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Document 52016AE6870

    Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla governance dell’Unione dell’energia che modifica la direttiva 94/22/CE, la direttiva 98/70/CE, la direttiva 2009/31/CE, il regolamento (CE) n. 663/2009 e il regolamento (CE) n. 715/2009, la direttiva 2009/73/CE, la direttiva 2009/119/CE del Consiglio, la direttiva 2010/31/UE, la direttiva 2012/27/UE, la direttiva 2013/30/UE e la direttiva (UE) 2015/652 del Consiglio, e che abroga il regolamento (UE) n. 525/2013» [COM(2016) 759 final — 2016/0375/(COD)]

    GU C 246 del 28.7.2017, p. 34–41 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, HR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

    28.7.2017   

    IT

    Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

    C 246/34


    Parere del Comitato economico e sociale europeo sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla governance dell’Unione dell’energia che modifica la direttiva 94/22/CE, la direttiva 98/70/CE, la direttiva 2009/31/CE, il regolamento (CE) n. 663/2009 e il regolamento (CE) n. 715/2009, la direttiva 2009/73/CE, la direttiva 2009/119/CE del Consiglio, la direttiva 2010/31/UE, la direttiva 2012/27/UE, la direttiva 2013/30/UE e la direttiva (UE) 2015/652 del Consiglio, e che abroga il regolamento (UE) n. 525/2013»

    [COM(2016) 759 final — 2016/0375/(COD)]

    (2017/C 246/06)

    Relatore:

    Brian CURTIS

    Consultazione

    Parlamento europeo, 16 gennaio 2017

    Consiglio dell’Unione europea, 20 gennaio 2017

    Base giuridica

    Articoli 191, 192 e 194 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea

    Sezione competente

    Trasporti, energia, infrastrutture, società dell’informazione

    Adozione in sezione

    11 aprile 2017

    Adozione in sessione plenaria

    26 aprile 2017

    Sessione plenaria n.

    525

    Esito della votazione

    (favorevoli/contrari/astenuti)

    103/0/1

    1.   Conclusioni e raccomandazioni

    1.1.

    Il regolamento sulla governance è volto non solo a fornire l’intero quadro di riferimento per il funzionamento dei numerosi aspetti dell’Unione dell’energia, ma anche a stabilire responsabilità chiare in materia di comunicazione e un processo per conseguire tutti gli obiettivi dell’UE in materia di clima ed energia per il prossimo futuro. Si tratta di una normativa complessa, di largo respiro e d’importanza fondamentale.

    1.2.

    Non è un’esagerazione affermare che, in mancanza di un forte processo di governance, l’Unione dell’energia è destinata a fallire e la probabilità che l’UE rispetti i propri impegni e quelli sottoscritti con l’accordo di Parigi sarà notevolmente minore. Per il buon esito di questo processo sono essenziali il coinvolgimento e la partecipazione della società civile, la cooperazione e il sostegno degli Stati membri, l’accordo e l’impegno delle parti sociali. In particolare, deve essere chiaro che il regolamento agevola una transizione energetica giusta, specialmente in termini di posti di lavoro e di costi energetici per le famiglie e le imprese.

    1.3.

    Il CESE appoggia il regolamento sulla governance che è stato proposto. In esso, infatti, viene messo a punto un quadro che consente agli Stati membri di compiere scelte a costi minimi per i loro piani nazionali in materia di energia e clima, riducendo al contempo i rischi di attivi infrastrutturali non recuperabili. Tale obiettivo, tuttavia, difficilmente sarà conseguito se non saranno apportate determinate modifiche al regolamento proposto. Occorre prevedere misure correlate di sostegno che consentano il formarsi di un consenso sociale a livello nazionale, regionale e locale sui modi migliori per affrontare le implicazioni socioeconomiche e tecniche connesse al conseguimento di una transizione energetica giusta.

    1.4.

    La solidarietà e la sicurezza energetiche rivestono un’importanza vitale e, anche se rappresentano uno dei cinque grandi ambiti di comunicazione e valutazione previsti dal regolamento proposto, occorre prestare una particolare attenzione alla definizione, nei rapporti con i paesi terzi, di una diplomazia e di una politica in campo energetico che siano chiare e condivise.

    1.5.

    A meno di un rafforzamento del regolamento sulla governance proposto, è il concetto stesso di Unione dell’energia ad essere in pericolo per effetto dell’indebolimento della legittimità del mandato dell’UE a guidare la transizione energetica. Inoltre, in assenza di misure concrete tese a coinvolgere i cittadini e a imporre l’obbligo di rendere conto, vi è il serio rischio di accentuare la percezione dell’UE quale entità distante e tecnocratica.

