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Document 52020IE1347

Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Rafforzare la competitività, l’innovazione, la crescita e la creazione di occupazione promuovendo la cooperazione regolamentare mondiale, sostenendo un sistema commerciale multilaterale rinnovato e riducendo le sovvenzioni che creano distorsioni del mercato» (parere d’iniziativa)

EESC 2020/01347

GU C 364 del 28.10.2020, p. 37–42 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, HR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

28.10.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

C 364/37


Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Rafforzare la competitività, l’innovazione, la crescita e la creazione di occupazione promuovendo la cooperazione regolamentare mondiale, sostenendo un sistema commerciale multilaterale rinnovato e riducendo le sovvenzioni che creano distorsioni del mercato»

(parere d’iniziativa)

(2020/C 364/05)

Relatore:

Georgi STOEV

Correlatore:

Thomas STUDENT

Decisione dell’Assemblea plenaria

20.2.2020

Base giuridica

Art. 32, par. 2, del Regolamento interno

 

Parere d’iniziativa

Organo competente

CCMI

Adozione in sezione

26.6.2020

Adozione in sessione plenaria

16.7.2020

Sessione plenaria n.

553

Esito della votazione (favorevoli/contrari/astenuti)

211/1/3

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

Fenomeni devastanti come la pandemia di COVID-19 (infezione da coronavirus) minacciano di bloccare l’economia mondiale e la vita sociale degli abitanti del nostro pianeta. La pandemia di COVID-19 ha provocato, tra l’altro, recessioni negli Stati Uniti, nell’UE, in Giappone e in altre regioni del mondo, una crescita estremamente lenta in Cina ed enormi perdite in termini di produzione. I governi devono compensare i danni economici con politiche di bilancio e monetarie e far fronte ai cambiamenti di paradigma economico che si prevede avranno luogo. Il CESE sottolinea la necessità di modelli di business — e meccanismi di difesa commerciale — efficienti, in particolare nei rapporti con l’Asia, e osserva che, nell’Unione europea, 36 milioni di posti di lavoro dipendono dal potenziale di esportazione dell’UE e che la quota di occupazione totale sostenuta dalla vendita di beni e servizi al resto del mondo è aumentata dal 10,1 % del 2000 al 15,3 % del 2017 (1). Per prevenire l’impatto negativo della crisi su questi ed altri settori, è necessario rispondere alla crisi con misure di bilancio, economiche e sociali.

1.2.

La crisi provocata dalla pandemia dovrebbe indurre l’UE a promuovere — nel quadro della più generale ridefinizione della politica industriale, imposta dalle esigenze di sostenibilità ambientale e digitalizzazione — il settore delle attrezzature sanitarie e quello farmaceutico, al fine di garantire la sovranità condivisa e l’autosufficienza dell’UE in questi comparti. L’elaborazione del presente parere è iniziata prima dell’insorgere di una crisi sanitaria ed economica imprevedibile, destinata a cambiare le nostre economie e i nostri modelli di globalizzazione a breve, medio e lungo termine. Tale crisi non è l’oggetto principale del parere, ma ha ed avrà un enorme impatto sui settori e sui temi discussi nei prossimi punti. È già evidente, infatti, come essa stia spingendo alcune regioni del mondo a generare una nuova ondata di protezionismo e nazionalismo economico, sia a livello globale che all’interno dell’UE. Nel presente parere si tiene conto di tutti questi fattori in maniera orizzontale e, per quanto possibile, aggiornata alla data della sua stesura.

1.3.

Il CESE concorda nel ritenere che le imprese e gli scambi internazionali possano contribuire alla crescita mondiale grazie a un maggior grado di specializzazione, a economie di scala, a catene del valore globali avanzate e alla diffusione della ricerca e delle tecnologie. Occorre inoltre guidare la transizione dalle catene del valore alle reti per la creazione di valore, dall’economia lineare a quella circolare e dall’economia «materiale» a quella «immateriale» — passaggi che esigeranno agilità e capacità di adattamento da parte dell’industria.

1.4.

