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Document 32022R0996

Regolamento di esecuzione (UE) 2022/996 della Commissione del 14 giugno 2022 recante norme per verificare i criteri di sostenibilità e di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e i criteri che definiscono il basso rischio di cambiamento indiretto della destinazione d’uso dei terreni (Testo rilevante ai fini del SEE)

C/2022/3740

GU L 168 del 27.6.2022, p. 1–62 (BG, ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, GA, HR, IT, LV, LT, HU, MT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, FI, SV)

Legal status of the document In force: This act has been changed. Current consolidated version: 30/12/2023

ELI: http://data.europa.eu/eli/reg_impl/2022/996/oj

27.6.2022   

IT

Gazzetta ufficiale dell’Unione europea

L 168/1


REGOLAMENTO DI ESECUZIONE (UE) 2022/996 DELLA COMMISSIONE

del 14 giugno 2022

recante norme per verificare i criteri di sostenibilità e di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e i criteri che definiscono il basso rischio di cambiamento indiretto della destinazione d’uso dei terreni

(Testo rilevante ai fini del SEE)

LA COMMISSIONE EUROPEA,

visto il trattato sul funzionamento dell’Unione europea,

vista la direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili (1), in particolare l’articolo 30, paragrafo 8,

considerando quanto segue:

(1)

La direttiva (UE) 2018/2001 amplia il ruolo dei sistemi volontari includendo la certificazione della conformità dei combustibili da biomassa ai criteri di sostenibilità e di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e la certificazione della conformità dei carburanti liquidi e gassosi da fonti rinnovabili di origine non biologica per il trasporto e dei carburanti derivanti da carbonio riciclato ai rispettivi criteri di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra. È possibile servirsi dei sistemi volontari anche per certificare i biocarburanti, i bioliquidi e i combustibili da biomassa a basso rischio di cambiamento indiretto della destinazione d’uso dei terreni.

(2)

Per stabilire se i biocarburanti, i bioliquidi, i combustibili da biomassa, i carburanti liquidi e gassosi da fonti rinnovabili di origine non biologica per il trasporto e i carburanti derivanti da carbonio riciclato sono conformi alla direttiva (UE) 2018/2001 è indispensabile che i sistemi volontari funzionino correttamente e in modo armonizzato. È pertanto opportuno stabilire norme armonizzate che valgano per tutto il sistema di certificazione e offrano la necessaria certezza del diritto in merito alle norme applicabili agli operatori economici e ai sistemi volontari.

(3)

Al fine di ridurre al minimo gli oneri amministrativi, le modalità di esecuzione dovrebbero essere proporzionate e limitate a quanto necessario per assicurare che la conformità ai criteri di sostenibilità e di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e ad altri obblighi sia verificata in modo adeguato e armonizzato che eviti il più possibile il rischio di frode. Le modalità di esecuzione non dovrebbero pertanto essere considerate una norma esaustiva bensì obblighi minimi. I sistemi volontari possono di conseguenza integrarle con altre disposizioni che ritengano opportune.

(4)

Gli operatori economici possono decidere in qualsiasi momento di aderire a un sistema volontario diverso. Per evitare che l’operatore economico risultato non conforme in seguito a controllo in un sistema possa presentare immediatamente domanda di certificazione in un altro sistema, tutti i sistemi che ricevono una domanda dovrebbero esigere che l’operatore economico segnali se non ha superato un controllo nei cinque anni precedenti. Quest’obbligo dovrebbe valere anche per le situazioni in cui l’operatore economico ha una nuova personalità giuridica che non ne muta la sostanza ma apporta solo modifiche minime o puramente formali, ad esempio alla struttura di governo o alla portata delle attività, ragion per cui pur nella sua nuova veste non è esonerato dal suddetto obbligo.

(5)

Il sistema di equilibrio di massa è inteso a ridurre gli oneri amministrativi derivanti dall’obbligo di dimostrare il rispetto dei criteri di sostenibilità e di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra consentendo di miscelare materie prime e combustibili con caratteristiche di sostenibilità diverse e di riattribuire in modo flessibile le caratteristiche di sostenibilità alle partite ritirate dalla miscela. A fini di trasparenza la miscela nel sistema di equilibrio di massa è possibile se, ad esempio, le materie prime appartengono allo stesso gruppo di prodotti. Un gruppo di prodotti può comprendere, ad esempio, diversi tipi di materie cellulosiche di origine non alimentare con caratteristiche fisiche e chimiche simili, potere calorifico e/o fattori di conversione simili o i tipi di materie ligno-cellulosiche di cui all’allegato IX, parte A, lettera q), della direttiva (UE) 2018/2001. Gli oli vegetali vergini utilizzati per la produzione di biocarburanti e bioliquidi possono appartenere allo stesso gruppo di prodotti. Le materie prime che possono essere usate per la produzione di biocarburanti, bioliquidi e combustibili da biomassa soggetti a norme diverse in funzione del contributo al conseguimento degli obiettivi di energia rinnovabile non dovrebbero tuttavia essere considerate parte dello stesso gruppo di prodotti per non rischiare di compromettere gli obiettivi della direttiva (UE) 2018/2001, che applica un trattamento differenziato di biocarburanti, bioliquidi e combustibili da biomassa sulla base delle materie prime da cui sono prodotti. Per quanto concerne i combustibili gassosi, la rete interconnessa dell’UE è considerata un unico sistema di equilibrio di massa. I combustibili gassosi prodotti e consumati fuori dalla rete o attraverso reti di distribuzione locali isolate devono essere considerati sistemi separati di equilibrio di massa. L’esportazione dei combustibili verso paesi terzi che non applicano il sistema di equilibrio di massa richiede misure precauzionali che garantiscano la coerenza delle asserzioni di sostenibilità. A tal fine è opportuno che il sistema di equilibrio di massa includa anche le informazioni sui quantitativi di combustibili per i quali non sono state determinate le caratteristiche di sostenibilità e tenga conto delle forniture di combustibili agli operatori non certificati, in base alla natura fisica dei combustibili forniti.

(6)

Nella preparazione del controllo in loco iniziale e durante i controlli successivi di sorveglianza o ricertificazione, l’esecutore del controllo dovrebbe effettuare un’analisi adeguata del profilo di rischio globale dell’operatore economico. In base alle conoscenze professionali dell’esecutore del controllo e alle informazioni presentate dall’operatore economico, l’analisi dovrebbe tenere conto non solo del livello di rischio dell’operatore economico ma anche della catena di approvvigionamento (ad esempio, per gli operatori economici che trattano materiali di cui all’allegato IX della direttiva (UE) 2018/2001). Per garantire un grado adeguato di fiducia nella veridicità delle informazioni fornite dagli operatori economici, attenuando i rischi di inesattezze rilevanti, l’intensità del controllo, il suo ambito di applicazione o entrambi dovrebbero essere adattati al livello del rischio globale individuato.

(7)

Nei controlli di gruppo, in cui i controlli in loco sono sostituiti da controlli documentali, i sistemi volontari e gli organismi di certificazione dovrebbero poter fornire lo stesso livello di garanzia fornito da un controllo in loco (ad esempio, disponibilità di immagini satellitari di alta qualità, dati su zone e torbiere protette che offrono informazioni sull’orizzonte temporale).

(8)

Il regolamento delegato (UE) 2019/807 della Commissione (2) riconosce che in determinate circostanze è possibile evitare gli effetti del cambiamento indiretto della destinazione d’uso dei terreni (ILUC, indirect land-use change) dovuti a biocarburanti, bioliquidi e combustibili da biomassa considerati ad alto rischio ILUC. Affinché il processo di certificazione del basso rischio ILUC sia attuato dai sistemi volontari in condizioni di parità, è necessario stabilire obblighi specifici per la certificazione di biocarburanti, bioliquidi e combustibili da biomassa a basso rischio ILUC. I biocarburanti, i bioliquidi o i combustibili da biomassa certificati a basso rischio ILUC dovrebbero essere esentati dai limiti e dalla riduzione graduale stabiliti per i biocarburanti, i bioliquidi e i combustibili da biomassa prodotti a partire da colture alimentari e foraggere a elevato rischio ILUC, a condizione che soddisfino i pertinenti criteri di sostenibilità e di riduzione delle emissioni di gas serra di cui all’articolo 29 della direttiva (UE) 2018/2001.

(9)

Gli operatori economici che chiedono la certificazione del basso rischio ILUC possono avere già ottenuto da un sistema volontario la certificazione per altri aspetti o possono chiedere la certificazione del basso rischio ILUC contemporaneamente alla domanda di certificazione di altri aspetti certificabili da un sistema volontario. I richiedenti possono essere un’azienda agricola, un gruppo di agricoltori, un primo punto di raccolta o il responsabile che agisce per conto di un gruppo di agricoltori. Se le misure sono applicate alle colture perenni, l’inizio del periodo di validità decennale della certificazione del basso rischio ILUC può essere posticipato a causa dell’intervallo tra il momento in cui la misura è applicata e quello in cui si osserva l’aumento delle rese.

(10)

Le misure di cui al presente regolamento sono conformi al parere del comitato per la sostenibilità dei biocarburanti, dei bioliquidi e dei combustibili da biomassa di cui all’articolo 34, paragrafo 2, della direttiva (UE) 2018/2001,

HA ADOTTATO IL PRESENTE REGOLAMENTO:

CAPO I

INTRODUZIONE

Articolo 1

Oggetto

Il presente regolamento stabilisce le modalità di esecuzione per verificare in modo efficiente e armonizzato che gli operatori economici:

a)

soddisfino i criteri di sostenibilità di cui all’articolo 29, paragrafi da 2 a 7, della direttiva (UE) 2018/2001;

b)

forniscano dati accurati sulla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra ai fini dell’articolo 25, paragrafo 2, e dell’articolo 29, paragrafo 10, della direttiva (UE) 2018/2001;

c)

soddisfino i criteri per la certificazione dei biocarburanti, bioliquidi e combustibili da biomassa a basso rischio ILUC stabiliti dal regolamento delegato (UE) 2019/807.

Articolo 2

Definizioni

Ai fini del presente regolamento si applicano le definizioni seguenti:

1)

«sistema volontario»: organizzazione che certifica la conformità degli operatori economici ai criteri e alle norme, compresi, ma non solo, i criteri di sostenibilità e di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra stabiliti nella direttiva (UE) 2018/2001 e nel regolamento delegato (UE) 2019/807;

2)

«sistema volontario riconosciuto»: sistema volontario riconosciuto in applicazione dell’articolo 30, paragrafo 4, della direttiva (UE) 2018/2001;

3)

«sistema nazionale riconosciuto»: sistema nazionale riconosciuto in applicazione dell’articolo 30, paragrafo 6, della direttiva (UE) 2018/2001;

4)

«certificato»: dichiarazione di conformità rilasciata dall’organismo di certificazione in un sistema volontario attestante che l’operatore economico ottempera alle prescrizioni della direttiva (UE) 2018/2001;

5)

«certificato sospeso»: certificato temporaneamente non valido per non conformità riscontrate dall’organismo di certificazione o su richiesta spontanea dell’operatore economico;

6)

«certificato revocato»: certificato annullato definitivamente dall’organismo di certificazione o dal sistema volontario;

7)

«certificato interrotto»: certificato annullato volontariamente mentre è in corso di validità;

8)

«certificato scaduto»: certificato non più valido;

9)

«caratteristiche di sostenibilità e di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra»: serie di informazioni che descrivono la partita di materie prime o di combustibili, necessarie per dimostrare la conformità della partita ai criteri di sostenibilità e di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra per i biocarburanti, i bioliquidi e i combustibili da biomassa o agli obblighi di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra applicabili ai carburanti liquidi e gassosi da fonti rinnovabili di origine non biologica per il trasporto e i carburanti derivanti da carbonio riciclato;

10)

«miscela di materie prime a fini di ulteriore trattamento»: miscela fisica di materie prime al solo scopo di produrre biocarburanti, bioliquidi o combustibili da biomassa;

11)

«operatore economico»: produttore di materie prime, raccoglitore di rifiuti e residui, gestore di impianti che trasformano le materie prime in combustibili finali o prodotti intermedi, gestore di impianti che producono energia (energia elettrica, riscaldamento o raffrescamento) o qualsiasi altro gestore, compreso il gestore di impianti di stoccaggio o il commerciante che detiene concretamente le materie prime o i combustibili, a condizione che tratti le informazioni sulle caratteristiche di sostenibilità e di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra di tali materie prime o combustibili;

12)

«primo punto di raccolta»: impianto di stoccaggio o di trattamento gestito direttamente dall’operatore economico, o da altra controparte di un accordo contrattuale, che si procura le materie prime direttamente dai produttori di biomassa agricola, biomassa forestale, rifiuti e residui o, nel caso dei carburanti da fonti rinnovabili di origine non biologica, dall’impianto che li produce;

13)

«controllo di certificazione»: controllo iniziale prima dell’adesione a un sistema volontario ai fini del rilascio del certificato;

14)

«organismo di certificazione»: organismo indipendente di valutazione della conformità, accreditato o riconosciuto, che stipula un accordo con un sistema volontario per fornire servizi di certificazione delle materie prime o dei combustibili svolgendo controlli degli operatori economici e rilasciando certificati per conto dei sistemi volontari che si servono del sistema di certificazione volontario;

15)

«non conformità»: mancato rispetto, da parte dell’operatore economico o dell’organismo di certificazione, delle norme e delle procedure stabilite dal sistema volontario a cui aderisce o nel quale opera;

16)

«controllo di sorveglianza»: controllo intermedio a cadenza trimestrale, semestrale o annuale dei certificati rilasciati dall’organismo di certificazione in un sistema volontario dopo la certificazione e prima del controllo di ricertificazione;

17)

«controllo di ricertificazione»: controllo per il rinnovo del certificato rilasciato dall’organismo di certificazione in un sistema volontario;

18)

«infrastruttura interconnessa»: sistema di infrastrutture, tra cui gasdotti, terminali GNL e impianti di stoccaggio, adibite al trasporto di gas costituiti principalmente di metano e comprendenti biogas e gas da biomassa, in particolare biometano, o altri tipi di gas che possono essere iniettati e trasportati, senza porre problemi di ordine tecnico o di sicurezza, nel sistema di gasdotti per il gas naturale, nei sistemi dell’idrogeno nonché nelle reti di condotte e nelle infrastrutture di trasmissione e distribuzione per i combustibili liquidi;

19)

«sistema dell’idrogeno»: sistema di infrastrutture, tra cui reti dell’idrogeno, impianti di stoccaggio dell’idrogeno e terminali dell’idrogeno, contenenti idrogeno a elevato grado di purezza;

20)

«predecessore in diritto»: operatore economico legalmente sostituito da un nuovo operatore senza modifiche sostanziali o con sole modifiche lievi di proprietà, composizione della dirigenza, metodi di lavoro o ambito d’attività;

21)

«gruppo di prodotti»: materie prime, biocarburanti, bioliquidi, combustibili da biomassa non gassosi con caratteristiche fisiche e chimiche simili e potere calorifico simile o combustibili da biomassa gassosi e GNL con caratteristiche chimiche simili, tutti soggetti alle stesse norme di cui agli articoli 7, 26 e 27 della direttiva (UE) 2018/2001 per determinare il contributo di biocarburanti, bioliquidi e combustibili da biomassa al conseguimento degli obiettivi di energia rinnovabile;

22)

«sito»: ubicazione geografica, strutture logistiche, infrastrutture di trasmissione o di distribuzione con confini precisi entro cui i prodotti possono essere miscelati;

23)

«prova della sostenibilità»: dichiarazione dell’operatore economico, stilata in base al certificato rilasciato dall’organismo di certificazione in un sistema volontario, attestante la conformità di una determinata quantità di materie prime o combustibili ai criteri di sostenibilità e di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra di cui all’articolo 25, paragrafo 2, e all’articolo 29 della direttiva (UE) 2018/2001;

24)

«materia prima»: sostanza non ancora trasformata in combustibile né in prodotto intermedio;

25)

«combustibili»: combustibili pronti per il consumo, tra cui biocarburanti, bioliquidi, combustibili da biomassa, carburanti liquidi e gassosi da fonti rinnovabili di origine non biologica per il trasporto e carburanti derivanti da carbonio riciclato;

26)

«prova dell’attrattiva finanziaria»: calcolo del valore attuale netto (VAN) di un investimento, basato su misure di addizionalità nel contesto della certificazione della biomassa a basso rischio ILUC;

27)

«prova degli ostacoli non finanziari»: valutazione degli altri ostacoli potenziali che prevedibilmente impediscono all’operatore economico di attuare misure di addizionalità nel contesto della certificazione della biomassa a basso rischio ILUC;

28)

«banca dati dell’Unione»: la banca dati di cui all’articolo 28, punto 2, della direttiva (UE) 2018/2001;

29)

«terreni erbosi»: terreni erbosi ai sensi dell’articolo 1, punto 1, del regolamento (UE) n. 1307/2014 della Commissione (3).

CAPO II

PRINCIPI GENERALI SU GOVERNO, MONITORAGGIO INTERNO, PROCEDURA DI RECLAMO E TRASPARENZA DEI SISTEMI VOLONTARI

Articolo 3

Struttura di governance del sistema volontario

1.   I sistemi volontari istituiscono una struttura di governo per dotarsi della capacità giuridica e tecnica, dell’imparzialità e dell’indipendenza necessarie per svolgere i propri compiti. In funzione del proprio ambito di applicazione, il sistema volontario istituisce un comitato tecnico o un sistema equivalente di assistenza tecnica specialistica, che in casi particolari consente anche di ricorrere a esperti esterni indipendenti per ottenere consulenza su questioni tecniche.

2.   Nella struttura di governo e nel processo decisionale i sistemi volontari includono, per quanto possibile, un’ampia varietà di rappresentanti dei gruppi di portatori di interessi, quali associazioni di agricoltori o silvicoltori, organizzazioni ambientaliste non governative, comunità indigene e locali potenzialmente interessate dal sistema, mondo accademico e produttori di combustibili. Nessun portatore di interessi o gruppo di portatori di interessi ha una posizione dominante nel processo decisionale. Le decisioni sono prese solo se è raggiunto il quorum della maggioranza dei portatori di interessi.

3.   I sistemi volontari stabiliscono modalità e procedure per evitare conflitti di interesse nel processo decisionale. Come minimo applicano un insieme di pesi e contrappesi affinché nessun singolo portatore di interessi possa esercitare un’influenza determinante sull’esito di una decisione in cui abbia un interesse personale.

4.   Gli organismi di certificazione stabiliscono modalità e procedure d’integrità per assicurare la completa indipendenza dagli operatori economici che aderiscono al sistema. I sistemi volontari esigono che gli organismi di certificazione che operano per loro conto siano accreditati in base alla norma 17065 dell’Organizzazione internazionale per la standardizzazione (ISO).

5.   Il sistema di governance dell’organismo di certificazione è inteso ad assicurare che il giudizio degli esecutori del controllo sia il più possibile indipendente applicando principi di rotazione degli esecutori del controllo o altre migliori pratiche vigenti nel settore.

6.   Chiunque abbia un conflitto potenziale di interessi è escluso dal processo decisionale, sia nel sistema volontario sia nell’organismo di certificazione. Per individuare e documentare tali casi il sistema volontario predispone procedure adeguate e una pista di controllo, che riesamina periodicamente nell’ambito del sistema di monitoraggio interno.

Articolo 4

Non conformità degli operatori economici nel sistema

1.   I sistemi volontari istituiscono un dispositivo generale per trattare le non conformità degli operatori economici. Come minimo il dispositivo prevede una classificazione chiara delle non conformità, in base al grado di gravità conformemente ai requisiti dell’articolo 10. Per ciascun tipo di non conformità è stabilita una serie trasparente di modalità e procedure per assicurare l’applicazione tempestiva delle misure correttive e sanzioni del caso, compresa la sospensione. Le procedure di applicazione delle misure correttive e sanzioni sono avviate senza ritardo, in funzione della gravità delle non conformità e dell’urgenza delle misure correttive.

2.   Gli operatori economici i cui certificati sono sospesi non possono fare asserzioni di sostenibilità fino alla revoca della sospensione. Gli operatori sospesi non possono aderire a un altro sistema volontario durante il periodo di sospensione. Se l’adesione dell’operatore economico, o dei suoi predecessori in diritto, a un sistema volontario è sospesa o interrotta dalla revoca del suo certificato in esito a un controllo che ha confermato la non conformità critica, altri sistemi volontari possono rifiutare di ammettere l’operatore per almeno due anni dopo la sospensione o l’interruzione dell’adesione.

3.   Se l’operatore economico già risultato in condizione di non conformità critica o grave chiede la ricertificazione, l’esecutore del controllo mette a parte della situazione tutti i sistemi volontari ai quali l’operatore economico aderisce al momento o ai quali ha chiesto la ricertificazione.

Articolo 5

Monitoraggio interno, procedura di reclamo e sistema di gestione della documentazione

1.   I sistemi volontari istituiscono il monitoraggio interno per verificare che gli operatori economici osservino le modalità e le procedure da esso applicate e per garantire la qualità del lavoro svolto dagli esecutori del controllo degli organismi di certificazione. Il monitoraggio interno è effettuato almeno una volta all’anno in base al territorio e alle materie prime coperti dal sistema volontario, nonché al livello di rischio delle attività svolte dagli operatori economici. Nel processo di monitoraggio il sistema volontario esige che gli organismi di certificazione presentino tutte le relazioni di controllo e, se del caso, i calcoli dei valori reali delle emissioni di gas a effetto serra. Le attività di monitoraggio riguardano un campione casuale, basato sul rischio, delle relazioni di controllo di ciascun organismo di certificazione.

2.   I sistemi volontari stabiliscono modalità e procedure intese ad assicurare il seguito effettivo dei risultati del monitoraggio interno e, se necessario, l’applicazione di sanzioni. Sulla base dei risultati del monitoraggio interno sono adottate misure correttive a livello della struttura di governance o del processo di monitoraggio interno del sistema volontario al fine di migliorarne il funzionamento. I risultati delle attività di monitoraggio annuale del sistema volontario sono sintetizzati nella relazione annuale di attività presentata alla Commissione.

3.   I sistemi volontari stabiliscono procedure per presentare reclamo nei confronti degli operatori economici o degli organismi di certificazione. La procedura di reclamo è accessibile sul sito web del sistema volontario e consente di inviare i reclami per via elettronica o per posta. La procedura assicura la protezione delle persone che segnalano violazioni o introducono reclami in buona fede conformemente alla direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio (4). Il sito web indica perlomeno tutte le informazioni seguenti:

a)

le informazioni e gli elementi di prova da fornire per presentare un reclamo, nonché l’indirizzo postale o di posta elettronica a cui deve essere inviato;

b)

orientamenti sul tipo di reclami ammissibili;

c)

un riepilogo schematico della modalità di trattamento dei reclami, dal ricevimento iniziale alla risoluzione, con il calendario delle varie tappe;

d)

il processo decisionale per i reclami e il processo di impugnazione delle decisioni;

e)

le conseguenze della constatazione di non conformità da parte del sistema volontario a seguito di un reclamo.

4.   I sistemi volontari tengono un registro di tutti i reclami e forniscono alla Commissione una sintesi dei reclami nella relazione annuale di attività. Su richiesta della Commissione o di uno Stato membro, forniscono tutti i documenti relativi a un reclamo e al suo trattamento.

5.   I sistemi volontari e gli organismi di certificazione istituiscono un sistema di gestione della documentazione che contempla tutti gli elementi seguenti:

a)

la documentazione generale del sistema di gestione (ad esempio manuali, politiche, definizione delle responsabilità);

b)

il controllo dei documenti e delle scritture;

c)

revisione del sistema di gestione da parte della dirigenza;

d)

il controllo interno/monitoraggio interno;

e)

le procedure per individuare e gestire le non conformità; e

f)

le procedure per adottare le misure preventive intese a eliminare le cause di potenziali non conformità.

La documentazione è conservata per almeno cinque anni, o più a lungo se così prescrive l’autorità nazionale competente.

