esempio nei periodi di raccolto, vengono tradizionalmente occupati braccianti stagionali. Un tempo si trattava di lavoratori nazionali, ma attualmente vengono sempre più spesso impiegati lavoratori stranieri.

3.2. Vi sono molteplici ragioni per le quali le imprese impiegano per lo più lavoratori migranti per il lavoro stagionale:

- in seguito ai cambiamenti demografici dovuti alla trasformazione strutturale del settore agricolo non vi sono sufficienti lavoratori disponibili a livello locale o nazionale;

- i disoccupati locali disponibili non corrispondono alle esigenze delle imprese agricole, in termini di motivazione, qualificazione e mobilità;

- la forza lavoro extracomunitaria risulta molto più a buon mercato a causa delle notevoli differenze valutarie e dei vantaggi in termini di potere d'acquisto che ciò comporta;

- parte di tali lavoratori ha un'occupazione nel proprio paese, considera il lavoro migratorio una fonte di guadagno aggiuntiva e può lavorare per il corrispettivo del salario minimo o anche per meno del minimo contrattuale;

- per le imprese è in molti casi più agevole trattare con lavoratori migranti grazie alla limitazione nel tempo della loro attività;

- nel caso dei lavoratori migranti vi è a volte la possibilità di risparmiare sui contributi sociali aggiuntivi (ad esempio prestazioni contrattuali supplementari).

3.3. I disoccupati locali sono dal canto loro poco interessati al lavoro stagionale poiché:

- si scontrano con tempi di lavoro, condizioni climatiche e talvolta un impegno fisico, ad esempio posizioni forzate, cui non sono abituati;

- il salario è nella maggior parte dei casi troppo basso ed è rara la possibilità di un inserimento durevole nel mercato del lavoro;

- vi è il rischio di una riduzione proporzionale dei sussidi di disoccupazione in cambio di un salario assai ridotto.

3.4. Le situazioni difficili sono dovute soprattutto all'immigrazione proveniente dai paesi extracomunitari. La necessità di ottenere forza lavoro supplementare spinge le imprese ad occupare soprattutto braccianti provenienti dai PECO, mentre nell'area meridionale dell'Unione vengono occupati lavoratori provenienti dall'Europa centrale ma anche e particolarmente dall'Africa settentrionale, dai paesi del Magreb e ultimamente anche in misura crescente dall'Asia.

3.5. Gli studi mostrano da un lato che mediante modifiche dell'organizzazione del lavoro a livello aziendale, ad esempio mediante successivi contratti di lavoro per i lavoratori migranti (contratti di lavoro "a catena"), insorgono situazioni che possono in certi casi distruggere i posti di lavoro esistenti per i lavoratori residenti in loco che vengono sostituiti da lavoratori migranti. Dall'altro lato si può osservare che l'impiego di lavoratori migranti permette di salvaguardare stabilmente posti di lavoro a rischio.

4. Il lavoro migrante in Europa

4.1. Il lavoro migrante in Europa viene sempre più spesso considerato in maniera differenziata. Diversi Stati membri regolamentano l'accesso dei lavoratori migranti assegnando permessi di lavoro, più o meno numerosi a seconda del paese ospitante. Nei singoli Stati, le parti sociali sono coinvolte in misura diversa nella fissazione di tali contingenti.

4.2. Tuttavia la fissazione dei contingenti non soddisfa la domanda di posti di lavoro, ragion per la quale accanto ai lavoratori migranti legali vi sono anche occupati non dichiarati (illegali), i quali offrono la propria forza-lavoro nel settore agricolo.

4.3. Sul piano giuridico i lavoratori migranti occupati legalmente sono sottoposti alle disposizioni contrattuali e al diritto del lavoro e sociale del paese ospitante.

4.4. I paesi candidati all'adesione, in seguito alle situazioni locali, autorizzano l'inserimento di un numero inferiore di lavoratori migranti nel mercato del lavoro. Stando a quanto segnalano le parti sociali dei PECO, dai loro vicini orientali, soprattutto Ucraina e Romania, entrano illegalmente lavoratori in percentuali superiori alle quote di immigrazione legalmente autorizzate. Essi in parte sono impiegati in posti di lavoro a suo tempo occupati dai lavoratori locali che a loro volta soggiornano come lavoratori migranti nell'Unione europea (cosiddetta migrazione "a corridoio").

