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Document 52020AE5266

    Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Il ruolo dell’economia sociale nella creazione di posti di lavoro e nell’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali» (parere esplorativo)

    EESC 2020/05266

    GU C 286 del 16.7.2021, p. 13–19 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, HR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

    16.7.2021   

    IT

    Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

    C 286/13


    Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Il ruolo dell’economia sociale nella creazione di posti di lavoro e nell’attuazione del pilastro europeo dei diritti sociali»

    (parere esplorativo)

    (2021/C 286/04)

    Relatore:

    Giuseppe GUERINI

    Correlatrice:

    Cinzia DEL RIO

    Consultazione

    Presidenza portoghese del Consiglio, 26.10.2020

    Base giuridica

    Articolo 304 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

    Sezione competente

    Mercato unico, produzione e consumo

    Adozione in sezione

    31.3.2021

    Adozione in sessione plenaria

    27.4.2021

    Sessione plenaria n.

    560

    Esito della votazione

    (favorevoli/contrari/astenuti)

    239/2/1

    1.   Conclusioni e raccomandazioni

    1.1.

    Il CESE è grato alla presidenza portoghese per aver richiesto questo parere e ritiene importante individuare negli enti dell’economia sociale i partner strategici per l’implementazione del pilastro europeo dei diritti sociali e per l’edificazione di un’Unione europea che ribadisca che la funzione principale dell’economia è di essere al servizio delle persone. A tale proposito raccomanda che, nei piani nazionali di ripresa e resilienza per l’uscita dalla crisi pandemica, le autorità degli Stati membri prevedano un ampio coinvolgimento degli enti dell’economia sociale.

    1.2.

    Il CESE ritiene necessario consolidare i criteri operativi adottati dalle istituzioni dell’Unione europea per promuovere un adeguato riconoscimento delle organizzazioni e delle imprese dell’economia sociale, nelle diverse forme giuridiche in cui si costituiscono. Tali criteri prevedono che si antepongano obiettivi sociali di interesse generale, che si adotti una governance democratica e partecipata da diversi portatori di interesse e che, anche quando si consegua una «lucratività limitata», questa venga destinata al perseguimento degli scopi statutari.

    1.3.

    Al fine di misurare gli impatti sociali creati dalle organizzazioni e imprese dell’economia sociale, il CESE ritiene necessario per l’Unione europea un sistema permanente di censimento statistico che consenta di avere dati qualificati, comparabili e aggiornati circa la consistenza e l’incidenza del settore.

    1.4.

    Il CESE ritiene che, quando il ruolo dell’economia sociale nella creazione e nel mantenimento dell’occupazione coinvolge lavoratori svantaggiati e in territori svantaggiati, siano necessarie politiche di sostegno adeguate e capaci di riconoscere la funzione di interesse generale di queste organizzazioni che, pur avendo natura giuridica privata, svolgono una funzione sostanzialmente pubblica.

    1.5.

    Tali politiche di sostegno si debbono tradurre in quattro livelli:

    politiche fiscali e regime di tassazione che riconoscano la funzione di interesse generale;

    politiche di promozione di investimenti pubblici e privati che favoriscano lo sviluppo di una finanza a impatto sociale — anche attraverso la leva degli appalti pubblici e delle concessioni;

    politiche di sostegno all’occupazione stabile e al protagonismo economico dei lavoratori delle imprese dell’economia sociale;

    politiche per il sostegno alla qualificazione del personale e per l’innovazione tecnologica nelle organizzazioni dell’economia sociale.

    1.6.

    In merito alla creazione e al mantenimento di posti di lavoro, il CESE ritiene che la formula nota come worker buy out costituisca una buona prassi utile non solo per il rilancio di aziende in crisi ma anche nei casi di trasmissione di PMI i cui fondatori non hanno successori. Per questo potrebbe essere interessante creare uno specifico fondo d’investimento europeo.

    1.7.