Articolo 6

Pubblicazione di informazioni a cura dei sistemi volontari

I sistemi volontari mettono gratuitamente a disposizione del pubblico su un sito web le informazioni seguenti:

a)

la loro struttura di governo, con descrizione del ruolo di tutti gli organi pertinenti, i dettagli dell’assetto proprietario, la composizione e l’esperienza del consiglio di amministrazione, del segretariato e del comitato tecnico, o equivalente, nonché l’elenco dei membri con diritto di voto o dei partecipanti al sistema, se del caso;

b)

l’elenco degli operatori economici che partecipano al sistema, il loro stato di certificazione, con la rispettiva data di rilascio, sospensione, revoca, interruzione o scadenza dei certificati, nonché i certificati o le relazioni sintetiche di controllo redatti conformemente all’allegato II. Se dai controlli emergono non conformità critiche o gravi, i sistemi volontari pubblicano un elenco aggregato delle non conformità, insieme al piano d’azione e al calendario per la loro correzione concordati con gli operatori economici interessati. Informazioni specifiche contenute nei certificati o nelle relazioni sintetiche di controllo possono essere espunte per rispettare la legislazione in materia di protezione dei dati personali. Gli operatori economici i cui certificati sono revocati, interrotti o scaduti figurano in un elenco sul sito web per almeno 24 mesi dopo la data di revoca, interruzione o scadenza. Il cambio di stato di certificazione degli operatori economici è reso pubblico immediatamente;

c)

l’ultima versione della documentazione relativa al sistema e le linee guida per i controlli. I documenti recano la data e il numero della versione e, se del caso, il riepilogo dei cambiamenti rispetto alla versione precedente;

d)

i recapiti del sistema, compresi il numero di telefono, l’indirizzo postale e di posta elettronica;

e)

l’elenco degli organismi di certificazione che svolgono controlli indipendenti nel sistema, indicando per ciascuno di essi l’autorità o l’ente pubblico nazionale che lo ha accreditato o riconosciuto e l’autorità o l’ente pubblico nazionale dello Stato membro che esercita la vigilanza, a norma dell’articolo 30, paragrafo 9, secondo comma, della direttiva (UE) 2018/2001. Gli organismi di certificazione che non sono più abilitati a svolgere controlli indipendenti nel sistema sono elencati per almeno 12 mesi dopo l’ultimo controllo, con un’indicazione al riguardo;

f)

i risultati delle attività di monitoraggio annuale del sistema volontario sintetizzati nella relazione annuale di attività.

Articolo 7

Cambio di sistema da parte degli operatori economici

1.   I sistemi volontari impongono all’operatore economico di comunicare nella domanda di certificazione:

a)

se l’operatore economico o il suo predecessore in diritto partecipa al momento a un altro sistema volontario o ha partecipato a un altro sistema volontario negli ultimi cinque anni;

b)

tutte le informazioni pertinenti, compresi i dati relativi all’equilibrio di massa e le relazioni di controllo e, se del caso, qualsiasi decisione di sospensione o revoca del certificato negli ultimi cinque anni;

c)

se l’operatore economico si è ritirato da un sistema prima del primo controllo di sorveglianza.

2.   I sistemi volontari escludono l’operatore economico dal sistema nei seguenti casi:

a)

l’operatore economico non comunica le informazioni di cui al paragrafo 1, lettere a) e b);

b)

l’operatore economico o il suo predecessore in diritto non ha superato il controllo iniziale in un altro sistema, a meno che tale controllo iniziale non abbia avuto luogo più di tre anni prima della domanda o se l’operatore economico non ha potuto ripresentare la domanda perché nel frattempo l’altro sistema ha cessato le attività di certificazione. Se il sistema volontario accetta la giustificazione dell’operatore economico e decide di valutarne la domanda, l’ambito d’applicazione del controllo iniziale è adattato in modo da vertere su tutte le questioni pertinenti e concentrarsi in particolare sulle carenze individuate nel controllo iniziale che non è stato superato nell’altro sistema;

c)

l’operatore economico o il suo predecessore in diritto si è ritirato da un altro regime prima del primo controllo di sorveglianza, a meno che l’operatore possa dimostrare di aver avuto un motivo valido per ritirarsi. Se il sistema volontario accetta la giustificazione fornita dall’operatore economico, l’ambito di applicazione del controllo iniziale è adattato in modo da vertere su tutte le questioni pertinenti del controllo di sorveglianza.

Articolo 8

Riconoscimento di altri sistemi volontari

Se parte della catena di approvvigionamento dipende da altri sistemi volontari, sono accettate le prove dei sistemi volontari riconosciuti a norma dell’articolo 30, paragrafo 4, della direttiva (UE) 2018/2001, solo entro i limiti del loro riconoscimento.

Articolo 9

Riconoscimento dei sistemi nazionali

I sistemi volontari non negano il riconoscimento dei sistemi nazionali riconosciuti per quanto riguarda la verifica della conformità ai criteri di sostenibilità e di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra di cui all’articolo 29, paragrafi da 2 a 7, e paragrafo 10, della direttiva (UE) 2018/2001, alle soglie di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra di cui all’articolo 25, paragrafo 2, della medesima direttiva e ai criteri per la certificazione dei biocarburanti, bioliquidi e combustibili da biomassa a basso rischio ILUC stabiliti dal regolamento delegato (UE) 2019/807.

CAPO III

PROCESSO DI CONTROLLO, AMBITO D’APPLICAZIONE DEL CONTROLLO, QUALIFICHE DEGLI ESECUTORI DEL CONTROLLO E VIGILANZA DELL’ATTIVITÀ DI CONTROLLO

Articolo 10

Processo di controllo e livelli di garanzia

1.   I sistemi volontari esigono che gli operatori economici superino un controllo iniziale prima di ammetterli nel sistema. Il controllo iniziale di un nuovo partecipante del sistema o la ricertificazione, a norma di un quadro normativo riveduto, di un operatore che già partecipa al sistema si svolge sempre in loco e fornisce almeno una garanzia ragionevole dell’efficacia dei suoi processi interni. In funzione del profilo di rischio dell’operatore economico, è possibile applicare alla veridicità delle sue dichiarazioni un livello di garanzia limitato. Sulla base dei risultati del controllo iniziale, gli operatori economici considerati a basso rischio possono essere sottoposti successivamente a controlli ridotti di garanzia.

2.   I sistemi volontari possono autorizzare un organismo di certificazione a verificare la conformità a diversi regimi di certificazione durante lo stesso processo di controllo, a condizione che l’organismo certifichi che gli operatori economici soddisfano i requisiti in linea con l’articolo 1. I sistemi volontari che ammettono una certificazione di durata superiore a un anno si assicurano che tutti gli operatori economici che partecipano al sistema siano sottoposti a controllo annuale di sorveglianza. Nel caso di controlli di gruppo, il controllo annuale può tuttavia riguardare un campione dei membri del gruppo conformemente all’articolo 12. La frequenza dei controlli di sorveglianza è intensificata in funzione del livello di rischio globale legato al profilo dell’operatore economico, alla catena di approvvigionamento e ai risultati di controlli precedenti. La convalida dei risultati dei controlli di sorveglianza è compito del revisore tecnico.

I sistemi volontari stabiliscono procedure dettagliate che definiscono le modalità di pianificazione e svolgimento dei controlli e le modalità di stesura delle relazioni di controllo. I sistemi volontari assicurano che gli organismi di certificazione svolgano i controlli conformemente alla norma ISO 19011 o equivalente. I sistemi volontari si scambiano, in modo efficiente e tempestivo, le informazioni utili per il controllo al fine di agevolare la preparazione e lo svolgimento efficaci del controllo. Il controllo include almeno gli elementi seguenti:

a)

identificazione delle attività svolte dall’operatore economico inerenti ai criteri del sistema;

b)

identificazione dei sistemi dell’operatore economico e della sua organizzazione generale rispetto ai criteri del sistema e verifiche dell’attuazione effettiva dei sistemi pertinenti di controllo;

c)

analisi dei rischi che potrebbero determinare inesattezze rilevanti, sulla base delle conoscenze professionali dell’esecutore del controllo e delle informazioni presentate dall’operatore economico. L’analisi considera il profilo di rischio globale delle attività, in funzione del livello di rischio dell’operatore economico e della catena di approvvigionamento, soprattutto nelle fasi immediatamente a monte e a valle, ad esempio per gli operatori economici che trattano materiali di cui all’allegato IX. L’intensità o l’ambito di applicazione del controllo, o entrambi, sono adeguati al livello di rischio globale individuato, anche in base ai controlli di plausibilità della capacità di produzione di un impianto e delle quantità dichiarate di combustibili prodotti;

d)

un piano di verifica che corrisponda all’analisi dei rischi, all’ambito e alla complessità delle attività dell’operatore economico e che definisca i metodi di campionamento da usare per le attività dell’operatore;

e)

attuazione del piano di verifica raccogliendo le prove su cui il verificatore baserà la conclusione della verifica, più tutti gli ulteriori elementi oggettivi di interesse, conformemente ai metodi di campionamento definiti;

f)

richiesta all’operatore di fornire eventuali elementi mancanti delle piste di controllo, una spiegazione delle variazioni o la revisione delle asserzioni o dei calcoli, prima di giungere a una conclusione finale della verifica;

g)

verifica dell’accuratezza dei dati registrati dagli operatori economici o dai loro rappresentanti nella banca dati dell’Unione.

3.   Le non conformità individuate nel corso di un controllo sono classificate come critiche, gravi e minori ai sensi del secondo, terzo e quarto comma.

Si considera non conformità critica la violazione intenzionale delle norme di un sistema volontario come la frode, una non conformità irreversibile o una violazione che compromette l’integrità del sistema volontario. Tra le non conformità critiche figurano:

a)

mancato rispetto di un obbligo della direttiva (UE) 2018/2001, come la conversione di terreni in violazione dell’articolo 29, paragrafi 3, 4 e 5 della direttiva;

b)

emissione fraudolenta di una prova di sostenibilità o di autodichiarazioni, ad esempio la riproduzione intenzionale di una prova di sostenibilità per ottenere un beneficio finanziario;

c)

inesattezze deliberate nella descrizione delle materie prime, falsificazione dei valori dei gas a effetto serra o dei dati in ingresso, produzione deliberata di rifiuti o residui, ad esempio modifica deliberata di un processo di produzione per generare materiale residuo in più, o contaminazione deliberata di un materiale con l’intento di classificarlo come rifiuto.

Si considera non conformità grave il mancato rispetto di un obbligo della direttiva (UE) 2018/2001 potenzialmente reversibile, ripetuto e rivelatore di problemi sistematici o aspetti che, da soli o in combinazione con altre non conformità, possono determinare un fallimento sostanziale del sistema. Tra le non conformità gravi figurano:

a)

problemi sistematici con i dati comunicati relativi all’equilibrio di massa o ai gas a effetto serra, ad esempio in oltre il 10 % delle asserzioni incluse nel campione rappresentativo si riscontra documentazione errata;

b)

omissione da parte dell’operatore economico di dichiarare la propria partecipazione ad altri sistemi volontari durante il processo di certificazione;

c)

mancata fornitura di informazioni pertinenti agli esecutori del controllo, ad esempio dati sull’equilibrio di massa e relazioni di controllo.

La non conformità è considerata minore se ha un impatto limitato, costituisce un’inosservanza isolata o temporanea, non è sistematica e, anche se non è rettificata, non determina un fallimento sostanziale.

4.   Le conseguenze delle non conformità per gli operatori economici sono:

a)

in caso di non conformità critiche, agli operatori economici che chiedono la certificazione non è rilasciato alcun certificato. Gli operatori economici possono presentare nuovamente domanda di certificazione trascorso un lasso di tempo prestabilito, determinato dal sistema volontario. Le non conformità critiche individuate durante i controlli di sorveglianza o di ricertificazione o attraverso il monitoraggio interno del sistema volontario o la procedura di reclamo comportano la revoca immediata del certificato dell’operatore economico;

b)

in caso di non conformità gravi, agli operatori economici che chiedono la certificazione non è rilasciato alcun certificato. Le non conformità gravi individuate durante i controlli di sorveglianza o di ricertificazione o attraverso il monitoraggio interno del sistema volontario o la procedura di reclamo comportano la sospensione immediata del certificato dell’operatore economico. Se gli operatori economici non pongono rimedio alle non conformità gravi entro 90 giorni dalla notifica, il certificato è revocato;

c)

in caso di non conformità minori, i sistemi volontari possono stabilire il periodo di tempo per la loro risoluzione, che non superi 12 mesi dalla notifica e che non superi la data del controllo successivo di sorveglianza o ricertificazione.

5.   I sistemi volontari certificano l’operatore economico solo se soddisfa tutti i requisiti seguenti:

a)

dispone di un sistema di gestione della documentazione;

b)

dispone di un sistema verificabile per la custodia e l’esame di tutte le prove relative alle asserzioni fatte o su cui si basa;

c)

conserva tutte le prove necessarie per conformarsi al presente regolamento e alla direttiva (UE) 2018/2001 per almeno cinque anni, o più a lungo se così prescrive l’autorità nazionale competente;

d)

accetta il compito di preparare qualsiasi informazione legata al controllo di tali prove.

6.   Le relazioni di controllo e le relazioni sintetiche di controllo o i certificati redatti o rilasciati dall’organismo di certificazione nel sistema volontario contengono almeno gli elementi di cui all’allegato II.

Articolo 11

Competenza degli esecutori dei controlli

1.   L’organismo di certificazione che effettua controlli per conto di un sistema volontario è accreditato secondo la norma ISO 17065, e secondo la norma ISO 14065 quando effettua controlli dei valori reali dei gas a effetto serra.

Gli organismi di certificazione sono anche accreditati da un organismo nazionale di accreditamento e in conformità del regolamento (CE) n. 765/2008, o riconosciuti idonei da un’autorità competente a coprire l’ambito di applicazione della direttiva (UE) 2018/2001 o l’ambito specifico del sistema volontario. Se non si ricorre all’accreditamento o al riconoscimento, lo Stato membro può permettere ai sistemi volontari di ricorrere a un sistema indipendente di sorveglianza che, per il proprio territorio, copra l’ambito di applicazione della direttiva (UE) 2018/2001 o l’ambito specifico del sistema volontario. La Commissione riesamina l’efficacia dei sistemi descritti nel presente paragrafo per quanto riguarda la loro idoneità a garantire un’adeguata sorveglianza e, se del caso, emana orientamenti.

L’organismo di certificazione sceglie e nomina il gruppo incaricato del controllo conformemente alla norma ISO 19011, tenuto conto delle competenze necessarie per conseguire gli obiettivi del controllo.

2.   Il gruppo incaricato del controllo ha le competenze, l’esperienza e le abilità generiche e specifiche necessarie per eseguirlo, tenuto conto del suo ambito di applicazione. Se vi è un solo esecutore del controllo, questi ha anche le competenze per svolgere le funzioni di responsabile di gruppo incaricato del controllo applicabili al controllo in causa. L’organismo di certificazione assicura che la decisione di certificazione è presa da un revisore tecnico che non faceva parte del gruppo incaricato del controllo.

3.   Gli esecutori del controllo:

a)

sono indipendenti dall’attività oggetto del controllo, ad eccezione dei controlli relativi all’articolo 29, paragrafo 6, lettera a), e all’articolo 29, paragrafo 7, lettera a), della direttiva (UE) 2018/2001, per i quali il controllo interno o esterno può essere effettuato fino al primo punto di raccolta;

b)

sono esenti da conflitti di interesse;

c)

possiedono le abilità specifiche necessarie a svolgere il controllo rispetto ai criteri del sistema, tra cui:

i)

per i criteri relativi alla destinazione d’uso dei terreni di cui all’articolo 29, punti da 2 a 9, della direttiva (UE) 2018/2001 e per la metodologia di certificazione del basso rischio ILUC di cui al capo V e all’allegato VIII del presente regolamento di esecuzione: esperienza in agricoltura, agronomia, ecologia, scienze naturali, silvicoltura, scienze forestali o in un settore connesso, comprese abilità tecniche specifiche necessarie per verificare la conformità ai criteri per i terreni erbosi a elevata biodiversità e per le foreste a elevata biodiversità;

ii)

per i criteri di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra di cui all’articolo 29, paragrafo 10, della direttiva (UE) 2018/2001 o per la determinazione delle emissioni di gas a effetto serra dei carburanti da carbonio riciclato e dei carburanti rinnovabili di origine non biologica conformemente alla metodologia di cui all’articolo 28, paragrafo 5, della direttiva (UE) 2018/2001: un’esperienza minima di due anni nella valutazione del ciclo di vita dei combustibili e dei carburanti e un’esperienza specifica nel controllo dei calcoli delle emissioni di gas a effetto serra conformemente alla metodologia di cui agli allegati V e VI della direttiva (UE) 2018/2001, che sia pertinente per il tipo di controlli che il singolo esecutore deve effettuare. In funzione dell’ambito specifico del controllo, questa esperienza è integrata da esperienze nei settori dell’agricoltura, dell’agronomia, dell’ecologia, della silvicoltura, delle scienze naturali, delle scienze forestali, dell’ingegneria, della gestione dell’energia o di un settore correlato. Se nell’ambito di applicazione del controllo rientra la verifica dei livelli di carbonio organico nel suolo, ai fini dell’applicazione del credito di riduzione delle emissioni per l’accumulo di carbonio nel suolo sono necessarie anche conoscenze tecniche in pedologia;

iii)

per i criteri della catena di custodia di cui all’articolo 30, paragrafi 1e 2, della direttiva (UE) 2018/2001: esperienza in sistemi di equilibrio di massa, logistica della catena di approvvigionamento, contabilità, tracciabilità e gestione dei dati o in un settore correlato;

iv)

per i controlli di gruppo: esperienza nella conduzione di controlli di gruppo.

4.   I sistemi volontari istituiscono corsi di formazione per gli esecutori del controllo, che coprono tutti gli aspetti dell’ambito di applicazione del sistema. I corsi comprendono un esame volto a dimostrare la conformità dei partecipanti ai requisiti di formazione nel o nei settori tecnici in cui operano. Gli esecutori del controllo partecipano ai corsi di formazione prima di effettuare controlli per conto del sistema volontario.

5.   Gli esecutori del controllo svolgono regolarmente corsi d’aggiornamento. I sistemi volontari attuano un dispositivo di monitoraggio del livello formativo degli esecutori del controllo in attività. I sistemi volontari forniscono anche orientamenti agli organismi di certificazione, se necessario, sugli aspetti inerenti il processo di certificazione. Gli orientamenti possono includere gli aggiornamenti del quadro normativo o le risultanze del processo di monitoraggio interno del sistema volontario.

Articolo 12

Controlli di gruppo

1.   I sistemi volontari possono effettuare controlli di gruppo solo nei casi seguenti:

a)

per i produttori di materie prime, in particolare i piccoli coltivatori, le organizzazioni di produttori e le cooperative e i raccoglitori di rifiuti;

b)

per la conformità ai criteri fissati dal sistema riguardo ai terreni, nei casi in cui le aree interessate sono vicine le une alle altre e hanno caratteristiche simili, quali le condizioni climatiche o del suolo;

c)

per il calcolo della riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, nei casi in cui le unità hanno sistemi di produzione e tipi di colture simili.

Gli operatori economici soggetti a un controllo di gruppo nominano un responsabile del gruppo. Tale ruolo può essere svolto anche da primi punti di raccolta, organizzazioni di produttori o cooperative che rappresentano gli operatori economici sottoposti a un controllo di gruppo.

2.   È possibile effettuare verifiche mediante controlli di gruppo su tutte le unità interessate sulla base di un campione. I sistemi volontari definiscono orientamenti sul metodo da adottare nei controlli di gruppo, che riguardino almeno gli elementi seguenti:

a)

il ruolo del responsabile del gruppo, con dettagli relativi al sistema di gestione interno e alle procedure interne per le ispezioni di gruppo;

b)

la definizione delle dimensioni del campione.

3.   Un campione costituito da un numero di membri pari alla radice quadrata del totale è sottoposto a un controllo individuale almeno una volta all’anno. Il numero aumenta in presenza di un livello di rischio più elevato. I sistemi volontari fissano criteri per determinare il livello generale di rischio nelle diverse zone e le conseguenze che ha sul metodo di controllo. Il campione è rappresentativo dell’intero gruppo ed è determinato combinando selezione in base al rischio e selezione casuale. La selezione casuale riguarda almeno il 25 % del campione. Il produttore di materie prime selezionato per il controllo varia ogni anno.

4.   I controlli di gruppo sono effettuati in loco, a meno che non si ritenga che i controlli documentali possano offrire lo stesso livello di affidabilità. I sistemi volontari definiscono gli elementi di prova necessari affinché siano consentiti i controlli documentali. Le autodichiarazioni degli operatori economici non sono considerate elementi di prova sufficienti. Il responsabile del gruppo è sempre sottoposto a controlli in loco.

5.   Le non conformità critiche o gravi dei singoli membri del gruppo riscontrate durante un controllo sono affrontate secondo la procedura di cui all’articolo 10, paragrafo 4, lettere a) e b), secondo i casi. Se nell’intero campione iniziale del gruppo è individuata una non conformità critica o grave, sarà controllato anche un altro campione delle stesse dimensioni. La non conformità sistematica della maggioranza dei membri del gruppo nell’intero campione comporta, secondo i casi, la sospensione o la revoca della certificazione per l’intero gruppo.

Articolo 13

Controlli su rifiuti e residui

1.   I sistemi volontari e gli organismi di certificazione che operano per loro conto applicano gli obblighi di cui ai paragrafi da 2 a 7 per le verifiche sulla catena di approvvigionamento dei biocarburanti e dei bioliquidi prodotti a partire da rifiuti e residui, e gli obblighi di cui ai paragrafi da 2 a 5 per i combustibili da biomassa.

2.   Il controllo riguarda l’intera catena di approvvigionamento a partire dal punto di inizio, ossia dall’operatore economico presso il quale hanno origine i rifiuti o i residui.

3.   Tutti gli operatori economici sono controllati individualmente. Ciononostante è possibile effettuare controlli di gruppo all’inizio della catena di approvvigionamento, per esempio presso ristoranti e produttori di rifiuti o residui.

4.   La frequenza e l’intensità della procedura di controllo rispecchiano il livello complessivo di rischio. I sistemi volontari stabiliscono regole chiare, commisurate al livello di rischio specifico associato al tipo di rifiuti o residui. Per quanto riguarda biocarburanti e bioliquidi, i punti di origine che forniscono cinque o più tonnellate al mese di rifiuti o residui elencati nell’allegato IX, parti A e B, della direttiva (UE) 2018/2001 sono sottoposti a controllo in loco. Tale controllo può basarsi su un campione se si opta per il controllo di gruppo.

5.   Prima di essere sottoposti a controllo, i punti di raccolta sono tenuti a presentare all’esecutore del controllo una lista di tutti i punti di origine che hanno firmato un’autodichiarazione. L’autodichiarazione riporta chiaramente la quantità di rifiuti prodotti ogni mese o ogni anno. Le prove o i documenti relativi a ciascuna consegna, compresi l’accordo sullo smaltimento dei rifiuti, le bolle di consegna e le autodichiarazioni, sono disponibili presso il punto di raccolta ed essere verificati dall’esecutore del controllo.

6.   L’esecutore del controllo verifica l’esistenza di un numero di punti di origine pari almeno alla radice quadrata di tutti i punti di origine dell’elenco. La verifica può essere effettuata a distanza, a meno che non sussistano dubbi circa l’esistenza di un punto di origine o se questo soddisfi i criteri per lo svolgimento di un controllo in loco conformemente al punto 4. Gli esecutori del controllo monitorano le consegne di materiali sostenibili ai destinatari a valle verificando le copie della dichiarazione di sostenibilità che questi ricevono dal punto di raccolta, mediante un campione casuale e basato sul rischio.

7.   L’organismo di certificazione svolge un controllo di sorveglianza obbligatorio entro sei mesi dal rilascio della prima certificazione. I punti di raccolta e i commercianti che trattano sia rifiuti e residui che materiali vergini quali gli oli vegetali sono sottoposti, entro tre mesi dal primo controllo di certificazione, a un ulteriore controllo di sorveglianza relativo al primo periodo in cui è applicato l’equilibrio di massa. Se un punto di raccolta ha più siti di stoccaggio, l’esecutore del controllo verifica l’equilibrio di massa di ciascuno di essi.

