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Document C2010/193/04

Processo verbale della seduta di giovedì 1 °aprile 2010
Allegato I — Elenco alfabetico dei membri dell’assemblea parlamentare paritetica
Allegato II — Lista di presenza della sessione del 29 marzo – 1 °aprile a tenerife (Spagna)
Allegato III — Allegato della seduta di lunedì 29 marzo 2010
Allegato IV — Risoluzioni approvate

GU C 193 del 16.7.2010, p. 8–58 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

16.7.2010   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 193/8


PROCESSO VERBALE DELLA SEDUTA DI GIOVEDÌ1oAPRILE 2010

(2010/C 193/04)

(La seduta inizia alle 9.05)

PRESIDENZA: MILUPI

Copresidente

Il Copresidente Milupi comunica che Kader Arif sostituisce il del Copresidente Michel.

1.   Approvazione del processo verbale della seduta di mercoledì 31 marzo 2010, mattino e pomeriggio

Il processo verbale è approvato.

2.   Relazioni di sintesi a conclusione dei seminari

Presentazione delle seguenti relazioni a conclusione dei seminari:

Jo Leinen sull'energia rinnovabile e l'approvvigionamento di acqua

Glen Benedict Noel (Grenada) sul turismo sostenibile

Mariya Nedelcheva sulla migrazione nella regione

La presentazione del seminario è seguita da una discussione «catch the eye».

Intervengono: Gahler, Mato Adrover, Ponga, Assarid (Mali), Guerrero Salom, William (Seychelles), Jensen, Hamatoukour (Camerun), Zimmer e Ould Guelaye (Mauritania).

Il relatore chiude la discussione.

3.   Votazione sulle proposte di risoluzione incluse nelle relazioni presentate dalle commissioni permanenti

Il Copresidente ricorda all'Assemblea le procedure di voto.

L'impatto economico e finanziario dei cambiamenti climatici sugli Stati ACP

Relazione di Buti Manamela (Sudafrica) e Frank Engel

Commissione per lo sviluppo economico, le finanze e il commercio (ACP-UE/100.642)

I gruppi PPE e ALDE chiedono una votazione per parti separate sul considerando A che viene approvato.

Buti Manamela (Sud Africa) presenta un emendamento orale all'emendamento 1 che viene approvato.

Viene chiesta una votazione per parti separate sugli articoli 10, 13 e 16, tutti respinti.

La risoluzione è approvata nella versione modificata.

L'impatto sociale della crisi globale

Relazione di Hlophe (Swaziland) e López Aguilar

Commissione per gli affari sociali e l'ambiente (ACP-UE/100.640)

Il gruppo S&D chiede una votazione per parti separate sul paragrafo 6 che viene approvato.

Horst Schnellhardt presenta un emendamento orale per l'aggiunta di un nuovo paragrafo 19 bis che viene respinto.

La risoluzione è approvata nella versione modificata.

4.   Votazione sulle proposte di risoluzione urgenti

Proposta di risoluzione urgente sulla ricostruzione e il risanamento post-catastrofe a Haiti, e il collegamento tra povertà e catastrofi naturali (ACP-EU/100.726/comp)

Assarid (Mali) presenta tre emendamenti orali rispettivamente al visto 4, al paragrafo 2 ter e al paragrafo 2 quater che vengono approvati.

La risoluzione è approvata all’unanimità nella versione modificata.

Proposta di risoluzione urgente sul sostegno al consolidamento della pace nel Sudan meridionale (ACP-UE/100.725)

Joseph Mugambe (Uganda) presenta un emendamento orale al considerando B che viene approvato.

Michael Gahler presenta un emendamento orale al considerando E che viene approvato.

La risoluzione è approvata all’unanimità nella versione modificata.

5.   Votazione sul progetto di conclusioni sui documenti di strategia regionale

Le conclusioni sui documenti di strategia regionali sono approvate per acclamazione.

6.   Dichiarazione

La dichiarazione sull'accordo UE-America latina sulle banane e le sue conseguenze per i produttori di banane ACP e UE è approvata per acclamazione.

Il Copresidente annuncia che la dichiarazione sulle regioni ultraperiferiche decisa alla riunione dell'Ufficio di presidenza domenica 29 marzo 2010 non viene sottoposta a votazione poiché i membri ACP dell'Ufficio di presidenza devono consultarsi ulteriormente con i loro consiglieri e collegi.

7.   Varie

William (Seychelles) interviene sulla prossima 5a Riunione regionale in programma alle Seychelles nel luglio 2010.

Malahoo Forte (Giamaica) interviene sull'organizzazione dell'Assemblea. Rispondono il Copresidente Milupi, il Copresidente facente funzione Arif e Assarid (Mali).

8.   Data e luogo della 20a sessione dell’Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE

La 20a sessione dell’Assemblea parlamentare paritetica avrà luogo a Kinshasa (Repubblica democratica del Congo) dal 2 al 5 dicembre 2010.

(La seduta termine alle 10.45)

Charles MILUPI e

Kader ARIF (facente funzione)

Copresidenti

Mohamed Ibn CHAMBAS e

Luis Marco AGUIRIANO NALDA

Cosegretari generali


ALLEGATO I

ELENCO ALFABETICO DEI MEMBRI DELL’ASSEMBLEA PARLAMENTARE PARITETICA

Rappresentanti dei paesi ACP

Rappresentanti del Parlamento europeo

MILUPI (ZAMBIA), copresidente

MICHEL, copresidente

BOTSWANA (VP)

ARIF (VP)

BURUNDI (VP)

ŠŤASTNÝ (VP)

CAMERUN (VP)

HOARAU (VP)

CONGO (Repubblica del) (VP)

KLASS (VP)

ISOLE COOK (VP)

NICHOLSON (VP)

GUYANA (VP)

McAVAN (VP)

LESOTHO (VP)

RONZULLI (VP)

LIBERIA (VP)

GOERENS (VP)

MALI (VP)

SCOTTA' (VP)

SAINT VINCENT E GRENADINE (VP)

ROITHOVÁ (VP)

TANZANIA (VP)

OUZKÝ (VP)

TUVALU (VP)

RIVASI (VP)

ANGOLA

ALFONSI

ANTIGUA E BARBUDA

ALVES

BAHAMAS

BAUER

BARBADOS

BEARDER

BELIZE

BOVÉ

BENIN

BULLMANN

BURKINA FASO

CALLANAN

CAPO VERDE

CARVALHO

REPUBBLICA CENTRAFICANA

CASA

CIAD

CASINI

COMORE

CASPARY

CONGO (Repubblica democratica del)

CASTEX

COSTA D’AVORIO

CHRISTENSEN

GIBUTI

COELHO

DOMINICA

DE KEYSER

REPUBBLICA DOMINICANA

DELVAUX

GUINEA EQUATORIALE

DE MITA

ERITREA

DE SARNEZ

ETIOPIA

DURANT

FIGI

ENGEL

GABON

ESTARÀS FERRAGUT

GAMBIA

FERREIRA, Elisa

GHANA

FERREIRA, João

GRENADA

FORD

GUINEA

GAHLER

GUINEA-BISSAU

GRIESBECK

HAITI

GUERRERO SALOM

GIAMAICA

HALL

KENYA

HÄNDEL

KIRIBATI

HANNAN

MADAGASCAR

HAUG

MALAWI

JADOT

ISOLE MARSHALL (Repubblica delle)

JENSEN

MAURITANIA

JOLY

MAURIZIO

KACZMAREK

MICRONESIA (Stati federati di)

KORHOLA

MOZAMBICO

KUHN

NAMIBIA

LEGUTKO

NAURU (Repubblica di)

LE PEN

NIGER

LÓPEZ AGUILAR

NIGERIA

McMILLAN-SCOTT

NIUE

MANDERS

PALAU

MARTIN

PAPUA NUOVA GUINEA

MARTÍNEZ MARTÍNEZ

RUANDA

MATO ADROVER

SAINT KITTS E NEVIS

MAYER

SAINT LUCIA

MITCHELL

SAMOA

MOREIRA

SÃO TOMÉ E PRÍNCIPE

NEDELCHEVA

SENEGAL

NEUSER

SEYCHELLES

ROSSI

SIERRA LEONE

SCHLYTER

ISOLE SALOMONE

SCHMIDT

SOMALIA

SCHNELLHARDT

SUD AFRICA

SCICLUNA

SUDAN

SENYSZYN

SURINAME

SPERONI

SWAZILAND

STRIFFLER

TIMOR-ORIENTALE

STURDY

TOGO

TIROLIEN

TONGA

TOIA

TRINIDAD E TOBAGO

VLASÁK

UGANDA

WIELAND

VANUATU

ZANICCHI

ZIMBABWE

ZIMMER


COMMISSIONE PER GLI AFFARI POLITICI

Membri ACP

Membri PE

SAINT VINCENT E GRENADINE, Copresidente

CASA, Copresidente

PAPALII (SAMOA), VC

KORHOLA, VC

DAYORI (BENIN), VC

CASTEX, VC

ANTIGUA E BARBUDA

ALFONSI

REPUBBLICA CENTRAFRICANA

CALLANAN

IBOVI (CONGO, Repubblica del)

CASINI

AMON-AGO (COSTA D'AVORIO)

DE KEYSER

GIBUTI

DE MITA

TOGA (ETIOPIA)

DURANT

SINGH (FIGI)

FERREIRA, Elisa

ROGOMBE (GABON)

GAHLER

GUINEA

GRIESBECK

RAMOTAR (GUYANA)

HANNAN

BEAUPLAN (HAITI)

HÄNDEL

TIHELI (LESOTHO)

KACZMAREK

MOSES (LIBERIA)

LE PEN

NORBERT-RICHARD (MADAGASCAR)

MANDERS

ASSARID IMBARCAOUANE (MALI)

MARTÍNEZ MARTÍNEZ

NAMBALU (NAMIBIA)

MOREIRA

NAURU

NICHOLSON

NIUE

ROITHOVÁ

PAPUA NUOVA GUINEA

SCOTTA'

HAMDI-H-OSMAN (SUDAN)

SCHMIDT

Van GENDEREN (SURINAME)

SPERONI

KLASSOU (TOGO)

STRIFFLER

HLONGWANE (ZIMBABWE)

WIELAND


COMMISSIONE PER LO SVILUPPO ECONOMICO, LE FINANZE E IL COMMERCIO

Membri ACP

Membri PE

KUTEKALA KAAWA (CONGO, Repubblica democratica del), copresidente

CARVALHO, copresidente

MUGAMBE (UGANDA), VC

LEGUTKO, VC

BUNDU (SIERRA LEONE), VC

ALVES, VC

PINTO (ANGOLA)

ARIF

BAHAMAS

BOVÉ

BELIZE

BULLMANN

ISOLE COOK

CASPARY

MALABO (GUINEA EQUATORIALE)

ENGEL

KASSA TEKLE (ERITREA)

FORD

FUSEINI (GHANA)

GOERENS

MALAHOO FORTE (GIAMAICA)

GUERRERO SALOM

AIPIRA (MALAWI)

HOARAU

OULD GUELAYE (MAURITANIA)

JENSEN

DEERPALSING (MAURIZIO)

KUHN

ABDULLAHI (NIGERIA)

MARTIN

PALAU

MATO ADROVER

POLISI (RUANDA)

MAYER

SAINT-KITTS E NEVIS

McMILLAN-SCOTT

JEAN-MARIE (SAINT-LUCIA)

MICHEL

SAO TOME E PRINCIPE

MITCHELL

SALL (SENEGAL)

SCHLYTER

WILLIAM (SEYCHELLES)

ŠŤASTNÝ

MANAMELA (SUD AFRICA)

SCICLUNA

VAIPULU (TONGA)

STURDY

TUVALU

TIROLIEN

MWANSA (ZAMBIA)

ZANICCHI


COMMISSIONE PER GLI AFFARI SOCIALI E L’AMBIENTE

Membri ACP

Membri PE

SITHOLE (MOZAMBICO), copresidente

RIVASI, copresidente

KENYA, VC

BAUER, VC

NOEL (GRENADA), VC

NEDELCHEVA, VC

BRATHWAITE (BARBADOS )

BEARDER

MOTLHALE (BOTSWANA)

CHRISTENSEN

TAPSOBA (BURKINA FASO)

COELHO

MANIRAKIZA (BURUNDI)

DELVAUX

HAMATOUKOUR (CAMERUN)

DE SARNEZ

ALMADA (CAPO VERDE)

ESTARAS FERRAGUT

DARBO(CIAD)

FERREIRA, João

COMOROS

HALL

DOMINICA

HAUG

JIMÉNEZ (REPUBBLICA DOMENICANA)

JADOT

BALDEH (GAMBIA)

JOLY

GUINEA BISSAU

KLASS

KIRIBATI

LÓPEZ AGUILAR

ISOLE MARSHALL

McAVAN

MICRONESIA (Stati federali della)

NEUSER

NIGER

OUZKÝ

ISOLE SALOMONE

RONZULLI

SOMALIA

ROSSI

HLOPE (SWAZILAND)

SCHNELLHARDT

MPOROGOMYI(TANZANIA)

SENYSZYN

TIMOR LESTE

TOIA

TRINIDAD E TOBAGO

VLASÁK

TOSUL (VANUATU)

ZIMMER


ALLEGATO II

LISTA DI PRESENZA DELLA SESSIONE DEL 29 MARZO – 1oAPRILE A TENERIFE (SPAGNA)

MILUPI (Zambia), Copresidente

MICHEL, Copresidente (2)  (3)  (4)

PINTO (Angola)

BRATHWAITE (Barbados)

FERNANDEZ (Belize)

DAYORI (Benin)

MOTLHALE (Botswana) (VP)

TAPSOBA (Burkina Faso)

MANIRAKIZA (Burundi) (VP)

HAMATOUKOUR (Camerun) (VP)

ALMADA (Capo Verde)

DARBO (Ciad)

IBOVI (Congo, Repubblica del) (VP)

KUTEKALA KAAWA (Congo, Repubblica democratica del)

AMON-AGO (Costa d'Avorio)

SOUBANE (Gibuti)

JIMÉNEZ (Repubblica Domenicana)

SERICHE DOUGAN (Guinea Equatoriale)

NAIB (Eritrea)

TOGA (Etiopia)

ROGOMBE (Gabon)

BALDEH (Gambia)

KUMI (Ghana) (1)

NOEL (Grenada)

RAMOTAR (Guyana) (VP)

BEAUPLAN (Haiti)

MALAHOO FORTE (Giamaica)

KEMBI-GITURA (Kenya) (1)

TIHELI (Lesotho) (1) (VP)

KOLLIE (Liberia) (VP)

AIPIRA (Malawi)

ASSARID IMBARCAOUANE (Mali) (VP)

OULD GUELAYE (Mauritania)

DEERPALSING (Maurizio)

SITHOLE (Mozambico)

NAMBAHU (Namibia)

ABDULLAHI (Nigeria)

POLISI (Ruanda) (VP)

JEAN MARIE (Saint Lucia)

STRAKER (Saint Vincent e Grenadine) (VP)

PAPALII (Samoa)

SALL (Senegal)

WILLIAM (Seychelles)

BUNDU (Sierra Leone)

MA'AHANUA (Isole Salomone) (1)

AWALE (Somalia)

MANAMELA (Sud Africa)

TAHA (Sudan) (1)

Van GENDEREN (Suriname) (1)

HLOPHE (Swaziland)

MPOROGOMYI (Tanzania) (VP)

KLASSOU (Togo)

VAIPULU (Tonga)

NELESONE (Tuvalu) (VP)

MUGAMBE (Uganda)

TOSUL (Vanuatu)

MWANSA (Zambia)

HLONGWANE (Zimbabwe)

ALFONSI

ARIF (VP) (2)  (4)  (5)

AYLWARD (in sostituzione di BEARDER)

BAUER

BULLMANN

CALLANAN

CARVALHO

CASTEX

CHRISTENSEN

CZARNECKI (in sostituzione di FORD)

DE SARNEZ (2)  (3)  (4)

DURANT

ENGEL

ESTARAS FERRAGUT

GAHLER

GERINGER DE OEDENBERG (in sostituzione di MOREIRA)

GOEBBELS (in sostituzione di DE KEYSER)

GOMES (in sostituzione di FERREIRA, Elisa) (2)  (3)

GUERRERO SALOM

GURMAI (in sostituzione di TOIA)

HALL (2)  (3)  (4)

HÄNDEL

HAUG

HIGGINS (in sostituzione di KUHN)

HOARAU (VP)

JENSEN

KACZMAREK

KLASS (VP)

KORHOLA

LEGUTKO

LEINEN (in sostituzione di ALVES)

LISEK (in sostituzione di DELVAUX)

LULLING (in sostituzione di STRIFFLER)

MANDERS

MARTIN

MARTÍNEZ MARTÍNEZ

MATO ADROVER (3)  (4)  (5)

MITCHELL

NEDELCHEVA

NEUSER

NICHOLSON (VP)

OUZKÝ (VP) (3)  (4)  (5)

PONGA (in sostituzione di CASPARY)

PREDA (in sostituzione di COELHO)

RINALDI (in sostituzione di GOERENS) (4)

RIVASI (VP) (3)  (4)  (5)

ROITHOVÁ (VP)

RONZULLI (VP)

SARGENTINI (in sostituzione di SCHLYTER) (2)  (3)  (4)

SCHMIDT

SCHNELLHARDT

SCICLUNA

SENYSZYN

SPERONI

ŠŤASTNÝ (VP)

STURDY

TIROLIEN

WIELAND

WŁOSOWICZ (in sostituzione di HANNAN)

ZANICCHI

ZIMMER

ZWIEFKA (in sostituzione di CASA) (3)  (4)  (5)

OSSERVATORI:

CUBA

MARICHAL

MADAGASCAR

NORBERT RICHARD (1)

NIGER

GOUKOYE (1)

Partecipano alla riunione anche:

ANGOLA

ALEXANDRE

KABANGU

MENDES DOS SANTOS

SIMBRÃO da CARVALHO

BENIN

ALIA

SEIDOU ADAMBI

BURKINA FASO

OUEDRAOGO

OUOBA

BURUNDI

BARADANDIKANYA

GAHIMBARE

HARUSHINGINGO

KAVURE

NIYONGERE

CAMERUN

AWUDU MBAYA

KOMBO

OWONA KONO

CIAD

DJIMAI

MALLOUM

CONGO (Repubblica del)

BALOU

BOUNKOULOU

MBOYI

MOKA

CONGO (Repubblica democratica del)

BETYNA NGILASE

KAMBAYI

MABAYA GIZI AMINE

NENGA GAMANDA

GUINEA EQUATORIALE

NFA NDONG NSENG

OLO BAHANONDE

ETIOPIA

ABERA

AHMEDIN

GEBRE-CHRISTOS

GABON

MESSONE

NGOYO MOUSSAVOU

GAMBIA

JAGNE

GHANA

KUMI

HAITI

JOAZILE

MALI

BA

CISSE

SYLLA

MAURITANIA

BILAL

KAMARA

OULD HAMOUL

OULD ZAMEL

MAURIZIO

GUNNEESSEE

MOZAMBICO

DOS SANTOS LUCAS

NIGERIA

BARAYA

RUANDA

AYINKAMIYE

SAMOA

CHAN TUNG

SENEGAL

DEMBA DIOP

EL WALY DIOP

SIERRA LEONE

BUYA

JUMU

TORTO

SUD AFRICA

DAVIDSON

SIBHIDLA

SOOKLAL

SWAZILAND

DLAMINI

TOGO

GBONE

UGANDA

DOMBO

KATENTA-APULI

OGWAL ATIM

ZIMBABWE

MLOTSHWA

MNKANDHLA

 

 

 

CONSIGLIO ACP-UE

BUNDUKU-LATHA, ministro delegato al ministro dell'Economia, del commercio, dell'industria e del turismo (Gabon), presidente in carica del Consiglio ACP

MORATINOS, ministro degli Affari esteri (Spagna), presidente in carica del Consiglio dell'UE

LOSSADA, viceministro degli Affari esteri (Spagna)

 

COMMISSIONE EUROPEA

PIEBALGS, Commissario responsabile dello sviluppo

 

UA

ANNADIF

BOKILO

 

Commissione degli ambasciatori ACP

MAKONGO, Presidente

 

CESE

JAHIER

DANTIN

BAIZOU

KING

 

UNISDR

WAHLSTRÖM, rappresentante speciale del segretario generale per la riduzione del rischio di catastrofi - Strategia internazionale per la riduzione delle catastrofi delle Nazioni Unite

 

COMESA

NKANAGU

 

CTA

BOTO

BURGUET

 

SEGRETARIATO ACP

CHAMBAS, cosegretario generale

 

SEGRETARIATO UE

AGUIRIANO NALDA, cosegretario generale


(1)  Paese rappresentato da un non parlamentare

(2)  Presente il 29 marzo 2010

(3)  Presente il 30 marzo 2010

(4)  Presente il 31 marzo 2010

(5)  Presente il 1o aprile 2010


ALLEGATO III

ALLEGATO DELLA SEDUTA DI LUNEDÌ 29 MARZO 2010

Accreditamento dei delegati non parlamentari

1.

