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Document 52008AE0978

    Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Superare la stigmatizzazione del fallimento aziendale — Per una politica della seconda possibilità — Attuazione del partenariato di Lisbona per la crescita e l'occupazione COM(2007) 584 def.

    GU C 224 del 30.8.2008, p. 23–31 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

    30.8.2008   

    IT

    Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

    C 224/23


    Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Superare la stigmatizzazione del fallimento aziendale — Per una politica della seconda possibilità — Attuazione del partenariato di Lisbona per la crescita e l'occupazione

    COM(2007) 584 def.

    (2008/C 224/05)

    La Commissione europea, in data 5 ottobre 2007, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla:

    Comunicazione della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni — Superare la stigmatizzazione del fallimento aziendale — Per una politica della seconda possibilità — Attuazione del partenariato di Lisbona per la crescita e l'occupazione.

    La sezione specializzata Mercato unico, produzione e consumo, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 6 maggio 2008, sulla base del progetto predisposto dal relatore MORGAN.

    Il Comitato economico e sociale europeo, in data 29 maggio 2008, nel corso della 445a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 70 voti favorevoli e 3 astensioni.

    1.   Conclusioni e raccomandazioni

    1.1

    È dal 2001 che la Commissione si occupa degli effetti negativi dei fallimenti aziendali, insistendo in particolare sulla necessità di migliorare le procedure fallimentari. Date le sue competenze limitate in questo settore, essa ha incentrato la sua azione sulla raccolta di dati relativi alle conseguenze legali e sociali dei fallimenti aziendali, agevolando così l'identificazione e la diffusione di buone prassi e la messa a punto di strumenti di allarme precoce al fine di ridurre la stigmatizzazione dei fallimenti.

    1.2

    Il CESE condivide l'enfasi posta dalla Commissione sulla necessità di superare la stigmatizzazione dei fallimenti aziendali. Per sfruttare pienamente il potenziale imprenditoriale esistente nell'UE e creare imprese dinamiche è fondamentale garantire all'imprenditoria opportune condizioni quadro a livello nazionale. L'apprezzamento della società per il successo imprenditoriale, essenziale a tal fine, dovrebbe andare di pari passo con una politica di promozione della seconda possibilità per gli imprenditori che hanno subito un fallimento.

    1.3

    La Commissione è nel giusto quando afferma che la creazione di un'impresa, il suo successo e il suo fallimento sono tutti aspetti intrinseci dell'economia di mercato. A ragione evidenzia inoltre che, nel quadro della generale mancanza di apprezzamento e di comprensione dell'imprenditorialità da parte della società, il fatto che un'impresa incontri difficoltà o fallisca non viene ancora sufficientemente accettato come il risultato di una normale evoluzione economica, né tanto meno come un'opportunità per creare qualcosa di nuovo. L'UE deve cambiare mentalità: infatti, quanto più si stigmatizza un imprenditore che ha subito un fallimento, tanto maggiore sarà il rischio che anche una sua seconda iniziativa vada incontro al fallimento. Tale rischio investe tutti i soggetti interessati all'interno dell'impresa stessa.

    1.4

    La legislazione statunitense cerca di stabilire un equilibrio tra interessi dei debitori, interessi dei creditori e interessi della società nel suo complesso. Il CESE ritiene che anche le normative degli Stati membri dell'UE dovrebbero essere formulate in modo tale da realizzare lo stesso equilibrio. L'insolvenza e il mancato pagamento dei debiti possono provocare enormi difficoltà ai creditori e metterli a loro volta in condizioni di insolvenza. Sollevare una società dal debito per riavviarla può essere una soluzione estremamente ingiusta nei confronti dei creditori. La legislazione sull'insolvenza deve invece tendere a un giusto equilibrio.

    1.5

    Dal punto di vista della società in generale, la soluzione migliore è forse mantenere l'impresa in attività in toto o in parte. Se essa è potenzialmente redditizia, tutte le parti interessate ne trarranno vantaggio. Inoltre, se può essere salvata dai curatori fallimentari, i dipendenti potranno conservare il posto di lavoro. Se un imprenditore si rimette in attività dopo aver subito un fallimento, crea nuovi posti di lavoro. In tutti questi casi, l'occupazione che ne consegue è chiaramente nell'interesse della società nel suo complesso.

    1.6

    Molte sono le circostanze che possono portare un'impresa al fallimento, anche quando l'imprenditore è animato dalle migliori intenzioni. Nella fase di avvio, ad esempio, non sempre è possibile assicurare la redditività dell'impresa, mentre, superata questa fase, può invece essere l'utilizzo di un modello di gestione errato a comprometterne il futuro. D'altro canto, imprese potenzialmente redditizie possono fallire per errori commessi dagli imprenditori, ma anche per ragioni completamente estranee al loro controllo: queste aziende possono e dovrebbero essere salvate dai curatori, che dovrebbero preservare il maggior numero possibile di posti di lavoro.

    1.7

    È importante distinguere un'impresa dai suoi dirigenti: è possibile infatti che questi vadano incontro alla rovina finanziaria, mentre l'impresa e i posti di lavoro vengono salvati dai curatori. Quando un'impresa fallisce, gli imprenditori corrono forti rischi di andare incontro alla rovina finanziaria a causa delle garanzie personali fornite alle banche, anche quando personalmente non hanno posto in essere comportamenti fraudolenti. L'iniziativa della Commissione è destinata per l'appunto a questo tipo di imprenditori non fraudolenti che hanno creato un'impresa valida, ma che hanno poi avuto la sventura di fallire per inesperienza o per sfortuna. Questi imprenditori meritano una seconda possibilità e l'economia ha bisogno delle loro capacità. Altri imprenditori, che falliscono per incompetenza o per mancanza di lungimiranza, hanno probabilmente poco da offrire all'economia, anche qualora riescano a trovare un sostegno finanziario. Non tutti gli imprenditori che falliscono meritano una seconda opportunità.

