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Document 31996D0614

    96/614/CE: Decisione della Commissione del 29 maggio 1996 relativa a taluni interventi pubblici previsti dall'Italia in favore della Breda Fucine Meridionali SpA (Il testo in lingua italiana è il solo facente fede) (Testo rilevante ai fini del SEE)

    GU L 272 del 25.10.1996, p. 46–52 (ES, DA, DE, EL, EN, FR, IT, NL, PT, FI, SV)

    Legal status of the document In force

    ELI: http://data.europa.eu/eli/dec/1996/614/oj

    31996D0614

    96/614/CE: Decisione della Commissione del 29 maggio 1996 relativa a taluni interventi pubblici previsti dall'Italia in favore della Breda Fucine Meridionali SpA (Il testo in lingua italiana è il solo facente fede) (Testo rilevante ai fini del SEE)

    Gazzetta ufficiale n. L 272 del 25/10/1996 pag. 0046 - 0052


    DECISIONE DELLA COMMISSIONE del 29 maggio 1996 relativa a taluni interventi pubblici previsti dall'Italia in favore della Breda Fucine Meridionali SpA (Il testo in lingua italiana è il solo facente fede) (Testo rilevante ai fini del SEE) (96/614/CE)

    LA COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE,

    visto il trattato che istituisce la Comunità europea, in particolare gli articoli 92 e 93,

    visto l'accordo sullo Spazio economico europeo, in particolare gli articoli 61 e 62,

    dopo aver invitato le parti interessate a presentare osservazioni, conformemente agli articoli succitati,

    considerando quanto segue:

    I

    Con lettera del 10 marzo 1995, la Commissione ha informato il governo italiano della sua decisione di iniziare il procedimento di cui all'articolo 93, paragrafo 2 del trattato nei confronti degli aiuti di cui aveva beneficiato la Breda Fucine Meridionali (in appresso, «BFM»).

    In seguito ad una denuncia formale presentata da un concorrente di BFM, la Commissione, con lettera del 17 ottobre 1994, aveva chiesto alle autorità italiane informazioni sugli interventi pubblici di cui si asseriva avesse beneficiato l'impresa BFM.

    Alla luce delle informazioni raccolte, la Commissione era giunta alla conclusione che:

    - BFM era un'impresa controllata, dalla Finanziaria Ernesto Breda, del gruppo pubblico EFIM. Quest'ultimo era stato posto in liquidazione nel luglio 1992;

    - la Finanziaria Ernesto Breda, dal canto suo, era stata posta in liquidazione coatta mediante decreto dell'11 marzo 1994 del ministro del Tesoro italiano. Nel decreto è indicato che la società presentava un passivo di 803 Mrd di ITL che la manteneva in uno stato di insolvenza irreversibile;

    - BFM era specializzata, tra l'altro, nella fornitura di materiale per strade ferrate, in particolare cuori in acciaio per incrocio, lo stesso mercato sul quale operava l'impresa che ha sporto la denuncia. Da notare che la produzione di cuori per incroci rappresentava più del 40 % della produzione totale di BFM;

    - BFM versava in una situazione finanziaria deplorevole. Infatti, in base alle informazioni disponibili, la Commissione aveva motivo di ritenere quanto segue:

    - nel 1992 BFM aveva subito perdite dell'ordine di 27,6 Mrd di ITL su un fatturato di 18,5 Mrd;

    - nel 1993 tali perdite erano aumentate ed avevano raggiunto 36 Mrd di ITL mentre il fatturato era sceso a 13,5 Mrd;

    - nel 1993 i debiti di BFM ammontavano a 88,7 Mrd a fronte di un capitale sociale iniziale di 17 Mrd, azzerato in seguito alle perdite dell'impresa;

    - nel periodo 1985/1994, la Finanziaria Breda e l'EFIM erano a più riprese intervenute per sostenere BFM, sotto forma di ricapitalizzazione dell'impresa, ripianamento delle perdite e concessione di prestiti;

    - BFM era riuscita a restare sul mercato evitando lo scioglimento grazie, tra l'altro, ad una disposizione ad hoc contenuta nell'articolo 7 comma 2 del D.L. 19 dicembre 1992 n. 487, convertito dalla legge 17 febbraio 1993 n. 33 (in prosieguo: «la legge n. 33/1993»), concernente la soppressione del gruppo pubblico EFIM, che si applicava esclusivamente alle imprese controllate dall'EFIM.