GHANA

S. E. Nana Bema KUMI

Ambasciatore

Ambasciata del Ghana, Bruxelles

2.

KENYA

S. E. James KEMBI-GITURA

Ambasciatore

Ambasciata del Kenya, Bruxelles

3.

LESOTHO

S. E. Mamoruti A. TIHELI

Ambasciatore

Ambasciata del Lesotho, Bruxelles

4.

MADAGASCAR

Ibrahim NORBERT RICHARD

Incaricato d'affari a.i.

Ambasciata del Madagascar, Bruxelles

5.

NIGER

Colonnello Abdoulkarim GOUKOYE

Portavoce del Consiglio supremo per il ripristino della democrazia

Repubblica del Niger

6.

ISOLE SALOMONE

S.E. Joseph MA'AHANUA

Ambasciatore, Bruxelles

Ambasciata delle Isole Solomon, Bruxelles

7.

SUDAN

Ambasciatore Hamid TAHA

Vicecapo missione

Ambasciata del Sudan, Bruxelles

8.

SURINAME

Olten Lionel Van GENDEREN

Consigliere,

Ambasciata del Suriname, Bruxelles

9.

TUVALU

S.E. Panapasi NELESONE

Ambasciatore,

Ambasciata del Tuvalu, Bruxelles


ALLEGATO IV

RISOLUZIONI APPROVATE

sull'impatto finanziario ed economico dei cambiamenti climatici nei paesi (ACP-UE/100.642/10/def.) 20

sull'impatto sociale della crisi globale (ACP-UE/100.640/10/def.) 25

sulla ricostruzione e il risanamento post-catastrofe a Haiti, e il collegamento tra povertà e catastrofi naturali (ACP-UE/100.726/10/def.) 31

sul sostegno al consolidamento della pace nel Sudan meridionale (ACP-UE 100.725/10/def.) 34

Dichiarazione sull'accordo UE-America latina relativo alle banane e il suo impatto sui produttori ACP e UE di banane 38

Documenti di strategia regionale – conclusioni

Conclusioni sul documento di strategia regionale (DSR) e sul programma indicativo regionale (PIR) nel quadro del 10o FES - Caraibi 41

Conclusioni sul documento di strategia regionale (DSR) e sul programma indicativo regionale (PIR) nel quadro del 10o FES - Africa orientale, Africa australe e Oceano indiano 45

Conclusioni sul documento di strategia regionale (DSR) e sul programma indicativo regionale (PIR) nel quadro del 10o FES - SADC 48

Conclusioni sul documento di strategia regionale (DSR) e sul programma indicativo regionale (PIR) nel quadro del 10o FES - Africa centrale 51

Conclusioni sul documento di strategia regionale (DSR) e sul programma indicativo regionale (PIR) nel quadro del 10o FES - Africa occidentale 53

Conclusioni sul documento di strategia regionale (DSR) e sul programma indicativo regionale (PIR) nel quadro del 10o FES - Pacifico 55

RISOLUZIONE (1)

sull'impatto finanziario ed economico dei cambiamenti climatici nei paesi ACP

L'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE,

riunitasi a Tenerife (Spagna) dal 29 marzo all'1 aprile 2010,

visto l'articolo 17, paragrafo 1, del regolamento,

vista la Dichiarazione del Millennio dell'8 settembre 2000, che fissa gli obiettivi di sviluppo del Millennio (OSM) quali criteri stabiliti congiuntamente dalla comunità internazionale per l'eliminazione della povertà,

vista la dichiarazione sull'Integrazione dell'adattamento al cambiamento climatico nella cooperazione allo sviluppo, adottata dai ministri dello sviluppo e dell'Ambiente dei paesi membri dell'OCSE, il 4 aprile 2006,

vista la 4a relazione di valutazione del Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici (IPCC), pubblicata a Valencia, in Spagna, il 17 novembre 2007,

vista la sua risoluzione sulle questioni di sicurezza alimentare nei paesi ACP e il ruolo della cooperazione ACP-UE adottata a Lubiana il 20 marzo 2008 (2),

vista la sua risoluzione sulle conseguenze sociali e ambientali dei cambiamenti climatici nei paesi ACP approvata a Praga il 9 aprile 2009 (3),

vista la risoluzione adottata il 10 luglio 2009 al Vertice del G8 e del forum delle principali economie su clima ed energia tenutosi a L'Aquila in Italia,

vista la relazione sullo sviluppo mondiale del 2010: lo sviluppo e il cambiamento climatico della Banca Mondiale, pubblicata a Washington, Stati Uniti, il 15 settembre 2009,

vista la sua risoluzione sui cambiamenti climatici approvata a Luanda il 2 dicembre 2009 (4),

viste le conclusioni del Consiglio europeo del 10 e 11 dicembre 2009,

visto l'esito della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici tenutasi a Copenaghen dal 7 al 18 dicembre 2009,

vista la relazione della commissione per lo sviluppo economico, le finanze e il commercio (ACP-UE/100.642/10/def.),

A.

considerando che nel corso della storia sono avvenute mutazioni climatiche globali, e sono un fenomeno naturale, ma che la rapidità e il volume del riscaldamento globale attualmente osservato è tale che il suo legame con l'attività umana non può più essere messo in dubbio,

B.

considerando che il cambiamento climatico costituisce una grave minaccia per la riduzione della povertà, i diritti dell'uomo, la pace e la sicurezza, la disponibilità di acqua, di risorse energetiche e alimentari, nonché per la realizzazione degli obiettivi di sviluppo del Millennio (OSM) in molti paesi in via di sviluppo,

C.

considerando che il secolo scorso ha assistito ad un aumento medio della temperatura di superficie globale dello 0,74 °C e l'IPCC prevede che questo continuerà a salire tra l'1,1 °C e il 6,4 °C, a seconda dello scenario di previsione,

D.

considerando che le conseguenze umane, sociali, finanziarie ed economiche di questi cambiamenti si faranno sentire nella realizzazione degli obiettivi di sviluppo del Millennio e in molti settori, tra cui quello agricolo e zootecnico, le attività marine, i flussi turistici, le infrastrutture fisiche e i servizi sanitari e che possono tradursi in desertificazione e minacciare di estinzione molte popolazioni indigene, isole e foreste, che costituiscono un patrimonio mondiale sia materiale che immateriale,

E.

considerando che in linea generale si ritiene che i paesi ACP siano quelli che hanno contribuito in misura minore ai cambiamenti climatici, ma ne subiscono le conseguenze più gravi e che i cambiamenti climatici abbiano il potenziale per ridurre o addirittura annientare le tendenze di sviluppo a livello mondiale distruggendo il potenziale produttivo di tutto il mondo in via di sviluppo,

F.

considerando che le finanze pubbliche fragili, gli elevati livelli di debito pubblico e la forte dipendenza dalle monocolture d'esportazione che caratterizzano i paesi ACP li rendono vulnerabili agli shock esogeni e che la forte dipendenza di questi paesi dalla produzione del settore primario quale fonte principale di reddito nazionale li espone maggiormente al rischio dei cambiamenti climatici,

G.

considerando che a livello familiare il cambiamento climatico ridurrà la sicurezza finanziaria, sociale e fisica individuale, aumentando la povertà e la vulnerabilità, soprattutto tra i gruppi più vulnerabili, mentre a livello macroeconomico, i cambiamenti climatici rischiano di aumentare la necessità di spesa pubblica, riducendo nel contempo le fonti di entrate del governo,

H.

considerando che il cambiamento climatico può portare a una maggiore scarsità di risorse, come terre abitabili, acqua potabile e terre coltivabili, e contribuire a generare nuovi conflitti, insicurezza e flussi migratori, problemi che rischiano di accentuare maggiormente l'instabilità su scala mondiale,

I.

considerando che la produzione agricola, che occupa il 70 % della popolazione dei paesi meno sviluppati, è già minacciata dall'aumento delle temperature e dal cambiamento dei livelli di precipitazione, che contribuiscono alla diminuzione e all'imprevedibilità dei raccolti; considerando inoltre che le pratiche agricole insostenibili degradano ulteriormente i terreni in modo potenzialmente permanente,

J.

considerando che un miliardo di persone denutrite al mondo vive quasi interamente nelle zone rurali e che la loro sussistenza, e quindi sopravvivenza, dipende dalla disponibilità di terre coltivabili e dalle rese agricole,

K.

considerando che le attività marine stanno mutando a causa dell'innalzamento dei livelli del mare e dell'aumento dell'acidità degli oceani, che danneggiano la biodiversità mettendo a rischio il reddito dei pescatori locali, le entrate dell'industria del turismo costiero e l'ampiezza dei portafogli commerciali dei paesi costieri; che spesso il turismo su scala industriale è di per sé insostenibile sotto il profilo ambientale e dovrebbe essere quindi riconsiderato,

L.

considerando che le conseguenze del cambiamento climatico sull'agricoltura e le attività marine rappresentano una grave minaccia per la sicurezza alimentare,

M.

considerando che i gravi rischi, attribuiti al cambiamento climatico, sono spesso imprevedibili, devastanti e possono distruggere la produzione del settore primario, le infrastrutture fisiche e l'industria del turismo, oltre a causare un numero elevato di vittime,

N.

considerando che i piccoli Stati insulari in via di sviluppo sono spesso i più soggetti a gravi rischi e che a causa dell'ulteriore svantaggio geografico rappresentato dal basso livello delle loro coste sono esposti al rischio di un graduale avanzamento del mare e, in ultima istanza, di una totale sommersione, visto l'innalzamento del livello del mare,

O.

considerando che a causa delle condizioni climatiche instabili talune regioni sono giudicate ad «alto rischio» e che ciò riduce la loro attrattiva per gli investimenti esteri diretti,

P.

considerando che gli operatori economici che perseguono caparbiamente i propri interessi a scapito del clima globale, degli ambienti locali, degli habitat e del benessere sociale sono raramente ritenuti responsabili dei danni che causano,

Q.

considerando che, in un mondo globalizzato e con profitti globali anche la responsabilità delle imprese deve diventare globale, così come l'obbligo di risarcire i danni e le perdite,

1.

si rammarica del fallimento della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici tenutasi a Copenaghen dal 7 al 18 dicembre 2009, che ha dimostrato che, pur essendoci quasi unanimità sui tipi di sfide, vi è molto meno accordo sui modi per affrontarle; prende atto del fatto che l'UE, durante i negoziati di Copenaghen, non ha ritirato i propri obiettivi, invita l'UE, quale attore più importante, ad assumersi appieno la sua responsabilità, nel continuo tentativo di raggiungere un obiettivo vincolante durante la prossima conferenza che si terrà a Cancún dal 29 novembre al 10 dicembre 2010;

2.

riconosce che è urgente compiere notevoli sforzi globali, in particolare nei paesi più industrializzati e sviluppati, per limitare il riscaldamento globale con politiche di risposta coordinate, convergenti, ambiziose e risolute;

3.

rileva che tra gli effetti del cambiamento climatico sui paesi in via di sviluppo vi saranno riduzioni del loro potenziale produttivo, diminuzione delle esportazioni e delle entrate pubbliche, che renderanno le loro economie più fragili; insiste sull'adozione di misure di sostegno a favore delle pratiche agricole sostenibili e produttive esistenti a livello locale, al fine di migliorare la sicurezza alimentare ed evitare l'inutile erosione e impoverimento dei suoli;

4.

invita l'UE e i paesi ACP a investire in fonti alternative di energia pulita e in tecnologie destinate a migliorare l'efficienza energetica per beneficiare appieno dei vantaggi derivanti dal loro utilizzo in termini di mercato del lavoro, sicurezza energetica e biodiversità e, di conseguenza, sicurezza alimentare; sottolinea in particolare la necessità di diffondere l'utilizzo delle energie rinnovabili, segnatamente l'energia solare, nonché i metodi di produzione agricola a risparmio idrico; invita altresì la Commissione a sostenere le soluzioni innovative, come la creazione di «cinture verdi» attorno alle città, al fine di soddisfare il fabbisogno alimentare primario delle popolazioni urbane nei paesi in via di sviluppo;

5.

invita, da un lato, l'UE e i paesi ACP ad attuare congiuntamente e, dall'altro, l'UE a finanziare su vasta scala un ampio programma pubblico di ricerca, che coinvolga le imprese innovative e i centri di ricerca specializzati al fine di sviluppare nuove tecnologie efficaci per lo sfruttamento di energie rinnovabili i cui brevetti e processi di fabbricazione siano accessibili gratuitamente sia agli imprenditori, sia alle aziende pubbliche dell'UE e dei paesi ACP;

6.

invita l'UE, nel quadro della sua cooperazione allo sviluppo, e i paesi ACP a creare dei partenariati tecnologici al fine di facilitare l'uso di tecnologie pulite nei paesi ACP e a sostenere, attraverso l'istituzione di una iniziativa per l'energia ACP-UE, il potenziale di ricerca e sviluppo di tecnologie simili nei paesi ACP stessi; sottolinea la necessità, in un contesto più ampio, di chiarire e migliorare i diritti di proprietà nei paesi ACP, al fine di creare un potenziale di sviluppo supplementare basato sulla proprietà privata e il suo utilizzo per la produzione e a titolo di garanzia;

7.

sottolinea la necessità che gli operatori economici privati provenienti da paesi UE si comportino in modo socialmente responsabile, allorché sono nei paesi ACP, in particolare in materia di rispetto per l'occupazione e di diritti salariali delle popolazioni, le risorse naturali, gli ambienti, gli habitat, gli spazi naturali, la fauna e la flora dei paesi in cui operano e da cui le popolazioni locali dipendono; sottolinea in particolare la necessità di migliorare la responsabilità sociale delle imprese per quanto riguarda lo sfruttamento delle risorse naturali;

8.

chiede che i fondi per le attività connesse con il clima siano aggiuntivi agli impegni a lungo termine dei donatori al livello di aiuti pubblici allo sviluppo (APS) e che i fondi assegnati nell'ambito di questi due canali separati siano registrati chiaramente;

9.

accoglie con favore l'iniziativa del Presidente boliviano Evo Morales Ayma di organizzare una conferenza mondiale dei popoli sui cambiamenti climatici e i diritti della madre terra a Cochabamba (Bolivia) dal 19 al 21 aprile 2010, nell'ambito dello sforzo internazionale sulla strada da Copenaghen a Cancún;

10.

rammenta che gli impegni internazionali assunti in materia di obiettivi di sviluppo del Millennio saranno raggiungibili soltanto se i paesi industrializzati onoreranno il loro impegno di elevare allo 0,7 % del PIL gli aiuti pubblici allo sviluppo;

11.

esorta l'UE e i suoi Stati membri a fornire un aiuto adeguato ai piccoli Stati insulari ACP ad affrontare i problemi causati dal cambiamento climatico nell'agricoltura e nei loro settori marini e della pesca, tra cui la sicurezza alimentare, promuovendo lo sviluppo di economie verdi attraverso il trasferimento di tecnologia e l'offerta di altre risorse intese a finanziarne le strategie di adattamento e mitigazione;

12.

afferma che a lungo termine, gli importi necessari per la lotta contro gli impatti dei cambiamenti climatici nei paesi in via di sviluppo non possono essere mobilitati dagli Stati attingendo soltanto ai fondi pubblici, ma anche il settore privato deve contribuire ad aumentare le risorse; plaude alle iniziative degli Stati membri dell'UE sull'applicazione di prelievi volontari sulle emissioni aeree e marittime e invita a introdurre quindi una tassazione da applicare ai trasporti internazionali di merci in base al volume proporzionale di inquinamento e all'intensità di ciascun modo di trasporto;

13.

chiede l'introduzione del principio «il responsabile paga» quale logica estensione del principio «chi inquina paga»;

14.

chiede che l'Unione europea e quegli Stati membri che siedono individualmente al G20 di impegnarsi in negoziati con i partner G20 e l'OCSE e, più in generale, all'interno delle istituzioni finanziarie globali per ottenere un accordo sulla necessità di un prelievo a livello mondiale il cui prodotto sarà utilizzato per finanziare i beni pubblici globali, compresa la lotta contro gli effetti peggiori del cambiamento climatico;

15.

osserva con preoccupazione che, ad eccezione del Sudafrica, nessuno Stato o gruppo di Stati ACP siede al tavolo del G20; afferma che non è possibile creare un nuovo modello di governance globale sostenibile senza una partecipazione più significativa dei paesi più poveri di Africa, Caraibi e Pacifico;

16.

invita i paesi ACP e dell'UE ad adottare le migliori prassi internazionali durante l'elaborazione della legislazione nazionale in materia di sviluppo sostenibile, riduzione delle emissioni di carbonio, promozione di tecnologie energetiche più pulite e promozione dell'uso dell'energia rinnovabile;

17.

incarica i suoi co-presidenti di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio dei ministri ACP-UE, al Parlamento europeo, alla Commissione europea, alla Presidenza del Consiglio UE e all'Unione africana.

