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Document 32000R1522

Regolamento (CE) n. 1522/2000 del Consiglio, del 10 luglio 2000, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di fibre sintetiche in fiocco di poliesteri originarie dell'Australia, dell'Indonesia e della Thailandia e che riscuote definitivamente i dazi provvisori

GU L 175 del 14.7.2000, p. 10–28 (ES, DA, DE, EL, EN, FR, IT, NL, PT, FI, SV)

Questo documento è stato pubblicato in edizioni speciali (CS, ET, LV, LT, HU, MT, PL, SK, SL)

Legal status of the document No longer in force, Date of end of validity: 15/07/2005: This act has been changed. Current consolidated version: 15/07/2000

ELI: http://data.europa.eu/eli/reg/2000/1522/oj

32000R1522

Regolamento (CE) n. 1522/2000 del Consiglio, del 10 luglio 2000, che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di fibre sintetiche in fiocco di poliesteri originarie dell'Australia, dell'Indonesia e della Thailandia e che riscuote definitivamente i dazi provvisori

Gazzetta ufficiale n. L 175 del 14/07/2000 pag. 0010 - 0028


Regolamento (CE) n. 1522/2000 del Consiglio

del 10 luglio 2000

che istituisce un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di fibre sintetiche in fiocco di poliesteri originarie dell'Australia, dell'Indonesia e della Thailandia e che riscuote definitivamente i dazi provvisori

IL CONSIGLIO DELL'UNIONE EUROPEA,

visto il trattato che istituisce la Comunità europea,

visto il regolamento (CE) n. 384/96 del Consiglio, del 22 dicembre 1995, relativo alla difesa contro le importazioni oggetto di dumping da parte di paesi non membri della Comunità europea(1), in particolare l'articolo 9,

vista la proposta presentata dalla Commissione, sentito il comitato consultivo,

considerando quanto segue:

1. PROCEDIMENTO

1.1. Misure provvisorie e dazi compensativi definitivi

(1) Con il regolamento (CE) n. 124/2000(2) della Commissione (in appresso denominato "il regolamento provvisorio") sono stati imposti dazi antidumping provvisori sulle importazioni nella Comunità di fibre di poliesteri in fiocco (FPF) del codice NC 55032000, originarie dell'Australia, dell'Indonesia e della Thailandia.

(2) A conclusione di una parallela inchiesta antisovvenzioni, sono stati imposti dazi compensativi provvisori mediante il regolamento (CE) n. 123/2000(3) della Commissione, sulle importazioni nella Comunità di FPF originari dell'Australia e di Taiwan.

(3) Per quanto concerne la summenzionata inchiesta antisovvenzioni, con il regolamento (CE) n. 978/2000 del Consiglio(4) sono stati adottati dazi compensativi sulle importazioni originarie dell'Australia, di Taiwan e dell'Indonesia.

1.2. Procedimento successivo

(4) A seguito dell'imposizione di dazi antidumping provvisori, diverse parti hanno presentato commenti per iscritto. Conformemente alle disposizioni dell'articolo 6, paragrafo 5 del regolamento (CE) n. 384/96 (il "regolamento di base"), le parti che lo hanno chiesto hanno avuto la possibilità di essere sentite. Le parti sono state informate dei fatti e delle considerazioni principali in base ai quali si intendeva raccomandare l'istituzione di un dazio antidumping definitivo e la riscossione definitiva, a livello di tale dazio, degli importi depositati a titolo di dazi provvisori. È stato inoltre concesso loro un periodo entro il quale comunicare le loro osservazioni dopo aver ricevuto le informazioni in questione.

(5) I commenti presentati, oralmente o per iscritto, dalle parti interessate entro i termini fissati a tal fine, sono stati presi in considerazione e, se del caso, ne è stato tenuto conto nelle conclusioni definitive.

1.3. Omessa collaborazione

(6) In seguito all'imposizione delle misure provvisorie, un produttore esportatore indonesiano che non aveva collaborato ha chiesto alla Commissione di essere considerato come collaboratore. Egli ha asserito che, nonostante le difficoltà legate alla scadenza imposta, aveva risposto al questionario della Commissione e che tale fatto indicava la sua intenzione di collaborare.

(7) Come spiegato al considerando 18 del regolamento provvisorio, tale produttore esportatore non ha fornito tutte le necessarie risposte al questionario entro la scadenza fissata, prorogata diverse volte per permettere a tale società di presentare una risposta significativa. La classificazione provvisoria come società non collaborante è quindi confermata.

2. PRODOTTO IN ESAME E PRODOTTO SIMILE

(8) Il prodotto interessato sono le fibre sintetiche di poliesteri in fiocco, non cardate né pettinate né altrimenti preparate per la filatura, attualmente classificabili al codice NC 55032000. Tale prodotto è comunemente denominato "fibre di poliesteri in fiocco", abbreviato FPF.

(9) Il governo thailandese, il governo indonesiano, taluni produttori esportatori ed un'associazione di utilizzatori ("Eurofibrefill") hanno contestato che l'avviso di apertura del procedimento non copriva le FPF per utilizzo diverso dalla filatura e che di conseguenza sarebbe stato necessario escludere tali FPF dal procedimento.

(10) È stato inoltre asserito che, comunque, dovrebbe essere fatta una differenziazione tra i tipi di FPF utilizzati per la filatura (definito anche "tessuto" o "FPFF") e i tipi di FPF utilizzati per applicazioni diverse dalla filatura (definito anche "non tessuto", "fibre sintetiche per imbottitura", o "FPFNF") a causa delle differenze a livello di caratteristiche fisiche, tecniche, chimiche e di utilizzo. Inoltre, è stato asserito che l'eventuale intercambiabilità tra FPFF e FPFNF era molto limitata e concerneva unicamente taluni tipi di fibre originariamente destinate a FPFF che potrebbero essere utilizzate come FPFNF. In particolare, alcune parti interessate hanno dichiarato che la differenziazione tra FPFF e FPFNF si riscontrerebbe a livello dello spessore espresso in "denari". Secondo tali parti interessate, solo i tipi di FPF inferiori a 3 denari sono utilizzati dall'industria della filatura.

(11) Inoltre, essi hanno sostenuto che l'industria comunitaria produce principalmente FPFF e che di conseguenza la maggior parte delle FPFNF deve essere acquistata al di fuori della Comunità.

(12) Un produttore esportatore indonesiano ha inoltre asserito che le FPF prodotte con materie prime riciclate ("FPF riciclati") non dovrebbero essere inclusi nella stessa categoria delle FPF prodotte con materie prime normali ("FPF normali") poiché questi due tipi avrebbero processi produttivi distinti, sarebbero prodotti con materie prime diverse e avrebbero utilizzi finali diversi. Essi hanno quindi sostenuto che le FPF riciclate non dovrebbero essere coperte dall'attuale procedimento.

(13) A tale riguardo è opportuno notare che l'avviso di apertura del procedimento, come pure la denuncia, riproducono chiaramente la descrizione del codice NC pertinente che copre tutti i tipi di FPF. Ciò nonostante, dopo l'apertura dell'attuale inchiesta il testo della descrizione del pertinente codice NC è stato interpretato erroneamente da taluni produttori esportatori. È stato successivamente chiarito che sia la denuncia che l'avviso di avvio del procedimento concernevano tutti i tipi di FPF esportati dai paesi interessati e prodotti dall'industria comunitaria indipendentemente dal loro utilizzo.

(14) In effetti l'industria comunitaria produce tutti i tipi di FPF ed in particolare di FPFNF. Contrariamente alle affermazioni in base alle quali l'attività dell'industria comunitaria nella fabbricazione di FPFNF sarebbe modesta, l'inchiesta ha dimostrato che durante il periodo dell'inchiesta ("PI" 1o aprile 1998 - 31 marzo 1999), le vendite dei tipi FPFF hanno rappresentato circa il 25 % delle vendite dell'industria comunitaria mentre i tipi FPFNF hanno totalizzato circa il 75 %.

(15) Inoltre è emerso che circa il 50 % delle importazioni di FPF originarie dell'Australia, dell'Indonesia e della Thailandia erano di tipo FPFF mentre il restante 50 % era del tipo FPFNF.

(16) Per quanto riguarda le presunte differenze a livello di caratteristiche fisiche, tecniche e chimiche, si dovrebbe ricordare che le FPF sono disponibili in una vasta gamma di tipi, generalmente della stessa composizione chimica. Esse sono inoltre fabbricate negli stessi impianti e perfino nelle stesse linee di produzione. L'inchiesta ha rivelato che ciascun operatore, sia tra i produttori esportatori che nell'industria comunitaria, produce dai 15 agli 80 tipi di FPF. Le principali caratteristiche che distinguono i diversi tipi di FPF sono lo spessore (denaro), la lunghezza, la resistenza, la propensione a sgualcirsi e il tasso di restringimento. È chiaro che tra la qualità "minima" e la "massima" della gamma vi sono differenze per quanto concerne le summenzionate caratteristiche. Si deve tuttavia notare che esistono differenze nelle caratteristiche fisiche anche per tipi dello stesso spessore, poiché la fabbricazione avviene in genere su specifica dei clienti.

(17) L'asserita differenziazione quasi completa tra i vari tipi di FPF in base alla soglia dei 3 denari, che rispecchierebbe le differenze nell'utilizzo del prodotto, non è stata confermata dall'attuale inchiesta, in particolare tramite l'analisi dei dati reali forniti dai produttori esportatori e dall'industria comunitaria. In effetti, è stata riscontrata una rilevante sovrapposizione tra i diversi tipi di FPF. Quest'esame ha rivelato che le vendite di FPF di spessore inferiore a 3 denari alle industrie diverse da quella della filatura e di spessore superiore a 3 denari all'industria della filatura coprono circa il 20 % delle importazioni provenienti dai tre paesi interessati e delle vendite dell'industria comunitaria. Inoltre, il 7 % delle fibre è esattamente sulla soglia dei 3 denari, ed è quindi utilizzabile sia per la filatura che per altri impieghi. L'inchiesta ha dunque mostrato che non vi è una chiara linea di demarcazione tra i diversi tipi, poiché in questa gamma vi è sovrapposizione e conseguentemente concorrenza tra tipi "adiacenti".

(18) Oltre alla summenzionata sovrapposizione, il fatto che lo stesso tipo di FPF vengano utilizzate sia per la filatura che per le altre applicazioni è stato inoltre confermato dall'esistenza di una chiara intercambiabilità unidirezionale riscontrata per taluni tipi di FPF. Effettivamente, le FPFF possono essere vendute per utilizzi diversi dalla filatura se la qualità delle fibre non è adatta alla filatura. Di conseguenza, conformemente alla prassi seguita dalla Comunità in tali casi, i diversi tipi di FPF in causa dovrebbero essere considerati come un prodotto unico.

(19) Per quanto riguarda la presunta differenza tra il costo di fabbricazione delle FPFF e delle FPFNF, è opportuno notare che tale differenza è trascurabile. Ciò si riflette anche nel fatto che non ci sono grandi differenze nei prezzi di vendita delle FPFF e delle FPFNF, come ad esempio per i tipi normali di FPF per usi di filatura e per usi diversi dalla filatura.

