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Document 62016CC0017

    Conclusioni dell’avvocato generale P. Mengozzi, presentate il 21 dicembre 2016.
    Oussama El Dakkak e Intercontinental SARL contro Administration des douanes et droits indirects.
    Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Cour de cassation.
    Rinvio pregiudiziale – Regolamento (CE) n. 1889/2005 – Controlli sul denaro contante in entrata nell’Unione europea o in uscita dalla stessa – Articolo 3, paragrafo 1 – Persona fisica in entrata o in uscita dall’Unione – Obbligo di dichiarazione – Zona internazionale di transito dell’aeroporto di uno Stato membro.
    Causa C-17/16.

    Court reports – general

    ECLI identifier: ECLI:EU:C:2016:1001

    CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

    PAOLO MENGOZZI

    presentate il 21 dicembre 2016 ( 1 )

    Causa C‑17/16

    Oussama El Dakkak

    Intercontinental SARL

    contro

    Administration des douanes et droits indirects

    [domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Cour de cassation (Corte di cassazione, Francia)]

    «Rinvio pregiudiziale — Controlli relativi al denaro contante in entrata o in uscita dall’Unione europea — Regolamento (CE) n. 1889/2005 — Articolo 3, paragrafo 1 — Portata dell’obbligo di dichiarazione — Zona internazionale di transito dell’aeroporto di uno Stato membro»

    I – Introduzione

    1.

    La causa in esame ha ad oggetto una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Cour de cassation (Corte di cassazione, Francia), vertente sull’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1889/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, relativo ai controlli sul denaro contante in entrata nella Comunità o in uscita dalla stessa ( 2 ), e dell’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 562/2006, che istituisce un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen) ( 3 ).

    2.

    La domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia tra il sig. Oussama El Dakkak e la Intercontinental SARL, da un lato, e l’administration des douanes et droits indirects (Amministrazione delle dogane e delle imposte indirette, Francia), dall’altro, controversia avente ad oggetto la richiesta di risarcimento del preteso danno subìto dai primi a seguito del sequestro, da parte della suddetta amministrazione, delle somme di danaro contante trasportate dal sig. El Dakkak in occasione del suo transito nell’aeroporto Roissy-Charles-de-Gaulle (Francia), per omessa dichiarazione delle medesime.

    3.

    Con la questione al centro della presente causa si chiede se l’obbligo, imposto dall’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 1889/2005 a «[o]gni persona fisica che entra [nell’Unione europea] o ne esce e trasporta denaro contante di importo pari o superiore a 10000 EUR» di dichiarare la somma trasportata alle autorità competenti dello Stato membro di entrata o di uscita, si applichi anche ai passeggeri di un volo proveniente da un paese terzo i quali, dopo lo sbarco, si trovino nella zona internazionale di transito dell’aeroporto di uno Stato membro prima di imbarcarsi per un volo diretto verso un altro paese terzo.

    II – Procedimento principale e questione pregiudiziale

    4.

    La Intercontinental incaricava il sig. El Dakkak di trasportare dollari statunitensi (USD) da Cotonou (Benin) a Beirut (Libano) in aereo, con un transito all’aeroporto Roissy-Charles-de-Gaulle ( 4 ).

    5.

    Il 9 dicembre 2010, durante il transito in detto aeroporto, il sig. El Dakkak veniva sottoposto a controllo da parte degli agenti doganali sulla passerella d’imbarco per Beirut. Come emerge dal fascicolo, nel corso di tale controllo il sig. El Dakkak dichiarava il possesso di denaro e presentava una dichiarazione effettuata presso le autorità doganali del Benin. Gli agenti doganali lo invitavano a seguirli e il conteggio del denaro permetteva di constatare che egli era in possesso della somma di USD 1607650 USD oltre a EUR 3900 ( 5 ).

    6.

    Il sig. El Dakkak veniva sottoposto a blocco doganale e quindi incriminato dal giudice istruttore per violazione dell’obbligo di dichiarazione previsto dall’articolo 464 del code des douanes ( 6 ) (codice delle dogane) e riciclaggio dei proventi di frodi. Le somme dallo stesso trasportate venivano trattenute in base al punto II dell’articolo 465 del code des douanes ( 7 ) (codice delle dogane), e quindi poste sotto sigillo dall’administration des douanes et droits indirects (amministrazione delle dogane e dei dazi indiretti).

    7.

    Con sentenza dell’11 maggio 2011, la chambre d’instruction (Sezione istruttoria) de la Cour d’appel de Paris (Corte d’appello di Parigi, Francia) annullava l’intero procedimento a causa di un’irregolarità disponendo la restituzione dei beni posti sotto sigillo. Come emerge dagli atti, l’annullamento veniva pronunciato in quanto il sig. El Dakkak era stato trattenuto illegalmente per 7 ore e 45 minuti a disposizione degli agenti doganali mentre una simile durata non era necessaria, la procedura iniziale era irregolare e dal suo annullamento derivava l’annullamento di tutti gli atti successivi necessariamente conseguenti.

    8.

    Con lettera del 2 aprile 2012, l’amministrazione competente faceva presente al sig. El Dakkak che essa avrebbe proceduto al trasferimento degli euro e dell’equivalente in euro dei dollari statunitensi sequestrati, nonché di un prorata dello sconto concesso sulle spese di gestione.

    9.

    Il sig. El Dakkak e la Intercontinental proponevano al tribunal d’instance d’Aulnay-sous-Bois (tribunale di Aulnay-sous-Bois, Francia), e successivamente alla cour d’appel de Paris (corte d’appello di Parigi) domanda di risarcimento del danno sostenendo che l’administration des douanes et droits indirects (l’amministrazione delle dogane e dei dazi indiretti) non poteva far valere la violazione di un obbligo dichiarativo da parte del sig. El Dakkak, non essendo questi soggetto a tale obbligo.

    10.

