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Dokument 52003AE0929
Opinion of the European Economic and Social Committee on the "Second progress report on economic and social cohesion" (COM(2003) 34 final)
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla "Seconda relazione intermedia sulla coesione economica e sociale" (COM(2003) 34 def.)
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla "Seconda relazione intermedia sulla coesione economica e sociale" (COM(2003) 34 def.)
GU C 234 del 30.9.2003, s. 45-49
(ES, DA, DE, EL, EN, FR, IT, NL, PT, FI, SV)
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla "Seconda relazione intermedia sulla coesione economica e sociale" (COM(2003) 34 def.)
Gazzetta ufficiale n. C 234 del 30/09/2003 pag. 0045 - 0049
Parere del Comitato economico e sociale europeo in merito alla "Seconda relazione intermedia sulla coesione economica e sociale" (COM(2003) 34 def.) (2003/C 234/12) La Commissione europea, in data 30 gennaio 2003, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 262 del trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale europeo in merito alla "Seconda relazione intermedia sulla coesione economica e sociale". La sezione specializzata Unione economica e monetaria, coesione economica e sociale, incaricata di preparare i lavori in materia, ha formulato il parere sulla base del rapporto introduttivo del relatore Barros Vale, in data 23 giugno 2003. Il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il 16 luglio 2003, nel corso della 401a sessione plenaria, con 114 voti favorevoli, 1 voto contrario e 3 astensioni, il seguente parere. 1. Introduzione 1.1. Osservazioni generali 1.1.1. Il 30 gennaio 2003 la Commissione europea ha pubblicato la seconda relazione intermedia sulla coesione economica e sociale, nella quale ha inserito un gran numero di statistiche interessanti che consentono una visione d'insieme della realtà europea, soprattutto per quanto concerne gli indicatori necessari all'analisi di questa importante materia. 1.1.2. La seconda relazione intermedia della coesione economica e sociale rientra nei lavori di preparazione delle proposte della Commissione per il futuro della politica di coesione dopo il 2006. Nella prima parte, la relazione aggiorna l'analisi sulla coesione presentata nella seconda relazione sulla coesione economica e sociale e nella prima relazione intermedia, mentre nella seconda parte fa il punto sul dibattito in corso all'interno dell'Unione europea sul futuro della politica di coesione. 1.1.3. Al di là dei dati concreti raccolti e trattati, che figurano nell'allegato, la Commissione esamina gli sviluppi del dibattito in corso sulla realtà attuale e le prospettive future; tale dibattito risulta di particolare importanza in questo momento, nel quadro della riforma della politica regionale a partire dal 2007. 1.1.4. Negli ultimi tempi, i diversi protagonisti hanno apportato numerosi contributi alla messa a punto della futura politica regionale. Oltre ai contributi del Consiglio, del Parlamento europeo, del Comitato economico sociale europeo e del Comitato delle regioni, va segnalata anche l'organizzazione di seminari tematici sui seguenti argomenti: "Le priorità dell'Unione per le regioni", "Le priorità legate all'occupazione e alla coesione sociale", "Le zone di montagna" e "Le zone urbane". 1.2. La coesione economica sociale: situazione attuale e tendenze nell'Europa ampliata 1.2.1. Nonostante i progressi compiuti negli ultimi anni nel campo della coesione, la relazione sottolinea il persistere di notevoli disparità tra gli Stati membri e soprattutto tra le regioni, disparità destinate ad accentuarsi marcatamente in un'Europa ampliata a 25 Stati membri. 1.2.2. I dati forniti dalla relazione mostrano un raddoppiamento delle disparità di reddito tra le regioni più ricche e le regioni più povere. In effetti, il rapporto tra il reddito pro capite registrato nel 10 % delle regioni più ricche (che presentano un reddito più elevato e totalizzano il 10 % della popolazione) e quello del 10 % delle regioni più povere (che presentano un reddito più basso e costituiscono a loro volta il 10 % della popolazione) è pari al 2,6 nell'UE a 15, ma sarà del 4,4 nell'UE a 25 e passerà a 6 nell'UE a 27. 1.2.3. Secondo la relazione, 48 regioni degli attuali Stati membri (che comprendono il 18 % della popolazione dell'Unione europea) presentano un reddito pro capite in SPA inferiore al 75 % della media dell'Europa a 15 (dati relativi al 2000). In un'Europa ampliata a 25, un totale di 67 regioni (che comprendono il 26 % della popolazione) avrà un livello di reddito pro capite al di sotto del 75 %; solo 30 regioni degli attuali Stati membri (12 % della popolazione dell'attuale UE a 15) saranno ammissibili al sostegno nell'ambito dell'obiettivo 1. 