    1.8

    L'iniziativa della Commissione ha contribuito ad avviare riforme in tutta l'Unione europea: molti Stati membri hanno già tratto ispirazione dalle buone prassi e dalle conclusioni strategiche raccolte a livello europeo, e circa un terzo di loro ha presentato piani di riforma del rispettivo diritto fallimentare. Tuttavia, quasi la metà dei paesi dell'Unione europea deve ancora muovere i primi passi in questa direzione. Sebbene la Commissione disponga di competenze limitate in quest'ambito, il CESE la esorta a fare quanto in suo potere per spingere i ministri delle Finanze degli Stati membri a intervenire. A giudizio del CESE, infatti, i progressi compiuti dagli Stati membri in materia sono complessivamente insoddisfacenti.

    1.9

    Il CESE appoggia pienamente tutte le raccomandazioni contenute nella comunicazione in merito al diritto fallimentare, con riserva ovviamente del contenuto preciso della legislazione che verrà poi adottata. Tali raccomandazioni prevedono il riconoscimento ufficiale dei fallimenti non fraudolenti, l'aggiustamento rapido dei debiti e la riduzione delle restrizioni, delle decadenze e dei divieti giuridici, con una procedura accelerata. L'obiettivo a medio termine dovrebbe essere di stabilire una procedura di durata complessivamente non superiore a 12 mesi.

    1.10

    Il CESE ritiene imperativo che tutti gli Stati membri portino a termine quanto prima la revisione del rispettivo diritto fallimentare. Tuttavia, oltre alla modifica delle leggi in materia, è di fondamentale importanza che le procedure fallimentari vengano trattate con celerità dai tribunali. L'intero processo deve essere organizzato in modo efficace. Queste riforme sono al centro del programma per offrire una seconda possibilità agli imprenditori che hanno subito un fallimento.

    1.11

    Il secondo messaggio contenuto nella comunicazione riguarda il sostegno attivo alle imprese a rischio. Questo aspetto non rientra di per sé nel programma della Commissione relativo a una seconda possibilità, ma fa parte di un programma concepito per evitare i fallimenti e preservare le imprese e i posti di lavoro. Nella sezione 4 del presente parere vengono riportati numerosi esempi di fallimenti aziendali che si sarebbero potuti evitare. A questo proposito, l'obiettivo della comunicazione è scongiurare i fallimenti evitabili attraverso meccanismi di allarme precoce e la fornitura di finanziamenti temporanei e di servizi di consulenza.

    1.12

    Per la maggior parte delle PMI questo programma non riveste grande interesse pratico, in quanto prevede pochi meccanismi per l'individuazione precoce delle imprese a rischio tra le decine di migliaia di PMI che operano in ciascuno Stato membro. Ciò detto, gli Stati membri sono incoraggiati a sfruttare al massimo le possibilità esistenti, vedi ad esempio l'utilizzo in Francia delle informazioni fornite dalle autorità preposte alla riscossione dell'IVA come strumento di allarme precoce per segnalare eventuali problemi di liquidità delle imprese. La Commissione afferma che le misure di sostegno dovrebbero privilegiare la prevenzione del fallimento, le consulenze degli esperti e l'intervento tempestivo. Il problema sorge quando gli stessi vertici aziendali non si rendono conto che la propria impresa è a rischio. I governi degli Stati membri dovranno operare in stretto contatto con il settore contabile e le organizzazioni di sostegno alle PMI per sviluppare misure proattive che siano consone alla cultura delle rispettive PMI.

    1.13

    Chiaramente, la raccomandazione più importante contenuta nella comunicazione è quella riguardante la riforma del diritto fallimentare. Questa è infatti la misura indispensabile per avviare il programma della Commissione per offrire una seconda possibilità agli imprenditori.

    1.14

    Se alcune delle misure meno incisive previste dalla comunicazione possono essere attuate senza la modifica del diritto fallimentare, le altre potranno essere intraprese solo una volta che la legge sia stata modificata. Senza la riforma del diritto fallimentare, non sarà possibile realizzare l'obiettivo principale della comunicazione.

    1.15

    Il CESE ritiene che ciascuno Stato membro dovrebbe dare seguito alla comunicazione in esame inserendo le proposte in essa contenute nel programma nazionale di riforma elaborato in attuazione della strategia di Lisbona (orientamento 15).

    2.   Introduzione

    2.1

    È dal 2001 che la Commissione si va occupando degli effetti negativi dei fallimenti aziendali, insistendo in particolare sulla necessità di migliorare le procedure fallimentari. Date le sue competenze limitate in questo settore, essa ha incentrato la sua azione sulla raccolta di dati relativi alle conseguenze legali e sociali dei fallimenti aziendali, agevolando così l'identificazione e la diffusione di buone prassi e la messa a punto di strumenti di allarme precoce al fine di ridurre la stigmatizzazione del fallimento.

    2.2

    Questi sforzi hanno consentito di avviare riforme in tutta l'Unione europea: molti Stati membri hanno già tratto ispirazione dalle buone prassi e dalle conclusioni strategiche raccolte a livello europeo e circa un terzo di loro ha presentato piani di riforma del rispettivo diritto fallimentare. Ma quasi la metà dei paesi dell'Unione europea deve ancora muovere i primi passi in questa direzione. Sebbene la Commissione disponga di competenze limitate in quest'ambito, il CESE la esorta ad adoperarsi con ogni mezzo a sua disposizione per spingere i ministri delle Finanze degli Stati membri a intervenire. A giudizio del CESE, infatti, i progressi compiuti dagli Stati membri in questo campo sono complessivamente insoddisfacenti.

