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Document 52019IE0346

Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Verso un quadro giuridico europeo adattato per le imprese dell’economia sociale» (parere d’iniziativa)

EESC 2019/00346

GU C 282 del 20.8.2019, p. 1–6 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, HR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

20.8.2019   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 282/1


Parere del Comitato economico e sociale europeo su «Verso un quadro giuridico europeo adattato per le imprese dell’economia sociale»

(parere d’iniziativa)

(2019/C 282/01)

Relatore: Alain COHEUR

Decisione dell’Assemblea plenaria

12.7.2018

Base giuridica

Articolo 32, paragrafo 2, del Regolamento interno

Parere d’iniziativa

Sezione competente

Mercato unico, produzione e consumo

Adozione in sezione

28.5.2019

Adozione in sessione plenaria

19.6.2019

Sessione plenaria n.

544

Esito della votazione

(favorevoli/contrari/astenuti)

159/0/1

1.   Conclusioni e raccomandazioni

1.1.

In un momento in cui la costruzione europea è alla ricerca di un nuovo slancio, la promozione di forme di imprese diverse è un fattore che crea occupazione, innovazione e coesione sociali, nonché competitività in Europa. Il diritto dell’UE si basa su un concetto semplicistico delle forme di imprese esistenti nel mercato unico, di conseguenza le imprese dell’economia sociale (IES) non si riconoscono né come imprese di capitali a fini di lucro né come organizzazioni senza fini di lucro (economicamente disinteressate).

1.2.

Le imprese e le organizzazioni dell’economia sociale sono gestite in base a caratteristiche, valori e principi comuni, quali il primato dell’individuo e dell’oggetto sociale sul capitale, l’adesione volontaria e aperta, e la governance democratica. Esse non cercano di massimizzare i profitti a breve termine, ma di garantirne la redditività a lungo termine. I profitti sono reinvestiti nella creazione o conservazione dei posti di lavoro o nello sviluppo di attività connesse all’oggetto sociale, oppure sono distribuiti collettivamente in funzione del contributo di ciascun socio.

1.3.

Il diritto dell’UE non tiene conto dell’economia sociale nelle sue caratteristiche intrinseche, in particolare la diversa relazione con i profitti. L’articolo 54 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) è interpretato come un articolo che oppone le entità economicamente disinteressate (senza fini di lucro) alle società che esercitano un’attività economica dietro retribuzione. Questa seconda categoria comprende quindi, senza distinguerle e a prescindere dalla loro forma giuridica, tutte le imprese le cui attività le portano a realizzare profitti, che siano o meno ridistribuiti.

1.4.

La giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea (di seguito «Corte») e la prassi decisionale della Commissione europea non manifestano un interesse sufficiente per le società definite «senza fini di lucro» dal loro diritto nazionale o che, a prescindere da tale qualifica, si fondano su criteri di proprietà, governance e utilizzo dei profitti che le distinguono nettamente dalle imprese capitalistiche a fini di lucro, in particolare per quanto riguarda le loro condizioni di accesso ai finanziamenti. Per giunta, la necessità di sbloccare il potenziale di tutte le forme di imprese e il principio di neutralità del diritto dell’UE rispetto alle diverse forme di organizzazione delle imprese dovrebbero consentire di evitare lo sviluppo di un modello di impresa unico.

1.5.

Pertanto il CESE:

propone di introdurre nel diritto dell’UE un quadro giuridico tale da consentire un migliore riconoscimento delle IES. Tale quadro si fonderebbe su un concetto nuovo, il lucro limitato, che si applicherebbe a tutte le imprese che possono realizzare un profitto, ma non mirano a ridistribuirlo ai loro proprietari, in quanto le loro finalità sono di tipo solidale o di interesse generale;

invita la Commissione ad avviare uno studio sul concetto di lucro limitato e sui modelli di imprese che funzionano secondo tale principio. Lo studio permetterebbe di individuare meglio le esigenze di quadri giuridici, finanziari e fiscali adeguati per il mantenimento delle competenze concorrenziali delle imprese interessate e consentirebbe, se del caso, di stabilire una serie di buone pratiche;

invita la Commissione a proseguire gli sforzi compiuti nella comunicazione sulla definizione di aiuto di Stato destinato alle società cooperative, estendendo le disposizioni pertinenti a tutte le IES;

invita altresì la Commissione a elaborare una comunicazione interpretativa dell’articolo 54 del TFUE, nonché degli articoli del trattato sul diritto della concorrenza, al fine di chiarire il concetto di attività senza fini di lucro nel diritto dell’UE;

ritiene infine che un protocollo sulla diversità delle forme di imprese dovrebbe essere allegato al TFUE, al pari del protocollo n. 26 sui servizi di interesse economico generale, e chiede agli Stati membri di inserire tale revisione nel programma delle riforme da attuare in futuro.