    Come emerge dagli atti, dinanzi alla cour d’appel di Parigi il sig. El Dakkak sosteneva che sono soggette all’obbligo di dichiarazione previsto dall’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 1889/2005, e dalle disposizioni del diritto francese che vi danno attuazione, soltanto le persone che attraversano le frontiere esterne dell’Unione. Richiamandosi all’articolo 4 del regolamento n. 562/2006, il sig. El Dakkak affermava che tale attraversamento si verifica solo laddove la persona si presenti e attraversi un valico di frontiera e che, essendo il valico di frontiera dichiarato dalla Francia relativamente all’aeroporto di Roissy-Charles-de-Gaulle situato all’uscita della zona internazionale di transito, una persona che si trovi in detta zona non attraverserà mai tale punto di passaggio e, quindi, non entrerà mai nel territorio dell’Unione.

    11.

    Con sentenza del 25 marzo 2014 la Cour d’appel (Corte d’appello) respingeva tale assunto del sig. Dakkak il quale, pertanto, ricorreva in cassazione.

    12.

    Di conseguenza, la Cour de cassation (Corte di cassazione) decideva di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

    «Se gli articoli 3, paragrafo 1, del regolamento n. 1889/2005 e 4, paragrafo 1, del regolamento n. 562/2006 debbano essere interpretati nel senso che un cittadino di uno Stato terzo che si trovi nella zona internazionale di transito di un aeroporto non sia soggetto all’obbligo di dichiarazione risultante dall’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 1889/2005 ovvero se, al contrario, il cittadino medesimo sia soggetto a tale obbligo per aver attraversato una frontiera esterna [dell’Unione] ad uno dei valichi di frontiera ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 562/2006».

    III – Analisi

    13.

    Con la domanda pregiudiziale, la Cour de cassation (Corte di cassazione) chiede, in sostanza, se un passeggero che si trovi nella zona internazionale di transito dell’aeroporto di uno Stato membro – ossia, nella zona che si estende dai punti di imbarco e di sbarco fino ai posti in cui vengono effettuati i controlli dell’immigrazione e doganali –, dopo essere sbarcato da un volo proveniente da un paese terzo e prima di imbarcarsi su un volo diretto verso un altro paese terzo, abbia attraversato una frontiera esterna dell’Unione ai sensi del regolamento n. 562/2006 e sia, conseguentemente, soggetto all’obbligo di dichiarazione previsto dall’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 1889/2005.

    14.

    Il giudice del rinvio muove dalla premessa secondo cui la nozione di «entrata nell’Unione», ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 1889/2005, dev’essere interpretata alla luce di quella di «attraversamento delle frontiere» ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 562/2006.

    15.

    Ritengo, al pari del governo francese, che tale premessa sia erronea.

    16.

    Il regolamento n. 562/2006 è stato adottato sulla base dell’articolo 62 del Trattato CE e, in particolare, dei punti 1 e 2, lettera a), dello stesso, che abilita il Consiglio dell’Unione europea ad adottare misure volte a garantire, da un lato, che non vi siano controlli sulle persone all’atto dell’attraversamento delle frontiere interne dell’Unione e, dall’altro lato, a definire norme e procedure alle quali debbono conformarsi i controlli sulle persone che attraversano le frontiere esterne degli Stati membri. Il regolamento n. 1889/2005 è stato, invece, adottato sulla base dell’articolo 95 CE, che riguarda le misure relative al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri che hanno per oggetto l’instaurazione ed il funzionamento del mercato interno, e dell’articolo 135 CE, in materia di cooperazione doganale.

    17.

    Pur contribuendo alla realizzazione del medesimo obiettivo indicato all’articolo 14 CE, ossia la realizzazione di uno spazio senza frontiere interne, nel quale è assicurata la libera circolazione delle persone, dei servizi e dei capitali, questi due atti, conformemente ai loro rispettivi fondamenti normativi, hanno due oggetti e due scopi differenti, in quanto il primo definisce norme comuni in materia di attraversamento delle frontiere da parte delle persone, destinate a consolidare e a sviluppare l’acquis di Schengen ( 8 ), e il secondo istituisce un sistema di controllo del denaro contante in entrata e in uscita dall’Unione al fine di completare la direttiva 91/308, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività illecite ( 9 ).

    18.

    Pertanto, non vi è motivo di interpretare le nozioni contenute nel regolamento n. 1889/2005 alla luce di quelle del regolamento n. 562/2006. Nell’ambito della presente causa, la Corte non è quindi tenuta a pronunciarsi sull’interpretazione della nozione di «attraversamento delle frontiere» ai sensi del regolamento n. 562/2006.

    19.

    Di conseguenza, occorre riformulare la questione posta dal giudice del rinvio nel senso che essa è volta, in sostanza, ad acclarare se l’obbligo di dichiarazione previsto dall’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 1889/2005 si applichi anche ai cittadini di un paese terzo nelle circostanze di cui alla controversia principale, ed interpretare la nozione di «entrata nell’Unione» ai sensi di tale disposizione sulla base della lettera, della ratio e dello spirito della stessa nonché del sistema e delle finalità dell’atto nel quale essa si colloca.

    20.

    Se ci si limita a considerare il significato ordinario dei termini utilizzati da tale disposizione, la nozione de qua sembra indicare lo spostamento di una persona fisica da un territorio che non fa parte dello spazio dell’Unione verso un territorio che ne fa parte.

    21.

    Poiché, ai fini della presente causa, lo spazio dell’Unione deve considerarsi limitato dall’ambito di applicazione territoriale dei trattati, come definito dagli articoli 52 TUE e 355 TFUE ( 10 ), un simile spostamento si verificherebbe quando tale persona attraversa, nel senso fisico del termine, la frontiera geografica di uno Stato membro, accedendo ad un territorio di quest’ultimo al quale si applicano i Trattati. In base a tale interpretazione, una persona che, al pari del sig. El Dakkak, dopo essere sbarcato da un aereo proveniente da un paese terzo, raggiunga la zona internazionale di transito di un aeroporto situato nel territorio di uno Stato membro (come sopra precisato) sostandovi prima di imbarcarsi su un volo diretto verso un paese terzo, dev’essere considerata come entrata nell’Unione ai sensi della disposizione di cui trattasi, pur non avendo attraversato un valico di frontiera.

    22.

    Tuttavia, la nozione di «entrata nell’Unione» può altresì indicare una nozione giuridica diversa dall’attraversamento di una frontiera geografica. Come sottolineato dall’avvocato generale Fennelly al paragrafo 24 delle sue conclusioni nella causa Commissione/Consiglio (C‑170/96, EU:C:1998:43), occorre, infatti, distinguere due aspetti dell’attraversamento di una frontiera. Il primo è quello dell’ingresso nel territorio di un paese in senso fisico, senza che si attraversi necessariamente un posto di controllo alla frontiera; il secondo è quello dell’ingresso nel territorio nel senso giuridico di attraversamento di un posto di controllo alla frontiera.