    1.6.

    Nell’articolo del regolamento dedicato alle definizioni andrebbero chiariti altri termini, tra cui «obiettivi», «traguardi», «contributo nazionale», «consultazione», «povertà energetica» e «regionale».

    1.7.

    Il regolamento dovrebbe indicare chiaramente che lo sguardo è rivolto oltre il 2030 e sancire l’impegno esplicito dell’UE al raggiungimento del proprio obiettivo per il 2050 in materia di gas a effetto serra; e l’ideale sarebbe che sancisse altresì il nuovo impegno assunto a livello internazionale per il conseguimento, entro il 2050, di emissioni nette pari a zero per i suddetti gas.

    1.8.

    L’allegato del regolamento dovrebbe specificare (in base alle migliori stime della Commissione) i valori di riferimento indicativi per il 2030 riguardo ai contributi nazionali degli Stati membri in materia di energie rinnovabili ed efficienza energetica.

    1.9.

    Il regolamento dovrebbe obbligare gli Stati membri a dare forza di legge nazionale ai contributi concordati per il 2030.

    1.10.

    Il regolamento dovrebbe indicare chiaramente che è compito del singolo Stato membro contribuire al raggiungimento degli obiettivi generali dell’UE in un modo che sia al tempo stesso adeguato e proporzionato.

    1.11.

    Andrebbe messo in evidenza che i dati forniti dagli Stati membri devono essere attinenti al periodo di riferimento e aggiornati, e che a tal fine occorrono risorse e sistemi di sostegno adeguati.

    1.12.

    I piani nazionali per il 2030 dovrebbero essere sviluppati sulla base delle valutazioni approfondite e degli orientamenti forniti dalle strategie a lungo termine, allo scopo di raccogliere i massimi benefici (ad esempio, le scelte per il breve termine sarebbero più efficienti in termini di costi se fossero compiute in linea con la strategia a lungo termine).

    1.13.

    Il regolamento dovrebbe includere una disposizione sull’irreversibilità («ratchet») quale meccanismo per contribuire al raggiungimento dell’obiettivo indicativo, stabilito nell’accordo di Parigi, di un riscaldamento non superiore a 1,5 gradi centigradi rispetto ai livelli preindustriali.

    1.14.

    Nell’allegato andrebbe inserita una «definizione di riferimento» di povertà energetica, allo scopo di rendere possibile un’analisi comparabile e coerente dei dati.

    1.15.

    Il regolamento dovrebbe chiarire che gli Stati membri hanno l’obbligo di pubblicare il prima possibile i progetti dei piani nazionali per l’energia e il clima, e che tutte le successive versioni dei piani via via elaborate — comprese le osservazioni e le risposte della Commissione, dei partner regionali e degli Stati membri — dovranno essere rese di pubblico dominio.

    1.16.

    Andrebbero fornite informazioni più particolareggiate in merito alla valutazione della compensazione dei contributi finanziari e alla natura della «piattaforma finanziaria», nonché riguardo alla questione se tale piattaforma possa essere impiegata per mobilitare finanziamenti aggiuntivi. Le finalità a cui i fondi sono destinati dovrebbero essere ampliate in modo da comprendere anche misure di efficienza energetica.

    1.17.

    La definizione di cooperazione «regionale» non dovrebbe essere esclusivamente incentrata sulla prossimità geografica, ma dovrebbe abbracciare i gruppi di Stati con risorse energetiche complementari, compresi i paesi terzi.

    1.18.

    L’allegato dovrebbe contenere disposizioni specifiche riguardanti la natura e la portata delle consultazioni pubbliche, oltre che le risorse assegnate a tale scopo, per far sì che i cittadini siano sensibilizzati e coinvolti in modo coerente e informato in tutta l’UE.

    1.19.

    Andrebbe presa in considerazione la creazione, in seno all’Agenzia europea dell’ambiente (AEA), di un’unità appositamente dedicata alle informazioni sull’energia in Europa.

    1.20.

    Bisognerebbe mettere a punto due scenari — uno con l’uscita del Regno Unito dall’Unione (la cosiddetta «Brexit») e l’altro con un’Unione a 28 Stati membri — che andrebbero discussi parallelamente in fase di valutazione dei contributi nazionali.

    2.   Introduzione

    2.1.