RISOLUZIONE (5)

sull'impatto sociale della crisi globale

L'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE,

riunitasi a Tenerife (Spagna) dal 29 marzo all'1 aprile 2010,

visto l'articolo 17, paragrafo 1 del suo regolamento,

visti gli obiettivi dell'accordo di partenariato tra i membri del gruppo degli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico (ACP), da un lato, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altro, firmato a Cotonou il 23 giugno 2000 (l'Accordo di Cotonou) e tutti i suoi emendamenti,

visti gli obiettivi di sviluppo del Millennio delle Nazioni Unite, in particolare l'impegno di creare un partenariato globale per lo sviluppo e le conclusioni e le raccomandazioni della riunione di Alto livello dell'ONU svoltasi a New York il 25 settembre 2008,

visto il Consenso di Monterrey, adottato alla Conferenza internazionale dell'ONU sul finanziamento allo sviluppo il 21 e 22 marzo 2002, e la Dichiarazione di Doha sul finanziamento allo sviluppo adottata il 2 dicembre 2008 alla Conferenza internazionale di seguito sul finanziamento allo sviluppo per esaminare l'attuazione del Consenso di Monterrey,

vista la Dichiarazione di Parigi sull'efficacia degli aiuti del 2 marzo 2005 e l'Agenda di Accra per l'azione adottata al Forum di Alto livello di Accra sull'efficacia degli aiuti del 2-4 settembre 2008,

vista la comunicazione della Commissione europea dell'8 aprile 2009 dal titolo 'Aiutare i paesi in via di sviluppo nel far fronte alla crisi (6),

vista la Dichiarazione del G20 a seguito delle sue riunioni sulla crisi finanziaria svoltesi a Washington il 15 novembre 2008, a Londra il 2 aprile 2009, e a Pittsburgh il 24-25 settembre 2009,

viste le risoluzioni adottate il 10 luglio 2009 al Vertice del G8 svolto a L'Aquila (Italia),

viste le conclusioni del Consiglio europeo del 10-11 dicembre 2009,

visto l'appello del presidente della Banca Mondiale, Robert B. Zoellick, ai paesi industrializzati perché assegnino lo 0,7 % dei loro pacchetti di incentivo a un Fondo di vulnerabilità a favore dei paesi in via di sviluppo,

vista la relazione 2008 della Organizzazione mondiale per la sanità, «Le cure sanitarie primarie (ora più che mai)»,

vista la relazione dell'FMI «Le ripercussioni della crisi finanziaria globale sui paesi a basso reddito» del marzo 2009,

vista la Dichiarazione del Vertice mondiale sulla sicurezza alimentare svoltosi a Roma il 16-18 novembre 2009,

vista la risoluzione sugli «Effetti della crisi economica e finanziaria globale sulle economie africane: strategia e misure per affrontarla» adottata dall'Unione parlamentare africana nella sua 32a Conferenza svolta a Ouagadougou il 19-20 novembre 2009,

vista la sua risoluzione del 3 dicembre 2009 sull'impatto della crisi finanziaria sugli Stati ACP adottata a Luanda il 3 dicembre 2009 (7),

vista la relazione della commissione per gli affari sociali e l'ambiente (ACP-UE/100.640/10/def.),

A.

considerando la natura eccezionale della crisi attuale che racchiude una combinazione di crisi sociale, ambientale, energetica, economica, finanziaria e alimentare; che il modello di sviluppo dev'essere aggiustato per garantire la sua efficacia e trasparenza,

B.

considerando che la FAO ritiene che un miliardo di persone nel mondo soffre la fame e che il totale è aumentato di 100 milioni a causa della crisi globale; che il numero di persone che vivono in povertà potrebbe aumentare di 90 milioni entro il dicembre 2010,

C.

considerando che la maggior parte dei paesi ACP dipendono dalle esportazioni di risorse naturali e di materie prime e che la crisi ha causato una riduzione delle entrate delle esportazioni per molti paesi in via di sviluppo, del trasferimento di fondi a questi paesi e degli investimenti esteri diretti,

D.

considerando che i paesi in via di sviluppo si trovano anche di fronte a una riduzione delle rimesse inviate dai lavoratori emigranti ai propri paesi d'origine e ad una diminuzione dell'aiuto ufficiale allo sviluppo, che le Nazioni Unite ritengono sia risultato inferiore di 20 milioni all'anno rispetto a quanto promesso nella riunione del G8 a Gleneagles nel 2005 per gli aiuti all'Africa,

E.

considerando che l'impatto delle varie crisi sui paesi ACP metterà a rischio il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del Millennio,

F.

considerando che l'HIV/AIDS non rappresenta solo un problema sanitario, giacché la diffusione della malattia ha prodotto una pandemia con conseguenze sociali, economiche e demografiche in tutti i paesi,

G.

considerando che, in seguito alla crisi economica e finanziaria, si prevede un aumento dell'esodo di lavoratori qualificati dagli Stati ACP, che inasprirà gli effetti a lungo termine della crisi,

H.

considerando che i paesi ACP non hanno alcuna responsabilità riguardo alla crisi finanziaria ed economica, pur tuttavia risultando quelli più gravemente colpiti dalle sue ripercussioni, così come avviene anche per il cambiamento climatico; che la crisi finanziaria e la conseguente crisi economica è stata causata dalla deregolamentazione dei mercati economici e finanziari,

I.

considerando che le condizioni occupazionali stanno peggiorando a seguito della crisi e che la disoccupazione in tutto il mondo colpisce 59 milioni di persone mentre 200 milioni di lavoratori sono in condizioni di estrema povertà a seguito della crisi finanziaria ed economica sia nei paesi ACP che nei paesi UE,

J.

considerando che i gruppi sociali a rischio, e fra questi in particolare i giovani, sono i più colpiti dalle ripercussioni a medio e lungo termine della crisi; che la percentuale già oggi eccessiva di giovani disoccupati è destinata ad aumentare,

K.

considerando la necessità di non trascurare l'impatto della crisi economica mondiale sui paesi in via di sviluppo «a reddito medio» e sui loro programmi di sviluppo sociale,

Conseguenze plurime della crisi

1.

ricorda che la UE deve svolgere un ruolo decisivo per mitigare gli effetti della crisi sui paesi ACP, considerata la sua posizione quale principale partner commerciale di questi paesi, principale fornitore di investimenti privati e il più grande donatore mondiale di aiuti pubblici allo sviluppo (APS);

2.

sollecita i paesi donatori ad utilizzare questa crisi senza precedenti come catalisi per indagare approfonditamente sulle possibilità esistenti in termini di fonti innovative e aggiuntive di finanziamenti allo sviluppo, quale una tassa globale sulle transazioni finanziarie e per identificarne di nuove, che consentano ai paesi in via di sviluppo di diversificare le proprie fonti di reddito e di attuare programmi di spesa efficaci, concreti e operativi;

3.

teme che la crisi ostacoli il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del Millennio (MDG) e che la crisi finanziaria diventi una crisi di sviluppo e chiede pertanto che gli Stati membri rispettino e osservino gli impegni presi di aumentare gli APS allo 0,56 % del RNL entro il 2010 e allo 0,7 % entro il 2015; esorta gli Stati membri a rispettare tali impegni tramite il recepimento nelle legislazioni nazionali vincolanti; chiede un'azione coordinata e il potenziamento dei programmi di sviluppo per salvaguardare le esistenti assegnazioni APS ai settori sanitario, dell'istruzione e della protezione sociale;

4.

invita a sua volta i paesi ACP e UE ad ottimizzare l'utilizzo dei fondi europei allo scopo di raggiungere gli obiettivi di sviluppo del Millennio attraverso una più attenta programmazione e selezione dei punti focali nei documenti di strategia nazionale (CSP) e dei programmi indicativi nazionali (NIP);

5.

ribadisce l'importanza dei principi in materia di efficacia degli aiuti, enunciati nella dichiarazione di Parigi e nell'agenda di azione di Accra, e dei principi relativi al coordinamento dei donatori, stabiliti nel codice di condotta dell'UE in materia di divisione dei compiti nell'ambito della politica di sviluppo (8); invita il Consiglio dei ministri ACP-UE, nella sua riunione di giugno 2010, a rinnovare il proprio impegno in tal senso;

6.

invita la UE e i governi ACP a combattere congiuntamente per abolire l'evasione fiscale, i flussi illeciti di capitali e il riciclaggio di denaro sporco; sottolinea l'esigenza di sostenere lo sviluppo di capacità istituzionale nei paesi ACP, inclusi i sistemi fiscali nazionali e il sistema giudiziario al fine di una migliore ridistribuzione della ricchezza;

7.

è a favore dell'attuazione di pratiche internazionali in materia fiscale, in particolare il rispetto dei principi di trasparenza e lo scambio di informazioni tra gli Stati ACP che si sono impegnati in tal senso;

8.

insiste sulla necessità di ridurre i costi delle operazioni di rimessa, in special modo in un momento in cui i migranti sono duramente colpiti dalla crisi e non sono in grado di mantenere il precedente livello di rimesse verso i loro paesi di origine;

9.

sottolinea che la cooperazione regionale è fondamentale per superare le ripercussioni della crisi;

Miglioramento dei settori sociali

10.

sottolinea il ruolo svolto dai sistemi di protezione sociale allo scopo di attenuare la povertà e chiede la creazione e la messa a punto di meccanismi di protezione sociale;

11.

chiede nel breve termine ai governi beneficiari e ai paesi donatori di concentrarsi sulle reti di soccorso che impediscano che le persone cadano in povertà; sostiene la creazione di un sistema globale di allerta della povertà, un fondo internazionale di risposta rapida che fornisca una rete di sicurezza alle persone più vulnerabili del mondo;

12.

si compiace del meccanismo «FLEX vulnerabilità» della Commissione europea che mira a sostenere meccanismi per salvaguardare la spesa sociale; invita la Commissione e i governi ACP a cogliere l'opportunità del riesame di medio termine dei documenti strategici nazionali e regionali per esaminare la possibilità di rafforzare i settori sociali e aumentare le risorse della seconda «tranche» del V-FLEX nell'ottica di finanziare completamente il restante divario finanziario degli Stati ACP ammissibili nel 2010;

13.

sollecita i governi e i paesi donatori a dare la priorità al sostegno ai fabbisogni sociali di base e a promuovere il sostegno ai bambini e alle donne vulnerabili, duramente colpiti dalla crisi, ai giovani a rischio, ai lavoratori a basso reddito, non qualificati e migranti, ai lavoratori rurali e alle persone diversamente abili;

14.

ribadisce che occorre intervenire per ridurre la mortalità infantile e materna nell'Africa sub-sahariana, dove gli obiettivi di sviluppo del Millennio potrebbero non essere raggiunti; ricorda che l'istruzione e la sanità devono essere alla base delle politiche dello sviluppo e insiste che la situazione attuale non giustifica nessuna riduzione della spesa nazionale e degli aiuti internazionali in questi settori;

15.

è del parere che nell'ambito della politica di sviluppo UE-ACP occorra attribuire un ruolo di primo piano ai programmi sanitari, compresi quelli inerenti alla salute sessuale e riproduttiva, alla promozione della parità di genere, all'attribuzione di poteri e responsabilità alle donne e ai diritti dei minori, in particolare in quei contesti in cui la violenza sessista è dilagante e donne e bambini sono esposti al rischio di contrarre l'HIV/AIDS e di vedersi precluso l'accesso alle informazioni, alle misure di prevenzione e/o alle cure;

16.

invita i governi dei paesi ACP e degli Stati dell'UE ad adottare provvedimenti mirati all'integrazione dei giovani e delle donne nella società e alla loro piena partecipazione nell'economia;

17.

sottolinea l'esigenza di agevolare la creazione di posti di lavoro attraverso il miglioramento dell'istruzione universitaria, compresa la formazione professionale e l'apprendimento permanente; chiede un aumento delle pari opportunità e di accesso allo sviluppo delle qualifiche, alla formazione e all'istruzione di qualità; chiede che sia migliorato l'accesso al credito (inclusi i microfinanziamenti), per incoraggiare la creazione di posti di lavoro e di microimprese che favoriscano il rilancio dell'attività economica a livello locale;

18.

sottolinea la necessità di proteggere i diritti dei lavoratori e chiede di adottare ulteriori misure per combattere il lavoro minorile e la disoccupazione giovanile; invita le parti interessate a elaborare strategie di risposta alla crisi a livello nazionale e settoriale attraverso il dialogo sociale;

19.

sottolinea che i lavori dignitosi devono essere al centro della creazione dei posti di lavoro per superare il problema dei «lavoratori poveri»; sottolinea pertanto che la strategia regionale di crescita che sostiene l'occupazione e le iniziative collegate a lavori dignitosi debbano essere incorporati negli esame di medio termine dei documenti di strategia nazionali ACP;

20.

invita i paesi donatori a sostenere i paesi ACP a diversificare le rispettive economie diventando meno dipendenti da un unico prodotto; ricorda che è necessario investire in progetti infrastrutturali e di connessione regionale e insiste affinché le politiche commerciali siano guidate da un partenariato tra pari, allo scopo di garantire la stabilità delle economie su scala regionale e locale;

21.

sottolinea la necessità di valutare gli investimenti nei paesi in via di sviluppo in termini di sostenibilità e di mantenere in modo permanente condizioni ambientali e di vita sane;

22.

ribadisce che la fuga di cervelli è una realtà preoccupante che minaccia il percorso e le prospettive di sviluppo dei paesi meno sviluppati, determinando ripercussioni negative su settori di base nell'ambito di sanità, igiene e istruzione e sulla costituzione dei settori pubblici; incoraggia, pertanto, la migrazione circolare;

Sicurezza alimentare

23.

ribadisce che la recente crisi alimentare ha dimostrato che l'agricoltura è stata troppo a lungo trascurata e che occorre affrontare urgentemente il problema della denutrizione attraverso misure a lungo termine; sollecita i paesi interessati, i donatori e le istituzioni internazionali a incoraggiare investimenti nella sicurezza alimentare e nell'agricoltura, soprattutto in quella di piccola scala; ritiene che la Commissione dovrebbe cogliere l'opportunità di un riesame di medio termine dei documenti strategici per paese nel quadro dello strumento per il finanziamento della cooperazione allo sviluppo e del FES per discutere con i paesi beneficiari sulla necessità di dare una più elevata priorità all'agricoltura e alla pesca nella propria agenda;

24.

sottolinea che con gli aiuti all'esportazione dell'UE i generi alimentari a prezzo ridotto devono essere indirizzati verso quelle regioni in cui sussiste una grave carenza di viveri;

25.

accoglie con favore gli investimenti esteri nel settore agricolo laddove destinati a sostenere lo sviluppo e ad aiutare la creazione di capacità locale per la trasformazione di materie prime (soprattutto i prodotti agricoli) in prodotti lavorati; è tuttavia preoccupato per l'attuale tendenza di alcuni paesi, che affittano i terreni dei paesi in via di sviluppo allo scopo di importarne la produzione; insiste sul fatto che tali contratti debbano essere trasparenti e che parte della produzione debba restare nei paesi produttori; esprime preoccupazione riguardo alle speculazioni sui generi alimentari;

26.

chiede un aumento della capacità in termini tecnici, finanziari e di risorse umane per sostenere i piccoli agricoltori, i mercati locali e le moderne tecniche colturali nei paesi ACP, onde ridurre la loro esposizione agli effetti della volatilità dei mercati mondiali;

27.

invita i paesi ACP e dell'UE a considerare prioritario e ad indicare quale punto focale lo sviluppo del settore agricolo, della pesca e della sicurezza alimentare nella formulazione dei documenti di strategia nazionali (CSP) e dei programmi indicativi nazionali (NIP); sottolinea che per combattere la fame nei paesi ACP occorre affrontare le questioni della produzione e della distribuzione dei generi alimentari; in parallelo suggerisce di sviluppare il fenomeno dell'agricoltura urbana;

28.

invita l'UE a stabilire contatti con le organizzazioni regionali di gestione della pesca allo scopo di raggiungere la sostenibilità delle attività di pesca e potenziare la capacità locale dei paesi ACP in relazione alla lavorazione dei loro prodotti ittici;

Cambiamento climatico

29.

ricorda che entro il 2020 sono necessari 100 miliardi di dollari all'anno per aiutare i paesi in via di sviluppo ad affrontare il cambiamento climatico; invita i paesi ACP a definire le proprie priorità per la lotta al cambiamento climatico, mediante la creazione di programmi nazionali di adeguamento; insiste che questi fondi non devono provenire da un bilancio di aiuto allo sviluppo già programmato ma devono essere fondi nuovi e aggiuntivi;

30.

sottolinea che mitigare il cambiamento climatico rappresenta un'enorme sfida per i paesi in via di sviluppo, ma per essi deve costituire anche una possibilità, con l'aiuto finanziario e tecnico dei paesi donatori, di promuovere «tecnologie verdi» per sviluppare i paesi (sviluppo verde) mediante trasferimenti tecnologici (elettricità solare, ecc.) e di creare «posti di lavoro verdi»;

31.

si rammarica per la mancanza di un accordo giuridicamente vincolante nell'ambito del vertice di Copenaghen; chiede, pertanto, una strategia congiunta UE-ACP a favore di un reale impegno nel quadro della prossima riunione COP 16 che si terrà in Messico;

32.

sottolinea l'importanza di promuovere un'alleanza mondiale contro il cambiamento climatico destinata a fornire maggior sostegno ai paesi in via di sviluppo più poveri e maggiormente esposti al cambiamento climatico, soprattutto i paesi meno sviluppati e i piccoli Stati insulari in via di sviluppo;

33.

incarica i suoi Copresidenti di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio dei Ministri ACP-UE, al Parlamento europeo, alla Commissione europea, alla presidenza del Consiglio UE, all'Unione africana e al Parlamento panafricano.

