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Document 52004IE1203

    Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Migliorare la governance economica nell'Unione europea

    GU C 74 del 23.3.2005, p. 23–31 (ES, CS, DA, DE, ET, EL, EN, FR, IT, LV, LT, HU, NL, PL, PT, SK, SL, FI, SV)
    GU C 74 del 23.3.2005, p. 9–17 (MT)

    23.3.2005   

    IT

    Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

    C 74/23


    Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema Migliorare la governance economica nell'Unione europea

    (2005/C 74/06)

    Il Comitato economico e sociale europeo, in data 29 gennaio 2004, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 29, paragrafo 2, del proprio Regolamento interno, di elaborare un parere sul tema Migliorare la governance economica nell'Unione europea.

    La sezione specializzata Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 13 luglio 2004, sulla base del progetto predisposto dal relatore VAN IERSEL.

    Il Comitato economico e sociale europeo, in data 15 settembre 2004, nel corso della 411a sessione plenaria, ha adottato il seguente parere con 130 voti favorevoli, 3 voti contrari e 7 astensioni.

    SINTESI

    Per l'Unione europea comincia una nuova epoca. Il 2004 è l'anno dell'adesione di dieci nuovi Stati membri, dell'insediamento di una nuova Commissione, dell'elezione di un nuovo Parlamento europeo e, come si spera, della Costituzione europea. Nel 2004 avrà luogo infine la revisione intermedia della strategia di Lisbona per il 2005. Le analisi della Commissione, in particolare quelle contenute negli indirizzi di massima per le politiche economiche, evidenziano le lacune dell'integrazione: lacune dovute sì alla debolezza dell'economia, ma anche alla scarsa disponibilità degli Stati membri a rispettare gli obiettivi e gli accordi da essi stessi definiti. Per questo motivo è fondamentale attivare la crescita economica e infondere nuovo slancio alla strategia di Lisbona. Il presente documento pone l'accento sulla gestione di questo progetto strategico, indispensabile alla credibilità e all'efficacia dell'Unione. Urge definire un quadro istituzionale credibile che consenta un'equa ripartizione delle varie funzioni all'interno dell'Unione (in altre parole, chi è responsabile di che cosa ed entro quali termini di tempo), nonché il perseguimento e l'attuazione nei singoli Stati membri degli obiettivi e degli orientamenti decisi dai Consigli europei nelle loro varie formazioni. Non mancano esempi di successo, ai quali la nuova strategia di Lisbona potrebbe ispirarsi: in questa sede si citano in particolare Europa '92 e l'Unione economica e monetaria. Le argomentazioni esposte qui di seguito costituiscono inoltre un'appassionata difesa dell'efficacia del metodo comunitario. Da esse si evince la necessità di un approccio integrato, fondato su un calendario concordato e articolato in diverse fasi.

    1.   Introduzione

    1.1

    L'Unione europea sta vivendo una fase critica. Essa si trova infatti esposta a una serie di sfide di capitale importanza: l'allargamento, la dinamizzazione della crescita economica e della competitività, il progetto di Costituzione e la necessità di ridare fiducia ai cittadini. Questi difficili compiti esigono una politica efficace e coerente, nonché un'attuazione adeguata. Basandosi sugli indirizzi di massima per le politiche economiche, lo scorso anno il CESE ha pubblicato due pareri sull'argomento (1).

    1.2

    È tuttavia necessaria una riflessione più approfondita. Ai fini di una politica e di un'integrazione efficace, è indispensabile un quadro istituzionale chiaro e credibile che garantisca il rispetto degli accordi europei.

    1.3

    L'analisi della Commissione, in particolare quella contenuta nella comunicazione del 21 gennaio 2004 (2) e nell'aggiornamento del 7 aprile 2004 (3), conferma le tendenze del 2003, e altrettanto dicasi per quanto riguarda l'urgenza delle sue raccomandazioni. Per questo motivo il presente documento si incentrerà in particolare sul quadro globale istituzionale e amministrativo, cioè sulla cosiddetta good governance: per l'Europa a 25, infatti, la questione prioritaria è proprio la gestione (4).

    1.4

    Le preoccupazioni del CESE sono ampiamente condivise. Sulla scia della Commissione, dell'industria e della società civile organizzata, due presidenze consecutive, quella irlandese e quella olandese, insistono fortemente sulla necessità di un'azione e di un'attuazione concreta. Le dichiarazioni ufficiali prive di riscontri pratici sono controproducenti: il vero obiettivo è l'applicazione (5).

    1.5

    Gli indirizzi di massima per la politica economica valutano la politica macroeconomica e di bilancio degli Stati membri, la politica occupazionale e i progressi del mercato interno, illustrando concretamente le responsabilità dell'UE e dei vari livelli amministrativi nazionali, nonché le divergenti realtà che caratterizzano i singoli Stati membri.

    1.6

    La modesta crescita economica e l'inosservanza, da parte degli Stati membri, degli accordi ai quali lo stesso Consiglio europeo si è impegnato, forniscono un quadro caratterizzato dai seguenti elementi:

    un progressivo deterioramento della disciplina in materia di politica di bilancio,

    ritardi nel rafforzamento della competitività mediante l'economia della conoscenza,

    l'insufficienza degli investimenti intesi a migliorare la produttività nel settore delle TIC e nei settori della conoscenza e della formazione,

    un clima di incertezza riguardo agli investimenti,

    lo spostamento di alcuni investimenti verso regioni di paesi terzi,

    la pressione gravante sull'occupazione,

    l'insufficienza delle riforme e degli adeguamenti nel quadro della politica del mercato del lavoro.

    1.7

    Nel frattempo, benché la situazione economica in Europa appaia migliorata, la ripresa resta debole. Negli Stati Uniti la crescita è superiore a quella dell'UE, mentre a Est soprattutto Cina e India registrano risultati sempre più sorprendenti.

    1.8

    È l'epoca della globalizzazione dei flussi finanziari e degli investimenti: non si tratta però di un processo uniforme, e le regioni del mondo sono separate da forti differenze politiche e socioeconomiche. Il quadro di riferimento dell'Europa è il mondo intero.