    Le considerazioni di cui sopra spiegano le gravi difficoltà incontrate dalla Commissione per determinare se gli aiuti in causa - in particolare le ricapitalizzazioni dell'impresa, il ripianamento delle perdite e la concessione di prestiti a favore di BFM da parte dell'EFIM e della Finanziaria Ernesto Breda, nonché la non applicazione a BFM delle norme generali del codice civile italiano in materia di liquidazione e scioglimento delle società - fossero compatibili con il mercato comune. La Commissione aveva pertanto ritenuto necessario ed opportuno avviare la procedura prevista dall'articolo 93, paragrafo 2 del trattato CE nei confronti degli aiuti succitati.

    II

    Nell'ambito di detta procedura, la Commissione ha invitato il governo italiano a presentare le sue osservazioni, mentre gli altri Stati membri e i terzi interessati sono stati informati tramite comunicazione pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee (1).

    L'impresa Manoir Industries SA (Manoir), con lettera del 21 novembre 1995, nonché il governo tedesco, con lettera del 6 dicembre 1995, hanno comunicato alla Commissione le loro osservazioni in seguito alla decisione di avvio della procedura. La Commissione ha trasmesso tali osservazioni alle autorità italiane con lettera del 31 gennaio 1996, invitandole a rispondere, qualora lo desiderassero, entro un termine di quindici giorni. A tutt'oggi non è pervenuta alcuna reazione delle autorità italiane.

    Nelle sue osservazioni, Manoir, un'impresa francese concorrente di BFM sul mercato dei cuori per incroci, asserisce quanto segue:

    - BFM ha potuto rimanere attiva sul mercato unicamente grazie agli interventi pubblici di cui ha beneficiato, in particolare grazie ad una deroga al diritto comune italiano in materia di fallimento e di liquidazione, prevista dalla legge n. 33/1993;

    - dal mese di luglio 1992 BFM ha potuto sospendere tutti i pagamenti nei confronti dei fornitori;

    - BFM ha perso più volte il suo capitale e i suoi fondi propri sono negativi;

    - da vari anni BFM opera con margini negativi;

    - di conseguenza, la concorrenza sul mercato comunitario dei cuori per incroci è stata gravemente falsata, con pesanti ripercussioni per Manior che, essendo un'impresa privata, si trovava a dover far fronte alla concorrenza di BFM con i suoi mezzi propri, necessariamente limitati.

    Manoir ha infine sostenuto che gli aiuti in causa non potevano beneficiare delle deroghe previste dall'articolo 92, paragrafo 3 del trattato, per cui ha chiesto alla Commissione di esigere senza indugio dalle autorità italiane il recupero degli aiuti.

    Nelle sue osservazioni, il governo tedesco, che condivide la scelta della Commissione di avviare la procedura nel caso di specie, asserisce che gli interventi del governo italiano tramite l'EFIM e la Finanziaria Ernesto Breda non sarebbero mai stati realizzati da un investitore privato in economia di mercato, tenuto conto dell'entità dell'indebitamento dei BFM - che si è sempre più aggravato con il passare del tempo - nonché della situazione finanziaria dell'impresa, ragione per cui detti interventi costituiscono aiuti di Stato.

    Nella sua lettera del 24 maggio 1995 il governo italiano, rispondendo alla decisione della Commissione di aprire la procedura, ha fatto valere quanto segue:

    - nel periodo precedente l'avvio della liquidazione del gruppo EFIM (luglio 1992), BFM non ha beneficiato di alcun regime o provvedimento di garanzia;

    - nel corso della procedura di liquidazione di EFIM, il commissario liquidatore si è limitato a corrispondere a BFM taluni anticipi per il pagamento delle retribuzioni degli operai; a partire dal 1992 e a parte l'anticipo suddetto, BFM non ha ottenuto finanziamenti né dalla controllante, Finanziaria Ernesto Breda, né da altri e il commissario liquidatore nominato dal governo italiano per i compiti connessi alla liquidazione del gruppo EFIM ha sempre rispettato il principio dell'investitore privato in economia di mercato comportandosi, in tutte le circostanze, esattamente come tale, con la differenza che la liquidazione di EFIM era disciplinata dalla legislazione italiana sul gruppo pubblico EFIM;

    - nel corso degli ultimi anni, l'esposizione debitoria di BFM è cresciuta non per effetto dei nuovi prestiti che le sono stati accordati, bensì unicamente in ragione degli oneri finanziari maturati sull'indebitamento pregresso, giacché tutti i finanziamenti concessi sono stati accordati ai tassi d'interesse di mercato;

    - tutti i finanziamenti accordati dalle imprese madri a BFM erano destinati essenzialmente alla realizzazione di investimenti produttivi che, all'epoca in cui sono stati intrapresi, potevano ragionevolmente presentare adeguate prospettive di redditività;