RISOLUZIONE (9)

sulla ricostruzione e il risanamento post-catastrofe a Haiti, e il collegamento tra povertà e catastrofi naturali

L'Assemblea parlamentare peripatetica,

riunitasi a Tenerife (Spagna) dal 29 marzo all'1 aprile 2010,

visto l'articolo 17, paragrafo 2 del suo regolamento,

visto il Vertice del G7 svoltosi a Iqaluit (Canada) il 6 febbraio 2010,

visti i risultati della Conferenza internazionale dei donatori «Towards a New Future for Haiti» (Verso un nuovo futuro per Haiti), svoltasi a New York il 31 marzo 2010,

viste le conclusioni della Conferenza ministeriale preparatoria svoltasi a Montreal il 25 gennaio 2010,

vista la discussione sul terremoto di Haiti svoltasi in seno al Parlamento europeo il 20 gennaio 2010 con l'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Baroness Ashton,

viste le conclusioni della riunione straordinaria del Consiglio «Affari esteri» svoltasi a Bruxelles il 18 gennaio 2010,

vista la missione delle Nazioni Unite di stabilizzazione ad Haiti (MINUSTAH),

A.

considerando che un terremoto del grado 7,3 della scala Richter ha devastato Haiti il 12 gennaio 2010, causando danni catastrofici a Port-au-Prince, Jacmel e altri insediamenti nella regione e che è stato seguito da numerose e forti scosse di assestamento che hanno continuato a flagellare il paese,

B.

considerando che si calcolano oltre 200 000 morti, 250 000 feriti e più di 3 milioni di persone direttamente colpite; che la missione delle Nazioni Unite di stabilizzazione ad Haiti (MINUSTAH) ha pagato un tributo pesante, con 146 morti e 70 persone date per disperse,

C.

considerando che l'Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA) ha riferito che nel complesso del paese un milione di persone necessita di un rifugio, soprattutto alla vigilia della stagione delle piogge, e che gli sfollati interni sono 500 000,

D.

considerando che ancor prima del terremoto del 12 gennaio 2010, nel 2008 uragani e tempeste tropicali avevano devastato il paese, causando danni calcolati nell'ordine del 15 % del PIL,

E.

considerando che prima del terremoto circa 1,8 milioni di persone vivevano nell'«insicurezza alimentare», in un paese dove quasi il 60 % della popolazione è insediato nelle zone rurali e il 70 % (12 milioni di persone) vive con meno di 2 dollari al giorno,

F.

considerando che questa estrema povertà ha esacerbato gli effetti distruttivi del terremoto e sprofondato il paese in una delle più gravi crisi umanitarie che avesse mai attraversato,

G.

considerando che la Commissione ha deciso di fornire 137 milioni di euro per bisogni a breve termine e almeno 200 milioni di euro a medio e lungo termine, e che gli Stati membri offrono un ulteriore importo di 92 milioni di euro; che secondo la Banca interamericana di sviluppo occorreranno 10,5 miliardi di euro per la ricostruzione di Haiti, a un ritmo di 2 miliardi di euro l'anno e che l'Unione delle Nazioni sudamericane ha deciso di creare un fondo di aiuti a favore di Haiti per 217 milioni di euro,

H.

considerando che Haiti è paralizzata dal debito estero, il cui importo è di circa 1 miliardo di dollari, che rappresentava un ostacolo allo sviluppo del paese anche prima del terremoto e può impedirne gli sforzi di ripresa,

I.

considerando la decisione presa dai ministri del G7 di cancellare il debito di Haiti, ma anche il fatto che il debito del paese nei confronti dei paesi del G7 era pari soltanto a 214 milioni di dollari su un totale di 890 milioni di dollari,

J.

considerando che, al di là dell'operazione di soccorso immediato, gli interventi di ripresa a medio e lungo termine per ricostruire la sussistenza della popolazione, le infrastrutture distrutte, le istituzioni pubbliche e le attività economiche necessitano di un impegno internazionale a lungo termine,

1.

esprime le sue sincere condoglianze e solidarietà alla popolazione di Haiti e delle altre nazioni colpite, e al personale delle organizzazioni internazionali, tra cui le Nazioni Unite e la Commissione europea, per la pesante perdita di vite umane e la devastazione causate da un terremoto di straordinaria potenza; rende omaggio al coraggio esemplare e alla solidarietà dimostrate dal popolo di Haiti che, subito dopo il disastro e prima che i media ne venissero a conoscenza, e nell'assoluta indigenza, ha salvato migliaia di vite e prestato soccorso a migliaia di feriti e orfani;

2.

plaude agli sforzi delle autorità di Haiti e della società civile, nonché delle Nazioni Unite, delle ONG e di altri donatori bilaterali, per portare aiuti alla popolazione di Haiti e rende omaggio al lavoro delle organizzazioni di soccorso e di singoli provenienti dall'Unione europea, dai paesi ACP, e dal resto del mondo;

3.

accoglie con favore e appieno la solidarietà dimostrata dagli Stati membri delle Nazioni Unite e dai partner internazionali riunitisi alla Conferenza internazionale dei donatori «Towards a New Future for Haiti» (Verso un nuovo futuro per Haiti) svoltasi a New York il 31 marzo 2010, in occasione della quale sono stati assunti impegni per 9,9 miliardi di dollari per i prossimi tre anni e per il periodo successivo, ed esorta la comunità internazionale a onorare gli impegni storici presi;

4.

sostiene il fatto che i donatori internazionali abbiano allineato i propri contributi al piano d'azione per la ripresa e lo sviluppo nazionali di Haiti, presentato da René Préval, Presidente di Haiti, quale preciso segnale della volontà della autorità haitiane di assumere la guida negli interventi di ricostruzione a lungo termine;

5.

sottolinea che è cruciale che le Nazioni Unite, agendo sotto l'egida del governo di Haiti, abbiano e mantengano l'incarico di coordinare tutte le operazioni civili e militari, per quanto riguarda il ripristino della sicurezza e gli aiuti umanitari, nonché per la ricostruzione e lo sviluppo;

6.

esorta le Nazioni Unite a rivedere il mandato del MINUSTAH di concerto con le autorità di Haiti al fine di rispondere alle esigenze del paese nel periodo dopo la catastrofe, prestando particolare attenzione agli aspetti legati alla sicurezza;

7.

chiede una valutazione globale volta a individuare le esigenze della popolazione a breve e lungo termine e a definire la partecipazione della comunità internazionale nel processo di ricostruzione, coprendo le tre fasi di aiuti di emergenza, risanamento e ricostruzione;

8.

esprime profonda preoccupazione per quanto riguarda il benessere dei gruppi più vulnerabili, in particolare donne, bambini e anziani; esorta la Commissione e le Nazioni Unite a prestare particolare attenzione e a sostenere la partecipazione delle donne agli interventi di ricostruzione coinvolgendole attivamente nelle fasi di risanamento, ricostruzione e valutazione di tutti i programmi di soccorso e ricostruzione;

9.

sottolinea che ai minori non accompagnati e a quelli separati dalle loro famiglie devono essere offerti servizi volti a ricongiungerli quanto prima con i loro genitori o con i consueti assistenti; sollecita l'UE e la comunità internazionale a valutare con urgenza la necessità di un piano coordinato per affrontare la situazione di migliaia di minori rimasti orfani a causa del terremoto; sottolinea il grave rischio di adozione illegali e della tratta di minori;

10.

esorta l'UE a sostenere una moratoria temporanea sulle nuove adozioni di minori di Haiti per un periodo di due anni dall'avvio degli interventi tesi a rintracciarli; chiede all'UE di agire onde soddisfare i bisogni più elementari dei bambini, rendere operative scuole temporanee e fornire consulenza ai minori come questione urgente;

11.

esorta con vigore la Commissione e la comunità internazionale a controllare la situazione sanitaria della popolazione di Haiti, soprattutto per quanto riguarda donne e bambini;

12.

invita la comunità internazionale a cancellare immediatamente il debito estero della Repubblica di Haiti e si congratula con tutti coloro che hanno adottato o annunciato di introdurre misure a tal fine; sottolinea che l'assistenza di emergenza per il terremoto deve essere fornita sotto forma di sovvenzioni, non prestiti che producono debito;

13.

sostiene gli sforzi dell'UE e di altri donatori volti a promuovere la produzione locale di alimenti, risanando le infrastrutture danneggiate e mettendo a disposizione delle piccole aziende agricole il materiale necessario (semi, fertilizzanti e strumenti) – soprattutto per la stagione di semina primaverile che inizia a marzo, che rappresenta il 60 % della produzione alimentare nazionale; esorta l'UE e gli altri donatori internazionali, ove possibile, ad acquistare alimenti di produzione locale nel quadro degli interventi di soccorso, contribuendo così in misura sostanziale all'economia rurale e proteggendo i produttori locali;

14.

sottolinea la necessità di concentrarsi su investimenti a lungo termine nella ricostruzione di edifici antisismici che rispondano a opportune norme tecniche e in infrastrutture di base, quali approvvigionamento idrico, strade, elettricità e il trasferimento di tecnologia, che prima del terremoto era inesistente e ampiamente inadeguato, aggravando pertanto non poco le potenziali ripercussioni delle catastrofi naturali;

15.

chiede la creazione di un fondo amministrato dalle Nazioni Unite teso a finanziare misure pubbliche di sensibilizzazione e formazione, sistemi di prevenzione e di allarme precoce, la ricostruzione di strutture protettive appropriate e le scorte di attrezzature mediche e sanitarie di urgenza;

16.

esorta la comunità internazionale a garantire che la popolazione di Haiti e il governo, sotto il controllo democratico del rispettivo parlamento, siano i principali attori del processo di ricostruzione, per consentire loro di fare proprio il loro futuro collettivo; sollecita la Commissione e gli Stati membri dell'Unione europea a mettere il know-how dell'UE a loro disposizione potenziando così la capacità nazionale, locale, regionale e subregionale;

17.

esorta la comunità internazionale a mantenere in agenda quale priorità la questione della riduzione della povertà ad Haiti, anche una volta distolta l'attenzione dei media da tale fenomeno, al fine di aiutare il paese a uscire da questa catastrofe come una democrazia pienamente funzionante forte di un'economia che possa occuparsi della propria popolazione in modo sostenibile;

18.

sollecita l'UE a collaborare con le autorità di Haiti onde istituire un meccanismo di mitigazione e prevenzione delle catastrofi nonché predisporre la gestione delle capacità a lungo termine, sottolineando che gli interventi di ricostruzione devono essere basati su priorità nazionali nel rispetto dei principi di efficacia degli aiuti e prestando assistenza alle istituzioni di Haiti affinché possano governare in modo efficiente; sostiene la proposta del Presidente Préval di creare una struttura permanente in seno alle Nazioni Unite in grado di gestire sin dal primo giorno le crisi provocate da catastrofi naturali;

19.

ritiene sia essenziale intraprendere una massiccia azione di rimboschimento di Haiti, dato che l'attuale situazione rende il paese estremamente vulnerabile a tutti i tipi di catastrofi naturali, nonché trovare alternative economiche e sostenibili alla deforestazione per la cottura degli alimenti;

20.

esorta l'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli Affari esteri e la politica di sicurezza e il commissario per la Cooperazione internazionale, gli aiuti umanitari e la risposta alle crisi ad assumere un ruolo di primo piano nel coordinare la risposta dell'UE alla crisi, di concerto con le Nazioni Unite, sfruttando le responsabilità create nell'ambito del trattato di Lisbona per coordinare con maggiore efficacia la risposta dell'UE alle future crisi basandosi su quanto è già stato raggiunto;

21.

incoraggia con vigore la creazione, a livello internazionale, di meccanismi operativi di protezione civile da impiegare in situazioni paragonabili a quella di Haiti, sulla base del preposizionamento regionale, della frequenza o della prevedibilità delle catastrofi;

22.

invita la Commissione a presentare quanto prima una serie di proposte volte a istituire una forza UE di protezione civile basata sul meccanismo UE di protezione civile e che consenta all'Unione di riunire le risorse necessarie per fornire i primi aiuti umanitari di urgenza entro 24 ore da una catastrofe;

23.

esorta l'Unione europea, in considerazione dell'importanza dell'integrazione regionale nonché della cooperazione nella regione dei Caraibi, a mobilitare fondi speciali a favore delle regioni ultraperiferiche francesi dei Caraibi (Guadalupa, Martinica, Guyana) affinché possano proseguire e potenziare i loro aiuti alla popolazione di Haiti;

24.

sollecita il ricostituito governo di Haiti a fare tutto il possibile per introdurre e rafforzare la democrazia ad Haiti;

25.

accoglie con favore la risposta positiva dell'Unione africana alla proposta del Presidente Abdoulaye Wade del Senegal, sostenuta da una risoluzione del parlamento senegalese, sul diritto al ritorno degli haitiani, ed esorta la comunità internazionale a portare avanti tale proposta adottando una risoluzione delle Nazioni Unite;

26.

incarica i suoi Copresidenti di trasmettere la presente risoluzione all'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, al Presidente della Commissione, al presidente e al governo di Haiti, al Consiglio ACP, agli Stati membri del Caricom, alla Commissione dell'Unione Africana, al sottosegretario generale delle Nazioni Unite per gli affari umanitari e gli aiuti di emergenza, alla Banca mondiale, al Fondo monetario internazionale e ai governi degli Stati membri dell'Unione europea.

RISOLUZIONE (10)

sul sostegno al consolidamento della pace nel Sudan meridionale

L'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE,

riunitasi a Tenerife (Spagna) dal 29 marzo all'1 aprile 2010,

visto l'articolo 17, paragrafo 2, del suo regolamento,

visto il Comprehensive Peace Agreement (CPA) firmato tra il governo del Sudan e l'SPLM/A (Movimento/esercito di liberazione del popolo del Sudan) nel gennaio 2005,

vista la costituzione nazionale provvisoria del Sudan adottata nel 2005,

visto il Patto internazionale sui diritti civili e politici e la Carta africana sui diritti umani e del popolo, entrambi ratificati dal Sudan,

viste le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sul Sudan,

visto il lavoro della commissione ministeriale dell'Unione africana sulla ricostruzione e lo sviluppo nel Sudan dopo il conflitto nonché altre iniziative dell'Unione africana,

vista la relazione del presidente della Commissione dell'Unione africana sul processo di attuazione del Comprehensive Peace Agreement (CPA),

visto il comunicato della 201esima riunione del Consiglio per la pace a la sicurezza dell'Unione africana, svoltosi ad Addis Abeba il 26 agosto 2009,

visti il codice di condotta dell'UE sul commercio di armi piccole e leggere e i sistemi convenzionali dell'ONU in materia di armi,

viste le sue precedenti risoluzioni sul Sudan e al Parlamento europeo nonché le risoluzioni del parlamento panafricano sul Sudan,

viste le conclusioni del Consiglio UE sul Sudan,

vista la nota informativa del gruppo internazionale di crisi del 17 dicembre 2009 su «Sudan: Preventing Implosion»,

vista la relazione comune delle ONG del gennaio 2010 su «Rescuing the peace in Southern Sudan»,

A.

considerando che il CPA poneva termine alla terribile e devastante guerra civile che per il Sudan significa oltre due milioni di morti e quasi quattro milioni di profughi e sfollati,

B.

considerando che è consapevole che la guerra civile come la spirale di violenza possano essere attribuite ad aspetti quali:

controversie su risorse naturali e condivisione dell'energia elettrica,

la diffusa disponibilità di armi di piccolo calibro e leggere,

le incursioni brutali e sanguinose che continuano a essere perpetrate dal Lord's Resistance Army (Esercito di resistenza del Signore, LRA), un gruppo ribelle ugandese che opera dall'esterno del paese,

C.

considerando, inoltre, che il CPA ha fissato un periodo transitorio di sei anni (2005-2011), definendo gli obiettivi da conseguire sotto la voce «dividendi di pace» nonché alcune date fondamentali quali le elezioni nazionali, in calendario inizialmente per il 2009, e il referendum sull'autodeterminazione del popolo del Sudan meridionale, in programma per il gennaio 2011,

D.

considerando che le prossime elezioni nazionali sono le prime consultazioni da indire dalla conclusione del CPA e sono cruciali ai fini del processo di pace, prima di passare al referendum sull'autodeterminazione del Sudan meridionale e al referendum di Abyei,

E.

considerando che occorre risolvere le problematiche connesse a cittadinanza, parti restanti della demarcazione del confine tra nord e sud, demilitarizzazione delle aree frontaliere, e condivisione delle risorse, tra cui il petrolio, prima dello svolgimento del referendum sull'autodeterminazione del sud,

F.

considerando che la controversia sul censimento è stata evitata dall'accordo tra le due parti che destina altri 40 seggi in seno all'Assemblea nazionale all'SPLM/A,

G.

considerando che l'SPLM mette in dubbio l'esattezza dei dati finali del censimento della popolazione e delle abitazioni condotto nel maggio 2008; che nel sud era registrato il 108 % del numero stimato di votanti ammessi,

H.

considerando che rappresentano passi positivi i recenti progressi registrati dei negoziati tra il Partito nazionale del Congresso (NCP) e l'SPLM concernenti la legge referendaria del Sudan meridionale, il referendum della zona di Abyei e le consultazioni popolari delle regioni del Nilo Blu e del Kordofan meridionale,

I.

considerando che il Segretario generale dell'ONU Ban Ki-moon ha spiegato che le Nazioni Unite presteranno il loro operato per sostenere le parti negli sforzi di queste ultime per rendere attraente l'unità e per far sì che il popolo del Sudan meridionale possa esercitare il diritto all'autodeterminazione attraverso un referendum,

J.

considerando che la missione dell'ONU di mantenimento della pace (UNMIS) è stata creata nel 2005 con l'obiettivo principale di sostenere l'attuazione del CPA e ha inviato oltre 9 000 uomini appartenenti al personale militare e dispone di un organigramma di più di 3 000 unità, tra personale civile locale e internazionale; che l'UNMIS è incentrato sul controllo del CPA a scapito del suo mandato di protezione civile,

K.

considerando che in occasione della sua riunione del gennaio 2010, la commissione ministeriale dell'Unione africana sulla ricostruzione e lo sviluppo nel periodo successivo al conflitto nel Sudan ha sottolineato la necessità che le parti sudanesi non risparmino alcuno sforzo per superare le sfide che si pongono riguardo all'attuazione del CPA, tra cui uno svolgimento positivo delle elezioni, la trasformazione democratica del paese, la demarcazione dei confini, la risoluzione della questione di Abyei sulla base della decisione del tribunale permanente di arbitrato, e affrontare la questione dell'insicurezza nel Sudan meridionale,

L.

considerando che l'impennata nelle lotte tribali ha comportato nel Sudan meridionale l'uccisione di migliaia di persone dall'inizio del 2009, e che la maggior parte delle vittime è costituita da donne e bambini delle zone rurali remote; che dall'inizio del 2010 centinaia di persone sono morte a causa della violenza che imperversa nello Stato del Warrap,

M.

considerando che il Sudan meridionale è una delle regioni meno sviluppate del mondo; che secondo il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione l'alfabetizzazione nel Sudan meridionale è pari al 24 %; che il 90 % delle donne non sa scrivere né leggere,

N.

considerando che secondo il programma alimentare di Warrap la violenza ha costretto nel 2009 350 000 persone ad abbandonare le proprie abitazioni, facendole così dipendere dagli aiuti alimentari; che l'anno scorso le scarse piogge stagionali hanno anche distrutto il raccolto; che, rispetto al milione circa dell'anno scorso, oggi 4,3 milioni di persone necessitano di aiuti alimentari,

O.

considerando che, secondo l'OMS, il Sudan meridionale registra una carenza cronica di medici, con 0,22 medici ogni 1 000 abitanti e che il governo dichiara che solo il 25 % della popolazione ha accesso ai servizi sanitari; che il Sudan meridionale ha il più elevato tasso mondiale di mortalità materna e che un bambino su sette muore prima di aver raggiunto i cinque anni di età; che, stando a quanto riportato dalla commissione sull'AIDS nel Sudan meridionale, la sensibilizzazione riguardo all'HIV è inferiore al 10 %; che il governo del Sudan sta procedendo con un piano di ricostruzione del sistema sanitario,

P.

considerando che la comunità dei donatori non ha rispettato gli impegni assunti nel 2005 a Oslo (Norvegia), e che solo una minima frazione dei 4,8 miliardi di dollari promessi in aiuti ha effettivamente raggiunto il Sudan meridionale,

Q.

considerando che, a seguito della firma del CPA, la Commissione ha ripreso la cooperazione con il Sudan e ha impegnato oltre 500 milioni di euro, soprattutto nelle aree delle attività di ricostruzione, risanamento e sviluppo del dopo conflitto; che, poiché il Sudan ha deciso di non ratificare la prima revisione dell'accordo di Cotonou, non può più beneficiare degli aiuti a titolo del Fondo europeo di sviluppo, e che la Commissione è impegnata a risolvere tale situazione,

1.

conferma solennemente il suo pieno appoggio al CPA ed esorta tutte le parti interessate ad attuarlo con efficacia e nella sua interezza onde promuovere una pace totale nel Sudan; sollecita una cooperazione più stretta tra il governo sudanese e il governo del Sudan meridionale, nell'ottica di eliminare qualsiasi ostacolo al successo dell'agenda CPA;

2.

invita anche l'UA, l'UE e la comunità internazionale a definire con urgenza azioni e misure a sostegno delle parti sudanesi nell'attuazione del CPA nonché a promuovere la governance democratica in tutto il Sudan;

3.