    Il CESE chiede che sia sostenuto e incoraggiato, anche mediante politiche di incentivo, il crescente interesse di operatori finanziari per gli investimenti a impatto sociale, che devono individuare nelle imprese dell’economia sociale il principale protagonista per un’azione di rilancio di investimenti dedicati all’attuazione di obiettivi sociali, ambientali e solidaristici.

    1.8.

    Il CESE ritiene che le imprese dell’economia sociale possano essere una forma organizzativa ideale per le nuove forme di imprenditorialità realizzate mediante le piattaforme digitali e in particolare per le attività di «sharing economy», per la loro propensione al coinvolgimento attivo di lavoratori e utenti delle piattaforme digitali.

    1.9.

    Il CESE sottolinea che condizioni di lavoro dignitose e la governance democratica sono elementi qualificanti per le imprese dell’economia sociale e che, quando non sono previste statutariamente come nel caso delle cooperative di lavoro e sociali, si debbano prevedere forme concrete di consultazione e partecipazione dei lavoratori.

    1.10.

    Il CESE crede che le organizzazioni dell’economia sociale, e in particolare le associazioni di volontariato, svolgano una funzione fondamentale per la coesione alimentando il capitale sociale e sostenendo il ruolo responsabile della società civile.

    1.11.

    Il volontariato tra i giovani rappresenta una risorsa fondamentale per aumentare l’occupabilità e il capitale umano delle nuove generazioni, creando un effetto positivo che aumenta le occasioni di occupazione. Tale funzione appare utile anche per ridurre il fenomeno dei NEET e meriterebbe che si attivino politiche per favorire il passaggio dalle esperienze di volontariato a forme di lavoro retribuito stabili.

    1.12.

    Il CESE infine richiede e auspica che il piano d’azione per l’economia sociale sia l’occasione per mettere in campo strumenti operativi e proposte legislative concrete.

    2.   Osservazioni generali

    2.1.

    Con questo parere esplorativo, richiesto dalla presidenza portoghese del Consiglio dell’UE, il CESE è lieto di contribuire al perseguimento delle priorità del programma con particolare riguardo alla promozione del modello sociale europeo, grazie all’individuazione di proposte concrete sul ruolo delle imprese dell’economia sociale nella creazione di lavoro stabile e dignitoso e di un’economia più inclusiva, sostenibile e resiliente.

    2.2.

    L’economia sociale è sempre più riconosciuta a livello internazionale come attore decisivo e rilevante capace di esprimere la capacità organizzativa e trasformativa della società civile. In diversi Stati membri si sono prodotte legislazioni che ne riconoscono finalità e funzioni, delineando il profilo e la forma giuridica delle organizzazioni riconosciute come espressioni dell’economia sociale (1).

    2.3.

    Il CESE, in merito al riconoscimento giuridico, nel parere INT/871 (2) evidenzia come le organizzazioni e le imprese dell’economia sociale antepongano obiettivi sociali al ruolo del capitale anche grazie a una governance democratica partecipata da diversi portatori di interesse. Non perseguono finalità di lucro privato e, anche quando conseguono una «lucratività limitata», mediante un’attività imprenditoriale, i guadagni vanno destinati al perseguimento degli scopi statutari e alla creazione di posti di lavoro.

    2.4.

    Il sostanziale riconoscimento dell’economia sociale è sostenuto da documenti di studio realizzati da istituzioni e organismi internazionali, come l’OCSE, le Nazioni Unite, l’OIL, e da diverse istituzioni dell’UE tra cui lo stesso CESE, i cui 13 pareri dedicati all’economia sociale fra il 2009 e il 2020 hanno identificato le organizzazioni e le imprese dell’economia sociale in 4 famiglie: le cooperative, le associazioni, le mutue e le fondazioni, a cui si sono aggiunte in tempi più recenti le imprese sociali.

    2.5.