    L’Europa è attualmente posta di fronte a numerose sfide che — siano esse di carattere politico, economico o tecnico — influiscono sul singolo cittadino e, di conseguenza, contribuiscono a forgiare la natura e il futuro della nostra democrazia. Da molti anni ormai il settore dell’energia è un agone nel quale dispiegano la loro forza potenti fattori politici, tecnici ed economici. L’Unione dell’energia, con la sua visione per il futuro e la sua strategia coesiva, è lo strumento principale dell’UE per garantire che in Europa l’energia sia sicura, economicamente accessibile e rispettosa del clima.

    2.2.

    Disporre di una governance efficace per l’Unione dell’energia è di cruciale importanza non solo per conquistare la fiducia di consumatori e investitori — facendo sì che essi traggano il massimo beneficio al costo più basso — ma anche per dimostrare l’impegno dell’Unione a dare attuazione l’accordo di Parigi e per far incamminare l’UE su un percorso che la porti a oltrepassare gli obiettivi energetici e climatici fissati per il 2050. Se si riuscirà ad adottare un regolamento sulla governance sia appropriato, si offrirà all’Europa un’opportunità capitale di dimostrare il proprio valore ai cittadini, agli Stati membri e al resto del mondo. Si tratta di un aspetto di vitale importanza, in quanto così facendo si supera il divario tra il sistema di scambio di quote di emissione e il regolamento sulla condivisione degli sforzi, dato che gli Stati membri sono spinti a pianificare la decarbonizzazione dell’economia nel suo complesso.

    2.3.

    Nell’aprile del 2015 il CESE ha adottato un parere esplorativo, elaborato su richiesta della Commissione europea, sul tema Lo sviluppo del sistema di governance proposto nell’ambito del quadro 2030 per il clima e l’energia  (1). Nel frattempo è senza dubbio diventata più urgente la necessità di agire in materia di energia e di clima e di adottare una prospettiva a più lungo termine in rapporto alla governance della transizione verso basse emissioni di carbonio. La proposta di regolamento in esame stabilisce ora i requisiti per i piani nazionali integrati per l’energia e il clima, nonché un processo razionalizzato per la loro definizione e il loro monitoraggio. Tuttavia, negli ultimi due anni in tutta Europa si è generalmente indebolita la fiducia dei cittadini sia nella leadership politica e istituzionale che nella compattezza politica, con la conseguenza di rendere la sfida della governance più impellente e, al tempo stesso, più difficile.

    2.4.

    Inoltre, con l’accordo di Parigi del dicembre 2015 è stato concluso un patto a livello mondiale, sottoscritto congiuntamente dall’UE e da ciascuno Stato membro, che impegna i contraenti a dei «contributi stabiliti a livello nazionale» (Nationally Determined Contributions — NDC) che si possono considerare coincidenti con quelli previsti dal regolamento in esame. Con tale accordo si è anche convenuto di proseguire gli sforzi volti a limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5 oC al di sopra dei livelli preindustriali — un’aspirazione, questa, che esige una pianificazione a lungo termine e una serie di traguardi impegnativi, che dovranno probabilmente essere più ambiziosi di quelli finora stabiliti dall’UE per il 2050.

    2.5.

    Nel suo parere del 2015 il CESE aveva previsto tali tendenze e aveva adottato un approccio pragmatico, ravvisando la necessità di campagne approfondite e a largo raggio per l’educazione, l’informazione e la partecipazione dei cittadini in quanto presupposti per la buona riuscita di qualsiasi proposta di governance. Sono pochi i segnali che lasciano intravedere che tutto ciò sia avvenuto. La governance, che ha implicazioni per i requisiti vincolanti imposti per gli interventi degli Stati a livello nazionale, è una materia delicata, non da ultimo in campo energetico, un settore in cui le situazioni specifiche degli Stati membri variano notevolmente. Inoltre, per avere successo, ogni processo deve essere completato con misure non legislative e interventi adeguati.

    2.6.

    Nel 2001 la Commissione europea ha pubblicato un Libro bianco sulla governance (2), nel quale sono fissati cinque principi di buona governance che sono tuttora validi (anche se non sempre attuati), ossia:

    apertura

    partecipazione

    responsabilità

    efficacia

    coerenza.

    Tali principi rispecchiano i capisaldi e i valori sostenuti dal CESE; tuttavia, nel quadro del regolamento proposto, il Comitato desidera aggiungere un altro principio: quello della «transizione giusta».

    2.7.