Il CESE sottolinea che la politica dell’UE deve evitare che coloro che contribuiscono allo sviluppo industriale diventino vittime di pratiche sleali di dumping economico, sociale ed ambientale. Per quanto riguarda le politiche da adottare con urgenza, l’UE si trova dinanzi alle seguenti sfide: garantire alle esportazioni europee l’accesso al mercato statunitense, sfruttare il potenziale di cooperazione con gli Stati Uniti, rapportarsi con il nuovo ruolo della Cina e ridisegnare l’Organizzazione mondiale del commercio (OMC). Le industrie dovrebbero diventare un fattore abilitante per le soluzioni alle sfide socioculturali e ambientali, creando così nuovo valore per la società.

1.5.

Il CESE concorda nel ritenere che una globalizzazione senza regole finisca per determinare un aumento delle disuguaglianze, una pressione al ribasso sulle imprese, sui salari e sulle condizioni di lavoro e un indebolimento delle garanzie di protezione sociale. Una situazione, questa, che potrebbe tradursi in una vera e propria minaccia per i modelli sociali europei. La globalizzazione non regolamentata produce effetti negativi anche riguardo agli standard ambientali. Il CESE teme che le imprese e i posti di lavoro europei siano sottoposti a pressioni derivanti da pratiche commerciali sleali e non di mercato che non rispettano gli accordi sociali e ambientali internazionali. L’industria dell’UE dovrebbe sfruttare la sua peculiare posizione di vantaggio combinando i valori europei, le nuove tecnologie e un approccio orientato al futuro. Il mercato unico è di cruciale importanza per l’industria europea e per la diffusione dell’innovazione, non solo per quanto riguarda le tecnologie digitali, ma anche per altre tecnologie abilitanti fondamentali, come ad esempio le biotecnologie. Merita inoltre sottolineare anche il ruolo della coesione sociale e regionale e del dialogo sociale nel garantire l’accettazione sociale delle trasformazioni industriali.

1.6.

La strategia industriale e la politica commerciale europee non dovrebbero compromettere gli sforzi dell’UE di fornire assistenza allo sviluppo a paesi terzi; in particolare, il CESE raccomanda di adottare un approccio equilibrato, che coordini e combini meglio gli aiuti nazionali allo sviluppo, nei rapporti con le economie più fragili. Il CESE teme che l’escalation dei provvedimenti adottati dall’OMC in caso di non conformità e le nuove disposizioni non tariffarie discriminatorie rischino di risolversi in un eccesso di oneri normativi reciproci, che nel commercio mondiale sta ormai diventando la norma. Gli attuali programmi unionali di sostegno e il relativo monitoraggio dovrebbero essere riesaminati, in linea con le regole europee in materia di concorrenza, per sostenere gli Stati membri dell’UE, i partner, le imprese e i lavoratori colpiti dalla crisi economica e dalle guerre commerciali e alleviare gli oneri che gravano su di loro.

1.7.

Il CESE reputa che, per affrontare le sfide esterne, il mercato interno dell’UE debba diventare «il migliore nel quale investire». La nuova strategia industriale e tutte le altre leve azionate dovrebbero essere valutate in termini di capacità di promuovere e sostenere gli investimenti in infrastrutture industriali, energetiche, di trasporto e digitali attraverso un approccio più ampio alla connettività. Il riesame delle regole in materia di concentrazioni e acquisizioni e di aiuti di Stato potrebbe porre le imprese dell’UE in condizioni di maggiore parità rispetto ai concorrenti del resto del mondo. Tutti i livelli di governance dovrebbero assicurarsi che i benefici della globalizzazione siano ripartiti in modo equo e che i suoi effetti negativi a livello globale, regionale e locale siano mitigati.

Un regime comune in materia di investimenti esteri diretti contribuirebbe a far sì che gli interessi possano essere concentrati in asset strategici quali le infrastrutture critiche, le tecnologie critiche e la sicurezza dell’approvvigionamento di fattori produttivi critici. Per contrastare le pratiche illecite, approfondire la convergenza normativa e promuovere principi di sostenibilità, riducendo così le distorsioni del mercato, sono più che mai necessari il ricorso alle direttive sugli appalti pubblici, strumenti efficaci di difesa commerciale e una robusta rete di accordi di libero scambio.

1.8.