4.5. Nell'elaborare il presente parere si è constatato che nonostante le iniziative precedenti, anche del Comitato ((2)), i dati a disposizione circa il lavoro agricolo migratorio, sia quantitativi che qualitativi, continuano ad essere insufficienti. Esso è infatti oggetto di rilevazioni effettuate a livello nazionale e solo parzialmente. Non esistono praticamente valutazioni differenziate, né viene effettuato alcun raggruppamento dei dati a livello europeo.

4.6. A livello bilaterale ed inter-statale vi sono numerosi accordi per lo scambio di lavoratori migranti. La sola Polonia fa registrare una trentina di trattati, dichiarazioni governative e protocolli stipulati con 10 diversi Stati (membri dell'Unione e non) per regolamentare l'assunzione reciproca di lavoratori, compresi i tirocinanti.

4.7. Le imprese agricole dell'Unione europea impiegano per lo più i lavoratori migranti in attività sussidiarie e in quelle di facile apprendimento, talvolta inferiori alla loro qualificazione. In tal modo si sottrae un potenziale qualificato ai paesi da cui tali lavoratori provengono.

4.8. Il lavoro migrante ha tuttavia anche effetti positivi nei paesi d'origine. Esso contribuisce per un certo periodo a migliorare la situazione sul mercato del lavoro locale, inoltre gli emigrati rientrano con divise estere che ne rafforzano il reddito e potere d'acquisto. Le esperienze professionali all'estero possono in parte servire a trasferire know-how nel paese d'origine.

4.9. La durata del soggiorno legale nell'Unione per i lavoratori migranti differisce negli Stati membri e può oscillare tra i tre ed i dodici mesi.

4.10. L'integrazione dei paesi candidati all'Unione europea modificherà radicalmente l'occupazione nel settore agricolo. È probabile che la forza lavoro in sovrannumero nel settore agricolo di tali paesi non riesca a venir sufficientemente assorbita negli altri settori. C'è il timore che una trasformazione strutturale radicale nel settore agricolo provochi una disoccupazione di massa nelle regioni agricole dei paesi candidati - così come è avvenuto nei nuovi Länder tedeschi dopo il 1990. In tale contesto il lavoro migrante può contribuire a mitigare le tensioni sul mercato del lavoro dei paesi di provenienza. Tale effetto sarà notevolmente rafforzato se verrà inserito in una strategia globale di politica del lavoro. Inoltre i mercati del lavoro regionali transfrontalieri già esistenti si amplieranno e si rafforzeranno.

4.11. Un fenomeno particolarmente inumano, socialmente pericoloso ed economicamente destabilizzante del lavoro migrante è quello del lavoro illegale. Il Comitato è consapevole della portata e dell'importanza di tale fenomeno. Nonostante l'ovvia carenza di dati in materia, il Comitato constata che il lavoro illegale rappresenta un problema significativo del lavoro migrante nel settore agricolo.

5. Conclusioni - Necessità normative

5.1. Le condizioni quadro

5.1.1. Le trattative con i PECO candidati debbono tener conto della rispettiva evoluzione a livello nazionale. Il reale livello di sviluppo economico e sociale ha un'importanza cardinale per il progresso che deve riflettersi nei negoziati d'adesione del paese in questione con l'Unione europea. Ciò deve valere sia per la dimensione temporale che per quella giuridica di tali negoziati. In tale contesto le misure strutturali di sostegno hanno grande importanza per promuovere le infrastrutture e la creazione di posti di lavoro. Va incentivato maggiormente lo sviluppo delle aree rurali.

Il Comitato chiede essenzialmente disposizioni transitorie adeguate - che possono includere deroghe limitate nel tempo - per gestire le conseguenze della libera circolazione dei lavoratori. Le disposizioni transitorie o di deroga dovrebbero in tale contesto tener conto dell'evoluzione concreta di ciascun paese candidato e decadere quando si siano raggiunti i risultati voluti.

5.1.2. I numerosi accordi bilaterali esistenti in materia di flussi in entrata, contingenti, ecc., rendono evidente la necessità sia di una politica migratoria europea, che comprenda le necessarie disposizioni per trattare in futuro la questione dei lavoratori agricoli migranti, in particolare nel caso dell'esame di offerte di lavoro prioritarie, sia l'avvio di trattative a livello di Consiglio per riunire le molteplici regolamentazioni nazionali in una unica direttiva europea.