    Sebbene i criteri e i concetti più rappresentativi dell’economia sociale quali il primato delle persone sul capitale, il reinvestimento dei profitti e la governance partecipativa siano stati riconosciuti dall’Unione europea (3), non si è potuto ancora raggiungere un accordo per una definizione giuridica omogenea europea. Nel 2018 il Parlamento ha proposto l’introduzione di una certificazione per le organizzazioni dell’economia sociale basata sull’articolo 50 del TFUE. Il CESE ritiene che, perché questo si concretizzi, sia necessaria una migliore e più omogenea rilevazione dei dati statistici per il censimento delle organizzazioni e imprese dell’economia sociale secondo una definizione operativa comune, come accade nei paesi che hanno istituito registri pubblici delle organizzazioni e imprese dell’economia sociale.

    2.6.

    Una definizione operativa riconosciuta e formalmente accettata e valida per le istituzioni dell’Unione europea è ormai sempre più necessaria, soprattutto per consentire l’accesso alle molte opportunità di crescita e sviluppo, nonché per favorire una migliore comprensione dell’economia sociale da parte delle istituzioni pubbliche e private.

    2.7.

    Questa definizione è indispensabile per una piena accessibilità al mercato dei capitali, dove cresce l’interesse verso gli investimenti a impatto sociale. Il piano d’azione per l’economia sociale rappresenta un’occasione opportuna per affrontare questo tema, ma anche nel piano d’azione per l’Unione dei mercati dei capitali per le persone e le imprese (4) si dovrebbe considerare il ruolo dell’economia sociale per attrarre in Europa investimenti per un’economia attenta alle persone.

    2.8.

    La funzione e il valore economico generato dalle organizzazioni dell’economia sociale appare assai significativo, sia per dimensione (8 % del PIL europeo) sia per qualità e persistenza di questo valore (5), che anche durante gli anni della crisi finanziaria ha visto crescere sia i valori economici prodotti, sia il numero di lavoratori occupati.

    2.9.

    Rilevante è il ruolo nella creazione e nel mantenimento di posti di lavoro, con oltre 13,6 milioni di posti di lavoro retribuiti in Europa, pari a circa il 6,3 % della popolazione attiva dell’UE a 28 (6), più di 232 milioni di soci di cooperative, mutue ed enti analoghi, oltre 2,8 milioni di imprese e organizzazioni. Fra questi lavoratori, circa 2,6 milioni sono lavoratori di imprese sociali rispondenti ai requisiti descritti dalla Social Business Initiative del 2011.

    2.10.

    Molti occupati nelle organizzazioni e nelle imprese dell’economia sociale si trovano in piccole organizzazioni, ma esistono casi in cui le imprese dell’economia sociale assumono grandi dimensioni, con un numero che a volte supera le centinaia e le migliaia di occupati. Una grande parte si trova in organizzazioni caratterizzate da una governance partecipativa di tipo democratico, che evidenzia una correlazione fra l’ampia partecipazione dei portatori d’interesse alla governance e la propensione al mantenimento di alti livelli di occupazione, oltre a una migliore capacità di resistere agli shock (7).

    2.11.

    Significativa, nell’economia sociale, è l’ampia presenza di lavoratrici, che in molti casi arriva a superare la quota del 70 % della forza lavoro, ma che in generale comunque si attesta su percentuali superiori al 50 %. Sebbene servano ulteriori passi per la piena parità, significativa è la presenza delle donne nelle funzioni direttive e apicali di molte organizzazioni dell’economia sociale. Si distingue quindi, tra queste organizzazioni e imprese, una significativa equità retributiva — sia fra le diverse posizioni della gerarchia organizzativa, sia nelle retribuzioni, che non manifestano eccessivi squilibri di genere (8).

    2.12.

    Una maggiore equità delle retribuzioni non compensa il dato, presente in non pochi casi, per cui i livelli retributivi dei lavoratori delle organizzazioni e imprese dell’economia sociale permangono nelle fasce basse della distribuzione del reddito. Questo è in parte riconducibile a una generale scarsa valorizzazione del lavoro di cura, che in troppi casi non ottiene un riconoscimento economico adeguato nemmeno nelle forme imprenditoriali convenzionali. È a questo proposito importante che si rafforzino i diritti sindacali dei lavoratori del settore sociale e assistenziale.