riconosce il ruolo svolto finora dalle due parti firmatarie del CPA (l'NCP e l'SPLM) e del popolo sudanese per onorare l'accordo di pace; li invita a fare appello alla loro massima volontà politica per superare l'impasse e completare l'attuazione del CPA alla lettera;

4.

esorta l'NCP e l'SPLM a porre in essere le riforme democratiche principali necessarie ai fini di elezioni nazionali e di una consultazione referendaria del sud credibili, libere ed eque;

5.

insiste affinché tutte le libertà fondamentali riconosciute nella costituzione provvisoria siano messe in pratica ed esorta le autorità competenti, in particolare la commissione elettorale, a superare gli ultimi problemi tecnici nel periodo precedente le elezioni;

6.

sostiene il popolo del Sudan, la cui partecipazione attiva nel processo di registrazione degli elettori dimostra un notevole interesse a partecipare alle imminenti elezioni;

7.

accoglie con favore il fatto che grazie alle liste di partito chiuse dedicate alle donne (25 %) il Sudan avrà una delle maggiori percentuali di rappresentanza parlamentare femminile nella regione, ma vorrebbe anche che i partiti candidassero donne al di fuori di tali liste;

8.

esorta entrambe le parti, l'Unione africana e la comunità internazionale a considerare future relazioni politiche, economiche e di sicurezza tra il nord e il sud nel caso in cui il risultato del referendum sia a favore della secessione, nonché meccanismi di transizione per la secessione; ritiene che occorra un periodo di transizione successivo al referendum affinché gli accordi antecedenti la consultazione, e che definiscono le condizioni di una secessione pacifica, possano essere adeguatamente attuati e gestiti;

9.

invita entrambe le parti del CPA a creare un ambiente stabile e pacifico per condurre un referendum trasparente e credibile, secondo quanto indicato nel CPA stesso;

10.

sollecita entrambe le parti a cessare la violenza; chiede al governo del Sudan meridionale di facilitare il dialogo intertribale e di introdurre meccanismi istituzionali tesi a conseguire e sostenere la riconciliazione tribale;

11.

esorta il governo del Sudan meridionale a intervenire con maggiore incisività per quanto riguarda la sicurezza a livello locale, prestando attenzione alla composizione etnica delle unità, e ad attribuire priorità alla riforma della polizia, basandosi sugli attuali documenti strategici e sulla legge del 2009 in materia di polizia; sottolinea l'importanza della riforma del settore della sicurezza;

12.

esorta il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite:

a mettere a disposizione dell'UNMIS tutte le risorse promesse, affinché possa espletare la propria missione in condizioni ottimali;

a fare della protezione civile una priorità dell'UNMIS;

a fornire chiari orientamenti all'UNMIS e formazione a tutto il suo personale in materia di responsabilità della protezione civile;

a continuare a partecipare alla soluzione del problema dell'LRA e fare tutto quanto in suo potere per pervenire a una soluzione duratura ed esaustiva;

13.

sollecita l'UNIMIS a svolgere un ruolo più proattivo nella protezione civile e a diventare un partner attivo nella prevenzione dei conflitti locali, di concerto con le autorità tribali;

14.

ritiene che la questione nord-sud non possa essere affrontata quale problematica a sé stante e che la riconciliazione sia un elemento imprescindibile per una pace duratura nel Sudan meridionale; invita pertanto tutte le parti a rispettare i diritti umani fondamentali della popolazione, a fare una priorità della protezione dei civili, a porre termine all'impunità e ad assicurare i sospetti criminali alla giustizia al fine di instaurare la fiducia;

15.

esorta l'UE e gli altri donatori, e in particolare coloro che alla conferenza dei donatori di Oslo del 2005 hanno assunto precisi impegni, a riconoscere i significativi bisogni umanitari e di sviluppo del Sudan meridionale e a garantire che i fondi assegnati riflettano tali esigenze e siano messi a disposizione; chiede inoltre loro di assistere il governo nell'articolare una visione strategica per i ruoli dei meccanismi di finanziamento esistenti e a trovare modi creativi per promuovere organizzazioni indigene, riconoscendo che una società civile forte è un elemento cruciale ai fini della stabilità del Sudan meridionale;

16.

incarica i suoi Copresidenti di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio ACP-UE, alla Commissione europea, all'Unione Africana, alle Nazioni Unite e ai parlamenti nazionali, regionali e continentali del gruppo ACP.

DICHIARAZIONE

L'accordo UE-America latina sulle banane e il suo impatto sui produttori ACP e UE di banane

L'accordo

A.

Nel dicembre 2009 l'UE è pervenuta a un accordo in seno all'OMC con i produttori statunitensi e latinoamericani per porre termine all'annosa controversia sulle banane.

B.

L'accordo comporterà notevoli riduzioni di prezzi (35 % tra il 2010 e il 2017, al massimo) per le importazioni da paesi non ACP e, di conseguenza, comprometterà la competitività di produttori ACP e UE.

C.

L'UE è inoltre al momento impegnata in colloqui bilaterali con alcuni paesi latinoamericani, nell'ottica di firmare degli accordi di libero scambio che possono determinare altre considerevoli riduzioni di prezzi e diminuire in notevole misura presunti benefici discendenti dagli APE a favore dei produttori ACP di banane.

D.

Le banane sono il quarto prodotto agricolo di esportazione al mondo. Il mercato dell'UE rappresenta oltre un terzo delle importazioni.

E.

Le multinazionali attive nell'America latina controllano oltre l'80 % del mercato mondiale.

F.

Nel 2008 il 72 % delle banane vendute in Europa proveniva dall'America latina, mentre le banane dei paesi ACP e dell'UE rappresentavano, rispettivamente, soltanto il 17 % e il 10,5 %. In pratica, tutte le esportazioni di banane dei paesi ACP sono destinate all'UE, ma i paesi latinoamericani esportano anche nell'America del nord e del sud e in Russia.

G.

La produzione di banane esercita un notevole impatto sulle comunità locali, non solo in termini economici, ma anche in materia di ambiente, migrazione, condizione della donna e norme di lavoro.

H.

In alcuni paesi dell'America latina la produzione di banane da parte delle multinazionali è stata accompagnata da un elevato livello di violazioni dei diritti umani.

I.

L'accordo entrerà in vigore a seguito dell'adozione del Parlamento europeo e dopo che il Consiglio ne avrà autorizzato la conclusione.

L'impatto

J.

Gli effetti del presente accordo, che tenta di conciliare gli obiettivi di sviluppo sostenibile e gli obblighi dell'OMC, cominciano già a farsi sentire.

K.

Ai produttori dei paesi ACP verrà inferto un duro colpo in quanto perdono una parte significativa della loro protezione tariffaria. Alcuni paesi ACP, che dipendono fortemente dalle esportazioni di banane, rischiano di vedere i loro settori di esportazione scomparire completamente, con conseguenze socioeconomiche disastrose.

L.

In assenza di misure di accompagnamento adeguate, le regioni europee produttrici di banane, alcune delle quali sono tra le più povere dell'Unione europea e devono già affrontare il problema di un elevato tasso di disoccupazione, dovranno, inoltre, pagare un tributo pesante in termini socioeconomici.

M.

Le multinazionali trarranno enormi benefici a discapito delle piccole comunità agricole degli Stati membri dell'Unione europea e dei paesi ACP.

N.

Alle regioni ACP e dell'Unione europea produttrici di banane occorrerà, per mantenere tali attività economiche come attività principali, un maggiore sostegno finanziario al fine di poter competere con le banane provenienti da regioni caratterizzate da livelli estremamente bassi di norme salariali, sociali e ambientali.

O.

Gli interventi per ottenere prezzi delle banane sempre più ridotti comporteranno probabilmente un livellamento verso il basso in termini di norme del lavoro, tra cui il lavoro minorile, di protezione dell'ambiente, di corruzione e di evasione fiscale nel settore della banana.

P.

La Commissione ha elaborato un pacchetto di sostegno a favore dei produttori ACP (misure di accompagnamento nel settore della banana) per un importo di 190 milioni di euro ripartiti su un periodo di quattro anni, nonché una concessione di altri 10 milioni di euro subordinati a determinate condizioni. Il sostegno non tiene conto delle riduzioni tariffarie derivanti dagli accordi commerciali bilaterali con i paesi dell'America latina.

Q.

Le nuove concessioni accordate alla Colombia e al Perù, e già richieste dai paesi dell'America centrale, vanno ben oltre quelle che figurano nel recente accordo e rischiano di destabilizzare altri paesi della regione, nonché le economie di altri produttori di banane nei paesi ACP e dell'UE.

R.

Non è previsto alcun sostegno aggiuntivo a favore dei produttori dell'Unione europea, in particolare per quelli delle regioni ultraperiferiche.

L'Assemblea parlamentare peripatetica ACP-UE, ricordando che la coerenza delle politiche per lo sviluppo figura ormai nel trattato di Lisbona, chiede che:

1.

la Commissione proceda a una valutazione dell'impatto economico, sociale e ambientale dell'accordo UE-America latina sulle banane per i produttori dei paesi ACP e degli Stati membri dell'Unione europea, quale prevista nella dichiarazione XXIII dell'accordo di Cotonou;

2.

la Commissione consideri ragionevolmente di aumentare il pacchetto finanziario per aiutare i produttori ACP ed europei ad adattarsi al nuovo regime e ad accelerare l'erogazione di tali fondi;

3.

la Commissione consideri di destinare ai paesi ACP un'assistenza finanziaria e tecnica specifica e complementare volta ad affrontare le conseguenze sociali e ambientali, i limiti che gravano sul lato dell'offerta nonché a promuovere una diversificazione dopo il 2013;

4.

l'Unione europea proponga misure volte ad aiutare con vigore gli Stati che dipendono dalla produzione delle banane a diversificare la loro economia, aumentando, tra l'altro, gli aiuti al commercio, al fine di onorare l'impegno assunto dalla Commissione e dagli Stati membri di destinare ciascuno un importo di 1 miliardo di euro agli aiuti al commercio (di cui il 50 % a disposizione dei paesi ACP);

5.

la Commissione fornisca sostegno per compensare le perdite subite dai produttori dell'Unione europea, metta progressivamente in atto una serie di misure tese a incoraggiare una produzione sostenibile di banane nell'Unione europea e garantisca l'applicazione rigorosa della clausola di salvaguardia sulle banane contemplata negli accordi commerciali bilaterali e multilaterali;

6.

eventuali nuove riduzioni tariffarie nell'ambito degli accordi commerciali bilaterali con i paesi dell'America latina in aggiunta all'accordo OMC possano dare luogo a opportune misure compensative;

7.

la Commissione fornisca ai produttori ACP e dell'Unione europea un'autentica certezza giuridica per quanto riguarda il futuro del regime commerciale della banana e che il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali dei paesi ACP continuino a seguire da vicino la questione;

8.

le autorità dell'Unione europea e dei paesi ACO intensifichino i rispettivi sforzi affinché tutte le nazioni produttrici di banane applichino effettivamente la totalità degli aspetti dell'agenda dell'OIL per il lavoro dignitoso;

9.

la Commissione promuova azioni di sensibilizzazione nei confronti del commercio etico per dissuadere i dettaglianti europei dall'importare banane di produttori che conducono politiche inadeguate in materia di evasione fiscale, di corruzione, di norme del lavoro e di violazione dei diritti umani;

10.

il Parlamento europeo prenda piena coscienza dell'impatto delle questioni evocate nella presente dichiarazione prima di procedere ad approvare l'accordo sulle banane.

Conclusioni sul documento di strategia regionale (DSR) e sul programma indicativo regionale (PIR) nel quadro del 10o FES — Caraibi

Il contesto nella regione

La regione si trova a dover affrontare diverse difficoltà per lo sviluppo sostenibile: popolazione esigua, trasporti limitati e costosi, estrema vulnerabilità ai cambiamenti climatici e alle catastrofi naturali, economie basate su un'unica coltura con scarse possibilità di diversificazione.

La Federazione delle Indie occidentali (1958-1963) ha formalmente lanciato il processo di integrazione nella regione. La CARIFTA ha riavviato il processo di integrazione nel 1967 e dal 1973 il CARICOM ha dato ulteriore impulso al processo per mezzo di diverse iniziative tra cui la cooperazione e l'armonizzazione della politica estera e la relazione Girvan su un'unica visione per un'unica economia. Nel 1992 si è dato vita al CARIFORUM che comprende tra i propri membri i paesi del Caricom (11) oltre alla Repubblica dominicana e a Cuba ed è firmatario dell'Accordo di Cotonou.

Il ruolo del CARIFORUM è duplice: da un lato coordinare lo stanziamento dei fondi e dall'altro gestire l'attuazione del DSR/PIR e la realizzazione degli altri programmi regionali finanziati dagli Stati membri dell'UE e da altri donatori.

Attualmente gli sforzi di integrazione regionale si concentrano sul CSME, con il 2015 come data obiettivo, e sulla Fase II, pensata per consolidare e completare l'Economia unica.

Nonostante queste iniziative il processo di integrazione nella regione manca al momento di vigore. Alcuni ritengono che ciò sia dovuto alla mancanza di sostegno alla base, mentre altri ritengono che la stagnazione sia da attribuire a un'attenzione politica alle questioni nazionali, a una visione politica di breve periodo dovuta all'elevata rotazione dei rappresentanti eletti o alla convinzione politica secondo la quale l'integrazione nel mercato mondiale possa offrire maggiori vantaggi economici sostanziali. La maggioranza ritiene tuttavia che la mancanza di risorse abbia ostacolato il processo e che pertanto il DSR/PIR debba adeguatamente affrontare questo aspetto.

DSR/PIR per i Caraibi

È necessario che il DSR/PIR affronti i problemi citati in precedenza se si vuole che migliori l'integrazione regionale e l'integrazione della regione nell'economia globale. Inoltre è fondamentale che il DSR/PIR sostenga la regione nell'attuazione dell'APE Cariforum-UE.

Nel quadro del DSR/PIR sono disponibili per i Caraibi 165 milioni di euro:

Settore focale: integrazione economica regionale/cooperazione e sviluppo delle capacità nell'ambito dell'APE (destinazione 85-90 %, pari a 143 milioni di euro)

Le più importanti aree di intervento previste si basano sui diversi processi di integrazione e cooperazione del CARIFORUM in atto: l'unione economica OECS, il CSME, l'allargamento dei mercati regionali, l'attuazione dell'APE (per il quale sono stanziati 72,6 milioni di euro) e lo sviluppo delle risorse umane nelle istituzioni regionali.

Settore non focale: vulnerabilità e aspetti sociali (destinazione 10-15 % pari a 22 milioni di euro)

Il settore non focale punta a concentrarsi in particolar modo sulla criminalità e sulla sicurezza, sul rafforzamento degli attori non statali e sullo sviluppo delle capacità.

Analisi del DSR/PIR

Gruppo di esperti indipendenti: è essenziale che la società civile, il mondo accademico e il settore privato siano pienamente coinvolti nel processo di revisione intermedia del DSR/PIR.

L'APP sostiene pertanto la creazione di un gruppo di esperti indipendenti con l'incarico di individuare gli ostacoli alla crescita e al miglioramento delle condizioni di vita nella regione. Dopo aver individuato i necessari fattori di natura finanziaria e legati alle risorse umane, il gruppo potrebbe presentare raccomandazioni finanziarie e istituzionali su come stimolare al meglio la crescita e migliorare le condizioni di vita.

Integrazione/cooperazione regionale economica: parallelamente allo sviluppo delle capacità e alle iniziative istituzionali sostenute nel quadro del settore focale, l'APP ritiene che sia necessario destinare parte dei 143 milioni di euro a progetti nell'ambito dell'istruzione, della creazione di occupazione, dell'energia e dei trasporti aerei e marittimi.

Sussistono reali potenzialità di miglioramento dell'integrazione regionale e di guida dello sviluppo per mezzo di spese mirate e concrete.

Sviluppo economico: il DSR/PIR individua numerosi impedimenti allo sviluppo economico, due dei quali sono gli elevati standard per il rispetto delle misure sanitarie e fitosanitarie dell'UE e le scarse opzioni per la diversificazione economica.

L'APP evidenzia la necessità che un'equa proporzione del finanziamento da 30 milioni di euro per il rispetto delle misure sanitarie e fitosanitarie per l'ACP sia destinata al Cariforum. In particolare è necessario che il finanziamento riguardi il settore della pesca e i nuovi settori quali l'acquicoltura, la trasformazione alimentare e i servizi (ad es. le stazioni termali e l'ecoturismo).

La ricerca e l'innovazione possono guidare la diversificazione economica; in particolare le piccole e le medie imprese e il settore agricolo possono trarre benefici da un maggiore impulso alla ricerca e all'innovazione.

Attuazione dell'APE: oltre alla dotazione prevista dal DSR/PIR, molti PIN dei singoli paesi sono orientati verso attività legate all'APE quali la competitività, la riforma della pubblica amministrazione e le infrastrutture. 454 milioni di euro dalle risorse dei programmi nazionali (75 % dei 600 milioni di euro disponibili) sono destinati all'assistenza connessa al commercio.

L'APE richiede grandi cambiamenti organizzativi e strutturali. Le sfide poste, ad esempio il rafforzamento del servizio giuridico, sono considerevoli ed è necessario che la regione sia adeguatamente sostenuta affinché riesca a farvi fronte.

L'APP evidenzia l'importanza del rispetto da parte della CE e degli Stati membri dell'UE dell'impegno da 1 miliardo di euro ciascuno per l'aiuto per il commercio (di cui il 50 % disponibile per i paesi ACP) entro il 2010. Come citato in precedenza, il rispetto dell'SPS rimane una priorità.

È auspicabile che la revisione intermedia del DSR/PIR (e analogamente, dei DSN/PIN) costituisca una reale opportunità per rivedere il finanziamento qualora gli Stati membri dell'UE non rispettino la propria promessa circa l'aiuto per il commercio.

Sicurezza alimentare: la risposta nella regione alla crisi alimentare globale è stata lenta. Il ritardo sottolinea la necessità di un consenso regionale su come favorire al meglio la produzione agricola. Anche se alcuni paesi hanno già dato priorità alla sicurezza alimentare nella propria programmazione dello sviluppo, una strategia complessiva di sviluppo regionale potrebbe garantire in maniera più efficace un'adeguata produzione agricola. Al fine di garantire la sicurezza alimentare nel medio e lungo periodo è necessario che la regione garantisca aiuti allo sviluppo a stimolo del settore agricolo.

L'APP riconosce che la CE si è impegnata per 1 miliardo di euro in 3 anni a favore dei 23 paesi più colpiti dalla crisi alimentare e accoglie con favore il fatto che nel 2009 siano stati spesi 15,8 milioni di euro ad Haiti.

Risorse umane e fuga dei cervelli: la regione è impegnata fortemente nello sviluppo di un ampio raggio di competenze interne; questo deficit impedisce lo sviluppo umano, il benessere, la diversificazione e la crescita economica.

La regione è inoltre interessata negativamente da un pesante fenomeno di fuga dei cervelli (12). Il libero movimento dei lavoratori e la concentrazione delle risorse umane nella regione alleviano in parte il problema; l'APP accoglie con favore la destinazione di quasi 10 milioni di euro per lo sviluppo delle risorse umane e la creazione delle capacità a livello regionale.