    1.9

    Quest'anno la Commissione e il Consiglio dovranno condurre una riflessione approfondita in materia di approcci e strumenti, tenendo conto dei seguenti dati:

    l'UE sta entrando in una fase completamente nuova: dieci nuovi Stati membri, un nuovo Parlamento, una nuova Commissione, il progressivo adeguamento della struttura della Commissione alle nuove condizioni, senza dimenticare che la Costituzione non è stata ancora adottata,

    le conseguenze dell'allargamento saranno considerevoli sul piano non solo quantitativo, ma anche su quello qualitativo, dato che l'Unione diventa sempre più eterogenea,

    l'evoluzione mondiale dei mercati dei prodotti e dei servizi e il costante nervosismo dei mercati finanziari spingono sempre più gli Stati membri verso le stesse linee politiche e verso un'integrazione efficace.

    2.   L'analisi per il 2004

    2.1

    Gli indirizzi di massima per le politiche economiche per il periodo 2003-2005 mirano a integrare i seguenti aspetti:

    una politica macroeconomica orientata alla crescita e alla stabilità,

    un potenziale di crescita che esca rafforzato dalle riforme economiche,

    una più forte sostenibilità della crescita.

    2.2

    Per anni il patto di stabilità e di crescita ha rappresentato una solida piattaforma e un fattore di fiducia tra gli Stati membri, ma l'attuale congiuntura sfavorevole ne sta mettendo a rischio la disciplina concordata. Le norme procedurali sono, in realtà, sufficientemente chiare: il problema sembra piuttosto essere l'impossibilità di applicare efficacemente gli accordi sottoscritti. Ciò non toglie tuttavia che numerosi Stati membri, dentro e fuori della zona euro, si stiano sforzando di tener conto della disciplina di bilancio imposta. A tale riguardo appaiono particolarmente positivi i risultati dei paesi scandinavi.

    2.3

    Le divergenze d'opinione sulle procedure relative al patto di stabilità e di crescita hanno indotto la Commissione, nel novembre scorso, a presentare alla Corte europea di giustizia un ricorso per inadempienza contro il Consiglio (6). Una divergenza di opinioni così profonda non favorisce certo la riflessione all'interno del consiglio Ecofin.

    2.4

    La Commissione constata che il margine di manovra dei governi si è sensibilmente ridotto. Nel 2003 solo cinque Stati membri hanno presentato un bilancio in pareggio o in attivo, mentre altri hanno registrato un deficit persistente e crescente. Secondo la relazione della Commissione del 7 aprile scorso (aggiornamento 2004), la situazione di bilancio di diversi Stati membri si è rapidamente deteriorata, cosa che ha condotto ad un aumento del livello del debito pubblico. Questa situazione rende necessario adottare misure di risanamento dei debiti, le quali però vanno a scapito degli investimenti a favore della crescita e dell'occupazione.

    2.5

    La Commissione rivolge raccomandazioni particolari a questi Stati membri che, pur trovandosi in una situazione analoga, hanno obiettivi di bilancio fortemente divergenti. Ne risulta un'ampia gamma di raccomandazioni.

    2.6

    La Commissione non sembra disporre di strumenti che consentano di valutare in modo soddisfacente la qualità della spesa pubblica negli Stati membri. Di conseguenza, risulta difficile situare tali spese nel quadro di bilancio stabilito.

    2.7

    La relazione annuale si incentra sulla sicurezza sociale, sul mercato del lavoro, sul mercato interno e sul processo di Lisbona, e formula tutta una serie di obiettivi più o meno impegnativi, la cui realizzazione dipende solo in parte dalle decisioni prese a livello comunitario. Mentre molti settori politici restano di competenza degli Stati membri, su altre questioni, come ad esempio lo sviluppo della conoscenza, i governi centrali esercitano soltanto un'influenza marginale.

    2.8

    Le competenze comunitarie vertono per lo più sul mercato interno. Il mercato del lavoro, la sicurezza sociale, le pensioni, la politica di bilancio, la ricerca e lo sviluppo, la fiscalità e le infrastrutture sono soprattutto appannaggio degli Stati membri, anche se, in alcuni casi, Bruxelles limita la loro libertà d'azione. Anche in questi ambiti la Commissione emette spesso raccomandazioni più generiche, la cui attuazione varia però da uno Stato all'altro.

    2.9

    I mercati dell'occupazione si compongono di vari segmenti, gli scambi tra i quali sono limitati. Ciò induce la Commissione a constatare che, se, da un lato, in questi ultimi anni sono stati creati milioni di posti di lavoro, dall'altro è anche vero che la disoccupazione ha conosciuto una forte progressione: la percentuale di lavoratori anziani resta bassa e le donne continuano a incontrare ostacoli sul mercato del lavoro. Tale inattività, ovviamente, si ripercuote negativamente anche sui bilanci nazionali.

    2.10

    Nel 2005 il tasso di occupazione per l'intera Unione sarà del 64,5 %, ma tra gli Stati membri permarranno divari significativi. L'occupazione tende a migliorare nei paesi in cui le parti sociali hanno trovato un accordo e messo a punto metodologie adeguate a favore della flessibilità del mercato del lavoro e dell'orario di lavoro. La Commissione ritiene che il conseguimento dell'obiettivo occupazionale del 70 % entro il 2010 dipenderà essenzialmente dall'attuazione delle riforme del mercato del lavoro (7): è questo il motivo per cui essa insiste sull'importanza di attuare le raccomandazioni della task force presieduta da Wim Kok (8).

    2.11

    Oltre alla riforma della sicurezza sociale, la Commissione caldeggia una più accentuata differenziazione salariale, una maggiore flessibilità del mercato del lavoro - pur mantenendo un'adeguata tutela dell'occupazione - e un più alto grado di mobilità. Data la disparità delle procedure legislative e dei risultati delle concertazioni socioeconomiche, si registrano tra gli Stati membri differenze considerevoli, in particolare per quanto riguarda il numero di ore effettuate e la produttività del lavoro. Questi fattori spiegano in parte le differenze di crescita tra l'UE e gli Stati Uniti.