1.2.4. Nell'Europa ampliata si accentueranno anche le disparità regionali in materia di occupazione. Il tasso medio di disoccupazione sarà del 2,4 % per il 10 % della popolazione che vive nelle regioni più ricche e del 22,6 % per il 10 % della popolazione che vive nelle regioni maggiormente svantaggiate. 1.2.5. L'invecchiamento della popolazione in alcuni paesi europei provocherà ulteriori trasformazioni all'interno della nuova realtà rappresentata dall'Europa ampliata. 1.2.6. L'arrivo dei paesi candidati comporterà una riduzione del tasso di occupazione all'interno dell'Unione e avrà un impatto significativo sulla composizione settoriale dell'occupazione. Il peso relativo dell'occupazione in agricoltura passerà da 4,4 % nell'Unione a 15 a 5,5 % nell'Unione a 25 (7,6 % nell'Unione a 27); l'occupazione registrerà un calo nel settore dei servizi e rimarrà stabile nell'industria. 1.2.7. La relazione sottolinea inoltre il persistere di notevoli divergenze tra paesi e regioni per quanto riguarda diversi fattori che determinano la convergenza reale e mette in evidenza la situazione decisamente sfavorevole degli attuali paesi della coesione. 1.2.8. Un reddito pro capite più basso si associa a livelli inferiori di istruzione e formazione e ad una minore attività di ricerca, sviluppo e innovazione. I dati relativi al numero di brevetti, alla domanda di brevetti nei settori dell'alta tecnologia e ai livelli di spesa nel campo della ricerca e dello sviluppo mettono in evidenza un'enorme disparità tra i diversi Stati membri, con una situazione decisamente sfavorevole nei paesi dell'Europa meridionale, i quali presentano valori più bassi in diversi indicatori; le disparità sono ancor più accentuate a livello regionale. 1.2.9. D'altro canto, la relazione mette in luce le potenzialità economiche dell'Europa ampliata, in quanto i paesi candidati presentano in generale un tasso di crescita economica più elevato rispetto agli attuali Stati membri e contribuiscono in linea di massima ad innalzare il livello medio di istruzione nell'Unione. 1.3. Il dibattito sul futuro della politica di coesione 1.3.1. La sintesi delle discussioni, che figura nella seconda parte della relazione, evidenzia l'importanza del dibattito sulla futura politica di coesione. 1.3.2. Tra i temi principali in discussione figurano gli obiettivi della politica di coesione e il contributo delle altre politiche comunitarie all'obiettivo della coesione. 1.3.3. Attualmente, tutti sembrano concordi nell'attribuire priorità alle regioni meno sviluppate, concentrando su di esse la maggior parte delle risorse finanziarie a titolo di questa politica dell'Unione. L'importanza di tale priorità risulta ancor più evidente adesso, se si considera che con l'ampliamento la grande maggioranza delle nuove regioni rientrerà tra le cosiddette "regioni in ritardo di sviluppo" che, in base ai criteri attuali (in vigore dal 1989 e che tutti sembrano voler mantenere), sono quelle il cui PIL pro capite a parità di potere d'acquisto è inferiore al 75 % della media comunitaria. Sono state nel frattempo presentate alcune proposte ed idee volte a completare questo criterio statistico con altri elementi, ad esempio la situazione occupazionale, il calo della popolazione, la produttività, il livello dimostrato di esecuzione finanziaria, nonché la stessa perifericità delle regioni in questione. 1.3.4. Si ritiene che rispondere a tale priorità non debba implicare l'abbandono delle azioni che l'Unione ha promosso al di fuori delle regioni in ritardo di sviluppo. In queste regioni, si è molto parlato della necessità di focalizzare gli sforzi in alcune realtà quali le zone urbane in crisi, alcune zone rurali più povere e altre che richiedono aiuti a causa della loro fragilità in termini di occupazione, innovazione, istruzione, formazione, ricerca, ecc. 1.3.5. Secondo il Comitato, continuare ad appoggiare le regioni beneficiarie dei fondi al di fuori dell'obiettivo 1, non solo corrisponde ad una vera e propria azione di "giustizia" nel campo della coesione ma costituisce anche un importante obiettivo politico di distribuzione delle risorse tra i vari paesi, siano essi beneficiari netti o meno del bilancio comunitario. 