8.   Se sussistono ragionevoli dubbi sulla natura dei rifiuti e residui dichiarati, l’esecutore del controllo ha la facoltà di prelevare campioni e farli analizzare da un laboratorio indipendente.

Articolo 14

Controlli sul calcolo delle emissioni effettive di gas a effetto serra

1.   I sistemi volontari impongono agli operatori economici di presentare in anticipo agli esecutori del controllo tutte le informazioni pertinenti e aggiornate sul calcolo delle emissioni effettive di gas a effetto serra. Le informazioni includono i dati in ingresso e qualunque altra prova pertinente, informazioni sui fattori di emissione e di conversione, sui valori standard applicati e sulle relative fonti di riferimento, i calcoli delle emissioni di gas a effetto serra e i dati relativi all’applicazione dei crediti di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra.

2.   L’esecutore del controllo registra le emissioni prodotte nel sito sottoposto al controllo nella relativa relazione. Per quanto riguarda la produzione dei biocarburanti finali, l’esecutore del controllo registra le emissioni dopo l’attribuzione e la riduzione conseguita. Se le emissioni si discostano nettamente dai valori consueti o se i valori reali di riduzione delle emissioni calcolati sono insolitamente elevati, la relazione ne spiega il motivo. I sistemi volontari stabiliscono procedure che impongano agli organismi di certificazione di informarli immediatamente di tali scostamenti.

3.   Gli esecutori del controllo verificano che la stima della riduzione delle emissioni derivante dalla cattura e sostituzione di CO2 riguardi solo le emissioni evitate grazie alla cattura di CO2 il cui carbonio proviene dalla biomassa e che viene usato in sostituzione del CO2 ascrivibile ai combustibili fossili. La verifica richiede l’accesso alle informazioni seguenti:

a)

lo scopo per il quale è utilizzato il CO2 catturato;

b)

l’origine del CO2 sostituito;

c)

l’origine del CO2 catturato;

d)

informazioni sulle emissioni dovute alla cattura e al trattamento del CO2.

Ai fini della lettera b), gli operatori economici che utilizzano CO2 catturato possono indicare come è stato generato il CO2 sostituito e dichiarare per iscritto che la sostituzione consente di evitare emissioni equivalenti a tale quantità. Questi dati saranno considerati sufficienti a verificare la conformità alle prescrizioni della direttiva (UE) 2018/2001 e l’eliminazione delle emissioni.

4.   Gli operatori economici possono presentare asserzioni sui valori reali dei gas a effetto serra solo dopo che un controllo ha accertato la loro capacità di calcolare il valore reale.

5.   Su richiesta i sistemi volontari danno accesso ai calcoli effettivi sui gas a effetto serra certificati nell’ambito del sistema, e ai rispettivi rapporti dei controlli, alla Commissione e alle autorità nazionali responsabili della vigilanza sugli organismi di certificazione.

Articolo 15

Controlli sui sistemi di equilibrio di massa

I sistemi volontari si assicurano che gli operatori economici forniscano in anticipo agli esecutori del controllo tutti i dati relativi all’equilibrio di massa.

Durante il controllo iniziale, effettuato prima che un operatore economico sia autorizzato ad aderire a un sistema, l’esecutore del controllo verifica l’esistenza e il funzionamento del sistema di equilibrio di massa.

Nei controlli annuali successivi l’esecutore del controllo verifica almeno gli elementi seguenti:

a)

l’elenco di tutti i siti cui si applica la certificazione. Ciascun sito dispone di propri registri dell’equilibrio di massa;

b)

l’elenco di tutti gli input per sito, la descrizione dei materiali trattati e dettagli su tutti i fornitori;

c)

l’elenco di tutti gli output, la descrizione dei materiali trattati e dettagli su tutti i clienti;

d)

i fattori di conversione applicati, in particolare nel caso di impianti di trattamento di rifiuti o residui per assicurarsi che il processo non sia modificato per produrre più rifiuti o residui;

e)

le eventuali discrepanze tra il sistema di contabilità e gli input, gli output e gli equilibri;

f)

l’attribuzione delle caratteristiche di sostenibilità;

g)

l’equivalenza dei dati sulla sostenibilità e delle scorte reali al termine del periodo di equilibrio di massa.

Articolo 16

Controlli sui terreni erbosi naturali e non naturali ad elevata biodiversità

1.   Gli esecutori del controllo che verificano se un terreno sia un terreno erboso ad elevata biodiversità ai sensi dell’articolo 29, paragrafo 3, lettera d), della direttiva (UE) 2018/2001 controllano se il terreno è o è stato un terreno erboso ad elevata biodiversità in un qualsiasi momento a partire da gennaio 2008. Nei documenti di sistema i sistemi volontari informano gli operatori economici in merito al tipo di prove che gli organismi di certificazione possono accettare a dimostrazione dello status storico dell’area da gennaio 2008.

2.   Se il terreno è tuttora un terreno erboso, o sarebbe rimasto tale in assenza dell’intervento umano, e si trova in uno dei limiti geografici elencati nel regolamento (UE) n. 1307/2014 è considerato un terreno naturale ad elevata biodiversità.

3.   Per quanto riguarda i terreni situati al di fuori delle aree di cui al paragrafo 2, l’esecutore del controllo valuta se il terreno erboso mantiene, o avrebbe mantenuto in assenza dell’intervento umano, la composizione naturale delle specie nonché le caratteristiche e i processi ecologici. In questo caso si considera che il terreno è, o è stato, un terreno erboso naturale ad elevata biodiversità. Se il terreno erboso è già stato convertito in seminativo e non è possibile valutarne le caratteristiche usando le informazioni disponibili presso le autorità competenti o le immagini satellitari, l’esecutore del controllo non lo considera terreno erboso ad elevata biodiversità al momento della conversione.

4.   Se il terreno ha cessato di essere un terreno erboso, o avrebbe cessato di esserlo in assenza dell’intervento umano, è ricco di specie e non degradato e la sua elevata biodiversità è stata riconosciuta dall’autorità competente, è considerato un terreno erboso non naturale ad elevata biodiversità.

5.   I terreni che sono o erano terreni erbosi non naturali ad elevata biodiversità a gennaio 2008 o successivamente possono essere utilizzati per la produzione di combustibili, a condizione che la raccolta delle materie prime sia necessaria per preservare lo status di terreni erbosi ad elevata biodiversità e che le attuali pratiche di gestione non rischino di causare un declino della biodiversità nel terreno erboso.

Gli operatori economici dimostrano che la raccolta delle materie prime è necessaria per preservare lo status di terreno erboso ad elevata biodiversità e che le pratiche di gestione non rischiano di causare il declino della biodiversità nel terreno erboso.

Gli operatori economici, se non sono in grado di fornire le prove di cui al secondo comma, dimostrano di aver ottenuto dall’autorità competente o dall’agenzia incaricata l’autorizzazione a raccogliere le materie prime per preservare lo status di terreno erboso ad elevata biodiversità.

La valutazione tecnica sui terreni è effettuata da uno specialista qualificato esterno, indipendente dall’attività oggetto di controllo, esente da conflitti di interesse e che può far parte del gruppo di controllo. La valutazione e i relativi risultati sono riesaminati nell’ambito del controllo.

Articolo 17

Vigilanza degli Stati membri e della Commissione

1.   I sistemi volontari impongono agli operatori economici che vi aderiscono e agli organismi di certificazione che effettuano i controlli nel sistema di collaborare con la Commissione e le autorità competenti degli Stati membri, anche garantendo l’accesso ai locali degli operatori economici, se richiesto, e mettendo a disposizione della Commissione e delle autorità competenti degli Stati membri tutte le informazioni di cui hanno bisogno per svolgere le mansioni a norma della direttiva (UE) 2018/2001. A tal fine, gli organismi di certificazione sono tenuti anche a:

a)

fornire le informazioni che occorrono agli Stati membri per vigilare sul funzionamento degli organismi di certificazione a norma dell’articolo 30, paragrafo 9, della direttiva (UE) 2018/2001;

b)

fornire le informazioni richieste dalla Commissione per conformarsi all’articolo 30, paragrafo 10, della direttiva (UE) 2018/2001;

c)

verificare l’esattezza delle informazioni inserite nella banca dati dell’Unione o nella pertinente banca dati nazionale a norma dell’articolo 28, paragrafo 4, della direttiva (UE) 2018/2001.

2.   Nel contesto della vigilanza di cui all’articolo 30, paragrafo 9, della direttiva (UE) 2018/2001, gli Stati membri istituiscono procedure che consentano agli organismi di certificazione, indipendentemente dal fatto che la loro sede centrale sia situata in uno Stato membro o in un paese terzo, di registrarsi per essere sottoposti a vigilanza e per effettuarla.

3.   Gli Stati membri si scambiano informazioni e buone pratiche su come vigilare sul funzionamento degli organismi di certificazione nel contesto di un quadro di cooperazione formale. Se gli organismi di certificazione certificano le materie prime, i biocarburanti, i bioliquidi, la biomassa o altri combustibili in più di uno Stato membro, gli Stati membri interessati istituiscono un quadro comune per la vigilanza su questi organismi di certificazione, nel quale rientra la nomina di uno Stato membro come supervisore principale del controllo.

4.   Il supervisore principale del controllo è responsabile, in collaborazione con gli altri Stati membri interessati, del consolidamento e della condivisione delle informazioni sui risultati della vigilanza sugli organismi di certificazione.

5.   Per quanto possibile gli Stati membri istituiscono quadri di cooperazione con paesi terzi per la vigilanza sugli organismi di certificazione che operano nei loro territori, se del caso, per garantire lo stesso livello di circolazione delle informazioni e l’applicazione di norme di vigilanza sui controlli agli organismi di certificazione che operano in paesi terzi.

6.   Uno Stato membro, se nutre ragionevoli dubbi sulla capacità di uno specifico organismo di certificazione, situato nell’Unione o in un paese terzo, di svolgere il proprio lavoro, li comunica agli altri Stati membri, alla Commissione e al sistema volontario nell’ambito del quale opera l’organismo di certificazione. Il sistema volontario interessato provvede immediatamente a esaminare il caso. Al termine dell’indagine, il sistema volontario informa gli Stati membri e la Commissione del risultato e delle eventuali azioni correttive adottate.

7.   Gli operatori economici e gli organismi di certificazione che non rispettano o non intendono rispettare gli obblighi di cui ai paragrafi da 1 a 6 del presente articolo sono esclusi rispettivamente dalla partecipazione ai sistemi volontari e dallo svolgimento dei controlli. I sistemi volontari presentano alla Commissione relazioni annuali di attività a norma dell’articolo 30, paragrafo 5, della direttiva (UE) 2018/2001. La struttura e il contenuto delle relazioni annuali di attività di cui all’articolo 30, paragrafo 5, della direttiva (UE) 2018/2001 rispettano i requisiti minimi di cui all’allegato III del presente regolamento. La relazione principale non contiene informazioni riservate ed è pubblicata integralmente. I dati sono forniti separatamente in un formato stabilito dalla Commissione.

8.   I sistemi volontari notificano senza indugio alla Commissione tutte le modifiche sostanziali al contenuto del sistema che potrebbero incidere sulla base per il riconoscimento del sistema. Tali modifiche possono comprendere:

a)

modifiche ai criteri di sostenibilità obbligatori del sistema;

b)

ampliamento dell’ambito di applicazione del sistema al di là di quanto descritto nell’atto di esecuzione che riconosce il sistema;

c)

ampliamento della gamma di materie prime o biocarburanti menzionati nei documenti del sistema originario laddove il profilo di rischio delle materie prime aggiunte cambia, per esempio se si includono i rifiuti o i residui o se sono applicate procedure specifiche;

d)

modifiche alle norme sull’equilibrio di massa;

e)

modifiche alle procedure di controllo o agli obblighi per gli esecutori dei controlli;

f)

modifiche o ampliamento del metodo di calcolo per i gas a effetto serra;

g)

qualunque altra modifica che possa essere ritenuta in grado di incidere sulla base per il riconoscimento del regime.

CAPO IV

NORME SPECIFICHE SULL’ATTUAZIONE DEL SISTEMA DI EQUILIBRIO DI MASSA, SULLA BANCA DATI DELL’UNIONE E SULLA DETERMINAZIONE DELLE EMISSIONI DI GAS A EFFETTO SERRA E DELLA FRAZIONE BIOLOGICA DEI COMBUSTIBILI

Articolo 18

Tracciabilità e banca dati dell’Unione

1.   Le caratteristiche di sostenibilità e di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e altre informazioni che descrivono le materie prime o i combustibili, necessarie ai fini della direttiva (UE) 2018/2001, e i dati relativi alle operazioni sono accuratamente documentati e trasmessi da un operatore economico all’altro lungo tutta la catena di approvvigionamento. Queste informazioni comprendono dati da trasmettere lungo tutta la catena di approvvigionamento ma anche dati che riguardano specificamente una singola operazione, come illustrato nell’allegato I.

2.   Le informazioni da trasmettere lungo la catena di approvvigionamento sono inserite nella documentazione che accompagna le spedizioni fisiche di materie prime o combustibili. Sono inserite anche nella banca dati dell’Unione non appena entra in funzione, nel caso di carburanti liquidi e gassosi per il trasporto che possono essere conteggiati per il calcolo del numeratore di cui all’articolo 27, paragrafo 1, lettera b), della direttiva (UE) 2018/2001, o che sono presi in considerazione ai fini di cui all’articolo 29, paragrafo 1, primo comma, lettere a), b) e c), di detta direttiva.

3.   Ai fini del tracciamento delle partite di carburanti liquidi e gassosi in un’infrastruttura interconnessa e in cui si applica lo stesso sistema di equilibrio di massa, le caratteristiche di sostenibilità e di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e le altre informazioni di cui al paragrafo 1 sono registrate nella banca dati dell’Unione al primo punto di ingresso ed eliminate quando le partite arrivano al punto di consumo finale e risultano consumate. Se i combustibili gassosi sono prelevati da un’infrastruttura interconnessa e trasformati in carburanti gassosi o liquidi, si considera come punto di consumo finale il punto in cui sono consumati i carburanti gassosi o liquidi definitivi. In questo caso devono essere registrate nella banca dati dell’Unione tutte le fasi che intercorrono tra il prelievo dei combustibili gassosi dall’infrastruttura interconnessa e l’arrivo al punto di consumo finale dei carburanti gassosi o liquidi definitivi.

Articolo 19

Attuazione del sistema di equilibrio di massa

1.   A norma dell’articolo 30, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001, i sistemi volontari obbligano gli operatori economici che vi partecipano a utilizzare un sistema di equilibrio di massa che consenta la miscela di materie prime o combustibili con caratteristiche diverse di sostenibilità e di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra.

2.   Nell’attuazione del sistema di equilibrio di massa i sistemi volontari applicano le norme seguenti:

a)

le materie prime o i combustibili sono considerati parte di una miscela se mescolati in un container, in un impianto logistico o di trattamento o in un’infrastruttura o sito di trasmissione e distribuzione;

b)

le materie prime diverse sono considerate parte di una miscela se appartengono allo stesso gruppo di prodotti, tranne quando la materia prima è miscelata a fini di ulteriore trattamento;

c)

le materie prime o i combustibili sono considerati parte di una miscela solo se sono mescolati fisicamente, a meno che non siano fisicamente identici o appartengano allo stesso gruppo di prodotti. Se sono fisicamente identici o appartengono allo stesso gruppo di prodotti devono essere immagazzinati nella stessa infrastruttura interconnessa, nello stesso impianto logistico o di trattamento, o nella stessa infrastruttura o sito di trasmissione e distribuzione;

d)

i combustibili introdotti in un impianto logistico o in un’infrastruttura di trasmissione e distribuzione, come la rete del gas o una rete di condotte per i combustibili liquidi, immagazzinati in terminali GNL o in altri impianti di stoccaggio sono considerati parte di una miscela ai sensi della lettera c) solo se l’infrastruttura è interconnessa;

e)

gli operatori economici sono tenuti a utilizzare sistemi di equilibrio di massa distinti per le materie prime e i combustibili che non possono essere considerati parte di una miscela. Non è consentito il trasferimento tra diversi sistemi di equilibrio di massa di informazioni sulle caratteristiche di sostenibilità e di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra e sulle dimensioni. Ai sensi delle lettere da a) a c), le materie prime contenute negli impianti di produzione di biocarburanti, bioliquidi e combustibili da biomassa sono considerate parte di una miscela. Pertanto tali impianti non sono tenuti a rispettare l’obbligo di utilizzare sistemi di equilibrio di massa distinti, e possono utilizzarne uno;

f)

il sistema di equilibrio di massa contiene informazioni sulle caratteristiche di sostenibilità e di emissione di gas a effetto serra e le quantità di materie prime e combustibili, tra cui informazioni sulle quantità di materie prime e combustibili per i quali non sono state determinate caratteristiche di sostenibilità e di emissione di gas a effetto serra;

g)

se una partita di materie prime o combustibili è consegnata a un operatore economico che non aderisce a un sistema volontario o nazionale, la consegna è conteggiata nel sistema di equilibrio di massa prelevando una quantità equivalente di materie prime o combustibili. Vi è corrispondenza tra il tipo di combustibile da prelevare e le caratteristiche fisiche della materia prima o del combustibile consegnato;

h)

se una partita di combustibile è usata per rispettare un obbligo imposto a un fornitore da uno Stato membro si considera prelevata dalla miscela del sistema di equilibrio di massa;

i)

se i biocarburanti, i bioliquidi e i combustibili da biomassa sono miscelati con combustibili fossili, le informazioni sulle caratteristiche di sostenibilità e di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra attribuite alla miscela corrispondono alla quota effettiva di biocarburanti, bioliquidi e combustibili da biomassa contenuti nella miscela. Per quanto riguarda i biocarburanti e i bioliquidi, gli Stati membri possono effettuare ulteriori controlli sulla veridicità di tali informazioni a norma dell’articolo 23;

j)

le caratteristiche di sostenibilità e di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra di una partita di materie prime o combustibili sono considerate come un insieme. Se le partite sono prelevate da una miscela può essere loro attribuito un qualsiasi insieme di caratteristiche di sostenibilità, purché gli insiemi di caratteristiche di sostenibilità e di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra non siano separati e l’equilibrio di massa sia raggiunto in un periodo di tempo adeguato;

k)

se opportuno per motivi di trasparenza, il sistema di equilibrio di massa comprende informazioni sull’eventuale sostegno erogato per la produzione del combustibile o del relativo precursore e, se erogato, sul tipo di sostegno;

l)

l’arco temporale adeguato per raggiungere l’equilibrio di massa è di 12 mesi per i produttori di biomassa agricola e biomassa forestale e i primi punti di raccolta che si approvvigionano esclusivamente di biomassa agricola e forestale, e di tre mesi per tutti gli altri operatori economici. L’inizio e la fine di tale arco temporale sono allineati all’anno civile o, se del caso, ai quattro trimestri dell’anno civile. In alternativa gli operatori economici possono utilizzare anche l’esercizio contabile o un altro punto di partenza, purché indichino chiaramente la scelta e la applichino con coerenza. Al termine del periodo di equilibrio di massa, i dati sulla sostenibilità riportati dovrebbero corrispondere alle scorte reali presenti nel container, nell’impianto logistico o di trattamento o nell’infrastruttura o sito di trasmissione e distribuzione;

m)

conformemente all’allegato I, i sistemi volontari specificano l’insieme minimo di caratteristiche di sostenibilità e di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra che devono essere trasferite lungo la catena di approvvigionamento e le altre informazioni necessarie per il tracciamento delle partite. Le caratteristiche di sostenibilità e riduzione delle emissioni di gas a effetto serra dei combustibili liquidi o gassosi introdotti in un’infrastruttura interconnessa e soggetti allo stesso sistema di equilibrio di massa sono attribuite alle partite in ingresso e in uscita. I sistemi volontari si accertano che gli operatori economici inseriscano correttamente tutte le informazioni pertinenti nella banca dati dell’Unione.

Articolo 20

Calcolo delle emissioni di gas a effetto serra dei biocarburanti, dei combustibili da biomassa e dei bioliquidi

1.   I sistemi volontari impongono agli operatori economici di applicare la metodologia di cui all’articolo 31 della direttiva (UE) 2018/2001 nel calcolare le emissioni di gas a effetto serra dei biocarburanti, dei bioliquidi e dei combustibili da biomassa.

2.   Ai fini del calcolo delle emissioni di gas a effetto serra dei biocarburanti, dei bioliquidi e dei combustibili da biomassa di cui al paragrafo 1 si applicano le norme specifiche seguenti:

a)

se per calcolare le emissioni di gas a effetto serra dei materiali in ingresso sono utilizzati valori standard dei fattori di emissione, si applicano quelli definiti all’allegato IX;

b)

per calcolare le emissioni derivanti dall’estrazione o dalla coltivazione delle materie prime si applica la metodologia di cui all’allegato VII;

c)

per calcolare la riduzione delle emissioni grazie all’accumulo di carbonio nel suolo mediante una migliore gestione agricola (esca) si applica la metodologia di cui all’allegato V.

3.   Gli Stati membri dell’UE possono presentare alla Commissione nuovi valori dei fattori di emissione del loro mix energetico per aggiornare i rispettivi fattori di emissione dell’allegato IX. Dopo averli valutati, la Commissione può accettare i valori aggiornati oppure fornire agli Stati membri interessati una giustificazione dei motivi del rifiuto. I valori aggiornati accettati saranno pubblicati nel sito web EUROPA della Commissione, alla sezione dedicata ai sistemi volontari e alla certificazione.

4.   La riduzione delle emissioni grazie alla cattura e al sequestro del CO2 (eccs) può essere presa in considerazione solo in presenza di prove valide che attestino che il CO2 è stato effettivamente catturato e stoccato in modo sicuro conformemente alla direttiva 2009/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa allo stoccaggio geologico di biossido di carbonio (5). Se il CO2 è stoccato in formazioni geologiche, i sistemi volontari verificano le prove fornite sull’integrità del sito di stoccaggio e sul volume del CO2 stoccato. Se il trasporto o lo stoccaggio geologico è effettuato da terzi, è possibile utilizzare come prove relative allo stoccaggio i contratti con i terzi e le fatture emesse da questi.

Articolo 21

Norme specifiche per i rifiuti e i residui

1.   I sistemi volontari applicano le norme e le esenzioni specifiche per i rifiuti e i residui stabilite nella direttiva (UE) 2018/2001 solo se le materie prime rientrano nell’ambito di applicazione delle definizioni riportate nell’articolo 2 della direttiva.

2.   Se una materia prima sia da considerarsi un rifiuto o un residuo è stabilito nel punto della catena di approvvigionamento in cui essa ha origine. Le materie prime non sono considerate rifiuti o residui qualora esse stesse o il relativo processo di produzione siano stati deliberatamente modificati al fine di dichiararle tali.

3.   I rifiuti e i residui elencati nell’allegato IV non sono considerati tali se sono stati deliberatamente modificati per essere dichiarati rifiuti o residui.

4.   I sistemi volontari danno istruzioni agli operatori economici e li assistono nel valutare se le materie prime siano da considerarsi rifiuti o residui. Gli operatori economici conservano le prove a sostegno delle loro valutazioni e le presentano agli esecutori dei controlli. I sistemi volontari stabiliscono norme specifiche per i controlli relativi a queste prove.

5.   Per conformarsi ai requisiti di cui all’articolo 29, paragrafo 2, della direttiva (UE) 2018/2001, i sistemi volontari verificano che la raccolta di rifiuti e residui agricoli non abbia un impatto negativo sulla qualità del suolo e sulla riserva di carbonio nel suolo. La verifica garantisce che ai terreni sia applicata una serie di pratiche fondamentali di gestione o monitoraggio del suolo per promuovere il sequestro del carbonio nel suolo e la qualità del suolo, conformemente all’allegato VI.

6.   L’applicazione delle pratiche di cui al paragrafo 5 può essere obbligatoria e monitorata a livello nazionale o a livello degli operatori economici. A livello nazionale i sistemi volontari verificano che il paese di origine, sia esso uno Stato membro o un paese terzo, richieda l’applicazione di pratiche fondamentali di gestione del suolo per affrontare il potenziale impatto della raccolta di tali residui sulla qualità del suolo e sul carbonio nel suolo e disponga di meccanismi per monitorare e far rispettare l’attuazione di tali pratiche. A livello degli operatori economici i sistemi volontari verificano che le pratiche di gestione siano effettivamente applicate e monitorate nelle aziende agricole che forniscono la biomassa. Nei casi in cui si ricorre al controllo di gruppo, i sistemi volontari verificano che le pratiche siano applicate da tutti gli operatori economici soggetti a tale controllo.