    2.12

    La Commissione nota che dal 1995 permane immutata la tendenza al rallentamento della crescita della produttività in Europa. Anche a questo riguardo, tuttavia, si osservano differenze sostanziali tra i vari Stati membri: la Finlandia, la Svezia e l'Irlanda, ad esempio, mostrano un andamento analogo a quello degli Stati Uniti. Lo scarso aumento della produttività deriva in parte dal divario che caratterizza l'introduzione delle TIC e, più in generale, il livello di innovazione nel settore privato. Oltre a ciò, in Europa gli investimenti intesi a sviluppare la produttività vengono realizzati più lentamente, il che incide in particolare sullo scarso livello degli investimenti nelle nuove tecnologie.

    2.13

    Lo sviluppo demografico e l'invecchiamento sono sempre più preoccupanti sia perché esercitano pressione sui bilanci, sia perché soffocano la crescita. Alcuni paesi hanno lanciato promettenti progetti di riforma delle pensioni, tutti incentrati sull'innalzamento dell'età pensionabile.

    2.14

    La concorrenza sui mercati dei prodotti e dei servizi è insufficiente. I mercati nazionali sono tuttora soggetti a misure di protezione, e il mercato interno non è ancora stato completato. Nuove proposte sono state lanciate in materia di politica della concorrenza e l'opera legislativa nel settore dei servizi finanziari progredisce con successo: 36 delle 42 misure previste sono state definitivamente adottate. Anche le disposizioni fiscali riguardanti gli investimenti privati sono state migliorate.

    2.15

    Il recepimento delle direttive comunitarie nella legislazione nazionale è sempre meno preciso. Le scadenze non sono rispettate in misura sufficiente e la trasposizione delle direttive nella legislazione assume spesso una connotazione nazionale. Ciò avviene in particolare quando gli Stati membri, in vista di un compromesso in sede di Consiglio, fanno concessioni delle quali in seguito si pentono. Il controllo in tal senso diventa sempre più difficile.

    2.16

    Dal settore della conoscenza e dell'innovazione arrivano segnali senz'altro positivi: tuttavia, vista l'insufficienza del capitale di rischio, dell'attività in materia di ricerca e sviluppo, di brevetti e di TIC, i risultati sono deludenti. L'obiettivo di destinare almeno il 3 % del PNL alle attività di ricerca e sviluppo, stabilito al vertice di Barcellona, è ben lungi dall'essere stato raggiunto nella maggioranza degli Stati membri. I migliori risultati sono quelli ottenuti dai paesi scandinavi. Tenendo presente l'obiettivo del 3 %, è stata prevista una ripartizione tra i pubblici poteri e le imprese rispettivamente pari a 1/3 e 2/3. Nella maggior parte dei casi, però, né i pubblici poteri né le imprese raggiungono l'obiettivo previsto.

    2.17

    Anche in una fase di ristagno economico la sostenibilità dell'economia richiede grande attenzione e una legislazione mirata. Come mostra chiaramente il settore dell'energia, la sostenibilità ha diversi risvolti. La Commissione sottolinea giustamente gli aspetti ambientali, soffermandosi in particolare sulla situazione sfavorevole dei nuovi Stati membri, e confrontando i nuovi sviluppi con gli accordi raggiunti a livello mondiale. Eppure anche l'energia può costituire una minaccia per la crescita sostenibile, data l'impennata del prezzo del petrolio dovuta all'aumento della domanda (Cina) e al controllo politico cui sono soggette le fonti d'energia.

    2.18

    Per ripristinare la fiducia nell'industria e nei mercati azionari dopo gli scandali finanziari che hanno coinvolto diverse imprese, sono state formulate varie proposte per una variante europea di corporate governance (governo societario).

    2.19

    Da questa prima relazione intermedia per il periodo 2003-2006 emerge un'immagine contraddittoria. In definitiva la Commissione constata alcuni progressi per quanto riguarda il mercato del lavoro, la politica della concorrenza, l'imprenditorialità, le nuove tecnologie, l'insegnamento e le pensioni. I risultati però sono meno positivi in materia di integrazione dei mercati, di ricerca e sviluppo e di riforme in materia sociale e ambientale. Il rapido deterioramento della situazione di bilancio in diversi Stati membri e l'assenza della volontà politica di porre rimedio a questa situazione preoccupano seriamente la Commissione, la quale conclude che, senza un'accelerazione del ritmo delle riforme, è illusorio sperare di realizzare nel 2006 gli obiettivi fissati. Altrettanto dicasi per il completamento del processo di Lisbona nel 2010.

    2.20

    Nell'aggiornamento 2004 la Commissione ritiene che in materia di bilancio, indebitamento e occupazione i nuovi Stati membri soffrano di problemi analoghi a quelli dell'UE a 15. Fino a oggi i dieci nuovi Stati hanno registrato progressi spettacolari, resi evidenti soprattutto da una crescita economica superiore a quella dell'UE a 15, nonostante le considerevoli divergenze di sviluppo da un paese all'altro. Ciò detto, la Commissione ribadisce che il divario tra i dieci nuovi Stati membri e l'UE a 15 resta enorme.

    2.21

    Secondo il CESE, parlare per questi paesi di «problemi analoghi» non significa affermare che i nuovi Stati membri presentano le stesse caratteristiche degli Stati membri dell'UE a 15. Il confronto con i cosiddetti «paesi della coesione» regge solo in parte. I nuovi Stati membri sono infatti «mercati emergenti» e in alcuni di essi, in particolare in determinate regioni, il tasso di disoccupazione è molto elevato. Tutto ciò, unito alla fase di piena ristrutturazione attraversata dall'industria, determina tassi elevati di disoccupazione frizionale. La dipendenza dagli investimenti esteri è inoltre molto forte.

    2.22

    L'allineamento della legislazione e delle pratiche socioeconomiche all'elevato livello dell'UE a 15 può rivelarsi destabilizzante. La stabilità, indispensabile al mantenimento della crescita degli investimenti interni ed esterni, presuppone un'efficace vigilanza finanziaria e monetaria e una sufficiente prevedibilità delle procedure legislative. La creazione di un contesto così stabile non è garantita e riveste dunque carattere prioritario. Il CESE condivide la posizione della Commissione, secondo la quale è auspicabile, nell'obiettivo di una stabilizzazione dello sviluppo dei dieci nuovi membri, definire per questi paesi un calendario distinto per il conseguimento degli obiettivi economici e finanziari.