    2.13.

    Importante è anche la funzione svolta nella promozione e attuazione di innovazioni sociali, che dimostra che tali organizzazioni sanno interpretare e accompagnare i cambiamenti della società mobilitando risorse di capitale umano che si esprime in una partecipazione attiva e solidale, con oltre 82,8 milioni di volontari.

    2.14.

    Il numero elevato delle persone attive in settori importanti, così come le sfide di innovazione sociale e tecnologica a cui sono chiamate le organizzazioni e le imprese dell’economia sociale, devono essere sostenuti da adeguati interventi di formazione permanente e di qualificazione per la crescita delle competenze professionali e organizzative.

    2.15.

    Il CESE quindi ritiene molto opportuno l’annuncio, da parte della Commissione europea, di un piano d’azione per l’economia sociale e di azioni concrete per l’implementazione del pilastro europeo dei diritti sociali con un suo specifico piano d’azione, su cui il CESE si è espresso col parere SOC/614 (9).

    3.   Proposte per una politica europea di sostegno e promozione dell’economia sociale

    3.1.

    Per dare ulteriore slancio e consistenza al contributo delle organizzazioni e imprese dell’economia sociale e per costruire un’«Europa più sociale, resiliente e inclusiva», è necessario che si introducano misure legislative e programmi di politica economica europea che promuovano e favoriscano la crescita delle organizzazioni e imprese dell’economia sociale anche in virtù del contributo che esse possono portare per un modello di sviluppo sostenibile, ecologico e solidale.

    3.2.

    In questa direzione riteniamo sia possibile individuare interventi su quattro livelli:

    un regime di tassazione che riconosca la funzione di interesse generale svolta dalle imprese dell’economia sociale, con particolare riguardo a quelle che operano in settori di primario interesse pubblico come servizi sociali, sanitari, educativi e di inclusione sociale;

    politiche di promozione di investimenti pubblici e privati che favoriscano lo sviluppo di una finanza a impatto sociale — con un ulteriore miglioramento dell’accessibilità al mercato degli appalti pubblici e delle concessioni;

    politiche di sostegno all’occupazione stabile e al protagonismo economico dei lavoratori delle imprese dell’economia sociale, specie nella governance democratica delle stesse;

    politiche di sostegno per implementare nuove competenze e favorire la diffusione di innovazione e nuove tecnologie nella società civile.

    3.3.

    Il CESE, nel riconoscere la fondamentale funzione svolta dalle organizzazioni e imprese dell’economia sociale nell’ambito dei servizi alla persona e servizi sociali, ritiene comunque che rimangano imprescindibili le responsabilità degli Stati e delle pubbliche amministrazioni per garantire i servizi essenziali ai cittadini.

    3.4.

    Vanno ulteriormente rafforzate le misure per sostenere l’occupazione nelle imprese sociali che hanno come missione l’inserimento lavorativo di lavoratori disabili o gravemente svantaggiati. Queste misure dovrebbero agire per la riduzione del peso degli oneri fiscali e contributivi sul costo del lavoro, mediante l’assunzione da parte delle autorità pubbliche delle quote di contribuzione necessarie ad assicurare le tutele assicurative e previdenziali di questi lavoratori svantaggiati. Tali incentivi non andrebbero considerati come aiuti di Stato alle imprese dell’economia sociale, in quanto destinati a sostenere una piena inclusione lavorativa per persone gravemente svantaggiate. In ogni caso gli incentivi andrebbero concessi soltanto a organizzazioni che rispettano i contratti collettivi di lavoro e i diritti fondamentali dei lavoratori.

    3.5.