    23.

    Si potrebbe pertanto ritenere che una persona che abbia attraversato la frontiera geografica di uno Stato membro entri nell’Unione soltanto quando ottenga un’autorizzazione a tal fine nel momento in cui attraversi un punto di controllo alla frontiera. Seguendo tale interpretazione, una persona che si trovi nella situazione del sig. El Dakkak non si potrebbe considerare come entrata nell’Unione ai sensi della disposizione medesima.

    24.

    Quale delle due interpretazioni bisogna seguire?

    25.

    In favore della prima militano, oltre alla lettera dell’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 1889/2005, l’assenza, in tale regolamento, di una esplicita esclusione delle zone di transito aeroportuale dall’ambito di applicazione dell’obbligo dichiarativo previsto dal suddetto articolo.

    26.

    Orbene, le zone internazionali di transito degli aeroporti fanno parte del territorio dello Stato nel quale sono situate e, anche ammettendo che siano dotate di uno status giuridico particolare, esse non sono zone di «non diritto», trovandosi sotto il controllo giuridico e amministrativo di detto Stato. A questo proposito, può essere interessante rilevare che, in materia di immigrazione, la Repubblica francese riconosce, per effetto di una fictio giuridica, alle cosiddette «zone di attesa» ( 11 ), che comprendono le zone internazionali di transito degli aeroporti, un certo status di extraterritorialità ( 12 ). Ciò tuttavia non impedisce, come precisato dalla Cour de cassation (Corte di cassazione), che una persona che sia stata collocata in una di queste zone si trovi, di fatto, sul territorio francese e sia soggetta all’applicazione della legge francese ( 13 ).

    27.

    Il carattere non extraterritoriale delle zone internazionali di transito è stato del resto sottolineato, come ricorda il governo francese nelle proprie osservazioni scritte, dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nella causa che ha dato origine alla sentenza del 25 giugno 1996, Amuur c. Francia (ECLI:CE:ECHR:1996:0625JUD001977692, punto 52), nella quale detta Corte era stata interrogata riguardo alla compatibilità con l’articolo 5 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, del «mantenimento», nella «zona di attesa» dell’aeroporto Roissy‑Charles-de-Gaulle, di un certo numero di richiedenti asilo somali. Del resto, in favore della natura non extraterritoriale delle suddette zone di transito si pronuncia nella presente causa anche il governo francese, il quale sottolinea l’appartenenza al territorio francese della zona internazionale di transito dell’aeroporto Roissy-Charles-de-Gaulle, nonché l’assoggettamento della stessa al diritto francese e al diritto dell’Unione.

    28.

    I lavori preparatori del regolamento n. 1889/2005 non forniscono, da parte loro, se non poche indicazioni per interpretare l’ambito di applicazione dell’obbligo dichiarativo previsto dall’articolo 3, paragrafo 1, del suddetto regolamento.

    29.

    La proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alla prevenzione del riciclaggio di capitali mediante la cooperazione doganale (in prosieguo: la «proposta di regolamento») ( 14 ), inizialmente fondata sul solo articolo 135 CE, prevedeva, all’articolo 1, che l’obbligo di dichiarazione si applicasse ad ogni persona fisica che entra o esce «dal territorio doganale della Comunità» ( 15 ), comprese le parti di tale territorio in cui non si applica la direttiva 91/308, di cui il regolamento n. 1889/2005 costituisce il complemento, come si vedrà più oltre in dettaglio. Ai sensi dell’articolo 2 della proposta di regolamento, per «territorio doganale della Comunità» si intendeva, ai fini di tale proposta, il territorio degli Stati membri di cui all’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio ( 16 ).

    30.

    Orbene, il riferimento al territorio doganale dell’Unione autorizza a ritenere che la Commissione considerasse piuttosto l’aspetto geografico dell’attraversamento delle frontiere esterne e che la proposta di regolamento mirasse, quanto meno inizialmente, a ricomprendere anche le situazioni di passaggio della persona interessata nella zona internazionale di transito di un aeroporto situato su uno Stato membro. Nel proprio rapporto di accompagnamento alla proposta di regolamento al Consiglio ( 17 ), la Commissione precisava, del resto, che sul territorio doganale dell’Unione, nonché sulle parti del territorio non coperte dalla direttiva 91/308, «il movimento di denaro contante è in linea di principio soggetto all’obbligo di dichiarazione».

    31.

    Tuttavia, nel corso dell’iter di approvazione del regolamento n. 1889/2005 il Consiglio ha adattato, con un emendamento, la copertura geografica di tale atto, indicando, in particolare, nelle spiegazioni che accompagnavano la sua proposta di modifica, che «a fini di trasparenza per i viaggiatori e per facilitare l’applicazione del regolamento da parte delle autorità competenti, il controllo dei movimenti di denaro contante [deve] essere effettuato quando una persona fisica entra nel territorio della Comunità o ne esce» ( 18 ).

    32.

    Se si comprendono le ragioni legate alla trasparenza che hanno guidato il Consiglio – essendo la nozione di «entrata nella Comunità», con il suo immediato rinvio all’articolo 299 CE, applicabile all’epoca, più comprensibile rispetto a quella di «territorio doganale della Comunità», da leggersi peraltro alla luce delle precisazioni apportate all’articolo 1, paragrafo 1, secondo comma, della proposta di regolamento – è certamente più arduo individuare le difficoltà applicative di fronte alle quali, secondo il Consiglio, si sarebbero trovate le «autorità competenti», se il testo della Commissione fosse stato adottato senza modifiche. In effetti, poiché i controlli previsti dalla proposta di regolamento dovevano essere effettuati principalmente dalle autorità doganali degli Stati membri, le quali si presume dovessero avere una notevole familiarità con le nozioni del diritto doganale dell’Unione, sembra logico considerare che il Consiglio non si riferisse al compito di identificazione dei territori interessati dall’obbligo di dichiarazione. Forse esso pensava alle difficoltà che le suddette autorità avrebbero potuto incontrare per garantire il controllo dei passeggeri in transito, i quali avrebbero dovuto essi stessi considerarsi riguardati dall’obbligo di dichiarazione sulla base della proposta di regolamento? I lavori preparatori non consentono di affermarlo – né, d’altronde, di escluderlo – ma, se così fosse stato, ci si sarebbe logicamente potuti attendere, nel testo finale del regolamento n. 1889/2005, un’esclusione esplicita di tali passeggeri dall’obbligo dichiarativo, cosa che invece non è avvenuta.