1.3.6. La relazione precisa che solamente due(1) delle quattro opzioni menzionate nella seconda relazione sulla coesione, che propongono soluzioni diverse per le difficoltà che si presenteranno dopo l'ampliamento, hanno ricevuto un deciso sostegno; nel corso del dibattito svoltosi nel 2002, la prima opzione ha ottenuto la maggior parte dei consensi. 1.3.7. Secondo la Commissione, i rappresentanti delle regioni ultraperiferiche, delle zone montane e delle regioni insulari dell'UE ritengono che queste ultime debbano continuare ad essere inserite nella categoria delle regioni meno sviluppate anche se il loro livello di reddito supera la soglia di ammissibilità. Occorre tuttavia prendere in considerazione il fatto che in alcune situazioni (in special modo quando nelle regioni si insediano attività "off shore") il grado di ricchezza prodotta è apparente e non reale. 1.3.8. Alcuni hanno inoltre sottolineato la necessità di mantenere il sostegno alle regioni che non sono in ritardo di sviluppo, vuoi per i problemi di riconversione e sviluppo economico che persistono in numerosi territori, vuoi perché i fondi strutturali costituiscono uno strumento indispensabile di sostegno al potenziale di sviluppo regionale in tutta l'Unione europea. Alcune proposte si basano su un maggiore decentramento degli attuali strumenti della politica di coesione. 1.3.9. La conoscenza attraverso la cooperazione e lo scambio di esperienze è un altro elemento ritenuto indispensabile per migliorare l'attuazione della politica di coesione ai diversi livelli ma soprattutto per garantire la diffusione delle buone pratiche e delle soluzioni che, nella loro diversità, vengono sviluppate un po' dappertutto sul territorio europeo. 1.3.10. La questione delle risorse finanziarie disponibili è fondamentale, in particolare nel contesto dell'ampliamento. Il tasso dello 0,45 % del PIL comunitario per il bilancio della politica regionale da considerare come la base per le nuove esigenze, vale a dire come limite minimo, sembra ottenere consensi. 1.3.11. Sembra inoltre meritare un ampio sostegno, come obiettivo politico generale dell'Unione, l'idea che la stessa politica di coesione debba essere coordinata con tutti gli elementi della "strategia di Lisbona", come ambizione comune per lo sviluppo della società europea. 1.3.12. La relazione infine sottolinea la necessità di semplificare la gestione dei programmi europei, nel rispetto dei principi di responsabilità, di efficienza e di corretta gestione finanziaria. La Commissione raccomanda inoltre di adottare misure di cooperazione transfrontaliera e interregionale ai fini di uno sviluppo più equilibrato del territorio europeo e segnala l'esigenza di rafforzare il contributo delle altre politiche comunitarie all'obiettivo di coesione economica e sociale. 1.3.13. Evitare la mancanza di coerenza con altre politiche comunitarie cercando un'effettiva convergenza di azioni e strumenti per realizzare lo stesso obiettivo, sembra essere la meta da raggiungere. Tuttavia le politiche agricole, della pesca, di concorrenza e di ricerca sono lungi dal poter essere definite esempi perfetti di detta articolazione, già rivendicata da tempo. 2. Osservazioni del CESE 2.1. Il Comitato approva il modo in cui è stata formulata e strutturata la relazione che permette una lettura ed un'analisi agevoli del testo grazie alla sua obiettività, sinteticità e chiarezza. Riconosce inoltre gli sforzi operati dalla Commissione per la stesura di un documento di grande qualità tecnica e statistica. 2.2. Il Comitato apprezza i risultati raggiunti negli ultimi anni in materia di coesione economica e sociale nell'Unione europea. 2.3. In effetti, le statistiche presentate nella relazione mostrano chiaramente che la politica comunitaria di coesione ha svolto un ruolo fondamentale, apportando in particolare benefici economici sostanziali nei tre Stati membri meno ricchi (Portogallo, Grecia e Spagna) in cui il reddito medio pro capite è passato dal 67,8 % della media comunitaria nel 1988 al 78,1 % nel 2001. 2.4. È opportuno inoltre sottolineare il successo dell'Irlanda in termini di politica comunitaria di coesione, con progressi notevoli a tutti i livelli, in particolare per quanto riguarda l'evoluzione del suo PIL rispetto alla media comunitaria. 2.5. Nonostante i progressi raggiunti, il Comitato vede con una certa preoccupazione il persistere di marcate disparità regionali all'interno dell'Unione europea e, soprattutto l'acuirsi di tali disparità con l'ampliamento dell'UE. 2.6. Giustifica anche il fatto che in sede di assegnazione delle risorse all'interno di ciascuno degli obiettivi della coesione, venga data in futuro preferenza alle regioni con il tasso di disoccupazione più elevato. 