(20) Come già detto, tutti i tipi di FPF sono prodotti utilizzando gli stessi macchinari. Inoltre, il passaggio da un tipo di FPF ad un altro non comporta alcun investimento supplementare a parte taluni costi di adeguamento e di calibrazione. Sebbene di per sé questo non sia pertinente per la determinazione del prodotto interessato e del prodotto simile, ne consegue che l'industria comunitaria può produrre qualsiasi tipo di FPF. Di conseguenza, anche se, come asserito, certi tipi di FPF non fossero prontamente disponibili presso l'industria comunitaria, tale fatto non è dovuto a motivi tecnici ma al livello depresso dei prezzi causato dalle importazioni oggetto di dumping che i clienti hanno utilizzato come riferimento nelle loro richieste di quotazione. Pertanto, la motivazione secondo la quale certi tipi di FPF non sono disponibili presso l'industria comunitaria non è stata avvalorata.

(21) Infine, è opportuno sottolineare che l'esistenza di diversi tipi di FPF e di differenze a livello di materie prime utilizzate, processi di produzione e utilizzo finale, non comporta alcuna differenza rilevante nelle caratteristiche fisiche, chimiche e tecniche di base delle FPF. Pertanto, sia le FPF riciclate che quelle normali dovrebbero essere considerate facenti parte del prodotto interessato ai fini del presente procedimento.

(22) In base a quanto precede, si ritiene che le osservazioni ricevute in merito alla definizione del prodotto interessato e del prodotto simile non siano tali da invalidare le conclusioni dei punti 10 - 12 del regolamento provvisorio. Di conseguenza, tali conclusioni, che sono in linea con le conclusioni formulate per lo stesso prodotto nelle inchieste precedenti, sono confermate.

3. DUMPING

3.1. Australia

3.1.1. Valore normale

(23) A seguito dell'adozione delle misure provvisorie, l'unico produttore esportatore australiano ha asserito che la Commissione aveva erroneamente considerato un utente nazionale come società collegata e non avrebbe quindi dovuto escludere le transazioni a tale società nella determinazione del valore normale. Secondo il produttore esportatore, detto utilizzatore era un cliente indipendente.

(24) Questo reclamo è stato respinto perché, da informazioni raccolte sul posto, risulta che l'utilizzatore in questione ed il produttore esportatore australiano erano, ciascuno, posseduti da un gruppo industriale ("trust"). Entrambi i trust erano controllati dalla stessa famiglia. Inoltre, la società stessa ha ammesso che alcuni direttori ed azionisti erano comuni per entrambe le società. Si è quindi concluso che entrambe le società erano parti associate ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 1 del regolamento di base. Inoltre, la società non ha dimostrato che la relazione non avesse inciso sui prezzi tra le due parti. Inoltre, la Commissione ha appurato che queste transazioni non erano avvenute nel corso di normali operazioni commerciali, essendo infatti state effettuate in perdita.

(25) Il produttore esportatore australiano ha inoltre sostenuto che, nella determinazione del costo delle materie prime, si sarebbero dovuti utilizzare gli importi effettivamente versati invece dei prezzi fatturati.

(26) Questa richiesta è stata accolta ed il costo di produzione utilizzato per la verifica delle normali operazioni commerciali e nella costruzione del valore normale è stato rivisto di conseguenza.

3.1.2. Prezzo all'esportazione

(27) Non sono state presentate osservazioni riguardo alla determinazione del prezzo d'esportazione. Le conclusioni stabilite nel regolamento provvisorio sono quindi confermate.

3.1.3. Confronto

(28) Dopo l'adozione delle misure provvisorie il produttore esportatore australiano ha reiterato la richiesta di una detrazione per servizi tecnici nel mercato nazionale.

(29) Come indicato al punto 40 del regolamento provvisorio, la società non ha illustrato in modo soddisfacente la natura delle sue richieste né ha fornito spiegazioni adeguate o prove documentarie a sostegno degli importi degli adeguamenti richiesti. Inoltre, la società non è stata in grado di dimostrare che i fattori in questione causavano l'applicazione di prezzi diversi agli acquirenti del mercato nazionale e dei mercati di esportazione.

(30) La richiesta è stata pertanto respinta e le conclusioni precisate nel regolamento provvisorio sono confermate.

3.1.4. Margine di dumping

(31) Il confronto tra il valore normale medio ponderato rivisto e il prezzo medio ponderato all'esportazione per tipo di prodotto franco fabbrica ha dimostrato l'esistenza di dumping. Il margine di dumping definitivo espresso in percentuale del prezzo d'importazione CIF franco frontiera comunitaria dazio non corrisposto è pari al 18 %.

3.2. Indonesia

3.2.1. Campionamento

(32) Come spiegato nel regolamento provvisorio, per l'Indonesia è stata utilizzata la tecnica del campionamento. Dopo l'adozione delle misure provvisorie, le autorità indonesiane hanno affermato che non avevano approvato il campione proposto dalla Commissione al momento della selezione del campione. Tuttavia, è opportuno ricordare che le società incluse nel campione erano quelle proposte per iscritto a questo fine dalle stesse autorità indonesiane. Non sono stati ricevuti ulteriori commenti riguardo al campionamento e, di conseguenza, le conclusioni del regolamento provvisorio sono confermate.

3.2.2. Valore normale

(33) Dopo l'approvazione delle misure provvisorie, la Commissione ha esaminato la portata della collaborazione prestata da un produttore esportatore indonesiano. A tale riguardo, si è concluso che i problemi riscontrati in merito alle informazioni fornite nel questionario e in occasione della successiva verifica in loco non hanno permesso una verifica adeguata di talune informazioni fornite dalla società, in particolare relativamente al costo di produzione. Le informazioni sono state presentate in modo fuorviante ed hanno, in quanto tali, ostacolato l'inchiesta. Inoltre, le spiegazioni presentate dopo l'adozione delle misure provvisorie hanno sollevato ulteriori dubbi circa le informazioni presentate originariamente. La società interessata è stata quindi informata del fatto che talune informazioni presentate non sarebbero state prese in considerazione e le è stata data l'opportunità di fornire ulteriori spiegazioni. Le spiegazioni fornite non sono state ritenute soddisfacenti. Di conseguenza, le conclusioni sono state elaborate in base agli elementi disponibili, conformemente all'articolo 18 del regolamento di base. Tuttavia, le informazioni fornite da questa società sono state comunque utilizzate nel limite del possibile ai fini della presente inchiesta.

(34) Il produttore esportatore indonesiano di cui sopra ha sostenuto che la Commissione avrebbe dovuto calcolare valori normali distinti e definire margini di dumping specifici per la seconda e terza qualità del prodotto interessato. La società ha sostenuto che, comunicando i dati per le diverse sottoqualità separatamente, aveva seguito le istruzioni del questionario, ritenendo che le caratteristiche tecniche del prodotto di seconda e terza qualità sono diverse e considerando che, inoltre, queste qualità sono differenziate nelle registrazioni della società. La società ha inoltre comunicato costi di fabbricazione diversi per le varie qualità, assertivamente basati su un sistema di valutazione dei costi che li ripartisce per permetterne il recupero per le sottoqualità. Inoltre, la società ha sostenuto che il confronto di sottoqualità raggruppate non era appropriato.

(35) È risultato che tale società non ha seguito le istruzioni precisate nel questionario, né le proprie registrazioni, quali messe a disposizione della Commissione, in materia di classificazione di qualità inferiori alla media. Nonostante quanto precede, il costo di fabbricazione delle diverse qualità come riferito dalla società nella risposta al questionario, è stato ulteriormente esaminato. A tale riguardo, è stato stabilito che questi costi di fabbricazione del prodotto di seconda e terza qualità non riflettevano adeguatamente i costi di produzione e di vendita del prodotto in esame, conformemente all'articolo 2, paragrafo 5 del regolamento di base. In effetti, i costi di fabbricazione comunicati per le sottoqualità non comprendevano il costo della manodopera, l'ammortamento, le spese generali, di vendita, e amministrative. Inoltre, l'affermazione della società in base alla quale i prezzi quotati coprirebbero semplicemente i costi è risultata contrastare con le informazioni presentate che denotavano alti profitti per le sottoqualità. Inoltre, non si è contestato il fatto che lo scopo della società fosse di produrre FPF di prima qualità. Questo implicava che il costo reale di fabbricazione di tutte le FPF fosse lo stesso, indipendentemente dalla qualità. Pertanto, il costo di fabbricazione è stato ricalcolato sulla base del costo reale complessivo sostenuto durante il periodo dell'inchiesta che è stato poi diviso per il volume complessivo di produzione per stabilire un costo medio di produzione.

(36) Conformemente alla metodologia descritta nel regolamento provvisorio, il costo di produzione rivisto è stato poi utilizzato per verificare se i prezzi applicati sul mercato nazionale concernessero normali operazioni commerciali. Quando giustificato, i prezzi praticati per il mercato nazionale sono stati utilizzati per stabilire il valore normale. Negli altri casi, il valore normale è stato costruito. Su questa base, il raggruppamento o meno delle sottoqualità assertivamente diverse non ha influito sul risultato. Tuttavia, è stato ammesso che la società ha avuto una certa produzione del prodotto interessato di qualità inferiore e di questo fatto è stato tenuto in conto in materia di confronto.

(37) Il medesimo produttore esportatore indonesiano ha sostenuto che le spese generali e di amministrazione utilizzate nel calcolare il valore normale avrebbero dovuto essere ripartite sull'insieme delle vendite della divisione che fabbrica il prodotto interessato, vendite interne comprese.

(38) Questa richiesta è stata respinta in quanto le spese concernono le vendite ai clienti indipendenti e non i trasferimenti interni ad altre divisioni che effettuano ulteriori lavorazioni del prodotto interessato.

(39) Lo stesso produttore esportatore indonesiano ha sostenuto che, per il calcolo del valore normale, la Commissione avrebbe dovuto utilizzare le spese generali, amministrative e di vendita (SGAV) specifiche di ciascun prodotto e non quelle relative all'intera divisione che fabbrica il prodotto interessato.

(40) Questa osservazione è stata respinta perché, durante la visita in loco, la società non è riuscita a fornire sufficienti prove documentarie per una verifica adeguata delle SGAV specifiche per prodotto. Pertanto, è stata mantenuta l'allocazione globale delle SGAV a livello di divisione.

(41) Lo stesso produttore esportatore indonesiano ha sostenuto che, nel calcolare il valore normale, la Commissione aveva incluso talune spese d'esportazione, identificabili, nel costo del prodotto venduto sul mercato interno.

(42) La richiesta è stata accolta e l'allocazione delle SGAV è stata rivista sulla base del piano contabile, presentato con la risposta al questionario ed utilizzato nella verifica, quando i conti relativi alle esportazioni sono stati chiaramente identificabili.

(43) Lo stesso produttore esportatore indonesiano ha sostenuto che la Commissione non avrebbe dovuto allocare al prodotto interessato le SGAV di un'unità organizzativa della società assertivamente preposta ad attività finanziarie poiché tale unità costituirebbe un centro di profitti a sé stante e non fungerebbe da fornitore centrale di servizi ad altre divisioni.