    TABELLA A: LA SITUAZIONE ATTUALE NEGLI STATI MEMBRI

    Misure esistenti

    (Sì)

    Misure previste o esistenti in parte

    No

    Misure inesistenti

     

    Informazione/istruzione

    Strategia globale

    Pubblicità della sentenza dichiarativa di fallimento non fraudolento

    Restrizioni ridotte, ecc.

    Migliore trattamento giuridico in caso di fallimento non fraudolento

    Aggiustamento rapido e/o cancellazione dei debiti

    Procedure razionalizzate

    Misure per stimolare il sostegno

    Misure per promuovere i collegamenti

    Dialogo con il settore finanziario

    Totale Sì+(Sì)

    Austria

    No

    (Sì)

    No

    (Sì)

    (Sì)

    (Sì)

    (Sì)

    (Sì)

    No

    7

    Belgio

    No

    No

    (Sì)

    (Sì)

    (Sì)

    No

    No

    No

    No

    4

    Bulgaria

    No

    No

    No

    No

    No

    No

    No

    No

    No

    No

    0

    Cipro

    No

    No

    (Sì)

    (Sì)

    No

    (Sì)

    (Sì)

    No

    No

    No

    4

    Danimarca

    No

    No

    No

    (Sì)

    (Sì)

    No

    No

    No

    4

    Estonia

    No

    No

    No

    No

    No

    (Sì)

    (Sì)

    No

    No

    No

    2

    Finlandia

    No

    No

    No

    No

    (Sì)

    No

    No

    4

    Francia

    No

    No

    No

    No

    (Sì)

    No

    No

    (Sì)

    No

    3

    Germania

    (Sì)

    No

    No

    (Sì)

    No

    No

    No

    No

    4

    Grecia

    No

    No

    No

    (Sì)

    (Sì)

    No

    No

    No

    4

    Irlanda

    No

    No

    No

    No

    No

    No

    No

    No

    2

    Italia

    No

    No

    No

    (Sì)

    (Sì)

    No

    No

    No

    4

    Lettonia

    No

    No

    No

    No

    No

    No

    (Sì)

    No

    No

    No

    1

    Lituania

    No

    No

    No

    (Sì)

    (Sì)

    No

    No

    No

    4

    Lussemburgo

    No

    No

    No

    No

    No

    No

    No

    No

    No

    1

    Malta

    No

    No

    No

    (Sì)

    (Sì)

    No

    No

    No

    No

    No

    2

    Paesi Bassi

    (Sì)

    No

    No

    No

    (Sì)

    (Sì)

    No

    No

    No

    (Sì)

    4

    Polonia

    No

    No

    No

    No

    (Sì)

    (Sì)

    No

    No

    No

    3

    Portogallo

    No

    No

    No

    No

    No

    No

    No

    No

    No

    No

    0

    Regno Unito

    No

    No

    No

    No

    No

    5

    Repubblica ceca

    No

    No

    No

    No

    No

    No

    (Sì)

    No

    No

    No

    1

    Romania

    No

    No

    No

    (Sì)

    (Sì)

    No

    No

    No

    No

    3

    Slovacchia

    No

    No

    No

    No

    No

    No

    No

    No

    No

    No

    0

    Slovenia

    No

    No

    No

    No

    No

    (Sì)

    No

    No

    No

    No

    1

    Spagna

    No

    No

    No

    No

    No

    No

    No

    3

    Svezia

    No

    No

    No

    No

    (Sì)

    No

    No.

    No

    3

    Ungheria

    No

    No

    No

    No

    No

    No

    No

    No

    No

    No

    0

    Totale Sì+(Sì)

    2

    1

    3

    12

    15

    17

    17

    3

    2

    1

     

    Stati Uniti

    No

    No

    No

    (Sì)

    No

    No

    No

    4

    2.3

    Nella tabella A, tratta dalla comunicazione in esame, le colonne 4-6 si riferiscono alla riforma del diritto fallimentare: dai dati in esse contenuti risulta molto chiaramente che gli Stati membri sono estremamente attivi sul piano legislativo, ma che pochissimi di loro hanno finora applicato le riforme adottate. Se le cifre riportate in fondo alle colonne si riferissero all'applicazione delle norme, allora il totale sarebbe rispettivamente di 6, 6, 5 e 10, anziché 12, 15, 17 e 17, un risultato — quest'ultimo — modesto sul totale dei 27 membri dell'UE. La lentezza o l'inerzia degli Stati membri stanno sicuramente danneggiando l'attività delle imprese in quanto, fintantoché non vengono realizzate le modifiche necessarie, la possibilità del fallimento rappresenta un importante ostacolo per le imprese.

    2.4

    Va notato inoltre che le colonne 1-3 e 8-10 sono praticamente vuote: ciò è piuttosto sorprendente in quanto, malgrado nella maggior parte degli Stati membri la legislazione sull'insolvenza non sia stata modificata, le altre misure di tipo non legislativo avrebbero tuttavia potuto essere avviate.