2.   Osservazioni generali

2.1.   Riconoscimento politico dell’economia sociale

2.1.1.

L’economia sociale è una realtà che si sviluppa nell’economia e nei territori dell’UE. Essa conta 2,8 milioni di imprese e organizzazioni di forma diversa (tra cui cooperative, mutue, imprese sociali, associazioni o fondazioni) che esercitano un’attività economica e rappresentano l’8 % del PIL dell’UE e 13,6 milioni di lavoratori, ovverosia il 6 % dei lavoratori dipendenti in Europa. Dalle microimprese e PMI ai grandi gruppi dell’economia sociale, esse operano in tutti i settori d’attività. Per le sue dimensioni e la varietà delle sue attività, l’economia sociale rappresenta una sfida importante per una crescita economica europea sostenibile, innovativa, socialmente inclusiva ed ecologica.

2.1.2.

All’economia sociale manca ancora un riconoscimento politico. Dei progressi sono stati compiuti certamente, come dimostrano la dichiarazione di Lussemburgo per l’economia sociale in Europa (Una tabella di marcia verso un ecosistema più ampio per le imprese dell’economia sociale), le conclusioni del Consiglio dell’UE (EPSCO) sulla «promozione dell’economia sociale quale fattore essenziale dello sviluppo economico e sociale in Europa», approvate per la prima volta all’unanimità dai 28 Stati membri dell’UE, il rinnovo da parte della Commissione del gruppo di esperti sul tema Economia sociale e imprese sociali (GECES), e la richiesta del Parlamento europeo alla Commissione di garantire che le caratteristiche dell’economia sociale siano prese in considerazione nell’elaborazione delle politiche europee.

2.1.3.

In diverse occasioni, il CESE ha espresso il proprio parere sull’opportunità di un riconoscimento dell’economia sociale, sulla necessità di un’efficace integrazione delle diverse forme di imprese nella regolamentazione dell’UE e sull’introduzione di un piano d’azione specifico per l’economia sociale.

2.1.4.

Il Pilastro europeo dei diritti sociali non potrà realizzarsi senza la partecipazione delle imprese dell’economia sociale (IES). Occorre quindi assicurarsi concretamente che queste parteciperanno allo sviluppo economico e sociale dell’UE. Nei periodi di crisi le IES mostrano una maggiore resilienza e svolgono il ruolo di ammortizzatori sociali, mentre nel quotidiano esse mantengono e favoriscono la coesione sociale e sono fonti di innovazione sociale. Inoltre, in virtù innanzitutto dei loro principi di funzionamento e poi delle loro attività, numerose IES rispondono agli obiettivi enunciati nel pilastro: esse sono naturalmente portate a soddisfare obiettivi come la promozione di posti di lavoro sicuri e flessibili, il dialogo sociale e il coinvolgimento dei lavoratori e un ambiente di lavoro sano, sicuro e adeguato, o a rispondere in maniera innovativa a taluni bisogni sociali fondamentali.

2.2.   Mancanza di riconoscimento giuridico - una concezione dicotomica e semplicistica delle forme di imprese

2.2.1.

Le IES sono scarsamente riconosciute nel diritto dell’UE. In passato sono state adottate iniziative per permettere la nascita di cooperative, mutue, associazioni e fondazioni europee. L’unica iniziativa concretizzatasi è stato il progetto di regolamento sulle cooperative europee.

2.2.2.

Attualmente, l’approccio statutario, categoria per categoria, sembra essere stato abbandonato a vantaggio di altri due approcci:

da un lato la promozione del concetto di impresa sociale a livello europeo e l’attuazione di diversi strumenti finanziari per venire incontro alle esigenze di finanziamento di tale imprese;

dall’altro, le raccomandazioni non vincolanti della Commissione per incoraggiare gli Stati membri a promuovere essi stessi, al loro interno, le IES, soprattutto nel caso dei paesi che non dispongono ancora di quadri legislativi a livello nazionale.

2.2.3.