Il CESE è preoccupato per il crescente atteggiamento negativo nei confronti del commercio internazionale e della globalizzazione e per l’ascesa di movimenti populisti che invocano politiche maggiormente improntate al nazionalismo. A suo avviso, il protezionismo e il nazionalismo non sono in grado di fornire le giuste risposte ai problemi economici e sociali. Per riportare le economie sulla strada della crescita sostenibile e inclusiva, sono necessarie riforme e priorità d’investimento a medio termine che integrino la transizione verde e la trasformazione digitale. L’Unione europea dovrebbe adottare tutte le misure possibili per preservare la piena democrazia nonostante le circostanze determinate dalla pandemia.

1.9.

Il CESE ritiene che il Green Deal debba integrare sia la nuova strategia industriale e la politica commerciale che la politica economica, normativa e di concorrenza, in uno sforzo a tutto campo volto a proteggere l’ambiente senza minacciare il mercato unico, le imprese e l’occupazione dell’UE, e debba fissare obiettivi ambientali ambiziosi per l’industria nel suo complesso.

1.10.

Il CESE condivide l’opinione secondo cui uno dei messaggi chiave da trasmettere in materia di stabilità economica è che gli Stati membri dovrebbero prestare un’attenzione adeguata alla qualità delle finanze pubbliche, promuovendo investimenti necessari e lungimiranti.

2.   Osservazioni generali

2.1.

Con il sistema multilaterale sotto pressione costante, le imprese dell’UE che operano a livello globale devono far fronte ad attriti e ad incertezze crescenti, come pure all’aumento del protezionismo e alle tensioni in atto tra i partner commerciali dell’UE. Le catene globali del valore si vanno contraendo, e in tutto il mondo si assiste a una tendenza generalizzata verso un ritorno alla regionalizzazione. L’Unione europea, insieme agli Stati Uniti e alla Cina, è al centro di tali dinamiche, e una serie di settori industriali cruciali è sottoposta a considerevoli pressioni. Occorre assumere decisioni fondamentali per ridurre al minimo il rischio di una marginalizzazione dell’Europa e salvaguardare il ruolo dell’UE sulla scena mondiale. È necessario e urgente riconsiderare gli investimenti nel territorio dell’UE e concentrarsi sul sostegno alle imprese, in particolare piccole e medie, garantendo la fornitura di liquidità e la stabilità nel settore finanziario, preservando il mercato unico e garantendo i flussi delle merci critiche. Tale obiettivo può essere raggiunto soltanto attraverso una combinazione adatta di misure, ad esempio in materia di normative e politiche applicabili anche alle imprese di paesi terzi quando operano nell’UE, infrastrutture, investimenti in beni pubblici (quali la salute, l’istruzione, le infrastrutture digitali), l’applicazione di condizioni di reciprocità negli appalti pubblici, una politica commerciale efficace e l’indipendenza digitale.

2.2.

La competitività globale dell’industria UE è ostacolata dal ritorno all’unilateralismo e dalla mancanza di una governance mondiale efficace in materia economica e commerciale, nonché dalle asimmetrie e dalle perturbazioni del mercato causate dai concorrenti sovvenzionati, in particolare dalle imprese di proprietà dello Stato, e dalla crisi. Gli investimenti delle imprese dell’UE nel campo della ricerca e dell’innovazione mirano a coniugare competitività e sostenibilità, ma investimenti così audaci e ad alto rischio potrebbero essere resi inefficaci dal restringersi dell’accesso ai mercati internazionali e dalla concorrenza sleale. In un contesto siffatto, le PMI risultano più vulnerabili che mai.

2.3.

In queste circostanze, le alleanze promosse dall’Unione potrebbero contribuire a portare avanti i suoi interessi nelle organizzazioni multilaterali quali l’OMC e l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU). In quest’ottica, la strategia industriale recentemente adottata e la relazione annuale della Commissione sull’attuazione degli accordi di libero scambio (ALS) rappresentano passi avanti verso una maggiore trasparenza, ma costituiscono anche strumenti efficaci per fornire alla società civile informazioni oggettive di base sugli accordi commerciali negoziati dall’UE.

Tuttavia, pur contenendo alcuni elementi positivi, il pacchetto complessivo della suddetta strategia industriale non è ancora percepito da tutti come in grado di comportare una differenza tangibile per le imprese, i lavoratori e la società civile, i quali si stanno adoperando alacremente per accrescere la competitività e la crescita economica dell’Europa.

2.4.

