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Document 51999AC0698

    Parere del Comitato economico e sociale in merito a «Gestire il cambiamento - Relazione finale del gruppo d'alto livello sulle implicazioni economiche e sociali dei mutamenti industriali"

    GU C 258 del 10.9.1999, p. 1–5 (ES, DA, DE, EL, EN, FR, IT, NL, PT, FI, SV)

    51999AC0698

    Parere del Comitato economico e sociale in merito a «Gestire il cambiamento - Relazione finale del gruppo d'alto livello sulle implicazioni economiche e sociali dei mutamenti industriali"

    Gazzetta ufficiale n. C 258 del 10/09/1999 pag. 0001 - 0005


    Parere del Comitato economico e sociale in merito a "Gestire il cambiamento - Relazione finale del gruppo d'alto livello sulle implicazioni economiche e sociali dei mutamenti industriali"

    (1999/C 258/01)

    La Commissione europea, in data 15 dicembre 1998, ha deciso, conformemente al disposto dell'articolo 198 del Trattato che istituisce la Comunità europea, di consultare il Comitato economico e sociale in merito a "Gestire il cambiamento - Relazione finale del Gruppo di alto livello sulle implicazioni economiche e sociali dei mutamenti industriali".

    La Sezione "Mercato unico, produzione e consumo", incaricata di preparare i lavori in materia, ha formulato il parere sulla base del rapporto introduttivo del relatore Little e del correlatore Sepi, in data 10 giugno 1999.

    Il Comitato economico e sociale ha adottato, nel corso della 365a sessione plenaria (seduta del 7 luglio 1999), con 103 voti favorevoli e 4 astensioni il seguente parere.

    1. Introduzione

    1.1. Il "Gruppo di alto livello" scelto dalla Commissione europea e presieduto da Pehr G. Gyllenhammar ha presentato nel novembre 1998 la "Relazione sulle implicazioni economiche e sociali dei mutamenti industriali". Il Consiglio europeo riunitosi a Lussemburgo nel novembre 1997 in occasione del Vertice sull'occupazione aveva invitato il Gruppo ad analizzare i mutamenti industriali nell'Unione europea, a cercare soluzioni per anticipare e gestire il cambiamento e le sue ripercussioni economiche e sociali. La Relazione ammette di aver potuto soltanto affrontare ambiti selezionati e presentare alcuni esempi e che si tratta di problemi di difficile soluzione e destinati a moltiplicarsi. Il Gruppo raccomanda che alla Relazione sia dato seguito con un dialogo tra la Commissione e le organizzazioni del settore privato per discutere quale sia il modo migliore per anticipare e gestire il mutamento.

    1.2. Il Comitato ha deciso, conformemente ad una richiesta del Commissario P. Flynn, di esaminare la Relazione del Gruppo di alto livello (d'ora in avanti "la Relazione") per emettere un parere prima che essa venga esaminata dal Consiglio europeo. Alcuni aspetti di tale vasto e importante tema sono stati trattati ripetutamente dal Comitato in passato. Le osservazioni che seguono s'incentrano quindi principalmente sulle questioni direttamente affrontate nella Relazione.

    2. Osservazioni di carattere generale

    2.1. Il Comitato ritiene che la Relazione possa stimolare la riflessione sul fenomeno del mutamento industriale e promuovere azioni efficaci per gestirlo. La Relazione offre un'utile descrizione dello sfondo in cui avviene il cambiamento. Il Comitato apprezza in particolare il fatto che la Relazione riconosce le nuove opportunità che il mutamento industriale offre e l'accento posto sulla creazione di nuovi posti di lavoro, piuttosto che sulla difesa di quelli obsoleti. È valida anche la strategia generale di ricercare stimoli con un'impostazione basata sull'analisi comparativa (benchmarking), sull'innovazione e sulla coesione sociale.

    2.2. Il cambiamento industriale può essere trainato da molti diversi fattori, che sono però sempre caratterizzati dall'emergere di nuove opportunità. La relazione cerca di individuare gli strumenti per tradurre il cambiamento in queste opportunità. Il Comitato sostiene che a tal fine non solo è necessario anticipare, preparare e gestire il cambiamento, ma occorre anche sfruttarlo attivamente perché dia i massimi benefici economici e sociali. È necessario che l'industria europea garantisca l'indispensabile produttività e migliori la competitività su scala globale: è questo un elemento centrale ai fini dell'obiettivo summenzionato.