Benché il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione dichiarino di voler puntare sullo sviluppo dell’economia sociale nel suo complesso, queste diverse forme di azione sono adattate alle imprese sociali e non si applicano a tutte le IES. Inoltre, queste azioni rischiano di proporre una visione ristretta dell’economia sociale, limitata ad attività di natura sociale.

2.2.4.

In particolare, le norme in vigore e le proposte recenti nascondono un aspetto essenziale: tutta la legislazione dell’UE si fonda su una concezione dicotomica e quindi semplificata degli attori economici.

2.2.5.

Tale dicotomia, che trova le sue radici nel trattato di Roma, figura oggi nell’attuale articolo 54 del TFUE relativo alla libertà di stabilimento. In virtù di tale articolo, il diritto dell’UE riconosce due tipi di soggetti: da un lato, i soggetti senza fini di lucro, tra i quali figurano esclusivamente le organizzazioni che esercitano attività economicamente disinteressate, e dall’altro lato, le imprese, che comprendono principalmente le società commerciali e civili, tra le quali rientrano anche le cooperative.

2.2.6.

Siano esse cooperative, mutue, imprese sociali o associazioni, tutte le imprese che esercitano un’attività economicamente sostenibile e in grado, se del caso, di realizzare guadagni netti, sono assimilate ad imprese di tipo capitalistico a fini di lucro. Le IES, invece, non perseguono obiettivi di massimizzazione dei profitti o di redditività del capitale investito, ma obiettivi di tipo sociale.

2.2.7.

Questa scarsa considerazione per le specificità delle IES trova riscontro anche nel diritto della concorrenza, in cui le IES sono assimilate alle imprese di altro tipo, intese come entità che esercitano un’attività economica sul mercato, a prescindere dallo status giuridico di dette entità e dalle loro modalità di finanziamento. Questa indifferenza per la natura giuridica, gli obiettivi delle IES e, di conseguenza, i vincoli specifici che incombono su di esse, da un punto di vista economico e finanziario, è talvolta rafforzata da interpretazioni giuridiche e dottrinali che trasmettono regolarmente l’idea che, sul mercato, la norma sia costituita dall’impresa che persegue fini di lucro, al fine di massimizzare i profitti o la redditività del capitale investito.

2.2.8.

Il modello dell’impresa capitalista a fini di lucro pervade l’intera normativa europea. Di conseguenza, nonostante i vantaggi di interesse generale derivanti dalla presenza di tali strutture sul territorio degli Stati membri dell’UE, e se si esclude l’eventuale individuazione di servizi di interesse economico generale, né il diritto delle organizzazioni o diritto delle società, né il diritto degli appalti pubblici, né il diritto tributario distinguono le IES dalle altre forme di imprese.

2.2.9.

Un autentico riconoscimento politico non può più quindi fare a meno di un riconoscimento giuridico, sancito nel TFUE, il quale presuppone necessariamente l’eliminazione della confusione di base originaria.

2.2.10.

Il diritto dell’UE sancisce il principio di neutralità rispetto al regime di proprietà negli Stati membri.

Ciò significa che la proprietà delle imprese non rientra nelle competenze dell’UE, ma anche che le norme dell’UE non devono condurre a imporre i regimi di proprietà.

2.2.11.

Analogamente, il diritto dell’UE non interferisce con la decisione di adottare, per un’impresa, una struttura di tipo capitalistico a fini di lucro, nella quale il potere dipende dal numero di azioni o di quote sociali detenute, oppure una struttura tipica dell’economia sociale, che implica una ripartizione dei poteri basata sulle persone e non sui capitali, e nella quale la ridistribuzione degli utili è estremamente limitata o addirittura inesistente, quando essi sono integralmente reinvestiti nell’oggetto sociale.

2.2.12.

Il principio viene tuttavia tradito quando la neutralità comporta il non riconoscimento di interi settori dell’economia e consente a un certo tipo di impresa di imporsi come modello o standard di riferimento per l’elaborazione delle norme di diritto.

2.2.13.

Nel 2009, un parere di iniziativa del CESE sulla diversità delle forme di impresa aveva già rilevato la necessità di proclamare la diversità economica nell’UE.

2.2.14.

È opportuno rivedere l’intero ordinamento giuridico dell’UE per meglio comprendere il ruolo e le modalità di funzionamento specifiche delle imprese che svolgono una funzione di interesse generale e il cui utilizzo dei proventi generati dalle loro attività coincide rigorosamente con il perseguimento di obiettivi sociali.