    33.

    La modifica della copertura geografica della proposta di regolamento rispondeva, inoltre, all’interesse del Consiglio di garantire un’applicazione geografica parallela della direttiva 91/308 e del futuro regolamento.

    34.

    Tra questi due atti, infatti, sussiste una stretta relazione.

    35.

    L’adozione del regolamento n. 1889/2005 è stata decisa in base ai risultati contenuti nel rapporto «Moneypenny» ( 19 ), volto a misurare l’impatto dei movimenti transfrontalieri di denaro contante sull’efficacia dei controlli effettuati conformemente alla direttiva 91/308. In particolare, dal considerando 2 di detto regolamento, nonché dall’articolo 1, paragrafo 1, dello stesso, emerge che il suo obiettivo è di integrare le disposizioni della suddetta direttiva stabilendo norme armonizzate per la sorveglianza, da parte delle autorità competenti, sul denaro contante che entra nell’Unione o ne esce ( 20 ).

    36.

    Orbene, alcuni elementi che possono aiutare a determinare la portata dell’obbligo di dichiarazione sancito dall’articolo 3 del regolamento n. 1889/2005 sono desumibili dalla relazione tra questi due atti.

    37.

    La direttiva 91/308, fondata sugli articoli 57, paragrafo 2, prima e terza frase, e 100 A del Trattato CEE, imponeva agli istituti di credito, agli istituti finanziari e a talune persone giuridiche o fisiche obblighi che comportavano i controlli delle operazioni effettuate dai prestatori di servizi, qualora fossero di importo superiore a EUR 15000. Il suo obiettivo principale era di evitare che il sistema finanziario fosse sfruttato a scopi di riciclaggio di proventi di attività illecite, con il risultato di compromettere la stabilità e l’affidabilità del sistema e di favorire lo sviluppo della criminalità organizzata in generale e del traffico di stupefacenti in particolare ( 21 ). Essa mirava a coordinare l’azione degli Stati membri in questo settore per prevenire il rischio di adozione di misure nazionali incompatibili con gli obiettivi del mercato interno, nonché per assicurare una maggiore efficacia alla lotta contro il riciclaggio di capitali che spesso viene effettuato a livello internazionale ( 22 ).

    38.

    Le misure prescritte da tale direttiva, così come quelle attualmente previste dalla direttiva 2015/849 ( 23 ) e, prima di questa, dalla direttiva 2005/60 ( 24 ), si inserivano in un contesto di cooperazione internazionale ( 25 ).

    39.

    A questo riguardo, occorre ricordare che, nella sentenza del 25 aprile 2013, Jyske Bank Gibraltar (C‑212/11, EU:C:2013:270), la Corte ha osservato che, sebbene la direttiva 2005/60, che ha sostituito la direttiva 91/308, sia parimenti volta a garantire il corretto funzionamento del mercato interno, tuttavia essa ha come obiettivo principale la prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio di capitali e di finanziamento del terrorismo, come emerge in particolare dal fatto che essa era stata adottata, al pari della direttiva 91/308, in un contesto internazionale, per applicare e rendere vincolanti nell’Unione le raccomandazioni del Gruppo d’azione finanziaria internazionale (GAFI) ( 26 ).

    40.

    Orbene, il regolamento n. 1889/2005, diretto ad integrare la direttiva 91/308, condivide il medesimo obiettivo. Inoltre, esattamente al pari della suddetta direttiva, tale regolamento è stato adottato, come emerge dal considerando 4, al fine di dare attuazione ad una raccomandazione del GAFI, la raccomandazione speciale IX del 22 ottobre 2004, sui corrieri di denaro contante, divenuta, dopo la revisione del 2012, raccomandazione 32 ( 27 ).

    41.

    Ai sensi di tale raccomandazione «[i] paesi dovrebbero mettere in atto misure per individuare il trasporto fisico transfrontaliero di valuta e di strumenti negoziabili al portatore, tra cui un sistema di dichiarazione e/o di comunicazione» e «dovrebbero garantire che le loro autorità competenti abbiano il potere di bloccare o trattenere la valuta o titoli negoziabili al portatore sospettati di essere legati al finanziamento del terrorismo, al riciclaggio di denaro o a reati sottostanti, o che sono oggetto di false dichiarazioni o comunicazioni» ( 28 ).42. In una nota interpretativa a detta raccomandazione, si precisa che essa è stata elaborata al fine di «garantire che i terroristi e altri criminali non possano finanziare le loro attività o riciclare i proventi delle loro attività illecite grazie al trasporto fisico transfrontaliero di valuta o di strumenti negoziabili al portatore» ( 29 ). In questa stessa nota, l’espressione «trasporto fisico transfrontaliero» viene definita come indicativa di «qualsiasi entrata o uscita fisica di valuta o di strumenti negoziabili al portatore da un paese ad un altro» ( 30 ).

    43.

    La raccomandazione de qua sembra quindi far riferimento ad una nozione ampia di «entrata» e di «uscita» lasciando intendere che il sistema di dichiarazione o di comunicazione che tale raccomandazione prevede debba essere applicato dal momento in cui le valute o gli strumenti negoziabili al portatore attraversino una frontiera geografica nazionale. Tuttavia, la documentazione del GAFI non sembra fornire alcuna indicazione esplicita sul problema che ci occupa nella specie. Né le modalità del controllo dei movimenti transfrontalieri di denaro nelle zone internazionali di transito degli aeroporti sono affrontate nelle «Nuove migliori pratiche internazionali: rilevazione e prevenzione dei movimenti transfrontalieri illeciti di valuta e di strumenti negoziabili al portatore» del 2010, documento che intende fornire una panoramica delle difficoltà incontrate dagli Stati membri nell’applicazione della raccomandazione speciale IX, illustrando al contempo le possibili soluzioni ( 31 ).