(44) La richiesta è stata respinta. La società non ha fornito alcun elemento di prova che l'unità organizzativa in questione fosse indipendente dalle divisioni operative né che fungesse da centro di profitti. In particolare, i rendiconti finanziari certificati della società non fanno alcun riferimento ad attività sui mercati finanziari svolte da un centro di profitti indipendente. In effetti, i documenti forniti dalla società indicavano che l'unità organizzativa in questione era pienamente coinvolta nelle operazioni della società come definito nei conti certificati. Le sue attività erano quelle tipiche di una sede amministrativa principale. Pertanto, l'allocazione delle SGAV di quest'unità al prodotto interessato è stata mantenuta nel calcolo del valore normale.

(45) Lo stesso produttore esportatore indonesiano ha sostenuto che la Commissione non avrebbe dovuto allocare le spese per interessi della summenzionata unità organizzativa al prodotto interessato. La società ha sostenuto che i prestiti dichiarati per quest'unità finanziano attività sui mercati finanziari e investimenti nelle società consociate. Di conseguenza, secondo la società, tali prestiti non sarebbero collegati alla fabbricazione e alla vendita del prodotto interessato e non sarebbe corretto attribuirli alle diverse divisioni operative. Si è inoltre asserito che i requisiti per il finanziamento della divisione preposta alla fabbricazione ed alla vendita del prodotto interessato erano stati rispettati dalla divisione stessa.

(46) La richiesta è stata rifiutata perché, come indicato al considerando 44, le attività di quest'unità organizzativa erano quelle tipiche di una sede amministrativa principale. Inoltre, la società non ha fornito alcun elemento di prova soddisfacente che escludesse l'utilizzo dei prestiti per il finanziamento delle attività delle diverse divisioni operative. Inoltre, la spiegazione fornita per quanto riguarda il finanziamento delle attività produttive e finanziarie non è stata confermata dai rendiconti finanziari certificati della società.

(47) Nell'esaminare la richiesta riguardante queste spese finanziarie è emerso che la società ha partecipato ad operazioni di copertura per limitare i rischi di fluttuazione dei cambi relativamente ai summenzionati prestiti. Queste transazioni di copertura hanno costituito un costo annuale sotto forma di un premio. Sebbene la società sostenesse che questo costo non debba essere allocato al prodotto interessato per le ragioni di cui al considerando 45, si è ritenuto che questi costi dovessero essere inclusi nelle SGAV ed essere allocate a tutti i prodotti sulla base del volume d'affari complessivo della società. Inoltre, una richiesta di prendere in considerazione i profitti sui cambi nell'ambito delle operazioni di copertura è stata respinta, poiché tale tipo di profitti, realizzati o no, non viene preso in considerazione nelle inchieste antidumping.

(48) Lo stesso produttore esportatore indonesiano ha sostenuto che qualora le spese per interessi fossero allocate alle diverse divisioni operative, tali spese dovrebbero essere compensate dal reddito corrispondente.

(49) Questa richiesta è stata accolta nella misura in cui concerne redditi da depositi di fondi a breve termine. Le SGAV sono quindi state riviste prima di essere utilizzate per la costruzione del valore normale e per determinare se le vendite fossero state effettuate nel corso ordinario delle transazioni commerciali.

3.2.3. Prezzo all'esportazione

(50) Non sono state presentate osservazioni riguardo alla determinazione del prezzo all'esportazione. Le conclusioni stabilite nel regolamento provvisorio sono confermate.

3.2.4. Confronto

(51) Come indicato al considerando 36, un produttore esportatore ha chiesto che venissero prese in considerazione le differenze di qualità del prodotto. In queste circostanze, è stato ritenuto opportuno concedere un adeguamento speciale del valore normale per i prodotti di qualità inferiore alla media.

(52) A seguito dell'adozione delle misure provvisorie, un produttore esportatore indonesiano ha sostenuto che la Commissione avrebbe dovuto calcolare l'importo dei costi del credito all'esportazione sulla base delle spese reali sostenute dalla società nello sconto delle lettere di credito. La società ha inoltre asserito che i tassi d'interesse applicati nel quadro delle esportazione erano inferiori ai tassi d'interesse per le vendite sul mercato interno nella stessa valuta.

(53) Questa richiesta è stata respinta perché, conformemente all'articolo 2, paragrafo 10, lettera g) del regolamento di base, si applica un adeguamento per le differenze inerenti al costo di eventuali crediti concessi per le vendite in esame, "a condizione che si sia tenuto conto di questo fattore nella determinazione dei prezzi applicati". Nel rispondere al questionario, la società non ha fornito alcuna informazione sui tassi d'interesse applicati per il credito nel quadro delle vendite all'esportazione, sebbene ciò fosse esplicitamente richiesto nel questionario. Non è quindi stato possibile verificare se effettivamente il tasso d'interesse per il credito all'esportazione fosse più basso di quello per le vendite interne, entrambe fatte nella stessa valuta, dato che tale informazione era sconosciuta al momento della verifica.

3.2.5. Margine di dumping

(54) Il confronto tra il valore normale medio ponderato, debitamente rivisto, e il prezzo medio ponderato all'esportazione per tipo di prodotto franco fabbrica, ha dimostrato l'esistenza di dumping per entrambi i produttori esportatori esaminati inclusi nel campione.

(55) Il margine di dumping di una delle società esaminate è stato rivisto. Di conseguenza, conformemente all'articolo 9, paragrafo 6 del regolamento di base, è stato rivisto anche il margine medio ponderato di dumping calcolato per le società che hanno collaborato non incluse nel campione. Tuttavia, i calcoli rivisti non hanno influito sul margine di dumping stabilito per le società che non hanno collaborato, il quale è quindi confermato. I margini di dumping definitivi espressi in percentuale del prezzo d'importazione cif franco frontiera comunitaria dazio non corrisposto sono i seguenti:

- Produttori esportatori esaminati inclusi nel campione:

>SPAZIO PER TABELLA>

- Produttori esportatori non inclusi nel campione che hanno collaborato:

>SPAZIO PER TABELLA>

-

>SPAZIO PER TABELLA>

3.3. Thailandia

3.3.1. Valore normale

(56) Dopo l'adozione delle misure provvisorie, un produttore esportatore, che non aveva mantenuto una contabilità distinta dei costi di vendita per tipo di prodotto finito, ha sostenuto che la Commissione avrebbe dovuto accettare il calcolo dei costi di produzione specifici per tipo di prodotto, elaborato espressamente allo scopo di rispondere al questionario.

(57) Questo produttore esportatore ha inoltre asserito, dopo l'adozione delle misure provvisorie, che il valore finale delle scorte al termine del periodo dell'inchiesta, ricavato in base ai risultati mensili di gestione interna, era stato calcolato in relazione al valore di mercato previsto piuttosto che sulla base dei costi e che, di conseguenza, non era appropriato considerare tale importo come un costo di fabbricazione.

(58) Esso ha inoltre sostenuto che sarebbe stato più opportuno stabilire il costo di produzione relativamente all'ammontare delle scorte finali alla fine dell'esercizio finanziario piuttosto che sull'ammontare delle scorte finali al termine del periodo dell'inchiesta, dato che l'importo relativo alla fine dell'esercizio finanziario era certificato, copriva nove mesi del periodo dell'inchiesta invece di tre, ed era simile al costo di fabbricazione specificamente calcolato dalla società per i primi nove mesi del periodo dell'inchiesta.

(59) Inoltre, detto produttore esportatore ha asserito che si sarebbero dovuti utilizzare i costi di produzione mensili a causa delle fluttuazioni dei costi delle materie prime e dei tassi di cambio e del fatto che in taluni mesi non vi erano state esportazioni verso la Comunità.

(60) Tuttavia, è risultato che i costi espressamente calcolati erano incompatibili con taluni importi relativi alle scorte finali comunicati da tale produttore esportatore nella risposta al questionario, considerato il metodo di valutazione delle scorte ivi utilizzato, ossia il valore più basso tra il costo medio e il valore realizzabile netto.

(61) Nella risposta al questionario il produttore esportatore aveva negato l'esistenza di conti di gestione per il prodotto interessato e durante il sopralluogo non è stato ottenuto o verificato alcun risultato di gestione interna contenente valutazioni delle scorte finali.

(62) Per quanto riguarda gli importi relativi alle scorte assertivamente certificati, durante il sopralluogo non è stato ottenuto, nonostante fosse stato chiesto, alcun programma di valutazione delle scorte finali alla fine dell'esercizio finanziario e, di conseguenza, non è stato possibile determinare il metodo storicamente utilizzato per la valutazione delle scorte né verificare il valore unitario delle scorte per tipo di prodotto o su una base complessiva alla fine dell'esercizio.

(63) Di conseguenza, si è ritenuto che i costi di produzione mensili ed annuali espressamente calcolati non fossero affidabili. Pertanto, il valore delle scorte finali alla fine del periodo dell'inchiesta che, secondo tutte le informazioni ricevute dalla Commissione fino alla conclusione del sopralluogo, è stato basato sull'importo minore tra il costo e il valore realizzabile netto, è mantenuto come costo di produzione per la determinazione del valore normale.

(64) La richiesta di adeguamento delle SGAV presentata da un altro produttore esportatore è stata rifiutata perché, in taluni casi, le voci in oggetto erano state già considerate e, per quanto riguarda le spese e i redditi finanziari come pure taluni diritti e tasse, le richieste erano incompatibili rispetto alle risposte fornite nel questionario.

(65) Il medesimo produttore esportatore ha chiesto di dedurre dal tabulato delle vendite interne taluni resi di merci e sconti sui prezzi di vendita. La richiesta concernente i resi di merci è stata respinta poiché non si riferivano a vendite effettuate nel periodo dell'inchiesta e le quantità in causa non erano state incluse nel tabulato. La richiesta concernente gli sconti sui prezzi di vendita è stata respinta perché, per taluni sconti, entro il termine del sopralluogo di verifica non era stata dimostrata alcuna relazione diretta con le vendite in esame mentre, per altri sconti, nelle risposte al questionario fornite dal produttore esportatore mancava qualsiasi richiesta in merito. Tuttavia, l'importo netto relativo alle vendite utilizzato nella determinazione della percentuale di SGAV per il periodo dell'inchiesta è stato aumentato appropriatamente.

(66) Due produttori esportatori hanno asserito che, ai fini della verifica del corso delle normali operazioni commerciali, il confronto tra i prezzi e il costo di produzione dovrebbe essere fatto su base trimestrale. Essi hanno affermato che sia i prezzi delle materie prime che i prezzi di vendita erano diminuiti significativamente durante il periodo dell'inchiesta e che era pertanto necessario eseguire tale verifica su base trimestrale per garantire un confronto equo. Quest'aspetto è stato esaminato ed il calcolo è stato ridefinito su base trimestrale.

(67) Due produttori esportatori hanno sostenuto che i costi di assistenza tecnica dovrebbero essere allocati in base al giro d'affari ai fini del calcolo delle SGAV interne da includere nel costo di produzione. Questa richiesta è stata accolta.