Articolo 22

Norme specifiche per i carburanti derivanti da carbonio riciclato e i carburanti da fonti rinnovabili di origine non biologica

I sistemi volontari impongono agli operatori economici che vi aderiscono di applicare la metodologia di cui all’articolo 28, paragrafo 5, della direttiva (UE) 2018/2001 nel calcolare le emissioni di gas a effetto serra dei carburanti derivanti da carbonio riciclato e dei carburanti da fonti rinnovabili di origine non biologica.

Articolo 23

Norme specifiche per il co-trattamento

1.   I sistemi volontari impongono agli operatori economici che vi aderiscono di applicare la metodologia definita negli atti delegati adottati a norma dell’articolo 28, paragrafo 5, della direttiva (UE) 2018/2001 per determinare la quota di biocarburanti, e di biogas per il trasporto, derivanti da biomassa che sia stata trattata con i combustibili fossili in un processo comune.

2.   Gli operatori economici sono tenuti a documentare accuratamente i quantitativi e i tipi di biomassa immessi nel processo nonché il volume di biocarburanti e biogas prodotto a partire da tale biomassa. Le asserzioni sono suffragate da prove che comprendano i risultati delle prove di controllo.

3.   La frequenza di esecuzione delle prove di controllo di cui al paragrafo 2 è stabilita tenendo conto della complessità e della variabilità dei parametri fondamentali del co-trattamento, in modo tale da assicurare che in qualsiasi momento la quota dichiarata di biocarburanti e biogas rispecchi le quote effettive.

4.   Nello svolgere i controlli si dà particolare importanza alla verifica della coerenza tra la quantità di biomassa che entra nel processo e la quantità di biocarburanti e biogas registrati come prodotti a partire dalla biomassa. A tal fine, le prove presentate dagli operatori economici sono attentamente verificate e la plausibilità delle asserzioni è controllata e confrontata con le norme del settore. Nell’effettuare la valutazione si dedica particolare attenzione al metodo di prova applicato dall’operatore economico, al sistema di controlli aggiuntivi messo in atto e al metodo di calcolo utilizzato per integrare i risultati di tutte le prove nel calcolo della quota finale di biocarburanti e biogas. Gli esecutori del controllo considerano non conformità grave qualsiasi deviazione nel metodo di prova o imprecisione nell’integrazione dei risultati delle prove nel calcolo finale effettuato dall’operatore economico.

CAPO V

NORME SPECIFICHE SULLA CONFORMITÀ AI REQUISITI PER LA CERTIFICAZIONE DEL BASSO RISCHIO ILUC

Articolo 24

Requisiti specifici per la certificazione del basso rischio ILUC

1.   I sistemi volontari impongono agli operatori economici che ambiscono a una certificazione del basso rischio ILUC di presentare domanda a un organismo di certificazione competente a rilasciare detta certificazione. Dopo che la domanda è stata accettata, l’operatore economico presenta un piano di gestione in cui sono riportate le informazioni minime di cui all’allegato VIII. Nei casi in cui si applicano più misure di addizionalità, tutte sono documentate nel piano di gestione.

2.   L’organismo di certificazione effettua un controllo di riferimento in loco per verificare il contenuto del piano di gestione e determinare e documentare il valore di riferimento dinamico delle rese.

3.   Nel quadro del controllo di riferimento l’organismo di certificazione valuta se si prevede che le misure di addizionalità conducano a un aumento delle rese ai sensi dell’articolo 2, punto 5, del regolamento delegato (UE) 2019/807 e se sono rispettati i criteri di sostenibilità fissati nella direttiva (UE) 2018/2001.

4.   Gli esecutori del controllo di riferimento a nome dell’organismo di certificazione riportano nella relazione di controllo eventuali problemi di sostenibilità derivanti dall’attuazione delle misure di addizionalità e che potrebbero costituire una violazione del quadro giuridico nazionale o regionale o non rispettare specifiche condizioni stabilite a livello locale. Gli eventuali problemi di sostenibilità sono menzionati nei controlli annuali.

5.   I sistemi volontari rilasciano certificati di basso rischio ILUC nel rispetto dei requisiti relativi al contenuto minimo stabiliti nell’allegato VIII, punto 4, e pubblicano una lista dei certificati sul loro sito.

6.   Per le domande che prevedono l’applicazione di misure di addizionalità dopo il rilascio della certificazione, il controllo di riferimento, i risultati del test di addizionalità e il valore di riferimento dinamico delle rese hanno una validità di 10 anni. Per quanto riguarda le colture perenni, l’operatore economico può decidere di rinviare fino a due anni l’inizio del periodo di validità di 10 anni per le misure di addizionalità operative o fino a cinque anni per il reimpianto.

7.   Se le misure di addizionalità sono già state applicate prima del rilascio della certificazione, il controllo di riferimento, i risultati del test di addizionalità e il valore di riferimento dinamico delle rese sono validi per 10 anni a decorrere dall’anno di inizio dell’attuazione della misura di addizionalità. In tal caso lo scenario di riferimento può essere accettato per misure di addizionalità adottate non più di 10 anni prima, purché vi siano dati e prove documentali sufficienti che forniscano lo stesso livello di garanzie di una situazione in cui il controllo di riferimento è stato effettuato prima dell’attuazione delle misure di addizionalità.

8.   Solo la biomassa supplementare prodotta dopo il rilascio della certificazione del basso rischio ILUC è idonea a una dichiarazione del basso rischio ILUC. La quantità effettiva di biomassa supplementare annuale dichiarata dall’operatore economico è oggetto di controlli annuali.

9.   L’attuazione del piano di gestione è soggetta a controlli annuali intesi a verificare la corretta attuazione del contenuto del piano e l’esattezza delle quantità di biomassa supplementare prodotta e dichiarata ai fini della certificazione di basso rischio ILUC rispetto al valore di riferimento dinamico delle rese.

10.   Un operatore economico può applicare più misure di addizionalità nel corso degli anni. Se due o più misure di addizionalità sono applicate insieme nello stesso anno o sullo stesso appezzamento delimitato, la biomassa supplementare prodotta grazie ad esse è valutata rispetto allo stesso valore di riferimento dinamico delle rese. La biomassa supplementare può essere certificata a basso rischio ILUC nella stessa certificazione.

11.   Se due o più misure di addizionalità sono applicate in momenti diversi sullo stesso appezzamento delimitato, l’operatore economico può scegliere una delle seguenti opzioni:

a)

aggiornare il valore di riferimento dinamico delle rese e il test di addizionalità per creare un nuovo scenario di riferimento valido per altri 10 anni;

b)

mantenere i 10 anni di validità originari per il valore di riferimento dinamico delle rese e il test di addizionalità dopo l’anno di certificazione iniziale.

Articolo 25

Requisiti specifici per dimostrare l’addizionalità

1.   Ai fini della certificazione del basso rischio ILUC di biocarburanti, bioliquidi o combustibili da biomassa, i sistemi volontari e gli organismi di certificazione che operano per loro conto verificano che gli operatori economici abbiano applicato misure efficaci nell’aumentare la produttività delle materie prime rispetto a uno scenario di status quo. Se queste misure sono applicate su terreni abbandonati o pesantemente degradati o da piccoli agricoltori, il controllo di riferimento verifica che gli operatori economici rispettino gli opportuni obblighi di cui al regolamento delegato (UE) 2019/807. In tutte le altre situazioni la prova dell’addizionalità è fornita effettuando una prova dell’attrattiva finanziaria o una prova degli ostacoli non finanziari.

2.   Per rispettare i requisiti sulle misure di addizionalità di cui all’articolo 5, paragrafo 1, lettera a), del regolamento delegato (UE) 2019/807, gli investimenti proposti superano una prova dell’attrattiva finanziaria o una prova degli ostacoli non finanziari conformemente all’allegato VIII.

3.   Le misure sono ammissibili ai fini della certificazione del basso rischio ILUC solo a fronte di un esito negativo della prova dell’attrattiva finanziaria, cioè di un valore attuale netto (VAN) negativo dell’investimento senza l’inclusione di un’integrazione economica sul prezzo, o se dimostrano l’esistenza di ostacoli non finanziari che possono essere superati solo perché i biocarburanti, i bioliquidi e i combustibili da biomassa prodotti a partire da materie prime supplementari possono essere contabilizzati ai fini del conseguimento degli obiettivi in materia di energie rinnovabili fissati nella direttiva (UE) 2018/2001.

Articolo 26

Produzione su terreni inutilizzati, abbandonati o pesantemente degradati

1.   Per conformarsi ai requisiti per la produzione su terreni inutilizzati o abbandonati ai sensi dell’articolo 2, punti 2 e 3, del regolamento delegato (UE) 2019/807, gli operatori economici forniscono prove del fatto che, per un periodo consecutivo di almeno cinque anni prima dell’inizio della coltivazione delle materie prime utilizzate per la produzione di biocarburanti, bioliquidi e combustibili da biomassa, le zone in questione non sono utilizzate per la coltivazione di colture alimentari e foraggere, di altre colture energetiche né di quantità considerevoli di foraggio per gli animali da pascolo.

2.   Affinché un terreno possa essere considerato abbandonato, l’operatore economico fornisce prove aggiuntive del fatto che prima del periodo consecutivo di cui al paragrafo 1 l’area in questione era utilizzata per la coltivazione di colture alimentari o foraggere. Le prove dimostrano anche che la produzione è cessata per motivi biofisici o socioeconomici.

Tra i cambiamenti biofisici che hanno effetti negativi sulla coltivazione di colture alimentari e foraggere figurano, tra gli altri, gli eventi seguenti:

a)

aumento della frequenza di eventi meteorologici estremi quali siccità, tempeste o alluvioni;

b)

variazioni nell’andamento stagionale delle temperature che si ripercuotono sulla fenologia delle piante;

c)

aumento dei parassiti e delle malattie;

d)

danni ai sistemi di irrigazione;

e)

danni al suolo, quali l’eccessiva salinizzazione, il depauperamento delle sostanze organiche e l’erosione, che li rendono «pesantemente degradati».

3.   Tra i fattori socioeconomici che incidono negativamente sulla redditività economica della produzione e conducono all’abbandono dei terreni figurano, tra gli altri, gli eventi seguenti:

a)

variazioni dei prezzi di mercato (per esempio aumento del costo dei fattori di produzione e/o del costo del lavoro, o calo dei prezzi raggiunti dalle colture finite);

b)

carenza di manodopera (per esempio a causa delle migrazioni);

c)

malfunzionamento della catena di approvvigionamento (per esempio chiusura di un mercato locale o di un collegamento di trasporto);

d)

controversie in materia di proprietà (ad esempio nel contesto della successione ereditaria);

e)

instabilità politica (ad esempio confisca o nazionalizzazione dei terreni).

4.   Le domande di una certificazione che attesti che una materia prima è stata prodotta su terreni pesantemente degradati ai sensi dell’allegato V, parte C, punto 9), della direttiva (UE) 2018/2001, sono accompagnate dai seguenti risultati delle analisi del suolo:

a)

in caso di salinizzazione, i risultati delle analisi sulla conducibilità elettrica del terreno effettuate da un agronomo abilitato con il metodo della pasta satura;

b)

in caso di scarso tenore di materia organica nel suolo, il risultato dell’analisi di un numero adeguato di campioni di suolo dell’appezzamento delimitato, determinato da un agronomo abilitato, con il metodo della combustione a secco;

c)

in caso di grave erosione, un agronomo abilitato ha stabilito, con prove fotografiche, che almeno il 25 % dell’appezzamento delimitato è stato eroso.

5.   Una zona delimitata, se è considerata un terreno inutilizzato supera un test di addizionalità stabilito nell’allegato VIII, punto 4 per poter ricevere la certificazione del basso rischio ILUC. Le zone delimitate considerate terreni abbandonati o pesantemente degradati non sono tenute a superare il test di addizionalità per poter ricevere la certificazione del basso rischio ILUC. Nel caso della produzione su terreni inutilizzati, abbandonati o degradati, il valore di riferimento dinamico delle rese si considera pari a zero senza alcuna curva di tendenza.

Articolo 27

Calcolo della biomassa supplementare per le misure di aumento della resa

1.   La «biomassa supplementare» che può ottenere la certificazione del basso rischio ILUC corrisponde alla quantità supplementare di materie prime rispetto al valore di riferimento dinamico delle rese, prodotta in una zona chiaramente delimitata e direttamente derivante dall’applicazione di una misura di addizionalità.

2.   Il valore di riferimento dinamico delle rese è calcolato definendo un punto di partenza, sulla base delle rese storiche dell’appezzamento delimitato, e una linea tendenziale basata sulle tendenze complessive delle rese delle materie prime, determinate in base ai principi definiti nell’allegato VIII.

3.   Le rese effettive di un appezzamento delimitato dopo l’attuazione della misura di addizionalità sono confrontate con lo scenario di riferimento di cui al paragrafo 2. La differenza tra le rese effettive e il valore di riferimento dinamico delle rese è costituita dalle materie prime che possono essere dichiarate a basso rischio ILUC

CAPO VI

DISPOSIZIONI FINALI

Articolo 28

Entrata in vigore e applicazione

Il presente regolamento entra in vigore il terzo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.

Esso si applica 18 mesi dopo l’entrata in vigore.

Il presente regolamento è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri.

Fatto a Bruxelles, il 14 giugno 2022

Per la Commissione

La presidente

Ursula VON DER LEYEN


(1)   GU L 328 del 21.12.2018, pag. 82.

(2)  Regolamento delegato (UE) 2019/807 della Commissione, del 13 marzo 2019, che integra la direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda la determinazione delle materie prime a elevato rischio di cambiamento indiretto di destinazione d’uso dei terreni per le quali si osserva una considerevole espansione della zona di produzione in terreni che presentano elevate scorte di carbonio e la certificazione di biocarburanti, bioliquidi e combustibili da biomassa a basso rischio di cambiamento indiretto di destinazione d’uso dei terreni (GU L 133 del 21.5.2019, pag. 1).

(3)  Regolamento (UE) n. 1307/2014 della Commissione, dell’8 dicembre 2014, relativo alla definizione dei criteri e dei limiti geografici dei terreni erbosi ad elevata biodiversità ai fini dell’articolo 7 ter, paragrafo 3, lettera c), della direttiva 98/70/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla qualità della benzina e del combustibile diesel e ai fini dell’articolo 17, paragrafo 3, lettera c), della direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili (GU L 351 del 9.12.2014, pag. 3).

(4)  Direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2019, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione (GU L 305 del 26.11.2019, pag. 17).

(5)  Direttiva 2009/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009 , relativa allo stoccaggio geologico di biossido di carbonio e recante modifica della direttiva 85/337/CEE del Consiglio, delle direttive del Parlamento europeo e del Consiglio 2000/60/CE, 2001/80/CE, 2004/35/CE, 2006/12/CE, 2008/1/CE e del regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 140 del 5.6.2009, pag. 114).


ALLEGATO I

DATI DA TRASMETTERE ATTRAVERSO L’INTERA CATENA DI APPROVVIGIONAMENTO E DATI SULLE OPERAZIONI

1.   

Dati da trasmettere attraverso l’intera catena di approvvigionamento:

a)

nome del sistema volontario o nazionale;

b)

numero della prova della sostenibilità;

c)

caratteristiche di sostenibilità e di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, tra cui:

i)

dichiarazione di conformità della materia prima o del combustibile ai criteri stabiliti all’articolo 29, paragrafi da 2 a 7, della direttiva (UE) 2018/2001;

ii)

dati sulle emissioni di gas a effetto serra calcolati secondo la metodologia definita negli allegati V e VI della direttiva (UE) 2018/2001 o nel regolamento delegato (UE) 2019/807;

iii)

descrizione del momento in cui l’impianto è entrato in esercizio (solo per i combustibili);

d)

nome della materia prima o della materia prima dalla quale è prodotto il combustibile;

e)

numero di autorizzazione dei rifiuti o dei sottoprodotti di origine animale (se pertinente);

f)

tipo di combustibile (solo per i combustibili);

g)

paese di origine delle materie prime;

h)

paese di produzione del combustibile;

i)

dichiarazione di conformità della materia prima o del combustibile ai criteri stabiliti per i biocarburanti a basso rischio di cambiamento indiretto della destinazione d’uso dei terreni;

j)

informazioni sull’esistenza o meno di un sostegno per la produzione della partita e, in caso affermativo, sul tipo di regime di sostegno.

2.   

Dati sulle operazioni:

a)

ragione sociale e indirizzo della società fornitrice;

b)

ragione sociale e indirizzo della società acquirente;

c)

data del carico (fisico);

d)

luogo del carico (fisico) o del punto di accesso dell’impianto logistico o dell’infrastruttura di distribuzione;

e)

luogo dello scarico (fisico) o del punto di uscita dell’impianto logistico o dell’infrastruttura di distribuzione;

f)

volume: per i combustibili deve essere inclusa la quantità di energia del combustibile. Per il calcolo della quantità di energia si devono usare i fattori di conversione di cui all’allegato III della direttiva (UE) 2018/2001.


ALLEGATO II

CONTENUTO MINIMO DELLE RELAZIONI DI CONTROLLO, DELLE RELAZIONI SINTETICHE DI CONTROLLO O DEI CERTIFICATI

A.   Contenuto minimo della relazione di controllo

1.

Per quanto riguarda l’operatore economico:

a)

recapiti del principale soggetto certificato (ragione sociale e indirizzo della società, recapiti del punto di contatto designato);

b)

ambito di applicazione della certificazione;

c)

coordinate di longitudine e latitudine (per aziende agricole e piantagioni certificate come soggetti singoli);

d)

area della certificazione (per i primi punti di raccolta o per le aziende agricole e le piantagioni certificate individualmente);

e)

stima della quantità di materiale sostenibile raccoglibile annualmente (per le catene di approvvigionamento agricole e forestali);

f)

stima della quantità di materiale sostenibile raccoglibile annualmente (per i punti di raccolta dei rifiuti e dei residui);

g)

elenco dei siti che rientrano nell’ambito della certificazione (nome e indirizzo);

h)

materiali in entrata/uscita (fisicamente) trattati dai siti certificati: le classificazioni devono essere conformi ai requisiti di cui all’allegato IX della direttiva (UE) 2018/2001;

i)

stima della quantità di materiali in entrata sostenibili utilizzati all’anno (solo produttori del prodotto finale);

j)

stima della quantità del prodotto finale sostenibile ottenibile all’anno (solo produttori del prodotto finale).

2.

Per quanto riguarda l’organismo di certificazione:

a)

recapiti (nome e indirizzo) e logo;

b)

composizione della squadra incaricata del controllo;

c)

organismo di accreditamento, ambito di applicazione e data dell’accreditamento.

3.

Per quanto riguarda il processo di controllo:

a)

data del controllo;

b)

itinerario e durata del controllo (suddivisi per durata trascorsa in loco e a distanza, se pertinente);

c)

norme del sistema controllate/certificate (compreso il numero di versione);

d)

siti controllati;

e)

metodo di controllo (valutazione del rischio e base di campionamento, consultazione dei portatori di interessi);

f)

certificazione di altri sistemi volontari o norme;

g)

tipo di dati sui gas a effetto serra (valori standard, NUTS2 o valori reali, comprese informazioni sull’applicazione dei fattori di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra).

4.

Per quanto riguarda i risultati del controllo:

a)

luogo e data del rilascio;

b)

elenco delle non conformità rilevate.

B.   Contenuto minimo della relazione sintetica di controllo

1.

Per quanto riguarda l’operatore economico:

a)

recapiti del principale soggetto certificato (ragione sociale e indirizzo della società, recapiti del punto di contatto designato);

b)

ambito di applicazione della certificazione;

c)

coordinate di longitudine e latitudine (per aziende agricole e piantagioni certificate come soggetti singoli);

d)

dati facoltativi per i primi punti di raccolta, i punti di origine, i commercianti con stoccaggio: elenco dei siti che rientrano nell’ambito della certificazione (nome e indirizzo);

e)

materiali in entrata/uscita (fisicamente) trattati nei siti certificati; le classificazioni devono essere conformi ai requisiti di cui all’allegato IX della direttiva (UE) 2018/2001 (per i commercianti con/senza stoccaggio, il tipo di materiale commercializzato).

2.

Per quanto riguarda l’organismo di certificazione: recapiti (nome e indirizzo) e logo

3.

Per quanto riguarda il processo di controllo:

a)

data del controllo;

b)

norme del sistema controllate/certificate (compreso il numero di versione);

c)

siti controllati;

d)

tipo di dati sui gas a effetto serra (valori standard, NUTS2 o valori reali, comprese informazioni sull’applicazione dei fattori di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra).

4.

Per quanto riguarda i risultati del controllo:

a)

il numero o il codice (unico) del certificato;

b)

luogo e data del rilascio;

c)

elenco delle non conformità rilevate;

d)

certificato valido da/a (e data certificata, se pertinente);

e)

timbro e/o firma della parte che rilascia il certificato.


ALLEGATO III

ELENCO DELLE INFORMAZIONI CHE I SISTEMI VOLONTARI DEVONO COMUNICARE ALLA COMMISSIONE NELLE RELAZIONI ANNUALI DI ATTIVITÀ

Nelle relazioni annuali di attività i sistemi volontari devono comunicare alla Commissione le informazioni seguenti:

a)

norme sull’indipendenza, metodo e frequenza dei controlli approvati dalla Commissione all’atto dell’accreditamento del sistema volontario e eventuali modifiche apportate nel tempo per tener conto degli orientamenti della Commissione, delle modifiche del quadro normativo, dei risultati del monitoraggio interno sul processo di controllo degli organismi di certificazione e dell’evoluzione delle migliori prassi del settore;

b)

norme e procedure per rilevare e gestire le non conformità degli operatori economici e dei partecipanti del sistema;

c)

prova del rispetto degli obblighi giuridici in materia di trasparenza e pubblicazione delle informazioni in linea con l’articolo 6;

d)

partecipazione dei portatori di interessi, in particolare per quanto riguarda la consultazione delle comunità autoctone e locali prima del processo decisionale durante l’elaborazione e la revisione del sistema, così come durante i controlli, e la risposta ai loro contributi;

e)

panoramica delle attività svolte dal sistema volontario in collaborazione con gli organismi di certificazione per migliorare l’intero processo di certificazione e la qualifica e l’indipendenza degli esecutori dei controlli e dei pertinenti organismi del sistema.

f)

aggiornamenti del sistema rispetto al mercato, quantità di materie prime, biocarburanti, bioliquidi, combustibili da biomassa, combustibili da carbonio riciclato e combustibili rinnovabili di origine non biologica, tutti certificati, per paese di origine e tipo, e numero di partecipanti;

g)

panoramica dell’efficacia del sistema di attuazione disposto dall’organo di governance del sistema volontario per accertare la conformità ai criteri di sostenibilità che il sistema fornisce ai suoi membri, in particolare per quanto riguarda l’efficacia nel prevenire le attività fraudolente grazie all’individuazione tempestiva, al trattamento e al seguito dato a presunte frodi e altre irregolarità e, laddove opportuno, il numero di casi di frode o irregolarità individuati;

h)

criteri per il riconoscimento degli organismi di certificazione;

i)

norme sulle modalità operative del sistema di monitoraggio interno e sui risultati del riesame periodico, in particolare sulla sorveglianza del lavoro degli organismi di certificazione e dei loro esecutori dei controlli nonché sul sistema di gestione dei reclami nei confronti degli operatori economici e degli organismi di certificazione;

j)

modalità per agevolare o migliorare la promozione delle migliori prassi;

k)

i sistemi volontari di certificazione della biomassa forestale devono includere informazioni sulle modalità di valutazione del rischio di cui all’articolo 29, paragrafi 6 e 7, della direttiva (UE) 2018/2001.