    44.

    Ciò detto, e come sostenuto dal governo francese, il contesto di cooperazione internazionale nella lotta contro il riciclaggio e la criminalità transfrontaliera nel quale si inserisce il regolamento n. 1889/2005 depone a favore di un’interpretazione ampia della nozione di entrata nell’Unione ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, di tale regolamento, e in senso contrario ad una limitazione dell’ambito di applicazione dell’obbligo dichiarativo enunciato da tale articolo ai soli movimenti transfrontalieri di denaro destinato ad entrare nel circuito finanziario dell’Unione.

    45.

    Infatti, è innegabile che l’estensione dell’obbligo dichiarativo ai passeggeri in transito aeroportuale contribuisca al perseguimento degli obiettivi sopra menzionati a livello internazionale, poiché detto obbligo costituisce al contempo una misura dissuasiva e, abbinato ai controlli ad esso connessi, una misura di rilevazione dei movimenti sospetti ( 32 ).

    46.

    È opportuno in questa sede esaminare se la Convenzione relativa all’aviazione civile internazionale, firmata a Chicago (Stati Uniti) il 7 dicembre 1944 ( 33 ) contrasti con una simile interpretazione ampia.

    47.

    L’Unione non è parte di tale convenzione e, come precisato nella sentenza del 21 dicembre 2011, Air Transport Association of America e a. (C‑366/10, EU:C:2011:864, punti da 57 a 71), non è vincolata dalla stessa.

    48.

    Tuttavia, la convenzione è stata ratificata da tutti gli Stati membri dell’Unione e deve, pertanto, essere tenuta in considerazione per l’interpretazione delle disposizioni derivate dal diritto dell’Unione ( 34 ). Lo stesso vale per gli allegati alla convenzione stessa, i quali contengono norme e prassi raccomandate (Standards and Recommended Practices – SARP) ( 35 ) adottate dal Consiglio dell’Organizzazione dell’aviazione civile internazionale (OACI) ( 36 ) ai sensi dell’articolo 54, lettera l) ( 37 ), di detta convenzione e che obbliga, in modo più o meno vincolante, gli Stati contraenti ( 38 ).

    49.

    Ai sensi dell’articolo 22 della Convenzione di Chicago «[g]li Stati contraenti convengono di adottare (…) tutti i provvedimenti possibili per facilitare e rendere più spedita la navigazione degli aeromobili fra i territori degli Stati contraenti, ed evitare inutili ritardi agli aeromobili, agli equipaggi, ai passeggeri ed al carico, specialmente per quanto concerne l’applicazione delle leggi sull’immigrazione, l’igiene, le formalità doganali e la licenza di partire». Il successivo articolo 23 precisa, da parte sua, che ogni Stato contraente «si impegna, in quanto lo ritiene possibile, ad emanare regolamenti doganali e sull’immigrazione applicabili alla navigazione aerea internazionale, conformemente ai metodi che potrebbero essere stabiliti o raccomandati in virtù della presente Convenzione».

    50.

    L’allegato 9 alla Convenzione di Chicago (Norme e prassi raccomandate – Facilitazione; in prosieguo: l’«allegato 9») ( 39 ) è stato adottato allo scopo, inter alia, di precisare gli obblighi derivanti per gli Stati contraenti dai summenzionati articoli della suddetta convenzione. Tale allegato mira al raggiungimento di una gestione efficace dei processi di controllo alle frontiere, ricercando al contempo un equilibrio adeguato tra sicurezza e semplificazione delle procedure.

    51.

    Come ricordato dal governo francese, conformemente al capo 3, lettera L, punto 3.57 del suddetto allegato, gli Stati contraenti fanno in modo, in particolare attraverso la creazione di zone di transito diretto, che i passeggeri e i loro bagagli provenienti da un altro Stato e che proseguano il loro viaggio verso un terzo Stato con il medesimo volo o con un altro volo in partenza dallo stesso aeroporto lo stesso giorno siano autorizzati a soggiornare temporaneamente nell’aeroporto di arrivo senza essere assoggettati alle formalità di controllo frontaliero di entrata nello Stato di transito. La «zona di transito diretto» è definita dal capo I, lettera A, come una zona speciale stabilita su un aeroporto internazionale o in prossimità dello stesso, in cui i passeggeri possono rimanere durante il transito o la corrispondenza senza dover presentare alcuna richiesta di ingresso nello Stato interessato.

    52.

    Orbene, dal tenore stesso della norma di cui al menzionato punto 3.57 emerge che essa si riferisce alle formalità relative ai controlli di immigrazione diretti a verificare il possesso dei documenti che autorizzano l’ingresso sul territorio dello Stato contraente. Ciò trova del resto conferma nella norma successiva (3.58 del capo 3, lettera L), la quale impone agli Stati contraenti di limitare al minimo l’esigenza per i passeggeri che rimangono nella zona di transito diretto di munirsi di un visto di transito diretto ( 40 ).

    53.

    Vero è che, in termini più generali, l’allegato 9 mira a ridurre al massimo le formalità e i controlli cui sono soggetti i passeggeri in transito mentre, non soltanto un obbligo di dichiarazione impone loro, in linea di principio, un comportamento attivo, ma la verifica del rispetto di tale obbligo può imporre alle autorità competenti di assoggettare a misure di controllo le persone, i loro bagagli e i loro mezzi di trasporto, come previsto dall’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 1889/2005.

    54.

    Tuttavia, da un lato, come rilevato dal governo francese nelle proprie osservazioni scritte, conformemente al capo 3, lettera B, punto 1.5 dell’allegato 9, le disposizioni dello stesso non ostano all’applicazione della normativa nazionale per quel che riguarda la realizzazione dei controlli considerati «necessari» ( 41 ), dall’altro lato, la politica di facilitazione istituita nell’ambito dell’OACI mira altresì a coordinare gli obiettivi dell’allegato 9 con altri obiettivi, in particolare quelli della lotta contro il traffico internazionale di stupefacenti – che figura tra gli scopi perseguiti dalle misure istituite dal regolamento n. 1889/2005 –, al fine di trovare un giusto equilibrio tra le esigenze di sicurezza e quelle di semplificazione.

    55.