    In molti casi le imprese dell’economia sociale sono il principale gestore di servizi essenziali per la popolazione — quali servizi educativi, socio sanitari, assistenziali o di formazione e inserimento lavorativo per persone svantaggiate — gestendo attività che, se anche assumono carattere commerciale o d’impresa, sono sempre attività che hanno una forte valenza comunitaria e territoriale, e i cui profitti sono comunque reinvestiti per gli scopi statutari. Sono servizi che si realizzano con la partecipazione diretta degli stessi destinatari e hanno un radicamento territoriale che è parte stessa della missione che svolgono. Tali condizioni quindi non si possono assimilare incondizionatamente ai regimi di concorrenza di mercato. Pertanto andrebbero allentate alcune delle attuali prescrizioni sugli «aiuti di Stato» che impediscono di introdurre un regime di tassazione che riconosca il merito sociale e di pubblica utilità di queste organizzazioni.

    3.6.

    Per la stessa ragione, inoltre, il CESE, come già richiesto nel parere INT/906 (10), ritiene necessario che il massimale previsto dal regolamento de minimis sui servizi di interesse economico generale, pari a 500 000 EUR nell’arco di tre esercizi finanziari, debba essere di almeno 800 000 EUR per esercizio finanziario.

    Ferma restando l’opportunità di prevedere regole di accesso ai finanziamenti pubblici armonizzate con criteri omogenei, trasparenti e nel pieno rispetto delle norme sul lavoro e sull’applicazione dei contratti collettivi di settore.

    3.7.

    È importante individuare strumenti utili a incrementare gli investimenti a impatto sociale realizzati nelle organizzazioni dell’economia sociale. In questa direzione alcune esperienze interessanti si sono realizzate con delle specifiche obbligazioni o titoli di partecipazione (equity o quasi equity) in un’impresa dell’economia sociale, legata al perseguimento di obiettivi sociali di interesse generale.

    3.8.

    Su questi strumenti finanziari, applicando una tassazione agevolata per l’investitore si potrebbero creare volani di crescita rilevanti alla luce del fatto che già i dati storici confermano che, seppure con investimenti limitati, le organizzazioni dell’economia sociale hanno saputo generare molti posti di lavoro e molti benefici sociali per i fruitori dei servizi da esse realizzati.

    3.9.

    È però necessario prevedere adeguate metriche che rendano possibile la misurazione e la comparazione dei risultati ottenuti, come l’aumento occupazionale stabile, l’applicazione di elevati standard di sicurezza sul lavoro e la verifica dell’effettivo raggiungimento degli obiettivi sociali alla base dell’iniziativa. Per questo è opportuno che gli Stati membri si dotino di leggi quadro sull’economia sociale e che attivamente mettano in campo politiche favorevoli alla crescita e sviluppo delle imprese dell’economia sociale.

    3.10.

    Già dal 2011 la Commissione europea individuava la necessità di migliorare il livello di conoscenza e di rilevazione pubblica dei dati e delle statistiche sulle imprese dell’economia sociale, tuttavia resta ancora molto da fare per l’individuazione di standard coordinati, che peraltro sarebbero particolarmente utili anche per evitare fenomeni di «social washing» o di accesso improprio alle misure di sostegno.

    3.11.

    Si potrebbero per questo identificare delle authority nazionali, negli Stati che ancora non le hanno implementate, incaricate di monitorare e verificare il rispetto dei requisiti e degli standard e la coerenza con le finalità sociali.

    3.12.

    Tra le specifiche misure di sostegno, una delle più rilevanti è quella della partecipazione al mercato degli appalti pubblici e delle concessioni, su cui già la direttiva 2014/24/UE ha proposto significativi strumenti (11), che non in tutti gli Stati membri hanno trovato adeguata attuazione. Al fine di incoraggiare gli appalti pubblici socialmente responsabili, la Commissione europea dovrebbe dare l’esempio e sfruttare al massimo le proprie procedure di appalto per perseguire obiettivi di politica sociale.

    3.13.