(68) Tre produttori esportatori hanno asserito che l'esclusione dei profitti e delle perdite sui cambi dalle loro SGAV nella fase provvisoria era ingiustificata. In generale, i profitti e le perdite sui cambi non sono stati presi in considerazione perché i tassi di cambio utilizzati dalla Commissione erano quelli applicabili alla data della fattura. Tuttavia, nella misura in cui concernevano acquisti di materie prime, la Commissione ha adeguato i calcoli relativi al valore normale al fine di tener conto dei pertinenti profitti e perdite sui cambi. Uno di detti produttori esportatori ha quindi chiesto che il calcolo del profitto sui cambi incluso nelle SGAV fosse basato su importi certificati. Tuttavia, tale richiesta non è stata accolta poiché i dati assertivamente certificati sono stati ricevuti solamente in una fase molto avanzata dell'inchiesta, quando questi non erano più verificabili.

3.3.2. Prezzo all'esportazione

(69) Non sono state presentate osservazioni riguardo alla determinazione del prezzo all'esportazione. Le conclusioni stabilite nel regolamento provvisorio sono confermate.

3.3.3. Confronto

(70) Due produttori esportatori hanno chiesto un confronto tra il prezzo all'esportazione e il valore normale su base trimestrale e uno su base mensile. La richiesta è stata accolta per quanto riguarda la base trimestrale e respinta per quanto riguarda la base mensile poiché per quest'ultimo produttore esportatore non è stato possibile determinare importi affidabili su base mensile o trimestrale.

(71) Un produttore esportatore ha chiesto un adeguamento per le spese di trasporto sostenute su merci restituite. Tale richiesta è stata respinta non essendo stato ritenuto appropriato includere un adeguamento in materia di spese di trasporto nazionali per merci restituite nei casi in cui le vendite erano state totalmente o parzialmente annullate.

(72) Il medesimo produttore esportatore ha chiesto un adeguamento per spese di assistenza tecnica, ma tale richiesta è stata respinta poiché l'intervento di assistenza tecnica non rientrava nel quadro di un obbligo contrattuale o giuridico.

(73) Due produttori esportatori hanno affermato che vi erano due differenti stadi commerciali per l'esportazione e per la vendita sul mercato nazionale del prodotto interessato. Tale osservazione è stata accolta ma, considerando che non era possibile quantificare la differenza tra gli stadi commerciali a causa della mancanza degli stadi pertinenti al mercato nazionale, è stato concesso un adeguamento speciale ai sensi dell'articolo 2, paragrafo 10, lettera d), punto ii) del regolamento di base.

(74) Due produttori esportatori hanno chiesto un adeguamento per conversioni valutarie sostenendo che la variazione era stata significativa (più del 10 %) e si era protratta per un periodo di cinque mesi. L'adeguamento richiesto non è stato concesso poiché si è ritenuto trattarsi di una fluttuazione piuttosto che di una tendenza definita del tasso di cambio.

3.3.4. Margine di dumping

(75) Il confronto tra il valore normale medio ponderato, debitamente rivisto, e il prezzo medio ponderato all'esportazione per tipo di prodotto franco fabbrica, ha dimostrato l'esistenza di dumping per tutti i produttori esportatori oggetto dell'inchiesta.

(76) A seguito delle modifiche ai calcoli conformemente alle summenzionate risultanze, i margini di dumping di una società e di un gruppo di società sono stati rivisti. Di conseguenza, il margine di dumping per tutte le società che non hanno collaborato, pari al margine più alto di dumping stabilito per una società che ha collaborato, è stato anch'esso rivisto. I margini di dumping definitivi espressi in percentuale del prezzo d'importazione cif franco frontiera comunitaria dazio non corrisposto sono i seguenti:

>SPAZIO PER TABELLA>

4. PREGIUDIZIO

4.1. Aspetti procedurali

(77) Il governo thailandese e un produttore esportatore indonesiano hanno obiettato che i sunti non confidenziali delle osservazioni fatte da taluni produttori comunitari inclusi nella definizione di industria comunitaria non erano completi né sufficientemente dettagliati da permettere di esercitare efficacemente il proprio diritto di difesa. Essi hanno quindi sostenuto che tale mancanza da parte della Commissione costituiva una violazione dell'accordo antidumping dell'OMC e dell'articolo 19 del regolamento di base.

(78) Per quanto concerne questa obiezione è opportuno notare che a dette parti sono state divulgate tutte le informazioni ai sensi dell'articolo 19, paragrafo 4 del regolamento di base. La divulgazione ha compreso le informazioni generali e gli elementi di prova su cui le autorità comunitarie si sono basate per le loro conclusioni. Inoltre, la Commissione ha chiesto ai produttori comunitari in questione di presentare ulteriori informazioni non confidenziali. Tali informazioni non confidenziali sono state presentate alla Commissione dai produttori comunitari interessati e sono state messe a disposizione delle parti interessate permettendo loro di esercitare il diritto alla difesa. In ogni caso, anche qualora uno dei produttori comunitari interessati fosse stato escluso dalla definizione di industria comunitaria, come chiesto dalle summenzionate parti, un tale sviluppo non avrebbe influito sulle conclusioni generali concernenti la situazione dell'industria comunitaria. Effettivamente, è emerso che una tale esclusione non avrebbe alcun impatto sulle tendenze degli indicatori economici relativi all'industria comunitaria, né sulla situazione dell'industria comunitaria, dato che la produzione di tale produttore comunitario era limitata rispetto a quella totale degli altri produttori dell'industria comunitaria.

4.2. Definizione di industria comunitaria

(79) Il governo thailandese ed un produttore esportatore indonesiano hanno asserito che il volume di produzione dell'industria comunitaria indicato al considerando 64 del regolamento provvisorio era sovrastimato. Più in particolare, essi hanno sottolineato che è stato stabilito che i sette produttori comunitari che hanno collaborato, inclusi nella definizione dell'industria comunitaria, rappresentavano circa l'85 % della produzione comunitaria complessiva, mentre nella denuncia si affermava che i nove produttori denunzianti rappresentavano la medesima quota della produzione comunitaria complessiva.

(80) Inoltre, è stato asserito che due produttori comunitari denunzianti inclusi nella definizione dell'industria comunitaria erano collegati ad un produttore esportatore in un paese interessato. Conformemente alla prassi della Commissione questi due produttori avrebbero dovrebbero essere esclusi dall'industria comunitaria.

(81) Per quanto riguarda la rappresentatività dell'industria comunitaria, è opportuno notare che, da un lato, i dati contenuti nella denuncia si riferivano a dieci mesi del 1998. Tali dati contenuti nella denuncia erano quindi stati estrapolati al fine di coprire un periodo di dodici mesi. Su tale base, nel 1998 le nove società denunzianti rappresentavano in effetti circa l'89 % della produzione comunitaria complessiva. D'altra parte, in base ai dati ricevuti nel corso dell'attuale inchiesta e verificati a livello dei sette produttori comunitari che hanno collaborato e che costituiscono l'industria comunitaria, è emerso che nel 1998 queste rappresentavano l'85 % circa della produzione comunitaria complessiva. Di conseguenza, la quota di produzione comunitaria complessiva rappresentata dall'industria comunitaria citata al considerando 64 del regolamento provvisorio è confermata.

(82) È opportuno sottolineare che le disposizioni dell'articolo 4, paragrafo 1, lettera a) del regolamento di base non impongono un'esclusione automatica dall'industria comunitaria dei produttori comunitari collegati a produttori esportatori interessati. Detto articolo stabilisce che l'espressione "industria comunitaria" può essere interpretata come riferita al resto dei produttori, qualora taluni produttori siano collegati agli esportatori. La situazione dovrebbe dunque essere esaminata caso per caso alla luce dell'articolo 4, paragrafo 2 del regolamento di base. In effetti, i produttori comunitari collegati agli esportatori devono essere esclusi dalla definizione della produzione comunitaria qualora questa relazione conduca il produttore interessato a comportarsi diversamente dagli altri produttori.

(83) Alla luce di quanto precede, l'inchiesta ha dimostrato che i due produttori comunitari in questione non si sono comportati diversamente da altri produttori non collegati a produttori esportatori interessati. Essi hanno infatti sostenuto pienamente la denuncia che ha condotto all'apertura del presente procedimento ed hanno partecipato attivamente all'inchiesta. Inoltre, durante il sopralluogo come pure in base agli elementi di prova disponibili, non è stata individuata alcuna restrizione statutaria o organizzativa imposta dagli azionisti nel paese interessato relativamente al funzionamento ed alle decisioni economiche delle due società in questione. Infine, il governo thailandese ed il produttore esportatore di cui sopra non hanno fornito alcuna prova di un siffatto controllo restrittivo. Di conseguenza, è stato confermato che i due produttori comunitari non devono essere esclusi dalla definizione della produzione comunitaria e dunque dall'industria comunitaria. Poiché non sono state ricevute altre osservazioni concernenti la definizione dell'industria comunitaria, le conclusioni del considerando 64 del regolamento provvisorio sono confermate.

4.3. Periodo d'analisi del pregiudizio

(84) Il governo indonesiano ha sostenuto che, per ottenere una valutazione significativa delle tendenze sulle quali sono basate le conclusioni in materia di pregiudizio, le informazioni concernenti gli indicatori esaminati dovrebbero essere stabilite sulla base di periodi di dodici mesi a partire dal 1996, in linea con il periodo dell'inchiesta.

(85) Si noti che il periodo dell'inchiesta (PI) copre gli ultimi nove mesi del 1998 ed i primi tre del 1999. L'esame degli indicatori per gli anni civili 1996 - 1998 copre inoltre tre quarti del PI. Il confronto dei dati relativi al 1998 con quelli concernenti il PI, mostra semplicemente l'impatto del primo trimestre del 1999 su questi indicatori e non si può ritenere che invalidi l'esame delle tendenze stabilite sulla base di tali indicatori. L'obiezione è stata pertanto respinta.

(86) Il governo indonesiano ha inoltre asserito che il periodo di valutazione del pregiudizio, che ha coperto dal 1996 al PI, era diverso dal periodo utilizzato per la valutazione del dumping, ossia il PI. Poiché questi due periodi non coincidevano, le conclusioni sul pregiudizio sono state considerate dal governo indonesiano come giuridicamente invalidate. Si è inoltre sostenuto che se la base per la valutazione del pregiudizio fosse stata fissata al 1998, le tendenze di tutti gli indicatori sarebbero significativamente diverse.

(87) Lo scopo dell'inchiesta sul pregiudizio è di valutare l'effetto delle importazioni oggetto di dumping sulla situazione economica dell'industria comunitaria durante il PI. Questo comporta l'individuazione del pregiudizio durante il PI. Al fine di tale analisi, si stabiliscono le tendenze per vari indicatori sulla base delle informazioni concernenti una serie di anni che precedono il PI. Pertanto, un confronto di indicatori tra il PI ed un anno precedente specifico, come suggerito dal governo indonesiano, non influisce sui risultati della pertinente analisi. La conclusione sul pregiudizio si basa sulle tendenze degli indicatori esaminati per una serie di anni fino al PI e non sul confronto assoluto di cifre tra il PI e un qualsiasi anno specifico che lo precede.