L’adozione di una forte politica industriale europea e la difesa degli interessi commerciali dell’Unione sono compatibili con l’obiettivo prioritario della sua politica estera: rafforzare il multilateralismo attorno alle istituzioni del sistema dell’ONU. Le necessarie riforme di tali organizzazioni dovrebbero consentire di progredire verso un mondo governato da regole eque basate su principi democratici.

3.   Realizzare il potenziale delle prospettive commerciali per le imprese

3.1.

Il CESE condivide il punto di vista della Commissione secondo cui le imprese dell’UE possono trarre beneficio dalla strategia industriale dall’Unione e dagli accordi commerciali da questa conclusi soltanto se dispongono di informazioni pertinenti sul contenuto di tali accordi e strategie e ne comprendono il funzionamento concreto.

3.2.

Il CESE osserva con preoccupazione che la complessità delle regole di origine e delle formalità amministrative imposte dai partner commerciali dell’Unione per concedere alle imprese dell’UE le preferenze concordate — complessità che va a sommarsi agli sforzi richiesti per dimostrare l’origine preferenziale — sembra essere, nel caso delle PMI europee, del tutto sproporzionata rispetto all’entità dei contratti da esse concluse.

3.3.

Il CESE propone che, qualora alcuni paesi attuino una concorrenza sleale, anche in termini di condizioni di lavoro o standard di sostenibilità, si debba provvedere anche ad affrontare i problemi principali relativi allo sviluppo di meccanismi di composizione alternativa delle controversie e ad attuare i sistemi di risoluzione delle controversie online previsti dall’ONU. Il CESE accoglie con favore l’accordo multilaterale provvisorio in materia di arbitrato d’appello recentemente annunciato dalla Commissione, in quanto soluzione temporanea per mantenere una funzione arbitrale indipendente e articolata in due gradi di giudizio.

3.4.

Il CESE ricorda, per quanto riguarda le PMI europee, che, da un lato, la maggior parte della loro attività commerciale è rivolta principalmente al mercato unico (2), dato che soltanto la metà circa di tali imprese vende beni al di fuori dell’UE-28 (3), e, dall’altro, che la loro attività di esportazione si concentra prevalentemente in taluni paesi e determinate regioni, dato che oltre i due terzi di tale attività è riconducibile a sei Stati membri (4).

3.5.

Il CESE si compiace per lo stato di avanzamento dei lavori della Commissione sul portale online in cui saranno inglobate due banche dati, quella sull’accesso ai mercati (Market Access Database) e l’Helpdesk per il commercio — uno strumento che contribuisce ad ovviare alla complessità e alla mancanza di coerenza delle norme in materia di origine e delle procedure doganali e mette gratuitamente a disposizione online uno strumento di calcolo delle norme di origine per offrire un sostegno supplementare alle PMI dell’UE.

3.6.

Il CESE reputa che la Commissione e il Servizio europeo per l’azione esterna, come pure le rappresentanze diplomatiche e consolari degli Stati membri, possano svolgere un ruolo importante nella promozione della strategia, dei servizi e degli scambi commerciali dell’UE con i paesi terzi al fine di agevolare sia gli investimenti verso l’UE che le opportunità di esportazione dall’UE, a beneficio delle imprese e dei lavoratori europei.

3.7.

Il CESE esprime altresì compiacimento per le iniziative dalla Commissione europea volte a promuovere e aiutare le PMI dell’UE nei loro sforzi di internazionalizzazione affinché diventino più competitive a livello mondiale, e sottolinea la necessità di assicurarsi che tali iniziative siano attuate secondo un’impostazione dal basso. Insieme a tali iniziative, il nuovo paradigma può offrire maggiori opportunità per le PMI e per altri attori regionali.

3.8.

Il CESE prende atto con preoccupazione delle questioni in sospeso con i partner commerciali dell’UE illustrate nella relazione della Commissione, e in particolare del fatto che i prodotti europei continuino a incontrare ostacoli all’ingresso dei mercati di paesi partner. Bisognerebbe accordare un’elevata priorità al riconoscimento reciproco e non burocratico delle norme tecniche.

3.9.

Il CESE sottolinea che, come evidenziato da un recente studio condotto dall’EPRS (5) sulla base di un’analisi dei flussi commerciali in alcuni paesi dell’Unione, i risultati dell’UE in termini di esportazioni mostrano una forte correlazione positiva con il PIL e gli scambi commerciali sono altamente concentrati in pochi Stati membri.