    - anche qualora fossero considerati aiuti di Stato, tali interventi dovrebbero comunque poter beneficiare delle disposizioni dell'articolo 92, paragrafo 3 del trattato, in considerazione segnatamente: i) della situazione e delle prospettive dell'impresa, ii) del trasferimento a terzi della stessa, iii) della localizzazione dell'impresa nel Mezzogiorno d'Italia, in una regione avente i requisiti di cui all'articolo 92, paragrafo 3, lettera a) del trattato;

    - l'impresa sarebbe ridiventata redditizia: già nel 1995 BFM, a prescindere dall'indebitamento pregresso e dai relativi oneri finanziari, avrebbe generato profitti, anche se minimi. Per il 1996 si prevede che la società realizzi profitti notevoli;

    - di conseguenza, una decisione negativa parrebbe ingiusta in quanto comporterebbe la liquidazione dell'impresa, senza tener conto degli sforzi compiuti per ristrutturare la società;

    - l'articolo 7, comma 2 della legge n. 33/1993, che prevede la sospensione dell'applicazione alle società EFIM degli articoli 2446 e 2447 del codice civile, mira unicamente a consentire alle imprese del gruppo EFIM di svolgere le loro attività aziendali per il tempo strettamente necessario alla liquidazione completa del gruppo.

    III

    A titolo preliminare occorre individuare le norme del diritto comunitario applicabili al caso in esame, prendendo in considerazione il mercato suscettibile di essere pregiudicato dalle misure in causa: vale a dire il mercato dei cuori in acciaio al manganese per incroci per strade ferrate.

    Orbene, benché le rotaie siano soggette al trattato CECA, i cuori per incroci o scambi rientrano nel campo d'applicazione degli articoli 92 e 93 del trattato, come risulta dalla distinzione fatta nella nomenclatura combinata al capitolo 73, riguardante i lavori di ghisa, ferro o acciaio, sotto il codice 7302 30 00 (aghi, cuori, tiranti per aghi ed altri elementi per incroci o scambi). Anche le altre produzioni di BFM sono tutte produzioni cui si applica il trattato CE.

    L'articolo 92 del trattato CE stabilisce che - salvo deroghe contemplate dal trattato - sono incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidono sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti accordati dagli Stati ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma, che favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza.

    Si tratta pertanto di appurare: i) se gli interventi pubblici di cui avrebbe beneficiato BFM costituiscano aiuti di Stato, ii) se indicano sugli scambi tra Stati membri, iii) e, infine, se possano beneficiare delle disposizioni dell'articolo 92, paragrafi 2 e 3 del trattato CE e, se, di conseguenza, pur trattandosi di aiuti illegali in quanto mai notificati alla Commissione, possano essere considerati compatibili con il mercato comune.

    IV

    Risulta dal fascicolo che l'impresa BFM, che è stata costituita verso la metà degli anni '60 e che non ha mai realizzato profitti, ha registrato perdite notevoli in questi ultimi dieci anni, per i quali la Commissione dispone dei bilanci della società. L'indebitamento, che ha superato gli 85 Mrd di ITL alla fine del 1994, equivale ormai al quintuplo del capitale sociale originario di 17 Mrd di ITL. BMF ha perso, soltanto nel periodo 1990-1994:

    - nel 1990: 18 Mrd su un fatturato di 14,6 Mrd;

    - nel 1991: 14 Mrd su un fatturato di 18,6 Mrd;

    - nel 1992: 27,6 Mrd su un fatturato di 19,9 Mrd;

    - nel 1993: 36,1 Mrd su un fatturato di 14,7 Mrd;

    - nel 1994: 13,8 Mrd su un fatturato di 20,6 Mrd;

    Nel periodo 1985-1994 l'impresa ha beneficiato, da parte del gruppo pubblico EFIM e della sua controllata, la Finanziaria Ernesto Breda, di:

    a) iniezioni di capitale: 7 Mrd di ITL nel 1986, 5 Mrd nel 1987;

    b) ripianamento delle perdite: 7,1 Mrd nel 1985, 11,2 Mrd nel 1987, 3,9 Mrd nel 1988, 11,6 Mrd nel 1990, 17 Mrd nel 1991;

    c) finanziamenti da parte delle imprese madri per cui, oggigiorno, BFM ha un debito di 57 Mrd di ITL verso la Finanziaria Ernesto Breda e di 6 Mrd verso EFIM. A tale proposito occorre sottolineare che lo stesso EFIM, nella sua lettera del 20 febbraio 1996 mediante la quale si chiede alla Commissione di autorizzare la conversione in capitale di detti debiti, riconosce che BFM è indebitata per circa 63 Mrd di ITL nei confronti delle società madri.