4.4. Consumo nella Comunità

(88) Due produttori esportatori hanno sostenuto che il consumo nella Comunità dichiarato al considerando 65 del regolamento provvisorio era significativamente errato. In particolare, essi hanno asserito che i dati sulla produzione, le vendite e le scorte dell'industria comunitaria sarebbero tra di loro incoerenti. Essi hanno inoltre obiettato che la Commissione non avrebbe rivelato su quali basi sono state stimate le conclusioni concernenti le vendite dei produttori comunitari che non hanno collaborato.

(89) Per quanto riguarda la coerenza dei dati relativi al consumo, è bene notare che un produttore comunitario collegato ad una società appartenente all'industria comunitaria aveva cessato l'attività prima del PI. Pertanto, da tale società non è stato possibile ottenere alcun dato affidabile in materia di produzione e capacità produttiva. Per quanto riguarda le informazioni sulle vendite e le scorte, detta società vendeva esclusivamente attraverso la società collegata appartenente all'industria comunitaria. Pertanto, quest'ultima società ha fornito dati affidabili sulle vendite e le scorte per l'intero periodo considerato ed i dati sono stati conciliati adeguatamente.

(90) Infine, nel regolamento provvisorio la Commissione ha stimato il volume delle vendite dei produttori comunitari che non hanno collaborato in base agli elementi disponibili. Per un produttore che non aveva collaborato sono stati utilizzati i dati forniti nella sua risposta incompleta al questionario della Commissione, mentre per gli altri sono state utilizzate le quantità indicate nella denuncia.

(91) Alla luce dei chiarimenti di cui sopra, i dati relativi al consumo indicati al considerando 65 del regolamento provvisorio sono confermate.

4.5. Importazioni di FPF nella Comunità dai paesi interessati

4.5.1. Valutazione cumulativa delle importazioni

(92) Alcuni produttori esportatori hanno sostenuto che le importazioni di FPF dalla Thailandia non avrebbero dovuto essere valutate cumulativamente con le importazioni provenienti dall'Australia e dall'Indonesia perché rappresentavano meno dell'1 % del consumo nel 1996 e nel 1997.

(93) In materia di cumulo, si ritiene che la valutazione del fatto se le importazioni da un paese interessato da un'inchiesta antidumping siano trascurabili deve essere fatta esclusivamente durante il PI. I margini di dumping, come pure l'esistenza del pregiudizio, sono stabiliti durante il PI. Poiché durante tale periodo le importazioni provenienti dalla Thailandia sono state superiori ai livelli trascurabili, l'obiezione di cui sopra è stata respinta.

4.5.2. Sottoquotazioni

(94) Alcuni produttori esportatori hanno asserito che la Commissione non avrebbe tenuto conto delle differenze qualitative tra i vari tipi di FPF nel determinare la sottoquotazione dei prezzi giungendo quindi a risultati non corretti. Essi sostengono che il confronto dei prezzi dovrebbe essere effettuato separatamente per il prodotto di prima qualità e per quelli di qualità inferiore, come pure per i FPF fabbricati con materie prime riciclate. Essi hanno inoltre chiesto un adeguamento per lo stadio commerciale, poiché le loro vendite sono state principalmente destinate a grossisti e distributori mentre l'industria comunitaria ha venduto FPF soprattutto agli utilizzatori finali.

(95) A seguito di queste richieste, i prezzi sono stati confrontati separatamente per i prodotti di qualità inferiore e per i FPF riciclati e si è deciso di concedere un adeguamento per differenze di livello dello stadio commerciale a tutti i produttori esportatori compresi quelli che vendevano esclusivamente a grossisti e distributori. I risultati di questo confronto dei prezzi hanno evidenziato margini di sottoquotazione leggermente superiori rispetto a quelli stabiliti nella fase provvisoria per l'Australia e leggermente inferiori per l'Indonesia e la Thailandia. I nuovi risultati dei calcoli sulla sottoquotazione espressi in relazione al fatturato dell'industria comunitaria, tenendo conto di entrambi i summenzionati reclami, oscillavano tra il 24,9 % e il 46,8 % per i paesi interessati e tra il 17,7 % e il 61 % a livello di singole società.

4.6. Situazione economica dell'industria comunitaria

4.6.1. Osservazioni generali

(96) Il governo thailandese ed un produttore esportatore hanno asserito che, secondo un'interpretazione dell'accordo antidumping dell'OMC, l'esame della situazione economica dell'industria comunitaria richiede una valutazione di tutti i fattori economici e degli indici pertinenti concernenti lo stato di quell'industria, compresi la produttività, l'utile sui capitali investiti, la portata del margine effettivo di dumping, gli effetti negativi sui flussi finanziari, i salari e la crescita.

(97) Inoltre, essi hanno contestato la precisione dei dati forniti nel regolamento provvisorio per certi fattori di pregiudizio. Secondo loro, sebbene i sette produttori comunitari che costituiscono l'industria comunitaria nell'attuale inchiesta fossero gli stessi di un procedimento precedente, i dati forniti per alcuni elementi del pregiudizio erano diversi. Essi hanno quindi chiesto la divulgazione dei nomi delle società che avevano partecipato al procedimento precedente.

(98) È opportuno ricordare a tal riguardo che l'articolo 3, paragrafo 5 del regolamento di base elenca una serie di fattori e di indicatori congiunturali e che la Commissione ha raccolto informazioni che le hanno permesso di considerare tutti i fattori e gli indici ritenuti decisivi per un'analisi significativa dello stato dell'industria comunitaria. Ne consegue che il reclamo concernente un'eventuale incompletezza dell'analisi svolta dalla Commissione non è giustificato.

(99) È confermato che i sette produttori comunitari che hanno costituito l'industria comunitaria nel procedimento precedente non erano gli stessi dell'attuale procedimento. Comunque, la richiesta di divulgare tali nomi è stata respinta poiché il governo thailandese ed il produttore esportatore in questione non erano parti interessate in quel procedimento precedente.

4.6.2. Produzione, capacità e utilizzazione degli impianti

(100) Il governo dell'Australia ha contestato il metodo impiegato dalla Commissione per valutare la capacità produttiva dell'industria comunitaria per il prodotto interessato. A suo parere, la diminuzione della capacità produttiva del 7 % è stata determinata rispetto alla capacità utilizzata per la fabbricazione di altri prodotti ed era dunque inesatta. Il governo australiano ha ritenuto che la capacità produttiva concernente gli FPF avrebbe dovuto essere valutata esclusivamente sulla produzione effettiva degli FPF coperti dall'inchiesta.

(101) In ogni caso, il governo australiano ha considerato che la riduzione della capacità produttiva dell'industria comunitaria non fosse compatibile con una risultanza di pregiudizio grave, in primo luogo perché tale riduzione non ha permesso all'industria comunitaria di partecipare alla considerevole crescita del mercato (+ 27 %) durante il periodo considerato; ed in secondo luogo, perché la riduzione della capacità è stata motivata dal fatto che la fabbricazione è stata orientata verso prodotti più remunerativi rispetto agli FPF.

(102) Riguardo alla valutazione della capacità produttiva, è opportuno sottolineare che il prodotto interessato è fabbricato nelle stesse linee di produzione di altri prodotti della stessa famiglia. È dunque impossibile e irrilevante identificare direttamente la capacità reale esclusivamente installata per un prodotto rispetto a tutti i prodotti fabbricati nelle stesse linee di produzione. Dal punto di vista pratico, la valutazione della capacità produttiva di FPF è stata basata sul rapporto tra la produzione effettiva di FPF e la produzione complessiva di tutti i prodotti fabbricati sulle stesse linee di produzione. Di conseguenza, contrariamente al reclamo sporto dal governo australiano, la valutazione della capacità produttiva di FPF tiene conto della fabbricazione effettiva di FPF.

(103) Inoltre, è opportuno notare che il passaggio dalla produzione di FPF alla fabbricazione di altri prodotti è stato motivato soprattutto dalle perdite a lungo termine sostenute dall'industria comunitaria sulla fabbricazione e sulle vendite di FPF causate dalla continua concorrenza sleale rappresentata dalle importazioni oggetto di dumping e di sovvenzioni da paesi terzi. La riduzione della capacità è dunque particolarmente pertinente per la determinazione del pregiudizio ma più in particolare per l'analisi del nesso causale tra le importazioni oggetto di dumping e il pregiudizio subito dall'industria comunitaria discusso in appresso.

(104) Su questi presupposti, si ritiene che le richieste del governo australiano siano infondate. Di conseguenza, i dati forniti, il metodo descritto per la valutazione della capacità di produzione di FPF e le conclusioni contenute nei considerandi 72-74 del regolamento provvisorio sono confermati.

4.6.3. Prezzi di vendita dell'industria comunitaria

(105) A seguito di un'analisi più dettagliata dei prezzi di vendita dell'industria comunitaria, la Commissione ha appurato che i dati che figurano nella tabella del considerando 76 del regolamento provvisorio dovrebbero essere leggermente riviste come segue:

>SPAZIO PER TABELLA>

(106) Alcuni produttori esportatori hanno sostenuto che la diminuzione di cui sopra nei prezzi di vendita dell'industria comunitaria dovrebbe essere vista alla luce della rilevante diminuzione del prezzo d'acquisto delle materie prime, in particolare durante il PI. Di conseguenza, nella fattispecie la diminuzione del prezzo di vendita non costituisce un valido indicatore di pregiudizio.

(107) A tale proposito, è opportuno chiarire che al considerando 79 del regolamento provvisorio il 31 % di diminuzione del costo di produzione dovrebbe in effetti essere letto come 31 % di diminuzione del costo delle materie prime. La Commissione ha analizzato l'impatto della diminuzione di costi delle materie prime sui prezzi di vendita. È risultato che, per l'insieme dell'industria comunitaria, la summenzionata diminuzione del costo delle materie è stata pari a circa il 23 % del costo complessivo di produzione, o al 21 % del prezzo di vendita tra il 1996 e il PI. Di conseguenza, la dichiarazione di cui al considerando 79 del regolamento provvisorio secondo la quale il costo di produzione è diminuito più rapidamente dei prezzi di vendita è confermata. Tale situazione ha effettivamente consentito alla redditività di aumentare di 10,7 punti percentuali in termini assoluti durante il periodo considerato (dal - 4 % nel 1996 al 6,7 % nel PI).

(108) Tuttavia, si ritiene che l'evoluzione del prezzo di vendita dell'industria comunitaria debba essere vista alla luce dell'evoluzione dei prezzi dei paesi interessati. Effettivamente, come affermato nel considerando 69 del regolamento provvisorio si ricorda che le FPF importate dai paesi interessati hanno registrato una continua tendenza al ribasso per tutto il periodo considerato. Il quel periodo il ribasso ha toccato il 22 %. Qualora l'industria comunitaria avesse seguito tale tendenza essa avrebbe ancora registrato perdite della stessa entità del 1996.

(109) Infine, nell'analizzare i prezzi dell'industria comunitaria sul mercato della Comunità, si dovrebbe considerare che l'industria comunitaria non ha raggiunto il livello minimo di profitto del 10 % durante il PI. In tale contesto, si ritiene che i prezzi di vendita dell'industria comunitaria costituiscano un indicatore pertinente del pregiudizio poiché influiscono sullo stato dell'industria.