    Un obbligo di dichiarazione come quello previsto dall’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 1889/2005, esteso ai passeggeri che rimangono nella «zona di transito diretto», come definita dall’allegato 9, non sembra pertanto incompatibile con la norma del punto 3.57 di tale allegato 9, a condizione che le formalità legate all’esecuzione del suddetto obbligo e i controlli diretti a verificarne il rispetto comportino il minor disagio possibile per i passeggeri in transito senza rischiare di ritardare indebitamente il traffico aereo.

    56.

    A fronte del complesso delle suesposte considerazioni, sono incline a ritenere, alla luce di un’interpretazione letterale del testo dell’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 1889/2005, nonché degli obiettivi dal medesimo perseguiti e considerata l’assenza di un’esclusione espressa delle fattispecie di transito aeroportuale dall’ambito di applicazione dell’obbligo dichiarativo sancito dal suddetto articolo, che tale obbligo si applichi anche ai passeggeri che sostino nella zona internazionale di transito di un aeroporto situato sul territorio di uno Stato membro al quale si applichino i Trattati conformemente agli articoli 52 TUE e 355 TFUE, dopo essere sbarcati da un volo proveniente da un paese terzo e prima di imbarcarsi su un volo diretto verso un paese terzo, senza attraversare un punto di controllo alla frontiera al fine di essere ammessi ad entrare nello Stato membro medesimo.

    IV – Conclusione

    57.

    Tutto ciò considerato, propongo alla Corte di rispondere alle questioni sollevate dalla Cour de cassation (Corte di cassazione, Francia) nei termini seguenti:

    L’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 1889/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, relativo ai controlli sul denaro contante in entrata nella Comunità o in uscita dalla stessa, dev’essere interpretato nel senso che l’obbligo per tutte le persone fisiche in entrata nell’Unione europea o in uscita dalla stessa con almeno EUR 10000 in contanti di dichiarare la somma trasportata alle autorità competenti dello Stato membro attraverso il quale essi entrino o escano dall’Unione si applica parimenti ai passeggeri che sostino nella zona internazionale di transito di un aeroporto situato sul territorio di uno Stato membro al quale si applichino i Trattati conformemente agli articoli 52 TUE e 355 TFUE, dopo essere sbarcati da un volo proveniente da un paese terzo e prima di imbarcarsi su un volo diretto verso un paese terzo, senza attraversare un punto di controllo alla frontiera al fine di essere ammessi ad entrare nello Stato membro medesimo.


    ( 1 ) Lingua originale: il francese.

    ( 2 ) GU 2005, L 309, pag. 9.

    ( 3 ) GU 2006, L 105, pag. 1. Tale regolamento è stato abrogato e sostituito, a decorrere dall’11 aprile 2016, dal regolamento (UE) 2016/399 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, che istituisce un codice unionale relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen) (GU 2016, L 77, pag. 1).

    ( 4 ) Dagli atti di causa emerge che il trasferimento di denaro doveva servire al pagamento di un fornitore della Intercontinental, specializzata nel commercio di autoveicoli.

    ( 5 ) L’amministrazione delle dogane e dei dazi indiretti, nelle sue osservazioni al ricorso per cassazione del sig. El Dakkak, nonché il governo francese, nelle sue osservazioni scritte dinanzi alla Corte, spiegano che la dichiarazione effettuata dal sig. El Dakkak in Benin copriva solo la somma di USD 983000.

    ( 6 ) Detto articolo, nel testo applicabile ai fatti della controversia principale, così recitava: «Le persone fisiche che trasferiscono in uno Stato membro dell’Unione europea o da uno Stato membro dell’Unione europea i fondi, titoli o valori, senza l’intermediazione di un istituto di credito, o di un’organizzazione o di un servizio di cui all’articolo L. 518-1 del code monétaire et financier (codice monetario e finanziario) debbono dichiararlo alle condizioni stabilite». Ai sensi dell’articolo R152-6, I, primo comma, «[l]a dichiarazione di cui all’articolo 3 del regolamento (…) n. 1889/2005 (…) e la dichiarazione delle somme, titoli o valori trasferiti in uno Stato membro dell’Unione europea o da tale Stato (…), dev’essere effettuata in forma scritta da parte delle persone fisiche, per proprio conto o per conto altrui, alle autorità doganali al più tardi al momento dell’entrata o dell’uscita dall’Unione europea o del trasferimento verso uno Stato membro dell’Unione europea o da un tale Stato».

    ( 7 ) L’articolo 465, I, del codice delle dogane, nel testo applicabile ai fatti del procedimentro principale, disponeva che «[l]’ignoranza degli obblighi di segnalazione di cui all’articolo 464 e al regolamento (…) n. 1889/2005 (…) è punibile con una multa pari a un quarto della somma a cui si riferisce il reato o tentativo di reato». Ai sensi del punto II del medesimo articolo, «[i]n caso di accertamento della violazione di cui al punto I da parte degli agenti doganali, questi ultimi sequestrano l’intero importo al quale si riferisce il reato o il tentativo di reato, per un periodo di tre mesi, rinnovabile (…) per sei mesi in totale».

    ( 8 ) V., in particolare, considerando 3, 4 e 5 del regolamento n. 562/2006.

    ( 9 ) GU 1991, L 166, pag. 77. Tale direttiva è stata abrogata dalla direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo (GU 2005, L 309, pag. 15), a sua volta sostituita dalla direttiva (UE) 2015/849 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2015, relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo, che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e la direttiva 2006/70/CE della Commissione (GU 2015, L 141, pag. 73).

    ( 10 ) Come precisato dalla Corte nella sentenza del 15 dicembre 2015, Parlamento e Commissione/Consiglio (da C‑132/14 a C‑136/14, EU:C:2015:813, punti da 75 a 77) l’ambito di applicazione territoriale di un atto di diritto derivato dev’essere determinato, in assenza di precisazioni in tale atto, in funzione degli articoli 52 TUE e 355 TFUE.

    ( 11 ) Ai sensi dell’articolo L221-1, primo comma, del code de l’entrée et du séjour des étrangers et du droit d’asile (Codice dell’entrata e del soggiorno degli stranieri e del diritto d’asilo), «[l]o straniero che arrivi in Francia per via aerea e che non sia autorizzato ad entrare nel territorio francese o chieda di esservi ammesso a titolo di asilo, può essere trattenuto in una zona di attesa situata (…) in un aeroporto, per il tempo strettamente necessario alla sua partenza e, se è richiedente asilo, ad un esame volto a stabilire se la sua domanda non sia manifestamente infondata».