    2.5

    A titolo di confronto, il CESE ha chiesto alla Commissione di fornire dati equivalenti a quelli della tabella per quanto riguarda gli USA. L'inserimento degli USA nella tabella è giustificato da quanto segue:

    restrizioni ridotte: Sì. Negli USA non viene applicata nessuna delle restrizioni comunemente in uso nell'UE (ad esempio, l'esclusione di un imprenditore fallito dalla carica di direttore d'impresa e di amministratore fiduciario e la limitazione del credito a lui concesso). Di fatto, la sezione 525 del codice fallimentare statunitense vieta di discriminare un individuo per il semplice fatto che egli è o è stato oggetto di una procedura fallimentare,

    migliore trattamento giuridico in caso di trattamento non fraudolento: (Sì). Come in altri Stati membri dell'UE, nessuna possibilità di aggiustamento viene concessa in caso di colpa, comportamento fraudolento, ecc., né è prevista alcun'altra forma di «miglior trattamento»,

    aggiustamento rapido: Sì. Non è previsto che l'imprenditore fallito rimanga in tale condizione per un determinato periodo di tempo prima di essere riabilitato,

    procedure razionalizzate: Sì. Il tipo di procedura fallimentare più comunemente usata dai singoli individui è quella prevista al capitolo 7, relativo alla liquidazione o fallimento. In generale, questo tipo di procedura richiede in totale 3-4 mesi. Per evitare le domande multiple, non è consentito un secondo ricorso al capitolo 7 entro 6 anni dal primo.

    2.6

    Il codice fallimentare statunitense segue un'impostazione completamente diversa da quella che domina nella maggioranza, se non nella totalità, degli Stati membri dell'UE. La situazione giuridica attuale della maggior parte degli Stati membri mostra il grado di incomprensione della questione: i tempi necessari per modificare la legislazione sull'insolvenza rivelano infatti che, per usare un colloquialismo, l'UE semplicemente «non ci arriva». L'introduzione delle nuove leggi sarà favorita da un cambiamento di mentalità, senza il quale neanche le misure non legislative riusciranno mai a decollare.

    2.7

    Nel XIX secolo il fallimento aziendale era così stigmatizzato da spingere gli imprenditori al suicidio. Se nel XXI secolo i casi di suicidio sono meno numerosi, lo stigma sociale, tuttavia, rimane. Bisogna che gli imprenditori siano visti dai cittadini europei come persone che esercitano un'attività estremamente meritevole, anche quando falliscono. È inevitabile che si verifichi un certo numero di fallimenti: delle 931.435 imprese create nel 1998 in Spagna, Finlandia, Italia, Lussemburgo, Svezia e Regno Unito, poco meno di tre quarti (73 %) sono sopravvissute ai primi due anni di attività e poco meno della metà (49,1 %) era ancora in vita nel 2003, dopo cinque anni di esistenza.

    2.8

    La Commissione è nel giusto quando afferma che la creazione di un'impresa, il suo successo e il suo fallimento sono tutti aspetti intrinseci dell'economia di mercato. A ragione evidenzia inoltre che, nel quadro della generale mancanza di apprezzamento e di comprensione dell'imprenditorialità da parte della società, il fatto che un'impresa incontri difficoltà o fallisca non viene ancora sufficientemente accettato come il risultato di una normale evoluzione economica, né tanto meno come un'opportunità per creare qualcosa di nuovo. L'UE deve cambiare mentalità: infatti, quanto più si stigmatizza un imprenditore che ha subito un fallimento, tanto maggiore sarà il rischio che anche una sua seconda iniziativa vada incontro al fallimento. Tale rischio investe tutti i soggetti interessati all'interno dell'impresa stessa.

    2.9

    La legislazione americana cerca di stabilire un equilibrio tra interessi dei debitori, interessi dei creditori e interessi della società nel suo complesso. Il CESE ritiene che anche le normative degli Stati membri dell'UE dovrebbero essere formulate in modo tale da realizzare lo stesso equilibrio. L'insolvenza e il mancato pagamento dei debiti possono provocare enormi difficoltà ai creditori e metterli a loro volta in condizioni di insolvenza. Sollevare una società dal debito per darle una seconda opportunità può essere una soluzione estremamente ingiusta nei confronti dei creditori. La legislazione sull'insolvenza deve invece tendere a un giusto equilibrio.

    2.10

    Dal punto di vista della società in generale, la soluzione migliore è forse mantenere l'impresa insolvente in attività in toto o in parte. Se essa è potenzialmente redditizia, allora tutte le parti interessate ne trarranno vantaggio.

    2.11

    Gli interessi dei dipendenti sono tutelati in molti modi. Per i casi di insolvenza gli Stati membri hanno attuato la direttiva sull'insolvenza del datore di lavoro, che prevede il pagamento ai lavoratori subordinati dei diritti non liquidati. Se l'impresa viene salvata dai curatori fallimentari, i dipendenti potranno conservare il posto di lavoro. Se un imprenditore si rimette in attività dopo aver subito un fallimento, crea nuovi posti di lavoro. In tutti questi casi, l'occupazione che ne consegue è chiaramente nell'interesse della società nel suo complesso.

    3.   Sintesi della comunicazione della Commissione

    3.1   Immagine pubblica, istruzione e mezzi di comunicazione

    3.1.1

    Il primo passo per affrontare gli effetti negativi di un fallimento aziendale è discuterne pubblicamente. Nell'Unione europea il fallimento viene spesso visto dall'opinione pubblica come un crimine, quale che ne sia la causa. I mezzi di comunicazione hanno un ruolo positivo da svolgere nel modificare questa percezione errata. Gli insegnamenti da trarre sono i seguenti:

    a)

    le campagne d'informazione e i programmi d'istruzione dovrebbero evidenziare i vantaggi legati all'avvio di una nuova attività dopo un fallimento, mostrando che compiere più tentativi costituisce un normale processo di apprendimento, di ricerca e di scoperta;

    b)

    i mezzi di comunicazione potrebbero contribuire a differenziare il fallimento dalla frode e diffondere la conoscenza dei vantaggi di un'imprenditoria rinnovata, al fine di migliorare presso l'opinione pubblica l'immagine degli imprenditori che riavviano un'attività e di valorizzarne l'esperienza;

    c)

    il proseguimento del dialogo con tutti i soggetti interessati dovrebbe contribuire a individuare i numerosi aspetti della riprovazione sociale connessa al fallimento.