4.6.4. Redditività dell'industria comunitaria

(110) Il governo australiano ha sostenuto che, in mancanza di dati concernenti la redditività dell'industria comunitaria prima della comparsa delle importazioni oggetto di dumping, non sarebbe possibile valutare adeguatamente se il pregiudizio subito dall'industria comunitaria sia grave.

(111) Alcuni produttori esportatori hanno sostenuto che il miglioramento della redditività dell'industria comunitaria non denoterebbe l'esistenza di pregiudizio. Effettivamente, durante il periodo considerato la redditività è migliorata significativamente passando da una perdita di circa il 4 % ad un profitto di oltre il 6 %. Detti produttori esportatori hanno inoltre asserito che il profitto globale registrato dall'industria comunitaria durante il PI non potrebbe essere ulteriormente aumentato con l'attuale assortimento di prodotti di base e speciali, a meno che l'industria comunitaria non produca e venda più tipi di FPF speciali.

(112) La presente inchiesta ha dimostrato che il miglioramento della redditività dell'industria comunitaria è dovuto soprattutto al processo di ristrutturazione intrapreso e alla conseguente riduzione delle spese generali, amministrative e di vendita, e alla diminuzione dei prezzi d'acquisto delle materie prime. La riduzione dei costi di produzione è stata più rapida di quella dei prezzi di vendita, ed ha permesso all'industria comunitaria di ritornare in attivo nel 1998. Tuttavia, è stato sottolineato che tale miglioramento della redditività potrebbe essere solo temporaneo e che qualsiasi fattore avverso, in particolare gli eventuali sviluppi sfavorevoli dei prezzi delle materie prime, potrebbe avere implicazioni negative sull'attuale redditività. Questa dichiarazione è avvalorata dal fatto che le principali materie prime utilizzate nell'industria delle FPF sono in gran parte influenzate dal prezzo del petrolio greggio.

(113) Si noti inoltre che un miglioramento della redditività durante il periodo considerato non porta automaticamente alla conclusione che l'industria comunitaria non abbia subito un pregiudizio grave. La valutazione del fatto se il pregiudizio subito dall'industria comunitaria sia grave non può basarsi esclusivamente sulla redditività né su un confronto tra i livelli di redditività del 1996 e del PI. In effetti, le disposizioni del regolamento di base enumerano una serie di fattori fra i quali il volume delle importazioni oggetto di dumping e l'effetto delle importazioni oggetto di dumping sui prezzi di mercato della Comunità per prodotti simili e precisa che tali fattori singolarmente o combinati, non costituiscono necessariamente una base di giudizio determinante.

(114) Come indicato nei considerandi 82-85 del regolamento provvisorio per quanto riguarda le conclusioni sulla situazione economica dell'industria comunitaria, la redditività registrata dall'industria non è stata considerata come un indicatore importante del pregiudizio subito dall'industria comunitaria. Effettivamente, sono stati rilevati sviluppi negativi per la maggior parte degli indicatori congiunturali concernenti tale industria: quota di mercato, capacità produttiva, volume delle vendite, prezzi di vendita, scorte, investimenti, occupazione e notevole sottoquotazione dei prezzi ad opera delle importazioni oggetto di dumping dai paesi interessati.

(115) Considerando quanto precede, non essendo state ricevute altre osservazioni sulla redditività dell'industria comunitaria, la conclusione secondo la quale la redditività durante il PI è insufficiente è confermata.

4.6.5. Quota di mercato

(116) È opportuno ricordare che, come citato al considerando 77 del regolamento provvisorio, la quota di mercato detenuta dall'industria comunitaria è diminuita significativamente dal 68 % al 50,3 % del mercato comunitario complessivo tra il 1996 e il PI.

(117) Alcuni produttori esportatori hanno asserito che la perdita di quote di mercato dell'industria comunitaria deve essere vista alla luce dello svantaggio a livello di costi rispetto ai paesi interessati. A loro parere, non ci si può attendere che l'industria possa mantenere la sua quota di mercato in quanto i suoi costi di produzione sono significativamente superiori a quelli dei produttori esportatori interessati.

(118) Questa argomentazione è stata considerata non pertinente nel contesto di un'inchiesta antidumping. In una siffatta inchiesta, si deve stabilire se le importazioni siano oggetto di dumping e causino pregiudizio all'industria comunitaria, come è stato stabilito nella fattispecie. Detto questo, i produttori esportatori possono riflettere appieno gli eventuali vantaggi di costo nei loro prezzi di vendite, a condizione che ciò avvenga sia sul mercato interno che su quelli d'esportazione.

4.6.6. Conclusione

(119) In base a quanto precede, si ritiene che le argomentazioni e i reclami summenzionati non siano tali da modificare le risultanze stabilite nel regolamento dal dazio provvisorio. Di conseguenza, il contenuto dei considerandi 82-85 del regolamento provvisorio e la conclusione che l'industria comunitaria ha subito un pregiudizio grave durante il PI sono confermati.

5. NESSO DI CAUSALITÀ

5.1. Effetti delle importazioni oggetto di dumping

(120) Il governo australiano ha sostenuto che non vi sono elementi di prova che il pregiudizio subito dall'industria comunitaria sia stato causato dai limitati volumi di FPF importate dall'Australia. Il governo australiano ha asserito che la quota di mercato delle importazioni australiane era troppo limitata (il 2 % del consumo) per esercitare una qualsiasi influenza sui prezzi nel mercato comunitario. Piuttosto, tali importazioni hanno dovuto seguire le tendenze dei prezzi imposte dai grandi operatori sul mercato comunitario. Di conseguenza, il governo australiano ha suggerito che l'eventuale pregiudizio sarebbe causato dalle grandi importazioni da altri paesi terzi.

(121) Analogamente, il governo thailandese ha obiettato che essendo le importazioni dalla Thailandia state di livello trascurabile nel 1996 e nel 1997, queste non potrebbero causare pregiudizio all'industria comunitaria e dunque l'analisi dell'impatto di tali importazioni dovrebbe cominciare dal 1998.

(122) Il governo thailandese ed un produttore esportatore indonesiano hanno contestato che, in considerazione dei dati pubblicati nel regolamento provvisorio, la conclusione raggiunta dalla Commissione in base alla quale l'industria comunitaria è stata indebolita sarebbe errata. La loro dichiarazione si è riferita in particolare al miglioramento della redditività dell'industria comunitaria durante il PI. Essa ha inoltre fatto riferimento ad un'analisi delle quote di mercato e degli indicatori delle vendite sia riguardo all'attuale inchiesta che riguardo agli indicatori corrispondenti del 1996 nel quadro del riesame della scadenza concernente FPF originari di Taiwan e della Corea, come evidenziato dal regolamento (CE) n. 1728/1999(5).

(123) Le stesse parti hanno inoltre asserito che alcuni produttori inclusi nella definizione dell'industria comunitaria si concentrerebbero nella fabbricazione di prodotti speciali ad alto margine di profitto. Di conseguenza, non si sarebbe potuto concludere che l'industria comunitaria era vulnerabile in particolare alle importazioni indonesiane, che concernono in gran parte FPF di tipo corrente. A loro parere, i profitti molto alti ottenuti sulle fibre speciali indicherebbero che l'industria comunitaria è in gran parte protetta dagli effetti delle importazioni.

(124) Per quanto riguarda i punti sollevati dal governo australiano sulla quota di mercato dell'Australia, si ricorda che le importazioni dall'Australia sono risultate nettamente superiori al livello minimo durante il PI. Inoltre, è risultato che sussistevano tutte le condizioni richieste per un'analisi cumulativa. In tale contesto, le osservazioni concernenti le singole quote di mercato detenute dai singoli paesi durante il PI e negli anni precedenti il PI non sono state ritenute pertinenti. Lo stesso dicasi per le osservazioni similari fatte dal governo thailandese.

(125) Inoltre, è opportuno ricordare che i prezzi delle FPF importate in dumping da tutti i paesi interessati sottoquotavano i prezzi dell'industria comunitaria sul mercato della Comunità determinando un rilevante impatto negativo sulla situazione economica dell'industria comunitaria. Tale risultanza è avvalorata dal fatto che il mercato delle FPF è trasparente e che, quindi, i differenziali di prezzo o le offerte a basso prezzo possono avere un effetto depressivo sui prezzi.

(126) Si consideri inoltre che il governo australiano non ha fornito alcun elemento di prova che contraddica le risultanze provvisorie secondo le quali l'industria comunitaria ha subito un pregiudizio grave a seguito di importazioni oggetto di dumping a basso prezzo. Di conseguenza, la conclusione secondo la quale le importazioni oggetto di dumping, considerate isolatamente, hanno causato un pregiudizio grave all'industria comunitaria è confermata.

(127) L'andamento della redditività dell'industria comunitaria è stato ampiamente analizzato nel considerando 79 del regolamento provvisorio ed ulteriori informazioni sono state fornite nella sezione 4.6.4 qui sopra. A tale riguardo, è opportuno notare che la dichiarazione secondo la quale l'industria comunitaria si concentrerebbe sui tipi di FPF ad alta redditività non è corretta. Durante il PI, le vendite dell'industria comunitaria di FPF del tipo correntemente denominato "di base" (commodity), che sono soprattutto importate dai paesi interessati, hanno rappresentato oltre il 72 % delle sue vendite complessive. Questa risultanza tende quindi a confermare la conclusione che l'industria comunitaria nel suo insieme è danneggiata dalle importazioni oggetto di dumping a basso prezzo.

(128) Per quanto riguarda la validità dei dati per il 1996 estratti dal riesame alla scadenza concernente FPF originarie di Taiwan e della Corea, come sopra illustrato al considerando 99, i produttori comunitari che hanno costituito l'industria comunitaria in questo riesame alla scadenza non erano gli stessi che costituiscono l'industria comunitaria nell'attuale procedimento. Di conseguenza, è impossibile stabilire una tendenza coerente ed affidabile sulla base degli indicatori congiunturali segnalati per il 1996 in tale riesame alla scadenza e dei dati per gli anni successivi dichiarati nell'attuale procedimento. Un tale metodo condurrebbe a risultati erronei e privi di significato.

5.2. Altri fattori

5.2.1. Oscillazioni monetarie

(129) Il governo australiano ha sostenuto che la Commissione ha omesso di considerare l'effetto delle oscillazioni dei cambi sui prezzi all'importazione dall'Australia, specificando che durante il PI le importazioni di FPF australiane avevano beneficiato di un apprezzamento del cambio favorevole.

(130) A tale riguardo occorre notare che nel mercato comunitario le importazioni australiane erano fatturate in USD, DEM e GBP e non in AUD. Pertanto la parità della moneta australiana non era pertinente ai fini delle risultanze.

(131) In ogni caso, occorre sottolineare che, nell'arco del PI, la moneta australiana ha registrato nei primi sette mesi un deprezzamento e nei successivi cinque mesi un apprezzamento rispetto alla sua parità nei confronti dell'ecu/euro nel primo mese. Non vi è quindi stata una costante tendenza al ribasso della moneta australiana durante il PI.

5.2.2. Prezzi delle materie prime nei paesi esportatori

(132) Il governo thailandese ha sostenuto che nel determinare l'impatto dei prezzi delle importazioni thailandesi sull'industria comunitaria la Commissione avrebbe dovuto tener conto della brusca diminuzione dei prezzi delle materie prime in Thailandia.