    Sempre tra le misure di sostegno appaiono interessanti quelle destinate alla riconversione di attività produttive e di servizio, o il trasferimento di queste attività da aziende in crisi o da imprenditori a fine carriera ai lavoratori, organizzati in forma cooperativa o in imprese partecipative.

    3.14.

    Molte di queste esperienze che si identificano come worker buyout  (12), già realizzate con successo per la ripresa di attività industriali in crisi, oggi vedono crescere i casi in cui un’impresa sociale partecipata dai lavoratori si propone per il trasferimento di piccole imprese. Ciò avviene in particolare tra i giovani che non hanno adeguate dotazioni di capitale per intraprendere un’attività d’impresa ma spesso sono frenati dalla solitudine e dalla preoccupazione di affrontare le difficoltà del mercato in forma individuale.

    3.15.

    Per incrementare il potenziale di queste iniziative servirebbe un intervento di investimento e accompagnamento che aiuti l’avvio dell’attività d’impresa attraverso una partecipazione di capitale finanzia i lavoratori di aziende in crisi che scelgono di riprendere l’attività costituendosi in cooperativa. In alcuni Paesi queste iniziative hanno consentito di riqualificare diverse imprese e di salvaguardare migliaia di posti di lavoro.

    3.16.

    Fondamentale in questi processi di riconversione industriale è il ruolo delle organizzazioni sindacali dei lavoratori. Forme di autoimprenditorialità come il WBO sono parte integrante delle politiche attive del lavoro. Una buona prassi di collaborazione tra cooperative e sindacati è l’accordo firmato in Italia fra le tre federazioni cooperative e i tre sindacati più rappresentativi per una cooperazione sistematica sui worker buyout (13).

    3.17.

    Il CESE auspica che il piano d’azione per l’economia sociale promuova l’introduzione nell’Unione europea di iniziative analoghe in tutti gli Stati membri, istituendo una struttura dedicata nell’ambito del Fondo europeo per gli investimenti o di quello per l’adeguamento alla globalizzazione, allo scopo di avere strumenti concreti per sostenere la ripartenza delle attività economiche dissestate dalla crisi provocata dalla pandemia.

    4.   Nuove forme di economia sociale

    4.1.

    Le imprese dell’economia sociale stanno sviluppando nuova occupazione e iniziative di innovazione sociale anche nel contesto della green economy e per la promozione di uno sviluppo sostenibile. Sono in crescita le esperienze di economia circolare realizzate delle organizzazioni dell’economia sociale che creano anche nuova occupazione nel settore del riuso o dell’agricoltura sociale. Finora il quadro giuridico e le politiche in molti Stati membri non consentono l’implementazione di politiche per lo sviluppo di cooperative di inserimento lavorativo. Per questo sono auspicabili interventi a livello di UE, per avviare un progresso in questi contesti.

    4.2.

    Particolarmente interessante è il ruolo che le cooperative di lavoro (14) possono svolgere per rendere più inclusive le nuove forme di imprenditorialità realizzate mediante le piattaforme digitali, al fine di rendere più sostenibile e condivisa la partecipazione di lavoratori e utilizzatori per sviluppare nuove forme di mutualità e di solidarietà, mediante tecnologie digitali capaci di favorire una partecipazione diffusa. Fermo restando che la tutela dei lavoratori di piattaforma e dei lavoratori atipici passa necessariamente dalla sottoscrizione di adeguati contratti collettivi con le organizzazioni sindacali dei lavoratori.

    4.3.

    Le imprese dell’economia sociale possono creare occasioni di lavoro e di sviluppo locale, organizzando la partecipazione dei cittadini per la realizzazione di servizi come la fornitura di energie rinnovabili oppure per l’organizzazione di servizi in aree decentrate e in zone rurali, come nelle esperienze francesi dei Poli Territoriali per la Cooperazione Economica (PTCE), che aggregano attorno a un progetto associazioni, cooperative, enti locali, aziende tradizionali, università, e si stanno facendo promotori di esperienze di agricoltura sociale, turismo sostenibile, valorizzazione di beni ambientali o culturali.