    3.2   Il ruolo del diritto fallimentare

    3.2.1

    Avviare una nuova attività dopo un fallimento può essere un'operazione giuridicamente complessa. In molti paesi il diritto fallimentare riserva un unico trattamento a prescindere dal fatto che il fallimento sia dovuto a comportamenti fraudolenti, che sia involontario o che non vi sia alcuna colpa manifesta da parte del proprietario o del dirigente, vale a dire che la loro condotta è stata onesta e corretta.

    3.2.2

    Numerose disposizioni impongono restrizioni, divieti e interdizioni agli imprenditori che hanno subito un fallimento sulla sola base dell'esistenza di procedure di fallimento. Questa automaticità non tiene conto dei rischi inerenti alla realtà quotidiana della vita delle imprese e implica la convinzione che il fallito non può essere degno di fiducia da parte della società. S'impone quindi nell'Unione europea un radicale cambiamento nell'impianto del diritto fallimentare. I principali insegnamenti da trarre sono i seguenti:

    a)

    è essenziale creare un giusto quadro di riferimento che, pur proteggendo adeguatamente gli interessi di tutte le parti, riconosca la possibilità per un imprenditore di fallire e di intraprendere successivamente una nuova attività imprenditoriale. La legislazione sul fallimento dovrebbe distinguere chiaramente tra fallimento fraudolento e non fraudolento;

    b)

    gli imprenditori che falliscono per ragioni estranee al loro controllo dovrebbero poter beneficiare di una decisione giudiziaria formale che li dichiari in fallimento non fraudolento e scusabile. La decisione dovrebbe essere accessibile al pubblico;

    c)

    il diritto fallimentare dovrebbe prevedere l'aggiustamento rapido dei debiti rimanenti in funzione di alcuni criteri;

    d)

    le restrizioni, le decadenze e i divieti giuridici dovrebbero essere ridotti;

    e)

    le procedure giudiziarie dovrebbero essere semplificate e accelerate, consentendo in tal modo di valorizzare al massimo gli attivi del fallito prima della riallocazione delle risorse. In generale, la durata della procedura non dovrebbe superare l'anno.

    3.3   Sostegno attivo alle imprese a rischio

    3.3.1

    La stigmatizzazione dei fallimenti aziendali è uno dei motivi per i quali numerose PMI in difficoltà finanziarie nascondono i loro problemi finché non è troppo tardi. Per evitare un fallimento è essenziale agire tempestivamente, e in molti casi è preferibile un salvataggio alla liquidazione. Queste le principali lezioni da trarre:

    a)

    se è vero che il numero di insolvenze non può essere ridotto a zero, un sostegno precoce alle imprese sane può tuttavia contribuire a ridurlo al minimo. Le misure di sostegno dovrebbero privilegiare la prevenzione dei fallimenti, le consulenze degli esperti e l'intervento rapido;

    b)

    occorre vigilare sull'accessibilità del sostegno, dal momento che le imprese in difficoltà non si possono permettere consulenze costose;

    c)

    bisognerebbe sfruttare pienamente le possibilità di messa in rete offerte dall'UE e dalle organizzazioni europee delle imprese;

    d)

    il diritto fallimentare dovrebbe prevedere possibilità di ristrutturazione e salvataggio invece di concentrarsi esclusivamente sulla liquidazione.

    3.4   Sostegno attivo agli imprenditori che avviano una nuova attività dopo un fallimento

    3.4.1

    Le misure pubbliche a sostegno degli imprenditori non tengono sufficientemente conto dei principali vincoli a cui essi sono sottoposti — in termini di risorse, competenze e assistenza psicologica — al momento di avviare una seconda impresa. In linea generale, l'avvio di una nuova impresa è frenato dalla mancanza di risorse necessarie, in particolare quelle finanziarie. Gli insegnamenti da trarre sono i seguenti:

    a)

    le autorità competenti dovrebbero destinare mezzi finanziari sufficienti all'avvio di nuove attività eliminando gli ostacoli ai sistemi di finanziamento pubblico per le nuove imprese;

    b)

    le banche e le istituzioni finanziarie dovrebbero rivedere il loro atteggiamento estremamente cauto nei confronti degli imprenditori che riavviano un'attività, spesso fondato su valutazioni negative della solvibilità. La Commissione intende inserire tale questione all'ordine del giorno della tavola rotonda dei banchieri e delle PMI;

    c)

    gli Stati membri dell'UE dovrebbero vigilare affinché i nomi degli imprenditori che hanno subito un fallimento non fraudolento non figurino in elenchi che hanno l'effetto di limitare l'accesso al credito del settore bancario;

    d)

    i responsabili dell'assegnazione degli appalti pubblici dovrebbero essere consapevoli del fatto che le direttive in materia di appalti pubblici non consentono discriminazioni a danno di imprenditori che abbiano subito fallimenti non fraudolenti;

    e)

    sarebbe opportuno mettere a disposizione degli imprenditori che riprendono l'attività un sostegno psicologico e tecnico adeguato nonché formazioni e inquadramenti specifici;

    f)

    le autorità competenti dovrebbero favorire i legami tra gli imprenditori che intendono riprendere l'attività e i loro potenziali clienti, partner commerciali e investitori, in modo che questi possano rispondere ai bisogni dei primi.

    3.5

    In conclusione, per sfruttare pienamente il potenziale imprenditoriale esistente nell'UE e creare imprese dinamiche è essenziale garantire all'imprenditoria opportune condizioni quadro a livello nazionale. L'apprezzamento della società per il successo imprenditoriale, essenziale a tal fine, dovrebbe andare di pari passo con una politica di promozione della seconda possibilità per gli imprenditori che hanno subito un fallimento.