    2.2.1. Il Comitato concorda nel ritenere che il mondo delle imprese, i rappresentanti dei lavoratori, i sindacati e gli stessi lavoratori, i governi nazionali e gli enti locali abbiano tutti un ruolo da svolgere nello sfruttare il cambiamento.

    2.2.2. Tuttavia il Comitato si rammarica per il fatto che le proposte riguardanti le possibilità di informazione, per lo più su base volontaria, rimangono bloccate se non risultano inserite in consultazioni efficienti per predisporre decisioni politiche ed economiche. L'informazione e la consultazione dovrebbero essere intese ad influenzare le decisioni in tempo utile per conseguire, con il cambiamento strutturale, una situazione socioeconomica ottimale.

    2.3. La generazione del fabbisogno di nuove specializzazioni e nuove competenze è intrinseca al cambiamento radicale. Se ciò non si considera in parallelo con i cambiamenti organizzativi, amministrativi e tecnologici, il periodo necessario perché il cambiamento si realizzi sarà più lungo e i potenziali benefici possono ridursi.

    2.4. La Relazione definisce l'"occupabilità" di una persona come la sua abilità di individuare una nicchia nel mercato del lavoro. A parere del Comitato, per creare o ricreare tale nicchia sono necessarie oltre alle competenze adeguate, anche mobilità, adattabilità ed impegno. La persona dovrà avere l'opportunità di seguire una formazione e corsi di riqualificazione nell'arco della sua carriera, dato che le competenze debbono essere considerate in senso dinamico. Il Comitato concorda sul fatto che il raggiungimento e la salvaguardia dell'occupabilità sono una responsabilità condivisa. La formazione e l'apprendimento vanno dall'istruzione pubblica alla formazione, ed alla formazione permanente, offerte dalle imprese medesime o fornite dall'amministrazione pubblica, nel corso dell'attività lavorativa al di fuori di questa. Saranno anche necessari nuovi metodi di apprendimento sul posto di lavoro.

    2.5. L'invito rivolto nella Relazione alle imprese perché riconoscano non soltanto le proprie responsabilità legali nei confronti degli azionisti, ma anche i propri obblighi nei confronti di tutti gli interessati (stakeholders),non è un'iniziativa nuova e continua a trovare il sostegno del Comitato. Molte grandi imprese operano in tal modo ed il Comitato approva il suggerimento di incoraggiare ed aiutare altre imprese a migliorare le proprie politiche e le proprie procedure tramite benchmarking, comparazioni e lo scambio di informazioni su base volontaria.

    2.6. I vantaggi di avere strumenti efficaci d'informazione e consultazione dei lavoratori sono stati riconosciuti da lungo tempo dal Comitato. Una buona comunicazione interna, l'apertura ed il dialogo con i dipendenti aumentano la motivazione, che rappresenta un fattore chiave per ottenere risultati economici ottimali e per attuare senza intoppi i cambiamenti fondamentali. Gli accordi su base volontaria sono i più adatti ad un tale dialogo, in quanto offrono l'impegno di tutte le parti interessate e sono modulati in base alle dimensioni ed alla cultura dell'organizzazione stessa.

    2.6.1. Quando l'informazione è equamente disponibile per tutti, la partecipazione dei dipendenti è stimolata, la contrattazione collettiva, se avviene al livello appropriato, è probabilmente più costruttiva e può essere vantaggiosa grazie ad una maggior produttività o ad una maggior flessibilità. Il Comitato si rammarica che nella Relazione non vi sia alcun riferimento specifico alla contrattazione collettiva.

    2.6.2. Un dialogo aperto è particolarmente importante per realizzare senza intoppi i cambiamenti essenziali, e dovrebbe pertanto essere parte integrante del processo.

    2.7. Pur appoggiando gli obiettivi globali della Relazione, ed apprezzando la spinta che questa dovrebbe offrire alla programmazione strategica ed all'azione, il Comitato non può far propri in toto i contenuti della relazione, anche se questa provvede una serie di suggerimenti utili - non tutti nuovi - che trovano il sostegno del Comitato. Tuttavia vi sono anche raccomandazioni che sono estremamente vaghe ed altre che sono, per usare un eufemismo, controverse. Inoltre la struttura della relazione è per certi versi sconcertante, con quattro sezioni che contengono inutili ripetizioni e quel che è peggio risultano disarmoniche e, in taluni casi, persino contraddittorie.