    4.4.

    Nell’economia sociale è fondamentale la funzione delle attività di volontariato, importanti per le giovani generazioni, ma anche per le persone anziane, per le quali in taluni casi rappresentano una importante occasione per mantenere un ruolo sociale e civile attivo che contribuisce a migliorare la qualità della vita. Per questo è importante rafforzare le sinergie tra i percorsi formativi e le ore di volontariato, come strumenti per favorire l’inserimento al lavoro nel settore sociale. Un coordinamento maggiore tra periodi di volontariato e di tirocinio potrebbe facilitare la formazione di personale giovane e qualificato.

    4.5.

    La positiva esperienza del «Corpo europeo di Solidarietà» è una esperienza da potenziare e potrebbe essere ampliata istituendo una sorta di «Erasmus per Imprenditori Sociali» che favorisca la collaborazione transfrontaliera nell’ambito dell’economia sociale.

    4.6.

    Tale funzione appare molto utile anche per ridurre il fenomeno complesso dei NEET e meriterebbe che si attivino politiche di incentivazione per favorire il passaggio dalle esperienze di volontariato verso il lavoro stabile.

    Bruxelles, 27 aprile 2021

    La presidente del Comitato economico e sociale europeo

    Christa SCHWENG


    (1)  https://oeil.secure.europarl.europa.eu/oeil/popups/ficheprocedure.do?reference=2016/2237(INL)&l=en,

    https://betterentrepreneurship.eu,

    https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/MEMO_11_735,

    https://cecop.coop/works/cecop-report-on-social-enterprises-laws-in-europe-a-worker-and-social-coops-perspective.

    (2)  https://www.eesc.europa.eu/en/our-work/opinions-information-reports/opinions/towards-appropriate-european-legal-framework

    (3)  Social Business Initiative: https://ec.europa.eu/growth/sectors/social-economy/enterprises_en.

    Conclusioni del Consiglio sulla promozione dell’economia sociale 2015: https://data.consilium.europa.eu/doc/document/ST-15071-2015-INIT/it/pdf.

    Social Economy Charter (Carta dei principi dell’economia sociale) 2002: https://www.socialeconomy.eu.org/wp-content/uploads/2020/04/2019-updated-Social-Economy-Charter.pdf.

    (4)  Un’Unione dei mercati dei capitali per le persone e le imprese: nuovo piano d’azione, COM(2020) 590 final.

    (5)  I dati sono ripresi dalla pubblicazione della Commissione europea https://ec.europa.eu/social/BlobServlet?docId=22304&langId=en.

    (6)  I dati sono estratti dal rapporto CESE https://www.eesc.europa.eu/sites/default/files/files/qe-04-17-875-it-n.pdf.

    (7)  The resilience of the cooperative model, CECOP, 2012 https://www.cecop.coop/works/the-resilience-of-the-cooperative-model.

    (8)  Las mujeres en las cooperativas de trabajo, COCETA, 2019 https://www.coceta.coop/publicaciones/estudio-mujer-cooperativismo-coceta-2019.pdf.

    (9)  GU C 14 del 15.1.2020, pag.1.

    (10)  GU C 429 dell'11.12.2020, pag. 131

    (11)  https://ec.europa.eu/info/policies/public-procurement/support-tools-public-buyers/social-procurement_en.

    (12)  Business transfers to employees under the form of a cooperative in Europe: opportunities and challenges, CECOP, 2013 (GU C 191 del 29.6.2012, pag. 24).

    (13)  Italy, historic agreement between unions and coops on worker buyouts, CECOP, 2021: https://cecop.coop/works/italy-historic-agreement-between-unions-and-coops-to-promote-worker-buyouts.

    (14)  All for one — Worker-owned cooperatives’ response to non-standard employment, CECOP 2019: https://cecop.coop/works/cecop-report-all-for-one-reponse-of-worker-owned-cooperatives-to-non-standard-employment.


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