    ( 12 ) L’articolo L221-2, primo comma, del Codice dell’ingresso e del soggiorno degli stranieri e del diritto d’asilo (code de l’entrée et du séjour des étrangers et du droit d’asile) precisa che «[l]a zona di attesa è delimitata dall’autorità amministrativa competente. Essa si estende dai punti di imbarco e di sbarco fino a quelli in cui vengono effettuati i controlli delle persone».

    ( 13 ) Cour de cassation (Corte di cassazione) del 25 marzo 2009, n. 08-14.125, in cui si afferma, a proposito di un minore trattenuto nella zona di attesa dell’aeroporto Paris-Charles‑de‑Gaulle, «che la cour d’appel (corte d’appello), la quale ha rilevato che il giovane X …, minore non accompagnato, dal suo arrivo sul territorio francese era stato fermato all’aeroporto di Roissy-Charles-de-Gaulle, mantenuto sotto custodia a vista per aver tentato di sottrarsi ad un controllo di polizia, e quindi, al termine della custodia a vista, era stato collocato nella zona di attesa dell’aeroporto, avrebbe dovuto dedurre, dai propri rilievi, che l’interessato si trovava nel territorio francese e di conseguenza, essendo minore non accompagnato, di cittadinanza irachena, versava necessariamente in una situazione di pericolo che imponeva l’attuazione, da parte del giudice dei minori, delle misure di protezione previste dagli articoli 375 e seguenti del Codice civile». Voir P. Klötgen, La frontière et le droit, esquisse d’une problématique, Scientia Juris, 2011, pagg. 45 e segg. L’amministrazione di tali «zone di attesa» non è del resto esente da critiche da parte di associazioni di difesa dei diritti dell’uomo (v. il rapporto dell’Anafé del 20 gennaio 2016, disponibile all’indirizzo http://www.anafe.org/spip.php?article317).

    ( 14 ) COM(2002) 328 definitivo.

    ( 15 ) L’articolo 1, paragrafo 1, primo comma, della proposta di regolamento così recitava: «Ogni persona fisica che entra o esce dal territorio doganale della Comunità e trasporta una somma di denaro contante pari o superiore a quindicimila euro è soggetta ad obbligo di dichiarazione conformemente al presente regolamento».

    ( 16 ) Regolamento del 12 ottobre 1992, che istituisce un codice doganale comunitario (GU 1992, L 302), abrogato dal regolamento (CE) n. 450/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, che istituisce il codice doganale comunitario (Codice doganale aggiornato) (GU 2008, L 145, pag. 1). Il decimo considerando della proposta di regolamento spiegava che «[q]uanto alla delimitazione geografica del campo di applicazione, conformemente al trattato CE, e in particolare all’articolo 299, paragrafi 3, 4, e 6, lettera c), la direttiva 91/308/CEE non si applica ad alcuni Stati o territori europei (…)» e che occorreva, pertanto, «essere vigili in merito al rischio di riciclaggio derivante da tali Stati e territori e prevedere norme speciali al loro riguardo». Infatti, l’articolo 1, paragrafo 1, secondo comma, della proposta di regolamento prevedeva che «[o]gni persona fisica che entra o esce da parti del territorio doganale della Comunità nelle quali non si applica la direttiva 91/308/CEE e che trasporta una somma di denaro contante pari o superiore a quindicimila euro è soggetta al suddetto obbligo di dichiarazione».

    ( 17 ) Rapporto del 25 giugno 2002, COM(2002) 328 definitivo, v. punto 2, commento relativo all’articolo 1.

    ( 18 ) Posizione comune adottata dal Consiglio in vista dell’adozione di un regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, relativo ai controlli sul denaro contante in entrata nella Comunità o in uscita dalla stessa, del 18 gennaio 2005, n. 14843/04, punto 3, lettera a).

    ( 19 ) Documento 9630/2/00 del Consiglio, del 7 settembre 2000. L’«Operazione Moneypenny», è stata lanciata a decorrere dal mese di settembre 1999 fino al mese di febbraio 2000 dai servizi doganali degli Stati membri allo scopo di vigilare e controllare i movimenti transfrontalieri di denaro contante superiori a EUR 10000, al fine di verificare se, per la loro stessa ampiezza, tali movimenti potessero compromettere l’efficacia dei controlli effettuati dagli istituti finanziari per la lotta contro il riciclaggio dei capitali.

    ( 20 ) Altri riferimenti alla direttiva 91/308 sono contenuti, in particolare, ai considerando 5, 9 e 11, nonché agli articoli 5 e 6 del regolamento n. 1889/2005.

    ( 21 ) V., in particolare, considerando 1, 2 e 3.

    ( 22 ) V., in particolare, considerando 2 e 6.

    ( 23 ) Cit. supra alla nota 9.

    ( 24 ) Cit. supra alla nota 9.

    ( 25 ) V., in particolare, considerando 7.

    ( 26 ) V. paragrafo 46. Il GAFI è un organismo intergovernativo istituito nel 1989, il cui mandato è di elaborare norme e promuovere l’attuazione efficace delle misure legislative, regolamentari e operative per la lotta contro il riciclaggio, il finanziamento del terrorismo, il finanziamento della proliferazione nonché le altre minacce connesse per l’integrità del sistema finanziario internazionale.

    ( 27 ) Il testo di tale raccomandazione è reperibile sul sito internet del GAFI http://www.fatf‑gafi.org/media/fatf/documents/recommendations/pdfs/FATF_Recommendations.pdf http://www.fatf-gafi.org.

    ( 28 ) La raccomandazione prosegue spiegando che «[i] paesi dovrebbero garantire che sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive possano essere applicate alle persone che abbiano effettuato una falsa dichiarazione o una comunicazione di informazioni false. Se contanti o titoli negoziabili al portatore sono legati al finanziamento del terrorismo, al riciclaggio di denaro o a reati sottostanti, i paesi dovrebbero altresì adottare misure, anche legislative, coerenti con la Raccomandazione 4, che autorizzino la confisca di tale valuta o di tali strumenti».