    2.7.1. Sebbene la relazione sia piuttosto esauriente, il Comitato ritiene vi siano una serie di sorprendenti omissioni. Manca ogni riferimento alla necessità di migliorare l'accesso ai mercati dei capitali di rischio, e, nella parte principale del testo, alla potenziale spinta all'occupazione che potrebbe venir data dal completamento del mercato interno. La Relazione non sottolinea a sufficienza la necessità della competitività sul piano internazionale per salvaguardare l'occupazione, né il potenziale occupazionale offerto dalle PMI e dal settore dei servizi.

    2.7.2. Il Comitato fa inoltre notare che sarebbe stato desiderabile che la Relazione avesse ribadito la necessità di sostenere gli obiettivi dell'iniziativa mediante misure appropriate nel settore industriale, quali il completamento del mercato interno, l'apertura degli appalti pubblici, e l'istituzione della società europea. Misure di tal fatta possono contribuire a creare quell'economia europea in espansione e in crescita che è necessaria per il rinnovamento dell'industria europea.

    2.7.3. Inoltre la relazione non prevede nessuna misura per spingere anche le imprese dei paesi terzi, le quali sono in concorrenza con quelle europee nel mercato interno, a praticare una miglior concertazione sociale ed applicare norme sociali minime al loro interno. Il Comitato ritiene che per affrontare la questione delle ripercussioni sociali ed economiche dei mutamenti industriali sia invece necessaria un'impostazione globale che preveda anche una forte pressione dell'Unione europea per ottenere una miglior definizione delle condizioni di concorrenza sul piano internazionale, tra l'altro mediante clausole sociali minime.

    2.7.4. Il Comitato trova sorprendente che la Relazione non faccia alcun riferimento alla spinta che verrebbe data alla competitività, e quindi all'occupazione, se in tutti gli Stati membri si introducesse una riforma dell'imposizione fiscale sulle aziende e se si rimuovessero le conseguenze negative della concorrenza sleale tra Stati membri in tale ambito.

    3. Osservazioni di carattere specifico sulla Relazione

    3.1. Un osservatorio sul cambiamento industriale (Punto 1.3 della Relazione)

    3.1.1. La Relazione raccomanda la creazione di un osservatorio europeo sul cambiamento industriale che potrebbe rappresentare una risorsa nel contribuire ad anticipare, e programmare, gli sviluppi economici settoriali e regionali. Il Comitato desidererebbe vedere i risultati dello studio di fattibilità che la Commissione sta avviando in merito.

    3.1.2. A parere del Comitato, indipendentemente dalle conclusioni della Relazione, la Commissione deve partecipare direttamente al monitoraggio permanente del cambiamento industriale. Ciò le permetterà di adattare le sue azioni e le politiche comunitarie che propone al Parlamento ed al Consiglio. A tale scopo la Commissione dovrà assolutamente sviluppare la concertazione sui mutamenti industriali con gli ambienti industriali e con le parti sociali, e riformare in profondità la sua organizzazione interna, in particolare avvalendosi di "task forces" multidisciplinari, per porre termine alla compartimentazione tra direzioni generali che le impedisce attualmente di agire con la necessaria coerenza.

    3.1.3. A prescindere dall'impostazione adottata, il Comitato sottolinea la necessità di un collegamento con le decisioni economiche e politiche e di un coinvolgimento delle parti sociali tale da permettere loro di partecipare al processo decisionale.

    3.2. Una relazione "Gestire il cambiamento" (RGC) sull'occupazione e sulle condizioni di lavoro (Punto 1.4 della Relazione)

    3.2.1. Il Comitato accoglie con soddisfazione la raccomandazione contenuta nella Relazione di incoraggiare le aziende a elaborare una relazione sulle proprie politiche occupazionali e lavorative, con carattere di volontarietà e flessibilità, rivolta ai loro dipendenti. Esso riconosce che le prassi migliori non vengono sviluppate dalla normativa, bensì dall'adozione volontaria degli standard più elevati nell'interesse stesso di una determinata impresa e dei suoi dipendenti.

    3.2.2. Tuttavia il livello di dettagli normativi prescritto dalla Relazione per la relazione proposta è eccessivo e la presunzione che vi sia un'unica metodologia è in contraddizione con il riconoscimento delle diversità culturali e dell'adattabilità. La pubblicazione di una tale relazione potrebbe porre problemi alle aziende restie a svelare le prassi innovative ai loro concorrenti.