Al fine di contrastare alla radice il problema è tuttavia necessario che la regione sia in grado di offrire incentivi agli emigranti affinché ritornino nei paesi d'origine e condividano le competenze acquisite a beneficio della regione.

È auspicabile incoraggiare un serio dibattito politico sul tema; in particolare potrebbe risultare interessante un'analisi degli sforzi della Guyana e di altri paesi nel corso degli anni Novanta volti a invertire l'emigrazione. A tal fine è necessario che la CE stanzi finanziamenti finalizzati a rafforzare la cooperazione regionale sugli aspetti legati alla migrazione e a sviluppare le capacità per ridurre la fuga dei cervelli.

Cambiamento climatico: il cambiamento climatico ha effetti particolarmente gravi sui piccoli stati insulari come quelli dei Caraibi.

Sebbene il DSR/PIR non preveda fondi per affrontare il cambiamento climatico, nel 2009 la Commissione europea ha stanziato 71 milioni di euro per la lotta alla migrazione dovuta ai cambiamenti climatici e 97 milioni di euro per l'adattamento al cambiamento climatico. La Commissione prevede inoltre di dedicare 3 milioni di euro a Cuba e 8 milioni di euro tramite l'AMCC a sostegno della CCCCC nell'attuazione della strategia regionale.

Sarebbe utile per l'APP avere ulteriori informazioni, in termini sia di finanziamento sia di coordinamento, sulle iniziative e sui programmi regionali e dell'UE quali la AMCC, la strategia UE per ridurre i rischi di catastrofi nei paesi in via di sviluppo, il programma tematico DCI per «l'ambiente e la gestione sostenibile delle risorse naturali», il quadro programmatico regionale per la comunità dei Caraibi per il 2005-2015 (facente parte della CDEMA), il quadro e la strategia complessivi per la gestione delle catastrofi (anch'essi facenti parte della CDEMA) e la CCCCC.

Genere: è necessario che le questioni di genere abbiano una posizione più prioritaria nell'agenda politica, in particolare alla luce della recente crisi finanziaria che ha reso più difficile trovare un «lavoro dignitoso» per le donne.

Coordinamento dei donatori: l'omogeneità delle strategie dei donatori e delle modalità di attuazione è indubbiamente una priorità al fine di ridurre i carichi sui governi nazionali e sulle istituzioni regionali ma anche al fine di migliorare l'efficacia dell'assistenza internazionale. Tuttavia, secondo quanto riferito da diversi donatori, diplomatici e accademici, i principi delle dichiarazioni di Parigi e di Accra sull'efficacia degli aiuti sono lontani dall'essere adeguatamente messi in pratica.

In qualità di uno dei principali donatori è necessario che l'UE non solo si impegni maggiormente per semplificare i propri requisiti di donatore ma che lavori anche con gli altri donatori al fine di migliorare la coordinazione e minimizzare gli sprechi. L'APP sostiene l'esecuzione congiunta di progetti regionali (ad es. CARTAC, PANCAP, CRNM e molti progetti dell'OECS) e accoglie con valore il ruolo guida della CE nel coordinamento dei donatori per il PANCAP. L'APP incoraggia la CE a prestare assistenza finanziaria alla CDEMA, la quale vede riuniti molti donatori impegnati nella gestione delle catastrofi ma che, secondo il DSR/PIR, non ha attualmente le capacità per coordinare in modo efficace i donatori.

Attuazione degli aiuti: l'APP sostiene la creazione di un fondo per lo sviluppo regionale all'interno del Fondo per lo sviluppo del Caricom finalizzato alla gestione del FES e di altri finanziamenti.

L'APP auspica di ricevere ulteriori informazioni sui risultati dello studio della segreteria del Cariforum e sulle discussioni tra la Commissione europea, le autorità regionali e la BEI sulla possibilità di costituire un fondo per le infrastrutture dei Caraibi sulla base del modello africano.

Verifica: l'APP raccomanda che oltre alla vigilanza parlamentare prevista dal DSR/PIR si svolga anche una verifica indipendente. Finalità della verifica deve essere in primo luogo valutare se la quota di competenza del Cariforum del 10o FES sia stata spesa in modo efficace. In secondo luogo deve riportare se i benefici del 10o FES sono andati in modo eguale a beneficio di tutta la regione o se si sono concentrati in specifiche sacche geografiche o settoriali.

Raccomandazioni

Come già espresso, una componente del settore focale è costituita dall'integrazione e dalla cooperazione economica.

L'APP sostiene fortemente questa finalità, sottolineando al contempo che l'obiettivo deve essere una crescita sostenibile e orientata allo sviluppo che possa rafforzare e unificare la posizione negoziale della regione sulla scena mondiale.

Analogamente, lo sviluppo delle capacità nell'ambito dell'APE è una componente fondamentale del settore focale ed è pertanto necessario che il DSR/PIR fornisca un sostegno tecnico e finanziario finalizzato a costituire i relativi programmi quadro.

La lotta agli effetti della migrazione e della fuga dei cervelli, la sicurezza alimentare e la lotta al cambiamento climatico sono le principali sfide che richiedono una risposta a livello regionale.

Nella regione urge un miglior coordinamento dei donatori. L'APP chiede alla CE di prendere in considerazione le raccomandazioni riportate in precedenza.

Se da un lato il Parlamento europeo può espletare la vigilanza parlamentare da parte dell'UE, è d'obbligo osservare con rammarico che ciò risulta più problematico da parte del Cariforum a causa dell'assenza di un parlamento regionale.

ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI

AfT

Aid for Trade

CARICOM

Caribbean Community

CARIFTA

Caribbean Free Trade Association

CARIFORUM

Caribbean Forum of ACP States

CARTAC

Caribbean Regional Technical Assistance Centre

CCCCC

Caribbean Community Climate Change Centre

CDEMA

Caribbean Disaster Emergency Management Agency

CRNM

Caribbean Regional Negotiating Machinery

CSME CARICOM

Single Market and Economy

CSP

Country Strategy Paper

DCI

Financing Instrument for Development Cooperation

EDF

European Development Fund

EIB

European Investment Bank

EPA

Economic Partnership Agreement

GCCA

Global Climate Change Alliance

JPA

Joint Parliamentary Assembly

NIP

National Indicative Programme

OECD

Organisation of Economic Cooperation and Development

OECS

Organisation of Eastern Caribbean States

PANCAP

Pan-Caribbean Partnership against HIV/AIDS

RPTF

Regional Preparatory Task Force

SME

Small and Medium Sized Enterprise

SPS

Sanitary and Phyto-Sanitary

Conclusioni sul documento di strategia regionale (DSR) e sul programma indicativo regionale (PIR) nel quadro del 10o FES — Africa orientale, Africa australe e Oceano indiano

Il documento di strategia regionale (DSR) per l'Africa orientale, l'Africa australe e l'Oceano indiano riunisce 21 Stati e 4 organizzazioni regionali (OR), ovvero COMESA, EAC, IGAD e COI. Lo stesso bacino geografico comprende anche una regione ultraperiferica, La Réunion, e un territorio francese d'oltremare, Mayotte.

Finalità e obiettivi del DSR

La finalità del DSR tra l'Unione europea e le diverse OR partner è di contribuire all'approfondimento dei processi di integrazione regionale portati avanti da tali organizzazioni. L'accento è posto sull'apertura dei mercati e sull'istituzione di un mercato comune.

Tale strategia si propone come obiettivo finale anche quello di contribuire all'eradicazione della povertà e di favorire la realizzazione degli obiettivi di sviluppo del Millennio (OSM). Alla stregua dell'integrazione regionale, la realizzazione di un simile obiettivo dipende dalla crescita economica e dallo sviluppo del commercio.

I processi di integrazione regionale condotti nella regione dell'Africa orientale, dell'Africa Australe e dell'Oceano indiano

Nella regione sono attive quattro OR principali, che perseguono individualmente e parallelamente obiettivi differenti ma complementari.

L'organizzazione regionale che riunisce il maggior numero di paesi situati in questo territorio è COMESA. L'obiettivo di questa OR è quello di creare una zona di libero scambio, una unione doganale e monetaria fra i suoi membri; attraverso tale strada, intende dare vita a una comunità pienamente integrata, competitiva sul piano internazionale, caratterizzata da un tenore di vita elevato per le popolazioni che la compongono e per quelle prossime ad aderire a una Comunità economica africana (CEA).

L'EAC sembra perseguire obiettivi analoghi a quelli di COMESA e, anzi, pare aver compiuto maggiori progressi: una unione doganale è stata creata nel 2005, mentre il mercato comune è previsto per il 2010 e l'unione monetaria per il 2012.

Le altre due maggiori OR della regione sono più ristrette. Si concentrano su zone più limitate con frontiere comuni o, nel caso della COI, su aree che condividono un medesimo bacino oceanico.

La COI persegue diversi obiettivi: la solidarietà fra i popoli, la tutela degli interessi insulari nei consessi internazionali e presso le organizzazioni di integrazione regionale, la salvaguardia e la valorizzazione dell'ambiente e delle risorse naturali, la dimensione regionale dello sviluppo umano.

L'IGAD si pone come obiettivi: l'agricoltura, l'ambiente, la cooperazione sociale ed economica, la pace e la sicurezza, l'uguaglianza fra uomini e donne.

Sostegno fornito dal DSR nell'approfondimento dei processi di integrazione regionale e nella realizzazione degli OSM

Al DSR relativo al processo di integrazione economica nella regione è stato assegnato un importo di 645 milioni di euro. Ai fini di un'attuazione efficace di tale strategia, le quattro REC lavorano in collaborazione all'interno del comitato di coordinamento interregionale.

Spetta pertanto alla commissione di coordinamento interregionale (composta dai rappresentanti di COMESA, IAC, COI e IGAD e da rappresentanti dell'UE e del segretariato ACP) di prendere in carico il coordinamento nell'ottica di conseguire un'integrazione regionale più efficace attraverso il commercio e gli investimenti che sia effettivamente sinonimo di sviluppo per i paesi interessati. La cooperazione e il coordinamento in seno a tale commissione hanno consentito il conseguimento di risultati incoraggianti nell'ambito del 10o FES. Su tale commissione poggerà il successo della sfida di generare sviluppo sociale e livellamento verso l'alto del tenore di vita attraverso la crescita economica e l'apertura regionale dei mercati. Spetta a questa stessa commissione tutelare la sostenibilità delle diverse OR senza coinvolgerle tutte.

DSR rispetto agli APE

Gli APE sono destinati a sostenere i processi di integrazione regionale e non il contrario. Appare tanto più importante ribadire che non è possibile imporre dall'esterno la via attraverso cui realizzare i processi di integrazione regionale e l'UE deve limitarsi a sostenere il o i processi nei termini scelti dai paesi ACP.

SADC, COMESA e IAC hanno deciso, in occasione del vertice di Kampala del 2008, di stabilire un'agenda di lavoro intesa a ravvicinare le tre OR per armonizzare le diverse normative e creare un grande mercato comune. Il processo consiste nella firma preliminare di un accordo di libero scambio destinato a sfociare in una unione doganale e, successivamente, nella creazione della CEA.

Parallelamente a questo grande progetto concordato fra le tre OR, esistono due strategie regionali e tre APE. Risulta pertanto difficile comprendere chiaramente in che modo l'UE, attraverso il 10o FES e gli APE, intenda fornire il proprio sostegno ai processi di integrazione regionale senza porre in competizione le OR nell'istituzione di diversi mercati comuni (il programma riceve i fondi del FES per una quota pari all'85 %) e senza mirare, in ultima analisi, a sostenere in via prioritaria la creazione degli APE.

I tre APE in fase di negoziato nelle due regioni definite dal 10o FES sembrano essere considerati dal consiglio tripartito formato da COMESA, SADC ed EAC elementi chiave della costruzione della CEA. L'UE dovrà dunque anche evitare che le due strategie regionali in corso e i tre APE in fase di negoziazione pregiudichino questo processo in modo sostanziale o dal punto di vista della sostenibilità.

Il consiglio tripartitico COMESA-CEA-SADC ha deciso, nell'ambito del vertice di Kampale svoltosi nell'ottobre 2008, di creare uno spazio di libero scambio, seguito poi da una unione doganale. Poiché attualmente gli APE sono negoziati nella componente del tripartito, le configurazioni dovrebbero rafforzare il processo di integrazione già avviato.

L'obiettivo della strategia volta a sostenere la pace e la stabilità regionale

L'integrazione politica, la buona governance e la sicurezza umana sono fattori chiave per la riuscita dei processi di integrazione economica. L'uno non può realizzarsi senza l'altro. Il secondo obiettivo di questa strategia promuove tale dimensione sostenendo le quattro OR della regione nel miglioramento dei livelli di trasparenza, democratizzazione, sicurezza, stabilità e sviluppo sostenibile. In tal senso, la fase preparatoria di questo programma è incentrata sull'individuazione di adeguati meccanismi di cooperazione interregionali strategici in grado di favorire la pace, la democratizzazione e lo sviluppo sostenibile della regione. In questa fase preliminare saranno elaborati progetti concreti e ben ponderati.

Tale programma sembra sulla buona strada. Ciononostante i fondi assegnati potrebbero non rivelarsi all'altezza delle ambizioni e delle esigenze del settore.

La partecipazione di La Réunion e Mayotte nel quadro della strategia

Ci si rammarica innanzitutto del fatto che il nome dell'isola di Mayotte non venga mai citato nell'ambito della strategia sebbene faccia parte a pieno titolo dell'Oceano indiano.

L'allegato dedicato al coinvolgimento di La Réunion nell'ambito del 10o FES e nei processi di integrazione regionale va nella giusta direzione. Nonostante ciò, le posizioni espresse dalla Commissione europea non riflettono quella che è la sua azione concreta per quanto riguarda La Réunion nel negoziato parallelo agli APE. Le regioni ultraperiferiche (RUP) devono essere considerate dalla Commissione quali potenziali motori dello sviluppo dei rispettivi bacini geografici di appartenenza a ogni livello, non soltanto negli allegati del 10o FES.

Ci si rammarica anche del fatto che un grande progetto di sviluppo nel campo delle nuove tecnologie dell'informazione e delle comunicazioni (NTIC), e in particolare di Internet a banda larga, non sia finanziato in modo specifico dalla COI. La discontinuità digitale persiste in questo bacino oceanico, per sua natura estremamente dipendente dai collegamenti sottomarini intercontinentali, in cui le forze del mercato agiscono ai danni dell'utente in termini di qualità dei servizi offerti e costi supplementari delle prestazioni rispetto alle regioni continentali. Il 10o FES avrebbe dovuto promuovere la creazione di piattaforme di diffusione delle NTIC a livello regionale e, in particolare, per la COI.

Sarebbe altresì auspicabile che la Commissione valutasse l'elaborazione di uno strumento finanziario di cooperazione unico e specifico per le RUP, così come procedure di gestione di facile attuazione per far sì, effettivamente, che le RUP possano svolgere il ruolo che viene loro riconosciuto di motore potenziale di uno sviluppo regionale reciproco.

Lo stesso dicasi per i progetti volti a porre fine all'isolamento marittimo, aereo e ferroviario, che restano di importanza fondamentale anche per lo sviluppo del commercio.

Raccomandazioni

Alla luce di tale strategia, l'integrazione nel commercio mondiale e il dinamismo economico sono considerati gli elementi principali di cui manca la regione per completare il suo sviluppo umano e sociale. Il modello evocato e ritenuto capace di consentire l'approfondimento del processo di integrazione regionale è quello dell'UE: creazione di un mercato comune e di una unione doganale e monetaria. È forse motivo di rammarico il fatto che il sostegno alla creazione di una politica agricola comune specifica per questa regione non sia considerato un valido elemento nel processo di integrazione. La PAC è tuttavia, alla stregua del mercato comune, un modello di successo dell'UE, che ha contribuito a generare un'unione sempre più stretta fra le sue popolazioni e i suoi Stati. Potrebbe rivelarsi un modello del tutto pertinente anche per questa regione, per la quale potrebbe garantire, a pieno beneficio delle sue comunità, il diritto comune all'autosufficienza alimentare (scopo iniziale della PAC nell'UE). Occorrerà ugualmente garantire, in vista dell'11o FES, l'identificazione di meccanismi che permettano di consultare e coinvolgere i parlamenti nazionali dei paesi membri delle OR di questa regione.

Conclusioni sul documento di strategia regionale (DSR) e sul programma indicativo regionale (PIR) nel quadro del 10o FES — SADC

Il contesto nella regione

La Comunità per lo sviluppo dell'Africa australe (SADC) è un ente economico e politico internazionale che si pone come obiettivo la creazione di condizioni per lo sviluppo e la crescita economica e sociale nell'Africa meridionale. Sebbene l'agenda della SADC veda in primo piano l'integrazione economica, vi è spazio anche per la cooperazione politica.

La SADC è stata fondata nel 1980 come Conferenza di coordinamento per lo sviluppo dell'Africa australe (SADCC) con l'obiettivo di coordinare gli aiuti allo sviluppo e ridurre la dipendenza economica dal Sudafrica allora interessato dal fenomeno dell'apartheid. Dodici anni dopo è stata trasformata nella SADC. La SADC comprende attualmente 15 membri: Angola, Botswana, Repubblica democratica del Congo, Lesotho, Madagascar, Malawi, Mauritius, Mozambico, Namibia, Seychelles, Sudafrica, Swaziland, Repubblica unita di Tanzania, Zambia e Zimbabwe.

Purtroppo la SADC si sovrappone ad altre organizzazioni regionali quali l'Unione doganale dell'Africa australe (SACU), il Mercato comune per l'Africa orientale e meridionale (COMESA), la Comunità dell'Africa orientale (EAC), e altre. La presenza dei paesi in più comunità economiche regionali continua a rappresentare un problema per l'integrazione regionale nell'Africa meridionale. Inoltre la regione SADC sta negoziando con l'UE in tre differenti configurazioni di accordi di partenariato economico (APE) (SADC, ESA – Africa orientale e meridionale – ed EAC). Il gruppo di negoziazione sull'APE della SADC comprende solo la metà degli attuali membri della SADC.

In generale la SADC è contraddistinta da enormi differenze economiche regionali, economie limitate e poco diversificate, ampie ineguaglianze e povertà. È una delle regioni più povere del mondo: circa il 45 % della popolazione totale nella SADC vive con un dollaro al giorno. La SADC presenta la più elevata prevalenza di HIV al mondo (1/3 della popolazione mondiale totale affetta da HIV/AIDS vive nella SADC), con conseguenze economiche e sociali catastrofiche per la regione; effetti che si ripercuotono sulla crescita dell'RNL, sull'offerta di lavoro, sui divari retributivi, sullo sviluppo umano e sul raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del Millennio in generale. Per quanto riguarda il tasso di completamento della scuola primaria, i paesi della SADC presentano le percentuali più basse al mondo. La regione deve inoltre affrontare problemi nel campo della sicurezza alimentare e idrica oltre che della democrazia, della pace e della sicurezza, con soventi movimenti di massa di persone all'interno della SADC. Rimangono grandi problemi anche sulle questioni legate all'emancipazione economica delle donne, alla partecipazione nel processo decisionale e ai diritti umani e giuridici. La società civile nella regione è alquanto debole, frammentata e caratterizzata da un approccio restio nei suoi rapporti con i governi e le organizzazioni regionali.