2.7. Il Comitato considera inoltre importante assegnare dotazioni finanziarie rilevanti a zone produttive e riproduttive, in modo da potenziare una crescita sostenibile delle economie di tali paesi, attraverso il sostegno ad attività importanti in tal senso. 2.8. Il Comitato concorda sulla necessità di potenziare la cooperazione transfrontaliera, transnazionale e interregionale al fine di promuovere uno sviluppo più equilibrato del territorio europeo nel suo complesso e di rafforzare le sinergie e le complementarietà delle politiche comunitarie con la politica di coesione, in modo che tutte le politiche contribuiscano alla realizzazione dell'obiettivo di coesione economica e sociale, continuando naturalmente a perseguire gli obiettivi principali per i quali sono state ideate. 2.9. Ritiene che i dati presentati nella relazione sulle disparità nazionali e regionali, mostrino chiaramente la necessità di perseguire con maggiore tenacia l'obiettivo di coesione nell'Unione ampliata. Il CESE concorda pertanto con la Commissione quando propone che la politica di coesione continui ad assegnare priorità alle regioni in ritardo di sviluppo. 2.10. Il Comitato è favorevole ad una politica di coesione che riconosca le necessità specifiche delle regioni svantaggiate dei paesi candidati e che al contempo tenga conto delle esigenze che continueranno ad esistere in materia di sviluppo economico delle regioni svantaggiate dell'attuale Unione europea a 15, per quanto queste possano sembrare meno gravi in termini relativi. Ritiene inoltre auspicabile, nel quadro della futura politica di coesione, prendere in considerazione le specificità delle regioni che presentano svantaggi geografici permanenti. 2.11. Approva pertanto che le opzioni presentate nel corso del dibattito del 2002 sui criteri di ammissibilità allo status di regione dell'obiettivo 1, abbiano privilegiato il mantenimento dell'attuale criterio di ammissibilità, accompagnato da un regime speciale per le regioni che, a causa dell'effetto statistico dell'ampliamento (adesione di paesi con PIL inferiore alla media comunitaria attuale) non possono più beneficiare di quest'obiettivo, pur continuando a soffrire di svantaggi significativi in termini di sviluppo economico. 2.12. Il Comitato giudica degno di riflessione il dibattito relativo alla proposta di introdurre altri criteri complementari a quelli attuali in materia di ammissibilità, onde tener conto di situazioni specifiche; è in particolare opportuno considerare gli obiettivi definiti al vertice di Lisbona e le attuali prospettive del mercato del lavoro, in specie il modo in cui il tasso di disoccupazione si evolve e continuerà ad evolversi nel corso dei prossimi anni in alcune delle attuali regioni dell'obiettivo 1. 2.13. Indipendentemente dalla questione della soglia di ammissibilità all'obiettivo 1, il Comitato ritiene che lo 0,45 % del PIL comunitario riservato alla politica di coesione rischi di essere una dotazione finanziaria insufficiente ad aiutare i nuovi paesi dell'adesione e gli attuali Stati membri che non hanno ancora raggiunto un grado elevato di sviluppo. 2.14. In effetti si parla di appena 80 miliardi di EUR aggiuntivi, che dovranno soddisfare le necessità di dieci nuovi paesi. Nonostante il fatto che alcune regioni non saranno più ammissibili, secondo il Comitato 340 miliardi di EUR (contro i 260 miliardi di EUR per il periodo 2000-2006) probabilmente non saranno sufficienti per raggiungere l'obiettivo di migliorare la politica di coesione economica e sociale in tutto il territorio comunitario, comprendendo sia le regioni attuali sia quelle future. 2.15. Chiede pertanto un aumento delle risorse finanziarie, ad un livello pari o superiore all'attuale 0,45 % del PIL comunitario, in modo da evitare il rischio di una forte riduzione degli aiuti comunitari alle regioni svantaggiate a partire dal 2007. 2.16. Infatti, il mantenimento del limite minimo dello 0,45 % del PIL comunitario, in un momento in cui risultano necessarie maggiori risorse finanziarie per far fronte all'acuirsi delle disparità regionali derivanti dall'ampliamento, potrebbe implicare per le regioni meno favorite dell'Unione europea a 15 l'obbligo di sostenere integralmente i costi dell'ampliamento in termini di politica di coesione, attraverso una diminuzione degli aiuti comunitari loro assegnati. 