    3.2.3. Tuttavia il Comitato desidera incoraggiare tutte le imprese, europee e straniere, con più di 1000 dipendenti ubicate nell'UE ad elaborare una relazione del tipo "gestione del cambiamento" su base volontaria; la Relazione potrebbe fornire informazioni circa i mutamenti strutturali previsti e potrebbe offrire un modello di tipo proattivo della gestione dei cambiamenti proposta. La relazione potrebbe descrivere le proposte ed i programmi dell'impresa riguardanti:

    - il processo ed i metodi di apprendimento per soddisfare la domanda di nuove capacità e competenze;

    - lo sviluppo della tecnologia e dell'organizzazione;

    - il sostegno alle pari opportunità (i cambiamenti più significativi tendono ad avere nel breve termine effetti sproporzionati per i gruppi più svantaggiati);

    - il dialogo con le altre forze sociali sulla gestione dei cambiamenti.

    3.2.4. Le ripercussioni del cambiamento industriale non riguardano soltanto il settore privato. Il Comitato intende pertanto incoraggiare anche gli enti pubblici con più di 1000 dipendenti ad elaborare tale relazione.

    3.2.5. Il coinvolgimento dei dipendenti e dei loro rappresentanti è ritenuto essenziale sia nella fase di elaborazione che in quella di attuazione della relazione.

    3.2.6. Il Comitato suggerisce che la Relazione sia elaborata sulla base di criteri oggettivi e che debba venir certificata da un organo indipendente nominato dall'impresa.

    3.2.7. Secondo il Comitato la Comunità e gli Stati membri potrebbero essere stimolati a tener conto, nella concessione di aiuti pubblici, del tipo di relazione "gestire il cambiamento", certificata, proposta nel precedente punto 3.2.3. Ciò rappresenterebbe un incentivo all'estensione di tale pratica ad organizzazioni più grandi, senza pregiudicare la libertà di decisione dei responsabili della gestione.

    3.2.8. Tuttavia il Comitato è fermamente contrario al parallelo suggerimento contenuto nella Relazione di rendere la RGC un criterio per la concessione di contratti governativi. Per applicare un tale criterio sarebbe necessario esprimere un giudizio sull'impresa e sulla sua RGC a tutti i livelli ai quali i contratti vengono assegnati: nazionale, regionale e locale. Ciò interferirebbe con i diritti e gli obblighi commerciali non soltanto dei fornitori, ma anche dei governi e dei loro organi, dato che i contratti pubblici dovrebbero, ed in taluni casi devono, venir aggiudicati in base a criteri rigorosi di convenienza finanziaria. Pretendere che la RGC sia considerata un criterio per la concessione di tutti i contratti governativi contraddice in toto l'asserzione stando alla quale è importante "escludere sin dall'inizio qualsiasi idea di obbligatorietà". La stessa Relazione riconosce che l'obbligatorietà provocherebbe discussioni sulle definizioni e sulle difficoltà anziché promuovere tentativi autentici di diffondere le prassi ottimali in modo aperto ed innovativo.

    3.3. Infrastrutture per le nuove tecnologie (Punto 2.1 della Relazione)

    3.3.1. Il Comitato approva l'asserzione della Relazione stando alla quale uno dei principali compiti economici del governo dev'essere la creazione di infrastrutture che rendano lo sviluppo economico possibile ed efficace. Il Comitato approva le priorità individuate ed esprime particolare soddisfazione per l'accento posto sulla tecnologia dell'informazione e per la richiesta di una liberalizzazione del settore delle telecomunicazioni. Il Comitato approva la proposta di concedere incentivi finanziari per far decollare il settore.

    3.4. Possibilità d'inserimento professionale, istruzione e formazione continua (Punto 2.2 della Relazione)

    3.4.1. Uno dei fattori più significativi alla base dell'aumento della disoccupazione in Europa è, come segnala la Relazione, il fatto che l'offerta e la domanda di posti di lavoro non riescono ad adattarsi rapidamente l'una all'altra in un periodo di rilevanti mutamenti tecnologici e globalizzazione.

    3.4.2. Il Comitato è d'accordo con l'affermazione secondo la quale le imprese hanno un obbligo e un interesse diretto nel contribuire a preservare le possibilità d'inserimento professionale della loro manodopera. Tuttavia nella realtà, le imprese di successo e lungimiranti investiranno, nel loro interesse, maggiormente nella propria forza lavoro rispetto ad altre.