    Alla luce di quanto sopra, vi è motivo di credere che, prima ancora dell'entrata in vigore, nel luglio 1992, delle disposizioni ad hoc di cui tratterà sub V, BFM è riuscita a mantenersi sul mercato di cui trattasi grazie agli interventi pubblici di cui ha usufruito: ossia, da un lato, dei finanziamenti e, dall'altro, dei conferimenti di capitale e del ripianamento delle perdite operati dalle due imprese madri.

    Al fine di determinare la sussistenza di aiuti di Stato nelle misure in questione occorre far presente che secondo la Commissione (cfr. comunicazione agli Stati membri del 13 novembre 1993) (1) le imprese pubbliche possono trarre un vantaggio dal fatto di essere controllate dallo Stato: ciò si verifica quando, accordando delle risorse, i poteri pubblici vanno al di là del loro semplice ruolo di proprietari dell'impresa. Se i fondi pubblici sono messi a disposizione dell'impresa pubblica a condizioni più favorevoli di quelle alle quali un proprietario privato fornirebbe risorse da un'impresa privata che si trovi in una situazione finanziara e concorrenziale analoga, o allorché risorse pubbliche siano messe a disposizione dell'impresa pubblica mentre non lo sarebbero da parte di un investitore privato, nel caso di un'analoga impresa privata che si trovasse nella stessa situazione finanziaria, l'impresa pubblica viene a beneficiare di un vantaggio che i proprietari privati non possono procurare alla propria impresa e, di conseguenza, la concorrenza sul mercato comune si trova falsata. A questo riguardo, poco importa se gli interventi a favore delle imprese pubbliche provengono direttamente dallo Stato o indirettamente da società di portafoglio o altre imprese pubbliche.

    Del pari, la Corte di giustizia delle Comunità europee ha sostenuto, in una giurisprudenza costante a partire dalle sentenze 21 marzo 1991, causa C-303/88, Italia/Commissione (1) e causa C-305/89, Italia/Commissione (2), che per determinare se un intervento pubblico costituisca un aiuto di Stato occorre che sia valutato in base alla differenza fra le condizioni alle quali lo Stato procura risorse all'impresa pubblica in questione e le condizioni alle quali un investitore privato considererebbe accettabile fornire risorse ad un'impresa privata comparabile nelle normali condizioni di un'economia di mercato. Inoltre, nella sentenza 3 ottobre 1991, causa C-261/89, Italia/Commissione (3), la Corte ha precisato che «la circostanza che un intervento finanziario sia destinato ad investimenti produttivi non esclude di per sé sola la natura di aiuto di un tale intervento quando, tenuto conto della situazione dell'impresa, risulti inverosimile che un investitore privato avrebbe effettuto tale conferimento di risorse finanziarie».

    Orbene, nel caso di specie le misure contestate, ossia le ripetute concessioni di prestiti, gli apporti di capitale e il ripianamento delle perdite a favore di un'impresa come BFM - che non ha mai realizzato profitti e che in condizioni economiche e giuridiche normali avrebbe già dovuto essere sciolta in conseguenza delle perdite che hanno condotto all'azzeramento del suo capitale sociale - non possono ritenersi misure che un investitore privato operante in condizioni normali di un'economia di mercato avrebbe adottato nella condotta normale dei suoi affari.

    In altri termini, gli interventi dei poteri pubblici in causa costituiscono aiuti di Stato in quanto, in circostanze analoghe e secondo l'id quod plerumque accidit, un investitore privato, ancorché della dimensione di EFIM o della Finanziaria Ernesto Breda, avrebbe rinunciato a conferimenti di capitali e a finanziamenti di tale entità a meno che non avesse elaborato un piano di ristrutturazione dell'impresa idoneo a ripristinare la redditività. Orbene, dal fascicolo non risulta che sia mai stata contemplata una vera e propria ristrutturazione di BFM né che tale sia stata la finalità degli interventi pubblici contestati.

    In realtà è molto probabile che in condizioni normali, ossia se BFM fosse stata un'impresa privata, il proprietario ormai da lungo tempo avrebbe lasciato che fosse dichiarata fallita; è infatti ben difficile che un imprenditore privato lasci permanere sul mercato, in assenza di un piano di ristrutturazione preciso, un'impresa che, registrando perdite superiori al fatturato, non gli apporta alcun vantaggio economico.