2.17. Ciò è tanto più vero in quanto una parte significativa degli stanziamenti a favore delle regioni più deboli viene ricanalizzata verso le regioni più ricche, dato che l'acquisizione di beni e servizi per l'esecuzione dei progetti viene molto spesso effettuata all'esterno, appunto in questi paesi e regioni (che sono i contribuenti netti dei fondi strutturali). Se, da un lato, i paesi ricchi canalizzano risorse verso i fondi strutturali, dall'altro, in sede di esecuzione dei progetti da parte dei beneficiari, ricevono parte di questi fondi grazie alla fornitura di beni e servizi. 2.18. Il Comitato giudica questa situazione insostenibile dal punto di vista politico ed economico, in quanto assolutamente contraria a qualsiasi principio di equità nella ripartizione dei costi dell'ampliamento. 2.19. In effetti, nel primo e nel secondo pacchetto Delors, i fondi sono raddoppiati senza che vi fosse stato alcun ampliamento. Con l'ampliamento, la posizione della Commissione si rivela poco coraggiosa. 2.20. Non bisogna tuttavia dimenticare la necessità di una crescita economica, visto che solo così sarà possibile raggiungere l'obiettivo minimo dello 0,45 % del PIL. Il Comitato ritiene che occorrerà prestare particolare attenzione a questo problema, soprattutto creando le condizioni atte a favorire il raggiungimento di una crescita economica nel breve periodo. 2.21. Riassumendo, il Comitato ritiene che il perseguimento di una politica di coesione economica, sociale e territoriale che risponda sia alle necessità specifiche delle regioni svantaggiate dei paesi candidati, sia alle necessità che le regioni svantaggiate dell'attuale UE 15 continueranno a manifestare in termini di sviluppo economico, nonostante l'aumento della loro prosperità statistica nell'Europa ampliata, rappresenterà sicuramente, in un futuro molto prossimo, una delle sfide più importanti per l'Unione europea. 2.22. Nonostante la relazione sottolinei aspetti che il Comitato considera essenziali, il dibattito in corso sul futuro della politica di coesione è ancora lungi dall'essersi concluso. Dato che la politica di coesione costituisce un pilastro essenziale dell'integrazione tra i popoli e i territori dell'Unione europea, risulta evidente la necessità che tale politica disponga di mezzi finanziari adeguati in modo da far fronte alle esigenze derivanti dal nuovo contesto ed assicurare così la sua credibilità. 2.23. Il Comitato considera di fondamentale rilevanza, nell'ambito della problematica della coesione, attribuire particolare attenzione al coinvolgimento dei partner economici e sociali nell'applicazione di questa importante politica. Si tratta infatti di un aspetto in cui i progressi sono stati modesti e ove rimane ancora molto da fare, tanto più se si considera che le organizzazioni della società civile sono quelle più atte ad adeguare le decisioni politiche alla realtà effettiva che intendono servire. 2.24. La stessa Commissione riconosce inoltre l'importanza del partenariato e ha già invitato il Comitato ad elaborare un parere esplorativo sulle possibilità del partenariato di contribuire concretamente all'attuazione dei fondi strutturali. 2.25. Le questioni dell'operatività, della semplificazione e della trasparenza dei processi saranno anch'esse oggetto dei lavori del Comitato; ad esse è opportuno aggiungere l'analisi senza precedenti che la sfida dell'ampliamento prevedibilmente implicherà, nonché le tendenze evolutive dei fattori determinanti per la convergenza reale, più precisamente i cosiddetti "fattori dinamici di competitività", e la possibilità di stimolarli. 2.26. Infine per il Comitato è importantissimo che la Commissione prenda seriamente in considerazione l'ipotesi secondo cui l'insufficienza di mezzi per il proseguimento della politica comunitaria di coesione ai livelli attuali potrà implicare la necessità di uno sforzo più protratto nel tempo, con un aumento dei costi e con risultati molto meno comprensibili per l'opinione pubblica. Bruxelles, 16 luglio 2003. Il Presidente del Comitato economico e sociale europeo Roger Briesch (1) Una delle opzioni prevede il mantenimento del limite attuale fissato al 75 % della media comunitaria del PIL pro capite per l'UE ampliata, insieme ad un sostegno temporaneo differenziato: uno per le regioni che, a motivo della loro convergenza, non potrebbero più essere considerate in ritardo di sviluppo in una UE a 25 e un altro, più elevato, a favore di tutte le regioni vittime dell'effetto statistico. L'altra opzione consiste nel prevedere la fissazione di una soglia di ammissibilità superiore al 75 %, in modo da ridurre o eliminare le conseguenze dell'effetto statistico.