    4.   Osservazioni generali

    4.1

    Il CESE condivide l'enfasi posta dalla Commissione sulla necessità di superare la stigmatizzazione del fallimento aziendale. La Commissione è nel giusto quando afferma che la creazione di un'impresa, il suo successo e il suo fallimento sono tutti aspetti intrinseci dell'economia di mercato. A ragione, inoltre, evidenzia che, nel quadro della generale mancanza di apprezzamento e di comprensione dell'imprenditorialità da parte della società, il fatto che un'impresa incontri difficoltà o fallisca non viene ancora sufficientemente accettato come il risultato di una normale evoluzione economica, né come un'opportunità per creare qualcosa di nuovo.

    4.2

    Ciò nonostante, il CESE ritiene che, sebbene molte delle raccomandazioni contenute nella comunicazione siano indispensabili, alcune di esse non sembrino molto credibili. Le sue riserve vengono esposte in più punti all'interno delle sezioni 4 e 5 del presente parere.

    4.3

    Scopo e obiettivo ultimo dell'attività imprenditoriale è creare un'impresa che al tempo stesso sia redditizia e presenti prospettive di crescita. Gli imprenditori innovano per rispondere a quei bisogni dei clienti che o non sono ancora soddisfatti o non lo sono nel modo più efficiente.

    4.4

    Un imprenditore può essere colui che individua un'opportunità commerciale: ad esempio, un imprenditore londinese ha visto l'opportunità di svolgere un'attività di import/export tra il Regno Unito e l'India e rispondere così a determinati bisogni di entrambi i paesi. In questo modo, ha colmato una lacuna del mercato. Altri imprenditori colmano lacune analoghe, ad esempio aprendo ristoranti o saloni di parrucchiere in comunità dove questi servizi non esistono in misura sufficiente.

    4.5

    Amazon è un ottimo esempio di impresa creata per soddisfare un bisogno in modo più efficiente: se le librerie tradizionali continuano infatti a essere il punto di riferimento per quanti hanno il tempo e la voglia di andare in libreria a sfogliare libri, Amazon dal canto suo viene incontro alle esigenze di una diversa categoria di lettori.

    4.6

    Alcuni imprenditori creano un'impresa per sfruttare i progressi della scienza e della tecnologia. Le imprese di questo tipo sono spesso frutto del lavoro di università, centri di ricerca e aziende di tipo scientifico. Quattro docenti dell'Università di Londra hanno fondato un'impresa che, grazie a un software di loro proprietà, fornisce servizi di analisi dell'immagine per migliorare i sistemi di misurazione degli effetti terapeutici dei farmaci in via di sperimentazione. Il perno di questa impresa è rappresentato dai diritti di proprietà intellettuale legati al software. Uno dei quattro docenti è stato nominato amministratore delegato e si sta attualmente cimentando con il mestiere di imprenditore.

    4.7

    Per creare un'impresa di successo, un imprenditore ha soprattutto bisogno di tre cose: in primo luogo, deve avere le conoscenze e l'esperienza necessaria per valutare correttamente le prospettive offerte dal mercato e disporre del know-how richiesto per trasformare il suo progetto in realtà, che si tratti di un nuovo ristorante, di un servizio di viaggi online o di un'applicazione scientifica rivoluzionaria. Il primo passo nella creazione di qualsiasi impresa è dimostrare nei fatti l'attuabilità del progetto: ciò significa sviluppare un prodotto o un servizio a un grado tale per cui vi siano clienti disposti a pagare il prezzo necessario perché l'azienda copra i propri costi e realizzi un utile. Molti aspiranti imprenditori falliscono proprio in questa fase. Alcuni riescono a trarre insegnamento dai loro errori e a iniziare una nuova impresa; altri invece ne sono del tutto incapaci.

    4.8

    Il secondo requisito sono i finanziamenti. Alcune imprese sono così interessanti da riuscire ad attirare fin dall'inizio il capitale di rischio, ma nella maggior parte dei casi ciò avviene solo dopo che l'imprenditore ha trasformato il suo progetto in realtà. È vero che ora disponiamo del programma di capitali di rischio della BEI, ma anche in questo caso le capacità saranno limitate. I finanziamenti di solito arrivano in tranche o momenti diversi. Se la prima tornata di finanziamenti dà buoni risultati, è molto più facile ottenerne altri per le fasi successive.

    4.9

    Molto spesso sono i familiari e gli amici a finanziare la fase di avvio di un'impresa. Quanto ai prestiti bancari, essi sono disponibili, sennonché le banche esigono garanzie. Se l'impresa non ha beni, le banche prendono i beni dell'imprenditore come garanzia. Per un imprenditore, per la sua famiglia e i suoi amici il rischio principale è legato alla fornitura di garanzie personali. Solitamente tali garanzie rimangono in vigore anche una volta conclusa la fase di avvio, in quanto le società private dipendono generalmente dal sostegno delle banche fintantoché non vengono quotate. L'escussione delle garanzie può comportare per l'imprenditore la perdita della casa. In queste circostanze gli obblighi fiscali e di sicurezza sociale possono aggravare ulteriormente situazione.

    4.10

    Nel parere sul tema Incentivi fiscali a favore della R&S  (1), il CESE incoraggia gli Stati membri a concedere agevolazioni fiscali ai privati che investono in imprese in fase di avvio. È evidente che queste agevolazioni permetterebbero agli imprenditori di reperire più agevolmente i capitali per nuove imprese.