2.2.15.

Una soluzione consisterebbe quindi nel far riconoscere le IES, a fianco delle imprese a fini di lucro e delle strutture disinteressate, quali appartenenti a una terza categoria di operatori economici, i cui fini di lucro siano deliberatamente limitati dalla precedenza attribuita ad altre finalità.

3.   Osservazioni particolari

3.1.   Il lucro limitato: una caratteristica comune alle imprese dell’economia sociale (IES).

3.1.1.

L’introduzione del concetto di «lucro limitato» permetterebbe di insistere sulla differenza fondamentale tra le IES e le imprese di tipo capitalistico. Affermare che un’entità è a lucro limitato significa considerare il lucro un mezzo e non un fine dell’attività.

3.1.2.

In primo luogo, si parte dall’assunto che, per risultare in pareggio, un’attività debba essere economicamente sostenibile, ossia non dipendere da sovvenzioni o donazioni.

3.1.3.

In secondo luogo, se l’attività consente di conseguire guadagni netti, questi ultimi devono, a seconda della struttura, essere destinati alle riserve o all’attività, al fine di garantire la continuità e lo sviluppo dell’attività dell’impresa mediante gli investimenti. Le cooperative, ad esempio, possono decidere di distribuire una parte dei guadagni netti ai propri soci, sotto forma di ristorni o di interessi, ma solo una quota limitata di tali guadagni netti può formare oggetto di tali ristorni ed essa dipende teoricamente dalle operazioni realizzate dai soci e non dalle loro quote di capitale.

3.1.4.

In terzo luogo, il lucro non può essere l’unico obiettivo dell’attività. Nelle IES il fine dell’attività risponde ad obiettivi diversi dalla redditività di un capitale investito o dalla massimizzazione dei profitti. Tali obiettivi consistono nel servire gli interessi dei loro soci o l’interesse generale, e comprendono spesso anche altri obiettivi di coesione sociale, territoriale o ambientale.

3.1.5.

I vincoli di funzionamento e di gestione intrinsecamente connessi alle finalità delle imprese sono formalizzati nei loro statuti. Tuttavia, il diritto dell’UE deve anche riconoscere l’esistenza degli attori che adottano queste forme particolari di impresa e consentire il loro sviluppo nell’ambito del mercato interno.

3.1.6.

Il ricorso al concetto di lucro limitato permette di:

a)

evitare che il riconoscimento dell’economia sociale sia limitato alle sole imprese sociali, ovverosia quelle che svolgono attività sociali selezionate, mentre le IES, indipendentemente dal settore in cui operano, rispondono a esigenze economiche, sociali e territoriali. I guadagni netti realizzati beneficiano in via prioritaria i soci delle cooperative, gli iscritti alle mutue, gli utenti locali di associazioni di prestazione di servizi e non andranno mai ad alimentare fondi speculativi né verranno destinati a investitori situati ovunque nel mondo;

b)

garantire il rispetto delle diversità nazionali in materia di forme di imprese, in conformità del principio di sussidiarietà.

3.2.   Applicazioni trasversali

Il concetto di lucro limitato ha la capacità di imporsi in diverse politiche dell’UE:

3.2.1.   Libertà di stabilimento

3.2.1.1.

Per quanto riguarda la libertà di stabilimento, una prima modifica di tipo redazionale permetterebbe di riconoscere ufficialmente l’esistenza di società a lucro limitato.

3.2.1.2.

L’articolo 54 del TFUE e la libertà di stabilimento potrebbero dunque riguardare le società di diritto civile o commerciale, comprese le società cooperative e le altre persone giuridiche contemplate dal diritto pubblico o privato, con fini di lucro o a lucro limitato.

3.2.1.3.

La libertà di stabilimento rappresenta una vera e propria sfida per talune forme di IES. Poiché gli statuti giuridici variano notevolmente da uno Stato all’altro, l’esercizio di tale libertà obbliga il più delle volte le imprese a adottare nello Stato membro di stabilimento statuti che non corrispondono alle norme di funzionamento previste nello Stato membro d’origine. Per le IES non esiste infatti alcuno statuto equivalente a quello della società europea. Un riconoscimento minimo delle IES, grazie a una comunicazione interpretativa dell’articolo 54 del TFUE in particolare, consentirebbe al contempo di compiere passi avanti nella considerazione delle loro specificità nel diritto dell’UE, ma anche di avviare una riflessione sulle risposte diverse che sarebbe possibile fornire al problema dello stabilimento, attraverso ad esempio forme di cooperazione rafforzata.