    Se il comportamento dell'investitore privato, cui va raffrontato l'intervento dell'investitore pubblico, non è necessariamente quello dell'investitore ordinario che investe capitali in vista di una redditività a più o meno breve termine, esso deve essere almeno quello di un investitore che interviene per assicurare la sopravvivenza di un'impresa in stato di difficoltà passeggera, ma che dopo una ristrutturazione dovrebbe ridiventare redditizia. Questo non è il caso di BFM, il cui indebitamento è così elevato da escludere, anche a lungo termine, qualsiasi redditività. Nessun investitore privato operante in condizioni normali di un'economia di mercato potrebbbe permettersi, nemmeno in nome di obiettivi a lungo termine e nella prospettiva di una cessione dell'impresa, di continuare a finanziare un'impresa così deficitaria per un così lungo periodo.

    Alla luce di quanto sopra, la Commissione ritiene che le misure pubbliche testé illustrate costituiscano aiuti di Stato ai sensi dell'articolo 92 del trattato.

    V

    L'articolo 7, comma 2 della legge n. 33/1993 prevede la non applicazione alle imprese del gruppo EFIM, tra cui BFM, delle regole imperative contenute negli articoli 2446 e 2447 del codice civile italiano. Tali articoli prevedono, fra le cause di scioglimento della società la riduzione del capitale sociale, in conseguenza di pertite, al di sotto del minimo legale (200 Mio di ITL). BFM è riuscita a mantenersi sul mercato evitando lo scioglimento, sorte riservata a qualsiasi altra impresa privata, grazie a questa disposizione ad hoc, derogativa al regime generale, contenuta nell'articolo 7 della legge n. 33/1993. L'applicazione di detti articoli del codice civile a BFM avrebbe potuto determinare il fallimento e la scomparsa di BFM dal mercato.

    Tale disposizione - che non è una misura generale, ma una misura specifica adottata a vantaggio di un'impresa determinata - costituisce un aiuto di Stato giacché essa ha permesso a BFM, in particolare, d'asternersi dal rimborso dei debiti pubblici e verso imprese pubbliche, compresi i debiti contratti da BFM presso istituzioni finanziarie pubbliche. Nello stesso modo, la disposizione de qua permetterebbe a BFM di mantenersi operativa senza rimborsare gli aiuti pubblici dichiarati incompatibili, senza essere dissolta. In questo caso, la presente decisione sarebbe priva di ogni pratica efficacia.

    Questo regime speciale, che risale al luglio 1992, avrebbe dovuto scadere alla fine del 1994. Ciononostante, l'Italia, come era già accaduto per il 1995, ha reiterato, prorogandola per il 1996 mediante decreto ministeriale del 24 gennaio 1996, la misura relativa al regime speciale di liquidazione dell'EFIM, a vantaggio di talune società del gruppo non ancora cedute o poste in liquidazione, come è il caso di BFM. In tal modo il governo italiano, a partire dal luglio 1992, ha protetto e tuttora continua a proteggere BFM da un'eventuale fallimento o liquidazione, modificando completamente la valutazione originaria che si sarebbe potuta attribuire alla liquidazione di EFIM, ossia di un regime di cui avvalersi per il tempo strettamente necessario alla cessione a terzi o alla liquidazione delle imprese del gruppo.

    È evidente che qualsiasi proroga di questo regime a favore di BFM, visto che comporta gravi distorsioni di concorrenza sul mercato comune non può giustificarsi che in presenza di ragioni obiettivamente valide. Orbene, le autorità italiane non hanno mai invocato alcun motivo per difendere la necessità di prorogare il regime speciale, salvo sostenere che avevano bisogno di tempo per trovare un acquirente. È ovvio che tale giustificazione è inaccettabile poiché altrimenti le autorità italiane potrebbero prorogare sine die e a loro piacimento il regime in questione fino a quando non si reperisca un acquirente.

    L'impossibilità di trovare un acquirente per BFM durante tutto questo arco di tempo comprova, inoltre, la deplorevole situazione finanziaria in cui versa attualmente BFM. Tale situazione è talmente precaria da rendere impossibile la vendita dell'impresa entro termini ragionevoli.

    Ne consegue che persino la proroga per BFM degli effetti delle disposizioni contenute nella legge in questione - vale a dire l'articolo 7, comma 2 della legge n. 33/1993, prorogato con decreto del 24 gennaio 1996 - deve essere considerato un aiuto di Stato giacché, permettendo artificiosamente a BFM di restare attiva sul mercato e quindi favorendola rispetto alle imprese concorrenti, ha falsato la concorrenza sul mercato di cui trattasi.