    2.23

    L'Unione comincia effettivamente a sentirsi consapevole dell'urgenza del proprio intervento. Gli orientamenti comuni riemergono regolarmente nelle conclusioni della Commissione, delle formazioni del Consiglio e del Consiglio europeo. Alcuni capi di governo hanno recentemente espresso le stesse preoccupazioni (9). In teoria sembra delinearsi una via comune, ma nella pratica non è chiaro chi sarà responsabile della gestione e dell'attuazione, e in quale momento.

    3.   Mercato interno, occupazione e processo di Lisbona

    3.1

    Per quanto riguarda il mercato interno, la Commissione raccomanda, per il prossimo anno, di intervenire con urgenza su due fronti (10). In particolare, essa

    chiede nuovi sforzi in settori chiave quali il brevetto comunitario, la direttiva sulla proprietà intellettuale, la direttiva sul riconoscimento delle qualifiche professionali e il piano d'azione sui servizi finanziari, indispensabili per la crescita e l'occupazione. Un ulteriore ritardo potrebbe creare un effetto domino,

    esorta gli Stati membri a mettere a punto una migliore governance, cioè un'efficace cooperazione tra di loro e un'effettiva attuazione.

    3.2

    Entrambi questi aspetti sono necessari per realizzare gli obiettivi di Lisbona e per gettare le basi di un mercato interno allargato. L'espansione del commercio interno e della concorrenza costringono le imprese a intensificare la loro efficienza e produttività, cosa che in un'economia come quella dell'UE, dove i salari sono relativamente elevati, rappresenta il fattore chiave per rafforzare la competitività e garantire una prosperità a lungo termine.

    3.3

    In pratica, gli scambi intracomunitari stanno subendo un calo e i prezzi nell'Unione hanno tendenza a divergere piuttosto che a convergere. Gli investimenti UE nel resto del mondo sono superiori agli investimenti esteri nell'UE.

    3.4

    Dal quadro delineato dalla Commissione emerge che, per quanto si stia già lavorando alle cosiddette direttive «nuovo approccio», per i servizi non esiste ancora un vero e proprio mercato interno. I servizi rappresentano più del 50 % del PNL europeo e il 60 % dell'occupazione, il che spiega la priorità accordata alla recente proposta di direttiva sulla libera circolazione dei servizi. La liberalizzazione delle industrie di rete (energia, trasporti e telecomunicazioni) è in corso, ma esiste una consapevolezza generalizzata dei problemi e delle tensioni che ne derivano. La mancata armonizzazione di certe imposte continua a confondere il mercato interno: il processo di soppressione delle distorsioni fiscali, tuttavia, è sulla buona strada, e altrettanto si può dire del piano d'azione per i servizi finanziari. Per quanto riguarda gli appalti pubblici, la Commissione ritiene che l'inosservanza delle norme in materia da parte delle autorità provochi un forte aumento dei prezzi: per questo motivo la questione sarà reinserita in agenda. In relazione all'invecchiamento, la Commissione desidera anche promuovere l'accesso internazionale ai servizi sanitari. Infine, riguardo alla questione del brevetto europeo, i ritardi continuano purtroppo ad accumularsi.

    3.5

    La semplificazione della regolamentazione viene affrontata sulla base del piano d'azione per il miglioramento dell'ambiente normativo. Il cammino però è ancora lungo: diversi Stati membri infatti non hanno ancora effettuato le valutazioni d'impatto convenute.

    3.6

    L'attuazione costituisce un grave problema. Il mercato interno è fondato sulla fiducia: una fiducia che, nella prospettiva dell'allargamento, dovrà essere ulteriormente rafforzata. La seguente dichiarazione sintetizza efficacemente questa nuova fase che l'Unione sta attraversando: «Un successo effettivo in un mercato interno composto da 28 paesi, richiederà però un atteggiamento diverso e rapporti di lavoro diversi. Gli Stati membri devono prendere possesso pienamente del proprio mercato interno e cooperare tra loro e con la Commissione per farlo funzionare nella pratica.» (11)

    3.7

    Al momento si sta lavorando anche sulla strategia per l'occupazione, della quale sono responsabili in primo luogo gli Stati membri. Tuttavia i sistemi sociali figurano in agenda anche a livello europeo: ciò avviene sia perché la politica nazionale di bilancio deve essere condotta secondo norme definite a livello europeo, sia perché la questione è legata alle riforme dei mercati del lavoro e dell'invecchiamento demografico.

    3.8

    L'approccio e l'applicazione delle raccomandazioni della task force presieduta da Wim Kok dipendono da decisioni prese a livello nazionale. Queste raccomandazioni sostengono con vigore il processo di Lisbona e vertono su tematiche di ampio respiro, quali la maggiore flessibilità ai fini dell'imprenditorialità e dell'innovazione, il rafforzamento della partecipazione dei lavoratori, il miglioramento della sicurezza sociale, gli investimenti nell'istruzione e nella formazione e la conclusione di partenariati orientati ai cambiamenti: in sintesi, cioè, la partecipazione attiva di tutti i soggetti interessati ai processi di trasformazione. La situazione può essere perfettamente riassunta in una frase: «L'Europa ha bisogno di una popolazione attiva più numerosa e più produttiva». In un recente parere, il CESE si è anche dichiarato generalmente favorevole, pur formulando alcune osservazioni critiche, alle raccomandazioni della task force Kok (12).

    3.9

    Il legame che unisce il processo generale di Lisbona a una politica di bilancio stabile è evidente. La relazione della Commissione al Consiglio europeo di primavera (13) sottolinea quanto sia elevato il costo che gli scarsi progressi realizzati nell'attuazione della strategia di Lisbona comportano per l'Europa in termini di crescita inferiore alle aspettative, di insufficiente aumento dell'occupazione e di ritardi in materia di istruzione e RST.

    3.10

    La relazione di primavera si sofferma, come si è detto, sugli sviluppi nel mercato interno e nell'occupazione. Per quanto riguarda l'economia della conoscenza, la Commissione raccomanda di intensificare gli investimenti in materia di reti e conoscenze, in particolare nelle attività di RST, nell'istruzione e nella formazione professionale.