La risposta proposta nel DSR/PIR per la SADC

Il Programma indicativo regionale stanzia 116 milioni di euro alla regione SADC, ripartiti come indicato di seguito:

Settore focale 1: integrazione economica regionale (dotazione dell'80 % pari a 92,8 milioni di euro); darà un sostegno ad ampio raggio mirante a rafforzare l'integrazione economica nella SADC e la liberalizzazione degli scambi e ad affrontare le limitazioni dell'offerta nei settori regionali delle infrastrutture e della sicurezza alimentare.

Settore focale 2: cooperazione politica regionale (dotazione del 15 % pari a 17,4 milioni di euro); sosterrà lo sviluppo delle capacità nell'ambito del governo regionale e l'attuazione di alcuni aspetti della strategia congiunta UE-Africa nella prevenzione dei conflitti e nel campo della pace e della sicurezza.

I due settori non focali, strutture di cooperazione tecnica e sostegno agli attori non statali per l'attuazione di attività nel DSR, riceveranno il 5 % delle risorse, pari a 5,8 milioni di euro.

Analisi del DSR/PIR per la SADC

Non vi è dubbio che l'integrazione regionale sia di fondamentale importanza per lo sviluppo economico e complessivo dei paesi della SADC e per consentire loro di partecipare all'economia globale a parità di condizioni con gli altri attori internazionali. Dato che il DSR/PIR sostiene fortemente lo sviluppo interno alla regione SADC, il programma CE nel quadro del 10o FES risulta ovviamente importante per le realtà della regione. Inoltre le misure previste dal PIR sono ben collegate a specifici obiettivi definiti nell'agenda della SADC, in particolare nel Piano indicativo di sviluppo strategico regionale (RIDSP) e nella strategia congiunta UE-Africa. Tuttavia l'importo di 92,8 milioni di euro sarebbe stato adeguato se il DSR avesse fornito maggiori risorse per le perdite reddituali di breve termine e il miglioramento delle condizioni economiche. Inoltre i paesi SADC dipendono fortemente dall'esportazione di poche materie prime fondamentali, e sono pertanto fortemente esposti alle crisi finanziarie, economiche e sociali; è inoltre necessario fornire agli Stati SADC sostegno affinché trasformino e ristrutturino le proprie economie e si impegnino a interventi a valle a valore aggiunto per le materie prime fondamentali.

Purtroppo la presenza di molteplici organizzazioni regionali nell'Africa australe e la divisione degli Stati membri SADC in tre gruppi APE, fattori che complicano notevolmente la cooperazione interregionale e intraregionale, non sono state affrontate adeguatamente né dalla SADC né dalla CE. Il DSR menziona il fatto che la SADC e altre organizzazioni regionali coinvolte nelle attività di integrazione economica, in particolare il COMESA, debbano lavorare in stretta collaborazione e coordinare l'attuazione delle rispettive strategie nazionali. Non è tuttavia chiaro in che modo esattamente avverrà il coordinamento.

Inoltre se il miglioramento dell'integrazione e della cooperazione politica potrebbero indirettamente contribuire ad alleviare la povertà, è tuttavia necessario un collegamento più diretto e più chiaro tra le misure del DSR volte alla riduzione della povertà e il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del Millennio nella regione SADC. Alcuni dei fattori condivisi che esacerbano la povertà nella regione sono la prevalenza dell'HIV/AIDS, la disuguaglianza di genere, la mancanza di accesso a risorse quali alimenti e acqua, e la mancanza di capitale umano e di competenze.

Per quanto riguarda l'HIV/AIDS, salvo nel caso in cui la pandemia sia affrontata in modo olistico sia a livello nazionale sia a livello regionale, le prospettive di raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del Millennio diminuiscono di giorno in giorno per milioni di persone nella SADC. Purtroppo il DSR prevede unicamente l'integrazione delle questioni relative all'HIV nel programma di sviluppo delle capacità come settore focale 1. È pertanto necessario che il DSR per la SADC ponga maggior attenzione ai progetti regionali aventi a oggetto l'HIV/AIDS, ad esempio fornendo risorse per l'attuazione dei programmi e delle strategie all'interno della SADC riguardanti l'HIV/AIDS, compreso il piano d'attività della SADC per l'AIDS.

Un'altra grande sfida per gli Stati della SADC è garantire che i bambini che cominciano ad andare a scuola riescano effettivamente a completare l'istruzione primaria. L'epidemia di HIV peggiora ulteriormente la situazione nelle scuole, essendo il settore dell'istruzione interessato da una continua perdita di addetti a una velocità allarmante: lo Zambia e il Mozambico registrano una perdita di insegnanti dovuta all'AIDS pari rispettivamente al 46,2 % e 32,5 %. Inoltre il DSR per la SADC indica chiaramente che gli Stati membri della SADC non raggiungono gli obiettivi nella prestazione di istruzione secondaria e terziaria e si concentra pertanto sul coordinamento, sull'armonizzazione e sulla creazione di istruzione e formazione.

È inoltre lodevole che il DSR sostenga misure per la cooperazione nella sicurezza alimentare sostenibile, la quale punta a ottenere un accesso duraturo a un'alimentazione sicura e adeguata nella regione. Oltre alla sicurezza alimentare, anche la sicurezza idrica e l'accesso all'acqua sono estremamente importanti per lo sviluppo economico e sociale della regione. Dato che l'acqua fresca è una risorsa particolarmente scarsa nell'Africa australe, la domanda d'acqua potrebbe portare a concorrenza e controversie. Oltre la metà della popolazione della SADC non ha un accesso idrico sicuro né servizi sanitari. La realizzazione del Piano strategico regionale per lo sviluppo e la gestione delle risorse idriche della SADC e del Protocollo sulla promozione dei sistemi dei corsi d'acqua comuni e lo sviluppo di infrastrutture idriche potrebbero quindi direttamente migliorare l'approvvigionamento di acqua potabile e la sicurezza alimentare (in quanto vi sarebbe sufficiente approvvigionamento idrico per le esigenze agricole). L'APP incoraggia una più forte promozione della sostenibilità ambientale nel DSR, in particolare per quanto riguarda la lotta alla deforestazione e al degrado del territorio.

Le politiche migratorie e la situazione dei profughi e degli sfollati interni (IDP) rappresentano un ulteriore problema per la regione che dovrebbe essere affrontato meglio nel DSR.

Per quanto concerne l'attuazione del finanziamento del PIR, risulta adeguato al raggiungimento degli obiettivi di integrazione regionale e cooperazione politica in quanto i finanziamenti saranno forniti direttamente all'organizzazione regionale utilizzando i meccanismi di finanziamento della SADC. Come indicato nel DSR, tuttavia, alla luce del principio di sussidiarietà, alcuni interventi potrebbero essere attuati a livello nazionale, sebbene presentino un obiettivo di integrazione regionale. Inoltre è necessario affrontare meglio le difficoltà nella realizzazione delle attività finanziate.

Anche la ripartizione dei donatori per la regione SADC sembra ben bilanciata. Inoltre il buon collegamento degli interventi della CE ai quadri di sviluppo regionale e alle istituzioni della SADC dà buone prospettive per il coordinamento con altri donatori.

Prima della stesura del DSR/PIR sono state portate avanti consultazioni tra la Commissione europea e il segretariato della SADC, rappresentanti delle autorità nazionali e degli Stati membri della SADC e attori non statali regionali, al fine di coordinare il DSR con i DSN dei paesi della regione. Non vi sono tuttavia indicazioni sulla partecipazione alle consultazioni di enti parlamentari nazionali e regionali.

Raccomandazioni

1.

Le aree di sostegno del DSR/PIR riflettono gli sviluppi nella regione SADC in materia di integrazione regionale economica e di cooperazione politica. Gli interventi previsti agevoleranno inoltre l'attuazione del futuro APE SADC-UE nel suo complesso. È tuttavia necessario garantire ai paesi della regione appartenenti a un'altra configurazione APE la possibilità di beneficiare ugualmente del DSR.

2.

È necessario costituire legami più forti e più diretti tra gli interventi del DSR e la riduzione della povertà. È fondamentale che l'HIV/AIDS, la sicurezza idrica e lo sviluppo delle risorse umane, in particolare dell'istruzione (che rappresentano alcune delle cause di povertà dei paesi della SADC) non siano affrontati esclusivamente a livello nazionale ma anche a livello regionale. A tal fine è auspicabile che questi aspetti siano affrontati meglio nel DSR/PIR per la SADC.

3.

È necessario aumentare il finanziamento complessivo del programma al fine di garantire sufficienti fondi per gli interventi nei settori descritti in precedenza.

4.

È necessario che i parlamenti nazionali dei paesi della SADC, il Forum parlamentare della SADC e l'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE siano maggiormente coinvolti nella programmazione, nella realizzazione, nel monitoraggio e nella valutazione del documento di strategia regionale per la SADC.

Conclusioni sul documento di strategia regionale (DSR) e sul programma indicativo regionale (PIR) nel quadro del 10o FES — Africa centrale

1.   Il contesto regionale

a)   Integrazione regionale

L'integrazione regionale nell'Africa centrale è caratterizzata da una definizione ancora vaga della regione e dalla sovrapposizione di due organizzazioni regionali che hanno obiettivi in parte identici e una diversa composizione. La Comunità economica e monetaria dell'Africa centrale (CEMAC) (13) è operativa dal 1999, mentre la Comunità economica degli Stati dell'Africa centrale (CEEAC) (14) esiste dal 1983. La prima è soprattutto incentrata sull'unione monetaria, visto che tutti i suoi Stati membri utilizzano il franco CFA. La CEMAC si prefigge, dunque, essenzialmente di costruire un mercato comune, mentre la CEEAC consegue maggiori risultati in materia di integrazione politica, in particolare in termini di pace e stabilità. Tuttavia, la debolezza istituzionale delle organizzazioni regionali resta un problema, come pure l'attuazione delle loro decisioni da parte degli Stati membri.

La Repubblica democratica del Congo fa anche parte della Comunità economica dei paesi dei grandi laghi (CEPGL).

Per quanto concerne i negoziati sugli accordi di partenariato economico e per il programma indicativo regionale, la regione è composta dai paesi della CEMAC, a cui si aggiunge la Repubblica democratica del Congo e São Tomé e Principe.

b)   Altre sfide a livello regionale

La regione è caratterizzata dall'instabilità, attuale o recente, di alcuni paesi (Ciad, Repubblica centrafricana, Repubblica democratica del Congo). Due paesi (Ciad e Repubblica centrafricana) sono privi di sbocco al mare, le interconnessioni fra gli Stati dell'Africa centrale sono scarse e gli abitanti della regione vivono in condizioni di estrema povertà. L'Africa centrale non è, però, priva di potenzialità. Tutti i paesi della regione si distinguono per le enormi ricchezze naturali, fra cui un notevole potenziale forestale e agricolo. Per risolvere il «paradosso dell'abbondanza», in base al quale ricchezza naturale non è sinonimo di sviluppo, gli Stati dell'Africa centrale devono garantire un miglior sfruttamento e una più equa distribuzione delle ricchezze. La democrazia e la buona governance rappresentano un'altra importante sfida per tali Stati.

2.   La soluzione proposta nel DSR/PIR

Il programma indicativo regionale prevede 165 milioni di euro, di cui 15 milioni per la CEPGL, distribuiti sui seguenti settori di concentrazione:

Il settore di concentrazione 1 – Integrazione economica e commerciale e misure di accompagnamento dell'APE (97 milioni di euro, pari al 65 %) – è destinato a sostenere gli sforzi delle organizzazioni regionali per creare un mercato comune, l'interconnessione delle reti stradali, delle reti di telecomunicazione, delle reti elettriche, ecc, e favorire lo sviluppo di una politica agricola e di sicurezza alimentare regionale.

Il settore di concentrazione 2 – Gestione delle risorse naturali rinnovabili (30 milioni di euro, pari al 20 %) – dovrebbe contribuire a migliorare la buona governance del settore forestale, delle aree protette e del potenziale alieutico.

Il settore di concentrazione 3 – Integrazione politica (15 milioni di euro, pari al 10 %) – ha come obiettivo di rafforzare le capacità della regione in materia di prevenzione, gestione e risoluzione dei conflitti, compreso il rafforzamento della società civile.

I settori fuori concentrazione – Aiuti istituzionali e fondo di cooperazione tecnica (8 milioni di euro, pari al 5 %) – mirano in particolare a rafforzare il coordinamento fra la CEMAC e la CEEAC.

3.   Analisi del DSR/PIR Africa centrale

Il DSR/PIR 2008-2013 è stato pubblicato con grande ritardo, il che, in particolare, rappresenta un problema per la comprensione della strategia europea nella regione. A giudizio della Commissione, i ritardi sono dovuti ai problemi emersi nel corso delle consultazioni parallele con le due organizzazioni regionali interessate, che soltanto a partire da febbraio 2009 sono riuscite a trovare un'intesa per decidere i loro rispettivi ruoli e la ripartizione delle risorse. Tre progetti sono, tuttavia, in fase di preparazione: riguardano pace e sicurezza, risorse naturali e integrazione regionale. Altri progetti sono tuttora in corso a titolo del 9o FES. In considerazione di questo ritardo nella preparazione del DSR/PIR, anche la revisione intermedia è rinviata di un anno. L'Assemblea sottolinea la necessità di aumentare gli sforzi per promuovere il coordinamento delle due organizzazioni regionali e intensificare il progetto comune di integrazione regionale, contribuendo in tal modo anche a evitare i suddetti ritardi di programmazione, che mal si accordano con l'intento di migliorare la prevedibilità e l'efficacia degli aiuti, determinando in particolare dei problemi riguardo all'esborso dei fondi del FES in Africa centrale.

L'impressione, d'altro canto, è che moltissimi programmi nell'ambito del primo settore di concentrazione siano destinati al miglioramento delle norme (nei settori del commercio, della sanità, dei servizi, degli investimenti ecc.) piuttosto che all'attuazione dei progetti concreti. Ma se è vero che l'armonizzazione e la modernizzazione delle norme sono elementi essenziali, la creazione di autentiche sinergie nazionali si otterrà piuttosto grazie alla produzione e agli scambi che non tramite le norme.

Per il momento i negoziati per un APE regionale in Africa centrale sono a un punto morto. La parte più consistente della strategia elaborata nel DSR riguarda l'accompagnamento degli APE. A detta della Commissione, del collegamento fra APE e PIR si è discusso nella fase di preparazione del DSR, partendo dall'ipotesi che vi sarà un accordo e che il PIR debba rimanere flessibile. È tuttavia essenziale che a monte si elaborino dei meccanismi volti a garantire l'efficace accompagnamento della regione qualora essa scelga di concludere un APE. In particolare, sarebbe opportuno identificare meglio gli aspetti specifici da considerare in modo prioritario. Parallelamente, la regione non può essere penalizzata dal ristagno dei negoziati o dalla scelta di non procedere oltre nell'ambito del processo negoziale dell'APE, e tale penalizzazione non può avvenire né a livello finanziario, in particolare per quanto concerne i finanziamenti messi a disposizione dal FES a titolo degli aiuti al commercio, né riguardo all'attuazione dei programmi, che devono mantenere la loro coerenza rispetto alla realtà della regione.

Gli obiettivi di sviluppo del Millennio (OSM) non sono quasi mai menzionati nel DSR, il che è inaccettabile dal momento che il FES è il principale strumento di aiuto dell'UE a favore dei paesi ACP e la sua priorità deve essere la realizzazione degli OSM. Il primo settore di intervento è quello commerciale, ma non si considerano mai i suoi effetti sull'occupazione e la povertà. È tuttavia essenziale, e si tratta dell'obiettivo dichiarato degli APE, mettere il commercio al servizio dello sviluppo. Sarebbe opportuno programmare delle azioni più concrete e che abbiano un impatto diretto sulla realizzazione degli OSM, in particolare nel settore della sanità o dell'istruzione, in linea con lo strumento di cooperazione allo sviluppo e con l'impegno politico di destinare il 20 % delle risorse alla salute e all'istruzione di base. Anche nei settori commerciali, l'impatto sulla popolazione, in particolare in termini di occupazione, è fondamentale per far sì che le popolazioni si approprino del processo di integrazione regionale in atto e misurino i vantaggi delle politiche attuate congiuntamente dall'UE e dalla regione dell'Africa centrale. A giudizio della Commissione, il fine ultimo della strategia regionale è la riduzione della povertà (OSM 1). La Commissione sottolinea che saranno elaborati programmi più concreti, in particolare per favorire l'occupazione, anche se detta tematica non è direttamente menzionata nel PIR. È tuttavia deplorevole che non si sia ancora proceduto in tal senso, tanto più che i programmi indicativi nazionali non consentono di colmare le attuali lacune del PIR in materia di sostegno alla realizzazione degli OSM.

Un tema importante che meriterebbe maggiore attenzione nell'ambito del documento è quello dell'agricoltura, in unione con la sovranità alimentare (visto che il primo OSM è la lotta contro la povertà e la fame). Si tratta di un tema che rappresenta il collegamento diretto fra il commercio (nella sua dimensione di miglioramento e diversificazione delle produzioni agricole, creazione di valore aggiunto, abbandono della monocoltura da esportazione), lo sviluppo (miglioramento dell'autosufficienza alimentare e della salute delle popolazioni, creazione di posti di lavoro) e la protezione dell'ambiente (sviluppo di nuove tecniche colturali a minor consumo idrico, protezione del suolo ecc.). L'agricoltura è, del resto, uno dei principali obiettivi promossi dal Documento di orientamento comune, che è un documento essenziale poiché rappresenta realmente un asse strategico elaborato congiuntamente dall'UE e dalla regione dell'Africa centrale. L'agricoltura merita dunque un maggior sostegno diretto a livello regionale, mentre ora viene solo menzionata rapidamente nel primo settore di concentrazione (sostegno allo sviluppo di una politica regionale, senza maggiore precisione). La Commissione riconosce, per altro, la necessità di rafforzare detto settore di concentrazione degli aiuti sia sul piano dell'armonizzazione delle politiche sia su quello della diversificazione e della trasformazione dei prodotti.

Raccomandazioni

Il rafforzamento dell'integrazione regionale è senz'altro una priorità legittima, in particolare per i paesi della regione privi di sbocco sul mare. Tuttavia occorre tenere la situazione sotto stretta sorveglianza, affinché i negoziati sugli accordi di partenariato economico non ostacolino l'obiettivo dell'integrazione regionale.

Se, da un lato, è interessante rilevare che la gestione delle risorse naturali, ponendo l'accento sulla gestione sostenibile delle risorse, rappresenta uno dei settori di concentrazione, dall'altro va sottolineato che, nel complesso, il legame con la lotta alla povertà è molto indiretto. La realizzazione degli obiettivi di sviluppo del Millennio dovrebbe essere al centro del documento di strategia regionale, e in tal senso sarebbe stato opportuno riservare anche all'agricoltura una posizione di maggior rilievo.

Inoltre, la regione è particolarmente colpita dalla crisi economica mondiale, poiché esporta materie prime che hanno subito una diminuzione della domanda sul mercato mondiale. Ciò dimostra, qualora se ne ravvisasse la necessità, che occorre potenziare le capacità di trasformazione delle materie prime e la diversificazione di queste economie, che spesso dipendono da una sola risorsa. Comunque, nonostante i ritardi nell'adozione del DSR, sembrerebbe che tale elemento fondamentale non sia stato preso in considerazione. Il DSR dovrebbe perciò elaborare, per i paesi della regione, una chiara strategia di accompagnamento al commercio, allo scopo di favorire la creazione di posti di lavoro e promuovere lo sviluppo.