    Il sistema di governance deve anche permettere l’espressione costante di opinioni, preferenze, percezioni e valori che contribuiscano ininterrottamente all’assunzione di decisioni e alla messa a punto di politiche con cognizione di causa. La governance deve garantire processi solidi e legittimi per l’assunzione delle decisioni, ma anche far sì che le scelte così compiute possano essere adattate alle circostanze dei singoli paesi e adeguate agli eventi imprevisti eventualmente prodottisi nel corso del tempo. Questo non significa, tuttavia, cambiare frequentemente la direzione seguita. Al contrario, significa che la direzione generale del viaggio è salvaguardata dall’impegno a conseguire obiettivi a breve e a lungo termine che sono in linea sia con la climatologia che con un processo stabile per l’assunzione di decisioni sui modi per realizzare quegli obiettivi – in pratica, maggiore coerenza e una dinamica inclusiva.

    3.   Sintesi della proposta della Commissione

    3.1.

    La proposta di regolamento sulla governance — che mira a garantire che le politiche e le misure alla base dell’Unione dell’energia siano coerenti, complementari e sufficientemente ambiziose — poggia su due solidi assi: il primo consiste nel razionalizzare gli obblighi in materia di pianificazione, comunicazione e monitoraggio, nonché a integrare meglio tali obblighi nei piani nazionali per l’energia e il clima (PNEC) e nella pianificazione all’orizzonte 2050, oltre che nelle successive relazioni sullo stato di avanzamento, aggiungendovi, a livello UE, un monitoraggio integrato da parte della Commissione, mentre il secondo prevede un processo di governance strategica tra la Commissione e gli Stati membri riguardo alla definizione e all’attuazione dei piani nazionali. Il testo, se adottato nei termini proposti (adozione di una nuova misura legislativa e revisione della legislazione secondaria vigente), rappresenterebbe un nuovo meccanismo di cooperazione tra gli Stati membri e la Commissione.

    3.2.

    Nel complesso, il regolamento proposto offre un fondamento legislativo per integrare (in 31 casi) o sopprimere (in 23 casi) più di 50 obblighi in materia di pianificazione, comunicazione e monitoraggio fissati dall’acquis relativo all’energia e al clima. La proposta riguarda le cinque dimensioni dell’Unione dell’energia, ossia solidarietà e sicurezza energetica, mercato dell’energia, efficienza energetica, decarbonizzazione e R&I&C (ricerca, innovazione e competitività). Essa definisce in modo abbastanza dettagliato il contenuto dei piani nazionali integrati per l’energia e il clima che, a partire dal gennaio del 2019 e successivamente ogni dieci anni, dovranno essere preparati dagli Stati membri in rapporto alle suddette cinque dimensioni. Sono obbligatorie la consultazione dei cittadini e la cooperazione regionale, oltre che un aggiornamento quinquennale dei piani che saranno via via elaborati. I risultati principali sono rappresentati dai contributi nazionali nei settori delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica, nonché dalla definizione di piani all’orizzonte 2050 per la decarbonizzazione dell’economia.

    3.3.

    È stabilito che la Commissione valuterà i piani, i relativi aggiornamenti e le azioni conseguenti degli Stati membri sulla base delle sue raccomandazioni. Sono dettate disposizioni dettagliate per le relazioni biennali degli Stati membri, con requisiti particolareggiati in materia di politiche, misure e previsioni sulle emissioni di gas a effetto serra, interventi nazionali di adattamento, sostegno finanziario e tecnologico fornito ai paesi in via di sviluppo, proventi delle vendite all’asta, energie rinnovabili, efficienza e sicurezza energetiche, mercato interno dell’energia e R&I&C; e per queste relazioni viene proposta una «piattaforma di comunicazione elettronica».

    3.4.

    Il regolamento contiene clausole dettagliate sulla valutazione, il seguito e il meccanismo di raccomandazione e reazione, qualora si ritenga che le ambizioni o i progressi siano insufficienti. La previsione di un quadro obbligatorio di vasta portata per gli PNEC contribuisce a garantire comparabilità e coerenza. È imposto l’obbligo agli Stati membri di versare un contributo finanziario a una piattaforma di finanziamento per eventuali insuccessi nel raggiungimento degli obiettivi di riferimento concordati in materia di energie rinnovabili. La relazione annuale sullo stato dell’Unione dell’energia comprenderà relazioni complete su questi settori. Il ruolo attribuito all’Agenzia europea dell’ambiente nell’assistere la Commissione è specifico e di ampio respiro.

    3.5.

    Il regolamento è complementare al semestre europeo e coerente con esso; questioni strategiche specifiche in materia di energia e clima rilevanti ai fini delle riforme macroeconomiche o strutturali possono comunque essere oggetto di raccomandazioni specifiche per paese nell’ambito del semestre europeo.