    La Commissione inoltre rileva che il regime derogatorio previsto dalla legge n. 33/1993, prorogato tramite il decreto del gennaio 1996, ha permesso a BFM:

    - di beneficiare di una sovvenzione di 2 710 Mio di ITL concessa dal commissario liquidatore di EFIM a titolo di pagamento dei salari per il personale eccedentario;

    - il congelamento dei crediti dei fornitori a concorrenza di 9 941 Mio di ITL;

    - la sospensione del rimborso dei crediti accordati dalle istituzioni finanziarie ISVEIMER e IMI, per un importo di 6 609 Mio di ITL;

    - la sospensione degli interessi dovuti alle banche creditrici a decorrere dal 17 luglio 1992, per un importo di 4 478 Mio di ITL.

    È evidente che tutte queste misure specifiche, adottate dall'Italia in deroga al diritto comune, hanno perseguito l'unico obiettivo di mantenere artificiosamente BFM sul mercato dal luglio 1992, permettendole di operare senza dover far fronte ai suoi obblighi finanziari nei confronti di imprese pubbliche.

    VI

    L'articolo 92, paragrafo 1 del trattato CE stabilisce che gli aiuti accordati dagli Stati membri sono incompatibili con il mercato comune nella misura in cui incidono sugli scambi tra Stati membri.

    Per quanto riguarda la definizione del mercato geografico dei cuori per strade ferrate, occorre constatare che si tratta di un mercato comunitario. Infatti tutti i principali produttori della Comunità di cuori per strade ferrate sono presenti in misura significativa in tutta la Comunità e partecipano, in concorrenza tra loro, agli appalti indetti dagli enti aggiudicanti dei vari Stati membri, nella fattispecie le società ferroviarie, esportando in tal modo ampia parte della loro produzione verso gli altri Stati membri.

    Peraltro, alla luce delle informazioni di cui dispone la Commissione, tale concorrenza risulta accentuata da ingenti sovraccapacità di questo mercato (1).

    Le autorità italiane hanno sottolineato il carattere marginale delle esportazioni di BFM. A tale proposito, va ricordato quanto affermato dalla Corte di giustizia nella citata sentenza nella causa C-305/89: «quanto un'impresa opera in un settore caratterizzato da sovraccapacità produttive nel quale viene esercitata un'effettiva concorrenza da parte di produttori di vari Stati membri, qualsiasi aiuto essa riceva dalle autorità pubbliche è idoneo ad incidere sugli scambi tra gli Stati membri e a pregiudicare la concorrenza, in quanto la sua conservazione sul mercato impedisce ai concorrenti di accrescere la loro quota di mercato e diminuisce le loro possibilità di incrementare le esportazioni» (2).

    VII

    Constatato che gli interventi pubblici di cui ha beneficiato BFM costituiscono aiuti di Stato e che in quanto tali incidono sugli scambi intracomunitari, si deve determinare se detti aiuti, pur essendo illegittimi in quanto mai notificati alla Commissione, possano essere giudicati compatibili con il mercato comune.

    L'articolo 92, ai paragrafi 2 e 3, contempla alcuni tipi di aiuti che sono o possono essere compatibili con il mercato comune. L'articolo 92, paragrafo 2 prevede che sono compatibili con il mercato comune gli aiuti a carattere sociale concessi ai singoli consumatoti e gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali.

    Al riguardo va rilevato che l'articolo 92, paragrafo 2 non può applicarsi agli aiuti di cui trattasi, in quanto non si tratta di aiuti a carattere sociale concessi ai singoli consumatori; dal fascicolo emerge inoltre che non sono nemmeno destinati ad ovviare ai danni arrecati da calamità.

    Tra le disposizioni dell'articolo 92, paragrafo 3, quelle che potrebbero essere pertinenti nella fattispecie e che sono state invocate dalle autorità italiane riguardano: a) gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico di regioni nelle quali il livello di vita sia anormalmente basso oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione; e c) gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempreché non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse.

    Per quanto concerne le disposizioni di cui all'articolo 92, paragrafo 3, lettera a), si deve constatare che le misure di aiuto di cui trattasi non sono state concesse in applicazione di un programma di intervento pubblico regionale. Dal fascicolo non risulta nemmeno che siano state concesse per creare posti di lavoro in una regione assistita. Al contrario, l'esame del caso indica che si tratta di misure puntuali destinate a permettere a qualunque costo la sopravvivenza industriale di BFM Per quanto concerne le disposizioni di cui all'articolo 92, paragrafo 3, lettera c), le autorità italiane sostengono che gli interventi in questione avrebbero permesso la ristrutturazione e, d'ora in avanti, il ripristino della redditività di BFM. A questo proposito la Commissione osserva che le autorità italiane non hanno fornito alcun elemento a sostegno della tesi secondo la quale gli aiuti contestati sono stati concessi in applicazione di un piano di ristrutturazione dell'impresa.