5.2. L'iniziativa

5.2.1. Il Comitato propone la seguente iniziativa per regolamentare in futuro il lavoro agricolo migrante.

5.2.2. Le parti sociali del settore agricolo europeo si occupano da anni del problema del lavoro migrante. A livelli diversi si registrano numerosi sforzi per migliorare la situazione economica e sociale dei lavoratori migranti. Il Comitato seguirà e sosterrà gli sforzi in tal senso.

5.2.3. Il Comitato prende atto dell'intenzione delle parti sociali di continuare i propri sforzi nell'ambito del dialogo sociale settoriale, adottando misure basate sugli artt. 138 e 139 del Trattato CE. Il Comitato chiede alla Commissione di consigliare ed appoggiare tale iniziativa degli interlocutori sociali.

5.3. L'osservatorio

5.3.1. Come base per una discussione informata, che permetta le necessarie conclusioni ed iniziative, i partecipanti al processo devono disporre di un sistema globale di consultazione ed informazione a livello quantitativo e qualitativo, il cui elemento centrale dovrebbe essere un osservatorio per i lavoratori agricoli migranti che la Commissione dovrebbe costituire con la partecipazione delle parti sociali.

5.3.2. Tale osservatorio dovrebbe avere il compito, in collaborazione con gli uffici competenti, di rilevare ed analizzare i movimenti migratori, presentando alle istituzioni europee ed agli altri partecipanti proposte per migliorare la situazione dei lavoratori migranti. Esso potrebbe fungere da centro d'informazione e consultazione per associazioni imprenditoriali, sindacati, associazioni di solidarietà sociale, amministrazioni e mondo politico, collegandosi alle iniziative esistenti dell'Unione europea e contribuendo alla loro interconnessione in rete.

5.3.3. Il Comitato chiede alla Commissione di appoggiare l'iniziativa delle parti sociali, mettendo a disposizione risorse finanziarie per l'istituzione di un osservatorio europeo per i lavoratori agricoli migranti. La Commissione dovrebbe inoltre spingere gli Stati membri ad istituire anch'essi a livello nazionale o regionale e con la partecipazione delle parti sociali, delle reti che funzionino come elementi operativi per l'informazione e la consultazione.

5.3.4. L'elaborazione elettronica dei dati può rendere accessibili tali informazioni per le parti sociali, le amministrazioni competenti, la Commissione, i politici e tutti gli interessati. È opportuno in tale contesto collegarsi ai progetti della Commissione, ad esempio nel campo delle banche dati.

5.4. Il documento di identità

5.4.1. Le parti sociali del settore agricolo dell'Unione europea e dei paesi candidati hanno iniziato a livello bilaterale a stringere accordi per una cooperazione più stretta, uno dei cui elementi è una miglior protezione dei lavoratori migranti.

5.4.2. Per proteggere i lavoratori migranti va introdotto un permesso di lavoro scritto che il lavoratore migrante dovrà tenere con sé durante il lavoro ed esibire su richiesta delle autorità competenti. Tale documento accanto ai dati personali deve contenere soprattutto dati relativi alla sicurezza sociale ed alla qualificazione professionale. Lo status giuridico del lavoratore migrante potrà venir identificato mediante tale permesso di lavoro scritto. In tal modo sarà possibile accertare la mancata dichiarazione di rapporti di lavoro e proteggere efficacemente i singoli lavoratori migranti dalle conseguenze che le situazioni illegali comportano. Inoltre il documento offre a chi lo possiede anche l'accesso alla tutela sindacale nel paese ospitante, nonché l'appoggio di organismi quali ad esempio gli uffici e le camere del lavoro e gli istituti di formazione. Il Comitato chiede alla Commissione di valutare le possibilità di introdurre un permesso di lavoro scritto di tal fatta, sotto forma di documento d'identità, in maniera finalizzata, promuovendo progetti pilota in tal senso.

5.5. La regolamentazione

5.5.1. I lavoratori stagionali saranno necessari anche in futuro per il funzionamento del settore agricolo, e sarà necessario regolamentare le condizioni d'impiego dei lavoratori occupati provenienti dai paesi non appartenenti all'Unione europea.