(133) Tale argomento si ritiene non pertinente ai fini dell'analisi della causa del pregiudizio subito dall'industria comunitaria. Infatti il costo dei fattori di produzione in un paese esportatore è pertinente soltanto ai fini della determinazione del dumping. Per le considerazioni relative al pregiudizio e al nesso di causalità il parametro importante è il prezzo al quale il prodotto importato viene venduto nel mercato comunitario.

5.3. Conclusioni

(134) Non essendo stati presentati altri nuovi argomenti riguardo alla causa del pregiudizio subito dall'industria comunitaria, si conferma la conclusione di cui al considerando 99 del regolamento provvisorio, ossia che le importazioni in dumping, considerate separatamente, hanno arrecato pregiudizio all'industria comunitaria.

6. INTERESSE DELLA COMUNITÀ

6.1. Interesse dell'industria comunitaria

(135) Non essendo pervenute osservazioni su quanto sopra, si confermano le risultanze sull'interesse dell'industria comunitaria esposte nel considerando 101 del regolamento provvisorio.

6.2. Ripercussioni sugli utilizzatori

(136) Dopo la pubblicazione del regolamento provvisorio alcuni utilizzatori comunitari hanno sostenuto che l'imposizione di dazi antidumping avrebbe avuto effetti negativi sulla loro competitività per quanto concerne i prodotti a valle e avrebbe finito per minacciare la loro sopravvivenza. Essi ritengono che la misura darebbe luogo ad aumenti di prezzo che gli utilizzatori dovrebbero trasferire sui prodotti a valle. Tale ripercussione a sua volta provocherebbe un aumento delle importazioni di prodotti a valle a basso prezzo da altri paesi terzi e dai paesi soggetti alla presente inchiesta.

(137) Inoltre, Eurofibrefill ha reagito al regolamento provvisorio e ha sostenuto che determinate FPFNF non erano prodotte dall'industria comunitaria per niente o lo erano in quantità non sufficienti per coprire la domanda comunitaria. Secondo Eurofibrefill, tale situazione era dovuta al fatto che l'industria comunitaria era incentrata sulla produzione di FPFF. Pertanto sarebbe stato necessario continuare ad acquistare FPFNF all'estero, anche se i dazi antidumping fossero stati imposti.

(138) Eurofibrefill ha poi sostenuto che l'impatto delle misure proposte sugli utilizzatori si doveva valutare tenendo conto anche delle misure antidumping e compensative esistenti nei confronti delle importazioni da altri paesi (ad esempio Taiwan). Peraltro, con le continue richieste di misure di difesa avanzate dall'industria comunitaria ben presto tutte le fonti di approvvigionamento sarebbero state soggette a misure antidumping o compensative.

(139) A sostegno dell'obiezione di Eurofibrefill due suoi membri hanno fornito alla Commissione lettere indirizzate a produttori dell'industria comunitaria dalle quali risultava che questi non erano in grado di fornire a breve termine i tipi di FPF richiesti.

(140) Occorre notare che alcuni dei suddetti utilizzatori fattisi avanti dopo l'imposizione dei dazi provvisori non si sono manifestati entro il termine indicato nell'avviso di apertura del procedimento o non hanno compilato il questionario inviato dalla Commissione in quella fase. Pertanto la maggior parte di questi utilizzatori non hanno potuto essere considerati parti interessate ai sensi dell'articolo 21, paragrafo 2 del regolamento di base e il loro punto di vista non ha potuto di norma essere preso in considerazione nella fase definitiva del procedimento.

(141) Inoltre, come indicato nel considerando 102 del regolamento provvisorio, il livello complessivo di cooperazione nell'inchiesta relativa all'interesse della Comunità è stato molto basso. Gli utilizzatori che hanno collaborato rappresentano solo il 4 % circa del consumo totale nel mercato comunitario. Si è quindi considerato che ad un livello più ampio non vi era negli utilizzatori una reale preoccupazione per l'impatto che l'imposizione di misure antidumping sulle FPF avrebbe potuto avere sulle loro attività. Si è comunque ritenuto impossibile trarre conclusioni significative da dati così limitati.

(142) Quanto all'osservazione di Eurofibrefill che l'industria comunitaria avrebbe soprattutto prodotto FPFF, occorre notare che, come già detto sopra, nel PI la produzione e le vendite di tipi FPFNF da parte dell'industria comunitaria hanno rappresentato il 75 % circa della sua produzione totale. L'affermazione che l'industria comunitaria abbia incentrato la sua produzione sulle FPFF non è stata pertanto confermata dall'inchiesta.

(143) Quanto alla disponibilità di tipi specifici di FPF, si ricorda che non vi sono difficoltà tecniche, se non eventualmente irrilevanti, nel produrre qualsiasi tipo di fibra. Per quanto riguarda l'industria comunitaria, come già indicato nel considerando 20, è risultato che essa poteva produrre tutti i tipi di FPF senza investimenti supplementari significativi. La decisione di produrre o meno certi tipi era sostanzialmente determinata dalla maggiore o minore probabilità che il prezzo che l'utilizzatore era disposto a pagare coprisse i costi di produzione e consentisse di realizzare un profitto. Finché i produttori esportatori che operavano in dumping traevano vantaggio da pratiche commerciali sleali e offrivano sul mercato comunitario FPF a basso prezzo, l'industria comunitaria non poteva né voleva competere con loro e quindi non produceva questi tipi data la situazione di mercato esistente. Tuttavia per il futuro si può prevedere che, una volta ripristinata una situazione in cui i produttori esportatori effettuino le loro esportazioni a condizioni di mercato eque, l'industria comunitaria ricominci a produrre tali tipi di prodotti.

(144) In ogni caso, i dati disponibili sulla struttura dei costi dell'industria utilizzatrice, il livello delle misure proposte e la ripartizione tra importazioni in dumping e altre fonti di approvvigionamento indicano che:

- le FPF rappresentano tra il 25 % e il 45 % del costo totale di produzione degli utilizzatori per i prodotti a valle,

- il dazio antidumping medio è del 22 % circa per i paesi interessati,

- le importazioni in dumping rappresentano il 9 % del consumo totale di FPF.

La misura proposta può quindi causare un aumento del costo di produzione degli utilizzatori compreso tra lo 0,5 % e un massimo dello 0,9 %. Questo possibile aumento massimo si ritiene relativamente modesto rispetto all'impatto positivo delle misure proposte in termini di ripristino di condizioni di concorrenza leale sul mercato comunitario.

(145) Dall'analisi delle ripercussioni delle misure proposte sugli utilizzatori risulta quindi che l'imposizione di misure antidumping non avrebbe come effetto un aumento delle importazioni nella Comunità di prodotti a valle a basso prezzo. Questa conclusione è dettata anche dal fatto che gli utilizzatori interessati non hanno comprovato la loro affermazione che misure precedenti sullo stesso prodotto avrebbero avuto tale effetto.

(146) Inoltre, per quanto riguarda l'impatto delle misure vigenti sul costo di produzione degli utilizzatori, occorre notare che i dati usati dalla Commissione nella presente inchiesta relativa all'interesse della Comunità già riflettevano le misure antidumping vigenti nei confronti di paesi terzi per le FPF.

(147) Per quanto riguarda le misure compensative imposte nel quadro del procedimento parallelo antisovvenzioni, è stato stabilito che esse potrebbero causare un aumento del costo di produzione degli utilizzatori compreso tra lo 0,1 e lo 0,16 %. Pertanto l'impatto totale delle misure antidumping e compensative proposte potrebbe comportare un aumento del costo di produzione degli utilizzatori in generale compreso tra lo 0,6 e l'1,06 %.

(148) In tale contesto si dovrebbe ricordare che le importazioni dai paesi oggetto dei vari procedimenti antidumping, compresi il presente procedimento e quello parallelo antisovvenzioni, nel PI hanno rappresentato il 37 % circa del totale delle importazioni nel mercato comunitario. Vi sono quindi altre importanti fonti di approvvigionamento non soggette a dazi antidumping o compensativi.

(149) Poiché l'esame degli argomenti sopra esposti presentati dagli utilizzatori non porta a nuove conclusioni, si confermano per quanto riguarda l'impatto delle misure proposte sugli utilizzatori le conclusioni del considerando 105 del regolamento provvisorio.

6.3. Conclusioni

(150) I nuovi argomenti addotti riguardo alla determinazione dell'interesse della Comunità non si considerano tali da ribaltare la conclusione che non esistono motivi validi per non imporre misure antidumping. Pertanto si confermano le risultanze provvisorie.

7. DAZIO DEFINITIVO

(151) Alla luce delle conclusioni raggiunte riguardo al dumping, al pregiudizio, al nesso di causalità e all'interesse della Comunità si ritiene che si dovrebbero adottare misure antidumping per impedire che l'industria comunitaria continui a subire un pregiudizio a causa di importazioni in dumping dall'Australia, dall'Indonesia e dalla Thailandia.

7.1. Livello di eliminazione del pregiudizio

(152) Come indicato nel considerando 108 del regolamento provvisorio, è stato stabilito un livello di prezzo non pregiudizievole corrispondente al costo di produzione dell'industria comunitaria maggiorato di un adeguato margine di profitto, che si otterrebbe in assenza di importazioni in dumping dai paesi in questione.

(153) Il governo thailandese e alcuni produttori esportatori hanno sostenuto che mentre secondo il regolamento provvisorio nel presente procedimento la redditività del 6,7 % raggiunta dall'industria comunitaria durante il PI era ancora inadeguata, in procedimenti precedenti(6) relativi a FPF e PTY (filati testurizzati di poliesteri) essa si considerava adeguata. Su tale base contestavano il livello del margine di profitto del 10 % indicato come necessario nel presente procedimento, a loro avviso senza giustificazione da parte della Commissione.

(154) Altri produttori esportatori hanno sostenuto che la giustificazione fornita dalla Commissione nel regolamento provvisorio, ossia che il margine di profitto necessario dovesse assicurare l'efficienza a lungo termine dell'industria comunitaria, non era valida in base alla più recente giurisprudenza del Tribunale di primo grado in materia.

(155) Per quanto riguarda il profitto necessario, occorre notare che nel considerando 79 del regolamento provvisorio la Commissione indicava un margine del 10 % come il margine minimo necessario per garantire l'efficienza dell'industria in questione. Questa affermazione si dovrebbe considerare alla luce del considerando 101 del regolamento provvisorio, nel quale si rilevava che da un decennio l'industria comunitaria risentiva di importazioni in dumping a basso prezzo da diversi paesi e registrava perdite. In tale contesto il profitto realizzato dall'industria comunitaria prima della comparsa delle importazioni in dumping dall'Australia, dall'Indonesia e dalla Thailandia non è una base valida per la determinazione del profitto necessario.

(156) Occorre inoltre notare che, come riconosciuto dagli stessi produttori esportatori, l'industria dei PTY è completamente diversa da quella delle FPF. Si ritiene pertanto che il profitto relativo ai PTY non sia pertinente ai fini della determinazione del profitto per le FPF.