    4.   Osservazioni generali e particolari

    4.1.    Obiettivi, traguardi e contributi

    4.1.1.

    Il regolamento sulla governance offre un quadro dettagliato per gli PNEC e il successivo processo di comunicazione, valutazione e adeguamento. Esso è imperniato sulla definizione degli obiettivi, sul monitoraggio dei traguardi e sulla realizzazione dei contributi. Tuttavia l’articolo 2, che riguarda le definizioni, non fornisce spiegazioni per questi termini — un’omissione, questa, alla quale si dovrebbe posto rimedio.

    4.1.2.

    Il CESE condivide e sostiene le disposizioni dettagliate dell’allegato 1 in materia di PNEC obbligatorio, che sostituiscono i piani separati in materia di efficienza energetica ed energie rinnovabili. È particolarmente importante l’obbligo per ogni Stato membro di fissare in questi settori dei contributi nazionali, i quali — se aggregati — dovrebbero almeno raggiungere i traguardi generali concordati a livello dell’UE.

    4.1.3.

    Nei suoi precedenti pareri il CESE ha argomentato con fermezza e coerenza a favore dell’introduzione di traguardi nazionali vincolanti (3). Questa posizione è dovuta al fatto che molti fallimenti delle precedenti politiche energetiche sono imputabili a un’attuazione insufficiente. Se attuati, adeguati e rispettati in modo rigoroso, i contributi nel quadro degli PNEC potrebbero far ottenere un risultato equivalente a quello di traguardi vincolanti. Tuttavia, perché ciò si traduca in realtà, bisogna prima affrontare una serie di punti deboli della proposta in esame.

    4.1.4.

    Il parametro di riferimento per i contributi nazionali in materia di efficienza energetica ed energie rinnovabili è rappresentato dagli impegni concordati, già indicati dagli Stati membri, che dovranno essere realizzati entro il 2020. Il regolamento risulterebbe tuttavia rafforzato se comprendesse valori di riferimento indicativi, all’orizzonte 2030, per i contributi degli Stati membri. Tali valori di riferimento dovranno in ogni caso essere stabiliti quale base per il dialogo sull’adeguamento e, se verranno presentati e resi pubblici in modo tempestivo, accelereranno il processo iterativo previsto.

    4.1.5.

    Alcuni paesi hanno introdotto obiettivi in materia di energia, da raggiungere entro il 2020, all’interno della loro normativa nazionale. Il CESE ritiene che il regolamento debba obbligare gli Stati membri a dare forza di legge nazionale ai contributi concordati per il 2030, per dare maggior peso ai traguardi tramite un imperativo di legge. L’esperienza mostra tuttavia che persino gli obblighi di legge non garantiscono necessariamente i risultati, ed è per questo motivo che il CESE sottolinea l’importanza della buona governance quale processo stabile per far sì che si compiano progressi; nel prosieguo del parere, il Comitato evidenzia in modo particolare l’importanza di introdurre disposizioni molto più rigorose, allo scopo di rendere possibile e garantire il coinvolgimento delle parti interessate nella governance.

    4.1.6.

    Per rafforzare ulteriormente l’importanza dei «contributi» nazionali, il regolamento dovrebbe chiarire, in rapporto sia all’efficienza energetica che alle energie rinnovabili, che è compito del singolo Stato membro contribuire al raggiungimento degli obiettivi generali dell’UE in un modo che sia adeguato e proporzionato. Attualmente questo obbligo costituisce una responsabilità collettiva.

    4.2.    Processo di comunicazione

    4.2.1.

    Il CESE accoglie con favore gli obblighi di presentare relazioni imposti agli Stati membri e il ruolo analitico/critico assegnato alla Commissione, assieme all’Agenzia europea dell’ambiente, riguardo alle relazioni così presentate. Sarà essenziale un’analisi precisa, salda e coraggiosa se si vuole che le raccomandazioni e i pareri della Commissione in materia producano un effetto. È inoltre essenziale che i dati siano attinenti al periodo di riferimento della relazione e aggiornati, come sottolineato nel parere del CESE sullo Stato dell’Unione dell’energia 2015  (4).

    4.2.2.