    3.11

    L'interazione tra le università e le imprese, separate da una distanza troppo grande, risulta ancora troppo debole, il che contrasta con le ambizioni di un'economia della conoscenza. La sinergia tra questi due mondi consentirebbe, come negli Stati Uniti, di dare impulso alla produttività e di rafforzare le imprese: questo valore aggiunto, al momento, è quasi completamente assente. Un capitolo a parte è la fuga dei cervelli dall'Europa: il bilancio tra i «lavoratori della conoscenza» in arrivo e quelli in partenza resta negativo (14) e, anzi, peggiora.

    3.12

    In linea con altri documenti precedenti, nella relazione di primavera la Commissione formula una serie di proposte chiare, fondate su tre principi chiave: investimenti, competitività e riforme.

    3.13

    Gli orientamenti di politica economica e le relazioni sul mercato interno, sulla strategia per l'occupazione e sul processo di Lisbona sono comparabili sotto il profilo sia del contenuto che della valutazione di merito. La Commissione istituisce un collegamento tra finanze pubbliche e diversi settori socioeconomici, cosa che le consente di mettere in evidenza i problemi legati al passaggio dalle spese pubbliche di consumo alle spese di produzione.

    4.   Il quadro istituzionale

    4.1

    Data la situazione, il CESE reputa particolarmente urgente:

    far sì che l'importante passaggio da 15 a 25 Stati membri si svolga nel modo più equilibrato possibile, tenuto conto delle difficili condizioni economiche,

    recuperare i ritardi accumulati rispetto agli accordi precedentemente conclusi dal Consiglio europeo, accordi che non hanno perso niente della loro attualità,

    mantenere il ritmo dei progressi e imprimervi un nuovo impulso.

    4.2

    Per il Comitato non si tratta solo di definire una politica in materia. Anche fattori organizzativi, soprattutto di controllo e di monitoraggio, ma anche di ordine politico-culturale, svolgono un ruolo significativo. In questo contesto il CESE condivide le analisi e le conclusioni formulate dalla Commissione nella comunicazione del 21 gennaio scorso e nell'aggiornamento del 7 aprile. Le conclusioni del Consiglio Concorrenza del 17 e 18 maggio scorsi sono purtroppo eccessivamente generiche e poco concrete (15).

    4.3

    L'allargamento dell'Unione impone di vigilare con attenzione ancora maggiore sul corretto funzionamento delle istituzioni e su una attenta delimitazione delle competenze e delle responsabilità, per evitare che la mancanza di disciplina prenda il sopravvento e indebolisca l'Unione (16).

    4.4

    Nel corso degli anni sono emerse importanti divergenze tra le responsabilità ed i processi decisionali comunitari e intergovernativi. Anche il progetto di Costituzione stabilisce chiaramente che un'Unione composta da 25 Stati membri non può funzionare come un'Unione a 15.

    4.5

    L'introduzione dell'euro avrebbe dovuto condurre, oltre che al corretto funzionamento del patto di stabilità e crescita, ad una maggiore convergenza in materia di politica economica. Gli accordi e le decisioni privi di carattere vincolante sono però troppo numerosi.

    4.6

    Il fatto che gli accordi conclusi non portino ai risultati attesi mette seriamente alla prova il potenziale dell'Unione europea.

    4.7

    In seno al Consiglio europeo esiste sì un consenso quanto agli obiettivi, ma questi ultimi sono spesso definiti in modo troppo generico e non sufficientemente preciso. Le buone intenzioni politiche non si traducono in misure legislative e normative facili da gestire e realmente applicabili.

    4.8

    In questi ultimi anni si è molto puntato sulla politica della concorrenza, sull'individuazione e la stigmatizzazione dei contravventori (il cosiddetto naming and shaming) e sul metodo aperto di coordinamento. Tuttavia, quando la congiuntura è poco favorevole, tutto ciò non basta. Nella pratica, gli Stati membri non discutono, o non lo fanno abbastanza, delle rispettive inadempienze, cosa che lascia alla Commissione un margine di manovra piuttosto limitato. Non esiste insomma alcuna alternativa soddisfacente al metodo comunitario.

    4.9

    La situazione del mercato interno è preoccupante. Gli obiettivi e gli accordi in materia di libera circolazione e di parità di condizioni non sono stati attuati o lo sono stati in maniera incompleta. I risultati dei vari paesi mostrano che sul piano del recepimento nazionale delle direttive sul mercato interno, la disciplina tende a scemare, a volte in misura considerevole (17).

    4.10

    La sussidiarietà è un principio positivo. Tuttavia, un aspetto tende a passare inosservato: il fatto cioè che se vi si ricorre in maniera non corretta si ottengono talvolta interpretazioni divergenti della legislazione europea nei vari Stati membri.

    4.11

    A volte si osservano anche molteplici «velocità», come nel caso dell'UEM. I 12 paesi della zona euro dovranno ormai confrontarsi con 13 Stati non partecipanti. Un'UEM a 12 contro 3 è molto diversa da un'UEM a 12 contro 13, anche se l'adesione di 10 nuovi Stati membri apre nuove prospettive sul piano economico. Sarà necessario quindi rispettare i requisiti della disciplina di bilancio, come previsto dal Trattato.

    4.12

    L'euro dovrà essere sostenuto dalla politica macroeconomica dei singoli paesi, nonché dall'ulteriore sviluppo e dall'approfondimento dell'integrazione.

    4.13

    Il principio dello Stato di diritto, su cui si fonda l'Unione, deve essere garantito in ogni caso.

    4.14

    Occorre dunque cercare di evitare che la Commissione e il Consiglio si limitino a segnalare le inadempienze o a lanciare appelli urgenti agli Stati membri, per passare poi all'esame degli argomenti all'ordine del giorno. Il processo di Lisbona e il sostanziale allargamento dell'Unione impongono semplicemente una disciplina più rigorosa.