Conclusioni sul documento di strategia regionale (DSR) e sul programma indicativo regionale (PIR) nel quadro del 10o FES — Africa occidentale

1.   Il contesto regionale

Il documento è stato firmato, da un lato, dalla Commissione europea (10o FES) e, dall'altro, dalla Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale (ECOWAS) e dall'Unione economica e monetaria dell'Africa occidentale (WAEMU), ed è stato elaborato sulla base di un documento regionale.

La regione dell'Africa occidentale è caratterizzata da non poche disparità: lo sviluppo economico e politico si presenta molto diverso nei 15 paesi (più la Mauritania) che formano la regione in questione. La maggior parte di loro si annovera tra i «paesi meno sviluppati» (PMS), fatta eccezione per Capo Verde, Côte d'Ivoire, Ghana e Nigeria (quest'ultimo, è un importante produttore di petrolio). In termini di stabilità politica e democrazia, anche le disparità tra Ghana e Mali sono impressionanti, per non menzionare la differenza tra Guinea e Guinea-Bissau. La situazione mostra segni di miglioramento nella Côte d'Ivoire benché non si sia ancora del tutto stabilizzata. Liberia e Sierra Leone stanno ancora attraversando una fase post-conflitto. Nel complesso, 9 dei 15 paesi ECOWAS possono essere considerati paesi in una situazione di fragilità.

L'Africa occidentale è tuttavia una delle regioni meglio «integrate» dei paesi ACP, con istituzioni regionali che assumono anche un importante aspetto politico. L'ECOWAS non riguarda soltanto l'integrazione economica, ma svolge anche un ruolo importante sotto il profilo della promozione della governance, della prevenzione e della risoluzione dei conflitti e del mantenimento della pace. È chiaro che la sua struttura rimane debole e l'integrazione non è tuttora completa come auspicato, ma è l'Africa occidentale che presenta il maggior volume di scambi rispetto ad altre integrazioni regionali ACP. I paesi della Comunità finanziaria africana (AFC) hanno inoltre formato un'unione doganale e monetaria, la WAEMU.

Il principale ostacolo allo sviluppo della regione è imputabile alla struttura dell'economia della regione. La maggior parte dei paesi non esporta materie prime trasformate, in particolare per quanto attiene al comparto dei prodotti agricoli. Gli aiuti allo sviluppo dovrebbero pertanto incoraggiare la creazione di strutture industriali, ma aiutare soprattutto questi paesi a rispettare le misure sanitarie e fitosanitarie richieste dai mercati di esportazione (principalmente l'UE).

2.   La soluzione proposta nel DSR/PIR

Il programma indicativo regionale (PIR) del DSR prevede un bilancio di 597 milioni di euro, distribuiti sui seguenti settori di concentrazione:

Settore di concentrazione I: approfondimento dell'integrazione regionale, rafforzamento della competitività e APE

70 % del bilancio (418 milioni di euro)

Settore di concentrazione II: consolidamento della buona governance e della stabilità della regione

20 % del bilancio (119 milioni di euro)

Altri programmi

10 % del bilancio (60 milioni di euro)

Tra i settori «aggiuntivi», la CE mira a migliorare il coinvolgimento della società civile, non sufficientemente rappresentata a livello regionale.

Il DSR e il suo PIR dovranno essere oggetto di una valutazione intermedia, in calendario nel 2010.

Analisi del DSR/PIR Africa occidentale

La sicurezza alimentare è una delle priorità della strategia. È una questione di primaria importanza in una regione che produce ed esporta materie prime agricole, ma importa prodotti trasformati. Negli ultimi 30 anni, inoltre, la produzione agricola non ha conosciuto uno sviluppo pari a quello della crescita demografica, rendendo la sicurezza alimentare della popolazione locale un aspetto più delicato. Non è del tutto chiaro il sostegno del PIR a favore della politica agricola regionale (in particolare della WAEMU), della strategia regionale per la produzione alimentare e per l'attenuazione della fame. Per la Commissione europea, la sicurezza alimentare rappresenta uno dei cinque assi del PIR, ma la cooperazione con le organizzazioni regionali deve ancora trovare una definizione precisa in una tabella di marcia. Analogamente, la CE deve sostenere uno dei programmi della politica agricola dell'ECOWAS.

Giustamente, il DSR rileva i punti deboli delle infrastrutture della regione, in particolare per quanto riguarda i trasporti, e sottolinea che questo ostacola effettivamente gli scambi regionali e, di conseguenza, lo sviluppo. Ancora una volta, il PIR non propone una soluzione chiara, anche se la Commissione assicura che il programma di sviluppo dell'accordo di partenariato economico (EPADP) offrirà un inquadramento utile per incanalare gli aiuti dei diversi donatori, soprattutto sul versante delle infrastrutture.

Il primo settore di concentrazione è collegato all'accordo di partenariato economico, non ancora firmato. Permangono ancora interrogativi riguardo al finanziamento del fondo regionale EAP e all'impiego delle risorse relativamente alla componente dell'APE relativa allo sviluppo, fintanto che l'accordo non venga siglato.

Il documento è carente di dettagli precisi riguardo ai possibili interventi per la migrazione o per la politica dell'UE in materia di pesca e in merito all'efficacia degli accordi di pesca.

Raccomandazioni

L'APP desidera sapere quali documenti o statistiche di base ha utilizzato la Commissione per avviare i confronti con la regione.

L'APP desidera anche sottolineare l'importanza del ruolo svolto dall'agricoltura e sottolinea la necessità di coinvolgere maggiormente i sindacati regionali degli agricoltori. Rileva altresì la necessità di elaborare piani a livello regionale per lottare contro fenomeni quali la siccità o le locuste del deserto, nell'ottica di rafforzare la sicurezza alimentare a livello regionale.

Uno degli obiettivi del DSR/PIR deve essere la creazione di mercati subregionali, in quanto i paesi della regione non esportano a quelli vicini, il che si traduce in possibilità commerciali non adeguatamente sfruttate. Di conseguenza, è assolutamente indispensabile aprire i paesi e integrare i mercati. Occorre affrontare anche il problema della trasformazione dei prodotti a livello locale perché, attualmente, la regione esporta materie prime e importa beni trasformati. Il RIP tralascia questo aspetto, e, inoltre, riserva troppo poca attenzione allo sviluppo delle infrastrutture regionali.

Anche se l'obiettivo principe della cooperazione è la riduzione della povertà, il legame tra il PIR e gli obiettivi di sviluppo del Millennio risulta troppo tenue: un'articolazione più precisa tra le strategie nazionali e la strategia regionale consentirebbe senza dubbio di migliorare la situazione.

L'APP insiste sul fatto che il PAPED sia finanziato con risorse aggiuntive e non a titolo del FES. Infine, ribadisce che il parlamento ECOWAS deve essere coinvolto nel controllo della strategia regionale.

Conclusioni sul documento di strategia regionale (DSR) e sul programma indicativo regionale (PIR) nel quadro del 10o FES — Pacifico

Integrazione regionale nel Pacifico

La regione del Pacifico è costituita da 15 piccoli Stati insulari sparsi su un tratto di oceano pari alla superficie del continente africano. L'area possiede caratteristiche uniche, non riscontrabili in nessun'altra parte del mondo: basso numero di abitanti (9,55 milioni, come il Belgio), superficie terrestre di soli 560 000 km2 distribuiti su una superficie totale di 29 milioni km2 e una dispersione geografica estremamente elevata. L'80 % della terraferma è in realtà occupato dalla Papua-Nuova Guinea e molti dei più piccoli Stati insulari coprono una superficie paragonabile a quella di una città europea di piccole dimensioni. Il concetto di integrazione regionale è dunque irto di sfide.

Nel complesso, le nazioni ACP del Pacifico differiscono fra loro in termini di sviluppo economico e risorse naturali, ma sono accomunate da molte caratteristiche umane e culturali, incluso lo sport, e il rugby in particolare. Molti dei paesi condividono le medesime risorse oceaniche, quali la pesca e il potenziale turistico, ma sono anche esposti all'innalzamento del livello del mare e ai suoi effetti sulle zone costiere. Lo sviluppo del commercio regionale deve ancora avvenire, a causa di infrastrutture dei trasporti inadeguate e delle distanze in gioco. Sul piano economico e sociale, la maggior parte degli Stati del Pacifico dipende dai più estesi paesi limitrofi, vale a dire Australia e Nuova Zelanda.

Tale è il contesto in cui si svolge la cooperazione regionale grazie a uno strumento inclusivo quale il Forum delle isole del Pacifico (PIF), nel cui ambito i 15 paesi, insieme ad Australia e Nuova Zelanda, si riuniscono una volta l'anno. Il segretariato del PIF, che presiede altresì il Consiglio delle organizzazioni regionali del Pacifico (altri dieci organismi intergovernativi regionali), attua il PIR a nome degli Stati ACP del Pacifico. Il PIF è stato inoltre l'artefice del Piano per il Pacifico (2006-2015), che così definisce l'integrazione e la cooperazione regionale:

istituzione di dialoghi o contatti fra i governi;

accorpamento dei servizi nazionali (quali dogane, sanità, istruzione e sport) a livello regionale;

riduzione degli ostacoli commerciali.

Il Piano per il Pacifico prevede iniziative volte a promuovere lo sviluppo della regione intorno ai quattro pilastri della crescita economica, dello sviluppo sostenibile, della governance e della sicurezza. Nel complesso, si è registrato qualche progresso nel settore dell'aviazione e dei servizi marittimi, della sicurezza e delle infrastrutture di telecomunicazione, ma le differenze tra le economie dei paesi ACP del Pacifico hanno reso difficile l'attuazione di accordi commerciali e l'impostazione di una valida infrastruttura economica. Restano ancora numerose sfide.

Per quanto riguarda l'UE, risale al 2006 l'approvazione della prima «Strategia dell'Unione europea per il Pacifico», tesa a integrare il Piano per il Pacifico e incentrata sul rafforzamento del dialogo politico, su una maggiore enfasi sulla cooperazione regionale e sul miglioramento dell'efficacia degli aiuti. Tale strategia è alla base dei termini dell'attuale DSR/PIR.

Panoramica del DSR/PIR per il Pacifico

Il primo DSR/PIR per la regione del Pacifico relativo al periodo 2002-2007 prevedeva 29 milioni di euro (cifra portata a 39 milioni in sede di revisione di metà periodo del DSR), ripartiti come segue:

Integrazione regionale e scambi commerciali: 9 milioni di euro

Sviluppo delle risorse umane: 8 milioni di euro

Pesca: 5 milioni di euro

Settori non focali (progetti preesistenti/assistenza tecnica): 7 milioni di euro

L'attuale DSR/PIR nel quadro del 10o FES è assai più ambizioso, con 95 milioni di euro stanziati per il periodo 2008-2013, così suddivisi:

Settore focale 1 (integrazione economica regionale): 45 milioni di euro

Settore focale 2 (gestione sostenibile di risorse naturali e ambiente): 40 milioni di euro

Settori non focali (soggetti non statali, cooperazione tecnica ecc.): 10 milioni di euro

I primi due pilastri del Piano per il Pacifico ricevono dunque il 90 % dei finanziamenti. Ai restanti due pilastri, governance e sicurezza, presteranno sostegno il dialogo strutturato UE-ACP del Pacifico e meccanismi quali lo Strumento di stabilità.

Analisi del DSR/PIR per il Pacifico

I settori focali del DSR/PIR rappresentano priorità essenziali individuate dalla regione medesima e ne riflettono le principali esigenze in vista di un ulteriore sviluppo in chiave sostenibile. I settori focali mantengono entrambi lo slancio raggiunto nel quadro del primo PIR negli ambiti fondamentali dell'integrazione economica e del sostegno alla pesca, benché lo sviluppo delle risorse umane non costituisca più un settore focale specifico.

Il settore focale 1 copre quattro principali aree di intervento:

integrazione economica e scambi commerciali (APE e altri accordi commerciali regionali)

sostegno al settore privato (meccanismi del settore privato, settori chiave quali il turismo e la pesca, promozione dell'imprenditorialità)

meccanismi di crescita economica (commercio equo, concorrenza, tutela dei consumatori, servizi doganali e standard internazionali)

risorse umane (programmi di istruzione integrati e accesso alla formazione tecnica e professionale).

Molti di questi ambiti sono incentrati sull'attuazione dell'APE malgrado il fatto che solo le Figi e Papua-Nuova Guinea abbiano sinora sottoscritto l'accordo.

Il settore focale 2 prevede le seguenti aree di intervento:

cambiamento climatico e riduzione dei rischi di catastrofe

gestione sostenibile delle risorse marine (pesca inclusa)

gestione sostenibile delle risorse terrestri

ecosistemi e biodiversità

rifiuti e inquinamento

monitoraggio ambientale e gestione dei dati.

Tali settori costituiscono un ampliamento costruttivo del campo di applicazione del PIR e riflettono appieno le esigenze degli Stati ACP del Pacifico, così come le priorità per uno sviluppo sostenibile.

Infine, il settore non focale prevede assistenza tecnica a favore del Forum delle isole del Pacifico nella figura di un ordinatore regionale (3 milioni di euro), mentre 4 milioni sono destinati alle attività dei soggetti non statali. I livelli di sviluppo del settore dei soggetti non statali nella regione del Pacifico sono estremamente vari ed emerge una forte esigenza di sostegno al rafforzamento delle capacità in quest'area.

Raccomandazioni

Nel complesso, l'APP accoglie con favore il DSR/PIR nel quadro del 10o FES quale positivo contributo allo sviluppo economico e sociale degli Stati ACP del Pacifico. L'APP formula le conclusioni sotto riportate, da considerare nell'ambito della revisione di medio termine.

1.

Il fatto che l'APE con la regione del Pacifico sia stato sinora firmato soltanto da Papua Nuova Guinea e Figi mette in discussione la focalizzazione all'interno del settore focale 1 del PIR sull'attuazione dell'APE stesso, in quanto molti paesi della regione non ne risultano al momento interessati. È necessaria un'analisi chiara dell'incidenza di un simile ritardo sulle modalità di spesa delle risorse a titolo del settore focale 1.

2.

Il PIR prevede misure positive per promuovere l'istruzione e la formazione nella regione, ma la migrazione di lavoratori qualificati verso Stati Uniti, Australia e Nuova Zelanda costituisce una delle principali fonti di preoccupazione. Benché le rimesse siano considerevoli, la formazione di buona parte di tale forza lavoro comporta costi elevati a carico delle economie locali. È necessaria una maggiore attenzione al settore focale 1 del PIR non soltanto in termini di formazione, ma anche nella definizione di misure atte a garantire che gli stessi Stati ACP della regione del Pacifico traggano giovamento dal possedere una propria forza lavoro specializzata. Lo stesso discorso vale per gli atleti della regione del Pacifico ingaggiati da squadre australiane e neozelandesi, cui viene concessa la nazionalità di tali paesi affinché possano essere convocati nelle squadre nazionali, fatto che influisce negativamente sulle nazionali dei paesi del Pacifico, come, nel caso del rugby, Figi, Samoa e Tonga.

3.

L'APP accoglie con favore l'attenzione particolareggiata dedicata allo sviluppo del settore della pesca ma sollecita una maggiore enfasi sulla questione legata alla pesca illegale, fonte di effetti nocivi gravissimi sugli stock ittici e sulla sopravvivenza dei pescatori locali. La pesca illegale è effettuata da pescherecci provenienti da paesi esterni alla regione che mostrano scarso riguardo o rispetto per i regolamenti internazionali relativi alle zone e agli stock esclusivi. L'acquacoltura dovrebbe essere promossa nell'ambito delle comunità locali del Pacifico al fine di garantire la sicurezza alimentare e le esportazioni dei prodotti della pesca.

4.

L'APP esprime preoccupazione per l'assenza di una consultazione parlamentare nell'ambito dei lavori preparatori del DSR/PIR e auspica di incoraggiare tale processo in virtù del proprio accresciuto ruolo di controllo sui documenti di strategia per paese (DSP) e per regione (DSR). È necessario non soltanto un maggiore ricorso alla consultazione dei parlamenti nazionali dei paesi ACP nell'elaborazione e nell'attuazione del PIR, ma anche il rafforzamento delle competenze dei parlamentari e dei loro collaboratori in questo settore.

5.

Pur condividendo l'enfasi non focale posta sui soggetti non statali, l'APP nutre preoccupazione in merito all'identità dei beneficiari dei finanziamenti e auspica un'adeguata verifica delle credenziali e della reputazione degli interessati. Sollecita inoltre le ONG a una maggiore partecipazione alla procedura di consultazione nell'ambito del DSR/PIR.

6.

L'attenzione attribuita al cambiamento climatico e al suo impatto sui piccoli Stati insulari è apprezzata, come anche i finanziamenti destinati a sostenere la lotta contro questo incalzante problema. È tuttavia importante che i finanziamenti non siano deviati a favore del crescente gruppo di interesse che addossa la responsabilità generale del cambiamento climatico alle nazioni industrializzate e alle loro attività. Esiste una differenza importante fra la lotta al cambiamento climatico e l'uso di questo fenomeno a fini politici.

7.

Le infrastrutture dei trasporti devono essere una priorità assoluta nell'ambito di qualsiasi iniziativa di sviluppo regionale per il Pacifico, in quanto le distanze geografiche, sia fra i diversi Stati membri sia a livello nazionale, e la carenza delle infrastrutture ostacolano qualsiasi progresso verso il commercio regionale o lo sviluppo turistico e altri settori che promuoverebbero la crescita a vantaggio della popolazione locale.


(1)  Adottata dall'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE il 1o aprile 2010 a Tenerife (Spagna).

(2)  GU C 271 del 25.10.2008, pag. 20.

(3)  GU C 221 del 14.9.2009, pag. 19.

(4)  GU C 68 del 18.3.2010, pag. 36.

(5)  Adottata dall'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE il 1o aprile 2010 a Tenerife (Spagna).

(6)  COM(2009)0160 def.

(7)  GU C 68 del 18.3.2010, pag. 24.

(8)  COM(2007)0072 def.

(9)  Adottata dall'Assemblea parlamentare paritetica ACP-UE il 1o aprile 2010 a Tenerife (Spagna).

(10)  Adottata dall'Assemblea parlamentare paritetica il 1o aprile 2010 a Tenerife (Spagna).

(11)  Antigua e Barbuda, Bahamas, Barbados, Belize, Dominica, Grenada, Guyana, Haiti, Giamaica, Saint Lucia, Saint Vincent e Grenadine, Saint Christopher e Nevis, Suriname, e Trinidad e Tobago.

(12)  Secondo alcune stime, il 60 % della popolazione nei Caraibi con istruzione terziaria ha lasciato la regione; in Giamaica, Grenada, Guyana, Haiti, Saint Vincent e Grenadine le percentuali di emigrazione arrivano fino all'80 %.

(13)  Composta da Camerun, Congo, Gabon, Guinea equatoriale, Repubblica centrafricana e Ciad.

(14)  Composta da Angola, Burundi, Camerun, Repubblica centrafricana, Congo, Gabon, Guinea equatoriale, Ciad, Repubblica democratica del Congo e São Tomé e Príncipe.


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