    ( 29 ) Anche il testo della nota interpretativa della raccomandazione speciale IX è reperibile sul sito internet del GAFI, all’indirizzo indicato alla nota 27 supra.

    ( 30 ) Il corsivo è mio. In un documento del 2009, intitolato «Metodologia di valutazione della conformità alle 40 raccomandazioni e alle 9 raccomandazioni speciali del GAFI», si precisa, nell’ambito di un approccio sovranazionale della raccomandazione speciale IX, che il termine «transfrontaliero»«rinvia ai movimenti alle frontiere esterne della giurisdizione sovranazionale» (il corsivo è mio); il documento è reperibile sul sito http://www.fatf-gafi.org/fr/themes/recommandationsgafi/documents/methodologiedevaluationdelaconformiteaux40recommandationsetaux9recommandationsspeciales.html#methodologiedevaluationdelaconformiteaux40recommandationsetaux9recommandationsspeciales.html?hf= 10&b= 0&s=desc(fatf_releasedate).

    ( 31 ) Tale documento, antecedente alla revisione del 2012, è consultabile sul sito http://www.fatf‑gafi.org/fr/themes/recommandationsgafi/documents/nouvellesmeilleurespratiquesinternationalesdetectionetpreventiondesmouvementstransfrontaliersillicitesdespecesetdinstrumentsnegociablesauporteur.html#nouvellesmeilleurespratiquesinternationalesdetectionetpreventiondesmouvementstransfrontaliersillicitesdespecesetdinstrumentsnegociablesauporteur.html?hf= 10&b= 0&s=desc(fatf_releasedate).

    ( 32 ) Rilevo tuttavia che, nella propria relazione al Parlamento e al Consiglio sull’applicazione del regolamento n. 1889/2005 [COM (2010) 0455 definitivo], la Commissione ha auspicato, sulla base di una valutazione costi-benefici, una modifica dell’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 1889/2005, al fine di allineare le procedure per i controlli dei movimenti di contante a quelle in vigore per il controllo dei bagagli dei passeggeri, previste dagli articoli 192, 193 e 194 del regolamento n. 2454/93 della Commissione, del 2 luglio 1993, che fissa talune disposizioni d’applicazione del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio che istituisce il codice doganale comunitario [GU 1993, L 253, pag. 1, abrogato dal regolamento di esecuzione (UE) 2016/481 della Commissione, del 1o aprile 2016 (GU 2016, L 87, pag. 24)]. Orbene, tale allineamento, auspicato per rimediare alle difficoltà pratiche incontrate dagli Stati membri riguardo ai passeggeri in transito, implica l’esclusione di controlli sistematici nelle zone internazionali di transito e, pertanto, l’abolizione dell’obbligo di dichiarazione per i passeggeri che si trovino in tali zone (v. punto 5 della relazione). Al punto 3.2 di tale relazione, la Commissione afferma che «[p]er i passeggeri di voli in transito l’obbligo di dichiarare il denaro contante nel primo punto di entrata nell’UE o nell’ultimo di uscita da essa è difficile da rispettare a causa delle differenze esistenti fra le infrastrutture aeroportuali di transito. I servizi predisposti per la dichiarazione del denaro contante nelle zone di transito sono scarsi o diversi fra loro e il tempo fra un volo e l’altro non è sufficiente. Inoltre per le autorità competenti degli Stati membri è difficile garantire controlli armonizzati dei passeggeri in transito. Il tempo insufficiente, la mancanza di servizi di controllo appropriati (…) e [la] separazione dei circuiti per i bagagli a mano e quelli stivati, ostacolano tali controlli». Uno «specifico gruppo di progetto formato da esperti in materia di controllo del denaro contante» si sarebbe del resto pronunciato nel senso di una modifica dell’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento n. 1889/2005.

    ( 33 ) Recueil des traités des Nations unies, vol. 15, pag. 295, consultabile al seguente indirizzo: http://www.icao.int/publications/pages/doc7300.aspx.

    ( 34 ) Sentenza del 3 giugno 2008, Intertanko e a. (C‑308/06, EU:C:2008:312, punto 52).

    ( 35 ) L’adozione dei suddetti atti è prevista dall’articolo 37 della Convenzione di Chicago.

    ( 36 ) L’OACI è stato istituito conformemente all’articolo 43 e segg. della Convenzione di Chicago.

    ( 37 ) Tale disposizione precisa che le norme SARP sono designate come «allegate alla convenzione» per «ragioni di comodità».

    ( 38 ) Le norme sono specificazioni il cui contenuto riflette ciò che è stato riconosciuto come praticabile e necessario per facilitare e migliorare taluni aspetti della navigazione aerea internazionale. Il loro mancato rispetto dev’essere notificato dagli Stati contraenti ai sensi dell’articolo 38 della stessa. Le pratiche raccomandate sono, invece, specificazioni il cui contenuto riflette ciò che è stato riconosciuto come generalmente praticabile e altamente auspicabile. Gli Stati contraenti si sforzano di conformarsi alle stesse in applicazione della suddetta convenzione.

    ( 39 ) Il testo di tale allegato è consultabile sul sito dell’Ufficio federale dell’aviazione svizzera, all’indirizzo seguente: https://www.bazl.admin.ch/bazl/fr/home/experts/reglementation-et-informations-de-base/bases-legales-et-directives/annexes-a-la-convention-de-l-organisation-internationale-de-l-av.html.

    ( 40 ) Vale a dire dei visti per passeggeri che arrivino a bordo di un volo internazionale e proseguano il viaggio verso un terzo Stato con il medesimo volo o un altro volo in partenza dallo stesso aeroporto lo stesso giorno. Il regolamento (CE) n. 810/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, che istituisce un codice comunitario dei visti (codice dei visti) (GU 2009, L 243, pag. 8) prevede l’obbligo di munirsi di tale visto «in deroga all’allegato 9 della convenzione di Chicago» per i cittadini di un certo numero di paesi terzi.

    ( 41 ) Rilevo, per inciso, che pratiche raccomandate relative all’imposizione, da parte degli Stati contraenti, di restrizioni all’importazione o all’esportazione di valuta sono contenute al capo 6, lettera F, punti 6. 47 e 6.48.

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