    4.15

    La strategia di Lisbona è un concetto strategico: in quanto tale è quindi paragonabile ai precedenti approcci strategici che hanno consentito all'integrazione di progredire in modo decisivo. In quei casi la programmazione prevedeva precise scadenze e una serie di fasi rigidamente controllate, unitamente a una stretta cooperazione tra Commissione e Stati membri. Questo è l'iter seguito alla fine degli anni '60 per l'inserimento nel Trattato dell'unione doganale. Il successo di Europa '92 si deve anche a una pianificazione di questo tipo: l'integrazione in un unico progetto di 279 proposte di direttive, sulla base dell'Atto unico del 1987, ha consentito di superare la stagnazione e di progredire rapidamente verso la realizzazione del mercato interno. Un altro esempio positivo è rappresentato dall'unione monetaria: a partire dal 1993 i disavanzi di bilancio di tutti i paesi candidati si sono costantemente ridotti. Lo stesso dicasi per l'inflazione e, quindi, per i tassi d'interesse. In questo modo è stata possibile la nascita dell'euro e di una politica monetaria garantita da una Banca centrale indipendente, come previsto dal progetto iniziale.

    4.16

    Nei casi citati, o il metodo comunitario è stato applicato con successo, come nel caso dell'unione doganale e di Europa '92, o il contributo positivo degli Stati membri si è rivelato decisivo nel conseguire un obiettivo importante come la partecipazione all'UEM. Il problema è che al momento non sussiste nessuna di queste due condizioni: i progressi dipendono quindi unicamente dalla volontà politica.

    4.17

    Il Consiglio europeo del 27 e 28 marzo 2004 condivide l'analisi e le conclusioni della Commissione. Sottolinea l'importanza degli equilibri di bilancio, anche in caso di eccedenze, nonché della stabilità dei prezzi, e insiste sul rispetto del patto di stabilità e crescita. Oltre a tenere conto della coesione sociale e della sostenibilità, il Consiglio ravvisa tre priorità per il Consiglio Concorrenza: la competitività, la dinamizzazione del mercato interno e il miglioramento della legislazione, fermo restando che occorrerà investire sistematicamente nella conoscenza. Per quanto riguarda la politica del mercato del lavoro, il Consiglio europeo si pronuncia a favore dell'attuazione della relazione della task force Kok.

    5.   L'Europa a una nuova svolta

    5.1

    L'Europa è nuovamente al bivio. Il recupero dell'economia è ancora fragile e la strategia di Lisbona non ha risposto alle attese. L'Unione europea entra in una nuova fase, caratterizzata da un aumento della popolazione del 20 % e da una maggiore eterogeneità. Nello stesso tempo, l'allargamento apre nuove possibilità e nuove prospettive in termini di crescita e di prosperità.

    5.2

    È in gioco la credibilità dell'Unione: è quindi importante tener conto dell'opinione pubblica e non sottovalutare il fatto che il processo d'integrazione gode di un sostegno sempre più debole.

    5.3

    L'allargamento non deve portare l'Unione a ripiegarsi su se stessa: il suo campo d'azione deve essere il mondo intero. Il CESE ritiene che la posizione dell'Unione sulla scena internazionale costituisca un riferimento imprescindibile non solo rispetto agli Stati Uniti, ma anche per il resto del mondo, compresi i grandi mercati emergenti e in pieno sviluppo come la Cina, il Sud-Est asiatico e l'India, che desiderano partecipare al processo di globalizzazione.

    5.4

    Le analisi e le raccomandazioni della Commissione e della presidenza del Consiglio in previsione del vertice di primavera hanno ogni anno lo stesso tenore. Le istituzioni hanno una visione pressoché identica della missione dell'Unione e degli Stati membri. La competitività assume sì una posizione sempre più centrale, ma ogni volta gli Stati membri si allontanano dalle raccomandazioni e gli accordi conclusi non sono realizzati o lo sono solo in parte: il problema principale resta appunto l'attuazione.

    5.5

    Per tutte queste ragioni è fondamentale un vero e proprio rilancio della strategia di Lisbona. Il CESE concorda sull'importanza determinante di questa prospettiva di lungo termine e condivide il rilievo dato alla questione dalla Commissione e dal Consiglio europeo, nonché l'idea di una comune tabella di marcia per i vecchi e i nuovi Stati membri.

    5.6

    Questa tabella di marcia dovrà obbligatoriamente mirare al rafforzamento dell'integrazione. In caso contrario, l'Unione a 25 è destinata a non essere che una zona di libero scambio, il che nel futuro scenario mondiale non è auspicabile né per l'economia europea, né per le imprese, né tanto meno per i cittadini.

    5.7

    La riconfigurazione del processo di Lisbona su scala UE (rafforzamento della competitività e dell'economia fondata sulla conoscenza, promozione della sostenibilità, della consultazione e del dialogo sociale) potrà anche avere effetti positivi sull'indipendenza delle politiche dei singoli Stati membri.

    5.8

    Gli orientamenti di politica economica mostrano che per risanare le finanze pubbliche e incentivare gli investimenti pubblici e privati occorre un quadro coerente, trasparente e credibile, di cui il Consiglio e la Commissione devono farsi garanti. Adesso che l'Europa si trova a un nuovo punto di svolta, l'Unione deve dimostrarsi più incisiva.

    6.   Raccomandazioni e conclusioni

    6.1

    In questo processo, il Comitato parte dai principi seguenti:

    sul piano dell'analisi e degli obiettivi, occorre distinguere chiaramente tra la parte del processo decisionale riservata all'UE e quella che compete agli Stati membri,

    per garantire la credibilità ed evitare frustrazioni, gli obiettivi stabiliti devono essere realistici,

    la crescita economica e la riconfigurazione dell'agenda di Lisbona devono essere al centro di questi obiettivi, al fine sia di rafforzare la competitività che di sostenere gli adeguamenti strutturali,

    gli Stati membri non devono rimproverare a Bruxelles la scelta di obiettivi fissati in realtà di comune accordo.

    6.2

    La trasparenza impone di prestare la debita attenzione alla dimensione istituzionale. La ripartizione delle responsabilità tra gli Stati membri e l'Unione non è stata oggetto di una consultazione sufficientemente approfondita, cosa che risulta impossibile da spiegare ai cittadini e alle imprese.

    6.3

    Meccanismi più vincolanti costituirebbero inoltre un sostegno sia per gli Stati membri che per le attività interne ed esterne della Commissione. Nell'Unione allargata, infatti, la Commissione avrà bisogno di una solida base operativa.

    6.4

    In materia di bilancio e di politica macroeconomica, gli Stati membri dovranno applicare le norme da essi stessi definite nel patto di stabilità e di crescita.