    Anche se i dati richiesti per le relazioni da presentare sono in linea con quelli necessari nel quadro dell’accordo di Parigi sui cambiamenti climatici, l’aggiornamento degli PNEC ha luogo prima del completamento della valutazione globale quinquennale di tale accordo, il che rischia di generare un ritardo considerevole nella risposta a qualsiasi aggiornamento degli NDC previsto dall’UE. E, dato che anche l’UE ha sottoscritto l’accordo di Parigi, l’allineamento della governance risulterebbe così pregiudicato in modo inaccettabile. Bisognerebbe quindi cogliere l’occasione per fissare un calendario appropriato per le revisioni, rispettivamente in sede ONU e UE, dei contributi stabiliti a livello nazionale.

    4.2.3.

    Il regolamento dovrebbe inoltre comprendere una disposizione sull’irreversibilità («ratchet») quale meccanismo per contribuire al raggiungimento dell’obiettivo indicativo di un riscaldamento non superiore a 1,5 gradi centigradi rispetto ai livelli preindustriali. Questo sarebbe fattibile attraverso un processo che porti all’adozione, in 5-10 fasi, di bilanci per il carbonio in cui l’UE si impegna a conseguire, entro il 2050, emissioni nette pari a zero per i gas a effetto serra.

    4.2.4.

    Il regolamento impone che gli PNEC contengano, tra l’altro, una valutazione d’impatto sulle questioni sociali e, più precisamente, degli obiettivi nazionali in materia di povertà energetica e un programma d’azione. Il CESE ha mostrato particolare interesse per questo tema e accoglie con favore questa disposizione. La definizione di povertà energetica è tuttavia lasciata alla discrezione degli PNEC, e ciò renderà impossibile comparare i dati tra gli Stati membri, compromettendo quindi la probabilità che l’UE proceda a una transizione giusta e rendendo probabile l’opposizione dell’opinione pubblica alla transizione stessa. Il CESE raccomanda pertanto che il regolamento contenga una definizione semplice da usare come riferimento. Tale definizione non dovrebbe essere obbligatoriamente adottata dagli Stati membri per fini interni, ma permetterebbe di stabilire un parametro in base al quale gli PNEC sarebbero tenuti a elaborare le relazioni. Un esempio di definizione potrebbe essere il seguente: «esiste povertà energetica quando un nucleo familiare spende più del 10 % del suo reddito disponibile per l’energia a fini di riscaldamento e raffreddamento a un livello adeguato». Una definizione di questo tipo ha permesso ad alcuni paesi di valutare i progressi compiuti — o meno — nell’affrontare il problema della povertà energetica, anche se la natura plurifattoriale del problema potrebbe richiedere una definizione che contenga altri elementi.

    4.3.    Trasparenza, responsabilità e applicazione

    4.3.1.

    Il Comitato rileva che gran parte della legislazione precedente in materia di energia è stata recepita e applicata in ritardo o in maniera non corretta. Gli Stati membri devono pertanto compiere il massimo sforzo, in uno spirito di solidarietà e con impegno, per dare attuazione alla volontà politica e impiegare le risorse amministrative necessarie per l’attuazione efficace del regolamento. Il calendario è estremamente impegnativo. I progetti di PNEC, che devono essere preliminarmente sottoposti a un efficace processo di consultazione e a un dialogo regionale, vanno trasmessi alla Commissione entro il 1o gennaio 2018. Questo significa che gli PNEC e i relativi dialoghi con le parti interessate e i partner regionali sono già in fase di realizzazione. Il CESE si compiace che le richieste di un nuovo quadro e di nuovi obiettivi per il periodo 2020-2030 stiano trainando questo processo, ma teme che — senza la comprensione e l’impegno dei cittadini, entrambi essenziali — la legittimità della politica energetica dell’UE possa essere compromessa, in particolare tra i consumatori che devono fare fronte all’aumento dei costi dell’energia.

    4.3.2.

    Il processo di governance previsto lascia poco spazio per chiare sanzioni in caso di ambizione insufficiente o mancata osservanza. La trasparenza e la responsabilità sono essenziali affinché le parti interessate, in particolare i cittadini, possano esercitare un’influenza. Il CESE propone pertanto che venga istituito un organo indipendente, composto da parti interessate, che assicuri una rappresentanza e una consultazione efficaci delle parti interessate in ogni Stato membro e pubblichi una relazione annuale sul processo di governance e il relativo dialogo (cfr. il punto 4.6).

    4.3.3.