3.10.

Il CESE ricorda che, nei documenti di riflessione dedicati rispettivamente alla gestione della globalizzazione e al futuro delle finanze dell’UE, la Commissione ha riconosciuto la disomogeneità dell’impatto territoriale della globalizzazione, sottolineando che «se è vero che i benefici della globalizzazione sono ampiamente distribuiti, i costi sono spesso localizzati».

3.11.

Il CESE pone in particolare l’accento sulla funzione della politica di coesione nel miglioramento della competitività dell’UE mediante investimenti mirati in settori cruciali come le infrastrutture di rete, la ricerca e l’innovazione, i servizi informatici, l’azione per l’ambiente e per il clima, l’occupazione di qualità e l’inclusione sociale.

3.12.

Il CESE sottolinea il ruolo che il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) può svolgere per aiutare le persone disoccupate a causa dei cambiamenti strutturali dovuti alla globalizzazione, alla digitalizzazione, alle migrazioni e ai cambiamenti climatici. Data l’enorme entità della crisi economica e occupazionale che si prospetta, il FEG dovrebbe essere potenziato sul piano finanziario, le sue regole andrebbero rese più flessibili per adattarsi alla natura e alle dimensioni della crisi e dovrebbe essere collegato al Fondo per una transizione giusta.

3.13.

Il CESE concorda nel ritenere che le modalità di lavoro flessibili e il telelavoro svolgano un ruolo importante nel preservare l’occupazione e la produzione, ma che, nonostante gli sforzi per attenuare l’impatto sociale della crisi, è probabile che questa provochi un aumento considerevole della disoccupazione e delle disparità di reddito. Una revisione della strategia del Green Deal dell’UE potrebbe contribuire notevolmente a far sì che la globalizzazione produca effetti positivi sul piano economico, sociale, territoriale e ambientale per le imprese, i lavoratori e la società civile, e contribuisca inoltre a ridurre le distorsioni del mercato.

3.14.

Il CESE reputa che, per garantire condizioni di concorrenza uniformi, si potrebbe ricorrere a un meccanismo che affronti il problema dell’«impronta di carbonio» e incoraggi gli sforzi di decarbonizzazione delle industrie; ma avverte altresì che tale misura dovrà garantire il giusto equilibrio tra le considerazioni ambientali e commerciali e quelle relative all’equità, onde evitare distorsioni del mercato che scatenino ritorsioni contro paesi dell’UE danneggiando così l’industria e i relativi posti di lavoro nell’Unione.

3.15.

Il CESE condivide l’opinione secondo cui, da un lato, è di cruciale importanza ridurre il divario in termini di produttività che si registra tra le economie, le regioni e le imprese altamente produttive e tutte le altre, e, dall’altro, istituzioni efficaci e sistemi fiscali efficienti potrebbero sostenere la produttività.

3.16.

È necessaria una nuova politica industriale che si concentri sul rilancio delle attività con un maggiore contenuto di innovazione e sulla produzione di un maggiore valore aggiunto, che è indissociabile dallo stimolo alla creazione di nuovi posti di lavoro di qualità. Una politica di questo tipo, se opportunamente concepita e correttamente attuata, contribuirebbe ad evitare le ripercussioni negative dovute a ulteriori cali del PIL, alla frammentazione del mercato unico e alla perturbazione delle catene del valore.

4.   Attenuare l’impatto negativo di situazioni affatto particolari

4.1.

Il CESE invita tutti i principali attori istituzionali a riconsiderare i legami tra l’UE-27 e il Regno Unito, dato che tali legami determineranno in ampia misura l’impatto che il recesso del Regno Unito avrà sulle rispettive economie; si dovranno studiare misure appropriate per i settori che risentirebbero di effetti particolarmente negativi.

4.2.

Il CESE si rammarica del fatto che la decisione degli Stati Uniti di introdurre dazi doganali supplementari sui prodotti europei, quale contromisura all’aiuto concesso dall’UE al consorzio Airbus, colpirà principalmente i prodotti agricoli e agroalimentari degli Stati membri dell’UE. Occorrerebbe riesaminare l’efficacia delle misure di salvaguardia dell’UE per il settore dell’acciaio, storicamente al centro dell’attenzione della CCMI, alla luce della difficile situazione congiunturale dell’industria siderurgica, onde evitare ulteriori danni alle nostre imprese siderurgiche e assicurare condizioni di parità per le imprese e i lavoratori europei.