    6.5

    La spinta intergovernativa tende a rafforzarsi: il CESE mette fermamente in guardia contro questa evoluzione. Nessuno Stato membro o gruppo di Stati è in posizione tale da assumere il ruolo specifico della Commissione. Ogni Stato membro, infatti, ragiona secondo il proprio punto di vista e le proprie priorità, anche quando servirebbero una maggiore obiettività e un più attento monitoraggio.

    6.6

    Il Trattato costituzionale mira ad un migliore coordinamento delle politiche nell'Unione a 25. Nel corso di questa fase cruciale, l'estensione della maggioranza qualificata sortirà effetti positivi. Se ciò invece non dovesse verificarsi, la prassi di porre veti indesiderati continuerà. Le imprese, le parti sociali e gli altri attori della società civile (università, istituti di ricerca, ecc.) possono prestare un contributo positivo a questa nuova gestione politica.

    6.7

    Il rischio di frammentazione è sempre presente. Il CESE si pronuncia a favore di un approccio globale da conseguire grazie a una maggiore efficacia del Consiglio Concorrenza, in cooperazione con il Consiglio Ecofin, e a una migliore attività di divulgazione. Le conclusioni del Consiglio europeo vanno nella stessa direzione, come anche l'argomento su cui si fonda la richiesta dei capi di governo (18) di introdurre la figura di un «supercommissario» responsabile dell'economia.

    6.8

    Da parte sua il Comitato raccomanda, in ogni caso, una maggiore trasparenza del Consiglio Concorrenza: sarà questo il punto di riferimento concreto da cui avviare il miglioramento della governance. Certo non è molto utile per il Consiglio organizzare riunioni con vari commissari e un gruppo sempre diverso di membri dei governi nazionali, responsabili di ambiti politici molto differenziati. La Commissione dovrà soprattutto garantire la trasparenza del coordinamento del Consiglio Concorrenza e dare all'opinione pubblica un'immagine coerente di se stessa. Vista l'importanza dell'agenda di Lisbona, questa responsabilità spetta anche al Presidente della Commissione. Una migliore organizzazione del Consiglio Concorrenza e uno snellimento delle procedure UE dovrebbero inoltre condurre a un modello di responsabilità dei dirigenti nazionali più riconoscibile a livello internazionale: ciò a sua volta favorirà la capacità di persuadere l'opinione pubblica e il reciproco senso di responsabilità per delle politiche condivise.

    6.9

    L'Unione non ha sviluppato una definizione ufficiale del concetto di «Europa a più velocità». L'UEM e il Trattato di Schengen rappresentano esempi positivi; tuttavia, le specificità degli Stati membri e dei loro approcci, illustrati negli orientamenti politici, non lasciano intravedere buone prospettive per le situazioni impropriamente definite «a più velocità», che possono essere fonte di distorsione della concorrenza. La procedura prevista nel progetto di Costituzione propone interessanti spunti di riflessione.

    6.10

    Per il mercato interno, da sempre punto focale dell'integrazione, l'idea di un'Europa a più velocità non costituisce un'opzione interessante, poiché darebbe origine a coalizioni instabili su alcune questioni e offrirebbe una facile scappatoia agli Stati membri reticenti.

    6.11

    Nei settori di esclusiva competenza degli Stati membri è difficile proporre una varietà generale di misure e di adattamenti. L'approccio a questo problema, caratterizzato soprattutto da precise descrizioni di situazioni nazionali e di migliori pratiche, merita tutto il sostegno possibile. Occorre però affinare ulteriormente questo metodo, in particolare attraverso l'uso di statistiche comparabili. La Commissione dovrà anche disporre di strumenti che le consentano di valutare più correttamente la qualità della spesa pubblica.

    6.12

    Il CESE resta favorevole alla politica di concorrenza e al metodo aperto di coordinamento per determinati settori politici ai quali il metodo comunitario non si applica. In ogni caso, dato che gli Stati membri non procedono a valutazioni reciproche, resta convinto che i risultati sarebbero scarsi, almeno a breve termine. Alcuni Stati membri stanno opportunamente adattando alcune politiche, ad esempio quelle in materia di pensioni e di mercato del lavoro. È necessario però migliorare l'informazione ai cittadini.

    6.13

    Il Consiglio europeo prende atto che la Commissione elaborerà una tabella di marcia per rafforzare e attuare la strategia di Lisbona. Al riguardo, un punto di partenza centrale sarà il miglioramento della governance. Infatti, la fiducia e la stabilità richiedono un quadro istituzionale chiaro.

    6.14

    Il CESE raccomanda che per la riconfigurazione della strategia di Lisbona ci si ispiri al metodo seguito con successo per Europa '92. Basarsi sulle pratiche esistenti significherebbe che le relazioni sugli orientamenti di politica economica, sul mercato interno, sull'occupazione e sulla strategia di Lisbona verrebbero sintetizzate in un unico progetto con fasi e scadenze precise. Tale progetto inoltre dovrebbe affermare a chiare lettere chi (Commissione, Consiglio, Parlamento europeo, Stati membri) è responsabile di che cosa e entro quali termini di tempo. A tale riguardo il CESE sottolinea l'importanza del ruolo della Commissione e del metodo comunitario, a cui si deve il successo di Europa '92. Ogni anno la Commissione presenta una relazione sui progressi registrati, e, previa consultazione con il Parlamento europeo, il Consiglio Ecofin e il Consiglio Concorrenza definiscono le priorità sulla base delle quali la Commissione formula le proprie proposte.

    6.15

    Gli unici veri progressi conseguiti nella strategia di Lisbona riguardano il mercato interno, quanto meno sul piano legislativo e normativo, visto che l'attuazione lascia ancora a desiderare. I progressi sono un risultato diretto del metodo comunitario. Il CESE raccomanda di integrare tutti gli aspetti del mercato interno in un unico progetto con scadenze ben definite:

    gli aspetti ancora aperti del piano d'azione per il mercato unico,

    gli aspetti ancora aperti del piano d'azione per i servizi finanziari,

    gli aspetti del settore della conoscenza che rientrano nel processo decisionale comunitario,

    il riesame e l'attenuazione delle norme troppo rigide e troppo dettagliate,

    l'attuazione e l'applicazione.