(157) Si ritiene altresì che il livello di profitto ritenuto adeguato per l'industria comunitaria nel 1994 non debba necessariamente determinare il margine da usare più di quattro anni dopo. Infatti, in primo luogo, dopo il 1994 l'industria comunitaria ha continuato a subire perdite finanziarie e, in secondo luogo, il profitto adeguato nel 1994 è stato determinato tenendo conto degli investimenti a lungo termine allora necessari, mentre nella fattispecie si è tenuto debitamente conto delle perdite a lungo termine subite dall'industria comunitaria e, come evidenziato da alcuni produttori esportatori, del livello di profitto che si sarebbe potuto realizzare in assenza di importazioni in dumping. In ogni caso, anche utilizzando il margine di profitto suggerito del 6 %, il livello delle misure proposte non cambierebbe in quanto queste sarebbero comunque basate sui margini di dumping.

(158) Infine occorre sottolineare che i suddetti produttori esportatori non hanno fornito prove del fatto che l'impostazione della Commissione riguardo al livello di profitto adeguato non fosse corretta né hanno effettuato un'analisi della questione per dimostrare quale dovesse essere il margine adeguato.

(159) Pertanto, sulla base di quanto precede, si conferma quanto esposto nel considerando 108 del regolamento provvisorio.

7.2. Forma e livello del dazio

(160) Conformemente all'articolo 9, paragrafo 4, del regolamento di base, le aliquote del dazio antidumping corrispondono ai margini di dumping in quanto i margini di pregiudizio risultano più elevati per tutti gli esportatori dei paesi interessati.

(161) Tuttavia, per quanto riguarda il procedimento antisovvenzioni parallelo, ai sensi dell'articolo 24, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 2026/97(7) (in appresso "regolamento antisovvenzioni di base") e dell'articolo 14, paragrafo 1, del regolamento di base, nessun prodotto può essere soggetto nel contempo a dazi antidumping e a dazi compensativi nell'intento di porre rimedio ad una medesima situazione risultante da pratiche di dumping oppure dalla concessione di sovvenzioni all'esportazione. Nella presente inchiesta è risultato opportuno imporre un dazio antidumping definitivo sulle importazioni del prodotto in questione originario dell'Australia, dell'Indonesia e della Thailandia e quindi occorre determinare se e in che misura i margini di dumping e di sovvenzione risultino dalla stessa situazione.

(162) Nel procedimento antisovvenzioni parallelo si è accertato che, tra altri paesi, in Thailandia (tutte le società) e in Indonesia (solo le società che hanno collaborato) il livello di sovvenzione era inferiore al livello minimo; non sono stati quindi imposti dazi compensativi.

(163) Quanto all'Australia, è stato proposto, ai sensi dell'articolo 15, paragrafo 1 del regolamento antisovvenzioni di base, un dazio compensativo definitivo corrispondente all'importo della sovvenzione compensabile, risultato inferiore al margine di pregiudizio. Tutti i sistemi di sovvenzione esaminati in Australia costituivano sovvenzioni all'esportazione ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 4, lettera a), del regolamento antisovvenzioni di base. In quanto tali, potevano soltanto influire sul prezzo all'esportazione del produttore esportatore australiano, determinando in tal modo un più alto margine di dumping. In altri termini, il margine di dumping definitivo accertato per l'unico produttore australiano che ha collaborato è in parte dovuto all'esistenza delle sovvenzioni all'esportazione. Pertanto non si ritiene appropriato imporre un dazio compensativo e un dazio antidumping entrambi interamente corrispondenti ai margini di sovvenzione e di dumping stabiliti a titolo definitivo. Il dazio antidumping definitivo dovrebbe quindi essere adeguato in modo da riflettere l'effettivo margine di dumping restante dopo l'imposizione del dazio compensativo definitivo che compensa l'effetto delle sovvenzioni all'esportazione.

(164) Per i produttori esportatori indonesiani che non hanno collaborato, è stato proposto, ai sensi dell'articolo 15, paragrafo 1 del regolamento antisovvenzioni di base, un dazio compensativo definitivo corrispondente all'importo della sovvenzione compensabile, risultato inferiore al margine di pregiudizio. Si è stabilito che metà dei sistemi di sovvenzione applicati in Indonesia costituivano sovvenzioni all'esportazione ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 4, lettera a), del regolamento antisovvenzioni di base. In quanto tali, potevano soltanto influire sul prezzo all'esportazione dei produttori esportatori indonesiani che non hanno collaborato, determinando in tal modo un più alto margine di dumping. In altri termini, il margine di dumping definitivo accertato per i produttori esportatori indonesiani che non hanno collaborato è in parte dovuto all'esistenza delle sovvenzioni all'esportazione. Pertanto non si ritiene appropriato imporre un dazio compensativo e un dazio antidumping entrambi interamente corrispondenti ai margini di sovvenzione e di dumping stabiliti a titolo definitivo. Il dazio antidumping definitivo per i produttori esportatori indonesiani che non hanno collaborato dovrebbe quindi essere adeguato in modo da riflettere l'effettivo margine di dumping restante dopo l'imposizione del dazio compensativo definitivo che compensa l'effetto delle sovvenzioni all'esportazione.

(165) Sulla base di quanto precede, le aliquote del dazio definitivo, espresse in percentuale del prezzo cif frontiera comunitaria, dazio non corrisposto, tenuto conto dei risultati del procedimento antisovvenzioni, sono le seguenti:

>SPAZIO PER TABELLA>

(166) Le aliquote del dazio antidumping applicabili ad alcune società a titolo individuale indicate nel presente regolamento sono state stabilite in base alle risultanze della presente inchiesta. Esse quindi riflettono la situazione delle società in questione accertata durante l'inchiesta. Queste aliquote (a differenza del dazio istituito per il paese, applicabile a "tutte le altre società") sono applicabili esclusivamente alle importazioni di prodotti originari del paese interessato e fabbricati dalle società in questione e precisamente dalle specifiche persone giuridiche menzionate. I prodotti importati fabbricati da qualsiasi altra società non specificamente menzionata con indicazione della ragione sociale e della sede nel disposto del presente regolamento, comprese le società collegate a quelle specificamente menzionate, non possono beneficiare delle aliquote in questione e sono soggetti all'aliquota del dazio applicabile a "tutte le altre società".

(167) Le eventuali richieste di applicazione di tali aliquote individuali (ad esempio in seguito ad un cambiamento della ragione sociale della società o alla creazione di nuove entità produttive o di vendita) devono essere inoltrate senza indugio alla Commissione(8) con tutte le informazioni pertinenti, in particolare l'indicazione degli eventuali mutamenti nelle attività della società riguardanti la produzione, le vendite sul mercato interno e le vendite all'estero, connessi ad esempio al cambiamento della ragione sociale o ai cambiamenti a livello di entità produttive o di vendita. La Commissione, se del caso, procederà, sentito il comitato consultivo, a modificare debitamente il regolamento, aggiornando l'elenco delle società che beneficiano di aliquote individuali.

(168) Poiché nell'inchiesta relativa al dumping in Indonesia si è fatto ricorso al campionamento, non è possibile nel presente procedimento iniziare per l'Indonesia un riesame ai sensi dell'articolo 11, paragrafo 4, del regolamento di base per accertare i singoli margini di dumping nei confronti dei nuovi esportatori. Tuttavia, al fine di garantire la parità di trattamento per eventuali produttori esportatori indonesiani effettivamente nuovi e per le società non inserite nel campione che hanno collaborato, si ritiene opportuno prevedere l'applicazione del dazio medio ponderato imposto nei confronti di queste ultime società agli eventuali nuovi produttori esportatori indonesiani per i quali altrimenti dovrebbe essere svolto un riesame ai sensi dell'articolo 11, paragrafo 4, del regolamento di base.

8. RISCOSSIONE DEL DAZIO PROVVISORIO

(169) In considerazione degli elevati margini di dumping accertati per i produttori esportatori e della gravità del pregiudizio arrecato all'industria comunitaria, si ritiene necessario che gli importi depositati a titolo di dazio antidumping provvisorio a norma del regolamento provvisorio siano definitivamente riscossi in ragione dell'importo dei dazi definitivi imposti se detto importo è pari o inferiore a quello del dazio provvisorio. Altrimenti deve essere definitivamente riscosso soltanto l'importo del dazio provvisorio,

HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:

Articolo 1

1. È imposto un dazio antidumping definitivo sulle importazioni di fibre sintetiche in fiocco di poliesteri, non cardate né pettinate né altrimenti preparate per la filatura, di cui al codice NC 55032000, originarie dell'Australia, dell'Indonesia e della Thailandia.

2. Le aliquote del dazio definitivo applicabili al prezzo netto franco frontiera comunitaria, dazio non corrisposto, per i prodotti fabbricati dalle società sotto elencate sono le seguenti:

>SPAZIO PER TABELLA>

3. Salvo diversa indicazione, si applicano le disposizioni vigenti in materia di dazi doganali.

Articolo 2

Se un nuovo produttore esportatore indonesiano fornisce alla Commissione elementi sufficienti per dimostrare che:

- durante il PI non ha esportato nella Comunità i prodotti di cui all'articolo 1, paragrafo 1,

- non è collegato a nessuno degli esportatori o produttori indonesiani soggetti alle misure antidumping imposte dal presente regolamento,

- ha effettivamente esportato nella Comunità i prodotti in questione dopo il periodo dell'inchiesta su cui sono basate le misure, oppure ha assunto un'obbligazione contrattuale irrevocabile di esportare un quantitativo significativo nella Comunità,

il Consiglio, deliberando a maggioranza semplice su una proposta presentata dalla Commissione dopo aver sentito il comitato consultivo, può modificare l'articolo 1, paragrafo 2 del presente regolamento aggiungendo il nuovo produttore esportatore alle società soggette al dazio medio ponderato elencate in detto articolo.

Articolo 3

Gli importi depositati a titolo di dazio antidumping provvisorio sulle importazioni originarie dell'Australia, dell'Indonesia e della Thailandia a norma del regolamento provvisorio sono riscossi in ragione dell'aliquota del dazio definitivo imposto dal presente regolamento. Gli importi depositati sono svincolati nella parte eccedente l'aliquota del dazio definitivo. Nei casi in cui l'aliquota del dazio definitivo imposto sia più elevata dell'aliquota del dazio provvisorio, sono riscossi definitivamente soltanto gli importi depositati al livello del dazio provvisorio.

Articolo 4

Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

Fatto a Bruxelles, addì 10 luglio 2000.

Per il Consiglio

Il Presidente

H. Védrine

(1) GU L 56 del 6.3.1996, pag. 1. Regolamento modificato da ultimo dal regolamento (CE) n. 905/98 (GU L 128 del 30.4.1998, pag. 18).

(2) GU L 16 del 21.1.2000, pag. 3.

(3) GU L 16 del 21.1.2000, pag. 30.

(4) GU L 113 del 12.5.2000, pag. 1.

(5) GU L 204 del 4.8.1999, pag. 3.

(6) FPF dalla Bielorussia, PTY (filati testurizzati di poliesteri) dall'Indonesia e dalla Thailandia.

(7) GU L 288 del 21.10.1997, pag. 1.

(8) Commissione europea, Direzione generale del Commercio, direzione C, DM 24 -8/38, rue de la Loi 200, B-1049 Bruxelles.

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