    4.11

    Una volta superata la fase di avvio, interviene la terza componente indispensabile del successo di un imprenditore, ovvero la validità del modello d'impresa prescelto. Quest'ultimo, fondamentale per la crescita dell'impresa stessa, dipende da una serie di parametri che riassumono la situazione dell'impresa. Sottraendo i costi di produzione dalle vendite si ottiene un margine lordo che, una volta dedotte le altre spese, fornisce un utile lordo sufficiente per pagare gli interessi e rimborsare il capitale dei prestiti bancari contratti. Quando il modello dell'impresa presenta una qualche disfunzione, o quando il management non possiede le competenze o l'esperienza necessarie per gestire le vendite, ecc., in sostanza per far funzionare l'impresa, i suoi garanti rischiano il fallimento. Chiaramente, da un fallimento di questo tipo si può imparare molto. Se l'imprenditore ha capito quali sono i presupposti del modello d'impresa, potrà considerare l'ipotesi di creare una nuova impresa.

    4.12

    I modelli d'impresa che hanno funzionato bene in passato sono sempre minacciati da possibili cambiamenti a livello del personale, della clientela, dei mercati, delle tecnologie e della concorrenza. Una volta creata un'impresa di successo, l'imprenditore verrà continuamente messo alla prova dai cambiamenti, il che è particolarmente vero per le imprese tecnologiche. Gli imprenditori che non siano riusciti ad adattarsi potranno trarre insegnamento da questa loro esperienza; altri invece, specialmente se proprietari dell'azienda da due o tre generazioni, forse non sapranno farlo.

    4.13

    Ai fini della riuscita del modello d'impresa, il ruolo dell'imprenditore e dei suoi collaboratori appare determinante; in particolare, è essenziale che essi dispongano di competenze in materia di gestione finanziaria. Una buona impresa potrà essere vittima del suo stesso successo ed espandere la propria attività al punto da non sapere onorare i propri impegni finanziari. In tal caso può essere posta sotto amministrazione controllata dai suoi creditori. Il riavvio di imprese di questo tipo può offrire ottime possibilità di successo.

    4.14

    Un'altra difficoltà finanziaria può insorgere nel caso in cui un grosso cliente sia inadempiente nei pagamenti e metta così l'imprenditore nell'incapacità di onorare a sua volta i propri impegni finanziari, provocando il pignoramento dei beni ipotecati da parte della banca. Stando alle statistiche della Commissione, un quarto delle situazioni di insolvenza è dovuto a ritardi nei pagamenti. Anche in tal caso vi sono probabilità di successo in caso di riavvio dell'impresa. La vulnerabilità delle piccole e giovani imprese è ampiamente riconosciuta sia dai governi degli Stati membri che dalla Commissione. La questione, già affrontata nella direttiva sui ritardi di pagamento, sarà ripresa nuovamente nella normativa sulle piccole imprese di prossima adozione.

    4.15

    Alcune imprese falliscono per ragioni estranee al loro controllo e imprevedibili, come ad esempio le conseguenze degli attentati dell'11 settembre o l'impatto di condizioni meteorologiche estreme. Tuttavia, se fossero state più previdenti, avrebbero potuto sottoscrivere un'assicurazione per limitare i danni. Si invitano pertanto le organizzazioni che sostengono le piccole imprese a informare gli imprenditori dei benefici derivanti dagli strumenti prudenziali.

    4.16

    In sintesi, sono molte le circostanze che possono portare al fallimento di un'impresa, anche quando l'imprenditore è animato dalle migliori intenzioni: nella fase di avvio, ad esempio, non sempre è possibile assicurare la redditività dell'impresa, mentre, superata questa fase, può invece essere l'utilizzo di un errato modello di gestione a comprometterne il futuro. D'altro canto, imprese potenzialmente redditizie possono senz'altro fallire per errori commessi dagli imprenditori come per ragioni completamente estranee al loro controllo: queste aziende possono e dovrebbero essere salvate dai curatori, che dovrebbero conservare il maggior numero possibile di posti di lavoro.

    4.17

    È importante distinguere un'impresa dai suoi dirigenti: è possibile infatti che questi vadano incontro alla rovina finanziaria, mentre l'impresa e i posti di lavoro vengono salvati dai curatori. Quando un'impresa fallisce, gli imprenditori corrono forti rischi di andare incontro alla rovina finanziaria a causa delle garanzie personali fornite alle banche, anche quando personalmente non hanno posto in essere comportamenti fraudolenti. L'iniziativa della Commissione è destinata per l'appunto a questo tipo di imprenditori non fraudolenti. Altri imprenditori, che falliscono per incompetenza e per mancanza di lungimiranza, hanno probabilmente poco da offrire all'economia, anche qualora riescano a trovare un sostegno finanziario. Non tutti gli imprenditori che falliscono meritano una seconda opportunità.

    5.   Osservazioni specifiche

    5.1   Immagine pubblica, istruzione e mezzi di comunicazione

    5.1.1

    Il messaggio più forte che i governi degli Stati membri possono trasmettere ai cittadini riguarda chiaramente la riforma del diritto fallimentare. Una volta che la legge incoraggerà espressamente una seconda opportunità per gli imprenditori, i messaggi dei media lo sottolineeranno.

    5.1.2

    Inoltre, i governi possono collaborare con organizzazioni e istituzioni che operano in stretto collegamento con le imprese. Il settore più direttamente coinvolto sarà quello contabile, ma anche le organizzazioni che rappresentano le PMI e le imprese individuali possono dare il loro contributo.

    5.1.3

    La comunicazione accenna all'idea di un programma di premi per imprenditori che abbiano riavviato con successo un'impresa dopo un fallimento. Se le organizzazioni citate sopra adottassero iniziative di questo tipo, i media potrebbero reagire in modo positivo.