    6.16

    Per le questioni soggette ai processi decisionali nazionali, quali la sicurezza sociale, il mercato del lavoro (task force Kok) e la fiscalità, il CESE propone che il Consiglio, su proposta della Commissione, decida gli obiettivi e la loro attuazione in conformità con la politica della concorrenza e con il metodo aperto di coordinamento. Questa procedura dovrà tuttavia prevedere anche un monitoraggio dei progressi a livello nazionale. È in questi settori infatti che il coordinamento risulta particolarmente difficile: è d'altra parte vero che gli accordi che restano lettera morta non hanno molto senso.

    6.17

    Nella nuova versione della strategia di Lisbona meritano di rientrare anche altre questioni che non dipendono dalla regolamentazione e a volte dipendono solo in parte dalla gestione pubblica, ma che sono invece legate alla competitività, alla conoscenza e alla capacità economica. Tra queste figurano le seguenti:

    la politica industriale settoriale, sorta dalla consultazione reciproca tra imprese (inclusa la concertazione sociale), Commissione e Consiglio (19),

    i risultati dei programmi e delle piattaforme tecnologiche dell'UE, il rafforzamento della cooperazione transfrontaliera tra istituti di ricerca e ricercatori nell'ambito dell'Unione e la promozione della cooperazione tra università e attori del mercato,

    la politica regionale, con particolare riguardo alla conoscenza e all'innovazione.

    6.18

    La Commissione e il Consiglio europeo sono favorevoli all'idea di un «partenariato per il cambiamento» («partnership for change»). Il CESE sostiene appieno questa iniziativa, che potrebbe diventare un approccio fondamentale. La strategia di Lisbona non è stata mai considerata un processo dall'alto verso il basso: il suo successo, infatti, è legato alla formulazione, all'esecuzione e all'attuazione di una serie di politiche, le quali a loro volta dipendono da numerosi attori: i responsabili delle decisioni (europei, nazionali e regionali), le parti sociali a tutti i livelli, le imprese, le università e molte altre organizzazioni sociali che compongono la società civile. Una chiara definizione degli obiettivi, che illustri a tutti gli attori politici e sociali ciò che ci si aspetta da loro, può infondere il nuovo slancio di cui si ha bisogno.

    6.19

    L'iniziativa «partnership for change» ha un grande potenziale, a condizione tuttavia che venga presentata nella giusta luce. Essa può portare a un nuovo tipo di comunicazione e a nuove alleanze tra i numerosi gruppi interessati dal processo d'integrazione europea, il che rientra anche nel concetto di «good governance».

    6.20

    Il Consiglio europeo ha invitato la Commissione a costituire un gruppo di alto livello, incaricato di presentare alla Commissione entro il 1o novembre prossimo una relazione sul nuovo approccio alla strategia di Lisbona. Il punto di vista di questo gruppo svolgerà un ruolo importante in prospettiva della revisione intermedia della strategia di Lisbona prevista per il vertice di primavera del 2005, per la quale il Consiglio europeo ha invitato il CESE a formulare delle raccomandazioni.

    Bruxelles, 15 settembre 2004.

    Il presidente

    del Comitato economico e sociale europeo

    Roger BRIESCH


    (1)  GU C 133 del 6.6.2003.

    GU C 80 del 30.3.2004.

    (2)  Comunicazione della Commissione sull'attuazione degli indirizzi di massima per le politiche economiche per il periodo 2003-2005 (COM(2004) 20 def.).

    (3)  Raccomandazione della Commissione relativa all'aggiornamento per il 2004 degli indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri e della Comunità (per il periodo 2003-2005) (COM(2004) 238).

    (4)  Sull'argomento il CESE ha già elaborato un parere: GU C 221 del 17.9.2002.

    (5)  Parallelamente, si insiste sempre più sul miglioramento della regolamentazione comunitaria (cfr., al riguardo, il piano d'azione 2003 per il miglioramento della regolamentazione e le conclusioni del consiglio Concorrenza del 17 e 18 maggio 2004).

    (6)  Cfr. sentenza della Corte di giustizia del 13 luglio 2004, C-27/04.

    (7)  Previsioni economiche, primavera 2004, pag. 31.

    (8)  «L'occupazione, l'occupazione, l'occupazione: creare più posti di lavoro in Europa», relazione della task force sull'occupazione presieduta da Wim Kok (26 novembre 2003).

    (9)  Lettera del primo ministro britannico Blair, del presidente francese Chirac e del cancelliere tedesco Schröder del 18 febbraio 2004, e contributo congiunto al Consiglio di primavera 2004 dei leader di governo Aznar (Spagna), Balkenende (Paesi Bassi), Berlusconi (Italia), Durão Barroso (Portogallo), Miller (Polonia) e Parts (Estonia).

    (10)  Relazione del 21 gennaio 2004 sull'attuazione della strategia per il mercato interno (2003-2006) (COM(2004) 22 def.).

    (11)  Relazione del 21 gennaio 2004 sull'attuazione della strategia per il mercato interno (2003-2006) (COM(2004) 22 def.).

    (12)  Parere del Comitato economico e sociale europeo sul tema «Misure di sostegno all'occupazione» - GU C 110 del 30.4.2004 (SOC/159).

    (13)  Relazione della Commissione al Consiglio europeo di primavera: Promuovere le riforme di Lisbona nell'Unione allargata - COM(2004) 29 def./2.

    (14)  Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo: «I ricercatori nello Spazio europeo della ricerca: una professione, molteplici carriere» – GU C 110 del 30.4.2004 (INT/216) e Comunicazione della Commissione: «L'Europa e la ricerca di base» – GU C 110 del 30.4.2004 (INT/229)

    (15)  Conclusioni del Consiglio Concorrenza svoltosi il 17 e 18 maggio 2004.

    (16)  Sull'argomento il Comitato ha già elaborato un parere: GU C 221 del 17.9.2002.

    (17)  Cfr. quadro di valutazione del mercato interno del 13 luglio 2004,

    (18)  http://www.europa.eu.int/comm/internal_market/score/docs/score13/score13-printed_en.pdf (versione italiana non disponibile)

    (19)  Lettera del primo ministro britannico Blair, del presidente francese Chirac e del cancelliere tedesco Schröder del 18 febbraio 2004. Cfr. le conclusioni del Consiglio Concorrenza del 26 e 27 novembre 2003.


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