ALLEGATO IV

ELENCO NON COMPLETO DEI RIFIUTI E DEI RESIDUI ATTUALMENTE CONTEMPLATI NELL’ALLEGATO IX DELLA DIRETTIVA (UE) 2018/2001

Le sostanze elencate nel presente allegato sono considerate rientranti in una delle categorie di materie prime di cui all’allegato IX della direttiva (UE) 2018/2001 senza essere esplicitamente menzionate. L’elenco non è completo e integra l’attuale elenco dei materiali di cui all’allegato IX della direttiva (UE) 2018/2001.

Categoria di cui all’allegato IX della direttiva (UE) 2018/2001

Sottocategoria/esempi di materie prime

Allegato IX, parte A, lettera d)

Rifiuti di bevande

Allegato IX, parte A, lettera d)

Residui e cascami di frutta/verdura (solo code, foglie, steli e tegumenti)

Allegato IX, parte A, lettera d)

Gusci, pellicole e polvere di: cacao, caffè

Allegato IX, parte A, lettera p)

Gusci/tegumenti e derivati: gusci di semi di soia

Allegato IX, parte A, lettera d)

Residui e rifiuti della produzione di bevande calde: fondi di caffè e di tè

Allegato IX, parte A, lettera d)

Schiume residue dei latticini

Allegato IX, parte A, lettera d)

Olio di rifiuti alimentari: olio estratto dai rifiuti dell’industria alimentare

Allegato IX, parte A, lettera d)

Residui non commestibili di cereali e cascami della macinatura e della trasformazione di cereali: frumento, granturco, orzo, riso

Allegato IX, parte A, lettera d)

Residui e cascami dell’estrazione dell’olio d’oliva: noccioli di oliva

Allegato IX, parte A, lettera p)

Residui delle colture agricole

Allegato IX, parte A, lettera q)

Fronde di palma, tronchi di palma

Allegato IX, parte A, lettera q)

Alberi danneggiati

Allegato IX, parte A, lettera d)

Mangimi/foraggi inutilizzati da colture miste di leguminose e graminacee

Allegato IX, parte B, lettera b)

Rifiuti di olio di pesce classificati di categorie 1 e 2 in conformità del regolamento (CE) n. 1069/2009.

Allegato IX, parte A, lettera d)

Altri rifiuti dei macelli [residui animali (non grassi) cat. 1]

Allegato IX, parte A, lettera d)

Acque reflue industriali e loro derivati

Allegato IX, parte A, lettera g)

Morchia di olio di palma

Allegato IX, parte A, lettera d)

Sedimenti di depositi industriali

Allegato IX, parte A, lettera d)

Frazione biogenica di pneumatici a fine vita

Allegato IX, parte A, lettera q)

Legno riciclato/residuo legnoso

Allegato IX, parte A, lettera d)

Sostanze umiche

Allegato IX, parte A, lettera d)

Terre decoloranti esauste


ALLEGATO V

METODOLOGIA PER DETERMINARE LA RIDUZIONE DELLE EMISSIONI GRAZIE ALL’ACCUMULO DI CARBONIO NEL SUOLO MEDIANTE UNA MIGLIORE GESTIONE AGRICOLA

Per calcolare i valori reali, gli operatori economici che intendono far valere la riduzione delle emissioni grazie all’accumulo di carbonio nel suolo mediante una migliore gestione agricola (esca ) in termini di g CO2eq/MJ devono applicare la formula seguente:

Image 1

dove:

CSR

è la massa delle scorte di carbonio nel suolo per unità di superficie associata alla pratica di riferimento di gestione delle colture in Mg di C per ha.

CSA

è la massa delle scorte di carbonio stimate nel suolo per unità di superficie associata alla pratica reale di gestione delle colture dopo almeno 10 anni di applicazione in Mg di C per ha.

3,664

è il quoziente ottenuto dividendo il peso molecolare della CO2 (44,010 g/mol) per il peso molecolare del carbonio (12,011 g/mol) in g CO2eq/g C.

n

è il periodo (in anni) di coltivazione della coltura considerata.

P

è la produttività della coltura (misurata in MJ di energia prodotta da un biocarburante o bioliquido per ha all’anno).

ef

sono le emissioni derivanti dall’aumento dell’uso di fertilizzanti o erbicidi

Tra le pratiche di migliore gestione agricola, riconosciute ai fini della riduzione delle emissioni grazie all’accumulo di carbonio nel suolo, si annoverano il passaggio a una ridotta aratura o a una semina senza aratura, una migliore rotazione delle colture, l’uso di colture di copertura, compresa la gestione dei residui delle colture, e l’utilizzo di ammendanti organici (ad esempio compost, digestato della fermentazione del letame, biochar ecc.).

Il calcolo dei valori reali di CSR e CSA si basa su misurazioni delle scorte di carbonio nel suolo. La misurazione della CSR si svolge in azienda prima di modificare le pratiche di gestione in modo da stabilire una base di riferimento, quindi la CSA si misura a intervalli regolari a distanza di al massimo cinque anni.

L’intera superficie di cui sono calcolate le scorte di carbonio nel suolo deve presentare un clima e un tipo di suolo simili nonché una storia di gestione simile in termini di lavorazione del terreno e d’immissione di carbonio nel suolo. Se le pratiche di migliore gestione sono applicate solo a una parte dell’azienda agricola, la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra può essere fatta valere solo per la superficie cui le suddette pratiche sono applicate. Se in una singola azienda si applicano pratiche diverse di migliore gestione, la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra è calcolata e fatta valere individualmente per ciascuna pratica esca.

Al fine di ridurre da un anno all’altro le fluttuazioni delle scorte misurate di carbonio nel suolo e i relativi errori, è possibile raggruppare i campi che presentano le stesse caratteristiche pedoclimatiche, una storia di gestione simile in termini di lavorazione del terreno e immissione di carbonio nel suolo e che saranno soggetti alle stesse pratiche di migliore gestione, compresi i campi appartenenti ad agricoltori diversi.

Dopo la prima misurazione della base di riferimento, l’aumento del carbonio nel suolo può essere stimato sulla base di esperimenti rappresentativi o di modelli di suolo prima di procedere ad una seconda misurazione dell’aumento delle scorte di carbonio. A partire dalla seconda misurazione, le misurazioni costituiscono la base definitiva per determinare i valori reali dell’aumento delle scorte di carbonio nel suolo.

Tuttavia, dopo la seconda misurazione, la modellizzazione per consentire agli operatori economici di stimare l’aumento annuale delle scorte di carbonio nel suolo può essere autorizzata fino alla misurazione successiva solo se i modelli utilizzati sono stati calibrati sulla base dei valori reali misurati. Gli operatori economici sono tenuti a usare solo modelli convalidati da sistemi volontari. I sistemi volontari sono tenuti a informare gli operatori economici e gli organismi di certificazione, che effettuano controlli per loro conto, in merito ai modelli che hanno convalidato per tale uso.

Per simulare le dinamiche del carbonio nel suolo i modelli utilizzati tengono conto delle differenze di suolo, clima e gestione precedente del campo. Il sistema volontario è tenuto a redigere una relazione dettagliata che illustri il metodo di modellizzazione convalidato e le ipotesi sottostanti. I relativi valori reali finali stabiliti sulla base dei risultati della misurazione del suolo servono per adeguare le asserzioni annuali di riduzione delle emissioni grazie all’accumulo di carbonio nel suolo mediante la gestione agricola (esca), fatte sulla base della modellizzazione.

Per far valere la riduzione delle emissioni grazie all’accumulo di carbonio nel suolo attraverso la gestione agricola (esca), le misurazioni delle scorte di carbonio nel suolo sono effettuate da laboratori certificati e i campioni sono conservati per un periodo di almeno cinque anni a fini di controllo.

Per poter tener conto delle riduzioni delle emissioni di gas a effetto serra i sistemi volontari esigono che l’agricoltore o l’operatore economico si impegni ad applicare continuativamente le pratiche di migliore gestione per almeno 10 anni. Tale impegno può essere assunto per cinque anni rinnovabili.

Se questo criterio non è rispettato, tutti i valori esca dell’anno in corso per l’agricoltore o l’operatore economico, anziché essere dedotti come riduzioni, sono aggiunti come emissioni alle emissioni globali di gas a effetto serra della coltura energetica fornita e sarà vietato includere un valore esca nei calcoli di gas a effetto serra per cinque anni, a prescindere dal sistema di certificazione usato. Se l’impegno è stato firmato a nome di un operatore economico per conto di più agricoltori e uno di questi si ritira prima del tempo, le sanzioni di cui sopra si applicano solo all’agricoltore interessato e non a tutti gli impegni dell’operatore economico. Il sistema volontario che ha rilasciato il certificato ha l’obbligo di applicare le sanzioni e di informare debitamente tutti gli altri sistemi volontari, nonché di pubblicare tali informazioni sul proprio sito web e di includerle nelle relazioni annuali di attività da trasmettere alla Commissione.

Inoltre, prima di poter far valere una riduzione è necessario avere applicato le pratiche di migliore gestione continuativamente per almeno tre anni.

Il massimo valore totale possibile dell’asserzione annuale di riduzione delle emissioni grazie all’accumulo di carbonio nel suolo mediante una migliore gestione agricola (esca) sarà limitato a 45 g CO2eq/MJ di biocarburante o bioliquido per tutto il periodo di applicazione delle pratiche esca, se il biochar è usato come ammendante organico, solo o in combinazione con altre pratiche esca ammissibili. In tutti gli altri casi il limite di cui sopra sarà di 25 g CO2eq/MJ di biocarburante o bioliquido per tutto il periodo di applicazione delle pratiche esca.

I produttori primari o gli operatori economici che hanno già avviato pratiche esca ammissibili per le quali hanno fatto valere i rispettivi valori esca prima dell’entrata in vigore del presente regolamento di esecuzione possono applicare un limite di 45 g CO2eq/MJ di biocarburante o bioliquido per un periodo di transizione fino alla prima misurazione dell’aumento delle scorte di carbonio nel quinto anno. In tal caso, l’aumento misurato delle scorte di carbonio al quinto anno diventerà il massimale delle asserzioni annuali da presentare nel periodo successivo di cinque anni. Se dalla prima misurazione al quinto anno risulta un aumento annuo totale delle scorte di carbonio più alto rispetto alle asserzioni annuali, la differenza annuale può essere fatta valere dai produttori primari o dagli operatori economici negli anni successivi per compensare un aumento inferiore. Se dalla prima misurazione al quinto anno risulta un aumento annuo totale delle scorte di carbonio più basso rispetto alle asserzioni annuali, negli anni successivi i produttori primari o gli operatori economici devono dedurre la differenza annuale dalle loro asserzioni.

Se l’applicazione delle pratiche di migliore gestione agricola (esca) è iniziata da tempo ma non sono state fatte asserzioni Esca in precedenza, è possibile fare asserzioni annuali retroattive fino a tre anni prima dell’atto della certificazione esca. L’operatore economico è tenuto a fornire prove adeguate dell’inizio dell’applicazione delle pratiche di migliore gestione agricola; in tal caso, CSR può basarsi su una misurazione comparativa di un campo limitrofo o di altro tipo con condizioni climatiche e del suolo simili e con precedenti di gestione del campo simili. Se non sono disponibili dati di tale campo, la stima del valore CSRpuò basarsi sulla modellizzazione: in tal caso la prima misurazione deve essere effettuata immediatamente al momento dell’impegno e la misurazione successiva dell’aumento delle scorte di carbonio dovrà essere effettuata cinque anni dopo.

Si tiene conto dell’aumento delle emissioni derivante dall’aumento dell’uso di fertilizzanti o erbicidi dovuto all’applicazione delle pratiche di migliore gestione agricola. A tal fine si devono fornire prove adeguate dell’uso in passato di fertilizzanti o erbicidi per calcolarne la media dei tre anni precedenti l’applicazione delle nuove pratiche agricole. Nei calcoli si può tener conto del contributo delle colture azotofissatrici per ridurre il fabbisogno di fertilizzanti supplementari.

Al campionamento si applicano le norme seguenti.

1.

Metodo del campionamento rappresentativo:

a)

il campionamento deve essere effettuato per ciascun appezzamento o campo;

b)

si preleva almeno un campione puntuale tra 15 sottocampioni ben distribuiti ogni cinque ettari o per campo, a seconda di quale dei due valori è inferiore (tenendo conto dell’eterogeneità del tenore di carbonio dell’appezzamento);

c)

è possibile raggruppare campi piccoli con le stesse condizioni climatiche, tipo di terreno, pratiche agricole di riferimento e pratiche esca;

d)

il campionamento deve essere effettuato in primavera prima della coltivazione e della concimazione del suolo o in autunno almeno due mesi dopo il raccolto;

e)

le misurazioni dirette delle variazioni delle scorte di carbonio nel suolo sono effettuate per i primi 30 cm di suolo;

f)

i punti del campionamento iniziale per misurare la base di riferimento delle scorte di carbonio nel suolo devono essere usati in condizioni di campo identiche (soprattutto l’umidità del suolo);

g)

il protocollo di campionamento deve essere ben documentato.

2.

Misurazione del tenore di carbonio nel suolo:

a)

i campioni di terreno devono essere essiccati, setacciati e, se necessario, macinati;

b)

se si usa il metodo della combustione, non si tiene conto del carbonio inorganico.

3.

Determinazione della densità apparente a secco:

a)

si tiene conto delle variazioni della densità apparente nel tempo;

b)

la densità apparente deve essere misurata con il metodo del carotaggio, ossia inserendo meccanicamente un cilindro nel terreno, il che riduce notevolmente gli eventuali errori associati alla misurazione della densità apparente;

c)

se il metodo di carotaggio non è possibile, soprattutto nei suoli sabbiosi, si usa un altro metodo affidabile;

d)

i campioni devono essere essiccati in stufa prima della pesatura.

L’applicazione della metodologia suddetta alla esca e il calcolo dei valori reali delle emissioni di gas a effetto serra sono debitamente verificati dagli organismi di certificazione e documentati nelle relazioni di controllo. I sistemi volontari sono tenuti a fornire agli operatori economici e agli organismi di certificazione orientamenti dettagliati sull’applicazione di tale metodologia, compresi i relativi modelli convalidati di suolo, nonché a sostenere gli esecutori dei controlli nei rispettivi compiti di verifica. Nelle relazioni annuali di attività da trasmettere alla Commissione i sistemi volontari sono tenuti a includere statistiche dettagliate e riscontri qualitativi sull’applicazione della metodologia esca.

La Commissione verifica l’attuazione della metodologia esca nell’ambito delle sue attività di monitoraggio dei sistemi volontari che riguardano tra l’altro:

l’attuazione del progetto che dovrebbe consentire anche di valutare la relazione dei risultati della modellizzazione rispetto alle misurazioni sul campo;

il confronto di asserzioni e risultati con le stime della saturazione del contenuto di carbonio organico nel suolo per ottenere criteri e raccomandazioni ed eventualmente requisiti per il mantenimento a lungo termine di un determinato equilibrio al fine di garantire risultati a lungo termine;

l’elaborazione di raccomandazioni e requisiti per selezionare e calibrare adeguatamente i modelli, nonché indicatori affidabili per modellizzare i risultati.

La Commissione può rivedere l’approccio metodologico descritto nel presente allegato e i massimali applicati alle asserzioni annuali di accumulo di scorte di carbonio sulla base dei risultati del monitoraggio o al fine di allinearlo all’evoluzione delle conoscenze o alla nuova legislazione del settore in futuro (iniziativa dell’UE per il sequestro del carbonio nei suoli agrari).


ALLEGATO VI

ELENCHI NON COMPLETI DI ESEMPI DI PRATICHE ESSENZIALI DI GESTIONE E MONITORAGGIO PER PROMUOVERE E MONITORARE IL SEQUESTRO DEL CARBONIO NEL SUOLO E LA QUALITÀ DEL SUOLO

Tabella 1

Esempi di pratiche essenziali di gestione del suolo per promuoverne il sequestro del carbonio (data l’assenza di residui) e la qualità

Requisito

Parametro di qualità del suolo

Rotazione di almeno tre colture, tra cui leguminose o fertilizzante verde nel sistema colturale, tenendo conto delle esigenze agronomiche di successione delle colture specifiche per ciascuna coltura e delle condizioni climatiche. Una coltura di copertura multispecie tra colture commerciali è considerata un’unica coltura.

Promuovere la fertilità del suolo, il carbonio nel suolo, la biodiversità e il controllo degli agenti patogeni e limitare l’erosione

Seminare colture di copertura/intercalari con una miscela di specie localmente adeguata contenente almeno una leguminosa. Le pratiche di gestione delle colture devono assicurare una copertura minima per evitare di lasciare nudo il suolo nei periodi più sensibili.

Promuovere la fertilità del suolo, la conservazione del carbonio nel suolo, evitare l’erosione, promuovere la biodiversità del suolo

Prevenire la compattazione del suolo (la frequenza e il calendario delle operazioni sul campo dovrebbero essere pianificati per evitare il traffico su suolo umido; sui suoli umidi le operazioni di lavorazione del terreno dovrebbero essere evitate o estremamente ridotte; si può ricorrere a una pianificazione controllata del traffico).

Conservazione della struttura e della biodiversità del suolo, prevenzione dell’erosione del suolo

Divieto di bruciare le stoppie dei seminativi salvo se l’autorità ha concesso un’esenzione per motivi fitosanitari.

Conservazione del carbonio nel suolo, efficienza delle risorse

Su suoli acidi in cui si pratica la calcitazione, in cui i suoli sono degradati e in cui l’acidificazione incide sulla produttività delle colture.

Miglioramento della struttura del suolo, della biodiversità del suolo, del carbonio nel suolo

Ridurre la lavorazione del terreno/non lavorare il terreno — controllo dell’erosione — aggiunta di modifiche organiche (biochar, compost, letame, residui delle colture) — uso di colture di copertura, riumidificazione.

Rivegetazione: impianto (cambiamento di specie, protezione con pacciame di paglia); elementi caratteristici del paesaggio; agroforestazione.

Aumentare il carbonio organico nel suolo


Tabella 1

Esempi di pratiche di monitoraggio della qualità del suolo e dell’impatto della mitigazione del carbonio

Approccio del monitoraggio

Metodo di verifica/dimostrazione

Valutazione del rischio

L’individuazione delle zone ad alto rischio di deterioramento della qualità del suolo contribuisce a prevenire tale rischio e si concentra sulle aree con il più forte impatto.

Analisi della sostanza organica nel suolo

Un campionamento coerente della sostanza organica nel suolo migliora il monitoraggio in modo da poter preservare o migliorare la sostanza.

Analisi del carbonio organico nel suolo

Il carbonio organico nel suolo è considerato un buon indicatore della qualità generale del suolo.

Campionamento per ottenere l’indice di condizione del suolo

Un valore positivo indica che la sostanza organica del suolo nel sistema sarebbe in aumento.

Valutazione dell’erosione del suolo

Assicura che l’erosione sia al di sotto del livello di tolleranza, ad esempio i livelli «t» del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (USDA).

Piano di gestione dei nutrienti

Un piano che delinei la strategia in materia di nutrienti (soprattutto per quanto riguarda N, P, K) e regimi dei fertilizzanti può prevenire gli squilibri dei nutrienti.

Analisi periodica del pH del suolo

Il monitoraggio del pH contribuisce a individuare gli squilibri del pH.


ALLEGATO VII

METODOLOGIA PER DETERMINARE LE EMISSIONI DERIVANTI DALL’ESTRAZIONE O DALLA COLTIVAZIONE DELLE MATERIE PRIME

Per calcolare le emissioni derivanti dall’estrazione o dalla coltivazione di materie prime, l’allegato V, parte C, punto 5, e l’allegato VI, parte B, punto 5, della direttiva (UE) 2018/2001 stabiliscono che il calcolo deve includere la somma di tutte le emissioni derivanti dal processo stesso di estrazione o coltivazione, dalla raccolta, dall’essiccazione e dallo stoccaggio delle materie prime, dai rifiuti e dalle perdite, e dalla produzione di sostanze chimiche o prodotti utilizzati nell’estrazione o nella coltivazione.

Non si tiene conto della cattura di CO2 nella coltivazione delle materie prime. Le stime delle emissioni derivanti dalla coltivazione di biomassa agricola possono derivare dall’uso delle medie regionali per le emissioni da coltivazione incluse nelle relazioni di cui all’articolo 31, paragrafo 4, della direttiva (UE) 2018/2001 o dalle informazioni sui valori standard disaggregati delle emissioni da coltivazione inclusi nel presente allegato, in alternativa all’uso dei valori reali. In assenza di informazioni pertinenti in tali relazioni è consentito calcolare medie con riferimento alle pratiche agricole basate, ad esempio, sui dati di un gruppo di aziende, in alternativa all’uso dei valori reali.

EMISSIONI DERIVANTI DAL PROCESSO STESSO DI ESTRAZIONE O COLTIVAZIONE

Le emissioni derivanti dal processo stesso di estrazione o coltivazione comprendono tutte le emissioni derivanti da i) combustibili per le macchine agricole; ii) produzione di sementi destinate alla coltivazione; iii) produzione di fertilizzanti e pesticidi; iv) acidificazione del fertilizzante e applicazione della calcitazione; v) emissioni del suolo derivanti dalla coltivazione delle colture.

1.1.   Uso di combustibili (gasolio, benzina, olio combustibile pesante, biocarburanti o altri combustibili) per macchine agricole

Le emissioni di gas a effetto serra derivanti dalla coltivazione (preparazione del campo, semina, applicazione di fertilizzanti e pesticidi, raccolto, raccolta) comprendono tutte le emissioni derivanti dall’uso di combustibili (come gasolio, benzina, olio combustibile pesante, biocarburanti o altri combustibili) nelle macchine agricole. La quantità di combustibile usata nelle macchine agricole deve essere debitamente documentata. È necessario usare fattori adeguati di emissione dei combustibili conformemente all’allegato IX. Se si adoprano biocombustibili, è necessario usare i valori standard di emissione di gas a effetto serra stabiliti nella direttiva 2018/2001.

1.2.   Fertilizzanti chimici e pesticidi

Le emissioni derivanti dall’uso di fertilizzanti chimici e pesticidi (1) per la coltivazione di materie prime comprendono tutte le emissioni derivanti dalla relativa fabbricazione. La quantità di fertilizzanti chimici e pesticidi deve essere debitamente documentata in funzione della coltura, delle condizioni locali e delle pratiche agricole. È necessario usare fattori adeguati di emissione, comprese le emissioni a monte, per tener conto delle emissioni derivanti dalla produzione di fertilizzanti chimici e pesticidi ai sensi dell’allegato IX. L’operatore economico, se sa che la fabbrica che produce il fertilizzante rientra nel sistema di scambio di quote di emissione dell’UE (ETS), può usare le emissioni di produzione dichiarate nel sistema ETS, aggiungendo le emissioni a monte per il gas naturale ecc. Il trasporto dei fertilizzanti deve essere incluso: all’uopo si adoprano le emissioni dei modi di trasporto elencati nell’allegato IX. L’operatore economico che non conosce la fabbrica fornitrice del fertilizzante deve usare i valori standard di cui all’allegato IX.

1.3.   Materiale da semina

Il calcolo delle emissioni da coltivazione derivanti dalla produzione di materiale da semina per la coltivazione si basa sui dati reali del materiale in questione. I fattori di emissione per la produzione e la fornitura di materiale da semina possono essere utilizzati per contabilizzare le emissioni associate alla produzione di sementi. Devono essere utilizzati i valori standard dei fattori di emissione di cui all’allegato IX. Per le altre sementi devono essere utilizzati i valori della letteratura tratti, in ordine gerarchico, dalle fonti seguenti:

a)

versione 5 della relazione JEC-WTW;

b)

database ECOINVENT;

c)

fonti «ufficiali», quali il gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC), l’Agenzia internazionale per l’energia (AIE) o i governi;

d)

altre fonti di dati riesaminate, quali la banca dati E3 e la banca dati GEMIS;

e)

pubblicazioni sottoposte a valutazione inter pares;

f)

stime interne debitamente documentate.

1.4.   Emissioni derivanti dall’azione acidificante dei fertilizzanti e dall’applicazione della calcitazione

Le emissioni derivanti dalla neutralizzazione dell’azione acidificante dei fertilizzanti e dall’applicazione di calce agricola includono le emissioni di CO2 derivanti dalla neutralizzazione dell’acidità dovuta ai fertilizzanti azotati o dalle reazioni della calce agricola nel suolo.