Il CESE sottolinea che i dazi doganali statunitensi sull’acciaio hanno indotto una notevole diversione del flusso dei prodotti siderurgici di paesi terzi, esportati in quantità sempre maggiori nel mercato europeo, in particolare nel quadro degli appalti per la costruzione di infrastrutture pubbliche.

4.3.

Il CESE osserva che, per quanto nessun paese possa isolarsi dal processo di globalizzazione senza incorrere in costi enormi, il rischio di un crollo del sistema commerciale multilaterale è reale, ragion per cui l’UE deve condurre una riflessione su questo punto; e in quest’ottica accoglie con favore il programma di lavoro della Commissione per il 2020, che prevede un’iniziativa di riforma dell’OMC entro la fine di quest’anno, nonché il piano per la ripresa da essa proposto.

4.4.

Il CESE condivide il punto di vista secondo cui l’UE deve cambiare tattica adottando un approccio più risoluto per garantire una reciprocità effettiva nella pratica e combattere il protezionismo nell’accesso ai mercati degli appalti pubblici dei paesi terzi.

La normativa cinese sul mercato nazionale degli appalti pubblici e sulla tutela dei diritti di proprietà intellettuale differisce sensibilmente dagli standard internazionali in materia; e, nonostante abbia aderito all’OMC, la Cina rimane ancora in larga misura un mercato protetto. Inoltre, la Cina non ha ancora aderito all’accordo sugli appalti pubblici dell’OMC (AAP), nonostante l’impegno assunto in tal senso quando è stata accolta nell’OMC. Nell’UE il dibattito sulla Cina si è fatto più delicato. Programmi ambiziosi come la «nuova Via della seta» (o «iniziativa Belt and Road»), il «Made in China 2025» e gli orientamenti di cooperazione 16+1 («Guidelines») (Budapest 2017, Sofia 2018, Dubrovnik 2019) (6), hanno attirato l’attenzione di una serie di attori pubblici e privati, tra i quali anche le istituzioni dell’UE. In questo quadro l’avvento del 5G ha introdotto la questione della sicurezza digitale, creando un terreno fertile per progredire verso l’indipendenza digitale dell’UE. A tale riguardo, la promozione dei programmi dell’UE per gli investimenti nella ricerca e nell’innovazione sembra essere l’approccio più razionale e produttivo.

4.5.

Le raccomandazioni politiche e le misure concrete dovrebbero tenere conto di due aspetti strategici. Il primo è che il G20, che sarebbe potuto diventare un forum politico globale — complementare al sistema ONU — per affrontare anche il problema degli squilibri e delle disuguaglianze globali, ha ormai perso gran parte del suo peso. Il secondo, strettamente connesso, è che l’UE non dispone di una «politica economica estera» efficace. La politica industriale e le altre politiche dell’UE che incidono sui fattori relativi alla produzione, all’energia, al mercato interno, alla ricerca e all’innovazione, ai trasporti ecc. sono scollegate dalla proiezione esterna dell’UE offerta dai suoi servizi che si occupano di commercio estero e azione esterna, oppure vi si rispecchiano soltanto in parte; ciò riguarda anche le agenzie per il credito all’esportazione degli Stati membri, che dovrebbero unire le loro forze. Tale assenza rende più difficile confrontarsi con i principali attori internazionali e sminuisce il ruolo dell’UE nelle varie sedi multilaterali e internazionali e nella prevenzione delle distorsioni del mercato.

5.   L’impatto della crisi provocata dalla pandemia da coronavirus (COVID-19)

5.1.

La pandemia di COVID-19 ha avuto un impatto macroeconomico e di bilancio straordinario, che perdura tuttora. Il CESE condivide l’opinione secondo cui non vi era alcuna alternativa alle massicce politiche finanziarie e monetarie espansive di recente annunciate nell’UE e nel resto del mondo. Tra i rischi principali che si prospettano, figurano una ripresa incompleta e disomogenea e un aumento della disoccupazione. Le misure messe in atto dalle varie politiche dovrebbero limitare quest’ultimo rischio; esse, tuttavia, per quanto necessarie, provocheranno anche disavanzi pubblici e faranno crescere il debito pubblico.