5.5.2. La libera circolazione nell'Unione europea comporta anche la libertà di cambiare posto di lavoro per i lavoratori migranti. I lavoratori che giungono dai paesi al di fuori dell'Unione europea possono, una volta ottenuto un permesso di lavoro da uno degli Stati membri dell'UE, migrare ulteriormente all'interno dell'Unione. Il problema dell'autorizzazione all'ingresso della manodopera è importante per tutti gli Stati membri. Il Comitato chiede alla Commissione di chiarire le relative questioni giuridiche per trovare, assieme agli Stati membri ed alle parti sociali, una soluzione europea complessiva per i lavoratori immigrati da paesi terzi.

5.5.3. Il Comitato chiede alla Commissione di influire sugli Stati membri perché coinvolgano le parti sociali al momento di definire i contingenti nazionali.

5.6. L'amministrazione

5.6.1. Le istituzioni statali, le imprese e i lavoratori migranti sono sottoposti ad un numero pressoché incalcolabile di regolamentazioni, leggi e direttive. Nel corso dell'ulteriore armonizzazione dell'Unione, le disposizioni dovranno essere più comprensibili. Il Comitato ritiene estremamente urgente giungere ad una semplificazione ed ad una maggior trasparenza delle disposizioni amministrative, soprattutto per i datori di lavoro e per i lavoratori.

5.6.2. Si invita la Commissione a preparare un quadro globale di tutti gli accordi bilaterali esistenti che riguardano questioni relative ai lavoratori migranti tra Stati membri dell'Unione e paesi candidati. Sulla base di tale panoramica il Comitato attende dati per sviluppare proposte ed iniziative per semplificare il quadro normativo esistente. È necessario che sia i paesi d'origine che quelli di accoglienza applichino criteri europei uniformi per le normative riguardanti i lavoratori migranti.

5.7. La formazione continua

5.7.1. Le misure di qualificazione rappresentano un elemento importante - non solo per i lavoratori migranti - per la futura partecipazione all'attività agricola. Tali misure possono risultare una valida base per avviare un'attività agricola anche per le persone poco qualificate, per i disoccupati e per altre persone svantaggiate. È pertanto urgente e necessario offrire agli uffici del lavoro degli Stati membri strumenti adeguati per permettere agli interessati di conoscere ed accedere a tali misure.

5.8. Il monitoraggio

5.8.1. Il rispetto delle regolamentazioni e degli accordi salariali e la lotta all'illegalità a protezione dei lavoratori migranti non dipendono solamente da controlli più rigorosi. Per fornire le necessarie informazioni e spiegazioni ai lavoratori ed alle imprese, ma anche all'opinione pubblica, debbono venir predisposti i mezzi necessari.

5.8.2. Accanto al lavoro di informazione deve anche aver luogo a livello europeo una più stretta cooperazione tra le autorità investigative, dato che l'organizzazione illegale di collocamento della forza lavoro ha dimensioni transnazionali. La Commissione deve pertanto far sì che venga meglio coordinata a livello europeo l'attività di indagine e repressione dell'occupazione illegale, mettendo a disposizione i mezzi necessari a tale scopo, sia in termini di personale che di sostegno finanziario.

5.9. La sicurezza sociale

5.9.1. L'agricoltura europea non può rinunciare ai lavoratori migranti. Essi dovrebbero fruire degli stessi diritti economici e sociali di tutti gli altri lavoratori. Inoltre, poiché danno un importante contributo allo sviluppo del settore primario, debbono poter godere anche di conquiste importanti come i sistemi di sicurezza sociale e le assicurazioni complementari esistenti in alcuni Stati membri. Deve cessare ad ogni forma di discriminazione nei confronti dei lavoratori migranti.

5.9.2. Il Comitato chiede alla Commissione di analizzare i sistemi esistenti di sicurezza sociale nell'agricoltura e prevedere, insieme agli interlocutori sociali, la possibilità di integrare i lavoratori migranti in tali sistemi. In tale contesto dovrebbero essere garantiti i diritti dei lavoratori migranti a valere sul regime di sicurezza sociale ottenuti grazie alle prestazioni fornite e inoltre i diritti alla pensione maturati dovrebbero poter essere trasferiti nei rispettivi paesi d'origine.

Bruxelles, 24 maggio 2000.

La Presidente

del Comitato economico e sociale

Beatrice Rangoni Machiavelli

(1) Ogni volta che si parla di lavoratori si intende parlare anche naturalmente di lavoratrici. Per tale motivo da questo punto in poi si abbrevierà usando solo il termine lavoratori.

(2) GU C 355 del 21.11.1997, pag. 51 sgg.

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