1.4.1.   Emissioni derivanti dalla neutralizzazione dell’azione acidificante dei fertilizzanti

Nel calcolo delle emissioni si tiene conto delle emissioni risultanti dall’acidificazione causata dall’uso di fertilizzanti azotati nel campo, in base alla quantità dei fertilizzanti suddetti. Le emissioni derivanti dalla neutralizzazione dei fertilizzanti azotati nel suolo sono pari a 0,783 kg CO2/kg N; per i fertilizzanti a base di urea le emissioni derivanti dalla neutralizzazione sono pari a 0,806 kg CO2/kg N.

1.4.2.   Emissioni del suolo derivanti dalla calcitazione (calce agricola)

La quantità reale di calce agricola utilizzata è debitamente documentata. Le emissioni sono calcolate nel modo seguente:

1.

sui terreni acidi, dove il pH è inferiore a 6,4, la calce agricola è sciolta dagli acidi del suolo per formare prevalentemente CO2 anziché bicarbonato, rilasciando quasi tutto il CO2 nella calce agricola (0,44 kg CO2/kg CaCO3 equivalente calce agricola);

2.

se il pH del terreno è pari o superiore a 6,4, nel calcolo si tiene conto di un fattore di emissione di 0,98/12,44 = 0,079 kg di CO2/(kg CaCO3 equivalente calce agricola), oltre alle emissioni dovute alla neutralizzazione dell’acidificazione causata dal fertilizzante;

3.

Le emissioni di calce agricola calcolate sulla base dell’uso di calce, di cui ai precedenti punti 1 e 2, possono essere superiori alle emissioni di neutralizzazione del fertilizzante calcolate al punto 1.4.1 se l’acidificazione dovuta al fertilizzante è stata neutralizzata dall’applicazione della calce; in tal caso, le emissioni di neutralizzazione del fertilizzante (di cui al punto 1.4.1) possono essere sottratte dalle emissioni della calce agricola per evitare un doppio conteggio.

Le emissioni derivanti dall’azione acidificante dei fertilizzanti possono superare quelle attribuite alla calcitazione; in tal caso, dall’operazione di sottrazione risulterebbero emissioni di calcitazione nette negative, in quanto non tutta l’acidità dei fertilizzanti è neutralizzata dalla calce agricola, ma anche in parte dai carbonati naturali: le emissioni nette di calcitazione devono quindi essere conteggiate zero, ma le emissioni dovute all’acidità dei fertilizzanti che si verificano comunque devono essere mantenute in linea con il punto 1.4.1.

Se non sono disponibili dati sull’uso effettivo della calce agricola, se ne deve ipotizzare l’uso raccomandato dall’Agricultural Lime Association, in funzione del tipo di coltura, del pH misurato nel suolo, del tipo di suolo e del tipo di materiale calcico. Le emissioni di CO2 corrispondenti si ottengono con i calcoli di cui ai precedenti punti 1 e 2. La sottrazione di cui al punto 3 non deve però essere applicata in questo caso, poiché l’uso raccomandato della calce agricola non ne comprende l’applicazione per neutralizzare il fertilizzante nello stesso anno, quindi non è possibile conteggiare due volte le emissioni dovute alla neutralizzazione del fertilizzante.

1.5.   Emissioni (protossido di azoto/N2O) derivanti dalla coltivazione del suolo

Il calcolo delle emissioni di N2O derivanti da suoli gestiti segue la metodologia IPCC. Per calcolare le emissioni di N2O derivanti dalla coltivazione del suolo ci si serve di fattori di emissione disaggregati specifici per coltura secondo le diverse condizioni ambientali (corrispondenti al livello 2 della metodologia IPCC). Si dovrebbe tenere conto dei fattori di emissione specifici secondo le diverse condizioni ambientali, del suolo e secondo le diverse colture; per calcolare detti fattori di emissione gli operatori economici possono utilizzare modelli convalidati, a condizione che questi tengano conto di tali aspetti. In conformità con le linee guida IPCC (2), si tiene conto delle emissioni di N2O sia dirette che indirette. Ci si serve dello strumento di calcolo globale del protossido di azoto GNOC basato sulle formule che seguono, secondo le convenzioni di denominazione contenute nelle linee guida IPCC (2006):

N2Ototal – N = N2Odirect – N + N2Oindirect – N

dove:

per i suoli minerali: N2ODirect – N = [(FSN + FON) • EF1ij] + [FCR • EF1]

per i suoli organici: N 2 ODirect  – N = [(FSN + FON) • EF1] + [FCR • EF1] + [(FOS,CG,Temp • EF2CG, Temp] + [FCROS,CG,Trop • E2CG,Trop]

per i suoli sia minerali che organici: N 2 ODirect  – N = [[(FSN • FracGASF) + (FON • EracGASM) • EF4] + [(FSN +FON + FCR) • FracLeach-(H) • EF5]

1.5.1.   Apporto di N da residui colturali

Deve essere calcolato per:

a)

barbabietola da zucchero, canna da zucchero secondo IPCC (2006) vol. 4, capitolo 11, eq. 11.6, senza tener conto dei residui sottomacinati e con apporto di N dai residui e dai panelli di filtrazione per la canna da zucchero;

FCR = Yield • DRY • (1-FracBurnt • Cf) • [RAG • NAG • (1 - FracRemove)] + FVF

b)

le piantagioni di cocco e di palma da olio che applicano un apporto di N fisso basato sulla letteratura, in quanto l’IPCC (2006) non fornisce alcun metodo di calcolo standard per i fattori di emissione standard, a norma dell’allegato IX;

c)

per tutte le altre colture secondo IPCC (2006) vol. 4, capitolo 11, equazioni 11.7 A, 11.11, 11.12, in quanto

FCR = (1-FracBurnt • Cf) • AGDM • NAG • (1-FracRemove) + (AGDM + Yield • DRY) • RBG-BIO • NBG

dove:

N2Ototal - N

=

emissioni annuali dirette e indirette di N2O–N prodotte da suoli gestiti; kg N2O–N ha-1 a-1

N2Odirect - N

=

emissioni annuali dirette di N2O–N prodotte da suoli gestiti; kg N2O–N ha-1 a-1

N2Oindirect - N

=

emissioni annue indirette di N2O–N (ossia la quantità annua di N2O–N prodotta dalla deposizione atmosferica di N che si è volatilizzato dai suoli gestiti e la quantità annua di N2O–N prodotta dalla lisciviazione e dal deflusso di N apportato nei suoli gestiti nelle regioni in cui si verificano fenomeni di lisciviazione/deflusso); kg N2O–N ha-1 a-1

FSN

=

apporto annuo di fertilizzanti azotati di sintesi; kg N ha-1 a-1

FON

=

quantità annua di N da letame applicato come fertilizzante; kg N ha-1 a-1

FCR

=

quantità annua di N nei residui delle colture (fuori terra e sotto terra); kg N ha-1 a-1

FOS,CG,Temp

=

superficie annua di suoli organici gestiti/drenati in condizioni climatiche temperate; ha-1 a-1

FOS,CG,Trop

=

superficie annua di suoli organici gestiti/drenati in condizioni climatiche tropicali; ha-1

FracGASF

=

0,10 (kg N NH3–N + NOx–N) (kg N applicato)-1. Volatilizzazione da fertilizzante sintetico

FracGASM

=

0,20 (kg N NH3–N + NOx–N) (kg N applicato)-1. Volatilizzazione da tutti i fertilizzanti organici azotati applicati

FracLeach-(H)

=

0,30 kg N (kg N aggiunto) -1. Perdite di N dovute a lisciviazione/deflusso nelle regioni in cui si verificano fenomeni di lisciviazione/deflusso

EF1ij

=

fattori di emissione specifici della coltura e del sito per le emissioni di N2O da fertilizzanti sintetici e applicazione di N organico nei suoli minerali (kg N2O–N (kg N apportato)-1);

EF1

=

0,01 [kg N2O–N (kg N apportato) -1]

EF2CG,Temp

=

8 kg N ha-1 a-1 per le colture biologiche e i terreni erbosi nelle zone temperate

EF2CG,Trop

=

16 kg N ha-1 a-1 per le colture biologiche e i terreni erbosi nelle zone tropicali

EF4

=

0,01 [kg N2O–N (kg N NH3–N + NOx–N volatilizzato) -1]

EF5

=

0,0075 [kg N2O–N (kg N lisciviazione/deflusso) -1]

Resa

=

resa annua fresca della coltura (kg ha-1)

DRY

=

frazione di sostanza secca del prodotto raccolto [kg sostanza secca (kg di peso fresco)-1] (cfr. tabella 1)

FracBurnt

=

frazione della superficie coltivata bruciata annualmente [ha (ha)-1]

Cf

=

fattore di combustione [adimensionale] (cfr. tabella 1)

RAG

=

rapporto tra residui fuori terra di sostanza secca e resa della sostanza secca raccolta, per la coltura [kg sostanza secca (kg sostanza secca)-1] (cfr. tabella 3)

NAG

=

tenore di N nei residui fuori terra [kg N (kg sostanza secca) -1] (cfr. tabella 1)

FracRemove

=

frazione dei residui fuori terra rimossi dal campo [kg sostanza secca (kg AGDM)-1]

FVF

=

quantità annua di N nei residui e nei panelli di filtrazione della canna da zucchero riversati nel campo [kg N ha-1], calcolato come resa * 0,000508.

AG

=

residuo di sostanza secca fuori terra [kg sostanza secca ha-1]

1.5.2.   Fattori di emissione specifici per coltura e per sito per le emissioni di N2O da fertilizzanti sintetici e applicazione di N organico

Le emissioni di N2O dai suoli sfruttati in agricoltura, in campi agricoli diversi in condizioni ambientali diverse e con classi di uso agricolo diverse, possono essere determinate in base al modello statistico Stehfest e Bouwman (2006) (di seguito «modello S&B»):

Image 2

dove:

E

=

emissioni di N2O (in kg N2O-N ha-1 a-1)

ev

=

valore dell’effetto per i diversi fattori (cfr. tabella 2)

Il metodo EF1ij per la coltura di biocarburanti i nell’ubicazione j è calcolato come segue (modello S&B):

EF1ij = (Efert,ij – Eunfert,ij)/Nappl,ij

Il fattore EF1 indicato in IPCC (2006) per le emissioni dirette di N2O derivanti dall’apporto di fertilizzanti sulla base di una media globale deve essere sostituito da EF1ij specifico per coltura e per sito per le emissioni dirette derivanti dall’apporto di N di fertilizzanti minerali e letame, sulla base dell’EF1ij specifico per coltura e per sito, applicando il modello S&B.

dove:

Efert,ij

=

emissioni di N2O (in kg N2O-N ha-1 a-1) su base S&B, in cui l’apporto di fertilizzanti è il tasso reale di applicazione di N (fertilizzanti minerali e letame) alla coltura i nell’ubicazione j

Eunfert,ij

=

emissioni di N2O della coltura i nell’ubicazione j (in kg N2O-N ha-1 a-1) su base S&B. Il tasso di applicazione di N è fissato a 0, tutti gli altri parametri sono mantenuti invariati.

Nappl,ij

=

apporto di N da fertilizzanti minerali e letame (in kg N ha-1 a-1) alla coltura i nell’ubicazione j

Tabella 1

Parametri specifici per coltura per calcolare l’apporto di N dai residui colturali  (3)

Image 3

Tabella 2

Valore costante e valori dell’effetto per il calcolo delle emissioni di N2O provenienti da campi agricoli sulla base del modello S&B

Image 4

EMISSIONI DALLA RACCOLTA, DALL’ESSICCAZIONE E DALLO STOCCAGGIO DELLE MATERIE PRIME

Le emissioni derivanti dalla raccolta, dall’essiccazione e dallo stoccaggio delle materie prime comprendono tutte le emissioni connesse al combustibile usato per le suddette operazioni.

Emissioni derivanti dalla raccolta

Le emissioni comprendono tutte le emissioni derivanti dalla raccolta delle materie prime e dal loro trasporto allo stoccaggio. Le emissioni sono calcolate con fattori di emissione adeguati per il tipo di combustibile usato (gasolio, benzina, olio combustibile pesante, biocarburanti o altri combustibili).

Essiccazione della biomassa

Le emissioni derivanti dalla coltivazione comprendono le emissioni derivanti dall’essiccazione prima dello stoccaggio nonché dallo stoccaggio e dalla manipolazione delle materie prime da biomassa. I dati sul consumo di energia per l’essiccazione prima dello stoccaggio comprendono i dati reali sul processo di essiccazione utilizzato per soddisfare i requisiti di stoccaggio, a seconda del tipo di biomassa, delle dimensioni delle particelle, del tenore di umidità, delle condizioni meteorologiche ecc. Per contabilizzare le emissioni derivanti dall’uso di combustibili per produrre il calore o l’energia elettrica necessari per l’essiccazione, sono usati fattori adeguati di emissione, comprese le emissioni a monte. Nelle emissioni derivanti dall’essiccazione sono incluse solo quelle del processo di essiccazione necessario per garantire lo stoccaggio adeguato delle materie prime; è esclusa l’essiccazione dei materiali durante la lavorazione.

CONTABILIZZAZIONE DELLE EMISSIONI PER L’ENERGIA ELETTRICA USATA NELLE ATTIVITÀ AGRICOLE

Nel contabilizzare il consumo di energia elettrica non prodotta all’interno dell’impianto di produzione di combustibile, l’intensità delle emissioni di gas a effetto serra dell’energia elettrica prodotta e distribuita è considerata pari all’intensità media di emissione dell’energia elettrica prodotta e distribuita in una regione definita, che può essere a livello di regione NUTS2 (4) o nazionale. Con i coefficienti nazionali per le emissioni dovute all’energia elettrica si usano i valori di cui all’allegato IX. In deroga a questa regola, per l’energia elettrica prodotta in un impianto che non è collegato alla rete elettrica, se sono disponibili informazioni sufficienti per derivare un fattore di emissione, i produttori possono usare un valore medio.


(1)  Per «pesticidi» si intendono tutti i prodotti fitosanitari, compresi gli erbicidi, gli insetticidi, i fungicidi ecc.

(2)  IPCC (2006), vol. 4, capitolo 11: Emissioni di N2O da suoli gestiti ed emissioni di CO2 derivanti dall’applicazione della calce e dell’urea.

(3)  Fonte dei dati: Relazione JRC «Definition of input data to assess GHG default emissions from biofuels in EU legislation» JRC 2019 (EUR 28349 EN). https://op.europa.eu/en/publication-detail/-/publication/7d6dd4ba-720a-11e9-9f05-01aa75ed71a1

(4)  Nomenclatura delle unità territoriali per la statistica.


ALLEGATO VIII

REQUISITI MINIMI RELATIVI AL PROCESSO E AL METODO DI CERTIFICAZIONE DELLA BIOMASSA A BASSO RISCHIO DI CAMBIAMENTO INDIRETTO DI DESTINAZIONE D’USO DEI TERRENI (ILUC)

A.   Processo per la certificazione del basso rischio ILUC

Per avviare il processo di certificazione, l’operatore economico deve fare domanda a un organismo di certificazione riconosciuto da un sistema volontario per la certificazione della biomassa a basso rischio ILUC. Il richiedente può essere un’azienda agricola, un primo punto di raccolta o il responsabile di un gruppo che agisce per conto di un gruppo di agricoltori.

La domanda di certificazione del basso rischio ILUC contiene quanto meno le informazioni seguenti:

a)

il nome e i recapiti del o dei richiedenti, anche eventualmente dei membri del gruppo nel caso di una certificazione di gruppo (1);

b)

una descrizione delle misure previste di addizionalità a basso rischio ILUC, tra cui:

i)

informazioni dettagliate sull’appezzamento delimitato in cui sarà attuata la misura di addizionalità, compresi l’attuale uso dei terreni, le attuali pratiche di gestione, i dati attuali sulla resa dei terreni e, se del caso, una dichiarazione che indichi se i terreni sono inutilizzati, abbandonati o pesantemente degradati;

ii)

la descrizione delle misure di addizionalità e una stima della biomassa supplementare che sarà prodotta dopo la loro applicazione (mediante un aumento della resa o la produzione su terreni inutilizzati, abbandonati o pesantemente degradati);

c)

informazioni su eventuali sistemi volontari di certificazione riconosciuti dalla Commissione (nome del sistema volontario, numero di certificato, stato e periodo di validità).

Se la domanda è presentata dopo l’applicazione delle misure di addizionalità, solo la biomassa aggiuntiva prodotta dopo la data di certificazione del basso rischio ILUC può essere fatta valere come a basso rischio ILUC.

1.   Contenuto del piano di gestione

Una volta che la domanda di basso rischio ILUC è accettata, l’operatore economico elabora un piano di gestione e lo presenta all’organismo di certificazione. Il piano di gestione si basa sulle informazioni contenute nella domanda di certificazione e comprende:

a)

la definizione dell’appezzamento delimitato;

b)

la descrizione delle misure di addizionalità;

c)

la verifica della sostenibilità della misura di addizionalità rispetto alle disposizioni della direttiva (UE) 2018/2001;

d)

se opportuno, la dimostrazione della valutazione dell’addizionalità (prova dell’attrattiva finanziaria o degli ostacoli non finanziari);

e)

la determinazione del valore di riferimento dinamico delle rese, comprendente:

i)

per le misure di aumento della resa: almeno tre anni di dati storici della resa delle colture relativi all’appezzamento delimitato;

ii)

per la coltivazione su terreni inutilizzati, abbandonati o pesantemente degradati: prova dello stato del terreno (la resa di riferimento della coltivazione su terreni inutilizzati, abbandonati o pesantemente degradati è considerata pari a zero);

f)

stima della resa supplementare di biomassa per anno, con riferimento al valore di riferimento dinamico delle rese per l’appezzamento delimitato.

Il piano di gestione deve consentire un confronto tra l’utilizzo dell’appezzamento delimitato prima e dopo l’attuazione della misura di addizionalità.

2.   Elenco non completo delle misure di addizionalità

Tabella 1

Elenco non completo delle misure di addizionalità per l’incremento delle rese

Categoria di addizionalità

Misura di addizionalità

Esempio

Meccanizzazione

Macchinari

Adozione di macchinari che riducono/integrano l’apporto della manodopera esistente per aumentare la produzione o ridurre le perdite. Ciò potrebbe includere la semina, l’agricoltura di precisione, i macchinari per la raccolta o i macchinari per ridurre le perdite successive alla raccolta.

Colture multiple

Colture sequenziali

Introduzione di una seconda coltura sullo stesso terreno nello stesso anno.

Gestione

Gestione del suolo

Pacciamatura anziché aratura, lavorazione conservativa.

Concimazione

Ottimizzazione del regime di concimazione, uso dell’agricoltura di precisione.

Difesa delle colture

Modifiche del controllo delle erbe infestanti, dei parassiti e delle malattie.

Impollinazione

Pratiche perfezionate di impollinazione.

Altro

Si lascia spazio all’innovazione, alle combinazioni di misure e agli sviluppi imprevisti.

Reimpianto (per colture perenni) (2)

Scelta delle varietà colturali

Varietà di resa più elevata, migliore adattamento alle condizioni ecofisiologiche o climatiche.

Le misure di addizionalità sono misure che vanno al di là delle pratiche agricole comuni. La tabella 1 contiene un elenco non completo dei tipi di misure di addizionalità per l’aumento della resa che gli operatori economici possono applicare. Le misure, o le combinazioni di misure, incrementano la produzione senza compromettere la sostenibilità. Le misure di addizionalità non pregiudicano il potenziale di crescita futura ma creano un compromesso tra i guadagni di produzione a breve termine e il deterioramento a medio/lungo termine della qualità del suolo, dell’acqua e dell’aria e delle popolazioni di impollinatori. Le misure di addizionalità non comportano l’omogeneizzazione del paesaggio agricolo dovuta alla rimozione di elementi paesaggistici e habitat come alberi solitari, siepi, arbusti, bordi dei campi o strisce fiorite.

Solo la resa supplementare al di sopra del valore di riferimento dinamico delle rese può essere fatta valere come a basso rischio ILUC. Inoltre, una misura di addizionalità può essere certificata solo se mira a conseguire rese supplementari derivanti da un miglioramento della pratica agricola. Una misura che mira unicamente a migliorare la sostenibilità dell’appezzamento, senza migliorare le rese, non è considerata una misura di addizionalità. Questo principio non vale per la coltivazione su terreni inutilizzati, abbandonati o pesantemente degradati, in cui la coltivazione stessa costituisce la misura di addizionalità.

L’operatore economico dovrà dimostrare che il piano di gestione contiene aspettative ragionevoli di aumento della resa facendo riferimento, ad esempio, alla letteratura scientifica, all’esperienza acquisita con prove sul campo, alle informazioni fornite da aziende agronomiche e da sviluppatori di sementi/fertilizzanti o a semplici calcoli. Per la certificazione del progetto sono necessarie prove adeguate che dimostrino l’aumento di resa previsto grazie all’applicazione della misura di addizionalità.

Nel caso di miglioramenti agricoli, le pratiche agricole applicate e i macchinari e i mezzi utilizzati prima e dopo l’applicazione della misura di addizionalità sono documentati in dettaglio nel piano di gestione. Ciò consente un confronto al fine di i) determinare se una misura di addizionalità è stata effettivamente attuata; ii) valutare se la misura di addizionalità può essere considerata effettivamente supplementare rispetto alla situazione abituale.

B.   Valutazione dell’addizionalità: prova dell’attrattiva finanziaria o analisi degli ostacoli

1.   Prova dell’attrattiva finanziaria

La prova dell’attrattiva finanziaria dimostra che l’investimento necessario per la misura di addizionalità diventa finanziariamente attraente solo se la resa supplementare risultante è certificata a basso rischio ILUC. L’analisi consiste in una semplice analisi finanziaria dell’investimento previsto per la misura di addizionalità a basso rischio ILUC.

La prova riguarda solo i costi e le rese direttamente connessi all’investimento nella misura di addizionalità. I normali costi di esercizio dell’intera azienda non sono pertanto inclusi nell’analisi. I costi e i ricavi inclusi nella prova riguardano le operazioni di preparazione, attuazione, manutenzione e cessazione della misura di addizionalità che non sarebbero state altrimenti effettuate.

L’attrattiva finanziaria si configura quando il valore attuale netto (VAN) (3) dell’investimento è positivo, il che significa che l’investimento può essere effettuato dall’operatore economico stesso. Di conseguenza, solo le misure per le quali l’analisi della giustificazione economica è negativa (senza l’inclusione di un premio) superano il test di attrattiva finanziaria e sono ammesse alla certificazione del basso rischio ILUC. I risultati superiori allo zero (VAN positivo) possono comunque essere ammissibili solo se superano il test degli ostacoli non finanziari.

Formula per calcolare il VAN di un investimento:

Image 5

Dove:

P

=

resa prevista dalla biomassa supplementare (stima della biomassa supplementare x il prezzo di vendita delle materie prime senza il premio per il basso rischio ILUC)

L

=

costo della misura di addizionalità (CAPEX + OPEX)

i

=

tasso di sconto

t

=

intervallo di tempo

I parametri utilizzati nel calcolo del VAN sono in linea con i dati inclusi nel piano di gestione.

Nel calcolo del VAN sono inclusi i seguenti parametri:

a)

stima del volume della biomassa supplementare;

b)

prezzo di vendita delle materie prime [valuta/tonnellata]:

i)

il prezzo di vendita delle materie prime può essere un’unica cifra estrapolata per l’intero ciclo di vita dell’investimento ai fini della resa supplementare;

ii)

quest’unica cifra può basarsi sulla media dei valori storici effettivi delle vendite di materie prime dell’operatore economico. Il valore medio si basa sui dati storici relativi agli stessi tre anni utilizzati per fissare il valore di riferimento dinamico delle rese;

iii)

in caso di introduzione di una nuova coltura per la quale l’operatore economico non dispone di dati di prezzo reali, questo valore può basarsi sui dati di prezzo forniti da FAOSTAT (4);

c)

tasso di sconto da utilizzare: 3,5 % per i paesi ad alto reddito (5) e 5,5 % per tutti gli altri paesi;

d)

durata dell’investimento:

i)

si usa una durata fino a dieci anni conformemente alla durata della certificazione di basso rischio ILUC (validità di riferimento);

ii)

in alcuni casi, la durata massima dell’investimento può essere fissata a 25 anni sulla base della durata tipica delle colture perenni (vale a dire, la palma da olio, nel caso del reimpianto di palma da olio);

e)

costi di investimento relativi alla misura di addizionalità [CAPEX + OPEX].