    Inoltre, anche supponendo che la ristrutturazione fosse stata un'eventualità contemplata dagli azionisti pubblici, i fatti hanno dimostrato che qualsiasi piano di ristrutturazione di BFM sarebbe stato errato e infondato. Infatti, dal fascicolo emerge che non si è mai trattato di ristrutturare la BFM e che un'ipotetica ristrutturazione non è mai stata la causa degli interventi pubblici contestati, i quali sono stati degli interventi puramente puntuali effettuati per consentire la sopravvivenza dell'impresa a prescindere da qualsiasi logica economica e da qualsiasi contesto di ristrutturazione.

    Va peraltro osservato che, contrariamente alle asserzioni delle autorità italiane secondo le quali l'impresa sarebbe attualmente redditizia, BFM perfino nel 1995 ha registrato perdite ammontanti a 15 Mrd su un fatturato di 28,1 Mrd; le perdite erano ammontate a 27,6 Mrd nel 1992, 36,1 Mrd nel 1993 e 13,8 Mrd nel 1994. Analogamente, il risultato di esercizio, che non tiene conto dei proventi e degli oneri finanziari, è stato di: P 1 994 Mio di ITL nel 1995; P 4 217 Mio nel 1992; P 5 103 Mio nel 1993; + 87 Mio nel 1994. Alla luce di quanto precede, la Commissione ha motivo di ritenere che le osservazioni italiane relative alla ripristinata redditività di BFM non abbiano fondamento.

    Infine sembra difficilmente comprensibile che si possa utilizzare, come invece fanno le autorità italiane, la pretesa redditività dell'impresa, sul piano strettamente operativo, per sostenere la compatibiità dell'aiuto, facendo astrazione degli oneri finanziari che l'impresa dovrebbe normalmente sostenere.

    Non sembra peraltro compatibile con il diritto comunitario nemmeno il fatto che un'impresa, la quale senza le sovvenzioni e le condizioni derogatorie al diritto comune avrebbe dovuto scomparire, possa beneficiare di un trattamento favorevole con il pretesto di un ripristino della redditività sul piano dei risultati di gestione, allorché è mantenuta sul mercato solo grazie agli aiuti illegittimi. Inoltre va sottolineato che siffatto ragionamento offrirebbe un vantaggio illecito agli Stati membri che ritardano il più possibile la soppressione delle misure di aiuto.

    Di conseguenza la Commissione ritiene che nella fattispecie non può essere accordata alcuna deroga in virtù dell'articolo 92, paragrafi 2 o 3 del trattato.

    Infine, il fatto che una decisione della Commissione di vietare aiuti illegitimi e di esigerne la restituzione potrebbe comportare la liquidazione di BFM, come asseriscono le autorità italiane, deve essere considerato nel contesto proprio del caso di specie. Il caso BFM rientra nel piano di liquidazione presentato alla Commissione per il gruppo EFIM. Orbene, questo piano prevede, al termine di un periodo transitorio, la liquidazione delle imprese che non abbiano trovato acquirente. L'Italia ha prorogato per due volte, senza l'autorizzazione della Commissione, questo regime speciale di liquidazione, la seconda volta mediante il decreto del 24 gennaio 1996.

    Non essendo stato possibile trovare un acquirente, la liquidazione di BFM avrebbe già dovuto aver luogo alla fine del 1994, termine inizialmente previsto dalla legge di liquidazione del gruppo EFIM. Di conseguenza la liquidazione di BFM costituirebbe soltanto la conseguenza logica e prevista dal legislatore italiano del piano di liquidazione del gruppo EFIM, piuttosto che un'applicazione eccessivamente rigida delle regole comunitarie.

    VIII

    Alla luce di quanto precede, si deve concludere che le misure pubbliche di cui ha beneficiato BFM, vale a dire:

    a) i conferimenti di capitale per un ammontare di 12 Mrd di ITL, più precisamente per 7 Mrd nel 1986 e per 5 Mrd nel 1987;

    b) i ripianamenti delle perdite per 50,8 Mrd, in particolare 7,1 Mrd nel 1985, 11,2 Mrd nel 1987, 3,9 Mrd nel 1988, 11,6 Mrd nel 1990, 17 Mrd nel 1991;

    c) i finanziamenti accordati a BFM dalla Finanziaria Ernesto Breda e dall'EFIM, tradottisi in un indebitamento di BFM nei confronti delle due società madri di 63 Mrd di ITL;

    d) l'articolo 7, comma 2 della legge n. 33/1993, quale prorogato dal decreto del 24 gennaio 1996, in quanto esso ha permesso a BFM d'asternersi dal rimborso dei debiti pubblici e verso imprese pubbliche, compresi i debiti contratti da BFM presso istituzioni finaziarie pubbliche, nonché di restare operativa senza rimborsare gli aiuti pubblici da dichiarare incompatibili e senza essere sciolta;

    e) le disposizioni della legge n. 33/1993 nella misura in cui esse hanno permesso a BFM di beneficiare della sospensione del rimborso dei crediti concessi dalle istituzioni finanziarie pubbliche Isveimer ed IMI per l'ammontare di 6 609 Mio di ITL,

    costituiscono aiuti di Stato illegittimi, in quanto mai notificati alla Commissione e incompatibili con il mercato comune, poiché non possono beneficiare dell'applicazione di alcuna norma di cui ai paragrafi 2 e 3 dell'articolo 92 del trattato.

    Secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia in particolare la sentenza 2 febbraio 1989, causa 94/87, Commissione/Germania (1), le procedure e disposizioni nazionali devono essere attuate in modo da non rendere praticamente impossibile la ripetizione dell'aiuto prescritta dal diritto comunitario,

    HA ADOTTATO LA PRESENTE DECISIONE:

    Articolo 1

    Le misure di aiuto di Stato di cui ha beneficiato BFM, e cioè:

    a) i conferimenti di capitale per un ammontare di 12 Mrd di ITL, più precisamente per 7 Mrd nel 1986 e per 5 Mrd nel 1987;

    b) i ripianamenti delle perdite per 50,8 Mrd, in particolare 7,1 Mrd nel 1985, 11,2 Mrd nel 1987, 3,9 Mrd nel 1988, 11,6 Mrd nel 1990, 17 Mrd nel 1991;

    c) i finanziamenti accordati da BFM dalla Finanziaria Ernesto Breda e dall'EFIM, tradottisi in un indebitamento di BFM nei confronti delle due società madri di 63 Mrd di ITL;

    d) l'articolo 7, comma 2 della legge n. 33/1993, quale prorogato dal decreto del 24 gennaio 1996, in quanto esso ha permesso a BFM d'astenersi dal rimborso dei debiti pubblici e verso imprese pubbliche, compresi i debiti contratti da BFM presso istituzioni finanziarie pubbliche, nonché di restare operativa senza rimborsare gli aiuti pubblici da dichiarare incompatibili e senza essere sciolta;

    e) le disposizioni della legge n. 33/1993 nella misura in cui esse hanno permesso a BFM di beneficiare della sospensione del rimborso dei crediti concessi dalle istituzioni finanziarie pubbliche Isveimer ed IMI per l'ammontare di 6 609 Mio di ITL,

    sono illegittime in quanto non sono state notificate alla Commissione preventivamente alla loro concessione in conformità dell'articolo 93, paragrafo 3 del trattato CE.

    Esse sono inoltre incompatibili con il mercato comune ai sensi dell'articolo 92 del trattato CE.

    Articolo 2

    L'Italia procede al recupero degli aiuti versati all'impresa BFM secondo le disposizioni della legislazione italiana relative al recupero dei crediti dello Stato.

    Al fine di sopprimere gli effetti derivanti da detti aiuti, il loro ammontare è maggiorato degli interessi decorrenti dal giorno dell'erogazione degli aiuti fino alla data del rimborso. Il tasso d'interesse da applicare è il tasso utilizzato dalla Commissione per il calcolo dell'equivalente sovvenzione netto nel quadro degli aiuti a finalità regionale nel corso del periodo considerato.

    Articolo 3

    L'Italia procede, limitatamente a BFM, alla sospensione immediata ed alla disapplicazione delle disposizioni relative alla proroga del regime derogatorio al diritto comune per quanto concerne i debiti pubblici ed i debiti nei confronti di imprese pubbliche. Inoltre, l'Italia procede, limitatamente a BFM, alla sospensione immediata ed alla disapplicazione delle disposizioni relative alla sospensione del rimborso dei crediti concessi dalle istituzioni finanriarie pubbliche.

    Articolo 4

    Entro due mesi dalla notificazione della presente decisione, l'Italia informa la Commissione delle misure adottate per conformarvisi.

    Articolo 5

    La Repubblica italiana è destinataria della presente decisione.

    Fatto a Bruxelles, il 29 maggio 1996.

    Per la Commissione Karel VAN MIERT Membro della Commissione

    (1) Il mercato dei cuori monoblocchi per incroci sulla rete europea continua ad essere caratterizzato da sovraccapacità. Nel 1996 la capacità totale stimata nella Comunità (Manoir, BFM, Jadot, Jez Amurrio) è di 8 400 cuori mentre il fabbisogno di cuori dovrebbe ammontare al massimo a sole 5 615 unità.

    (2) Punto 26 della motivazione.

    (1) Racc. 1989, pag. 175.

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