3.2.1.4.

Si tratterebbe di un primo passo in un processo più ampio di sensibilizzazione e di accompagnamento a livello europeo della promozione dell’economia sociale. Tale processo dovrebbe coinvolgere sia l’UE che gli Stati membri, che devono essere incoraggiati a istituire quadri nazionali per l’economia sociale adatti ad accogliere strutture flessibili di imprese a lucro limitato.

3.2.2.   Diritto della concorrenza

3.2.2.1.

Il concetto di lucro limitato dovrebbe essere altresì applicabile nel diritto della concorrenza, senza pregiudicare le norme applicabili ai servizi di interesse economico generale ai sensi dell’articolo 106, paragrafo 2, del TFUE e dei testi che lo completano o lo interpretano.

3.2.2.2.

Anche se la definizione del campo di applicazione delle regole di concorrenza non prevede altri criteri oltre a quello dell’esercizio di un’attività economica in un mercato, alcuni aggiustamenti potrebbero essere effettuati in fase di applicazione delle norme, per tenere conto di alcune specificità delle IES.

3.2.2.3.

Così, in materia di aiuti di Stato, la Corte di giustizia dell’UE ha riconosciuto la situazione particolare in cui si trovano le società cooperative rispetto alle società a fini di lucro, per quanto riguarda le restrizioni alle quali sono soggette per l’accesso al finanziamento delle loro attività. In una sentenza la Corte ha stabilito che le agevolazioni fiscali concesse alle cooperative non possono essere qualificate come un vantaggio selettivo nei loro confronti, in quanto le rispettive situazioni delle cooperative e delle società di capitali non possono essere comparate.

Il ragionamento della Corte si basa sulle caratteristiche proprie delle cooperative che riguardano il controllo, la relazione non puramente commerciale che intrattengono con i loro soci, e soprattutto il loro scarso accesso ai mercati di capitali e la loro inderogabile necessità di affidarsi ai fondi propri e al credito per assicurare il loro sviluppo.

3.2.2.4.

Nella sua comunicazione sul concetto di aiuto di Stato, la Commissione ha preso atto della posizione della Corte riguardo alle cooperative. Essa indica che un regime fiscale più favorevole per le cooperative può non rientrare nella definizione di aiuto di Stato.

3.2.3.   Libertà di prestazione di servizi e appalti pubblici

3.2.3.1.

L’accesso delle IES agli appalti pubblici è stato individuato come un elemento meritevole d’attenzione dalla Commissione, che sottolinea la difficoltà per talune imprese di partecipare a gare d’appalto.

3.2.3.2.

L’approccio degli appalti riservati è escluso a priori. Esiste tuttavia un’eccezione generale per gli operatori economici che hanno come obiettivo principale l’integrazione sociale e professionale delle persone disabili o svantaggiate. Inoltre, la direttiva 2014/24 offre anche agli Stati membri la possibilità di riservare l’accesso ad alcuni appalti per servizi sanitari, sociali e culturali alle imprese a lucro limitato che soddisfino determinati altri criteri di funzionamento.

3.2.3.3.

Va tuttavia osservato che l’approccio della partecipazione al bando di gara, che prevede la messa in concorrenza delle imprese basata sul modello liberista e privato, non sempre pone le imprese a lucro limitato in una posizione concorrenziale confortevole. Ancora una volta, le loro dimensioni a volte modeste o l’accesso più difficile alle fonti di finanziamento degli investimenti possono rappresentare uno svantaggio competitivo, indipendentemente dal tipo di attività prevista. La suddivisione degli appalti in lotti e i criteri di aggiudicazione relativi all’offerta economicamente più vantaggiosa dovrebbero quindi tenere conto di questa differenza di situazione.

3.2.4.   Fiscalità

3.2.4.1.

Per quanto concerne la fiscalità, la Commissione ha riconosciuto, sempre nel 2013, che un quadro fiscale favorevole costituisce un riconoscimento dell’impatto sociale delle imprese sociali. Dovrebbero essere avviate discussioni a favore di un quadro fiscale favorevole che premi più ampiamente l’impatto sociale di tutte le imprese, in termini di coesione sociale, ambientale e territoriale.

Bruxelles, 19 giugno 2019

Il presidente

del Comitato economico e sociale europeo

Luca JAHIER


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