2.   Prova degli ostacoli non finanziari

L’analisi degli ostacoli di carattere non finanziario riguarda solo gli ostacoli non finanziari del progetto che impediscono l’attuazione delle misure di addizionalità in caso di assenza della certificazione di basso rischio ILUC. Gli ostacoli il cui costo può essere stimato devono essere inclusi nell’analisi dell’attrattiva finanziaria anziché nell’analisi degli ostacoli non finanziari.

Spetta all’operatore economico che intende applicare la misura di addizionalità giustificare l’esistenza di ostacoli non finanziari. La giustificazione consiste in una descrizione chiara e verificabile della situazione che impedisce l’adozione della misura di addizionalità. L’operatore economico fornisce tutte le prove verificabili necessarie a sostegno della sua dichiarazione e dimostra in che modo la certificazione del basso rischio ILUC garantirebbe il superamento dell’ostacolo non finanziario.

La validità della dichiarazione dell’operatore è valutata e convalidata dal controllo di riferimento prima del rilascio di un certificato di basso rischio ILUC.

C.   Fissazione del valore di riferimento dinamico delle rese e calcolo del volume reale della biomassa a basso rischio ILUC

Il valore di riferimento dinamico delle rese è fissato individualmente per ciascun appezzamento delimitato in funzione della coltura e del tipo o della combinazione di misure di addizionalità applicate. Per calcolare il punto di partenza del valore di riferimento dinamico delle rese si usano i dati storici della resa ottenuta dalla coltura nell’appezzamento specifico per almeno gli ultimi tre anni precedenti all’applicazione della misura di addizionalità. Questo calcolo è combinato con una curva di tendenza globale specifica per coltura per le rese previste, tracciata sulla base dei dati storici delle rese reali nell’ultimo decennio, o in un periodo più lungo se i dati sono disponibili. Per le colture perenni, il valore di riferimento dinamico delle rese tiene conto anche della curva di resa per l’intero ciclo di vita della coltura.

1.   Determinazione del valore di riferimento dinamico delle rese per le colture annuali

Se l’azienda agricola effettua la rotazione delle colture tra i campi, e la coltura la cui resa sarà aumentata («coltura obiettivo») è stata piantata in campi diversi della stessa azienda negli anni precedenti, esistono due opzioni per la raccolta dei dati storici sulla resa ai fini del calcolo del valore di riferimento dinamico delle rese.

Opzione 1: l’operatore economico calcola la media delle rese degli ultimi tre anni durante i quali la coltura obiettivo è stata coltivata sull’appezzamento delimitato prima dell’applicazione della misura di addizionalità. Poiché le colture sono coltivate a rotazione, questo calcolo può comportare l’uso di dati che risalgono a più di cinque anni prima.

Opzione 2: l’operatore economico calcola la media ponderata delle rese degli ultimi tre anni nel corso dei quali la coltura obiettivo è stata coltivata nell’azienda agricola prima dell’applicazione della misura di addizionalità, anche se tali rese sono state ottenute da appezzamenti diversi di dimensioni diverse nella stessa azienda.

Se i dati storici delle rese relativi agli ultimi tre anni non sono disponibili, perché inaccessibili o non rappresentativi secondo il parere dell’esecutore del controllo, o se la qualità dei dati sulle rese delle colture è insufficiente, si possono ottenere dati supplementari per gli anni precedenti o dati provenienti da un campo limitrofo in cui si coltiva la stessa coltura nello stesso piano di gestione. Se in uno dei tre anni di dati storici si registra un raccolto eccezionalmente buono o cattivo (ad esempio uno scarto pari o superiore al 30 % rispetto agli altri anni di riferimento), nel calcolo non si tiene conto di questo dato eccezionale per evitare di falsare la media triennale (6).

Spetta all’esecutore del controllo definire i casi di rese eccezionali, sulla base del suo parere di esperto, dell’esperienza sul campo e della conoscenza delle pratiche dell’operatore economico sul lungo termine. L’esecutore del controllo è inoltre tenuto a valutare la qualità dei dati sulle rese delle colture e, se la giudica insufficiente per includerli nel controllo di riferimento e nei controlli annuali, decidere se la resa debba essere esclusa o meno.

La pendenza del valore di riferimento dinamico delle rese è da intendersi la pendenza di una retta tendenziale tracciata per l’andamento delle rese della coltura bersaglio nel corso dei dieci anni precedenti o di un periodo più lungo se i dati sono disponibili. Si basa su dati globali ed è ricavata dai dati FAOSTAT World + per la coltura in questione. La pendenza è stabilita all’inizio del periodo di certificazione ed è valida per la durata di validità decennale della certificazione di basso rischio ILUC.

La tabella 2 mostra la pendenza del valore di riferimento dinamico delle rese per le colture più comuni di materie prime destinate alla produzione di biocarburanti. Questi valori sono ottenuti tracciando una curva di tendenza su 20 anni di dati globali delle colture ottenuti da FAOSTAT.

Tabella 2

Pendenza della curva di tendenza ottenuta per i dati sulle rese delle colture FAOSTAT World +. Miglioramento medio della resa (t/ha/anno) per anno.

Coltura

Orzo

Mais

Frutti di palma da olio

Colza

Soia

Barbabietola da zucchero

Canna da zucchero

Semi di girasole

Frumento

Pendenza-20

0,035

0,074

0,200

0,036

0,028

1,276

0,379

0,035

0,04

La pendenza-20 si basa sugli anni dal 2008 al 2017.

Per tutte le colture che figurano nella tabella, il valore di riferimento dinamico delle rese è determinato prendendo il punto di partenza (media triennale delle rese storiche prima dell’applicazione della misura di addizionalità) e aggiungendo la curva di tendenza globale (pendenza) della tabella 2. Si utilizza la formula seguente a partire dall’anno di applicazione della misura di addizionalità:

DYBx=(starting point DYB)+(slope20)x

dove:

DYBx

=

valore di riferimento dinamico (dynamic yield baseline) delle rese nell’anno x dopo l’applicazione della misura di addizionalità

x

=

anno (o anni) dopo l’applicazione della misura di addizionalità

Se la misura di addizionalità consiste nel sostituire la coltura esistente con una coltura diversa (con una resa più elevata) su un appezzamento delimitato, la situazione controfattuale è la coltivazione della coltura esistente. Il valore di riferimento dinamico delle rese è determinato sulla base dei dati storici di resa e sui dati della curva di tendenza per la coltura esistente.

Il punto di partenza del valore di riferimento è la media su tre anni della resa ottenuta per la coltura esistente con rese inferiori. La curva di tendenza si basa sui dati della curva di tendenza globale FAOSTAT per la coltura esistente (cfr. tabella 2). Questo approccio si usa solo se si può dimostrare che è stato possibile introdurre la coltura più efficiente a seguito di cambiamenti nel mercato dei biocarburanti, come dimostrato nella valutazione dell’addizionalità.

2.   Determinazione del valore di riferimento dinamico delle rese per le colture perenni

In funzione delle variazioni di resa osservate nell’arco di vita dei diversi tipi di colture perenni, sono possibili approcci metodologici diversi.

Per gli alberi di palma, gli operatori economici delle piantagioni di palma da olio possono utilizzare i seguenti dati per determinare il valore di riferimento dinamico delle rese:

a)

le rese storiche delle colture ottenute prima dell’applicazione di una misura di addizionalità;

b)

l’anno di impianto delle palme nell’appezzamento delimitato e/o il loro profilo di età;

c)

le cultivar degli alberi di palma sull’appezzamento delimitato, se del caso;

d)

la superficie di terreno ripiantata ogni anno in una piantagione, se del caso.

Questi dati sono combinati con una curva di crescita per determinare il valore di riferimento dinamico delle rese. La caratteristica principale della curva di crescita è la forma e non l’entità della resa.

La curva di crescita determina la forma e deve essere combinata con i dati storici di resa e l’età degli alberi, come indicato alle lettere a) e b), al fine di adeguare la dimensione della curva del valore di riferimento dinamico delle rese all’appezzamento specifico.

Per determinare il valore di riferimento dinamico delle rese per gli alberi di palma esistono tre opzioni, illustrate qui di seguito.

Per ciascuna opzione, i dati necessari per stabilire i valori di riferimento dinamici delle rese devono comprendere:

a)

opzione 1a: curva di crescita standard

i)

le rese storiche degli ultimi tre anni per gli alberi di palma coltivati sull’appezzamento delimitato;

ii)

età degli alberi nell’appezzamento delimitato/anno di impianto;

b)

opzione 1b: l’operatore economico fornisce la curva di crescita (7)

i)

le rese storiche degli ultimi tre anni per gli alberi di palma coltivati sull’appezzamento delimitato;

ii)

età degli alberi nell’appezzamento delimitato/anno di impianto;

iii)

le cultivar delle palme sull’appezzamento delimitato;

iv)

la curva di crescita di riferimento dell’operatore economico;

c)

opzione 2: certificazione di gruppo

i)

per gli ultimi tre anni, gli ettari totali e la resa totale in FFB (fresh fruit bunches — fasci di frutta fresca) per gli alberi di palma coltivati nell’appezzamento delimitato/nella o nelle piantagioni, che producono palme nell’ambito del gruppo.

Le opzioni 1a e 1b sono utilizzate quando una misura di addizionalità è applicata ad una popolazione di alberi della stessa età o se il profilo di età degli alberi sull’appezzamento o gli appezzamenti delimitati è noto e non rimane costante di anno in anno.

L’opzione 2 può essere applicata quando il profilo di età degli alberi negli appezzamenti delimitati è misto e rimane relativamente costante di anno in anno, vale a dire in un approccio di certificazione di gruppo o se una percentuale analoga di superficie della piantagione è reimpiantata ogni anno, determinando un profilo di età costante per gli alberi.

L’opzione 2 non può essere utilizzata se più del 20 % del volume del gruppo proviene dalla stessa piantagione o se più del 5 % della superficie totale del gruppo è reimpiantato nello stesso anno. In tal caso, per determinare il valore di riferimento si ricorre all’opzione 1a o all’opzione b.

Opzione 1a: curva di crescita standard

La prima opzione utilizza la forma di una curva di crescita «standard» prestabilita (basata su dati scientifici esistenti) per determinare il valore di riferimento dinamico delle rese per un appezzamento delimitato. La curva standard è stata normalizzata ed è rappresentata nella figura 1 e nella tabella 3 qui di seguito.

Il valore di riferimento dinamico delle rese è determinato utilizzando i dati storici della resa negli ultimi tre anni per l’appezzamento specifico e l’età degli alberi di palma nel momento in cui la resa è stata osservata e utilizzando la variazione percentuale annua della resa rispetto alla curva standard per formare una curva di resa che rispecchi la situazione abituale nell’appezzamento specifico.

Figura 1

Resa degli alberi di palma secondo la curva di crescita standard normalizzata

Image 6

Tabella 3

Dati sulla resa degli alberi di palma secondo la curva di crescita standard normalizzata

Anni dopo l’impianto

1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

11

12

13

Resa normalizzata

0

0

0,147

0,336

0,641

0,833

0,916

0,968

0,996

1

0,999

0,980

0,965

Anni dopo l’impianto

14

15

16

17

18

19

20

21

22

23

24

25

≥ 26  (*1)

Resa normalizzata

0,945

0,926

0,910

0,906

0,888

0,870

0,858

0,842

0,836

0,815

0,806

0,793

0,793

L’opzione 1a comporta le seguenti fasi metodologiche:

1.

per determinare la media della resa storica delle colture, si rilevano le ultime tre rese storiche osservate nell’appezzamento delimitato prima dell’applicazione della misura di addizionalità, nonché l’età corrispondente degli alberi nel momento in cui le rese sono state osservate;

2.

si calcola la media delle tre rese storiche;

3.

sulla base dell’età degli alberi da cui provengono i dati storici delle rese, si determina dove si situa questa resa storica media sulla curva di crescita standard (ad esempio, se i dati sulla resa si riferiscono a alberi di sette, otto e nove anni, la resa storica media dovrebbe essere considerata quella dell’ottavo anno);

4.

per determinare il punto successivo del valore di riferimento dinamico delle rese, si moltiplica la media delle rese storiche ottenuta nella fase 2 per la corrispondente variazione percentuale annua calcolata, tratta dalla curva di crescita standard (tabella 4 in appresso). Si ripete questa tappa per ogni punto successivo per tracciare il valore di riferimento dinamico delle rese;

Tabella 4

Variazione percentuale annua delle rese derivata dalla curva di crescita standard

Anni dopo l’impianto

Da 1 a 3

4

5

6

7

8

9

10

11

12

13

14

Variazione percentuale annua

128,0  %

90,6  %

30,0  %

10,0  %

5,6  %

2,9  %

0,4  %

–0,1  %

–1,9  %

–1,6  %

–2,0  %

Anni dopo l’impianto

15

16

17

18

19

20

21

22

23

24

25

≥ 26  (*2)

Variazione percentuale annua

–2,1  %

–1,7  %

–0,5  %

–1,9  %

–2,0  %

–1,4  %

–1,8  %

–0,8  %

–2,5  %

–1,1  %

–1,6  %

0  %

5.

per includere la tendenza globale delle rese nel valore di riferimento dinamico delle rese, applicare a ciascun punto del valore di riferimento dinamico delle rese il tasso di crescita annuo composto (CAGR) calcolato a partire dai dati FAOSTAT World + sulle rese (tabella 5 in appresso) per ottenere il valore di riferimento dinamico delle rese corretto dal CAGR.

Tabella 5

Tasso di crescita annua composta dell’albero di palma (20 anni)

Aumento della resa annua degli alberi di palma - situazione abituale

1,37  %

Sulla base di FAOSTAT World + 2008-2017

Opzione 1b: l’operatore economico fornisce la curva di crescita

Questa opzione può essere utilizzata in casi eccezionali se l’operatore economico può dimostrare che l’opzione 1a non è adatta al suo caso specifico. In tal caso, se l’operatore economico ha una curva di crescita prevista determinata sulla base dei dati disponibili sui semenzali di palma (che si riferiscono alla situazione abituale), questa curva può essere utilizzata come base per il valore di riferimento dinamico delle rese al posto della curva di crescita standard. Occorre seguire tutte le fasi di cui all’opzione 1a sostituendo la curva di crescita standard con la curva dell’operatore economico. L’operatore economico calcola quindi la variazione percentuale annua.

La curva di crescita specifica dell’appezzamento deve comunque essere corretta per tenere conto dell’andamento della resa globale utilizzando il CAGR calcolato sulla base dei dati FAOSTAT World + sulle rese (tabella 5).

Opzione 2: certificazione di gruppo

Nel caso della certificazione di gruppo, o quando un primo punto di raccolta o un frantoio funge da unità di certificazione, il valore di riferimento dinamico delle rese può essere fissato utilizzando un approccio «a retta tendenziale» simile a quello utilizzato per le colture annuali. Questo approccio può essere utilizzato se il responsabile di gruppo, il primo punto di raccolta o il frantoio intende certificare il gruppo che adotta la stessa misura di addizionalità e se la piantagione o la superficie che rifornisce il frantoio contiene alberi di età diverse, ragion per cui la resa annua che rifornisce il frantoio rimane relativamente costante.

Per determinare il valore di riferimento dinamico delle rese, il responsabile del gruppo deve registrare la superficie totale della piantagione (ha) che rifornisce il frantoio e la resa totale (FFB) che corrisponde a questa superficie per ciascuno degli ultimi tre anni. Queste informazioni servono a determinare la resa annua per ettaro per ciascuno degli ultimi tre anni (in tonnellate/ha). Si calcola quindi la media di questi punti di dati che è utilizzata come punto di partenza per il valore di riferimento dinamico delle rese. Il punto di partenza è combinato con la pendenza della curva di tendenza globale per la palma da olio ricavata dai dati FAOSTAT World + (tabella 2) per determinare il valore di riferimento dinamico delle rese.

La canna da zucchero è considerata una coltura annuale ai fini della fissazione del valore di riferimento dinamico delle rese.

3.   Determinazione del valore di riferimento dinamico delle rese per le colture sequenziali

Se si utilizzano pratiche colturali multiple come la coltura sequenziale, gli operatori economici dispongono di tre opzioni per calcolare la biomassa supplementare:

1)

dimostrare che la seconda coltura non riduce la resa della coltura principale;

2)

se la seconda coltura riduce la resa della coltura principale:

a)

determinare un valore di riferimento dinamico delle rese per un sistema in cui la coltura principale è la stessa ogni anno;

b)

determinare il fattore di compensazione per un sistema in cui la coltura principale è diversa ogni anno.

Opzione 1. Dimostrare che la seconda coltura non riduce la resa della coltura principale

Se l’operatore economico è in grado di dimostrare che l’introduzione della seconda coltura non riduce la resa della coltura principale, l’intera resa della seconda coltura può essere fatta valere come biomassa supplementare.

La dimostrazione può essere effettuata, ad esempio, confrontando la resa osservata della coltura principale prima (media storica di tre anni) e dopo l’introduzione della seconda coltura.

Opzione 2a. Determinare un valore di riferimento dinamico delle rese per un sistema in cui la coltura principale è la stessa ogni anno

Il valore di riferimento dinamico delle rese si basa sulla situazione abituale per l’appezzamento delimitato. Quando la coltura principale è la stessa ogni anno, il valore di riferimento è determinato sulla base quanto meno della resa storica media su tre anni della coltura principale dell’appezzamento, combinata con la curva di tendenza globale per la coltura principale, come avviene per le colture annuali.

Questo approccio può essere utilizzato anche quando la rotazione delle colture segue un modello di rotazione chiaramente definito che può essere osservato sulla base di dati storici, il che consente di determinare con chiarezza la situazione abituale. In tal caso può essere necessario utilizzare dati risalenti a più di tre anni per determinare la resa storica media della coltura principale.

Dopo l’applicazione delle colture sequenziali, la biomassa supplementare netta è calcolata come la differenza tra la resa annua totale dell’appezzamento delimitato (ossia la resa della coltura principale più la resa della seconda coltura) e il valore di riferimento dinamico della resa della coltura principale.

Se la coltura principale e la seconda coltura riguardano materie prime diverse che producono una combinazione diversa di componenti colturali (ad esempio olio, farina proteica, amido, fibre), quando si sommano la resa della coltura principale e quella della seconda coltura, il calcolo si basa su unità di misura adeguate per consentire il calcolo di un’unica cifra rappresentativa della biomassa supplementare netta prodotta. In ogni caso la metodologia consente un’efficace compensazione della perdita di biomassa che si verifica nella coltura principale. Il calcolo può, ad esempio, essere effettuato sulla base del semplice peso (tonnellate) o del contenuto energetico (ad esempio se l’intera seconda coltura è utilizzata per la produzione di energia, come il biogas). La scelta della metodologia è motivata dall’operatore economico e convalidata dall’esecutore del controllo.

Opzione 2b. Determinare il fattore di compensazione per un sistema in cui la coltura principale è diversa ogni anno

Se la coltura principale cambia ogni anno nella rotazione delle colture e non segue uno schema regolare, l’operatore economico deve valutare eventuali perdite di resa della coltura principale dovute alla seconda coltura e tenerne conto nel volume di biomassa supplementare che fa valere.

L’operatore economico deve confrontare la resa della coltura principale rilevata dopo l’introduzione della seconda coltura con la resa storica della coltura principale. Tale confronto può essere effettuato sulla base delle rese rilevate nei campi vicini (ad esempio se la stessa azienda coltiva le stesse colture in rotazione ma in campi diversi) o sulla base di una letteratura scientifica comprovata che descriva l’impatto delle colture sequenziali su quelle colture in quella regione.

L’impatto sulla resa della coltura principale è tradotto in un fattore di compensazione che è dedotto dal volume della seconda coltura per calcolare la biomassa supplementare. Per l’opzione 2a, il fattore può basarsi sul peso o sul contenuto energetico e consente un’efficace compensazione della perdita di biomassa nella coltura principale. La scelta della metodologia è motivata dall’operatore economico e convalidata dall’esecutore del controllo.

4.   Calcolo del volume di biomassa supplementare

Dopo l’applicazione della misura di addizionalità, l’operatore economico determina il volume di biomassa a basso rischio ILUC che può essere fatto valere confrontando la resa reale conseguita sulla parcella delimitata con il valore di riferimento dinamico delle rese. Nel quadro del controllo annuale, l’esecutore del controllo deve verificare che il volume di biomassa supplementare conseguito sia in linea con le proiezioni del piano di gestione e chiedere una giustificazione in caso di scarti superiori al 20 % rispetto alle stime del piano di gestione.

Se è chiesta la certificazione per una misura di addizionalità applicata in passato, la resa della biomassa supplementare può essere calcolata e registrata nel piano di gestione. Anche se ciò consente di calcolare con precisione il volume reale di biomassa a basso rischio ILUC, questa può essere fatta valere solo dopo aver ottenuto la certificazione del basso rischio ILUC. Non è possibile presentare asserzioni retrospettive per la biomassa fornita in passato.

Per calcolare il volume di biomassa supplementare, l’operatore economico deve registrare l’intera resa della coltura proveniente dalla parcella delimitata per ogni anno, a partire dall’inizio dell’applicazione della misura di addizionalità. L’operatore economico deve dimostrare il legame tra l’appezzamento delimitato specifico e la resa delle colture conseguita (tonnellata/ha).

Se il volume raccolto è misurato (pesato) solo nel primo punto di raccolta in cui arrivano i prodotti provenienti da più aziende o appezzamenti, la documentazione del primo punto di raccolta può essere utilizzata come prova del volume raccolto (resa) per le aziende e gli appezzamenti interessati.

La registrazione dell’operazione commerciale tra l’operatore economico e il primo punto di raccolta può essere utilizzata come prova, purché sia possibile dimostrare il legame con lo specifico appezzamento delimitato. In questo caso, il primo punto di raccolta è responsabile della raccolta e della registrazione dei dati relativi alle rese delle colture: registra le rese di biomassa rilevate per azienda agricola (e, se necessario, per un determinato appezzamento delimitato di un’azienda agricola) sulla base di un modello fornito dal sistema volontario.

Nel caso di un controllo di gruppo e se il primo punto di raccolta funge da capofila del gruppo, questi è responsabile della registrazione dei dati sulle rese per tutti gli appezzamenti delimitati.

Per calcolare il volume di biomassa supplementare, i dati sulle rese delle colture ottenute per un determinato anno sono confrontati con il valore di riferimento dinamico delle rese. La resa della biomassa supplementare equivale alla differenza tra la resa della coltura rilevata e la resa prevista dal valore di riferimento dinamico delle rese per lo stesso anno, moltiplicata per la superficie A (ha) dell’appezzamento delimitato. Questo volume supplementare può successivamente essere fatto valere come biomassa a basso rischio ILUC.

Biomassa supplementare = (Yx – DYBx) × A

dove:

Yx

=

(yield) resa rilevata nell’anno x (t/ha/anno)

DYBx

=

(dynamic yield baseline) valore di riferimento dinamico delle rese nell’anno x (t/ha/anno)

A

=

(area) superficie dell’appezzamento delimitato (ha)

D.   Contenuto minimo del certificato di basso rischio ILUC

I certificati di basso rischio ILUC devono contenere tutte le informazioni seguenti:

a)

recapiti del principale soggetto certificato (ragione sociale e indirizzo della società, recapiti del punto di contatto designato);

b)

ambito della certificazione (tipo di misura di addizionalità e prova di addizionalità applicata, nonché tipo di operatore economico - se si tratta di piccoli proprietari);

c)

coordinate di longitudine e latitudine (per aziende agricole e piantagioni certificate come soggetti singoli);

d)

elenco dei siti che rientrano nell’ambito della certificazione (nome e indirizzo);

e)

volume totale della biomassa certificata a basso rischio ILUC;

f)

recapiti dell’organismo di certificazione (nome e indirizzo) e logo;

g)

numero o codice (unico) del certificato;

h)

luogo e data del rilascio;

i)

certificato valido da/a (e data certificata, se pertinente);

j)

timbro e/o firma della parte che rilascia il certificato.