5.2.

Il CESE sottolinea che questa crisi avrà per l’UE delle gravi implicazioni a lungo termine. Dato che la politica ha ritardato l’impegno coordinato dell’UE nella lotta contro la pandemia, potrebbe esservi una perdita di fiducia nella politica in generale.

5.3.

Tra gli altri rischi che si profilano, figurano una pandemia che duri più a lungo del previsto, instabilità finanziaria sia a livello mondiale che nell’UE, un aumento del protezionismo, la frammentazione del mercato unico e l’approfondirsi delle divergenze strutturali.

5.4.

Secondo il CESE, l’Europa ha urgente bisogno di un nuovo progetto di integrazione interna, di una strategia economica, sociale (compreso il coordinamento della sanità pubblica), di bilancio, energetica e ambientale comune e di una politica commerciale coerente. L’assenza di una strategia europea efficace rimane allarmante, e ad essa occorre porre rimedio muovendosi verso una nuova impostazione collettiva europea.

5.5.

Per sostenere l’economia dell’UE dopo la crisi, è necessario un massiccio pacchetto di investimenti per la ripresa e la ricostruzione, che vada al di là di ciò che stanno già facendo il meccanismo europeo di stabilità, la Banca europea per gli investimenti e la Banca centrale europea e che sia parte integrante del nuovo quadro finanziario pluriennale. Gli investimenti necessari per la ripresa sarebbero inoltre finanziati attraverso fondi europei esistenti, nonché mediante strumenti finanziari e in particolare obbligazioni a sostegno della ripresa garantite dal bilancio dell’UE e definite con chiarezza come intese ad affrontare i problemi causati dalla crisi del coronavirus. In quest’ottica, il CESE considera il piano di ripresa recentemente presentato dalla Commissione europea un primo passo concreto in questa direzione.

5.6.

Il CESE pone l’accento sul fatto che un commercio basato sulle regole è essenziale anche in tempi di crisi, nonché come parte integrante della strategia dell’UE per uscire dalle crisi stesse. Gli Stati membri dell’UE devono rispettare il mercato unico e provvedere affinché non vi siano barriere interne agli scambi nell’UE, avviando un negoziato più completo per un accordo plurilaterale che assicuri condizioni di parità — anche grazie all’eventuale liberalizzazione doganale permanente sulle apparecchiature mediche — e contribuisca a garantire che le catene di approvvigionamento globali possano operare liberamente in questo settore cruciale. Insieme a queste misure, la liberalizzazione doganale e i finanziamenti alle esportazioni, se ben coordinati tra i rispettivi organismi dell’UE e degli Stati membri, potrebbero alleviare la pressione sulle imprese e prevenire le distorsioni del mercato.

Bruxelles, 16 luglio 2020

Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


(1)  http://trade.ec.europa.eu/doclib/docs/2018/november/tradoc_157516.pdf

(2)  EPRS, CETA implementation: SMEs and regions in focus (Attuazione del CETA dal punto di vista delle PMI e delle regioni), studio realizzato su richiesta del CdR, 18 novembre 2019, disponibile all’indirizzo web http://www.europarl.europa.eu/thinktank/en/document.html?reference=EPRS_IDA(2019)644179

(3)  Indagine Flash n. 421 di Eurobarometro, Internazionalizzazione delle piccole e medie imprese, ottobre 2015.

(4)  Belgio, Germania, Spagna, Italia, Paesi Bassi e Regno Unito.

(5)  EPRS, Interactions between trade, investment and trends in EU industry: EU regions and international trade (Interazioni tra scambi commerciali, flussi d’investimento e tendenze nell’industria dell’UE: le regioni dell’UE e il commercio internazionale), studio realizzato su richiesta del CdR, 27 ottobre 2017, disponibile all’indirizzo web http://www.europarl.europa.eu/thinktank/it/document.html?reference=EPRS_STU(2017)608695

(6)  2017: https://www.fmprc.gov.cn/mfa_eng/wjdt_665385/2649_665393/t1514534.shtml;

2018: https://www.fmprc.gov.cn/mfa_eng/wjdt_665385/2649_665393/t1577455.shtml;

2019: https://www.fmprc.gov.cn/mfa_eng/wjdt_665385/2649_665393/t1655224.shtml.


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