    5.2   Il ruolo del diritto fallimentare

    5.2.1

    Il CESE appoggia pienamente tutte le raccomandazioni contenute nella comunicazione in merito al diritto fallimentare, con riserva ovviamente del contenuto preciso della legislazione che verrà poi adottata. Tali raccomandazioni vengono esaminate in dettaglio al punto 3.2 del presente parere e comprendono il riconoscimento ufficiale dei fallimenti non fraudolenti, l'aggiustamento rapido dei debiti e la riduzione delle restrizioni giuridiche, delle interdizioni e dei divieti, con procedure accelerate. L'obiettivo a medio termine dovrebbe essere di stabilire una procedura di durata non superiore ai 12 mesi.

    5.2.2

    Il CESE ritiene imperativo che tutti gli Stati membri portino a termine quanto prima la revisione del rispettivo diritto fallimentare. Oltre alla modifica delle leggi in materia, è di fondamentale importanza che le procedure fallimentari vengano trattate con celerità dai tribunali. L'intero processo deve essere organizzato in modo efficace. Queste riforme sono al centro del programma a sostegno degli imprenditori che avviano una seconda impresa dopo un fallimento.

    5.3   Sostegno attivo alle imprese a rischio

    5.3.1

    Questo è il secondo messaggio contenuto nella comunicazione. Esso non rientra di per sé nel programma della Commissione per offrire una seconda possibilità agli imprenditori, ma fa parte di un programma concepito per evitare i fallimenti e preservare le imprese e i posti di lavoro. A questo proposito, l'obiettivo della comunicazione è scongiurare i fallimenti evitabili attraverso meccanismi di allarme precoce e la fornitura di finanziamenti temporanei e di servizi di consulenza.

    5.3.2

    L'unico problema è che per la maggior parte delle PMI questo programma non riveste grande interesse pratico, in quanto prevede pochi meccanismi per l'individuazione precoce delle imprese a rischio tra le decine di migliaia di PMI che operano in ciascuno Stato membro. Ciò detto, gli Stati membri sono incoraggiati a sfruttare al massimo le possibilità esistenti, vedi ad esempio l'utilizzo in Francia delle informazioni fornite dalle autorità preposte alla riscossione dell'IVA come strumento di allarme precoce per segnalare eventuali problemi di liquidità delle imprese. La Commissione afferma che le misure di sostegno dovrebbero privilegiare la prevenzione del fallimento, le consulenze degli esperti e l'intervento tempestivo. Il problema sorge quando gli stessi vertici aziendali non si rendono conto che la propria impresa è a rischio. I governi degli Stati membri dovranno operare in stretto contatto con il settore contabile e le organizzazioni di sostegno alle PMI per sviluppare misure proattive che siano consone alla cultura delle rispettive PMI.

    5.3.3

    Il CESE non sottovaluta la difficoltà di fornire un sostegno di questo tipo. L'intervento dei governi per contrastare le forze del mercato può essere controproducente e compromettere il rispetto delle disposizioni vigenti.

    5.3.4

    Le società per azioni hanno il doppio obbligo di presentare puntualmente i bilanci e di certificare, tramite i loro revisori e dirigenti, che l'impresa è in attività, cioè è in grado di onorare i debiti contratti. L'applicazione di tali disposizioni a tutte le società, specialmente l'obbligo di aggiornamento dei registri contabili, contribuirebbe a migliorare il sistema di allarme precoce.

    5.3.5

    Il CESE accoglie con favore il risalto dato nella misura del possibile al salvataggio delle imprese in difficoltà, perché agire in tal senso significa contribuire a mantenere i posti di lavoro e a garantire la continuità dell'occupazione.

    5.4   Sostegno attivo agli imprenditori che avviano una nuova attività dopo un fallimento

    5.4.1

    Sebbene da 12 a 17 Stati membri abbiano già modificato o stiano modificando il rispettivo diritto fallimentare, praticamente nessuno di essi sembra aver intrapreso iniziative in merito a questo specifico pacchetto di raccomandazioni della Commissione.

    5.4.2

    Lo scarso livello di attività registrato in tale ambito è dovuto, ancora una volta, al fatto che alcune delle proposte avanzate possono essere considerate in contrasto con le forze del mercato: si tratta in particolare di quelle che prevedono una minore cautela da parte delle banche nella concessione dei prestiti e la creazione, da parte delle autorità competenti, di reti di sostegno agli imprenditori che avviano una seconda impresa dopo un fallimento.

    5.4.3

    Dovrebbe essere possibile attuare le proposte che rientrano nella sfera di competenza dei governi degli Stati membri — programmi di finanziamento pubblico, accesso al prestito per gli imprenditori falliti non fraudolenti e appalti pubblici — senza troppi problemi anche prima che venga modificato il diritto fallimentare.

    5.4.4

    Dovrebbe inoltre essere possibile per gli enti che si occupano di formazione all'imprenditoria impartire formazioni anche agli imprenditori che avviano una seconda impresa, mano a mano che si delinei una domanda in tal senso.

    5.5   Altre proposte della Commissione

    5.5.1

    Il Comitato accoglie positivamente il nuovo sito web della Commissione A Second Chance in BusinessTo Benefit all of us (http//ec.europa.eu/sme2chance): esso sarà di particolare aiuto alle organizzazioni impegnate a sostenere le iniziative adottate dagli Stati membri nel quadro della politica della seconda opportunità agli imprenditori.

    5.5.2

    Nell'ambito delle manifestazioni a favore delle PMI previste nella primavera del 2009, la Commissione affronterà il tema del riavvio di un'impresa dopo un fallimento e altre questioni legate alla politica della seconda opportunità. Il CESE si attende che questa iniziativa infonda nuovo slancio agli elementi non legislativi del programma volto a dare una seconda possibilità agli imprenditori.

    Bruxelles, 29 maggio 2008

    Il Presidente

    del Comitato economico e sociale europeo

    Dimitris DIMITRIADIS


    (1)  GU C 10 del 15.1.2008.


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