    Il regolamento menziona più volte la trasparenza, ma il CESE teme che non sia stata chiarita la questione dell’obbligatorietà o meno della pubblicazione tempestiva e dell’accesso al pubblico in ogni fase dell’elaborazione degli PNEC. È inserito un riferimento alla convezione di Århus nel preambolo (ma non negli articoli) del regolamento, ma il Comitato ritiene che tale riferimento sia inadeguato. Il regolamento dovrebbe chiarire che gli Stati membri hanno l’obbligo di pubblicare il prima possibile i progetti dei piani nazionali per l’energia e il clima, e che tutte le successive versioni dei piani via via elaborate — comprese le osservazioni e le risposte della Commissione, dei partner regionali e degli Stati membri — dovranno essere rese di pubblico dominio.

    4.3.4.

    Visto il ruolo fondamentale della transizione verso le energie rinnovabili, è necessaria una maggiore chiarezza sulla natura e il funzionamento della «piattaforma di finanziamento» (articolo 27) e sui modi in cui sarà attribuito un valore finanziario alle eventuali carenze nella fornitura di energia da fonti rinnovabili. Per esempio, è previsto che tale piattaforma raccolga fondi dal settore privato sulla base dei «contributi» degli Stati membri? Si propone che le risorse accumulate in questa piattaforma possano essere impiegate sia per le misure di efficienza energetica che per la fornitura di energia da fonti rinnovabili.

    4.3.5.

    Sussistono alcune incertezze circa le modalità con cui le raccomandazioni della Commissione, dopo la presentazione della relazione annuale, saranno applicate qualora gli Stati membri non abbiano prontamente preso dei provvedimenti. Se ciò avrà luogo tramite la consueta procedura d’infrazione, non si tratterà allora di una reazione fin troppo lenta per produrre effetti entro il calendario stabilito?

    4.4.

    Il CESE appoggia pienamente le disposizioni per la cooperazione regionale obbligatoria tra gli Stati membri, che hanno lo scopo di migliorare l’efficacia e l’efficienza delle misure e promuovere l’integrazione del mercato e la sicurezza energetica. Tuttavia, esso raccomanda che il termine «regionale» rientri tra le definizioni contenute nell’articolo 2, per consentire alla Commissione di proporre l’assunzione di un impegno e di imporne l’osservanza. Al momento, infatti, esiste la possibilità che il termine «regionale» sia inteso come riferito al livello intrastatale anziché a quello interstatale, oppure che una regione sia definita in termini geografici in contrapposizione a un gruppo di Stati con risorse energetiche complementari.

    4.5.

    In particolare, il CESE è estremamente deluso nel rilevare che l’articolo 10 sulla consultazione pubblica è generico e inadeguato, oltre ad avere un contenuto di gran lunga inferiore rispetto a quanto proposto dal CESE stesso con il dialogo europeo per l’energia (DEE), un meccanismo di vasta portata che consentirebbe di entrare direttamente e costantemente in contatto con i cittadini/consumatori, oltre a permettere l’educazione e la partecipazione dei cittadini riguardo ad aspetti che molti Stati membri avranno difficoltà a far accettare. Un dialogo di questo tipo è troppo importante per essere trattato — eventualmente — nella parte dedicata alle «misure non legislative», e ad esso andrebbe conferito un preciso fondamento con l’aggiunta di un paragrafo apposito nell’articolo 10. Questo articolo, inoltre, non è in linea con gli standard fissati dalla direttiva sulla valutazione ambientale strategica che stabilisce le norme per una governance trasparente e partecipativa in materia ambientale, di cui la pianificazione in materia di energia e clima costituisce un elemento cruciale.

    4.6.

    Pertanto, il CESE ribadisce il proprio punto di vista secondo cui il processo di governance, nei termini stabiliti dal regolamento in esame, non sarà in grado di concretizzare gli NDC senza il coinvolgimento e il sostegno della società civile in tutta Europa. Per conquistare la fiducia e l’impegno dei cittadini, un dialogo di questo tipo dovrebbe essere autonomo rispetto al governo e al processo concernente gli PNEC. Tale dialogo dovrebbe offrire un punto di riferimento per informare i consumatori, aiutare i fornitori di energia a impegnarsi e a consolidare la fiducia, e fornire un canale attraverso cui veicolare le numerose preoccupazioni nutrite da vari gruppi riguardo alla sicurezza, accessibilità e sostenibilità dell’energia. Il CESE ha dichiarato la propria disponibilità a svolgere un ruolo in questo processo, da esso denominato DEE, mediante la presa in carico di taluni aspetti delle consultazioni nazionali organizzate e la partecipazione ad esse. Tale dialogo deve tuttavia basarsi su risorse più ampie e su un impegno nazionale a largo raggio. In sintesi, sarebbe necessario intraprendere i seguenti passi:

    sarà istituito un sistema per creare un fondo di finanziamento indipendente e imparziale, al quale contribuiranno principalmente le parti interessate di tutta la catena di produzione e approvvigionamento energetici e che sarà integrato con un adeguato sostegno pubblico da parte dell’UE e degli Stati membri. Nel complesso, il DEE rappresenterà, sul piano dell’efficacia dei costi, uno strumento valido in grado di coinvolgere tutti i tipi di consumatori nella modulazione energetica, nonché di riconoscere e stimolare il contributo dei consumatori produttori («prosumatori»);

    parallelamente agli orientamenti sulla struttura dei piani nazionali, il DEE, attuato in consultazione con la Commissione e con tutti i principali soggetti interessati, elaborerà linee guida sull’instaurazione dei dialoghi nazionali per l’energia;

    verrà creato, nell’ambito del dialogo europeo per l’energia, un organo totalmente indipendente di coordinamento al fine di incoraggiare l’adozione di iniziative e la loro attuazione in tutti gli Stati membri. Questa struttura dovrebbe tra l’altro contribuire alla necessaria revisione, da parte della Commissione, del contenuto e delle ambizioni dei piani nazionali, nonché alla loro attuazione. Ciò consentirà di evidenziare il contributo che le parti interessate possono apportare all’elaborazione delle politiche e di soddisfare il requisito di una consultazione efficace posto dal regolamento;

    si procederà a organizzare un dibattito sui piani nazionali e discussioni regionali con i gruppi responsabili del DEE dei paesi vicini, cui faranno seguito discussioni a livello UE tra tutti i gruppi attivi nel dialogo sull’energia. Tali discussioni, condotte nell’ambito della struttura di coordinamento indipendente, dovrebbero essere considerate alla stregua di una consultazione con le istituzioni dell’UE e accrescere l’efficacia in termini di costi delle politiche dell’UE e degli Stati membri.

    4.7.

    Il CESE propone di istituire, in seno all’Agenzia europea per l’ambiente (AEA), un’unità appositamente dedicata alle informazioni sull’energia in Europa che sia responsabile dell’assemblaggio dei dati, nonché dei processi di valutazione, richiesti dal regolamento sulla governance. Tale unità dovrebbe operare in stretta cooperazione con l’Osservatorio della povertà energetica proposto e fornire servizi di informazione al dialogo europeo per l’energia a livello nazionale.

    4.8.

    La sicurezza energetica è uno dei cinque grandi ambiti di comunicazione e valutazione previsti dal regolamento proposto, ed è in particolare in questo ambito che sarà necessario un ampio dialogo regionale. Il Comitato ha già osservato che, nei confronti dei paesi terzi, l’UE ha bisogno di una diplomazia e di una politica energetica che siano chiare e condivise (5). La Commissione indica nella sicurezza energetica e nella solidarietà il primo pilastro di un progetto comune per l’Unione dell’energia; senonché, senza accordi e partenariati forti con i principali attori a livello mondiale e in assenza di una politica energetica comune, tale risultato non sarà realizzabile.

    4.9.

    Il CESE è preoccupato per l’impatto della Brexit sul processo di governance. In primo luogo, il processo previsto dal regolamento presuppone ancora l’appartenenza del Regno Unito all’UE e gli NDC saranno valutati secondo questo presupposto. Il testo finale degli PNEC sarà stabilito prima che il Regno Unito esca ufficialmente dall’UE, ma a questo punto potrebbe essere necessario apportare considerevoli modifiche per far sì che il contributo stabilito a livello nazionale per questo paese sia scorporato dal contributo complessivo dell’UE. Il CESE propone che la Commissione elabori, oltre allo scenario «a 28 Stati membri», uno scenario che preveda l’uscita del Regno Unito dall’UE, e che i due scenari siano discussi parallelamente. In secondo luogo, l’uscita del Regno Unito potrebbe avere un forte impatto sull’equilibrio politico e sulla strategia diplomatica relativa a ciascuna delle cinque dimensioni rientranti nel campo di applicazione del regolamento e in particolare alla sicurezza energetica.

    Bruxelles, 26 aprile 2017

    Il presidente del Comitato economico e sociale europeo

    Georges DASSIS


    (1)  GU C 291 del 4.9.2015, pag. 8.

    (2)  COM(2001) 428 final.

    (3)  GU C 424 del 26.11.2014, pag. 39 e GU C 75, del 10.3.2017, p. 103.

    (4)  GU C 264 del 20.7.2016, pag. 117.

    (5)  GU C 264 del 20.7.2016, pag. 117.


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