    3.4.3. La Relazione riconosce il fatto che i lavoratori e i poteri pubblici condividono le responsabilità in materia di occupabilità, ma non sviluppa sufficientemente il ruolo dell'individuo, che è il beneficiario finale. L'individuo ha, ad esempio, l'obbligo di partecipare attivamente quando gli vengono offerte opportunità di continuare gli studi e la formazione. Il ruolo dello Stato viene correttamente definito: esso consiste nell'agevolare il processo di educazione permanente. Il Comitato è del tutto d'accordo nel considerare l'istruzione e la formazione lungo tutto l'arco della vita d'importanza fondamentale nel perseguire l'obiettivo dell'occupabilità, ma sottolinea che questo vale non soltanto per gli occupati a tempo pieno, bensì anche per i dipendenti con contratti part-time o con contratti di tele-lavoro e per i lavoratori autonomi.

    3.4.4. Alla luce di quanto detto sopra, il Comitato ritiene scorretto il fatto che nella Relazione si chieda alle imprese di "salvaguardare" l'occupabilità dei dipendenti. La responsabilità dell'impresa per quanto riguarda l'adozione di determinate misure non può garantire di per sé risultati positivi.

    3.4.5. Questa responsabilità dell'impresa viene assolta tramite la formazione, lo sviluppo e la riqualificazione dei dipendenti sia per i profili professionali loro assegnati, che per i nuovi ruoli che può loro venir chiesto di ricoprire in futuro nell'impresa. In tal modo i dipendenti in generale guadagnano in termini di acquisizioni di competenze che possono essere applicate altrove, migliorando la propria occupabilità. Secondo il Comitato, suggerire che l'impresa dovrebbe essere responsabile della formazione professionale dei dipendenti per futuri lavori qualora questi lasciassero l'impresa, è una questione del tutto diversa. Le imprese possono - ed in molti casi lo fanno senza obblighi contrattuali o legislativi di sorta - prendere misure per aiutare i dipendenti di cui non hanno più bisogno a trovare lavori di tipo diverso, ad esempio utilizzando servizi di collocamento.

    3.4.6. Il Comitato concorda nel ritenere che vi sia spazio per un finanziamento pubblico della formazione che può essere necessario per consentire alle persone messe in mobilità di trovare nuovi posti di lavoro adeguati. Il Comitato cita come eccellente esempio di buona prassi che potrebbe venir adottata su scala più ampia le "Fondazioni del lavoro", schemi di partenariato tra settore pubblico e privato attivi in Austria. Nell'ambito di tale iniziativa, intesa ad ottenere una reintegrazione professionale puntuale dei dipendenti in esubero, viene offerto un aiuto globale alla ricerca di un nuovo posto di lavoro tramite assistenza al collocamento, formazione e riqualificazione, sostegno all'avvio di una attività autonoma o formazione imprenditoriale.

    3.4.7. Raccomandare che "qualsiasi impresa che proceda a licenziamenti e che manifestamente non compia i passi necessari per salvaguardare l'occupabilità dei lavoratori licenziati non dovrebbe essere più ammessa a fruire di nessuna forma di aiuto pubblico" è inapplicabile perché i datori di lavoro non possono salvaguardare l'occupabilità se la responsabilità è condivisa dagli individui e dagli enti pubblici. Tuttavia, in opportune circostanze si può giustificare una misura che garantisca alle imprese incentivi economici e finanziamenti per la formazione necessaria a promuovere adeguate possibilità di reimpiego in posti di lavoro adeguati dei lavoratori messi in mobilità. Questi incentivi non interferirebbero con la libertà di scelta dell'impresa ma aiuterebbero quelle imprese che intendono partecipare attivamente alla crescita dell'industria europea nel suo complesso.

    3.4.8. La Relazione non identifica il nesso essenziale tra il settore dell'istruzione e l'industria per garantire che l'istruzione e la formazione siano adeguate ad un mondo del lavoro in rapido mutamento. Nel Regno Unito, ad esempio, vi sono diversi partenariati volontari tra istituti d'istruzione ed imprese che potrebbero venir adottati altrove come esempio di buona prassi.