(1)  Nel caso sia un gruppo a chiedere la certificazione, la domanda deve includere il nome e i recapiti del responsabile del gruppo nonché il nome, i recapiti e l’ubicazione delle aziende/piantagioni che fanno parte del gruppo.

(2)  Il reimpianto alla fine del ciclo di vita della coltura è sempre necessario per le colture perenni. Affinché il reimpianto possa essere considerato una misura di addizionalità, l’operatore economico deve dimostrare che il reimpianto non rientra nelle pratiche abituali.

(3)  Il VAN è la differenza tra il valore corrente dei flussi di cassa in entrata e il valore corrente dei flussi di cassa in uscita nell’arco di un determinato periodo di tempo. Il VAN è utilizzato nell’iscrizione degli investimenti in bilancio e nella pianificazione degli investimenti per analizzare la redditività di un investimento o progetto futuro. Fonte: https://www.investopedia.com/terms/n/npv.asp

(4)  Prezzi alla produzione FAOSTAT. Fonte: http://www.fao.org/faostat/en/#data/PP

(5)  Paesi OCSE

(6)  Conformemente all’articolo 2, paragrafo 7, del regolamento delegato (UE) 2019/807, le fluttuazioni delle rese dovrebbero essere escluse.

(7)  Per avvalersi di questa opzione, gli operatori economici devono dimostrare che la correlazione tra la curva di crescita standard e la loro curva di crescita di riferimento è inferiore a 0,8.

(*1)  Dopo 25 anni la resa dovrebbe continuare a diminuire. Tuttavia, poiché la durata di vita tipica di un albero di palma da olio è di circa 25 anni, mancano i dati relativi all’entità del declino dopo 25 anni. Si adotta pertanto un approccio prudente per ipotizzare che la curva di resa si mantenga al livello del venticinquesimo anno.

(*2)  Dopo 25 anni la resa dovrebbe continuare a diminuire. Tuttavia, poiché la durata di vita tipica di un albero di palma da olio è di circa 25 anni, mancano i dati relativi all’entità del declino dopo 25 anni. Si adotta pertanto un approccio prudente per ipotizzare che la curva di resa si mantenga al livello del venticinquesimo anno.


ALLEGATO IX

VALORI STANDARD DEI FATTORI DI EMISSIONE

 

parametro:

 

Coefficiente di emissione di gas a effetto serra

Apporto di energia fossile

 

unità:

g CO2eq/g

g CO2/kg

g CH4/kg

g N2O/kg

g CO2eq/kg

MJfossile/kg

 

 

 

 

 

 

 

 

Potenziale di riscaldamento globale

 

 

 

 

 

 

 

CO2

 

1

 

 

 

 

 

 

CH4

 

28

 

 

 

 

 

 

N2O

 

265

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Input agricoli

 

 

 

 

 

 

Fertilizzanti azotati (kg di N)

 

 

 

 

 

 

 

Nitrato di ammonio (AN)

 

2 671

6,9

2,1

3 469

 

 

Solfato di ammonio (AS)

 

2 560

6,5

0,0

2 724

 

 

Solfonitrato di ammonio (ANS)

 

2 561

8,9

1,3

3 162

 

 

Ammoniaca anidra

 

2 662

6,8

0,0

2 832

 

 

Nitrato ammonico di calcio (CAN)

 

2 863

7,3

2,1

3 670

 

 

Nitrato di calcio (CN)

 

2 653

7,0

5,1

4 348

 

 

Urea

 

1 703

9,3

0,0

1 935

 

 

Nitrato ammonico di urea (UAN)

 

2 182

7,5

1,1

2 693

 

Fertilizzanti a base di P2O5 (kg P2O5)

 

 

 

 

 

 

 

Perfosfato triplo (TSP)

 

517

0,9

0,0

544

 

 

Fosfato naturale 21 % P2O5 23 % SO3

 

95

0,0

0,0

95

 

 

Fosfato monoammonico (MAP) 11 % N 52 % P2O5

 

967

2,5

0,0

1 029

 

 

Fosfato di diammonio (DAP) 18 % N 46 % P2O5

 

1 459

3,7

0,0

1 552

 

Fertilizzanti a base di K2O (kg di K2O)

 

 

 

 

 

 

 

Cloruro di potassio (MOP) 60 % K2O

 

409

0,17

0,0

413

 

Altri fertilizzanti

 

 

 

 

 

 

 

NPK 15-15-15

 

4 261

10,0

1,7

5 013

 

 

MgO (kg MgO)

 

769

0,0

0,0

769

 

 

Fertilizzanti a base di sodio (Na)(kg Na)

 

1 620

0,0

0,0

1 620

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sementi - orzo

 

189,5

0,08

0,4001

310,6

3,23

 

Sementi - talee di eucalipto

 

0,0

0,00

0,0000

0,0

 

 

Sementi - mais

 

189,5

0,08

0,4001

310,6

3,23

 

Sementi - talee di pioppo

 

0,0

0,00

0,0000

0,0

 

 

Sementi - colza

 

451,0

0,27

1,0024

756,5

8,33

 

Sementi - segale

 

191,0

0,08

0,4001

312,1

3,23

 

Sementi - soia

 

0,0

0,00

0,0000

0,0

 

 

Sementi - barbabietola da zucchero

 

2 363,0

1,37

4,2096

3 651,7

38,44

 

Sementi - canna da zucchero

 

4,97

0,00

0,0000

5,0

0,06

 

Sementi - girasole

 

451,0

0,27

1,0024

756,5

8,33

 

Sementi - triticale

 

180,0

0,04

0,4000

300,2

3,00

 

Sementi - frumento

 

163,7

0,04

0,4000

283,9

2,76

 

 

 

 

 

 

 

 


 

parametro:

 

Coefficiente di emissione di gas a effetto serra

Apporto di energia fossile

 

unità:

g CO2eq/g

g CO2/kg

g CH4/kg

g N2O/kg

g CO2eq/kg

MJfossile/kg

Residui (materie prime o materiali in ingresso):

 

 

 

 

 

 

 

Digestato da biogas

 

0,0

0,00

0,0000

0,0

0,00

 

Compost di fasci di frutti di palma vuoti (olio di palma)

 

0,0

0,00

0,0000

0,0

0,00

 

Residui di filtrazione

 

0,0

0,00

0,0000

0,0

0,00


 

parametro:

Coefficiente di emissione di gas a effetto serra

Apporto di energia fossile

Densità

PCI (potere calorifico inferiore)

MJ/kg

 

unità:

g CO2/MJ

g CH4/MJ

g N2O/MJ

g CO2eq/MJ

MJfossile/kg

MJfossile/MJ

kg/m3

(su base secca)

Combustibili - gas

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Gas naturale (miscela UE)

66,00

0,0000

66,00

 

1,2000

 

49,2

 

LPG

66,30

0,0000

0,0000

66,31

 

1,2000

 

46,0

 

Metano

 

 

 

 

 

 

 

50,0

Combustibili - liquidi (anche materiali in ingresso per conversione)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Gasolio

95,1

95,10

 

1,2300

832

43,1

 

Benzina

93,3

93,30

 

1,2000

745

43,2

 

Olio combustibile pesante

94,2

94,20

 

1,1600

970

40,5

 

Etanolo

 

 

 

 

 

 

794

26,81

 

Metanolo

97,08

0,0001

0,0000

97,09

 

1,7639

793

19,95

 

DME (etere dimetilico)

 

 

 

 

 

 

670

28,4

 

FAME (esteri metilici di acidi grassi)

 

 

 

 

 

 

890

37,2

 

HVO (olio vegetale idrotrattato)

 

 

 

 

 

 

 

44,0

 

PVO (olio vegetale puro)

 

 

 

 

 

 

920

37,0

 

Diesel sintetico (BtL)

 

 

 

 

 

 

780

44,0

 

Olio di palma

 

 

 

 

 

 

920

37,0

 

Olio di colza

 

 

 

 

 

 

920

37,0

 

Olio di soia

 

 

 

 

 

 

920

37,0

 

Olio di girasole

 

 

 

 

 

 

920

37,0


 

parametro:

Coefficiente di emissione di gas a effetto serra

Apporto di energia fossile

Densità

PCI

MJ/kg

 

unità:

g CO2/MJ

g CH4/MJ

g N2O/MJ

g CO2eq/MJ

MJfossile/MJ

kg/m3

(su base secca)

Combustibili - solidi (anche materiali in ingresso per conversione)

 

 

 

 

 

 

 

 

Antracite

102,62

0,3854

0,0003

112,32

1,0909

 

26,5

 

Lignite

116,68

0,0014

0,0001

116,73

1,0149

 

9,2

 

Trucioli di legno

 

 

 

 

 

155

19,0

 

Pellet di legno

 

 

 

 

0,0080

650

19,0


 

parametro:

Densità

PCI

MJ/kg

 

unità:

kg/m3

(su base secca)

Combustibili/materie prime/prodotti secondari/residui/rifiuti

 

 

 

 

Balle di residui agricoli

 

18,0

Grasso animale (sego)

 

38,8

Bagassa

 

17,0

Bagassa polverizzata (sostanza secca)

120

17,0

Balle di bagassa (sostanza secca)

165

17,0

Pellet di bagassa (sostanza secca)

650

17,0

Orzo

 

17,0

Biobenzina

 

44,0

Rifiuti organici

 

20,7

DDGS (Distiller’s dried grains with solubles - residui di distilleria essiccati con solubili) (orzo)

 

17,8

DDGS (mais)

 

19,2

DDGS (segale)

 

17,8

DDGS (triticale)

 

18,0

DDGS (frumento)

 

18,1

Eucalipto (SRC - bosco ceduo a rotazione rapida)

 

19,0

Acidi grassi

 

37,0

FFB

 

24,0

Residui forestali

 

19,0

Glicerolo

 

16,0

Residui industriali (legno)

 

19,0

Letame

 

12,0

Mais (solo in granella)

 

17,3

Mais intero

 

16,9

Farina di palmisti

570

18,5

Olio di palmisti

 

37,0

Pioppo (SRC)

 

19,0

Colza

 

27,0

Panelli di colza

 

18,4

Segale

 

17,1

Segatura

 

19,0

Semi di soia

 

23,0

Panelli di soia

 

19,1

Corteccia (pino)

 

19,0

Paglia

 

17,2

Balle di paglia

125

17,2

Paglia sminuzzata

50

17,2

Pellet di paglia

600

17,2

Barbabietola da zucchero

 

16,3

Polpa di barbabietola da zucchero

 

16,1

Canna da zucchero

 

19,6

Semi di girasole

 

27,2

Panelli di girasole

 

18,2

Triticale

 

16,9

Borlanda

 

14,0

Oli di cottura esausti

 

37,0

Frumento

 

17,0

Paglia di frumento

 

17,2


parametro:

Coefficiente di emissione di gas a effetto serra

Apporto di energia fossile

PCI

MJ/kg

unità:

g CO2/kg

g CH4/kg

(a 0 % di acqua)

g CO2eq/kg

g CO2/MJ

g CH4/MJ

g N2O/MJ

g CO2eq/MJ

MJfossile/kg

MJfossile/MJ

(su base secca)

Materiali in ingresso per conversione

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ammoniaca

2 350,6

0,00

0,0022

2 351,3

 

 

 

 

42,50

 

 

 

Solfato di ammonio [(NH4)2SO4)

420,9

1,29

0,0002

453,2

 

 

 

 

7,56

 

 

 

Antischiuma (presumibilmente glicole propilenico)

3 119,5

4,96

0,105

3 274,8

 

 

 

 

34,97

 

 

 

ALFA-amilasi

1 000,0

0,00

0,0000

1 000,0

 

 

 

 

15,00

 

 

 

Glucoamilasi

7 500,0

0,00

0,0000

7 500,0

 

 

 

 

97,00

 

 

 

Cloruro di calcio (CaCl2)

38,6

0,002

0,001

38,8

 

 

 

 

0,50

 

 

 

Cicloesano

723,0

0,00

0,0000

723,0

 

 

 

 

9,90

 

 

 

Fosfato diammonico (DAP)

653,2

0,81

0,004

674,4

 

 

 

 

10,23

 

 

 

Argilla smectica

197,0

0,04

0,0063

199,8

 

 

 

 

2,54

 

 

 

n-esano

 

 

 

 

80,08

0,0146

0,0003

80,53

 

0,3204

45,1

 

Acido cloridrico (HCl)

977,1

2,91

0,0376

1 061,1

 

 

 

 

14,84

 

 

 

Lubrificanti

947,0

0,00

0,0000

947,0

 

 

 

 

53,28

 

 

 

Solfato di magnesio (MgSO4)

191,4

0,04

–0,002

191,8

 

 

 

 

–3,24

 

 

 

Fosfato monopotassico (KH2PO4)

238,7

0,91

0,012

264,9

 

 

 

 

4,43

 

 

 

Azoto

52,6

0,12

0,0024

56,4

 

 

 

 

1,08

 

 

 

Acido fosforico (H3PO4)

2 808,9

11,36

0,1067

3 124,7

 

 

 

 

28,61

 

 

 

Idrossido di potassio (KOH)

403,0

0,40

0,0208

419,1

 

 

 

 

11,47

 

 

 

Ossido di calcio (CaO) puro per processi

1 188,5

0,10

0,0080

1 193,2

 

 

 

 

7,87

 

 

 

Carbonato di sodio (Na2CO3)

1 133,5

4,39

0,0060

1 245,1

 

 

 

 

14,92

 

 

 

Cloruro di sodio (NaCl)

12,7

0,02

0,001

13,3

 

 

 

 

0,23

 

 

 

Idrossido di sodio (NaOH)

485,5

1,45

0,0271

529,7

 

 

 

 

10,16

 

 

 

Metossido di sodio (Na(CH3O)]

2 207,7

7,56

0,0965

2 425,5

 

 

 

 

45,64

 

 

 

SO2

52,0

0,03

0,001

53,3

 

 

 

 

0,78

 

 

 

Acido solforico (H2SO4)

210,2

0,24

0,0046

217,5

 

 

 

 

4,02

 

 

 

Urea

1 790,9

1,92

0,027

1 846,6

 

 

 

 

31,71

 

 


parametro:

Efficienza del carburante

Emissioni di gas di scarico dovute al trasporto

unità:

MJ/t.km

g CH4/t.km

g N2O/t.km

Efficienza dei trasporti - Autocarri

 

 

 

 

Autocarro (40 tonnellate) per prodotti secchi (diesel)

0,81

0,003

0,0015

 

Autocarro (40 tonnellate) per trucioli (e prodotti secchi di dimensioni simili) (diesel)

0,84

0,004

0,0016

 

Autocarro (40 tonnellate) per liquidi e pellet (diesel)

0,87

0,004

0,0016

 

Autocarro (40 tonnellate) per letame (diesel)

0,88

0,004

0,0016

 

Autocarro (40 tonnellate) per rifiuti organici (diesel)

0,84

0,004

0,0016

 

Autocarro (40 tonnellate) per il trasporto di canna da zucchero

1,37

0,001

0,0039

 

Autocarro (12 tonnellate) per il trasporto di FFB (diesel)

2,24

0,002

0,0015

 

Autocarro a cassone ribaltabile MB2213 per il trasporto di fanghi di filtrazione

3,60

0,000

0,0000

 

Autocisterna MB2318 per il trasporto di borlanda

2,16

0,000

0,0000

 

Autocisterna MB2318 per il trasporto di sementi di canna da zucchero

2,61

0,000

0,0000

 

Autocisterna con cannoni ad acqua per il trasporto di borlanda

0,94

 

 

Efficienze dei trasporti - Navi

 

 

 

 

Nave portarinfuse «Handymax» (olio combustibile) - Grani

0,10

 

 

 

Nave portarinfuse «Handysize» (olio combustibile) - trucioli di legno con densità apparente di 221 kg/m3

0,26

 

 

 

Nave portarinfuse «Supramax» (olio combustibile) - trucioli di legno con densità apparente di 221 kg/m3

0,16

 

 

 

Nave portarinfuse «Handysize» (olio combustibile) - pellet con densità apparente di 650 kg/m3

0,10

 

 

 

Nave portarinfuse «Supramax» (olio combustibile) - pellet con densità apparente di 650 kg/m3

0,07

 

 

 

Nave portarinfuse «Handysize» (olio combustibile) - residui agricoli con bassa densità apparente (125 kg/m3)

0,43

 

 

 

Nave portarinfuse «Supramax» (olio combustibile) - residui agricoli con ridotta densità apparente (125 kg/m3)

0,27

 

 

 

Nave portarinfuse «Handysize» (olio combustibile) - residui agricoli con elevata densità apparente (300 kg/m3)

0,20

 

 

 

Nave portarinfuse «Supramax» (olio combustibile) - residui agricoli con elevata densità apparente (300 kg/m3)

0,13

 

 

 

Nave portarinfuse Handysize (olio combustibile) - farina di palmisti

0,13

 

 

 

Nave portarinfuse Supramax (olio combustibile) - farina di palmisti

0,07

 

 

 

Nave cisterna per prodotti chimici/petroliferi 12,617 kt (olio combustibile)

0,12

 

 

 

Nave cisterna per prodotti chimici/petroliferi 15 kt (olio combustibile) per il trasporto di etanolo

0,17

 

 

 

Nave cisterna per prodotti chimici/petroliferi 15 kt (olio combustibile) per il trasporto di FAME e HVO

0,16

 

 

 

Nave cisterna per prodotti chimici/petroliferi 22,56 kt (olio combustibile)

0,10

 

 

 

Nave portarinfuse da navigazione interna 8,8 kt (diesel)

0,32

0,093

0,0004

 

Nave da navigazione interna per il trasporto di petrolio 1,2 kt (diesel)

0,50

0,030

 

Efficienza dei trasporti - Condotte e ferrovia

 

 

 

 

Condotta locale (10 km)

0,00

0,000

0,0000

 

Treni merci USA (diesel)

0,25

0,005

0,0010

 

Ferrovia (elettrica, media tensione)

0,21

 

 

Intensità di carbonio (IC) dell’energia elettrica prodotta e consumata nell’UE nel 2019[g CO2eq/kWh]

Con le emissioni a monte, ma senza le emissioni derivanti dalla costruzione

 

IC produzione netta di energia elettrica

IC uso di energia elettrica ad alta tensione

IC uso energia elettrica a media tensione

IC uso energia elettrica a bassa tensione

Austria

153

238

240

245

Belgio

204

214

215

219

Bulgaria

493

504

510

532

Cipro

757

768

772

787

Cechia

518

526

531

549

Germania

389

386

388

398

Danimarca

100

135

136

139

Estonia

654

468

471

485

Grecia

577

585

590

610

Spagna

245

248

251

263

Finlandia

105

127

128

130

Francia

74

81

82

86

Croazia

208

329

333

349

Ungheria

277

307

310

322

Irlanda

349

357

360

374

Italia

352

331

333

343

Lettonia

203

312

315

325

Lituania

79

291

294

305

Lussemburgo

93

311

312

316

Malta

455

437

441

454

Paesi Bassi

430

415

417

426

Polonia

742

715

720

741

Portogallo

268

282

285

299

Romania

388

421

427

454

Slovacchia

168

316

319

329

Slovenia

269

281

283

291

Svezia

20

25

25

26

UE27

288

295

298

308

Islanda

7

7

7

7

Norvegia

12

20

20

21

Svizzera

32

107

108

112

Regno Unito

271

277

280

292

Albania

0

302

308

332

Bosnia-Erzegovina

799

766

776

818

Kosovo

1 099

1 067

1 097

1 224

Moldova

246

446

453

476

Montenegro

472

588

599

646

Macedonia del Nord

794

760

774

831

Serbia

807

819

833

892

Turchia

487

508

516

546

Bielorussia

449

458

462

479

Russia

459

474

479

496

Ucraina

407

419

423

439


 

parametro:

Coefficiente di emissione di gas a effetto serra

 

unità:

g CH4/MJ

g N2O/MJ

g CO2eq/MJ

Emissioni derivanti da operazioni di macchinari, compresa la truciolatura ( per MJ di diesel)

 

 

 

 

Emissioni di CH4 e N2O da uso di diesel (trasporti)

0,0008

0,0032

0,97

 

Emissioni di CH4 e N2O da uso di diesel (silvicoltura)

0,0008

0,0032

0,97

 

Emissioni di CH4 e N2O da uso di diesel (agricoltura)

0,0013

0,0032

0,97

Emissioni derivanti da caldaie o da sistemi di cogenerazione (CHP) ( per MJ di materie prime)

 

 

 

 

Emissioni di CH4 e N2O da caldaie a residui agricoli

0,0017

0,0007

0,24

 

Emissioni di CH4 e N2O da cogenerazione a residui agricoli

0,0017

0,0007

0,24

 

Emissioni di CH4 e N2O da caldaie a bagassa

0,0025

0,0012

0,43

 

Emissioni di CH4 e N2O da cogenerazione a bagassa

0,0025

0,0012

0,43

 

Emissioni di CH4 e N2O da motori a biogas degli impianti di cogenerazione

0,3400

0,0014

8,92

 

Emissioni di CH4 e N2O da caldaie a biogas

0,0025

0,0010

0,36

 

Emissioni di CH4 e N2O da cogenerazione a carbon fossile

0,0018

0,0050

1,53

 

Emissioni di CH4 e N2O da cogenerazione a lignite

0,0007

0,0028

0,86

 

Emissioni di CH4 e N2O da caldaie a gas naturale

0,0025

0,0010

0,36

 

Emissioni di CH4 e N2O da cogenerazione a gas naturale

0,0042

0,0008

0,36

 

Emissioni di CH4 e N2O da motori a gas naturale

0,0030

0,0001

0,10

 

Emissioni di CH4 e N2O da caldaie a gusci di noci di cocco e fibre di palma

0,0030

0,0040

1,27

 

Emissioni di CH4 e N2O da cogenerazione a gusci di noci di cocco e fibre di palme

0,0030

0,0040

1,27

 

Emissioni di CH4 e N2O da caldaie a farina di palmisti

0,0017

0,0007

0,24

 

Emissioni di CH4 e N2O da cogenerazione a farina di palmisti

0,0017

0,0007

0,24

 

Emissioni di CH4 e N2O da caldaie a segatura

0,0049

0,0010

0,41

 

Emissioni di CH4 e N2O da caldaie a pellet di paglia

0,0017

0,0007

0,24

 

Emissioni di CH4 e N2O da cogenerazione a pellet di paglia

0,0017

0,0007

0,24

 

Emissioni di CH4 e N2O da caldaie a pellet di legno

0,0049

0,0010

0,41

 

Emissioni di CH4 e N2O da cogenerazione a trucioli di legno

0,0049

0,0010

0,41

 

Emissioni di CH4 e N2O da caldaie a pellet di legno

0,0030

0,0006

0,25

 

Emissioni di CH4 e N2O da cogenerazione a pellet di legno

0,0030

0,0006

0,25

 

Emissioni di CH4 e N2O da caldaie a combustibile liquido

0,0009

0,0004

0,14

 

Emissioni di CH4 e N2O da co-combustione di pellet di legno (centrale a carbone a letto fluidizzato)

0,0010

0,0610

18,20

 

Emissioni di CH4 e N2O da co-combustione di pellet di legno (centrale a carbone polverizzato)

0,0009

0,0014

0,44

 

 

 

 

 

Emissioni derivanti dallo stoccaggio di digestato ( per MJ di biogas)

 

 

 

 

Emissioni di CH4 e N2O da stoccaggio all’aperto di residui organici di digestato

0,4930

0,0319

21,82

 

Emissioni di CH4 e N2O da stoccaggio all’aperto di digestato di mais

0,4422

0,0082

13,51

 

Emissioni di CH4 e N2O da stoccaggio all’aperto di digestato di letame

1,9917

0,0663

69,56


 

Coefficiente di emissione di gas a effetto serra

 

g CO2/kg

g CH4/kg

g N2O/kg

g CO2eq/kg

g CO2/MJ

g CH4/MJ

g N2O/MJ

g CO2eq/MJ

Crediti per il metano da letame ( per MJ di biogas)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Crediti di emissione di CH4 e N2O per il letame

 

 

 

 

 

1,4700

0,0279

45,05

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nessuna emissione

0,0

0,00

0,0000

0,0

0,00

0,0000

0,0000

0,00


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