    3.5. Nuovi ambiti di occupazione (Punto 2.3 della Relazione)

    3.5.1. La Relazione offre due esempi di settori che nel corso del prossimo decennio potrebbero svolgere un ruolo rafforzato nel mercato del lavoro. Il Comitato, pur riconoscendo che tali settori possono presentare un potenziale di crescita, si rammarica che non vengano offerti esempi più validi e che non venga fatto alcun riferimento alle nuove forme di commercio.

    3.5.2. Il Comitato osserva però con soddisfazione che di tali esempi si tiene conto in quanto fattori della crescita dell'occupazione. Entrambi - i servizi alla persona ed il settore creativo e dell'intrattenimento - svolgono un ruolo importante all'interno della società sia sul piano economico sia nel miglioramento della qualità della vita.

    3.5.3. Nel caso dei servizi alla persona vengono considerati due aspetti tributari che coinvolgono entrambi la sussidiarietà. La possibilità di introdurre sgravi fiscali per il "datore di lavoro" in relazione a servizi primari alla persona presenta alcuni aspetti attraenti, ma presenta lo svantaggio di costituire in realtà un'imposta regressiva per i benestanti percettori di redditi più alti che in tali casi fungerebbero da datori di lavoro.

    3.5.4. La Relazione osserva che diversi paesi hanno adottato misure concrete per ridurre le imposte e gli oneri sociali per i lavoratori a basso salario e raccomanda l'estensione di tali misure per far scendere i costi del lavoro meno qualificato. Il Comitato esprime soddisfazione per tale raccomandazione, in quanto un'iniziativa del genere dovrebbe fornire, soprattutto nelle imprese ad alta intensità di lavoro, un impulso all'occupazione ed alla competitività, in particolare con il coinvolgimento attivo delle parti sociali.

    3.5.5. La proposta di stimolare le attività creative e di intrattenimento potrebbe risultare interessante. Qualsiasi azione in tale settore deve tuttavia essere ed essere percepita come compatibile con mercati aperti e con una libera concorrenza su base globale. Secondo il Comitato un finanziamento pubblico di "oscar" europei non sarebbe giustificato.

    3.5.6. Oltre ad ulteriori nuovi settori di lavoro come le tecnologie dell'informazione, i mutamenti strutturali stanno creando nuove forme di occupazione di cui tutte le forme di tele-lavoro rappresentano un esempio significativo. Il Comitato raccomanda che la Commissione predisponga un'analisi degli studi più recenti relativi a tali nuove forme di occupazione.

    3.6. Creazione e sviluppo delle PMI (Punto 2.4 della Relazione)

    3.6.1. Il Comitato nota con soddisfazione che una serie delle sue proposte politiche per un sano sviluppo delle PMI sono state inserite nella Relazione. Il Comitato apprezza in particolare l'accento posto sull'imprenditorialità e la capacità innovativa.

    3.6.2. Il Comitato condivide l'idea di un maggior sviluppo degli 'sportelli unici', sebbene vada segnalato che quelli attualmente in funzione non garantiscono la snellezza delle pratiche amministrative. Il Comitato richiama l'attenzione sulla necessità che tali operazioni trovino un sostegno a livello nazionale e locale.

    3.7. Gestire le crisi (Punto 3 della Relazione)

    3.7.1. Questa parte della Relazione contiene una serie di osservazioni contraddittorie, e quanto alle proposte che vi figurano non si distingue con chiarezza quali varrebbero per singole imprese e quali invece per tutte le imprese di un determinato settore o di una determinata regione.

    3.7.2. Le imprese di piccole o medie dimensioni, e persino le grandi imprese, non possono risolvere da sole i problemi di un settore industriale in declino o dovuti a improvvise e forti crisi. Le imprese che vogliono restare attive debbono individuare e quindi soddisfare nuovi mercati e nuovi clienti.

    3.7.3. Il Comitato sostiene il principio generale stando al quale i mutamenti più significativi a livello regionale debbono venir gestiti con uno sforzo collettivo, come è avvenuto, in molti casi con successo, per la siderurgia, per il settore carboniero e per la cantieristica. Dovrebbero venir incoraggiati partenariati territoriali volontari e flessibili. Sia i fondi comunitari che quelli nazionali vanno indirizzati ad agevolare la transizione - che può essere gestita con successo - dalle industrie in declino ai settori nuovi ed in crescita.

    Bruxelles, 7 luglio 1999.

    La Presidente

    del Comitato economico e sociale

    Beatrice RANGONI MACHIAVELLI

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